Sant`Antioco e il Bisso (Roberto Lai)

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Sant`Antioco e il Bisso (Roberto Lai)
Sant’Antioco e il Bisso
Roberto Lai
Questo prezioso filamento conosciuto come la “seta di mare” è una delle più antiche
e preziose fibre utilizzate dalle antiche maestrie per la tessitura di pregevoli manufatti,
oggi vere e proprie opere d’arte. Una storia che affonda le radici in un passato ancora
vivo nell’isola Sulcitana, grazie all’unico maestro di bisso del Mediterraneo, Chiara Vigo.
Di bisso si parla già nella Bibbia, indossato da faraoni nell’antico Egitto. Si narra inoltre che Re Salomone non potesse farne a meno. Furono i Caldei a trasmetterne il segreto al popolo ebraico e i loro vicini Fenici a diffonderlo nel Mediterraneo. Questa preziosa arte era viva a Taurus (Taranto) e a Solki, l’antica San Antioco, città fenicia. La tradizione vuole che sia stata la principessa Beronice promessa sposa di Tito a portare tale arte
nell’isola.
Seta di mare
Questa convinzione è stata rafforzata da un’importante ritrovamento archeologico
avvenuto molto tempo fa a Sant’Antioco: l’arcosolio di una tomba ipogeica con scritto il nome Beronice, nel fronte dell’ arcosolio affrescato con un rosso carminio, tra due menorah ebraiche a sette braccia, e, sotto di esso con altri caratteri minuscoli l’iscrizione: In pace iuvenis moritur in pace. Inoltre in una cella attigua si trovava un altro sarcofago vuoto recante un’epigrafe scritta con caratteri maiuscoli romani: Vir bonus in pace.
Che la donna in questione sia veramente la compagna di Tito è sicuramente da provare ma il mistero rimane e tale tesi viene da più
parti avvalorata dalla presenza della cella del Vir bonus. che spontaneamente ci rimanda al grande imperatore Tito passato alla storia come
“delizia del genere umano”: uomo carismatico e sicuramente uno dei più amati tra gli imperatori dell’antica Roma.
Ritornando al bisso di esso si occupò perfino Jules Verne, uno dei padri della moderna fantascienza, che deve esserne stato particolarmente colpito, se in “Ventimila leghe sotto i mari” fa pronunciare al suo capitano Nemo le seguenti parole: “Gli abiti che lei indossa sono
tessuti di filo di bisso di certe conchiglie e poi tinte in antica porpora”.
Il principale motivo per spiegare nel tempo la sparizione del Bisso fu la scoperta del baco da seta, con conseguenti grandi importazioni di questo tessuto dall’oriente.
Il bisso marino è una sostanza prodotta da una conchiglia, la nacchera (Pinna nobilis), la più grande conchiglia del Mediterraneo. Si
tratta di un ciuffo di lunghi filamenti, simili alla seta, con i quali l’animale si ancora al fondale .
La produzione del bisso marino era laboriosa e richiedeva molte tappe di lavorazione. Dopo la raccolta il bisso grezzo doveva essere
pulito e pettinato più volte, messo in ammollo in succo di limone e infine filato a mano.
Inoltre, non solo il bisso, ma anche la conchiglia intera era utilizzata: la carne come cibo, le perle come decorazione, la madreperla per
bottoni e per lavori di intarsio, il guscio per vasi, paralumi o come souvenir e i ciuffi di bisso come rimedio nella medicina popolare.
Pinna Nobilis
È il più grande mollusco dei mari europei.
La Pinna Nobilis, chiamata volgarmente nacchera, può raggiungere gli 80 cm d’altezza e si può trovare a poca profondità. Nella laguna
di Sant’Antioco era possibile toccarla con mano facendo una semplice passeggiata; oggi per poterne ammirare la bellezza è necessario effettuare delle immersioni ma le profondità, rispetto ad altri siti marini del mediteranno, rimangono comunque ragionevoli. Nata da una piccolissima larva vagante, la pinna si insedia da giovane sul fondale marino sabbioso ed inizia a crescere. I giovani hanno una conchiglia fragile, quasi trasparente e ricoperta da escrescenze simili a spine o a scaglie. Gli adulti nascondono, invece, tutta la loro bellezza all’interno
che è madreperlaceo, con sfumature grigio-azzurre e rosso-rosate. L’esterno è molto meno appariscente, ma perfettamente mimetizzato
con l’ambiente circostante. Il loro nemici principali sono i granchi e le stelle marine. È
colonizzato da alghe, spugne, vermi, idroidi, antozoi, briozoi, molluschi, che lo ricoprono. Il suo bisso, la sostanza filamentosa con cui il mollusco si fissa sul fondo marino
con l’estremità più aguzza, un tempo era raccolta per trarne tessuti. A volte si possono
trovare anche delle perle (fatto molto raro) che però non valgono nulla.
L’animale essendo un filtratore capace di filtrare anche metalli pesanti come cadmio
e piombo rappresenta un utile ecologista in prossimità di città marine e favorisce col
suo filtraggio tutte le altre specie viventi nei banchi di poseidonia.
Per poter tagliare la fibra è necessario tener conto di eventi climatici indispensabili
che solo nei mesi di maggio e giugno sono fruibili quando la salinità dell’acqua è di 40°
e venti asciutti come scirocco e levante permettono l’innalzamento della temperatura
dell’acqua e di conseguenza l’ammorbidimento del fango di substrato nel quale l’animale è conficcato per due terzi della sua altezza.
È provvisto di un piede budello che attraversa il mantello e che permette l’emissione di bava che liberando il mantello dalle scorie cela la difesa dell’animale dall’attacco
Pinna Nobilis
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del polpo; la bava quando viene espulsa dall’orifizio posto al lato del bivalve come tocca l’acqua del mare si solidifica e diventa seta.
Le estremità del fascio della seta sono quelle che possono essere tagliate e portate in superficie; si avrà quindi un immersione in apnea
per ogni taglio.
“Queste descrizioni sono sufficienti ad avere un idea del taglio subacqueo ma è ovvio che informazioni biologiche più dettagliate - afferma Chiara Vigo - siano di sola conoscenza di mia madre proprio per la salvaguardia marina”.
Il Bisso oggi
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Nel 1992 gli Stati europei emanano un D.L. che annovera la Pinna Nobilis tra le specie in estinzione, visto che per lunghissimo tempo,
con la pesca a strascico e con pesche indiscriminate, l’animale aveva ridotto la sua estensione a pochi banchi e solo nelle aree marine mediterranee dove l’habitat si presenta silenzioso e abbondantemente ricco di poseidonia e padina pavonia (alghe indispensabili all’ossigenazione marina e per
questo alla produzione eccellente di plancton) del quale la Pinna Nobilis si
nutre.
Per poter conservare la lavorazione e la tradizione è stato necessario attivare
uno studio che permettesse il taglio della fibra anche se in quantità minime.
Considerato che è cosa buona utilizzare al meglio tutti i beni del territorio a
favore di un indotto turistico culturale e rispettoso delle tradizione di qualsiasi
popolo, Chiara Vigo nel 1981 comincia il suo studio sull’animale in località
Stagno Cirdu, dove la concentrazione di animali grandi e piccoli e la tranquillità del sito le hanno permesso di arrivare in dieci anni a una conclusione scientifica che garantisce l’approvvigionamento utile alla sola conservazione.
Oggi è possibile prelevare sotto la tutela dei biologi e della guardia forestale
L’uso del fuso
un quantitativo di
300 gr. di grezzo all’anno che diventano 30 gr. di pulito disponibile alla filatura
e alla creazione di un figurato su tela di lino di misura 40 per 45 cm, da destinarsi in comodato d’uso gratuito ai musei e alle amministrazioni che ne fanno
richiesta.
Dopo la pesca il bisso viene dissalato in acqua dolce per 25 ore, avendo cura
di cambiare l’acqua dolce, ogni 3 ore per evitare alla fibra sbalzi di salinità che
ne impedirebbero la filatura, visto che è stato necessario modificare la torsione,
essendo passati da una disponibilità di fibra di 25 cm a una disponibilità col
taglio di 2 cm. ed essendo passati dall’uso di un fuso di diametro 10 a un fuso
di diametro 3.
Dopo la filatura si procede ancora oggi all’utilizzo della bava di boccone e del
sale per i porpora e all’utilizzo di erbe e radici per gli altri colori.
L’uso del fuso
“È ovvio – afferma ancora Chiara Vigo - che tutte le tecniche di lavorazione
essendo patrimonio storico della nostra famiglia non sono visionabili se non per le parti che non creano possibile utilizzo commerciale da
parte di terzi. Per quanto riguarda l’insegnamento mia madre ritiene che esso debba avvenire in un contatto diretto e continuo tra il maestro e l’allievo, sia per quanto riguarda la parte tecnica che per la parte esoterica di questa materia”.
Il Museo
Come detto sopra, grazie al Commendatore Chiara Vigo, ultimo maestro di quest’Arte è possibile visitare nell’isola di
Sant’Antioco il museo del Bisso.
Chiara è riuscita a riscoprire, valorizzare e proteggere gli insegnamenti che gli sono stati tramandati dalla nonna Leonilde .
L’opera svolta è una sicura guida per coloro che vogliono saperne di più su quest’arte magica, una tappa obbligata per coloro
che vogliono conoscere le certosine creazioni di una tecnica
tanto antica quanto affascinante. Chiara Vigo realizza manufatti
tessili di grande raffinatezza che possono essere ammirati nel
museo; la visita sarà accompagnata da un’esposizione tecnica che
non lascerà deluso l’attento visitatore.
Nel museo è possibile anche ammirare un telaio a tavola che
ancora ora il Maestro utilizza; si tratta di una testimonianza storica diffusa in epoca antica, perché di facile trasporto.
Il Leone delle donne