Recensione a l` Amaro
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Recensione a l` Amaro
Concorso letterario "Le Quattro Porte" Memorial Romano Gamberini 11° Edizione SEZIONE NARRATIVA 4° CLASSIFICATO “L’AMARO” di Daniela Baldassarra MOTIVAZIONE DELLA GIURIA “C’incontravamo sempre lì in quel vecchio caffè”.Inizia cosi il racconto di uno sconosciuto e di un suo coetaneo di nome Mario che ogni giorno si trovavano “alla stessa ora allo stesso tavolo per ordinare un caffè amaro, che sorseggiavano senza dirsi niente”. Non sono mai riuscito a pensare ad una situazione più triste di due persone sedute allo stesso tavolo che non sanno cosa dirsi. E’ l’immagine più terribile della solitudine dell’uomo, così meditava lo sconosciuto amico. Subentra il momento dei ricordi: “Ci incontravamo da anni ormai, io e Mario, ma non sapevamo niente l’uno dell’altro”.Pensa al passato vuoto, nessuna ricerca di una moglie, di un figlio. “La sola idea di un figlio mi sfracellava il cuore, allora smettevo di parlare, tornavo alla realtà…e la realtà era una tazzina vuota sotto il naso”. Ogni giorno si ripeteva la recita: “A domani” – “Eh, se riesco a liberarmi si”. E questa è la conclusione :“Da due anni non vado più al caffè…sono solo e lo ero ancora di più seduto a quel tavolo con Mario…penso spesso a te, Mario, mio penoso compagno di pomeriggi squallidi…forse ora hai un lavoro o un vero amico, non un bastardo come me che sfruttava il tuo nulla per far compagnia al suo…chissà…ti ricorderò sempre così, con l’amaro del caffè in bocca e con l’amaro della vita negli occhi”. Non sono necessari molti commenti della Giuria: ci limitiamo a rilevare che questo stupendo racconto pirandelliano sulla solitudine e sull’incomunicabilità, scritto in maniera fluente ma stringata, dimostra clamorosamente come con poche pagine (cinque e di poche battute) si possa costruire un monumento con bellissime e profonde annotazioni psicologiche, alle debolezze dell’uomo. Magari per superarle. O no. Pieve di Cento, 28 settembre 2008 Il presidente della Giuria (Dott.ssa Maria Luisa Vinelli) Recensione di Giovanni Romano Le due del pomeriggio non sono l’ora degli uomini felici. Lo dico per amara esperienza personale. Lo dico con il ricordo dei tanti pomeriggi di insegnante single passati alla mensa ferrovieri di Grosseto, nei sei anni che ci ho vissuto. Lo dico con lo struggimento che mi veniva dopo un ennesimo pranzo consumato in solitudine, guardando le tovaglie di plastica e i bicchieri di carta, le moschiere sporche e poi, fuori, il viale alberato deserto a quell’ora, nel cuore l’attesa che venisse una compagna, che tutto diventasse miracolosamente vero, importante, bello. Le due del pomeriggio non sono l’ora degli uomini felici. Se li vedete in giro, a meno che non abbiano un lavoro chiaro e definito da fare, sono lì a vagabondare, a ciondolare dietro chissà quale desiderio, illusione, rodìo. Le donne non conoscono quest’infelicità. A quell’ora quasi tutte sono in casa, con qualcosa di concreto da fare. Magari mal sopportato o persino odiato, ma presente, vero. Sono stato meno fortunato del protagonista, lo ammetto. Almeno lui aveva qualcuno con cui condividere non la solitudine (che non si può condividere per definizione) ma l’illusione di essere in compagnia. Questa routine fatta, più che di menzogna, di timore di se stessi prima che dell’altro, mi ricorda i racconti di solitudine metafisica scritti da Dino Buzzati, penso in particolare a Il corridoio del grande albergo. Ma mentre Buzzati chiude su una nota grottesca, beffarda, L’amaro finisce nel modo più angoscioso possibile: nell’accettazione di una banalità definitiva dalla quale non si desidera più nemmeno liberarsi. Se in Nessuno è la mia stella c’era uno spiraglio, in questo racconto l’orizzonte è totalmente chiuso. E’ una vita di quieta disperazione. Di quelle che non si augurano nemmeno al peggior nemico, a pensarci bene. Ma colpisce, tuttavia, la finezza dell’analisi psicologica e la perfetta rispondenza tra gli stati d’animo e i luoghi. Anche questo è segno di maturità artistica. Mi auguro di leggere altre prove del talento di questa notevole scrittrice.