Continua - ANFFAS Lombardia

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Continua - ANFFAS Lombardia
San Paolo (BS), lì 16 ottobre 2010
Oggetto:
parere pro veritate in ordine al c.d. “contratto d’ingresso” per l’accesso ai
determinati servizi.
QUESITO
Richiesto di esprimere motivato parere riguardo all’interpretazione del contratto
d'ingresso nei servizi socio-sanitari, previsto dalla D.G.R. n. 8496 del 2008, e di tutta una serie
di questioni ad esso collegate, quali la responsabilità del Comune nel caso di mancato
pagamento da parte della famiglia, l’inquadramento del contratto in parola, la responsabilità
sussidiaria del Comun, gli obblighi di informazione da parte dell'Ente Gestore nei confronti
del medesimo e la gestione delle dimissioni dell’ospite moroso, lo scrivente formula quanto
segue in fatto e diritto.
1. Del contratto in generale.
Secondo quanto disposto dall’art. 1321 del Codice Civile, “Il contratto è l'accordo di
due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico
patrimoniale”.
Il contratto è l’espressione più tipica dell'atto di autonomia privata, con il quale le
parti dispongono della propria sfera giuridica.
Esso si caratterizza per la sua struttura bilaterale o plurilaterale, potendosi
perfezionare con il consenso di due o più parti e, di conseguenza, distinguendosi dal negozio
c.d. unilaterale, il quale si perfeziona con la sola manifestazione di volontà dell'autore
dell'atto, senza che occorra l'altrui accettazione (ad esempio: il testamento).
Il contratto si caratterizza altresì per la sua patrimonialità: ciò significa che i rapporti
che ne costituiscono l’oggetto sono rapporti suscettibili di valutazione economica.
Elementi costitutivi (rectius: necessari) del contratto sono l'accordo, l'oggetto, la
causa e la forma, quando questa sia prevista a pena di nullità (1325 cc.).
Accanto a questi occorre distinguere gli elementi accidentali, cioè le modalità
accessorie previste dal contratto1, i quali possono essere stabilite dalla legge o dagli usi.
Se anche il contratto può essere definito come autoregolamento di rapporti giuridici
patrimoniali, la vicenda giuridica in cui si obiettivizza il rapporto intercorrente fra le parti
potrebbe avere una fonte esterna (ad esempio: un atto amministrativo): in quel caso, se ne
deve escludere la natura negoziale.2
Dunque, per potere parlare di “contratto”, occorre che la disposizione sia posta in
essere dalle parti, vale a dire abbia fonte nel loro accordo quale atto di esercizio della loro
autonomia privata, scaturendo dal consenso delle medesime (autoregolamento) anziché dal
potere autoritario esterno (regola eteronoma).
L'estinzione del contratto3 indica in generale la definitiva perdita di efficacia del
medesimo, nel suo complesso considerato, ciò che è ben distinto dall’estinzione dei singoli
effetti del contratto.4
1
Tipici elementi accidentali sono il termine, la condizione, il modo, la clausola penale e la caparra.
Si pensi, ad esempio, all’espropriazione per pubblica utilità: se anche si può ritenere ch’essa, quanto al contenuto,
corrisponda ad un contratto di scambio, non si può certo ricondurre ad un atto contrattuale.
3
Le due fondamentali figure di estinzione del contratto sono l'annullamento e la risoluzione.
4
Ad esempio: ad esempio, il venditore rimette al compratore il debito relativo al prezzo, ciò non tocca l'efficacia della
vendita.
2
2
Il contratto è illecito quando è contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al
buon costume (1343 c.c.).
La nullità per contrarietà a norme imperative è spesso disposta dalle norme
medesime, ma in generale non occorre che la sanzione della nullità sia specificamente
prevista.
Occorre piuttosto di volta in volta accertare se la violazione della legge consenta un
giudizio di sufficiente meritevolezza del contratto o, viceversa, ne importi un giudizio di
dannosità sociale.
Il contratto è in frode alla legge quando costituisce il mezzo per eludere l'applicazione
di una norma imperativa (1344 cc.).
Il contratto in frode alla legge è nullo in quanto illecito.
Tra le categorie generali del contratto si ricomprende, ad esempio, il contratto “a
prestazioni corrispettive”, nel quale la prestazione di una parte trova remunerazione nella
prestazione dell’altra.
L’interdipendenza strettamente connessa ad esso, può essere derogata dalle parti: il
contratto, ad esempio, può stabilire che una parte non può rifiutarsi di adempiere
adducendo l’inadempimento dell’altra (clausola solve et repete), ovvero assumersi il rischio
dell’impossibilità della controprestazione l'estinzione di una delle obbligazioni per
impossibilità sopravvenuta.
Il contratto è “per relazione” quando le parti individuano il contenuto del rapporto
richiamando altri atti, delle parti o di terzi, ad esempio atti normativi o amministrativi, che
non hanno di per sé una funzione determinativa del contenuto del contratto.
Il contenuto dell'atto richiamato è recepito nel contenuto della dichiarazione
negoziale mediante la c.d. relatio, divenendone elemento integrante, esclusivamente per la
volontà delle parti, che a esso hanno fatto esplicito e specifico riferimento.5
5
Detto contenuto trae la sua efficacia precettiva non già dall'atto, di natura pubblica o privata, dal quale è stato attinto, ma
soltanto dall'atto di autonomia negoziale nel quale è stato assunto come porzione del suo contenuto. Ciò importa che avendo il contenuto dell'atto richiamato, rispetto al negozio per relationem, lo stesso valore negoziale delle altre clausole
direttamente formulate dalle parti - le vicende del medesimo atto, successive alla conclusione del negozio, non spiegano
alcuna influenza sul contenuto di quest'ultimo, salvo che le parti - con una successiva manifestazione, eventualmente anche
tacita, di volontà - non intendano tenerne conto, con effetto dal momento della nuova dichiarazione negoziale, per
modificare il contenuto del negozio da esse concluso. Nel caso in cui l'elemento richiamato dalle parti per integrare il
contenuto precettivo della loro dichiarazione negoziale sia una norma contenuta in una legge od in un atto avente forza di
legge, la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della stessa norma (al pari della sua successiva
abrogazione) non spiega quindi, di per sé, alcuna efficacia sul rapporto, sia esso esaurito o ancora pendente, sorto dal
negozio, potendo influire sulla disciplina negoziale dello stesso rapporto solo se (e dal momento in cui) le parti - con una
nuova manifestazione, eventualmente anche tacita, di volontà - intendano modificarla, per adeguarla alla nuova disciplina
normativa risultante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale (o dall'abrogazione) della norma richiamata.
3
Il contratto “concluso mediante moduli o formulari” (1342 c.c.) è uno strumento
utilizzabile per la conclusione di una serie indefinita di contratti mediante il riempimento dei
punti in bianco e la sottoscrizione, il quale contiene normalmente una parte regolamentare,
che integra vere e proprie condizioni generali.
Si tratta di clausole predisposte unilateralmente o comunque da organizzazioni
professionali per la regolamentazione di una serie indefinita di rapporti. Il contratto tipo è
anzi lo strumento materiale più comune attraverso il quale il predisponente provvede alla
disciplina uniforme dei propri rapporti contrattuali.
Alle condizioni generali incluse nei contratti tipo si applica la norma che esige
l'approvazione specifica delle clausole vessatorie (1341 c.c.). Tale norma trova applicazione
anche se il contratto tipo è utilizzato occasionalmente dalle parti.6
La conclusione del contratto mediante un testo a stampa non negoziato espone
comunque le parti al pericolo di un'accettazione inconsapevole di clausole particolarmente
gravose e giustifica quindi il requisito formale della specifica approvazione per iscritto.
Le clausole aggiunte al modulo o formulario sottoscritto dall'aderente possono
integrare, chiarire o modificare il testo dello stampato originario.
Il testo s'intende modificato quando la clausola aggiunta contrasta con esso: in tal
caso la clausola aggiunta prevale sulla clausola incompatibile del modulo o formulario anche
se non si sia proceduto alla sua materiale cancellazione.
L’art. 1411 del c.c. contempla la figura del contratto “a favore di terzi”.7
Trattasi del contratto nel quale una parte (stipulante) designa un terzo quale avente
diritto alle prestazioni dovute dalla controparte (promittente). In questi casi il terzo acquista
il diritto alla prestazione nei confronti del promittente come effetto diretto del contratto
(1412 c.c.).
L'acquisto è per altro provvisorio in quanto può essere rimosso dal rifiuto del terzo o
dalla revoca dello stipulante, che può anche modificare la disposizione a favore del terzo.
A seguito dell'accettazione, il diritto rimane invece definitivamente acquisito dal
terzo. Tale accettazione può anche essere tacita e deve essere comunque comunicata sia al
promittente che allo stipulante (1413 c.c.).
Nel contratto a favore di terzo lo stipulante rimane parte contrattuale; il terzo, in
quanto tale, non diviene parte del contratto.
6
Ma in tal caso il contratto tipo rimane un semplice schema astratto di contratto in quanto non vi è un predisponente che
lo destina alla disciplina uniforme dei suoi rapporti contrattuali (si pensi ai modelli dei contratti di locazione).
7
Esso così dispone: “[I]. È valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. [II]. Salvo patto
contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o
modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare.
[III]. In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante,
salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto”.
4
L’art. 1272 c.c. individua l’istituto della “Espromissione”.8
Il contratto in parola ha ad oggetto un'obbligazione preesistente, e si perfeziona nei
confronti del creditore al momento in cui quest'ultimo viene a conoscenza di tale impegno,
senza necessità di un atto di accettazione. Ne consegue che, se la precedente obbligazione
non esiste o è estinta, l'espromissione cade per mancanza di causa.
L'espromissione non può avere a oggetto un debito non ancora sorto, indeterminato
nell' "an" anche se determinabile nel "quantum": in mancanza di un'obbligazione altrui
precedente all'assunzione del debito, infatti, si configura un'obbligazione di garanzia per
futuri possibili debiti dell'obbligato, istituto in relazione al quale è ammessa la facoltà di
recesso.
Il contratto di espromissione, la cui conclusione avviene mediante la sola
manifestazione di volontà del terzo e del creditore, trova la sua causa nell'assunzione di un
debito altrui.
Poiché l'espromissione è disciplinata come negozio astratto tra espromittente e
creditore, da un lato non sono opponibili al creditore le eccezioni derivanti dal rapporto tra
quegli e il debitore principale (art. 1272 co. 2, c.c.); dall'altro, la prova della mancanza di
causa dell'assunzione dell'obbligo, incombe sull'espromettente, mentre non rilevano i motivi
che lo hanno indotto ad obbligarsi.
2. Del “Contratto d'Ingresso” in particolare.
I contenuti essenziali del Contratto d'Ingresso sono stati indicati nella D.G.R. n. 8496
del 26 novembre 2008, che sarà oggetto di successiva puntuale disamina.
Vale qui la pena di evidenziare ch'essi sono:
a)
individuazione del soggetto abilitato a firmarlo, tenuto conto che possono ricorrere
diverse ipotesi (l’assistito personalmente, un terzo – parente o non parente -, il
tutore o l’amministratore di sostegno, il Comune – sia quando assuma l’intero onere
di pagare la retta direttamente sia quando disponga il ricovero per mezzo di propri
provvedimenti);
8
Esso così dispone: “[I]. Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in
solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare quest'ultimo. [II]. Se non si è convenuto
diversamente, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario. [III]. Può
opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario, se non sono personali a
quest'ultimo e non derivano da fatti successivi all'espromissione. Non può opporgli la compensazione che avrebbe potuto
opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima dell'espromissione”.
5
b)
le prestazioni a carico dell’ente gestore (ivi compresi gli obblighi di custodia di beni, di
assicurazione, di rispetto della privacy, di rispetto dei protocolli assunti, di rendere
nota la carta dei servizi, di costituire documentazione sanitaria o sociosanitaria, ecc.);
c)
le prestazioni a carico dell’Ospite (tra cui il pagamento della retta e le relative
modalità, anche nei casi di provvisoria assenza dalla unità d’offerta, il versamento di
eventuali depositi pari al massimo ad una mensilità della compartecipazione
richiesta);
d)
il rilascio della certificazione delle rette ai fini fiscali, per i servizi che prevedono una
compartecipazione al costo da parte dell’utenza, entro i tempi utili per la
presentazione della dichiarazione dei redditi;
e)
le ipotesi di recesso e di risoluzione del contratto, nonché di dimissioni, caso questo
che, se determinato da ritardati o non avvenuti pagamenti della retta, potrà ricorrere
a condizione che il soggetto erogatore abbia adempiuto ai propri obblighi
normativamente sanciti e si sia attivato perché le dimissioni avvengano in forma
assistita dal Comune e dall’ASL;
f)
clausole in materia di rispetto della privacy e di contenzioso.
Individuati nel paragrafo precedente alcuni aspetti del contratto rilevanti ai fini del
presente parere, prima di addivenire alla puntuale qualificazione giuridica del c.d. “contratto
d’ingresso”, è utile soffermarsi brevemente sulla procedimento di accesso alla struttura
ospitante.
Detto
procedimento,
attivato
su
istanza
dell’Ospite
ovvero
del
proprio
rappresentante legale ovvero del Servizio Sociale ovvero ancora di altro Servizio
sociosanitario in senso lato, innesca un percorso valutativo il cui scopo è, essenzialmente,
quello di verificare la compatibilità della richiesta d’inserimento col servizio effettivamente
erogato o erogabile, definire la procedura preliminare per l’erogazione delle prestazioni e la
tempistica d’inserimento, potendosi quindi prevedere l’inserimento del richiedente nella
lista d’attesa dedicata9, oltre alla modalità di pagamento della retta, al netto degli oneri a
carico di altri soggetti istituzionali.
Tra i documenti richiesti figura, normalmente, l'impegnativa del Comune di residenza
per il pagamento della retta o subentro da parte dell’ospite/familiari per la sua liquidazione.
9
In casi eccezionali, a fronte di emergenze significative ovvero necessitate da un provvedimento dell'Autorità
amministrativa o giudiziaria, sono prevedibili, sussistendo la disponibilità materiale, ingressi urgenti al di fuori
dell'accennato procedimento, rinviando ad un momento successivo l’abituale valutazione.
6
Costituisce indefettibile adempimento, nell’ambito del procedimento d’accesso alla
struttura, la sottoscrizione del c.d. “Contratto d’Ingresso”, con cui l’Ente Gestore, il futuro
ospite e/o il suo garante, definiscono i rapporti che intercorrono tra le parti.
Alla luce delle notazioni generali contenute nel precedente paragrafo, siamo ora in
grado di fornire una corretta qualificazione giuridica al contratto in parola, la quale presenta
più di un significativo riflesso di nostro stretto interesse.
Che sia riconducibile alla figura del contratto è fuor di dubbio: l'Ente gestore
s’impegna a erogare una prestazione complessa, a fronte del pagamento di una retta.
Di qui, altresì, la natura sinallagmatica del contratto.
Il Contratto d’Ingresso ha struttura bi- o plurilaterale, atteso il novero delle parti che
lo sottoscrivono, variabile riguardo al caso di specie.
Il Contratto d'Ingresso è altresì riconducibile al c.d. contratto “per relazione”: in esso,
infatti, sono richiamati numerosi atti amministrativi regionali, i quali, sebbene non ne
determinano il contenuto puntuale e completo, ne integrano quantomeno la causa.
Il Contratto d'Ingresso è infine riconducibile alla tipologia del contratto “concluso
mediante moduli o formulari”: è noto, infatti, che il modello contrattuale è identicamente
fornito dall’Ente gestore a tutti coloro che richiedono l’accesso al servizio erogato, pur
potendosi astrattamente prevedere in seguito l’individuazione di contenuti contrattuali
specifici, in relazione al caso particolare.
Quanto alla natura esclusivamente privatistica o meno del Contratto d'Ingresso si
rileva che, stante il contenuto “normativo” che lo connota, giusti i richiami espliciti ad atti
amministrativi regionali nonché alla normativa nazionale, esso manifesta un carattere
spiccatamente pubblicistico, quantomeno ai fini della riconduzione del soggetto onerato
della corresponsione della retta.
Se infatti le parti contraenti dovessero anche essere esclusivamente l’Ente gestore e
l’Ospite, nel caso di specie accade che, in deroga al principio civilistico generale, il quale,
salvo il caso di alcune figure tipizzate, prevede che il contratto è efficace esclusivamente nei
confronti delle parti che lo stipulano, la rilevanza del Contratto d'Ingresso nei confronti
dell’A.S.L., per quanto di competenza, e, sussistendone i requisiti, del Comune, colora il
contratto in parola di connotati pubblicistici evidenti, i quali riposano direttamente nella
normativa, e che sono immanenti al Contratto d'Ingresso anche se questi non è sottoscritto
dalle predette Pubbliche Amministrazioni.
7
Si è ampiamente discusso altresì, davanti al Giudice ordinario, della legittimità della
sottoscrizione del Contratto d'Ingresso ad opera non dell’Ospite direttamente, ma dei suoi
familiari, quali garanti del primo.10
Le censure d’illegittimità prospettate da chi ha impugnato detti “contratti” sono state
varie, attenendo, tra l’altro, alla:
a)
sussistenza del diritto del ricoverato di ricevere prestazioni di natura sanitaria senza
limiti di durata nel tempo, con oneri a totale carico del S.S.N., giacché trattasi di
prestazioni sussumibili nell'alveo dei c.d. LEA;
b)
chiamata in causa, in manleva, del Comune di residenza del ricoverato, al quale la
legge attribuisce l’obbligo di integrare le rette di ricovero;
c)
nullità/insussistenza dell’impegno di pagamento, sia perché contrario a norme
imperative di legge11, sia perché ricorrendo l’ipotesi del contratto a favore di terzo, la
disdetta di chi ha sottoscritto il “contratto d’inserimento” deve essere qualificata
quale revoca, con conseguente venir meno di ogni diritto del creditore nei confronti
dello stipulante. La nullità riposerebbe altresì nell’assenza di un obbligo da imporre,
ex art. 438 c.c., ai parenti dei ricoverati;
d)
riduzione del debito e rideterminazione riguardo alle situazioni economiche dei soli
assistiti ai sensi dell’art. 3 co. 2-ter del d.lgs. n. 109/1998;
e)
annullabilità dei contratti in parola per violenza, dolo e/o errore essenziale, in
particolare quando la sottoscrizione avviene in una condizione di coartazione
psicologica della volontà (a tacere di casi ancor più sporadici in cui si sono lamentate
minacce di dimissioni o di mancato inserimento da parte delle strutture stesse,
laddove non si badi a impegnarsi economicamente come richiesto).
Ed anche il Giudice amministrativo, recentemente, ha avanzato qualche dubbio sulla
legittimità di detti contratti.12
10
Sia consentito un rinvio al mio GIONCADA M., Diritto dei servizi sociali, Rimini, 2009, pagg. 610 e ss.
Cfr. DOGLIOTTI, Doveri familiari e obbligazione alimentare, in Tratt. Cicu, Messineo, Mengoni, cit., 214, secondo il quale
la prestazione dell’istituto di ricovero è dovuta in forza di un obbligo istituzionale dello stato e non può trovare la propria
fonte in un accordo di diritto privato; RESCIGNO, L’assistenza agli anziani non autosufficienti; notazioni civilistiche, in GI,
1993, 690 ss., secondo cui la dichiarazione negoziale è emessa in base alla falsa rappresentazione dell’esistenza di un
dovere imposto dalla legge.
12
Cfr. T.A.R. Brescia - Lombardia, 22 settembre 2008, n. 1102, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo il quale “(…) si
11
osserva che i Comuni non possono esimersi dall’obbligo di pagamento della retta richiamando gli impegni
assunti dai parenti o dal tutore dell’ospite verso le strutture ospitanti. In effetti i comuni non possono essere
considerati beneficiari di tali contratti di garanzia, che le strutture ospitanti predispongono nel proprio esclusivo
interesse. Oltretutto si tratta di contratti di cui sarebbe necessario verificare in concreto la validità, da un lato
perché sono motivati dalla necessità di assicurare il ricovero (e quindi sottoscritti in una situazione di debolezza
o soggezione contrattuale) e dall’altro perché potrebbero comportare l’assunzione di obblighi che superano la
quota di compartecipazione dei cittadini a questo tipo di spese. A sua volta la compartecipazione dei cittadini
deve essere regolata dai comuni sulla base delle (eventuali) direttive regionali, come previsto dal d.P.C.M. 14
8
Altrove ho evidenziato che la giurisprudenza di merito che ha avuto modo di
pronunciarsi in materia non ha accolto le censure suesposte13, pur riconoscendo come vi sia
una serie di prestazioni che si caratterizzano per un contenuto “misto” (in parte sanitario ed
in parte socioassistenziale), per le quali è correttamente prevista una percentuale di costi a
carico del Comune di ultima residenza dell'utente con eventuale compartecipazione del
medesimo.
Ai nostri fini è importante rilevare come il Giudice di merito ha riconosciuto valide le
opposizioni prospettate dai Comuni, siccome risultate inesistenti: a) da un lato la preventiva
richiesta al Comune dell’autorizzazione all’ammissione ai Servizi sociali, con dichiarazione di
non autosufficienza; b) dall'altro, la comunicazione da parte dell'Ente gestore dell’avvenuto
ricovero, in contrasto con il meccanismo previsto dalla legge per l’integrazione delle “spese
di spedalità” da parte del Comune di residenza.
Di qui, è evidente, l’importanza del coinvolgimento immediato del Comune di
residenza dell’Ospite e l’assolvimento del debito informativo circa l’avvenuto accesso al
servizio erogato dall’Ente gestore.
Quanto alla sussumibilità del Contratto d'Ingresso nell'alveo del c.d. contratto a
favore dei terzi ovvero del contratto di espromissione, la giurisprudenza ha evidenziato
quanto segue: l’avvenuto pagamento iniziale della retta equivale a riconoscersi debitore. La
sottoscrizione della dichiarazione di “disponibilità” a pagare personalmente o in
concomitanza “con chi per legge ne fosse tenuto”, significa assunzione “in proprio” della
relativa obbligazione, mediante sottoscrizione di un contratto a favore di terzo, senza che
possa rilevare che il ricoverato non sia in grado di accettare il contratto, poiché
l’accettazione può anche essere tacita.
In sintesi, giacché l'accesso al servizio avviene normalmente sulla base di una libera
scelta di fruizione di un servizio che è per definizione a pagamento, e di uno specifico
impegno, assunto dal soggetto firmatario, a pagare la retta mensile, ciò significa che solo
febbraio 2001. Il criterio normale è dato dalla capacità economica dei soggetti ospitati definita secondo
parametri reddituali e patrimoniali (v. art. 3 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 109). Il potere regolamentare dei
comuni non comprende tuttavia la facoltà di stabilire la preventiva escussione dei soggetti ospitati e di quanti
abbiano sottoscritto contratti di garanzia. Le strutture ospitanti non sono soggette a questa forma di potere
regolamentare, che riguarda esclusivamente il riparto interno dei costi tra comuni e soggetti ospitati, e dunque
possono sempre rivolgersi direttamente ai comuni per ottenere l’intero importo della retta. Solo sotto il profilo
della buona fede le strutture ospitanti sono tenute a non trascurare il recupero della parte di retta che sulla
base dei criteri di compartecipazione approvati dai comuni risulti a carico del soggetto ospitato”.
13
Cfr. ex multis Trib. Milano, sez. lav., 6 marzo 2007, n. 1609; Trib. Milano, sez. lav., 29 novembre 2007, n. 3996; Trib.
Milano, sez. lav., 18 dicembre 2007, n. 604; Trib. Milano 5 febbraio 2008, n. 2234; Trib. Milano, sez. IV, 5 febbraio 2008, n.
2156; Trib. Milano, 6 maggio 2008, n. 73; Trib. Milano, sez. lav., 25 settembre 2008, n. 4202; Trib. Milano, 10 ottobre 2008,
n. 5209; Trib. Milano, sez. lav., 18 ottobre 2008, n. 499; Trib. Milano, 13 gennaio 2009, n. 281; Trib. Milano, 13 febbraio
2009, n. 2895; App. Milano, giugno 2009, n. e data mancanti; Trib. Milano, sez. II, 19 giugno 2009, n. 9128, inedite.
9
qualora l’utente, o i suoi congiunti, non siano in grado di sostenere il peso economico della
retta, è possibile ottenere l’intervento del Comune di residenza.
Detta conclusione è di primaria importanza, attese le implicazioni sull’attività
dell’Ente gestore volta al recupero del proprio credito.
Sotto questo profilo, dunque, l’insussistenza dell’obbligo non può derivare da una
revoca effettuata dallo stipulante nell’ambito del contratto a favore di terzo, poiché
sicuramente per fatti concludenti, attraverso l’accettazione del ricovero e il perdurante
godimento dei relativi servizi, il ricoverato, beneficiario del contratto, manifesta a tutti la
volontà di profittare dell’impegno assunto dal terzo, e dunque una successiva revoca da
parte dello stipulante non assume rilievo nei confronti dell’altra parte.
Né tanto meno sarebbe configurabile una contrarietà alla disciplina, ritenuta
imperativa, di cui all’art. 433 ss. c.c., in materia di alimenti, in particolare quando si assuma
volontariamente un’obbligazione in adempimento del dovere morale e giuridico di prestare
gli alimenti ai propri congiunti.
Recentemente, il Giudice di legittimità si è espresso in materia14, ritenendo che, nel
caso di specie, l’impegno scritto assunto dal parente diversi anni prima, avente ad oggetto
l'integrazione di una retta di degenza, nemmeno integrasse un contratto di espromissione
cumulativa15, il cui presupposto giuridico imprescindibile è la sussistenza di un’obbligazione
altrui, precedente all’assunzione da parte dell’espromittente, per cui essa, non può avere ad
oggetto un debito non ancora sorto, che sorgerà se e quando il creditore avrà effettuato la
sua prestazione.
In mancanza di tale presupposto, la Cassazione ha qualificato l’istituto giuridico
portato alla propria attenzione non come “espromissione” ma come assunzione di
un’obbligazione di garanzia per futuri possibili debiti dell’obbligato, riguardo alla quale la
facoltà di recesso è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza.
14
Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2008, n. 26863, in D&G 2008.
L’espromissione è il negozio giuridico mediante il quale un terzo, detto espromittente, si obbliga a pagare nei confronti
del creditore, detto espromissario, quanto dovuto dal debitore, detto espromesso, senza incarico di quest’ultimo.
L’espromissione è disciplinata dagli art. 1272 ss. c.c. ed è retta dalla funzione di assumersi un debito altrui. Elemento
essenziale dell’espromissione è la spontaneità dell’intervento del terzo, che assume su di sé l’obbligazione senza incarico da
parte del debitore. Ciò vale a distinguerla dalla diversa figura della delegazione nella quale il terzo delegato assume
l’obbligo di pagare su incarico del debitore delegante. L’espromissione è normalmente cumulativa, e ha come effetto di
obbligare solidalmente un nuovo debitore (l’espromittente) accanto al debitore originario (espromesso). Il nuovo debitore,
poiché assuntore, diverrà debitore principale, mentre la posizione della parte originaria degraderà a sussidiaria. Una parte
della dottrina ritiene che la principalità del debito dell’espromittente si esprima imponendo al creditore l’onere di
domandare l’adempimento prima al nuovo debitore: al debitore originario la richiesta potrebbe essere rivolta solo dopo
aver infruttuosamente domandato l’adempimento all’espromittente. Quest’onere è detto “onere di preventiva richiesta” (o
anche beneficium ordinis se osservato dal lato del debitore espromesso). L’onere in parola, si noti, è previsto testualmente
solo in tema di delegazione: nondimeno la dottrina ritiene possa applicarsi analogicamente non ravvisando alcun’altra
modalità operativa che possa esprimere la principalità del debito dell’assuntore.
15
10
Vi è da dire che, nel caso deciso dalla Suprema Corte, l’impegno firmato dal parente
era antecedente di anni rispetto al momento dell’ingresso in struttura, sicché,
correttamente, la qualificazione giuridica che ne ha data la Cassazione non ha toccato la
figura contrattuale del “contratto a favore di terzo” che, diversamente, ricorre nelle
fattispecie dianzi esaminate.
3. Dell’unità di offerta denominata RSD.
Le questioni che ineriscono il tema di cui al presente parere ben possono essere
affrontate utilizzando, quale esempio paradigmatico, l’unità di offerta denominata RSD.
Peraltro, alcune delle considerazioni cui si giungerà possono essere analogicamente
applicate anche ad altri tipi di servizi sociosanitari, semiresidenziali o residenziali che siano,
tenendo conto della differente modalità contenutistica e di erogazione che si rinvengono
chiaramente nelle singole D.G.R. che ne disciplinano gli aspetti più intimi.
Con la D.G.R. 7 aprile 2003 - n. 7/12620, è stata data la “Definizione della nuova unità
di offerta «Residenza Sanitario Assistenziale per persone con disabilità» (RSD)”, in attuazione
dell’art. 12 co. 2 della l.r. 11 luglio 1997, n. 31.16
L’allegato E della citata D.G.R. stabilisce i criteri generali per la remunerazione delle
prestazioni rese dagli Enti Gestori in funzione della classificazione degli ospiti17, rinviando ad
altro provvedimento della Giunta regionale la quantificazione delle remunerazioni per classi
di ospiti a carico del fondo sanitario nonché la definizione delle modalità per la transizione
dal vecchio al nuovo sistema.
Di particolare importanza è l’individuazione dei criteri e delle modalità per la
definizione degli accordi contrattuali tra le A.S.L. e gli stessi Enti Gestori per la
remunerazione delle prestazioni rese nelle strutture accreditate, così come indicato
nell’allegato F.
È noto che la Regione concorre attraverso il fondo sanitario regionale alla spesa per
determinati servizi resi in favore di persone disabili sulla base delle direttive contenute nel
d.P.C.M. 29 novembre 2001 (rubricato Definizione dei livelli essenziali di assistenza).
16
Nelle RSD sono ospitati soggetti con meno di 65 anni in condizione di disabilità fisica-psichica-sensoriale ai quali sono
garantite prestazioni a elevato grado di integrazione sanitaria, attività di riabilitazione di mantenimento, residenzialità, con
programmi individualizzati e coinvolgimento delle famiglie. Gli ospiti delle RSD sono suddivisi in 5 classi a seconda del livello
di fragilità misurato utilizzando i parametri della scheda individuale del disabile (SIDI). Le classi sono le seguenti: 1 (carico
assistenziale alto), 2 (carico assistenziale medio-alto), 3 (carico assistenziale medio), 4 (carico assistenziale medio-basso), 5
(carico assistenziale basso).
17
Classificazione operata in funzione del grado di fragilità, dei bisogni assistenziali, educativi, riabilitativi e sanitari, del
conseguente carico assistenziale e delle relative risorse assorbite, così come esplicitato nell’allegato D della medesima
D.G.R.
11
Essa poi, nell'ambito della programmazione degli interventi socio-sanitari, determina
gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i
criteri di finanziamento, tenendo conto di quanto espresso nella tabella allegata al d.P.C.M.
14 febbraio 2001 (rubricato Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie).
Il Punto 2 della tabella in parola, dedicato all’area della disabilità, è rubricato “Tutela
del disabile attraverso prestazioni di riabilitazione, educative e di socializzazione, di
facilitazione dell’inserimento scolastico e lavorativo, in regime domiciliare, semiresidenziale e
residenziale nella fase di lungo assistenza, compresi gli interventi e servizi di sollievo alla
famiglia” e, richiamando la normativa generale in materia18, stabilisce in tema di spese
afferenti i servizi in parola, nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano
sempre operativamente e immediatamente distinguibili.
Nell’Allegato al d.P.C.M. 14 febbraio 2001 è previsto che sono al 100% a carico del
S.S.N. le prestazioni diagnostiche, riabilitative e di consulenza specialistica, mentre sono al
70% a carico del S.S.N. e 30% a carico dei Comuni, fatta salva la compartecipazione da parte
dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale, l'assistenza in strutture
semiresidenziali e residenziali per disabili gravi, in strutture accreditate sulla base di
standard regionali.
Sono invece al 40% a carico del S.S.N. e 60% a carico dei Comuni, fatta salva la
compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale,
l'assistenza ai disabili gravi privi del sostegno familiare, nei servizi di residenza permanente.
Restano viceversa al 100% a carico dei Comuni l'assistenza sociale, scolastica ed
educativa e i programmi di inserimento sociale e lavorativo.19
In realtà la percentuale individuata nel d.P.C.M. 14 febbraio 2001 non è esattamente
rispettata: mentre infatti la Regione calcola la tariffa su una base parametrica omogenea, gli
Enti gestori coprono, attraverso la retta, tutti i costi effettivi, per cui le percentuali
18
Vale a dire la l. 5 febbraio 1992, n. 104, la l. 21 maggio 1998, n. 162 e le singole leggi regionali qualora emanate.
Sulla scorta del predetto assetto normativo nazionale, l’Allegato E della D.G.R. n. 7/12620 del 7 aprile 2003 prevede che
la Giunta Regionale determini il costo medio giornaliero degli ospiti delle RSD per ciascuna delle classi di inquadramento
tenendo conto dei seguenti parametri: a) consistenza del carico assistenziale, educativo, riabilitativo e infermieristico; b)
definizione economica del carico assistenziale, educativo, riabilitativo e infermieristico; c) quantificazione economica degli
altri costi definita percentualmente sul carico assistenziale. Quest’ultimo parametro è finalizzato a creare le condizioni per
consentire alle singole strutture ospitanti di applicare una retta unica indipendentemente dalla classe degli ospiti.
L’applicazione di una retta unica è una puntuale direttiva regionale alla quale è subordinata la concessione del
convenzionamento (v. D.G.R. n. 7/14039 dell’8 agosto 2003, e circolare DG Famiglia e Solidarietà Sociale n. 28 del 7 agosto
2003). Ciò significa che la remunerazione (retta) delle strutture ospitanti è operata (pagata) in parte dalla Regione
(differenziata a seconda della classe di fragilità), in parte a carico dei Comuni, con l’eventuale compartecipazione
dell’utenza, (tendendo verso un valore unico per tutte le classi di fragilità). La tariffa giornaliera riconosciuta dalla Regione è
stabilita con provvedimenti “annuali”, l’ultimo dei quali, per quanto concerne le RSD, è la D.g.r. 5 agosto 2010 - n. 9/399,
rubricata Disposizioni in merito alla remunerazione a carico del Fondo Sanitario Regionale delle prestazioni erogate nelle
Residenze Sanitario Assistenziali per Anziani (RSA) nelle Residenze Sanitario Assistenziali per Disabili (RSD), nei Centri Diurni
Integrati per Anziani (CDI), nei Centri Diurni per Disabili (CDD), nelle Comunità Socio Sanitarie per Disabili (CSS) e negli
Hospice.
19
12
normativamente previste (del 70% e del 30%, per quanto concerne le RSD) non sono
applicate alla stessa base di calcolo.
È allora evidente che la ripartizione normativamente prevista non è utilizzabile, in
modo automatico e certo, al fine di stabilire, se del caso, quale sia l’effettiva incidenza dei
costi complessivi di ospitalità sul S.S.N., sul Comune e/o sull’utenza.
Ciò ha indotto a pensare che le percentuali fissate dal prefato d.P.C.M. 29 novembre
2001 non si possano considerare rigide, ma debbano essere intese come punti di riferimento
per l’impostazione delle politiche socio-sanitarie regionali, salva la preclusione di una
previsione che volesse portare le rette a carico del S.S.N. al di sopra del 70% della
remunerazione complessiva giornaliera delle strutture ospitanti.20
Dunque, per arrivare al rispetto delle percentuali così come stabilite dalla normativa,
sarebbe necessario, tra l’altro, che le tariffe regionali fossero aggiornate tenendo conto dei
costi effettivi sostenuti dalle strutture ospitanti, in aggiunta ad una politica di contenimento
dei costi da parte di quest’ultime e una politica ragionevole di aumento dei medesimi.
Ad ogni modo, nell’Allegato F alla citata D.G.R. n. 7 aprile 2003 - n. 7/12620 è allegato
uno “Schema tipo di contratto per la definizione dei rapporti giuridici ed economici tra
l’Azienda Sanitaria Locale e le Residenze Sanitario per Disabili – RSD”, di validità triennale,
con possibilità, mantenendo i requisiti di accreditamento e funzionamento, di tacito rinnovo,
stipulato tra l’A.S.L. e l’Ente gestore.
Con il contratto in parola, l’Ente gestore si impegna a garantire le prestazioni previste
della normativa regionale e effettuare tutte le procedure di accoglimento degli Ospiti.21
Disciplinato il sistema tariffario e i pagamenti, lo schema tipo di contratto stabilisce le
sanzioni da applicarsi in caso d’insorgenza di patologie contrattuali varie, che prevedono, in
certi casi, decadenza e risoluzione contrattuale, essenzialmente per inadempimento
contrattuale (artt. 1453 ss. c.c.).
4. La Delibera di Giunta Regionale 8496 del 26 novembre 2008.
La Delibera in parola è rubricata “Disposizioni in materia di esercizio, accreditamento,
contratto, e linee di indirizzo per la vigilanza ed il controllo delle unità di offerta
sociosanitarie”.
20
Cfr. ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 02 aprile 2008, n. 350, in www.giustizia-amministrativa.it.
21
In particolare: 1) a tenere la lista di attesa dei richiedenti il ricovero, sempre secondo le modalità stabilite dalla normativa
regionale; 2) redigere, all’ingresso dell’ospite, S.I.Di. e SOSIA ed a rivederla periodicamente come stabilito dalle norme
regionali; 3) a verificare che i richiedenti ammessi al ricovero, siano in possesso dei requisiti corrispondenti alle diverse
classi predeterminate; 4) a redigere per ogni ammesso il Piano di Assistenza Individuale ed aprire il fascicolo sanitario e
sociale da aggiornare come previsto dalla normativa regionale.
13
Essa prende in considerazione due diversi contratti: il primo, di diritto pubblico, è il
contratto di accreditamento22, il secondo, di diritto privato, ma, come anzidetto, con
spiccate connotazioni pubblicistiche, è il Contratto d'Ingresso.
In quest’ultimo caso, le parti di cui si tratta sono indicate direttamente dalla D.G.R.:
▪ l’assistito personalmente;
▪ un terzo, parente o non parente (evidentemente munito di mandato ad hoc);
▪ il tutore o l’amministratore di sostegno;
▪ il Comune, sia quando assuma l’intero onere di pagare la retta direttamente sia quando
disponga il ricovero per mezzo di propri provvedimenti.
La parte non menzionata, ma parte necessaria del contratto, è evidentemente
rappresentata dall’unità di offerta, nella persona del proprio rappresentante legale o di chi
ne fa le veci.
Nel Contratto d'Ingresso, così come individuato, si stabiliscono le prestazioni a carico
dell’ente gestore e quelle a carico dell’utente (tra cui, essenziale ai nostri fini, l’impegno,
secondo precise modalità, al pagamento della retta, anche nei casi di provvisoria assenza
dalla unità d’offerta, oltre al versamento di eventuali depositi pari al massimo ad una
mensilità della compartecipazione richiesta).
L’Appendice D della D.G.R. in parola23, riporta lo “Schema tipo di contratto per la
definizione dei rapporti giuridici ed economici tra l’’azienda sanitaria locale (A.S.L.) e le unità
d’offerta sociosanitarie accreditate”.
Tra le incombenze di nostro interesse preme rilevare quella di cui all'art. 4 co. 1 lett.
g) (a mente del quale l’Ente gestore s’impegna a “g) informare il Comune di residenza
dell’assistito dell’accesso all’unità d’offerta o, nei casi in cui l’accesso sia disposto d’urgenza,
dell’accettazione del ricovero”).
Nell'ultimo periodo, infine, è disposto che “Gli enti gestori, a fronte del mancato
pagamento delle rette, non possono che rivalersi sui soggetti che hanno assunto l’impegno
contrattuale, ricordando che al momento dell’ingresso nell’unità d’offerta compete ai
medesimi enti rilevare le condizioni che danno diritto all’eventuale integrazione economica
della retta, ai sensi della disciplina in materia di ISEE, da parte del Comune di residenza, che
deve essere immediatamente informato. In caso di mancato pagamento, l’integrazione
economica della retta è un obbligo del Comune, sussistendone i presupposti, e non degli enti
22
Stipulato dal legale rappresentante del soggetto gestore accreditato della unità d’offerta o da persona fisica alla quale
sono stati conferiti poteri di amministrazione, o da persona da lui delegata munita di procura e dal Direttore generale
dell’A.S.L. o dal dirigente dotato dei previsti poteri di gestione,che consente di porre a carico del Fondo Sanitario Regionale
le prestazioni erogate dalle unità di offerta socio sanitarie, nei limiti previsti dalla normativa vigente.
23
Rubricata Contratto tipo e clausole contrattuali per le specifiche unità d’offerta, certificazione rette ai fini fiscali.
14
del SSR, a cui compete far fronte ai costi di gestione nei limiti stabiliti dalla normativa sui
Livelli Essenziali di Assistenza”.
L'inciso “Gli enti gestori, a fronte del mancato pagamento delle rette, non possono
che rivalersi sui soggetti che hanno assunto l’impegno contrattuale” non lascia margine a
dubbi interpretativi: i soggetti che hanno assunto l'impegno contrattuale sono, ovviamente, i
firmatari del suindicato contratto d'ingresso, ed è ad essi che l'Ente gestore si rivolgerà
direttamente.
L’inciso “al momento dell’ingresso nella unità d’offerta compete ai medesimi enti
rilevare le condizioni che danno diritto all’eventuale integrazione economica della retta, ai
sensi della disciplina in materia di ISEE, da parte del Comune di residenza, che deve essere
immediatamente informato”, chiarisce il perché della suindicata previsione di cui di cui
all'art. 4 co. 1 lett. g) del contratto di accreditamento (che è altra cosa...): l’immediata
informazione da darsi al Comune è necessaria affinché questi, sussistendone le condizioni,
sia chiamato ad integrare la retta relativa (evidentemente per la quota non sanitaria…), e ciò
in modo apparentemente indifferente dalle modalità con le quali l’utente è addivenuto
all’ingresso in struttura!
Da ultimo, l'inciso “In caso di mancato pagamento, l’integrazione economica della
retta è un obbligo del Comune, sussistendone i presupposti, e non degli enti del SSR, a cui
compete far fronte ai costi di gestione nei limiti stabiliti dalla normativa sui Livelli Essenziali
di Assistenza”, non chiarisce se il mancato pagamento sia dovuto ad un’incapacità
(sopravvenuta od originaria) dell’utente inserito a sostenere la quota di retta di sua
spettanza ovvero sia dovuto al rifiuto, esplicito o meno, motivato o meno, al pagamento.
In altra sede ho avuto modo di evidenziare come, nel silenzio della disposizione, pare
doversi preferire l’ipotesi dell’indifferenza della causa che origina il mancato pagamento.24
Soprattutto quest'ultima previsione evidenzia la virtuosità di quelle procedure che
vedono il Comune di residenza dell'assistito immediatamente informato allorquando si
prospetti, con sufficiente grado di serietà, l'ipotesi di una richiesta di fruizione del servizio
reso dall'Ente gestore.
È di tutta evidenza, infatti, che la preventiva (immediata) informazione al Comune
medesimo, consente sia una modulazione adeguata dell'intervento, sia la possibilità per
24
Cfr. GIONCADA M., cit., 606 ss.
15
l'Ente locale di valutare l'eventuale impegno richiesto programmando opportunamente la
propria disponibilità (di risorse) in materia.
5. Dell’obbligo gravante sul Comune
Sempre altrove ho ripercorso le fonti normative che, storicamente, hanno concretato
l'obbligo dei Comuni a intervenire in favore dei soggetti bisognosi.25
Attualmente, detto obbligo si rinviene dalla lettura congiunta:
-
degli artt. 22 ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;
-
dell’art. 131 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112;26
-
dell'art. 4 co. 2 della l. n. 328/2000;27
-
dell'art. 6 co. 4 della l. n. 328/2000;28
-
dell'art. 22 della l. n. 328/2000;29
-
della suindicata D.G.R. n. 8496 del 26 novembre 2008, che purtuttavia fa
correttamente riferimento “a certe condizioni” che devono sussistere affinché l'Ente
locale debba far fronte al costo della prestazione erogata all’utenza in luogo o in
sostegno della medesima, incapace di farvi fronte autonomamente con le proprie
risorse.
Corre ora l'obbligo di individuare quali siano dette “condizioni”.
Attualmente, a fronte del disposto regionale in parola, tra di esse devesi annoverare
l'immediata informazione da fornire all'Ente locale.
Non v'è chi non veda, infatti, come l'omissione dell'informazione in parola, da parte
dell'Ente gestore, sia di chiaro sostegno alla posizione di quell'Ente locale che opponga il
fatto di non essere stato tempestivamente informato, ma sarebbe opportuno dire “coinvolto
ab origine”, nella scelta dell'intervento assistenziale da attuarsi.
25
Cfr. GIONCADA M., cit., 601 ss.
Rubricato Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59., il cui il Titolo IV (Servizi alla persona e alla comunità) Capo II (Servizi sociali), riconduce
in capo ai Comuni “anche attraverso le comunità montane, i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali,
nonché i compiti di progettazione e di realizzazione della rete dei servizi sociali, anche con il concorso delle province”.
27
A mente del quale “2. Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi
sociali a favore della persona e della comunità, fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e 5”.
28
A mente del quale “4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il
comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi
all'eventuale integrazione economica”.
29
Il quale, rubricato Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, si è preoccupato, ferme restando le
competenze del S.S.N., di individuare in via generale ed astratta gli interventi, a livello regionale e zonale, che costituiscono
il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi (ciò che peraltro è rimasto lettera morta
anche nella legislazione successiva), imponendo alle leggi regionali la previsione di erogazione di diverse rilevanti
prestazioni.
26
16
Questa è condizione fondamentale ma, per così dire, “solo” procedurale.
Diversamente, sul piano fattuale, si pongono altre condizioni, legate più alla
situazione economica dell'Ospite, o di chi se ne è fatto garante, che incontra difficoltà a
sostenere il costo della rette relative al servizio fruito.
E qui i problemi possono essere di non poco conto, atteso che, anzitutto, una siffatta
richiesta (da parte “dell'Ospite” al Comune) non può che valere per il periodo
immediatamente successivo ad essa, con possibile esposizione dell'Ente gestore a un credito
maturato nei confronti di una parte contrattuale che, ad un certo punto, si rivela essere
sostanzialmente incapiente, dall'altro, può sorgere la problematica legata alla (diffusa)
illegittimità della regolamentazione comunale in materia, la quale prevede un utilizzo
“disinvolto” dell'ISEE ovvero un improprio richiamo ai “soggetti tenuti agli alimenti” ovvero
ancora, in casi estremi, nemmeno prevede l'utilizzo, a tal fine, dell'indicatore ISEE.30
Siffatte questioni ineriscono certamente i rapporti tra l'Ospite e l'Ente locale, ma è di
tutta evidenza che gli Enti gestori non sono indifferenti ad esse, poiché nelle more
dell'adozione di nuovi e legittimi Regolamenti (sovra)comunali, ovvero della definizione del
contenzioso che ne nasce, essi proseguono ordinariamente con l'erogazione del servizio,
salvo il caso di giustificate dimissioni, di cui oltre, senza che, quantomeno per la quota
sociale della retta, nessuno, in quel mentre, si faccia carico di provvedere al pagamento.
E tutto ciò con conseguente insorgenza di un credito crescente, il quale, dall'Ospite o,
più probabilmente, dal Comune, sarà sanato solo in seguito.
6. Dei rapporti tra Ente gestore e Ospite. L'inadempimento dell'Ospite alla
corresponsione della retta.
Quanto all'(in)adempimento del Contratto d'Ingresso, la prefata D.G.R. n. 8496/2008,
è chiara: “Gli enti gestori, a fronte del mancato pagamento delle rette, non possono che
rivalersi sui soggetti che hanno assunto l’impegno contrattuale”.
In questi termini, i rapporti ordinari tra le parti del contratto in parola si svolgono tra
l'Ente gestore e l'Ospite, con tutte le conseguenze del caso, salvo il caso che il Comune si
renda disponibile alla firma del citato contratto.
Sarebbe opportuno, infatti, che a livello quantomeno distrettuale si predisponesse un
modello di contratto d'ingresso il quale, rispettoso dei contenuti minimi indicati dalla citata
30
Si intende qui richiamare, in senso lato, la querelle giudiziaria, tutt'ora in corso, tra Comuni e utenti, all'esito della quale,
attualmente, molti Comuni si son visti annullare dal Giudice amministrativo il proprio Regolamento in materia siccome
illegittimo in quanto contrastante con la norma di cui al d.lgs. n. 109/1998.
17
D.G.R., prevedesse la firma congiunta dell'Ente locale territorialmente eventualmente
competente a integrare (rectius: sostenere integralmente) il costo della retta.
Detta ipotesi, invero, incontra altresì l'ostilità comunale, nel chiaro timore delle
conseguenze che ne potrebbero derivare.
Detta ostilità, è bene chiarirlo subito, non ha ragion d'essere, atteso che l'obbligo
d'intervento in capo al Comune, in realtà, non deriva tanto dalla sottoscrizione del suindicato
contratto d'ingresso, ma deriva direttamente dalla Legge!
Ciò significa che anche quando il Comune non fosse firmatario del Contratto
d'Ingresso, l'obbligo all'integrazione della retta è rinvenibile in re ipsa, stante il chiaro
disposto normativo, nazionale e regionale, sul tema.
Ma ciò, sia chiaro, sussistendone i requisiti e le condizioni prima accennate, essendo
indubitabile che un'assunzione tout court di responsabilità contrattuale comunale sul punto,
svincolata da qualsiasi condizione di fatto e di diritto è, allo stato, chiaramente
inconfigurabile.
L'inadempimento contrattuale di chi sigla il contratto d'ingresso, dunque, vede l'Ente
gestore chiamato ad agire per recuperare le proprie spettanze.
Il problema è che all’Ente gestore si presenta un dilemma di non semplice soluzione:
agire nei confronti dell’Ospite, ovvero del di lui garante, che ha sottoscritto il Contratto
d'Ingresso o agire immediatamente (preventivamente) nei confronti del Comune quale
soggetto garante ex lege?
L’una o l’altra strada presentano contemporanei profili di semplicità e complessità.
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha offerto soluzioni affatto univoche.
A fronte dell’individuazione immediata del parente che ha sottoscritto il Contratto
d'Ingresso, sta la difficoltà dell’Ente gestore di saper/poter ricostruire efficacemente l’asse
patrimoniale del medesimo; con il che, è ovvio, l’azione di recupero di quanto di propria
spettanza, azione erroneamente chiamata “rivalsa”, giacché si poggia su un “semplice”
inadempimento contrattuale, e non certo sui presupposti che autorizzavano i Comuni alla
medesima31, è tutt’altro che semplice.
Così come un’azione immediata nei confronti del Comune, quale garante ex lege, si
scontrerà inevitabilmente con le resistenze da questi opposte, sulla base, ad esempio, sia del
fatto ch’esso non è stato informato dell’inizio della prestazione fruita, sia del fatto ch’esso
non ha firmato alcun contratto, sia infine del fatto che difettano i presupposti per
l'erogazione di provvidenze economiche a favore dell’Ospite, fornendo ad esempio la prova
che il medesimo è titolare di redditi sufficienti all'intero pagamento della retta e
31
Vedasi la vicenda normativa dell’abrogata l. n. 1580/1931.
18
dichiarandosi ovviamente estraneo ad eventuali comportamenti illeciti, nei confronti del
medesimo, tenuti dai familiari o da terzi.
Da un lato è stato annotato che “L’obbligazione di cui all’art. 433 c.c. ha un titolo
diverso rispetto a quella che la vigente normativa in materia di assistenza sociale pone a
carico dei Comuni. A questi ultimi, il Legislatore impone il pagamento delle somme dovute a
titolo di integrazione delle rette di ricovero anche in relazione alla necessità di assicurare una
continuità nell’erogazione del servizio, potendo, ad esempio, essere ardua la ricerca degli
obbligati ex art. 433 c.c. (i quali potrebbero a loro volta versare in stato di bisogno) ed
essendo comunque necessaria, in caso di rifiuto di questi ultimi di adempiere,
l’intermediazione di un provvedimento di condanna del giudice civile al versamento degli
alimenti. Naturalmente, i Comuni dispongono di tutti i poteri per accertare le reali condizioni
economiche dei soggetti che richiedono il ricovero in strutture assistenziali e per evitare abusi
a danno dell’Erario”.32
Ed ancora, sotto l’impero della previgente l.r. n. 1/1986, laddove era stabilito all’art.
63 co. 1 che “gli utenti sono tenuti a concorrere, in rapporto alle proprie condizioni
economiche, al costo dei servizio erogati ... dai comuni” e al co. 2 “sostenuto in tutto o in
parte dagli utenti o sia posto a carico dei comuni competenti”.
Di fronte alla questione generale se, stante in particolare la disposizione dell'art. 63
co. 3 della citata legge regionale, secondo cui “Il comune su cui grava l'onere delle
prestazioni ... esercita la rivalsa nei confronti dei soggetti obbligati”, il Comune sia tenuto a
pagare l'istituto di ricovero, salvo rivalsa totale o parziale verso il ricoverato o verso le
persone tenute al suo mantenimento (quando, s'intende, tali persone non provvedano
spontaneamente al pagamento delle rette), o se invece gravi sull'istituto l'onere d'informarsi
sulle condizioni economiche del ricoverato, di ricercare le persone eventualmente tenute al
mantenimento, di determinare la quota a carico di ciascuna di loro e di escuterle, il Giudice
amministrativo ha riconosciuto più conforme al disposto normativo la prima soluzione,
considerando, da una parte, che “gl'istituti di ricovero hanno necessità di ricevere sùbito il
denaro delle rette, con cui devono provvedere alla cura di persone che non possono certo
dimettere per mancato pagamento, dall'altra che l'amministrazione di tali istituti non può
essere gravata di incombenti che non le sono connaturali; laddove il comune di residenza del
ricoverato è anche l'ente che, normalmente, conosce la situazione economica e familiare del
ricoverato e che, in ogni caso, ha i mezzi e gli uffici idonei per effettuare le ricerche e ottenere
le certificazioni eventualmente occorrenti”.33
32
33
Cfr. T.A.R. Puglia - Lecce, sez. II, 5 luglio 2007, n. 2687.
Cfr. Cons. St., sez. V, 05 maggio 2009, n. 2810.
19
Né pare possa diversamente desumersi dal fatto che, abrogata la citata l.r. n. 1/1986,
la legge regionale attualmente vigente sul punto, vale a dire la l.r. n. 3/2008, si mantenga ad
un livello di dettaglio assolutamente sommario.34
Diversamente, altra giurisprudenza ha stabilito che “l'obbligo di intervento a carico
del Comune <…> non è riconducibile <…> ad una prestazione di garanzia per l'inadempimento
o l'inesatto adempimento da parte dei soggetti che si siano obbligati al versamento delle
rette in una condizione in cui l'ospite <…> sia <..> titolare di redditi sufficienti all'assolvimento
dei relativi oneri e nei cui confronti l'ordinamento assicura al creditore la possibilità di
intraprendere efficaci azioni di tutela che esulano dalla cognizione del giudice
amministrativo”.35
Il che equivale a dire che l’Ente gestore si deve rivolgere direttamente all’Ospite, e
successivamente a chi se ne è fatto garante, essendo comunque dotato di tutti gli strumenti
giuridici necessari per poter incidere esecutivamente sui medesimi.
Conformemente a ciò, in altra pronuncia è stato annotato che “Se (l’Ospite n.d.r.) è
titolare di redditi propri, e la Fondazione non ha provveduto ad incamerarli, tale omissione
non può ripercuotersi sugli Enti pubblici chiamati a concorrere in via sussidiaria <…>. Il
mancato incasso si collega dunque ad una negligenza della Fondazione, la quale avrebbe
dovuto agire per ottenere – a scomputo delle rette – l’accredito diretto delle somme
spettanti (all’Ospite n.d.r.). <…> (e) non si è premurata di far assumere al familiare un
obbligo continuativo rapportato al naturale incremento dell’ammontare della retta nel corso
degli anni”.36
Curiosa, invero, la vis polemica sfoderata dal Giudice in questo giudizio, ma tant’è…
Da ultimo, il Giudice amministrativo ha statuito che “ferma restando la riconducibilità
della fattispecie a un’ipotesi di prestazione sociale a rilevanza sanitaria, considerati i principi
34
Prevedendo, all’art. 8 che “1. Le persone che accedono alla rete partecipano, in rapporto alle proprie condizioni
economiche, così come definite dalle normative in materia di Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e nel
rispetto della disciplina in materia di definizione dei livelli essenziali di assistenza, alla copertura del costo delle prestazioni
mediante il pagamento di rette determinate secondo modalità stabilite dalla Giunta regionale, previa consultazione dei
soggetti di cui all'articolo 3 e sentita la competente commissione consiliare. Partecipano altresì i soggetti civilmente
obbligati secondo le modalità stabilite dalle normative vigenti. 2. I gestori delle unità d'offerta accreditate garantiscono
massima trasparenza circa le rette applicate e forniscono informazioni sull'accesso a contributi pubblici o a forme di
integrazione economica. 3. Il gestore della unità d'offerta informa il comune di residenza dell'assistito della richiesta di
ricovero o, nei casi in cui il ricovero sia disposto d'urgenza, dell'accettazione. In caso di ricovero di un minore il gestore
informa i comuni di residenza dei genitori esercenti la potestà o del tutore. Nei casi in cui il ricovero di un minore sia disposto
d’urgenza, il gestore informa dell’accettazione. 4. Gli oneri per le prestazioni sociali e le quote a carico dei comuni, relative a
prestazioni sociosanitarie, sono a carico del comune in cui la persona assistita è residente o, nei casi di cui alle lettere b) e c)
dell'articolo 6, dimorante. 5. In caso di ricovero in unità d’offerta residenziale, gli oneri sono a carico del comune di residenza
o di dimora dell’assistito al momento del ricovero, essendo irrilevante il cambiamento di residenza o di dimora determinato
dal ricovero. <…>”
35
Cfr. T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. I, 31 agosto 2007, n. 838; ibidem, sez. II, 08 agosto 2009, n. 1538.
36
Cfr. T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. II, 10 dicembre 2009, n. 2540; ibidem, 14 maggio 2010, n. 1766.
20
desumibili dall’art. 38 della Costituzione e dal sopra citato art. 6 della legge n. 328/00
(nonché dalla previgente normativa, ugualmente orientata), gli oneri a carico del Comune
dovrebbero essere solamente quelli che il beneficiario delle prestazioni non possa sostenere
direttamente o attraverso i propri parenti gravati di obbligo alimentare o assistenziale”.
Per cui, all’Ente gestore competerebbe addirittura di (ri)chiedere l’erogazione
dell’indennità di accompagnamento (a totale carico dello Stato), “avendo l’indennità <de
qua> la specifica funzione di concorrere alle spese che incontrano le persone non
autosufficienti per provvedere ai bisogni essenziali della vita. Se una tale natura determina
(sentenza n. 220/2006 T.A.R. Umbria) la facoltà dell’istituto di assistenza di chiedere la
diretta ed integrale attribuzione dell’indennità stessa, specularmente deve ravvisarsi un
onere dell’IPAB di attivarsi per ottenere l’accredito a proprio favore della suddetta indennità,
con la conseguenza che la mancata richiesta della stessa non può che gravare sullo stesso
istituto di assistenza. Ad una analoga negligenza si collega altresì il mancato incasso diretto
della pensione spettante all’assistito”.
Di conseguenza, “La pretesa esigibile nei confronti del Comune non può, quindi, che
ritenersi fosse oggettivamente limitata all’importo delle rette dovute al netto di quanto
sarebbe stato corrisposto a titolo di assegno di accompagnamento <…> e delle somme
erogate <…> a titolo di pensione di invalidità”.37
Va dato conto del fatto che, avverso dette ultime sentenze, è stato interposto ricorso
avanti il Consiglio di Stato, con esiti tutt’ora da verificare.
In attesa di una parola (sperabilmente) definitiva, è dunque il caso di evidenziare
come il coinvolgimento sin da subito dell’Ente locale, in forma attiva, e non solo quale
soggetto obbligato ex lege, possa consentire all’Ente gestore, in caso d’insolvenza
contrattuale, una più efficace e pronta soddisfazione del proprio credito: in sostanza, in
difetto di un tempestivo coinvolgimento del Comune di ultima residenza nella situazione di
bisogno, risulta concretamente più arduo, pur se non impossibile, invocare il ruolo del
medesimo in ordine al pagamento delle rette.
La ratio della regola sottesa al predetto tempestivo coinvolgimento, è evidente,
poiché il Comune, per contribuire al mantenimento di un suo residente ricoverato in una
struttura, deve conoscere tempestivamente gli oneri da assumere, così da conformare la sua
azione alle regole precise e stringenti in materia di contabilità pubblica, a maggior ragione
quando l’erogazione di tale servizio avviene in un contesto di progettualità, che vede la
persona interessata inserita in un percorso elaborato con il concorso degli attori pubblici e
privati del territorio.
37
Cfr. T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. II, 08 agosto 2009, n. 1538.
21
7. Dei rapporti tra Ente gestore e Comune/A.S.L. L'inadempimento della Pubblica
Amministrazione alla corresponsione della retta.
I rapporti tra l’Ente gestore e la Pubblica Amministrazione sono, per verità, meno
problematici di quel che sembra, almeno sotto il profilo che qui interessa.
Mediante il provvedimento amministrativo rilasciato al soggetto erogatore il servizio,
questi può accedere al contratto e, quindi, per ottenere la remunerazione delle prestazioni
da parte del sistema sociosanitario.
Il
contratto
(pubblico)
di
accreditamento38,
che
accede
al
riconosciuto
accreditamento, consente di porre a carico del Fondo Sanitario Regionale (FSR) le prestazioni
erogate dalle unità di offerta sociosanitarie, nei limiti previsti dalla normativa vigente.
E per quanto già illustrato dianzi, la misura della compartecipazione al costo
dell’A.S.L. è, tutto sommato, definita e, di conseguenza, non pone problemi (giuridici)
particolari.
Altra è la questione con riguardo al Comune.
Posto che non si pongono particolari problemi dalla sottoscrizione, o meno, del
contratto d’ingresso, in realtà è dalla corretta definizione dei rapporti tra Comune e il
richiedente l’integrazione, vale a dire l’utente ovvero il proprio rappresentante legale, che
possono scaturire severe vischiosità per gli Enti gestori.
Ed anche in questo caso si deve ribadire l’assoluta importanza del tempestivo
coinvolgimento dell’Ente locale.
L’art. 13 della l.r. n. 3/2008, nel delineare le competenze dei Comuni e le modalità del
loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di intervento, dispone che tali enti “erogano,
nei limiti delle risorse disponibili, servizi e prestazioni di natura economica e assumono gli
oneri connessi alla eventuale integrazione economica della rete”.
Il panorama normativo sotteso, nazionale e regionale, fa emergere chiaramente il
principio della necessità per i responsabili degli Enti locali di tradurre in scelte coerenti,
concrete ed efficaci il precetto normativo teso a garantire i livelli essenziali delle prestazioni
sociali nell’ambito della propria sfera di competenza, contemperandolo però con l’esigenza
di rispettare i vincoli e gli equilibri di bilancio e graduando di conseguenza le possibilità di
intervento nel comparto socio-sanitario.
38
Introdotto dall’art. 8-quinquies co. 2 del d.lgs. n. 502/1992.
22
Di conseguenza, solo attraverso un’attenta programmazione degli interventi e delle
risorse, anche sulla base di analisi storiche e statistiche ed eventualmente prevedendo in
bilancio un fondo speciale cui attingere in caso di oneri del tutto imprevedibili, sembra che
l’Ente locale possa fronteggiare efficacemente una tipologia di spese in continua evoluzione
anche esercizio durante.
Recentemente il Giudice contabile ha evidenziato che “È chiaro, peraltro, che non
sarebbe concepibile, sia pure per scopi sociali meritori, una eccessiva dilatazione della spesa
corrente, tale da pregiudicare addirittura gli equilibri finanziari ed economico–patrimoniali
dell’ente.
Il vero limite ai necessari interventi assistenziali e socio-sanitari a carico dei comuni
consiste, infatti, nella disponibilità di risorse finanziarie adeguate, disponibilità che deve
essere assicurata con risorse tratte dai fondi di provenienza statale o regionale oltre che con
“autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci”.
Circa il sistema di ripartizione dei costi nell’ambito di forme di gestione associata dei
servizi sociali, cui fa cenno il Comune istante nella richiesta di parere, sembra potersi
convenire in ordine all’opportunità che vengano individuati criteri di compartecipazione il più
possibile aderenti agli effettivi oneri di spesa gravanti sui singoli enti associati”.39
Per quanto riguarda l’eventuale inadempimento della Pubblica Amministrazione
latamente intesa, rammentando ch’esso comunque si coniuga sovente con l’inadempimento
dell’utenza, va detto che i contenziosi sollevati negli anni dagli Enti gestori hanno riguardato
sia l’accertamento dell’obbligo di pagamento della quota di retta di spettanza
(essenzialmente nei confronti dei Comuni), sia l’accertamento della corretta suddivisione tra
oneri sanitari e sociali, entrambi comunque dovuti al soggetto erogatore.
Sotto questo profilo l’azione giudiziaria, pur intrinsecamente affetta dall’àlea insita in
ogni giudizio, appare tutto sommato consolidata e sufficientemente strutturata nei
precedenti.
8. Delle dimissioni dell’Ospite.
Nei contratti sinallagmatici40 la risoluzione per inadempimento si ha quando uno dei
contraenti non adempie alle proprie obbligazioni, vale a dire quando si verifica un mancato,
inesatto o tardivo adempimento della prestazione imputabile al debitore.
Il legislatore ne disciplina due figure:
39
40
Cfr. Corte conti, Deliberazione LOMBARDIA/819/2010/PAR del 22 luglio 2010.
Vale a dire i contratti a prestazioni corrispettive.
23
-
la risoluzione giudiziale, che scioglie il contratto a seguito di una sentenza costitutiva;
-
la risoluzione di diritto, che scioglie il contratto automaticamente al verificarsi dei
presupposti stabiliti dal legislatore negli articoli 1454 c.c. (diffida ad adempiere), 1456
c.c. (clausola risolutiva espressa) e 1457 c.c. (termine essenziale).
Ciò significa che in caso d’inadempimento di uno dei contraenti, l'altro ha
sostanzialmente due possibilità:
-
chiedere l'adempimento del contratto in maniera coattiva;
-
chiedere la risoluzione del contratto,
fatto salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno (art. 1453 co. 1 c.c.).
Presupposto basilare per ottenere la risoluzione giudiziale del contratto è che
l'inadempimento di una delle parti sia “di non scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse
dell'altra” (art. 1455 c.c.).
Può l’insolvenza al pagamento della retta giustificare le dimissioni dell’Ospite?
La risposta parrebbe scontata, ma così non è, atteso che gli interessi sul piatto sono
di rango diverso.
In particolare, pare improponibile allo scrivente che sull’altare della (legittima)
reazione ad un inadempimento contrattuale, si possa azionare ex abrupto una procedura
dimissionaria che potrebbe concretare, in assenza di efficaci ed efficienti ammortizzatori
socio-familiari, una danno grave all’Ospite dimissionato.
Gli Enti gestori, è noto, inseriscono nel contratto d’ingresso previsioni per le quali è
prevista la dimissione dell’Ospite.41
Appare evidente che, nel caso in cui il soggetto gestore sia direttamente
l’Amministrazione pubblica, detto provvedimento ha la forma di un atto amministrativo, con
tutte le conseguenze che ne derivano (in particolare, l’obbligo di motivazione e la possibile
sottoposizione alla procedura di accesso ai documenti amministrativi).
Si rinvengono alcune differenze, viceversa, quando il provvedimento sia adottato
direttamente
dall’Ente
gestore
che
non
costituisce
promanazione
diretta
dell’Amministrazione.
In quest’ultimo caso, la dimissione dell’Ospite è stata tacciata d’illegittimità per
incompetenza e/o carenza assoluta di potere dell’Ente gestore, in particolare quando
41
La D.G.R. n. 8496/, in verità, prevede un accenno alle procedure di dimissione anche nella Carta dei Servizi. Trattasi, ad
esempio, di assenze per periodi prolungati, insolvenza del pagamento della retta decorso un certo lasso temporale
successivo al ricevimento della diffida, gravi violazioni al Regolamento della struttura, non meglio precisate lesioni del
rapporto fiduciario tra l’ospite e/o il suo familiare e la struttura, evoluzione psico-fisica della condizione dell’ospite che
richieda un trattamento (sanitario) che la struttura non è in grado di garantire, ecc..
24
l'accesso alle prestazioni socio-sanitarie in oggetto è richiesto dall'Ospite al proprio Comune
di residenza per il tramite dei Servizi Sociali comunali.
In questi casi, infatti, è il Comune di residenza, eventualmente d’intesa con i Servizi
competenti dell’A.S.L., che determina l'accesso alle strutture pubbliche o convenzionate, e
così come ne determina l’ingresso, statuisce altresì sugli eventuali successivi spostamenti,
che devono essere, nella maggior parte dei casi, certamente “assistiti”.
Di dubbia legittimità, infatti, appare la spoliazione di detto “potere”, da parte
dell’Amministrazione, in favore degli Enti gestori, ancorché per il tramite di convenzioni ad
hoc.
Anche in questo contesto rileva il lato pubblicistico del Contratto d'Ingresso: se da un
lato esso, come anzidetto, conserva la sua efficacia anche senza l’impegno formale dell’Ente
locale, risultando quindi “favorevole”, negli effetti, all’Ente gestore, dall’altro, infatti, esso
costituisce un limite alla “semplice dimissibilità” dell’Ospite.
La “pubblicità” del contratto in parola, infatti, rende di dubbia legittimità la
sottoscrizione degli atti d’impegno del privato, atteso che essi non potrebbero rimettere al
binomio “privato/struttura” il compito di disciplinare i rapporti di inserimento/dimissione di
un pubblico servizio, quando detti aspetti procedimentali sono gestiti, ab origine,
dall’Amministrazione.
Una procedura di dimissioni gestita integralmente e autonomamente dall’Ente
gestore, motivata dal “semplice” inadempimento dell’obbligazione di pagare la propria parte
di retta, assunta all’atto d’ingresso, non può, dal punto di vista “sociale ed etico”, prima
ancora che giuridico, obliterare il fatto che, a monte, debba essere garantita, nei casi in cui
essa si rendesse necessaria, una continuità assistenziale adeguata e, di conseguenza, esser
preceduta da approfondite valutazioni, sociosanitarie, ad opera dei Servizi competenti, tra i
quali, certamente, non rientra l’Ente gestore medesimo.
In alcuni casi, difatti, la gravità del quadro clinico dell’Ospite rende quasi impossibili
interventi alternativi al mantenimento in struttura.
Una procedura di dimissione impropriamente gestita può altresì prefigurare
fattispecie di sicuro rilievo penale, quali i reati di abuso d'ufficio, omissione di atti d'ufficio,
omissione di soccorso, estorsione, minacce, violenza privata e, conseguendone altresì
pregiudizi psicofisici, lesioni, fino all’omicidio colposo.
Ovvio che queste sono fattispecie astrattamente configurabili, per l’integrazione
delle quali si procederebbe, certamente, ad un accurato vaglio sul piano sia probatorio (di
fatto), sia giuridico.
Di qua, dunque, la virtuosità di quelle procedure che prevedono, nel caso in cui sia
integrata una fattispecie che giustifica il recesso contrattuale e le dimissioni dell’Ospite,
25
l’immediata comunicazione agli uffici competenti dell’A.S.L. e del Comune di residenza del
medesimo, per l’attivazione della più opportuna procedura, non sempre realizzabile in tempi
brevi, di dimissione assistita.
È altresì opportuna qualche riflessione sul contenuto sinallagmatico del Contratto
d'Ingresso: il principio sancito dall'art. 1455 c.c., secondo cui il contratto non può essere
risolto se l'inadempimento ha scarsa importanza in relazione all'interesse dell'altra parte,
indica che la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti, ad esempio il mancato
pagamento della retta, non deve esser commisurata all'entità del danno, che potrebbe
anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà
manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto
interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione.
Quel che è da valutarsi, quindi, oltre all'aspetto economico del dedotto
inadempimento, è anche il comportamento complessivo della parte inottemperante in
relazione all'interesse concreto dell’Ente gestore al puntuale pagamento della retta,
ritenendo giustificabile la risoluzione contrattuale solo quando essa abbia inciso in modo
decisivo sull'economia complessiva del rapporto, tanto da determinare uno squilibrio nel
sinallagma funzionale.42
Sulla scorta di questo principio generale, il Giudice valuterà altresì il comportamento
di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera
dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in
relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità nonostante la rilevanza
della prestazione mancata o ritardata.43
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Alla luce di quanto esposto in narrativa, possono rendersi le seguenti conclusioni
essenziali:
a) la natura giuridica sostanzialmente pubblicistica del Contratto d'Ingresso, d’insieme con
l’obbligo normativo di integrare parzialmente/totalmente le rette afferenti il servizio reso
dall’Ente gestore che, a certe condizioni, riposa in capo al Comune di ultima residenza
dell’Ospite, rendono coinvolgibile il predetto Comune anche se esso non è materialmente
firmatario del contratto in parola. Ciò non toglie l’opportunità di predisporre dei contratti
42
Cfr. Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15363, in Red. Giust. civ. Mass. 2010, 6.
Cfr. Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 2008, n. 3954, in Diritto & Giustizia 2008; sez. III, 28 marzo 2006, n. 7083, in Giust. Civ.
Mass. 2006, 3.
43
26
tipo, a valenza possibilmente distrettuale, che tutti i soggetti interessati sottoscrivono, si
ribadisce, a fini meramente formali ben più che sostanziali;
b) appare chiaro che gli obblighi d’informazioni stabiliti dalla D.G.R. n. 8496 del 2008 non
hanno una mera valenza procedimentale, ma concretano il predetto obbligo di integrazione
delle rette, pur se, al contempo, garantiscono al Servizio Sociale territoriale la possibilità di
valutare adeguatamente la fattispecie ad esso prospettata, da cui può discendere,
sussistendone le condizioni, un’ipotesi alternativa all’inserimento in struttura ovvero
l’indicazione di una struttura diversa rispetto a quella originariamente prescelta, e ciò anche
in ossequio alla corretta gestione/programmazione delle risorse all’uopo disponibili;
c) nella stesura dei modelli-tipo dei Contratti d’Ingresso, correttamente pensati e proposti a
livello quantomeno distrettuale, appare superfluo, e comunque determinante crescenti
rigidità comunali, l’eccessivo richiamo a tutti gli obblighi di legge previsti. Questo vale,
ovviamente, più sotto il profilo dialettico/tattico che sostanziale, attesa la fonte dell’obbligo
in parola;
d) la procedura di dimissione dell’Ospite moroso deve ordinariamente essere una procedura
“assistita”, condivisa, la cui attivazione non accede ipso facto all’inadempimento di quegli.
Ciò al fine di evitare che le dimissioni concretino una fattispecie civilmente e penalmente
rilevante a carico del soggetto che le determina e le attua.
In questo è il mio parere.
Confidando di aver risposto alle Vostre aspettative ed interessi, resto in attesa di
conoscere la Vostra opinione al riguardo e resto a disposizione per ogni ulteriore
chiarimento eventualmente necessitato.
Con i migliori saluti.
Massimiliano Gioncada
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