II intervento 20.01_Campanale_Grazia

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II intervento 20.01_Campanale_Grazia
Secondo intervento del 20 gennaio riguardante il X capitolo dell’Ulysses Grazia Campanale Matilde Sarti Coccia Davide Melania Limongelli Fabrizio Papitto Capitolo X dell’Ulysses di Joyce Le simplegadi Il decimo capitolo dell’Ulysses di Joyce riprende il titolo dal libro XII dell’Odissea di Omero: “Le simplegadi”. Come tutti gli altri capitoli, Joyce riprende determinate parole, episodi ecc. che si riferiscono al lavoro omerico: anche se, come accade frequentemente, il riferimento a Omero è esile: Circe esorta Odisseo ad evitare le Simplegadi; mentre, secondo Stuart Gilbert, all’arcipelago delle rocce vaganti corrisponde il labirinto delle strade di Dublino. Proprio le simplegadi (dal greco syn, insieme, e plésso, urtare, battere), nell’Odissea omerica, erano degli enormi scogli, in perenne collisione, che stritolavano tutto ciò che passasse attraverso loro. Joyce, nell’ Ulysses, paragona le simplegadi alle strade di Dublino, strade che mettono in difficoltà gli stessi abitanti. Joyce, in un modo o nell’altro, sottolinea sempre “il disprezzo” per la Dublino moderna, segnata dalla paralisi morale dovuta ai vincoli religiosi e culturali a cui l’Irlanda, secondo lo scrittore, era soggetta. Secondo una tavola, riguardante gli schemi di Linati, si notano delle corrispondenze presenti nell'opera di Joyce con l'Odissea: Titolo
Scena
Ora
1.Telemaco
La torre
2.Nestore
Organo
Arte
Simbolo
8 a.m.
Teologia
Erede
La scuola
10 a.m.
Storia
Cavallo
3.Proteo
La spiaggia
11 a.m.
Filologia
Marea
4.Calypso
La casa
8 a.m.
Reni
Economia
Ninfa
5.I lotofagi
Il bagno
10a.m.
Organi
genitali
Botanica
chimica
Eucarestia
6.L'ade
Il funerale
11 a.m.
Cuore
Religione
Pompe funebri
7.Eolo
Il giornale
Mezzogiorno Polmoni
Retorica
Editore
8.I lestrigoni
Il pranzo
1 p.m.
Esofago
Architettura
Vigile urbano
9.Scilla e Cariddi
La
biblioteca
2 p.m.
Cervello
Letteratura
Stratford
Londra
10.Le simplegadi
Le strade
3 p.m.
Sangue
Meccanica
Cittadini
11.Sirene
La mescita
4 p.m.
Orecchie
Musica
Baristi
12.Ciclopi
La taverna
5 p.m.
Muscoli
Politica
Feniano
13.Nausicaa
Le rocce
8 p.m.
Occhi e naso
Pittura
Vergine
14.Le mandrie del
sole
L'ospedale
10 p.m.
Utero
Medicina
Maternità
15.Circe
Il bordello
Mezzanotte
Magia
Prostituta
16.Eumeo
Il rifugio
1 a.m.
Nervi
Navigazione
Marinai
17.Itaca
La casa
2 a.m.
Scheletro
Scienza
Comete
18.Penelope
Il letto
Carne
Terra
Vediamo che lo stesso Stuart Gilbert ci informa sul fatto che (ma sono indicazioni che Joyce ha voluto lasciare implicite), la scena in cui si svolgono le diverse vicende sono le strade di Dublino, l'ora le 15, l'organo è il sangue, perché la città viene vista come un organismo vivente e il sangue rappresenta la circolazione per le vie; l'arte la meccanica, perché ogni episodio si incastra l’uno nell’altro con varie tecniche; il simbolo i cittadini, e la tecnica il labirinto. Le simplegadi è stato definito il capitolo centrale dell’intera opera sia per la sua reale posizione sia perché, al suo interno, è suddiviso in 18 episodi e 18 è anche il numero dei capitoli dell’Ulysses. Melchiori affermò che Joyce inserì questo episodio, inizialmente non previsto, per ragioni eminentemente di struttura interna;1 lo studioso Martella, però, non è d’accordo su questa affermazione e dice che “costruisce una sorta di confine interno al testo”.2 Il decimo episodio offre l’anello di congiunzione e il punto di passaggio al secondo blocco: costituisce la chiusa dei primi nove episodi, rafforzando l’immagine di una città e di un mondo che assiste al fallimento delle proprie aspirazioni individuali e collettive. Un’ulteriore spunto al quale potremmo aggrapparci è il fatto che, tra questo capitolo e l’intera opera, corrisponde la stessa tecnica della contemporaneità: tutto quello che succede nell’Ulysses avviene nel giro di un giorno, così, nel capitolo,ogni singolo episodio avviene contemporaneamente agli altri. In questo capitolo, i personaggi si moltiplicano e si crea confusione tra un personaggio e l'altro, tra un nome e l'altro, esattamente come accade per le innumerevoli, ingannevoli strade. Un esempio potrebbe essere la presenza di due signor Bloom: l’uno Leopold Bloom, l’altro il Bloom dentista. Questa confusione, forse, è dettata dalla volontà dell’autore stesso, la conferma potrebbe essere lo stesso titolo del capitolo e fa venire in mente la postilla di Gadda : "mantenere omonimia per accrescere confusione".3 La tecnica è quella della simultaneità, in ogni episodio sono incastonati frammenti di altri episodi o, addirittura, episodi o personaggi di altri capitoli: si comincia con la lunga passeggiata di padre Conmee, e si prosegue allineando sullo stesso piano personaggi maggiori e minori; troviamo Bloom in una libreria alla ricerca di un libro pornografico, o Blazes Boylan, o Stephen, o la sorella Dilly, o il padre Dedalus, ma anche altre figure. Joyce non si sofferma sulle prospettive dei personaggi, ma le immobilizza. Tanti segmenti di storie corrono sincronicamente in maniera del tutto casuale dal punto di vista della storia: sembra di essere all’interno di un film, l’elemento visivo è più importante di quello narrativo. Immaginiamo ciò che leggiamo, la dinamica di ogni singolo episodio: troviamo il gesuita Conmee che incontra la moglie del deputato Sheehy, nel frattempo Conry Kelleher parla con una guardia ed ecco qui che si sposta la macchina da presa e incontriamo Mr. Kernan che va in giro per Dublino. Quello che Joyce voleva fare era illustrare il mondo: l’Ulysses era l’immagine di una possibile forma del nostro mondo, ma tra immagine e mondo reale cui esso dava forma c’era ancora un cordone ombelicale: le affermazioni circa la forma del mondo si traducevano in comportamenti umani, il lettore coglieva un discorso generale sulle cose attraverso una discesa nel vivo delle cose.4 Gusti, tipi, caratteri della vita 1
G. Melchiori, Joyce: il mestiere dello scrittore, Einaudi, 1994, pag. 131. G. Melchiori, Joyce: il mestiere dello scrittore, Einaudi, 1994, pag. 133. 3
C.E. Gadda, Racconto italiano di ignoto del novecento, Einaudi, 1983. 4
U. Eco, Le poetiche di Joyce, Saggi Bompiani, 1988, pag. 164. 2
dublinese costituiscono la dimensione letterale di un impianto allegorico più vasto. Joyce pensa ad un opera-­‐cosmo a partire dagli stessi personaggi e finisce con una rappresentazione figurata della realtà. Per ognuno dei personaggi, infatti, immagina un lavoro che racchiuda tutti i ranghi della società: dal commesso viaggiatore soddisfatto del suo lavoro al maestro di musica, dalla commessa corteggiata da Stephen all’impresario di pompe funebri, da un marinaio che chiede l’elemosina al deputato; tutti lavori e situazioni che si trovano nella realtà. L’opera assume vari valori o, come li definì Dante nel Convivio( II,1), vari sensi: un senso letterale, uno morale, uno allegorico e uno anagogico. Il senso letterale corrisponde alla lettera del testo; l'allegorico è "una veritade ascosa sotto bella menzogna" ("verità nascosta sotto una bella menzogna"); il senso morale corrisponde al significato etico e didascalico della scrittura e infine il senso anagogico (dal greco anagogé, "elevazione"), o sovrasenso, da riconoscere nel profondo significato spirituale della scrittura. Lo stesso Eliot scriveva che l'Ulisse rappresenta l'immensa futilità della vita moderna seguendo un metodo mitologico. Il rapporto che lega l’Ulisse con l’ Odissea si basa, pertanto, sulla volontà di raccogliere e rinnovare una tradizione culturale e di istituire un confronto meta-­‐letterario tra i due generi di riferimento: l’epica e il romanzo: raccontare la realtà attraverso la favola. Il poema epico infatti permette a Joyce di sottolineare ancora di più, quasi con ironia, la totale mancanza di eroismo, valori, amore, fede, coraggio dei suoi personaggi, modelli di un mondo moderno.