- Social Cohesion Days

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SALUTE E ASSISTENZA
Stato di salute della popolazione italiana. Dall'Indagine Multiscopo dell'Istat risulta che nel 2013 il 70.4% della
popolazione italiana gode di buona salute con un calo rispetto agli anni 2012 (71.1%) e 2011 (71.1%). Aumenta la
presenza di italiani che dichiarano di non stare né bene né male 23.8% contro il 23.2% del 2011 e il 23.3% del 2012.
Stabile la percentuale degli italiani che stanno male, 4.8% nel triennio in esame, e quelli che stanno molto male 0.9% nel
2011 e 2012, 1% nel 2013.
Buona salute
Né bene né male
Male
Molto Male
2011
71.1%
23.2%
4.8%
0.9%
2012
71.1%
23.3%
4.8%
0.9%
2013
70.4%
23.8%
4.8%
1.0%
Persone con almeno una malattia cronica. Dall'Indagine Multiscopo dell'Istat risulta che nel 2013 la popolazione
residente nel terriorio italiano che presenta almeno una malattia cronica equivale al 37.9% fra questi il 35.3% sono uomini
e il 40.4% sono donne. Rispetto al 2012 il dato è in calo di 0.2 punti percentuali, mentre è superiore di 0.2 punti rispetto al
2013.
Residenti con almeno una malattia cronica
2011
2012
2013
Maschi
35.1%
35.5%
35.3%
Femmine
41.5%
41.4%
40.4%
Totale
38.4%
38.6%
37.9%
Mortalità per malattie del sistema circolatorio. Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di
morte in quasi tutti i paesi dell'Ue. In Italia nel 2012 le malattie del sistema cardiocircolatorio hanno provocato la morte di
230.160 persone rappresentando un tasso di mortalità del 37,5%. I tumori sono la seconda causa di morte sia in Italia sia
nel gruppo dei 28 paesi Ue.
Nel 2010, con 33,5 decessi ogni diecimila abitanti (in base al tasso standardizzato per confronti europei), l'Italia si colloca
agli ultimi posti dell'Ue28, dove il tasso medio è di 41,8. Solo in Francia (23,1), Spagna (27,7), Paesi Bassi (29,7), Belgio
(31,7) e Regno Unito (32,6) i livelli di mortalità per malattie del sistema circolatorio sono più bassi che in Italia.
All'estremo opposto si trovano paesi di nuova adesione e dell'ex Unione Sovietica; le situazioni più allarmanti si
riscontrano in Bulgaria, Romania, Lituania, Lettonia e Slovacchia con valori dei tassi più che doppi rispetto alla media
europea.
Nel 2011 le malattie del sistema circolatorio rappresentano la prima causa di morte in quasi tutte le regioni, ad esclusione
di Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta e provincia autonoma di Trento, dove la prima causa di morte è
rappresentata dai tumori. Dall'analisi della geogra fia della mortalità emerge uno svantaggio delle province del
Mezzogiorno, soprattutto della Campania che, insieme a quelle della Sicilia.
Mortalità per tumori. Il 30% delle morti in Italia è causato dal cancro. Dopo le patologie cardiocircolatorie (37.5%), il
tumore rappresenta la seconda causa di morte in Italia. Gli italiani che convivono con il cancro sono 2 milioni 250 mila
(4% della popolazione). Nel 2012, i decessi legati ai tumori sono stati 177.351.
I tumori rappresentano la seconda causa di morte subito dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio, sia in Italia, sia nel
gruppo dei 28 paesi Ue. Nel 2010 il livello italiano della mortalità per tumori si colloca di poco al di sotto del valore medio
europeo (27,3 contro 27,9 decessi per diecimila abitanti). Tra i paesi con i tassi di mortalità più elevati, con valori superiori
ai 32 decessi per diecimila abitanti, si trovano Ungheria, Croazia e Slovenia. Cipro, Bulgaria e Finlandia si distinguono per
i valori più bassi, inferiori a 24 per diecimila abitanti.
Numero morti 2012
Tasso morti 2012
Tumori
177.351
28.9%
Malattie sistema circolatorio
230.160
37.5%
Malattie sistema respiratorio
43.444
7.0%
Totale (altre malattie non in tabella)
613.520
100%
Mortalità infantile. Nel 2012 in Italia il tasso di mortalità infantile è di 3 decessi per mille nati vivi. Negli ultimi dieci
anni il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su quasi tutto il territorio italiano, raggiungendo
valori tra i più bassi in Europa.
Il tasso di mortalità infantile, vista la correlazione negativa che lo lega alle condizioni sanitarie, ambientali e socioeconomiche, si può interpretare come espressione del livello di sviluppo e di benessere di un paese. Il valore di questo
indicatore continua a diminuire su tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa. Permangono
differenze territoriali che vedono il Mezzogiorno penalizzato. Nel 2012 il tasso di mortalità infantile è di 3,2 decessi per
mille nati vivi, valore invariato rispetto alla rilevazione 2011 e di poco inferiore a quello osservato nel 2010 (3,3).
Decessi per mille nati vivi
2012
3
2011
3.09
2010
3.16
In tutta Europa si osserva una tendenza alla diminuzione della mortalità infantile, seppur con battute di arresto e
oscillazioni. Il livello medio di mortalità infantile nei paesi dell'Ue28 si attesta nel 2012 su un valore di 3,8 decessi per
mille nati vivi. Emergono, tuttavia, ancora forti divergenze territoriali e la polarizzazione netta tra Est e Ovest. Tra i paesi
con tassi di mortalità elevati spicca la Romania (9,0) mentre Repubblica Ceca, Svezia, Lussemburgo, Finlandia e Slovenia
registrano i tassi più bassi (inferiore o uguale a 2,6 per mille).
Sebbene il tasso di mortalità infantile italiano si attesti sui livelli dei paesi più avanzati del mondo, non deve essere
sottovalutata la forte variabilità territoriale, con un indubbio svantaggio del Mezzogiorno. Nel 2012, infatti, questa
ripartizione nel suo complesso presenta un tasso pari a 3,9. Tra le regioni più penalizzate vi sono la Sicilia (4.23), la
Campania (4.21) e la Calabria (4.52) che presentano valori superiori a 4 decessi per mille nati vivi. Tra le regioni con i
tassi più bassi (poco superiori a 2 per 1. 000) vi sono la Lombardia (2.41) Valle d'Aosta (2.55).
Aborto. In Italia nel 2012 le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) sono state 103.191 (dati Istat), con un decremento
rispetto al 2010, 112.463, e al 2012, 110.041.
Aids in Italia e nel mondo. Al 2010 in Italia sono circa 150 mila le persone Hiv positive, di cui più di 22 mila hanno
sviluppato la malattia conclamata (Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di Sanità). Dal 1982 al 31 dicembre 2010,
sono stati segnalati 62.976 casi e 39.344 (62,8%) sono i pazienti deceduti. Nel mondo quasi 60 milioni di persone sono
state infettate dal 1981 al 2011 (Oms, Unicef e Unaids) e più di 25 milioni sono morte per cause correlate all'Aids.
Il tabagismo. Il 12,5% dei decessi del 2010 è attribuito al fumo (71.445 morti). Circa 40 mila le morti per neoplasia
polmonare e Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), 10 mila per altri tumori legati al tabacco, 15-20 mila per
malattie cardiovascolari, 5 mila per altre malattie (Doxa/Iss).
Il trapianto di organi. Nel 2011 sono 1.309 i donatori di organo contro i 1.301 del 2010. La regione più generosa è la
Toscana. I pazienti trapiantati sono stati 2.940 (64 in più rispetto al 2010). Gli organi trapiantati 3.135. Il numero totale di
donatori utilizzati è stato 1.113. Oltre 8 mila i pazienti in lista d'attesa.
La spesa sanitaria pubblica. La spesa sanitaria pubblica italiana risulta inferiore a quella dei principali paesi europei:
poco meno di 2.500 dollari pro capite nel 2012 (in parità di potere d'acquisto) a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e
Germania.
La spesa sanitaria pubblica misura quanto viene destinato per soddisfare il bisogno di salute dei cittadini in termini di
prestazioni sanitarie. La spesa sanitaria pubblica corrente dell'Italia ammonta nel 2012 a circa 111 miliardi di euro, pari al
7 per cento del Pil e a 1.867 euro annui per abitante.
La spesa sanitaria pubblica italiana è molto inferiore rispetto a quella di altri importanti paesi europei.
Nel 2012 l'Italia ha speso circa 2.481 dollari per abitante. Il livello di spesa più alto si registra per i Paesi Bassi (4.375
dollari pro capite), quello più basso per la Polonia (1.065 dollari pro capite).
Nel 2011 la spesa sanitaria pubblica corrente in Italia è stata di 1.849 euro per abitante, abbastanza in linea con quanto
osservato per le ripartizioni del Nord-Ovest (1.873 euro per abitante) e del Nord est (1.841 euro per abitante; nettamente al
di sopra del valore medio nazionale si colloca la ripartizione del Centro (1.931 euro per abitante), mentre per il
Mezzogiorno la spesa pro capite è decisamente inferiore alla media nazionale (1.788 euro). La regione Valle d'Aosta
registra la spesa procapite più elevata (2.221 euro), mentre il Veneto esprime quella più bassa (1.737 euro).
Spesa sanitaria delle famiglie. Nel 2012 le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva
per una quota pari al 20,8 per cento, in calo di oltre due punti percentuali rispetto al 2001.
Le famiglie contribuiscono alla spesa sanitaria totale per il 20.8%. Nell'area europea il finanziamento pubblico dei servizi
sanitari rappresenta la scelta prevalente. Nel 2012, le famiglie italiane hanno contribuito con proprie risorse alla spesa
sanitaria complessiva per una quota pari al 20,8 %, in calo di due punti percentuali rispetto al 2001. La spesa sanitaria delle
famiglie rappresenta l'1,8 per cento del Pil nazionale.
Il confronto europeo evidenzia che nel 2012 la quota di spesa sanitaria privata in Italia è pari al 20,8%, più bassa di almeno
punto e mezzo rispetto a Francia, Germania e Austria. I paesi in cui i contributi della spesa privata sono maggiori sono
Ungheria e Portogallo, per contro emerge che i contributi minori sono quelli registrati da Repubblica Ceca (16,3 per
cento), Danimarca (14,8 per cento) e Paesi Bassi (14,2 per cento).
La spesa sanitaria complessiva nel 2011 rappresenta l'8,9 per cento del Pil, 1,8 punti percentuali di questa quota sono
finanziati con risorse dirette delle famiglie. Il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria complessiva risulta in calo tra il
2001 e il 2011, mentre la spesa complessiva si accresce di oltre un punto percentuale nello stesso periodo; questo
incremento è stato quindi interamente finanziato attraverso un aumento della spesa pubblica.
Il peso della spesa delle famiglie in percentuale del Pil è leggermente più alto nel Mezzogiorno (2,1 per cento) rispetto al
Centro-Nord (1,7 per cento), ma la differenza va attribuita soprattutto al divario di reddito tra le due ripartizioni; le regioni
in cui la quota è più elevata (superiore ai due punti percentuali di Pil) sono Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Molise e
Puglia.
Calcolata per famiglia la spesa sanitaria privata è pari a 949 euro nel Mezzogiorno e a 1.222 euro nel Centro-Nord, ciò
conferma l'aspetto legato ai differenziali di reddito tra le ripartizioni.
Offerta ospedaliera. In tutte le regioni, tra il 2002 e il 2011, si è veri ficata una convergenza verso la media nazionale del
numero di posti letto ospedalieri, passata da 4,3 a 3,4 per mille abitanti.
In Italia l’offerta di posti letto ospedalieri e degli istituti di cura continua a diminuire, come nella maggior parte dei paesi
dell’Unione europea. Per quanto riguarda l'offerta di posti letto ospedalieri, nel 2011 l'Italia (3,4 posti ogni mille abitanti)
si colloca al 23° posto. Una dotazione inferiore a quella italiana si riscontra in Spagna, Irlanda, Regno Unito e Svezia. I
paesi con un'offerta di posti letto superiore sono Germania, Austria e Ungheria che riportano un tasso di posti letto
superiore a 7 per mille abitanti. Tra i paesi in cui prevale invece la fornitura dei Servizi Sanitari nazionali si collocano
Italia, Danimarca, Regno Unito, Irlanda, Svezia e Spagna.
Tra il 2002 e il 2011 l'offerta di posti letto ospedalieri utilizzati, in regime ordinario, nelle varie regioni è diminuita: a
livello nazionale si passa da 4,3 a 3,4 posti letto per mille abitanti. Nel Centro la riduzione è maggiore con un decremento
da 4,8 a 3,3 posti letto per mille abitanti. Nell'arco dei dieci anni le regioni che mostrano una contrazione maggiore nei
tassi di posti letto ordinari sono il Lazio, la Liguria, la Toscana e l'Abruzzo. Anche il numero di strutture ospedaliere è
diminuito nella maggior parte delle regioni italiane, passando da 1. 286 nel 2002 a 1. 120 nel 2011. Particolarmente
sostenute le riduzioni in Veneto, oltre il 40 per cento in meno di istituti di cura ospedalieri a partire dal 2004, e nelle
Marche, dove è in atto una riorganizzazione del sistema.
Mobilità ospedaliera. Nel 2012 le regioni sono state interessate da circa 567 mila ricoveri ospedalieri di pazienti non
residenti (8,4 per cento dei ricoveri ordinari per "acuti") e da oltre 506 mila ricoveri di pazienti provenienti da una regione
diversa da quella di residenza (7,5 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Gli indici di mobilità più alti si riscontrano
nelle regioni più piccole (Basilicata e Molise).
Il fenomeno della mobilità ospedaliera interregionale è particolarmente rilevante sia in termini quantitativi, sia perché
riguarda quei pazienti che, per motivi di varia natura, si ricoverano in una regione diversa da quella di residenza. La
mobilità ospedaliera dipende dalla vicinanza geogra fica, come testimonia l'elevato valore degli indici di mobilità nelle
regioni più piccole: Basilicata e Molise, infatti, presentano nel 2012 percentuali dell'indice di emigrazione superiori al 20
per cento. Oltre a queste realtà territoriali, le regioni con un flusso di emigrazione piuttosto consistente rispetto ai ricoveri
effettuati dai propri residenti sono la Calabria (18,3), la Valle d'Aosta (18,0), l'Abruzzo (15,8) e la provincia autonoma di
Trento (14,4).
Ospedalizzazione per tumori e malattie del sistema circolatorio. I tumori e le malattie circolatorie si confermano le
principali cause di ricovero ospedaliero, con differenze poco signi ficative a livello regionale.
I tumori e le malattie del sistema circolatorio sono le patologie per cui è più frequente il ricorso all'ospedale e anche quelle
per cui è più elevata la mortalità. I ricoveri in regime ordinario (con pernottamento) per queste diagnosi sono diminuiti nel
tempo. Tale diminuzione è stata più rilevante per le malattie del sistema circolatorio (-24,0 per cento tra il 1999 e il 2012)
che per i tumori (-18,4 per cento nello stesso periodo). Ciò dipende dalla tendenza a trattare queste patologie in contesti
assistenziali diversi (day hospital o ambulatori), oltre che da un possibile miglioramento del quadro nosologico. Nel 2012
in Italia si sono registrate circa 705 mila dimissioni (1.184 ogni centomila residenti) per i tumori e un milione 237 mila
dimissioni (2.078 ogni centomila residenti) per le malattie del sistema circolatorio.
L'Italia conferma la propria posizione a metà della graduatoria Ue (quattordicesima posizione) per quanto riguarda i
ricoveri ordinari per malattie del sistema circolatorio e ancora più in basso (diciottesima posizione) per i ricoveri per
tumori. Per i tumori, i tassi di dimissione ospedaliera più bassi si registrano a Cipro (407 ricoveri ogni centomila residenti).
All'estremo opposto si trova l'Ungheria (2. 395). Per le malattie del sistema circolatorio i valori oscillano da un minimo di
461 ricoveri ogni centomila residenti a Cipro a un massimo di 4. 860 in Lituania.
Fumo, alcol e obesità: i fattori di rischio. Nel 2013 i fumatori e i consumatori di alcol a rischio rappresentano
rispettivamente il 20,9 e il 13,4 per cento della popolazione di 14 anni e più, mentre le persone obese sono il 10,3 per cento
della popolazione di 18 anni e più.
Obesità. Circa un italiano su dieci è obeso, mentre uno su tre è in sovrappeso. Se a livello nazionale gli italiani in eccesso
di peso sono il 46%, nel mezzogiorno sono più della metà degli adulti (51%). Secondo Save the children, sono 1 milione
100 mila i bambini soprappeso in Italia, di cui quasi 400 mila obesi. In Europa l'obesità colpisce 3 milioni di giovani.
In Italia, nel 2013, con riferimento alla popolazione di 14 anni e più, i fumatori rappresentano il 20,9 per cento, i
consumatori di alcol a rischio il 13,4 per cento, mentre l'incidenza delle persone obese risulta pari al 10,3 per cento della
popolazione adulta di 18 anni e più.
Per i confronti in ambito europeo si fa riferimento ai dati più recenti diffusi dall'Oecd, considerando i 21 paesi europei
aderenti all'Oecd, sulla base di indicatori il più possibile aggiornati e comparabili tra loro. Per l'Italia la percentuale di
fumatori sul complesso della popolazione di 15 anni e più è pari al 21,1 per cento. L'Italia si colloca in posizione centrale
nella classi fica dei paesi che vede nelle prime posizioni Grecia (38,9), Irlanda (29,0), Ungheria (26,5) ed Estonia (26,0). I
paesi in cui invece è meno diffusa l'abitudine al fumo sono Svezia (13,1), Lussemburgo (16,0), Finlandia e Danimarca
(17,0).
Riguardo alla percentuale di persone obese, calcolata sul totale della popolazione di 15 anni e oltre, l'Italia si colloca tra i
paesi con i valori più bassi (10,3), considerando però solo la popolazione adulta (18 anni ed oltre), insieme a Svezia (11,8),
Paesi Bassi (12,0) e Austria (12,4). Percentuali più alte si riscontrano invece in Ungheria (20,0), Grecia (19,6), Estonia
(19,0) e Slovenia (18,3). I valori particolarmente elevati di Regno Unito (24,7) e Lussemburgo (22,7) risentono anche della
diversa fonte utilizzata. L'indicatore, infatti, non si basa sulla dichiarazione di peso e altezza dell'intervistato, come negli
altri paesi, ma sulla misurazione diretta delle due dimensioni considerate
Il consumo di alcol a rischio e l'obesità fanno emergere situazioni contrapposte a livello territoriale. Confrontando le
regioni del Centro-Nord con quelle del Mezzogiorno, nel 2013 nelle prime è più alta la quota di consumatori di alcol (14,8
contro 10,8) ed è più bassa quella di persone obese (10,0 contro 11,0). Le percentuali più elevate di adulti obesi si
registrano in Basilicata (14,2), Molise (12,7), Abruzzo (12,1), Puglia (12,0), mentre il consumo di alcol considerato a
rischio interessa principalmente la provincia autonoma di Bolzano (24,2), Valle d'Aosta (21,0), la provincia autonoma di
Trento (17,9) e Friuli-Venezia Giulia (17,8). Per i fumatori, la quota più alta si rileva nel Lazio (23,6), in Umbria (23,1) e
in Campania (22,9).
Nel complesso, fumo, alcol e obesità interessano soprattutto gli uomini, con differenze rispetto alle fasce di età: i fumatori
raggiungono le percentuali più elevate nelle fasce di età centrali (36,2 tra gli uomini di 25-34 anni e 22,1 tra le donne di
45-54 anni), mentre il consumo di alcol a rischio è più diffuso tra gli anziani di 65-74 anni (42,1 contro il 10,6 delle donne)
e tra i giovani di 18-24 anni (23,0 contro l'8,6 delle donne). In fine, l'obesità aumenta dopo i 35 anni, con differenze di
genere a svantaggio degli uomini che si riducono tra le persone anziane.