Il fallimento è un`opportunità

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Il fallimento è un`opportunità
American Horror Story a rischio chiusura? Troppo
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[MYBUSINESS / NEWS] 24.10.2015
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Il fallimento è un'opportunità
Gli errori aiutano a capire e ad andare avanti più velocemente:
«Perché fallire in qualcosa non vuol dire essere dei falliti», parola
di business coach. Questi i "trucchi" per ripartire
Il fallimento come opportunità. Siamo stati abituati a pensare
che il fallimento sia qualcosa da evitare a ogni costo. In effetti,
non è piacevole non raggiungere un obiettivo, ma è
di Mario Alberto Catarozzo
Coach
DA MYBUSINESS
di Valeria Vantaggi
Tutti i segreti di Google
sicuramente istruttivo se impariamo ad apprendere dagli
errori per migliorare. Molto spesso l’abitudine culturale ci
porta a giudicare i fallimenti, invece di andare a scuola da essi
per progredire. Per poter apprendere da un'esperienza,
di Valeria Vantaggi
L'Arena di Verona
cerca ballerini
dobbiamo imparare ad interrogarla. Il miglior maestro è la
nostra stessa vita, a condizione che sappiamo apprendere da
lei. Molti di noi, invece, non riescono ad accedere alle proprie
di Valeria Vantaggi
10 idee per
arrotondare lo
stipendio (senza stress)
risorse e potenzialità, perché impediti dal giudizio, che come
un tappo chiude ogni via di uscita verso il progresso. Vediamo
quali sono le cause di tale approccio e come superarle con il
coaching.
1. Ho fallito in qualcosa, non sono fallito io. Partiamo da qui,
da una chiara distinzione che dobbiamo imparare a introdurre
nel nostro modo di pensare: fallire in qualcosa, non comporta
essere falliti come persone. La capacità di circostanziare gli
errori, ci permette di salvaguardare la nostra identità, punto di
ripartenza verso ogni miglioramento. La cultura in cui siamo
stati cresciuti, invece, tende a generalizzare e far risalire, come
un salmone nella corrente, il mancato raggiungimento di un
risultato, con l’incapacità della persona di raggiungerlo. Fallire
in qualcosa non vuol dire non essere capace, bensì
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che si fanno in palestra
di Mario Alberto Catarozzo
circostanza quel risultato.
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pratica
2. Convinzioni e pregiudizi. Confucio dice che “l’esperienza è
di Monica Coviello
semplicemente non aver saputo raggiungere in quella
come una lanterna agganciata sulla schiena, illumina il
passato, ma non il futuro”. Ebbene, qualcosa di analogo accade
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Obama (e c'è anche Eva
Longoria)
anche per gli errori. L’errore ci dice che non siamo stati capaci
di ottenere un risultato, non che non saremo capaci in futuro.
Spesso, invece, spinti anche qui dalla cultura scolastica di un
tempo e dai pregiudizi culturali, viene inculcato sin da piccoli
che se non sei bravo a fare una cosa allora non sei portato. Chi
di noi non si è sentito dire da un insegnante che era portato
per una materia e negato per un’altra? La conseguenza è che
sin da piccoli ci creiamo delle convinzioni limitanti circa le
nostre attitudini e possibilità, che condizioneranno il nostro
futuro. Le convinzioni sono come la criptonite per Superman,
ci impediscono di accedere alle nostre risorse più profonde.
Non sapremo mai se siamo davvero in grado di fare una cosa,
finché non ci permetteremo di farla.
3. Sapere ed essere convinti: una bella differenza. “So che è
andata così…”, “sono convinto che sia andata così”. Secondo
voi sono la stessa cosa? No di certo. Nel primo caso stiamo
parlando di qualcosa che abbiamo verificato, sperimentato e
che a questo punto conosciamo. Nel secondo caso stiamo
parlando di idee, ricostruzioni, immaginazione, timori. Di
convinzioni, appunto. La convinzione è la certezza
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relativamente ad un fatto che non abbiamo mai verificato.
Essere convinti e sapere sono due situazioni completamente
diverse: la prima è reale, la seconda è immaginaria. Pensiamo a
quante decisioni vengono prese sulla base di qualcosa che non
si conosce, che forse non esiste neppure, convinzioni, appunto.
Impariamo a porci sempre la domanda: questa cosa la so o la
penso? Ne sono convinto, oppure l’ho verificata? La temo o la
conosco?
4. Accusatori e accusati: l’aula giudiziaria che è in noi.
Abbiamo due possibilità di fronte agli errori: giudicarli
(giudicarci), oppure imparare. Nel primo caso, stiamo creando
“aule giudiziarie” dove c’è un accusato e un accusatore. Il bello
è che siamo sempre noi ad impersonare tutti gli attori di
questo processo. Le ragioni le lasciamo indagare a chi fa
questo mestiere, noi qui ci limitiamo come coach a sottolineare
come sia poco utile per la nostra crescita e benessere questo
comportamento. Quando creiamo aule giudiziarie, con noi
stessi o con altri, teniamo sempre presente che non ci può
essere confronto e non ci può essere apprendimento, in
quanto l’esigenza primaria è uscirne indenni il prima possibile.
La seconda possibilità è imparare dagli errori, vediamo come.
5. Allenare il dialogo interiore potenziante. Una valida
alternativa al giudizio che annichilisce, è un dialogo interiore
fatto di domande di qualità. Così vengono chiamate nel
coaching quelle domande che attivano ragionamenti e liberano
risorse e potenzialità. Di fronte ad un errore può essere
dunque una valida strategia quella di fermarsi a mapparlo e
chiedersi cosa è andato bene e cosa non ha funzionato. Per
rendere ancora più semplice questo processo, provate a
vedervi “da terzi”, cioè senza essere coinvolti emotivamente nei
fatti, in modo da poter mantenere una maggior lucidità di
pensiero e di analisi. Con il termine “mappatura” si intende
l’attività con cui, a bocce ferme, quindi prima o dopo un fatto,
si raccolgono informazioni sulla situazione. Questa attività si
chiama anche “intelligence”, cioè raccolta di dati per arricchire
di particolari una situazione.
6. La sintesi come dono. Rimanendo in tema di mappatura
dell’errore, ciò che molti fanno è di non limitarsi a valutare la
situazione in modo da comprenderne il funzionamento e gli
elementi positivi e negativi. Molti arricchiscono la
ricostruzione di commenti, di giudizi, di valutazioni, rendendo
ingarbugliata la situazione e perdendosi in essa, invece di fare
chiarezza con essa. Lo vediamo nelle sessioni di coaching, dove
a fronte di una nostra domanda di chiarimento, il coachee
parte in una descrizione dei fatti spesso troppo analitica e per
di più arricchita di commenti e di valutazioni, al punto che lui
stesso dopo poco ci si perde. Essere sintetici, il più possibile
legati ai fatti senza commenti e senza perdere di vita l’obiettivo
del racconto, è una grande dote utile per far tesoro delle
esperienze.
7. Il circuito del topo. Un bel libro che consiglio a tutti di
leggere è “Chi ha spostato il mio formaggio” di Spencer
Jhonson. In realtà è una favola che ben rappresenta il modo di
agire di molti di noi. Il “circuito del topo” che l’autore ben
descrive rappresenta il labirinto in cui spesso ci muoviamo,
fatto di abitudini, di convinzioni, di pregiudizi. Non appena
spostano ai topolini protagonisti del racconto il formaggio dal
solito posto, questi impazziscono nel ripetere sempre lo stesso
percorso nella speranza di ritrovare il loro premio finale, il
formaggio appunto. Tutti, tranne uno, faticano a “pensare fuori
dalla scatola”, e a testa bassa ripetono all’infinito quanto sono
abituati a fare, anche se è una soluzione fallimentare, perché
ha già dimostrato di non portare al risultato. Litigano tra di
loro, se le prendono con l’esterno, ma non si fermano a cercare
di capire come fare diversamente. Albert Einstein diceva che
“la vera follia nell’uomo è pretendere nuovi risultati, facendo
sempre le stesse cose”.
8. Il modello T.O.T.E. Alternativo al modello del criceto, o al
“circuito del topo”, è il modello T.O.T.E. (Test Operation Test
Exit). Questo è il modello tipicamente usato nella mentalità
degli inventori. Invece di procedere a testa bassa, ripentendo
all’infinito le stesse movenze e soluzioni già dimostratesi
fallimentari, il modello T.O.T.E. propone una modalità di
azione fatta di prove e verifiche. Come esempio possiamo
prendere i classici esami del sangue. Se vogliamo vedere i
livelli ematici del colesterolo faremo degli esami del sangue
(Test). Una volta che nero su bianco sappiamo che alcuni valori
sono fuori range, andremo dal medico che ci prescriverà un
piano di azione (Operation) per porre rimedio alla situazione e
riportare i valori nella norma (per esempio un regime
alimentare, movimento etc.). A questo punto, dopo qualche
mese ci prescriverà nuovi esami del sangue (Test) per
verificare se il piano di azione ha funzionato ed eventualmente
introdurre correttivi. Se sì, procederemo con lo stesso piano;
se no, usciremo dal quel piano (Exit) e ne introdurremo un
altro per verificarne l’efficacia. Molti, invece, non si fermano
mai a fare la verifica e procedono imperterriti, senza sapere se
ciò che stanno facendo sia davvero utile oppure no.
9. Il progresso segue le crisi. Se dal punto di vista individuale
il fallimento rinforza, l’errore fa aumentare l’esperienza e
permette di far fondo a nuove potenzialità, anche dal punto di
vista sociale le crisi e i momenti difficili permettono
all’umanità di fare un salto, di progredire. Ciascuno di noi, e la
società stessa, finche le cose vanno bene non è portato ad
intervenire e tende a crearsi zone di comfort. È il disagio e la
voglia di progredire che fanno compiere veri balzi in avanti. Le
potenzialità vengono slatentizzate dalla passione e dalle
difficoltà. Non demonizziamo, pertanto l’errore, e cerchiamo
invece di renderlo nostro partner verso il miglioramento.
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