Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125
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Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125
Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 13.04.2016 La Nuova Procedura Civile, 2, 2016 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) – Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell’associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) – Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) – Francesco FIMMANO’ (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) – Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) – Francesca PROIETTI (Magistrato) – Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO’ (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell’Ufficio legislativo finanze del Ministro dell’economia e delle finanze) – Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Moglie che domanda i danni cagionati alla casa di proprietà del marito: incapacità del marito a testimoniare Colui che avrebbe potuto agire in giudizio per i danni domandati dall’attore, o intervenire in detto giudizio per proporre simile domanda, è incapace a deporre, sussistendo in capo al medesimo un interesse giuridicamente rilevante ex art. 246 c.p.c. Pertanto, la deposizione di tale teste non è utilizzabile ai fini della decisione. In tale ipotesi, ricade anche la deposizione del marito della parte che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, deduca che nell'eseguire alcuni lavori la controparte avrebbe danneggiato la casa familiare, appunto di proprietà del teste in questione, dunque portatore di un interesse che ne avrebbe legittimato la partecipazione al giudizio. Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125 …omissis… xxxx con il quale il tribunale di Lucca, su istanza di xxxxx le aveva ingiunto di pagare la somma di € 7.000,00, oltre accessori e spese di procedura, dovuta quale residuo compenso maturato dall'ingiungente per le prestazioni di opera (realizzazione di pavimenti in resina) effettuate per conto dell'ingiunta. A fondamento dell'opposizione deduceva, in sintesi, che: i lavori affidati al prestatore d'opera non erano stati eseguiti a regola d'arte: il pavimento in resina delle scale presentava rigonfiamenti, avvallamenti, buchi e abbondanti colature nei gradini e nelle alzate; i pavimenti della taverna e del bagno non erano stati completati, in più punti, nei bordi, era ancora visibile la rete di sostegno; nell'eseguire i lavori l'opposto aveva danneggiato l'imbiancatura della scala con schizzi di resina; per il corretto ripristino dell'opera era necessario sostenere costi per € 7.000,00; l'opposto aveva applicato l'IVA al 20% mentre l'aliquota corretta era del 9%, trattandosi di IVA agevolata per lavori su prima casa. In forza di tali assunti, chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna dell'opposto al risarcimento dei danni subiti, quantificati in € 7.000,00, e, quindi, dichiarare nullo e inefficace il decreto opposto e così respingere la domanda di pagamento. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio Dxxxxxx che, in via preliminare, eccepiva la decadenza dell'opponente dalla garanzia per i vizi e la prescrizione dell'azione risarcitoria; nel merito, contestava la sussistenza dei vizi indicati nell'atto di citazione, chiedendo la conferma del decreto opposto. Istruita con prove orali e CTU, la causa era trattenuta in decisione all'udienza del 2.10.2015 sulle conclusioni trascritte in epigrafe. Va dichiarata, anzitutto, l'incapacità a deporre del xxxx marito dell'opponente (così intendendosi sciolta la riserva formulata all'udienza del 20.2.2013), in quanto portatore di un interesse che ne avrebbe legittimato la partecipazione al giudizio. Secondo gli stessi assunti dell'opponente, nell'eseguire i lavori di resinatura dei pavimenti l'opposto avrebbe danneggiato l'imbiancatura delle scale della casa familiare, che è di proprietà del marito, come da quest'ultimo dichiarato in sede di escussione testimoniale. Ne discende che costui avrebbe potuto agire in giudizio per i danni in parola o intervenire in questo giudizio per proporre simile domanda, donde la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante ex art. 246 c.p.c. Pertanto, la sua deposizione non è utilizzabile ai fini della decisione. II contratto per cui è causa, tenuto conto delle modalità di esecuzione della prestazione d'opera (i lavori di realizzazione dei pavimenti in resina sono stati effettuati personalmente dall'opposto con un'organizzazione di mezzi minima, costituita dai materiali e da una spatola; v. doc. 8-18 di parte opposta), può essere ricondotto al tipo del contratto di lavoro autonomo. Ne consegue che, in punto di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, la norma applicabile è l'art. 2226 ce, che richiama l'art. 1668 ce, che disciplina la garanzia de qua per il contratto d'appalto, salvo che per i più brevi termini previsti per la denuncia (otto giorni anzichè sessanta giorni) e per la prescrizione (un anno anzichè due anni dalla consegna). Ciò premesso, l'eccezione di decadenza dalla garanzia è infondata, perchè l'espletata istruttoria ha dimostrato che l'opera non fu accettata e che anzi nel corso della sua esecuzione vi furono diverse contestazioni della committente. In particolare, il teste xxxxx di professione elettricista, che ha eseguito lavori di sua competenza sulla casa familiare dell'opponente nello stesso periodo in cui vi lavorò l'opposto, ha riferito che ci furono "delle discussioni tra le parti sull'esecuzione dei lavori", anche se ha aggiunto di non conoscerne i contenuti. Il xxxxx che nello stesso periodo stava eseguendo i lavori di imbiancatura sull'immobile, ha confermato il capitolato di prova di parte opponente, confermando, fra l'altro, i capitoli di prova n. 2, 5, 6, 7, 11, 12, relativi sia alla denuncia dei vizi per cui è causa e alle discussioni intervenute tra le parti in punto di corretta esecuzione dell'opera, sia ai tentativi dell'opposto di eliminare i vizi, i cui risultati furono però contestati dall'opponente. In senso contrario non può argomentarsi dalla deposizione della xxxxx, amica dell'opposto, ha riferito che in sua presenza l'opponente ebbe a manifestare "soddisfazione sui lavori fatti"; deposizione, questa, valutativa e generica, posto che l'opponente ha ammesso che una parte dei lavori era stata eseguita bene e con sua piena soddisfazione (v., in questo senso, anche il video in atti, doc. 18 di parte opposta), ma non che tutti i lavori erano stati eseguiti in maniera corretta e a regola d'arte (tanto che aveva pagato due acconti ma non il saldo). L'esistenza delle contestazioni risulta indirettamente anche dalla lettera di messa in mora del 26.3.2010, spedita xxxxxxxxxx in cui si dice: "Mi preme di farVI osservare che, in ordine all'intervento in questione, siete stati ben edotti dalla mia assistita di quelle piccole discrepanze che si potevano creare in esito ai lavori trattandosi di intervento di natura non solo squisitamente artigianale ma anche di tipo artistico, talchè avete provveduto a sottoscrivere, in pari data al preventivo 10.11.2009, l'adeguata informativa. Ad ogni buon conto, in occasione dell'effettuato video avete manifestato pieno apprezzamento dell'opera, quindi...". Espressioni il cui significato, in difetto di preventive contestazioni dell'opponente, sarebbe difficilmente comprensibile. Alla luce di tali elementi, non può dirsi, quindi, che l'opera fu accettata nonostante l'esistenza di vizi visibili, questi furono contestati dall'opponente che non accettò nemmeno il risultato finale dopo l'intervento eseguito dall'opposto diretto alla loro eliminazione. Infondata è poi l'eccezione di prescrizione. L'opera fu consegnata nel novembre 2009. Due lettere di contestazioni spedite dal difensore dell'opponente in data 9.2.2010 e in data 25.2.2010 tornarono al mittente, poichè il destinatario si era trasferito in quei periodo altrove senza lasciare il nuovo indirizzo (v. doc. 3-4 di parte opponente). Una nuova lettera di contestazione fu spedita, a mezzo fax, in data 26.3.2010, dal legale dell'opponente al legale dell'opposto, nel frattempo incaricato di recuperare il credito (v. doc. 5-6 di parte opponente). Al riguardo, va applicato il consolidato orientamento della corte di legittimità, secondo il quale l'efficacia interattiva della prescrizione va riconosciuta all'atto di costituzione in mora anche quando sia indirizzato al rappresentante del debitore e tale qualità deve riconoscersi al difensore del debitore che agisca in nome e per conto del debitore medesimo (Cfr., fra le altre, Cass. civ. 17/3/2015, n. 52081; Cass. civ. 5/12/2011, n. 25984; Cass. Sez. L. 21/6/2007, n. 14517). Pertanto, la lettera xxxxxxx che aveva richiesto, in nome e per conto del cliente, xxxx., il pagamento del compenso - in cui si contestano di nuovo i vizi e si richiamano le precedenti contestazioni del 9.2.2010 e del 25.2.2010 (lettere con le quali il difensore aveva minacciato di agire in giudizio per il recupero del credito risarcitorio se la questione non fosse stata definita in via bonaria) e si assume che niente sia dovuto al Bxxxxxin quanto il credito per il corrispettivo per la prestazione d'opera sarebbe estinto per compensazione con il maggior credito risarcitorio (quantificato nella lettera in € 5400,00, oltre IVA)-, ha valenza interruttiva della prescrizione, essendo idonea a mettere in mora il debitore. L'effetto interruttivo è stato poi tempestivamente rinnovato con la proposizione della domanda giudiziale contenuta nell'atto d'opposizione notificato in data 11.3.2011. Passando al merito della questione, va osservato che l'opponente non ha proposto l'azione di riduzione del prezzo, nè l'azione di eliminazione dei vizi (contemplate dall'art. 1668 ce, richiamato dall'art. 2226 ce), ma ha proposto l'azione di risarcimento del danno, parametrando il danno ai costi che dovrà sostenere per eliminare i difetti e, quindi, proponendo l'azione risarcitoria per equivalente in funzione sostituiva/alternativa dell'azione di adempimento specifico (azione di eliminazione dei vizi). Non ha proposto, inoltre, eccezione di compensazione tra i contrapposti crediti. Da ciò discende che l'opposizione, nella parte in cui chiede la revoca del decreto opposto e il rigetto della domanda di pagamento, in ragione del raccogli mento della domanda riconvenzionale risarcitoria, va respinta. L'opposizione va respinta anche in ordine al credito di rivalsa IVA. L'applicazione dell'aliquota agevolata, per gli interventi edilizi di recupero, manutenzione ordinaria o straordinaria, è subordinata, infatti, ad una dichiarazione da parte del committente, rilasciata al prestatore di servizi, in merito all'effettuazione dei servizi per la realizzazione delle opere soggette ad IVA agevolata. L'opponente non ha dato prova di avere fornito al prestatore di servizi tale dichiarazione, nè ha chiesto prima del giudizio la correzione della fattura, previa consegna al prestatore della predetta dichiarazione. La domanda riconvenzionale di danni merita invece accoglimento, sia pure per la minore cifra quantificata nella CTU. Questa, cui si rimanda per relationem, ha escluso l'esistenza dei vizi della pavimentazione in resina delle scale e della rifinitura tra il piano in resina e le pareti delle stanze (v. pag. 8 e 9, n. 2 della perizia) e ha rimarcato come con l'impiego di resine autolivellanti, in due o più colori, stese a mano, come avvenuto nel caso di specie, sia naturale proprio l'effetto finale ritenuto viziato dall'opponente. Quello che può sembrare un risultato estetico opinabile sottolinea il CTU - è in realtà proprio l'aspetto tipico della lavorazione (artistica) richiesta dall'opponente. Lo stesso si può ripetere per le denunciate colature delle alzate delle scale (v. pag. 9, n. 2 della perizia). La CTU ha invece accertato: i) che alcuni lavori sono rimasti incompleti (mancata rifinitura dei cavedi sotto il forno e il barbecue); ii) che altri non possono ritenersi eseguiti a regola d'arte (cattiva rifinitura della pavimentazione bicolore sotto il bordo); iii) che non sono stati rimossi gli schizzi di resina sul bordo del piatto-doccia e; iv) che, infine, sono presenti danni agli intonaci dei fianchi della scale con deterioramento del velo dovuti alla presenza degli schizzi di resina. Si tratta, secondo il CTU, di problematiche riconducibili ad un operato frettoloso e non accurato del convenuto/opposto, per la cui soluzione sono necessari interventi di "non rilevante estensione ma che debbono essere effettuati con attenzione e cura previe operazioni di protezione" e il cui costo è quantificato, proprio in ragione delle particolari modalità esecutive, in complessivi € 3000,00 (v. pag. 9, n. 1 CTU). Non sono state addotte ragioni per discostarsi dalle conclusioni del CTU, se non una riferita, dal convenuto, eccessiva quantificazione del costo di detti interventi. Questo rilievo è però formulato in termini generici, sicchè finisce per contrapporre alla valutazione del CTU quella della parte, non offrendo elementi per disattendere la prima. Tenuto conto che dalla data di espletamento della CTU non sono intervenute significative variazioni nel costo della vita, il danno quantificato nella CTU può essere ritenuto ancora attuale. Nessuna prova è stata offerta degli altri danni, genericamente allegati a pag. 3, righi 21-24 della citazione. Pertanto, la domanda riconvenzionale merita accoglimento nei limiti della quantificazione operata dal CTU del costo degli interventi di eliminazione dei vizi. La parziale soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di due terzi. Per il resto fanno carico alla parte opponente che è la soccombente prevalente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo. Le spese di CTU sono poste in via definitiva per due terzi a carico dell'opponente e per un terzo a carico dell'opposto. p.q.m. Il tribunale di Lucca, definitivamente decidendo, così provvede: respinge l'opposizione; accoglie la domanda riconvenzionale nei limiti della motivazione e, per l'effetto, condanna Dxxx in favore di xxxx a titolo di risarcimento danni, la somma di € 3.000,00; condanna xxxxx a pagare in xxxx. le spese di lite che si liquidano in € 912,66 per compenso professionale e in € 15,03 per spese vive, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori di legge (IVA e CAP, se dovuti); pone le spese di CTU in via definitiva per due terzi a carico dell'opponente e per un terzo a carico dell'opposto.