splendore e mistero di un orecchino
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splendore e mistero di un orecchino
6 - Trieste Artecultura - gennaio 2014 Il capolavoro di Vermeer a Bologna SPLENDORE E MISTERO DI UN ORECCHINO di Anna Calonico Sta facendo tanto scalpore la notizia dell’arrivo in Italia, a Bologna per la precisione, di un quadro molto famoso. Non che Bologna, o l’Italia in generale, abbiano assolutamente bisogno di quel quadro per vantarsi di meravigliose opere d’arte, ma la tela in questione, diciamolo, è davvero di grande rilevanza. Si tratta della celeberrima Ragazza con l’orecchino di perla, dipinta dal fiammingo Jan Vermeer nel 1665 circa e conservata al Gabinetto reale di pitture Mauritshuis di l’Aia, del quale è diventata quasi un simbolo. Proprio per questo motivo, per l’estrema rarità con cui lascia le pareti sicure del museo olandese, questo tour che vedrà come unica tappa europea Bologna dal prossimo 8 febbraio fino al 25 maggio, sta attirando l’attenzione di migliaia e migliaia di persone interessate a guardare in faccia questa fanciulla col turbante azzurro e oro. Quanto ha consentito il prestito è la ristrutturazione del museo, tanto che il capolavoro di Vermeer è arrivato nella città delle due torri accompagnata da altri trentasei capolavori degli altri grandi esponenti dell’età d’oro olandese: Van Ruisdael, Steem, Frans Hols, Ter Borck, Pieter Claesz, Van Goyen, Carel Fabritius, Van Honthorst e Hobbema, forse poco conosciuti al pubblico italiano, e ben quattro opere del più noto Rembrandt, oltre ad un altro Vermeer, un quadro di grandi dimensioni: Diana e le sue ninfe. La ristrutturazione del museo, che sta per concludersi, ha portato molti quadri di grande valore in giro per il mondo, soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone, ma solo Palazzo Fava, in tutta Europa, potrà ospitare questa icona di bellezza e mistero, sensualità e fascino, grazie all’impegno del curatore Marco Goldin e, tra gli altri, di Emilie Gordenker, direttrice del maestoso museo dell’Aia. E per dare a quest’opera ulteriore spessore è stata organizzata in contemporanea la mostra “Attorno a Vermeer”: un omaggio al grande artista con quadri scelti di venticinque pittori italiani contemporanei, compresi Piero Guccione, Attilio Forgioli, Raciti e Franco Sarnari. Johannes Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla, 1665 circa olio su tela, cm 44,5 x 39. © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis Ma perché questo dipinto sia entrato nell’immaginario comune come simbolo di armonia e incanto, perché sia uno dei più conosciuti e amati al mondo, forse lo si può spiegare, almeno per quanto riguarda gli ultimi anni, partendo dall’attenzione puntata su di esso da opere letterarie e cinematografiche: Tracy Chevalier, autrice statunitense di romanzi storici, nel 1999 ha pubblicato, dopo un decoroso successo con il suo libro precedente, un romanzo dedicato appunto a quest’opera. Un libro che, personalmente, non mi ha gratificata come sembra abbia fatto con il resto dei suoi lettori, ma che pare sia piaciuto molto per una storia di passione inespressa, per il suo dare vita ad un personaggio dolce 6 - Trieste Artecultura - gennaio 2014 ed enigmatico come quello della giovane Griet, protagonista del libro e del quadro, secondo l’autrice, e ad un uomo maturo, silente e famoso, ammirato per il suo genio e il suo talento, dando al quadro quasi un contenuto sentimentale di derivazione biografica. La storia inserisce nella narrazione la poesia dei colori, e il lettore, come il pittore Vermeer, rimane piacevolmente sorpreso dalla capacità di Griet di posizionare sul tagliere di legno le verdure appena tagliate, ordinate in base al colore delle stesse: una tavolozza di verdure, che nello scorrere delle pagine diventerà la tavolozza dei colori che Griet imparerà a produrre insieme al pittore con ingredienti che ci ricordano il fascino dei capolavori del ‘600. 7 - Trieste Artecultura - gennaio 2014 Forse è questo che è piaciuto tanto ai lettori, e non soltanto, visto che il regista Peter Webber ha deciso nel 2003 di trarne un film che è stato candidato a ben tre Oscar: “miglior scenografia”, “miglior fotografia” e “migliori costumi”. La scelta degli attori, il sempre apprezzato Colin Firth nei panni dell’olandese genio dei pennelli, e Scarlett Johansson giovane e bellissima a far la parte della ragazza, ha decretato il successo del film. L’attrice, in particolare, che si è proposta come stella del pubblico proprio in quell’anno, era ancora poco conosciuta, ideale quindi per rappresentare bene la segretezza sensuale della piccola Griet che lavora di nascosto con il grande pittore man mano che la loro passione nasce, fino ad essere chiara a tutti nella sensualità delle sue labbra aperte, dei grandi occhi e, naturalmente, del luminoso candore di quella perla all’orecchio. A dire la verità, il primo romanzo ispirato alla tela di Vermeer risale però al 1986 ed è opera di Marta Morazzoni, autrice e insegnante italiana vincitrice anche di un premio Campiello: La ragazza col turbante era il suo primo libro, pubblicato da Longanesi, e fu tradotto in ben nove lingue: chiaro segno non soltanto che il testo era piaciuto, ma che il quadro ispirava già grande ammirazione ed interesse. Per quanto riguarda il grande pubblico, quindi, l’elemento letterario e quello cinematografico hanno apportato un grande peso alla fama del quadro, ma gli amanti dell’arte immagino che apprezzino questa’opera per il fascino dell’azzurro e dell’oro della tela, per i toni di luce sulla figura femminile, e per la brillantezza sul viso data da quella perla. In questo olio su tela che misura 44,5 x 39, la ragazza, apparentemente di umili origini, è voltata per tre quarti verso lo spettatore e sembra guardarlo in faccia. È il primo punto di fascino: ci troviamo faccia a faccia con una giovanetta misteriosa. Misteriosa perché, pur essendo evidentemente di famiglia povera, porta all’orecchio un gioiello prezioso, una perla che attira la luce e l’attenzione. Secondo i critici d’arte, questa perla è rappresentata da due sole, semplici pennellate: una per la luminosità e una per la parte più oscura, e queste due pennellate risultano così omogenee e perfette che l’osservatore vede una vera e propria perla a goccia, bellissima, vezzo da ricchi a quei tempi, e illuminata. Gran parte della luce della tela si concentra su questa goccia ma va a diffondersi su gran parte del volto femminile che ci osserva, labbra comprese: socchiuse in un’ammaliante, delicata sensualità, e rosse, come nient’altro nel quadro. La luce poi invade il turbante, l’ampia fascia azzurra che copre il capo della fanciulla ha un colore così denso e vivo che, non ha caso, un altro nome con cui è conosciuto il quadro è proprio La ragazza con il turbante. Dalla fascia blu scende un drappo di tessuto dorato, Carel Fabritius, Il cardellino, 1654, olio su tavola, cm 33,5 x 22,8. © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis Pieter Claesz, Natura morta con candela accesa, 1627 olio su tavola, cm 26,1 x 37,3. © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis di un color oro ben più luminoso della tonalità opaca della veste, rischiarata da un collo bianco. Lo sfondo è cupo, e la ragazza è quindi l’unico soggetto a richiamare su di sé luce e attenzione, mentre tutto il buio intorno aiuta ad ingigantire questo senso di mistero che porta la fanciulla a stregare gli osservatori. Spesso viene posta a confronto con un’opera vagamente simile del pittore di Delft: Testa di ragazza con velo, ap7 - Trieste Artecultura - gennaio 2014 parentemente dell’anno successivo alla Ragazza col turbante. Questa seconda ragazza, dal viso meno aggraziato e l’espressione meno appassionata, è vestita di bianco, con una veste apparentemente più ricercata, ha una fascia scura oltre la fronte che scende con un drappo giallo vagamente simile a quello dell’altro quadro, a cui ruba un’altra somiglianza: un orecchino di perla su quell’unico orecchio visibile della ragazza, anche lei girata di tre quarti. In entrambi i casi, lo sfondo è scuro e inespressivo, solo motivo d’interesse è il personaggio femminile che richiama luce e calore e li distribuisce sulle vesti a partire dal viso, dalle varie pennellate di diverse tonalità di incarnato che Vermeer ha saputo giostrare in maniera tanto perfetta da resistere allo scorrere del tempo. Sono passati infatti circa tre secoli da quando il dipinto è nato, e ancora il fascino che emana è grande: pare che alla mostra di Bologna, prima ancora della sua inaugurazione, siano arrivate centinaia di prenotazioni, tanto che per tre mesi le aspettative parlano di circa 230 mila visitatori, molti dei quali, già prenotati, provenienti dalla Francia, dalla Svizzera e dall’Austria. Palazzo Fava ha adibito a questo quadro una stanza intera, poco illuminata per continuare nella realtà quel senso di oscuro mistero dello sfondo, e in vista di questo assalto di turisti ha prolungato gli orari di apertura del museo. Le sale dedicate alla mostra sono sei: nella prima troviamo i quadri che hanno fatto la storia del museo Mauritshuis, nella seconda Ruisdael e i “Paesaggi”, nella terza “Ritratti”, nella quarta “Interni con figure”, dove si trova anche Diana e le sue ninfe, e nella quinta, l’ultima prima della stanza del quadro solitario, “Nature morte”. Nel testo La ragazza con l’orecchino di perla (edito in Italia da Neri Pozza) della Chevalier, ad un certo punto Griet e il suo padrone Jan discutono su un quadro che stanno osservando insieme e Vermeer, alla fine dice: “Un quadro in una chiesa è come una candela in una stanza buia: serve a vedere meglio. È il ponte tra noi e Dio. Ma non è una candela protestante o cattolica. È una candela e basta.” Ecco, religione a parte, credo sia questo uno dei miracoli dell’arte: la capacità di far parlare umano e divino. E, al di là delle religioni, credo che i quadri, e l’arte in generale, possano essere un modo per vedere meglio: la realtà, l’umanità, la bellezza, soprattutto.