Osservatorio vecchie e nuove povertà
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Osservatorio vecchie e nuove povertà
OSSERVATORIO VECCHIE E NUOVE POVERTÀ IN PROVINCIA DI VARESE Realizzato in collaborazione con Aprile 2004 1 INDICE Introduzione 4. L’analisi dei dati 6. Le reti di sostegno alle famiglie di persone disabili 27. Allegati 46. - Appendice statistica 47. - Questionari per le interviste qualitative 64. 2 Per la realizzazione della prima parte del rapporto, ci sembra giusto esprimere un sentito ringraziamento ai centri di ascolto di Angera, Cardano al Campo, Cassano Magnago, Induno Olona, Luino, Solbiate Arno, Somma Lombardo, Tradate, Varese Biumo Inferiore, Varese San Vittore, che hanno partecipato al progetto. Rendendosi disponibili a utilizzare gli strumenti predisposti, a partecipare alle numerose riunioni di coordinamento e a fornirci i loro dati, essi hanno reso possibile la realizzazione di questo lavoro. Per l’approfondimento qualitativo, sono stati coinvolti i seguenti enti: Anffas e Fondazione Piatti di Varese; Associazione Per andare oltre di Gallarate; Centro Residenziale Handicap di San Fermo; Centro Residenziale Handicap di Sesto Calende; CRS di Besozzo; Centro Socioeducativo di Bobbiate; Centro Socio-educativo di Besozzo; Centro Socio-educativo di Bregazzana; Centro Socio-educativo – Comunità alloggio Villa Colombo di Oggiona Santo Stefano; Comune di Varese; Cooperativa sociale L’Anaconda di Varese; Cooperativa L’Arca di Cardano al Campo; Cooperativa sociale Il Granello – don Luigi Monza s.r.l. di Cislago. Si ringraziano gli enti, le associazioni e le cooperative intervistate, anche per la messa a disposizione dei loro locali per svolgere i colloqui e per la disponibilità a segnalarci le famiglie che abbiamo incontrato. Un sentito ringraziamento va alle famiglie intervistate, per la cortesia e la disponibilità con cui hanno collaborato al nostro progetto. 3 INTRODUZIONE Nelle pagine seguenti sono riportati i risultati del quinto rapporto dell’Osservatorio sulle vecchie e nuove povertà nato dalla collaborazione tra la Caritas Ambrosiana e il Settore Politiche Sociali della Provincia di Varese. Il lavoro di quest’anno si propone, come consuetudine, di indagare il fenomeno della povertà sul territorio della Provincia di Varese, attraverso i dati che provengono da 10 centri di ascolto che in esso operano. Dall’anno scorso, i centri di ascolto che partecipano al progetto utilizzano un nuovo strumento di rilevazione, che ha consentito di uniformare i diversi metodi di raccolta dati. Alcuni centri usano una scheda cartacea, altri si servono anche del software ad essa correlato. I dati elaborati, e di cui viene data una lettura analitica nelle pagine seguenti, riguardano le 1336 persone che si sono rivolte ai centri del campione nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2003. Il presente lavoro non ha alcuna pretesa di esaustività e di rappresentatività dell’universo considerato e, tanto meno, del fenomeno della povertà. Sappiamo che le persone che si rivolgono ai centri di ascolto non sono “i poveri”, ma sono alcuni poveri che vivono nel nostro territorio. L’indagine è comunque molto significativa in quanto si tratta di uno dei pochissimi casi di analisi primaria: i dati, cioè, non sono elaborazioni di dati già raccolti da altri, ma derivano direttamente dall’incontro con i poveri. Accanto a questa parte quantitativa, anche quest’anno il rapporto offre un approfondimento qualitativo. Il tema prescelto è quello della disabilità, con particolare attenzione al bisogni delle famiglie dei portatori di handicap. L’occasione di questa indagine è stata data dalla dichiarazione del 2003 come “Anno europeo della persona con disabilità”. Non si può certo dire, però, che il tema abbia suscitato molto clamore: il 2003 si è ormai concluso e si registrano pochi segnali di attenzione al tema da parte del mondo politico-legislativo. Per questo motivo, ci è sembrato importante tornare su questo fenomeno, che interessa 37 milioni di persone disabili che vivono nell’Unione Europea, le loro famiglie, ma anche le comunità intere, che non possono disinteressarsi a questa problematica. La famiglia della persona disabile è inserita in un contesto comunitario, all’interno del quale deve essere accolta come risorsa portatrice di ricchezza, in termini di cultura, di relazioni e di abilità. E sempre nella comunità, la famiglia deve avere la possibilità di trovare sostegno e sollievo da un lavoro di cura, certamente gratificante, ma anche gravoso. Ecco perché si richiede un cambiamento culturale molto forte: non si tratta solo di concedere aiuti, ma di condividere la responsabilità comune. 4 Per questo la Caritas Ambrosiana, coinvolgendo alcune esperienze associative, piccole e grandi, che operano da tempo a favore delle persone diversamente abili, le istituzioni e le famiglie, presenta questa ricerca, che si propone di stimolare la riflessione sulle reti di sostegno e sul ruolo del volontariato. Riflessione che però vuole essere anche propositiva. Per questo motivo, oltre a rilevare i nodi critici e le potenzialità, sono stati individuati degli spazi di intervento che rispondono alle aspettative delle famiglie che convivono con la persona disabile. 5 L’ANALISI DEI DATI L’analisi è stata condotta a partire dai dati raccolti da 10 Centri d’Ascolto1 della zona di Varese della diocesi ambrosiana e riguarda 1336 persone, incontrate durante il lavoro svolto dai medesimi centri nel corso del 2003. 1. Profilo degli utenti Nel campione della zona di Varese il 67,1% è rappresentato da donne e il restante 32,9% da uomini, distribuzione che non si discosta eccessivamente da quella del precedente rapporto (68,2% di donne e 41,4% di uomini). Questo rispecchia la situazione del campione diocesano, che vede un maggiore afflusso femminile rispetto a quello maschile nei centri di ascolto. In particolare nella zona di Varese solo nel centro di ascolto di Varese San Vittore si sono presentati più uomini che donne, anche se la differenza non è così netta: 154 donne e 172 uomini. Nel grafico sottostante (1) individuiamo nella classe di età “18-35 anni” il gruppo più numeroso (l’età mediana, al di sotto della quale è presente il 50% dei dati raccolti, è di poco inferiore ai 36 anni). Grafico 1– Distribuzione degli utenti per classe d’età – valori percentuali Oltre i 60 anni 4,49 37,52 36-60 anni 18-35 anni 47,20 Minore di 18 anni 1,12 n.d.* 9,68 0 10 20 30 40 50 60 Fonte: Caritas Ambrosiana *: dato non disponibile 1 Biumo Inferiore (Varese), San Vittore (Varese), Luino, Angera, Somma Lombardo, Tradate, Cassano Magnago, Induno Olona, Solbiate Arno, Cardano al Campo. 6 Rispetto alla ripartizione per genere risultano più giovani gli utenti uomini, tra i quali il 48,2% rientra nella classe suddetta. Nella tavola 1 possiamo vedere che il campione femminile è meno giovane di quello maschile. Tavola 1– Distribuzione del campione per sesso e classe di età – valori percentuali Sesso Femmine Maschi 2 n.r. 5,4 7,5 Minori di 18 anni 1,1 1,6 Classe di età 18-35 anni 44,8 48,2 36-60 anni 42,5 39,1 Oltre i 60 anni 6,2 3,5 Totale 100,0 100,0 Fonte: Caritas Ambrosiana Anche la classe di età “36-60 anni” non è comunque esigua ed in essa troviamo l’età media, pari a circa 38 anni. La condizione giovanile del campione spiegabile anche in virtù della massiccia presenza di stranieri (quasi il 57% degli stranieri ha un’età inferiore ai 35 anni): ben due terzi degli utenti sono infatti stranieri. La principale presenza straniera è rappresentata dagli utenti africani, ma è significativo pure l’afflusso di persone dall’Europa Orientale e dall’America (in particolare dall’America Latina). I paesi di origine più frequenti sono: Marocco (17,6%), Ucraina (12,9%), Ecuador (9,6%), Perù (9,4%) e Albania (9,2%). Grafico 2 – Distribuzione degli utenti per zone di provenienza 411 210 Africa America Europa dell'Est Asia 1 Ex Urss (Asia) 9 308 98 Europa occidentale Fonte: Caritas Ambrosiana Gli immigrati clandestini (quelli di cui conosciamo il dato) sono 255, meno numerosi quindi di quelli regolari (pari a 501 utenti). Sia tra i clandestini che tra gli immigrati predomina la 2 Con la sigla n.r. intendiamo dire che il dato non è stato rilevato. 7 componente femminile, ma la differenza è più accentuata tra gli immigrati clandestini (21,3% di utenti donne e 14,6% di utenti uomini). Dai dati relativi ai permessi di soggiorno appare evidente la prevalenza di permessi per lavoro dipendente (ben 272 persone), mentre i permessi di soggiorno per lavoro autonomo corrispondono solamente allo 0,3% (4 persone). Significativa è anche la quota di persone che hanno dichiarato come motivo del soggiorno la famiglia, cioè gli immigrati giunti in Italia per ricongiungimento familiare (135 persone). Tra i permessi di soggiorno per studio e per asilo politico prevale la seconda categoria (26 richiedenti asilo politico contro solo 3 persone presenti per studio). Anche il numero di carte di soggiorno dichiarate non è numeroso, pari a quota 10. Gli uomini hanno dichiarato di possedere permessi soprattutto per lavoro; anche per le donne tale motivo è consistente (18,6% dei permessi della componente femminile). Notevole anche la percentuale di donne con permesso per ricongiungimento familiare, soprattutto se raffrontata a quella degli uomini (13,6% per le donne, 3,0% per gli uomini): probabilmente si tratta di donne che hanno raggiunto in Italia il partner, immigrato precedentemente per lavoro. Proseguiamo l’analisi del profilo dell’utente prendendo in considerazione lo stato civile e la composizione del nucleo familiare. Nel grafico 3 possiamo osservare la distribuzione del campione per stato civile e sesso. Grafico 3 – Distribuzione degli utenti per stato civile e sesso – valore percentuale 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% femmine maschi totale n.r. celibe/nubile coniugato/a divorziato/a vedovo/a convivente separato/a Fonte: Caritas Ambrosiana Circa la metà degli utenti è coniugata (50,4%, quota che sale a 53,8% se consideriamo anche le convivenze) e la percentuale aumenta tra le donne (52,1% della componente femminile 8 rispetto al 46,9% maschile). Al contrario la percentuale di celibi è superiore a quella delle nubili (36,4% e 21,8% rispettivamente). Un altro elemento è quello relativo alle persone che vivono sole perché separate, divorziate o vedove. Tra le donne questa quota è equivalente al 21,3% rispetto a quella degli uomini che è pari all’ 11,4%. Ovviamente il numero di vedove/i aumenta nella classe di età “oltre i 60 anni”. Rispetto alla distinzione tra utenti italiani e utenti stranieri, osserviamo dai dati che la componente coniugata tra gli immigrati è in percentuale superiore a quella della popolazione autoctona (55,7% per gli stranieri); nettamente inferiore è invece il segmento di persone straniere separate o divorziate e più modesta è anche la percentuale di immigrati vedovi/e, probabilmente a causa del fatto che gli stranieri, come dicevamo prima, sono piuttosto giovani. Per quanto attiene al nucleo familiare, circa il 57% del campione ha dichiarato di avere figli, il 16,8% ha più di 2 figli; significativo è anche il dato relativo agli utenti con figli a carico, pari al 41,9%. Passiamo ora all’analisi della condizione scolastica (grafico 4) e professionale (tavola 3) del campione. Grafico 4 - Distribuzione del campione per titolo di studio – valore percentuale 35 30 25 20 15 10 5 0 Femmine Maschi Totale n.d. Nessuno Licenza Elementare Licenza Media Inferiore Qualifica professionale Diploma Media Superiore Laurea Fonte: Caritas Ambrosiana Il 5,8% degli utenti ha dichiarato di non possedere alcun titolo di studio; la percentuale è più alta nella componente maschile rispetto a quella femminile, anche se di poco. La metà del 9 campione ha raggiunto al massimo la licenza media inferiore. Nella tavola 2 viene presentato il confronto tra il livello di istruzione nell’anno 2003 e nel biennio 2001-2002. Tavola 2 – Distribuzioni degli utenti per titolo di studio - anni 2001/2002 e 2003 – valori percentuali Biennio Livello Titolo di studio 2001-2002 Basso Licenza elementare e media inferiore 63,5 Medio - Alto Qualifica professionale, Diploma media superiore e Laurea 28,3 Fonte: Caritas Ambrosiana Anno 2003 52,5 29,3 L’accesso di utenti con un livello di preparazione medio alto è superiore nel 2003. Questo può essere nuovamente giustificato osservando la distribuzione del livello scolastico del campione, distinguendo gli utenti in base alla nazionalità. Il dato scolastico è stato rilevato per 357 italiani e 916 stranieri (grafico 5). In particolare gli italiani con un livello scolastico basso sono il 69% mentre gli stranieri non superano il 47,1%; invece per il livello medio-alto la quota degli italiani raggiunge il 14,4% e quella degli stranieri il 35,3%. Il titolo di studio più elevato degli stranieri e la loro maggiore numerosità incidono, ovviamente, sulla distribuzione totale del titolo di studio. Sembrerebbe quindi che il livello scolastico degli immigrati non favorisca il loro inserimento nel tessuto del territorio, anche se è pur vero che il riconoscimento del titolo di studio degli stranieri in Italia non è automatico. Solo uno straniero ha dichiarato di possedere un titolo non riconosciuto, ma è molto probabile che questo numero sia nella realtà ben più alto. Grafico 5 – Distribuzione degli utenti per nazionalità e titolo di studio – valori percentuali 35 30 25 20 15 10 5 0 Italiani Stranieri n.d. nessuno non riconosciuto licenza elementare licenza media inferiore qualifica professionale diploma media superiore laurea Fonte: Caritas Ambrosiana 10 Nella rilevazione dei dati viene raccolta l’informazione relativa alla condizione professionale (corrispondente allo stato lavorativo della persona) e alla categoria professionale, cioè al tipo di lavoro per il quale si è preparati. La condizione maggiormente diffusa tra il campione corrisponde ai disoccupati da breve tempo (entro un anno) e da lungo tempo (da oltre un anno). Infatti rispetto a 1273 utenti dei quali disponiamo di tale informazione, il 28,2% è disoccupato da breve tempo mentre il 22,3% è disoccupato da lungo tempo. Per chi è in cerca di prima occupazione la percentuale non supera l’8,7%. Un altro gruppo di persone che non riceve un reddito da lavoro è rappresentato dagli studenti e dalle casalinghe (rispettivamente l’1% e il 9,6%). Tra chi percepisce un reddito abbiamo invece le persone occupate (il 7,7% part-time e il 13,3% full-time), i lavoratori irregolari (il 4,2%) e i pensionati (il 5%). Addentriamoci nell’analisi di questa informazione: la tavola 3 riporta i dati relativi alla condizione professionale per italiani e stranieri e per sesso (escludendo i dati non rilevati corrispondenti a 118 utenti). Tra gli utenti occupati part-time prevalgono le femmine rispetto ai maschi tra gli italiani, mentre tra gli stranieri non vi è differenza. La prevalenza della componente femminile si evidenzia anche tra gli utenti in cerca di prima occupazione. Tra gli occupati a tempo pieno la situazione invece si capovolge: la quota di utenti maschi che vantano un lavoro a tempo pieno è tra gli italiani il 14,3% e tra gli stranieri il 25,2% (contro le percentuali femminili che sono rispettivamente il 4,7% per le italiane e l’11,1% per le straniere). Nuovamente possiamo osservare dinamiche differenti analizzando i dati relativi a chi è disoccupato da breve e da lungo tempo. Nel primo caso sono le donne che prevalgono, cioè tra gli utenti che si sono recati nella zona di Varese sono soprattutto le donne a manifestare la condizione di disoccupazione recente (quella inferiore all’anno). La perdita di lavoro per un periodo superiore all’anno è invece prerogativa maschile. Addirittura il 42,9% degli utenti maschi italiani non ha un posto di lavoro da più di un anno. Anche tra gli stranieri la percentuale di maschi disoccupati é superiore a quella delle femmine (rispettivamente 28,9% e 17,1%). Per quel che riguarda gli studenti, contiamo un solo italiano a fronte di 12 stranieri. Per quanto attiene la condizione di casalinga, per altro manifestata solamente dalle donne, le italiane raggiungono quota 19,5% e le straniere quota 11,9%. I pensionati sono una categoria ben più presente tra gli italiani rispetto agli stranieri, perché, come già abbiamo appreso, gli utenti anziani sono più numerosi tra la popolazione autoctona che non tra gli immigrati. Infine la condizione dei lavoratori irregolari primeggia tra gli immigrati, che da questo punto di vista non fanno registrare differenze sostanziali tra maschi e femmine al contrario di quel che accade tra italiani e italiane. 11 Tavola 3 - Distribuzione degli utenti per condizione professionale, nazionalità e sesso valori percentuali Condizione professionale Italiani Femmine Italiani Maschi Totale Italiani Stranieri Femmine Stranieri Maschi Totale Stranieri Occupato part-time 10,2 3,0 8,1 7,0 7,0 7 Occupato full-time 4,7 14,3 7,5 11,1 25,2 15,8 In cerca di prima occupazione 5,1 1,0 3,9 11,6 6,7 10,0 Disoccupato da breve tempo 19,1 19,4 19,1 35,2 24,8 31,7 Disoccupato da lungo tempo 21,2 42,9 27,5 17,1 28,9 21,0 Studente 0,4 0 0,3 1,0 2,0 1,4 Casalinga 19,5 0 13,8 11,9 0 7,9 Pensionato 16,9 18,4 17,4 0 0,7 0,2 Lavoratore irregolare 2,9 1,0 2,4 5,1 4,7 5,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 236 98 334 586 298 884 Totale Totale in valore assoluto Fonte: Caritas Ambrosiana 12 Rispetto alle informazioni relative alla categoria professionale dichiarata dall’utente, purtroppo disponiamo di poco più della metà dei dati del campione: risulta mancante infatti il 44,4% dei dati (ovvero possediamo le informazioni di 743 utenti). Questo dato spesso non viene rilevato e risulta sottovalutato perché gli utenti in cerca di lavoro, e soprattutto gli stranieri (per i quali sussiste il problema del riconoscimento del titolo di studio), tendono a dichiarare un livello professionale inferiore al proprio, rendendosi così disponibili a svolgere anche le occupazioni più umili. La professione che è stata rilevata più frequentemente è quella relativa alla vendita e ai servizi alle famiglie. In questo ambito predominano le donne (266 persone) e questo accade sia tra le italiane che tra le straniere. Probabilmente questo è dovuto alla più intensa predisposizione della componente femminile all’assistenza e ai servizi alla famiglia. Per quanto riguarda le categorie professionali più specialistiche (dirigenti e imprenditori, professioni intellettuali e scientifiche, tecnici) ancora una volta prevalgono le donne, anche se la differenza non è così netta (35 femmine su 507, cioè il 6,9% e 17 maschi su 257, cioè il 6,61%). Significativa è anche l’informazione che riguarda il personale non qualificato, pari a 268 persone su 764 delle quali disponiamo del dato. Terminiamo l’analisi del profilo dell’utente con una panoramica sulle persone che sono risultate essere senza dimora. Si tratta di 34 persone, di cui 11 femmine e 23 maschi. Di queste il 41,2% è celibe o nubile, con un livello di studio prevalentemente medio-basso ed un marcato stato di disoccupazione (oltre il 50% delle persone senza dimora non dispone di un lavoro da breve o soprattutto da lungo tempo). 2. Bisogni Nel corso del 2003 gli operatori dei centri di ascolto, mediante i diversi colloqui sostenuti con le persone che si sono recate nei centri, hanno registrato 2179 bisogni. Mediamente si tratta di 1,6 bisogni per persona. Diversamente dalle richieste che sono dichiarate in modo espresso dall’utente, per i bisogni è l’operatore che, mediante uno o più colloqui, cerca di cogliere le situazioni problematiche o di disagio, non sempre manifestate esplicitamente dall’utente. Dobbiamo ricordarci infatti che la persona che si reca ai centri di ascolto ha la possibilità di manifestare i propri bisogni, dietro ai quali possono esserci storie di vita difficili delle quali non è facile parlare. Nel grafico 6 vengono presentate le principali macrocategorie dei bisogni rilevati dagli operatori dei centri d’ascolto. Le problematiche relative al reddito e all’occupazione sono le categorie più rilevate. Il problema del reddito è un aspetto dominante nell’intero campione della zona di Varese. Disporre di un reddito insufficiente alle normali esigenze di una famiglia o di un singolo individuo appare una condizione diffusa. Nei centri d’ascolto però si recano anche persone che manifestano difficoltà nella gestione delle spese straordinarie, le quali pur essendo meno frequenti nella conduzione di un nucleo familiare sono più incisive delle uscite ordinarie. Ben più grave però è lo stato di chi non può vantare alcuna entrata di natura economica o 13 finanziaria. Questo elemento è comprensibile alla luce dell’incidenza della disoccupazione. Essere disoccupati o in cerca di prima occupazione comporta il fatto che la persona è priva di un’attività che permetta non solo di vivere dignitosamente e di poter esprimere le proprie capacità, ma anche di sostenere i consumi, soprattutto quelli relativi ai beni di prima necessità (alimentazione, abbigliamento, abitazione). Ecco che nuovamente possiamo evidenziare un legame tra le forme di povertà più o meno gravi. Non disporre di una casa, coabitare imponendo tempi e ritmi particolari alle persone che vivono insieme, o fare i conti con un’abitazione precaria o poco funzionale è una situazione che si accompagna alla mancanza o insufficienza del reddito. Vi è poi la grande quota di persone con problemi connessi alla condizione di immigrato, soprattutto per gli irregolari. Grafico 6 – Principali macrocategorie dei bisogni – valori percentuali 11,2 32,4 11,4 30,5 Stranieri Problematiche abitative Reddito Occupazione Le altre categorie di bisogni (dipendenza, devianza e criminalità, zingari, livello di autonomia, handicap e disabilità, senza dimora, indigenza) raggiungono complessivamente il 4%. 2.1 I bisogni più diffusi Diamo ora uno sguardo alle prime quattro categorie di bisogno, soffermandoci sulle caratteristiche degli utenti e sulla loro distribuzione nel campione: scegliamo di analizzare queste categorie perché ad esse corrispondono le cinque voci3 più registrate nel campione dai centri di ascolto. Occorre fare una premessa per favorire la lettura dei seguenti dati. Vogliamo ora vedere quanti utenti, secondo le caratteristiche che man mano prenderemo in 3 Ricordiamo infatti che all’interno delle categorie gli operatori scelgono la microvoce che meglio identifica quel tipo di bisogno percepito durante i colloqui con gli utenti. 14 considerazione, hanno manifestato una determinata forma di bisogno. Di conseguenza il totale delle percentuali riportate non darà somma 100, poiché ciascun utente può esprimere più bisogni. Rispetto alla ripartizione per genere, tra le donne predomina il problema relativo all’occupazione (57,3%), seguito da quello concernente il reddito (50,2%). Al contrario, per gli uomini abbiamo in ordine decrescente le seguenti percentuali: 48,5% nell’ambito delle problematiche reddituali e 43,3% per quelle occupazionali. Per quel che riguarda l’abitazione e le problematiche riferite alla condizione di straniero le percentuali maschili sono superiori a quelle femminili. Per le problematiche abitative registriamo il 15,6% tra le donne e il 23,9% tra gli uomini, mentre per i bisogni relativi alla condizione di straniero le percentuali sono rispettivamente il 15,4% e il 22,8%. Se, invece, affrontiamo la ripartizione per classe di età possiamo notare che per gli ultrasessantenni il problema che emerge con forza è quello del reddito: situazioni finanziarie precarie comportano, infatti, difficoltà, per esempio, nel sostenere i costi abitativi oppure quelli relativi alla salute (che per le persone anziane sono necessariamente più elevati rispetto a quelle più giovani). Tra le classi di età 18-35 anni e 3660 anni predomina sempre il problema dell’occupazione, però mentre nella prima classe nei restanti casi è più avvertito il problema legato alla condizione di straniero (20,6%), nella seconda classe si avvertono maggiormente le problematiche abitative (17,2%); quest’ultimo problema però non è da sottovalutare neanche per i più giovani dove la percentuale raggiunge il 20%. Il fatto che i problemi che discendono dalla condizione di straniero siano maggiori fra i più giovani è una conseguenza della più giovane età degli utenti stranieri rispetto a quelli italiani. Emergono delle differenze anche rispetto alla nazionalità dell’utente e all’eventuale condizione di clandestinità. Fra gli italiani la categoria che predomina è quella reddituale (56,6%), mentre tra gli stranieri è quella dell’occupazione (55,9%), anche se le percentuali rimangono alte in entrambe i gurppi e mai inferiori al 40%. Ovviamente le situazioni di bisogno derivanti dall’essere stranieri sono caratteristica degli utenti stranieri (24,6%). Ci si potrebbe aspettare una percentuale più alta: in realtà occorre considerare che questi bisogni sono quelli percepiti dagli operatori. Inoltre, non sempre gli stranieri esplicitano tutti i loro bisogni, facendo presente quelli prioritari. E, comunque, gli stranieri che sono clandestini sicuramente hanno problemi legati alla propria condizione di irregolarità (la quale ricordiamo che non permette loro di accedere a molti servizi, ai quali invece possono rivolgersi gli immigrati regolari). Infatti, il 55,7% degli immigrati che hanno dichiarato di essere clandestini manifesta problemi derivanti dall’essere straniero (in particolare tra le immigrate clandestine). Anche la percentuale che esprime quanto sia diffuso il problema dell’occupazione è molto elevata fra gli utenti clandestini (67%). In effetti la ricerca del posto di lavoro per un immigrato non regolare diventa fondamentale per diversi motivi, ancor più della ricerca di un luogo dove abitare: per spedire soldi alla famiglia rimasta all’estero, per sopravvivere mediante la percezione di un reddito, per poter usufruire di eventuali regolarizzazioni della propria posizione, come avvenuto nel 2002 15 con la legge Bossi-Fini. La percentuale, invece, riferita alle problematiche abitative non si discosta molto tra italiani (17,6%) e stranieri (18,7%) ed è più avvertita dagli immigrati regolari che non tra quelli irregolari. Vediamo infine come tutto ciò si articola nei diversi centri di ascolto della zona di Varese. Nel centro di Biumo Inferiore le problematiche abitative, relative al reddito e all’occupazione sono diffuse a più della metà degli utenti, rispettivamente il 51,3%, il 98% e il 68%. Questa situazione di difficoltà plurima emerge anche nel centro di Cassano Magnago dove le problematiche abitative raggiungono il 43,8% dei propri utenti, i bisogni relativi al reddito il 90,6% e quelli riguardanti l’occupazione il 40,6%. A Luino la metà degli utenti avverte bisogni nell’ambito del reddito e dell’occupazione (rispettivamente 56,1% e 51,2%). Lo stesso succede per i centri di Somma Lombardo (58,6% e 50,2%)4, di Tradate (35,8% e 58,4%) e di Cardano al Campo (43,2% e 66,7%). Nel centro di Angera e in quello di Varese San Vittore il bisogno più diffuso è quello concernente la ricerca del lavoro (59,7% e 49,1%), mentre nel centro di Solbiate Arno prevale il deficit del reddito (62,3%). Anche a Induno Olona il bisogno legato alla mancanza o insufficienza del reddito è diffuso ad oltre la metà dei propri utenti (56,1%), ma sono estese anche le problematiche abitative (22%) e quelle relative all’occupazione (29,3%). Le condizioni di disagio o di bisogno correlate all’essere stranieri sono risentite soprattutto nei centri di Cardano al Campo (29,6%), di Varese San Vittore (27,6%), di Somma Lombardo (26,3%) e di Biumo Inferiore (19,3%). 2.2 I bisogni in dettaglio L’ultimo paragrafo che destiniamo alla rilettura dei bisogni nella zona di Varese è concentrato sulle prime cinque voci più registrate dai centri di ascolto, come presentato nella tavola 4. Tavola 4 – Distribuzione dei principali bisogni Bisogno N° utenti Valore % Disoccupato 558 41,8 Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze 394 29,5 Nessun reddito 182 13,6 Clandestino/Immigrato non regolare 148 11,1 Coabitazione 106 7,9 Fonte: Caritas Ambrosiana Nella seconda colonna della tavola 4 compare il numero di utenti che hanno manifestato i diversi bisogni elencati nella prima colonna. Queste prime cinque voci da sole corrispondono a 4 In questa frase la prima percentuale si riferisce sempre al reddito e la seconda all’occupazione. 16 1388 dei 2179 bisogni registrati (il 63,7% del totale dei bisogni registrati). Nella terza colonna invece abbiamo inserito i dati che manifestano la diffusione dei bisogni indicati tra gli utenti. La somma delle percentuali dunque non è 100 perché uno stesso utente può essere portatore di più bisogni. Probabilmente diversi utenti che risultano essere disoccupati hanno anche problemi concernenti il reddito, poiché sono bisogni ragionevolmente correlati. Così pure gli immigrati spesso, appena giunti in Italia, chiedono aiuto ai propri connazionali per la ricerca di un luogo dove dormire, dividendo con più persone appartamenti anche di piccola estensione: quindi oltre a dover coabitare in condizioni precarie, possono essere disoccupati o non essere percettori di reddito. La tavola 5 mostra la ripartizione delle cinque voci di bisogni più registrate, ripartite secondo alcune caratteristiche degli utenti. Tavola 5 - Ripartizione delle cinque voci di bisogni più registrate, secondo il sesso, la nazionalità e la condizione di regolarità degli stranieri Bisogno Femmine Maschi Italiani Stranieri Clandestini Regolari Disoccupato 396 162 121 413 134 206 Reddito insufficienteα 275 117 134 248 58 171 Nessun reddito 106 76 50 121 55 61 Clandestinoα 110 38 0 141 142 2 Coabitazione 76 30 14 88 33 53 Totale utenti 897 439 357 916 255 501 α le diciture corrette sarebbero “reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze” e “clandestino/immigrato non regolare” Fonte: Caritas Ambrosiana Leggendo la tavola è comprensibile che per tutte le categorie di utenti la voce più diffusa sia quella relativa alla disoccupazione. Rispetto alla ripartizione per genere sembrano essere le femmine ad avere maggiori problemi di disoccupazione. Così pure i bisogni legati alla 17 condizione di clandestinità sono più avvertiti dalle donne. Al contrario, gli uomini hanno maggiori problemi per quel che riguarda la mancanza totale di redditi. Per le donne probabilmente l’insufficienza del reddito può essere determinata dalla disoccupazione del coniuge o convivente oppure da un’esigua pensione: infatti non è irragionevole pensare che le donne si rechino nei centri di ascolto per parlare della possibile disoccupazione del marito o convivente, mentre loro hanno un’attività minima che gli permette di avere delle ridotte entrate. Diversamente un uomo che è disoccupato e che ha a carico la propria famiglia indicherà più facilmente che non dispone del tutto di reddito. Tra gli italiani e gli stranieri invece osserviamo che il problema della disoccupazione è più diffuso nella seconda categoria; gli italiani, invece, sembrano avvertire maggiori problemi relativi al reddito. Ovviamente il problema della clandestinità è prerogativa degli immigrati ed anche i bisogni derivanti dalla coabitazione sono più estesi fra gli stranieri. In particolare, nelle ultime due colonne sono riportate le informazioni degli stranieri dei quali conosciamo la regolare o clandestina presenza in Italia (per un totale di 756 utenti rispetto ai 1336 totali, poco meno del 60% degli utenti campione). Fra gli immigrati clandestini sembrano sommarsi diversi bisogni: oltre il 50% ha problemi nella ricerca dell’occupazione, mentre poco meno della metà ha problemi di reddito (mancanza o insufficienza del reddito). Sono poi 142 su 255 (cioè il 55,7%) di essi ad essere portatori di problemi derivanti dalla clandestinità. In realtà tutti sono gli immigrati irregolari sono hanno il problema della clandestinità. Però non tutti esplicitano questo bisogno agli operatori, perché ritengono più urgenti altre aspettative (come il lavoro). Nell’ultima riga della tavola 5 sono stati inseriti il totale degli utenti in base alla caratteristica indicata nelle colonne (per esempio 897 sono il numero di utenti femmine, mentre 501 sono il numero di utenti regolari). 3. Richieste Oltre alla raccolta dei dati anagrafici dell’utente, l’operatore del centro di ascolto è soprattutto interessato e impegnato nell’accoglienza della persona che si presenta al centro per manifestare non solo condizioni di disagio, bensì per formulare richieste di aiuto, sia materiali che in termini di servizi. In ogni colloquio svolto dagli operatori è infatti implicita l’azione di ascolto dell’utente che, anche se non in modo dichiarato, manifesta la necessità di essere ascoltato. Il numero di richieste registrate nel 2003 è di 4672, cioè mediamente 3,5 richieste per utente. 3.1 Le richieste più frequenti. Nel grafico 7 sono indicati i valori delle richieste formulate dagli utenti nel corso del 2003, aggregate per macroclassi. 18 Grafico 7 – Ripartizione delle richieste 2235 Beni materiali e servizi 991 Lavoro 699 Sostegno personale 293 Sussidi economici Abitazione 170 Sanità 150 Prestazioni professionali 110 24 Istruzione 0 500 1000 1500 2000 2500 Fonte: Caritas Ambrosiana La numerosità è dovuta al fatto che un utente può manifestare più volte la stessa richiesta. Anzi, nei casi di difficoltà cronica diventa abitudine per l’utente recarsi presso il centro di ascolto per risolvere o arginare le proprie situazioni di disagio. È, ad esempio, il caso dei beni materiali e servizi: per un utente che non riesce a procurarsi alimenti e vestiti in modo continuativo nel tempo il centro di ascolto diventa una tappa costante durante l’anno. Questo soprattutto se il centro di ascolto è in grado di soddisfare la richiesta che le persone formulano durante i colloqui. Dunque delle 4672 richieste circa il 48% corrispondono a beni materiali e servizi, cioè richieste relative agli alimenti, ai vestiti, al mobilio e all’igiene della persona (bagni e docce). Seguono le richieste di lavoro e di sostegno personale, rispettivamente il 21,2% e 15%. Tra chi ricerca il lavoro ritroviamo sia gli utenti disoccupati che ricercano un impiego, sia le persone che già disponendo di un lavoro non sufficiente a sostenerle economicamente, cercano un secondo lavoro per integrare il loro reddito. I sussidi economici, che possono essere prestiti o consegne di denaro senza la necessità di restituzione della somma, rappresentano il 6,3% del totale delle richieste. Seguono poi i problemi di abitazione (ad esempio la ricerca dell’alloggio), sanitari (ad esempio, i medicinali), richieste di prestazioni professionali e di istruzione (come i corsi di italiano per stranieri), rispettivamente con il 3,6%, il 3,2%, il 2,4% e il 0,5%. 3.2 Le richieste più diffuse Nel seguente paragrafo non consideriamo più il totale delle richieste, ma quanto esse sono diffuse tra gli utenti: quindi, analizzeremo quanti utenti hanno manifestato almeno una volta le diverse tipologie di intervento e vedremo la ripartizione degli utenti in base alla frequenza con cui vengono formulate le richieste. 19 Mentre per le richieste di beni materiali e servizi non vi è una significativa discordanza tra uomini (51,5%) e donne (50,9%), riscontriamo delle differenze nelle altre categorie. Circa la metà degli utenti maschi manifestano la necessità di sostegno personale, e poco più di un terzo l’esigenza di trovare lavoro. Tra le donne il sostegno personale si ferma al 32,8% del campione ma è particolarmente diffusa la richiesta di lavoro (62,3%). I dati assoluti della ripartizione per genere sono presentati nella tavola 6. Tavola 6 – Ripartizione delle richieste per sesso Richieste Prestazioni professionali Sostegno personale Abitazione Istruzione Lavoro Sanità Beni materiali e servizi Sussidi economici Totale femmine e maschi Femmine 51 294 71 14 559 35 457 51 897 Maschi 29 222 78 9 153 27 226 74 439 Fonte: Caritas Ambrosiana Gli stranieri avvertono maggiormente la necessità di trovare un lavoro e di reperire beni materiali e servizi rispetto agli italiani, però esplicitano una minore esigenza di sostegno personale e di sussidi economici. Vi è da dire che spesso gli operatori dei centri di ascolto sono portati ad elargire i sussidi soprattutto agli italiani che, frequentando più volte il centro, sono più conosciuti. Infatti sono soprattutto il SAM e il SILOE che hanno fornito questi aiuti. Inoltre fa capo agli stranieri una maggiore richiesta di aiuto nel campo dell’istruzione, perché la comprensione dell’italiano favorisce la ricerca del lavoro e l’accesso a determinati servizi. La situazione si ribalta se consideriamo l’ambito della sanità: in questo caso sono gli italiani a manifestare maggiori richieste. Ricordiamo infatti che gli italiani sono più anziani rispetto agli stranieri, i quali si adattano anche alle condizioni più difficili. Prestiamo attenzione in particolare agli immigrati, distinguendo tra clandestini e regolari, come presentato nella tavola 7. I beni materiali e servizi e il lavoro sono richiesti da oltre al metà dei regolari e dei clandestini (a noi noti). In particolare le percentuali sono alte per i clandestini (superano il 60%). Tra i regolari invece sono piuttosto elevate le richieste nel contesto abitativo (12% dei regolari rispetto al 3,5% dei clandestini) e al sostegno personale (31,7% dei regolari rispetto al 12,5% dei clandestini). 20 Tavola 7 – Ripartizione delle richieste per condizione di regolarità della persona straniera Richieste Prestazioni professionali Sostegno personale Abitazione Istruzione Lavoro Sanità Beni materiali e servizi Sussidi economici Totale clandestini e regolari Clandestini 11 32 9 7 165 3 159 4 255 Regolare 21 159 60 7 278 12 292 20 501 Fonte: Caritas Ambrosiana Nei centri di ascolto le richieste non sono ovviamente equidistribuite: alcune categorie hanno un maggiore peso in alcuni centri rispetto agli altri. Le prestazioni professionali, pur non essendo particolarmente diffuse, sono concentrate a Varese San Vittore (38 utenti dei 326 del centro). Il sostegno personale in generale è più registrato, in particolare a Solbiate Arno (39 utenti dei 53) e Varese San Vittore (288 utenti dei 326 del centro). In quest’ultimo centro di ascolto sono state rilevate diverse richieste relative all’abitazione (89 utenti dei 326 del centro): forse il problema dell’abitazione è più sentito in città (Varese) che non nei piccoli centri. A Cardano al Campo si registra qualche richiesta legata al settore dell’istruzione (7 utenti degli 81 del centro). A Tradate si concentrano particolarmente le richieste di lavoro (136 utenti dei 173 del centro). La ricerca di beni materiali e servizi sembra invece avere un forte peso nel centro di Biumo Inferiore (134 utenti dei 150 del centro) e a Cassano Magnago (25 utenti dei 32 del centro). Infine, i sussidi economici vengono richiesti in modo diffuso a Induno Olona (25 utenti dei 41 del centro). L’ultimo aspetto che trattiamo in questo paragrafo è il dettaglio relativo alle principali richieste espresse dagli utenti, facendo riferimento alle sottocategorie e non alla macro, come abbiamo fatto fino ad ora. Ragionevolmente le singole voci non si discostano dalle macrocategorie e le più registrate sono: Alimentari, buoni mensa e mensa (beni materiali e servizi) Vestiario e guardaroba (beni materiali e servizi) Lavoro a tempo pieno (lavoro) Ascolto (sostegno personale) La tavola 8 mostra il numero di utenti e la frequenza con la quale le suddette richieste sono state formulate. 21 Tavola 8 – Ripartizione delle richieste in base alla frequenza di rilevazione Richiesta Mai Frequenza Una sola 2-5 volte volta Più di 5 volte Alimentari, buoni mensa e mensa 874 419 40 3 Vestiario e guardaroba 798 421 115 2 Lavoro a tempo pieno 871 274 176 15 Ascolto 923 210 150 53 Fonte: Caritas Ambrosiana Per quanto riguarda la domanda di alimentari e vestiario non riscontriamo grosse differenze tra gli utenti che hanno ne fatto richiesta una sola volta. Diversamente gli utenti che si presentano più volte per ricevere vestiario sono quasi il triplo di quelli che si ripresentano per ottenere alimenti. La richiesta è più frequente soprattutto tra le donne (98 utenti che hanno richiesto 2-5 volte rispetto al totale di 897 donne) e tra gli stranieri (92 utenti che hanno richiesto 2-5 volte rispetto al totale di 916 stranieri). L’ultima colonna della tavola 8 invece rappresenta le situazioni di povertà cronica: infatti gli utenti si recano periodicamente per ricevere pacchi viveri o vestiti con una cadenza a volte determinata e ormai nota agli operatori del centro di ascolto. I dati riferiti alla ricerca del lavoro manifestano una persistenza da parte degli utenti nel richiedere informazioni e indirizzi per reperire un’attività lavorativa. Mentre non riscontriamo differenze significative tra uomini e donne e nemmeno tra italiani e stranieri, possiamo notare che gli immigrati clandestini che richiedono il lavoro per 5 volte al massimo sono superiori agli immigrati regolari di 5 punti percentuali (49% per i clandestini e 44% per i regolari). In effetti le richieste di lavoro per gli stranieri irregolari sono più frequenti e persistenti. Rispetto alla richiesta di ascolto, che come abbiamo già detto è implicita nei colloqui svolti presso i centri, il 15,7% degli utenti esprime questa richiesta una sola volta. Ma è numeroso anche il gruppo di utenti che ritorna più volte presso il centro richiedendo di essere ascoltati (150 utenti rispetto ai 1336 complessivi). Gli utenti italiani che ricercano ascolto dagli operatori per più di 5 volte sono il doppio degli stranieri, dato rilevante se consideriamo il fatto che gli stranieri sono più del doppio degli italiani. Altra differenza si riscontra tra gli stranieri clandestini e quelli regolari, perché proprio tra i primi osserviamo una maggiore necessità di ascolto. Questo potrebbe essere determinato dal fatto che per gli immigrati clandestini il numero di servizi per loro previsti è più esiguo di quello dei servizi per stranieri regolari. 4. Le risposte Alle 4672 richieste formulate nel 2003 sono state fornite altrettante risposte, delle quali il 69,5% corrispondeva alle esigenze esplicitate dall’utente (le richieste soddisfatte sono state infatti 3249). Questa percentuale non si discosta dal dato dello scorso biennio. Nell’ambito delle 22 risposte affrontiamone immediatamente il livello più dettagliato. È interessante vedere che le principali risposte corrispondono proprio alle aree delle principali richieste. Come possiamo osservare dal grafico 8 l’unica differenza rispetto alle richieste più registrate, concerne il lavoro, poiché la principale risposta da parte dei centri di ascolto riguarda la consulenza e l’orientamento nella ricerca del lavoro. Infatti in termini di soddisfacimento delle domande degli utenti ritroviamo, oltre la consegna di alimenti e di vestiario e oltre l’ascolto, la consegna di sussidi economici. Questa dinamica si presenta perché ovviamente i centri di ascolto non sono luoghi di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, mentre è più facile per gli operatori fornire alimenti (1184 richieste soddisfatte), vestiti (856 richieste soddisfatte) e somme di denaro (187 richieste soddisfatte), in base alle possibilità del centro di ascolto o ad eventuali collaborazioni dei centri con altri enti. Grafico 8 - Distribuzione delle principali risposte Ascolto 430 1201 Alimentari, buoni mensa e mensa 858 Vestiario e guardaroba 1193 Consulenza lavorativa Fonte: Caritas Ambrosiana Concludiamo la lettura dei dati della zona di Varese del 2003 con una panoramica sulle risposte fornite dai centri, con particolare attenzione a quelle che soddisfano le richieste degli utenti, soffermandoci sulle categorie di risposta più ampie (tavola 9). Per comprendere le risposte che un centro di ascolto fornisce agli utenti è opportuno fare delle premesse. L’ascolto è un aspetto che può essere considerato implicito in ogni colloquio. Inoltre a fronte di alcune richieste l’operatore non è in grado di rispondere, quindi si limita ad ascoltare l’utente. Per esempio la persona che ricerca lavoro spesso viene accolta dall’operatore che fornisce un orientamento per la ricerca di una possibile attività lavorativa: in effetti, il compito dei centri di ascolto è quello di accogliere, ascoltare e orientare la persona alle risorse presenti sul territorio. È pur vero che rispetto ad alcune richieste è il centro stesso che riesce a intervenire (come nel caso dei pacchi viveri). Inoltre ci sono altre dinamiche che prescindono dal centro e che fanno capo principalmente all’utente. Nel caso di un immigrato regolare la ricerca del lavoro può essere facilitata se lo straniero conosce la lingua italiana: ecco allora che gli operatori consigliano alla persona immigrata di frequentare corsi di lingua italiana. Commentiamo ora i dati presentati nella tavola 9. Il 46,2% delle risposte si riferisce ai beni materiali e servizi, 23 dunque principalmente ad alimentari e vestiario. Delle 2235 richieste di beni materiali e servizi i centri di ascolto ne hanno soddisfatte 2123: in particolare 1193 risposte per gli alimenti, 858 per il vestiario, 67 per il mobilio e 6 per bagni e docce. Segue il 29,1% del sostegno personale (cioè principalmente ascolto) e il 10,6% del lavoro (ricordiamo che ci riferiamo quasi totalmente alla consulenza e all’orientamento lavorativo). La consulenza corrisponde al 13,4% delle risposte, in ordine quella I centri di ascolto, inoltre, hanno offerto un servizio di consulenza relativamente a diverse problematiche. In generale, la percentuale di consulenze offerte sul totale delle risposte è del 13,4%. Esse sono così distribuite tra le varie categorie di risposta: consulenze lavorative (430 risposte), quelle relative alle problematiche abitative (92 risposte), della sanità (68 risposte), dei beni e servizi (35 risposte) e pensionistiche (2 risposte). Tavola 9 – Distribuzione delle richieste, risposte e delle risposte soddisfatte Categoria della risposta Richieste Risposte Prestazioni professionali Sostegno personale Abitazione Istruzione Lavoro Sanità Beni materiali e servizi Sussidi economici Totale 110 699 170 24 991 150 2235 293 4672 120 1359 118 30 493 158 2159 235 4672 Risposte soddisfatte 68 626 22 13 48 134 2123 215 3249 Fonte: Caritas Ambrosiana Dal rapporto si evince come i centri di ascolto siano a stretto contatto con le forme di povertà del territorio e come essi intervengano per arginare stati di bisogno, a volte sommersi e particolarmente radicati. Indubbiamente, però, il loro operato non può e non deve essere considerato una risposta definitiva per la risoluzione alle diverse condizioni di povertà di alcune fasce della popolazione, bensì una risorsa preziosa per portare alla luce quanto ancora ha bisogno di essere affrontato e risolto, con la collaborazione degli altri soggetti del territorio, sia del settore pubblico, che del privato sociale. 5. Considerazioni conclusive Dopo aver passato in rassegna le caratteristiche socio-anagrafiche, i bisogni e le richieste degli utenti proviamo a definire in sintesi quanto emerge dal rapporto di quest’anno. In realtà l’”identikit” delle persone che si sono recate nei centri di ascolto della zona di Varese non si discosta molto da quanto emerso nello scorso biennio 2001-2002. Nuovamente ci troviamo ci fronte soprattutto a donne, prevalentemente giovani (in età compresa tra i 18 e i 35 anni), straniere. Nella maggior parte dei casi, gli utenti sono coniugati e hanno conseguito un titolo di 24 studio basso (licenza elementare e media inferiore). Ancora, la persona che si rivolge al centro di ascolto in genere è disoccupata e, di conseguenza, manifesta problemi di reddito. In parte questa descrizione corrisponde al profilo diocesano: infatti la predominanza femminile tra le persone che accedono ai centri di ascolto è diffusa in tutta la diocesi di Milano. Inoltre il fatto che i centri di ascolto, col passare degli anni, siano sempre più ricercati dagli stranieri oramai sta diventando una realtà in costante crescita. Questo facilita l’abbassamento dell’età media del campione, poiché mentre tra gli italiani la percentuale di ultrasessantenni è significativa, per gli stranieri sono ben più ampie le classi di età inferiori. Dobbiamo infatti ricordare che in Italia, come in altri paesi d’Europa (ma anche di altri continenti), il processo di invecchiamento sta portando ad un aumento della popolazione anziana: questo sta avvenendo sia per il miglioramento della qualità di vita e i notevoli passi della medicina, sia per l’abbassamento dei tassi di fecondità italiani. In particolare nella provincia di Varese, secondo l’Istat5, i dati relativi all’anzianità sono i seguenti: - anziani per bambino 3,44 - indice di vecchiaia 137,07 - indice di dipendenza 46,01 - popolazione residente con almeno 65 anni 148.023 Facendo riferimento alla popolazione residente con 65 o più anni la provincia di Varese si trova al quarto posto rispetto alle altre province lombarde (preceduta da Milano, Brescia e Bergamo). L’indice di vecchiaia è dato dal rapporto tra la popolazione con almeno 65 anni e la popolazione di età non superiore ai 15 anni. Dal dato della provincia di Varese sappiamo che per 100 ragazzi di età compresa tra 0 e 14 anni, vi sono 137 anziani. Invece l’indice di dipendenza si ottiene rapportando la popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni e di almeno 65 anni alla popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni (cioè la popolazione potenzialmente lavorativa). Se invece spostiamo l’attenzione sulla componente straniera, ed in particolare sui paesi di provenienza degli immigrati, sottolineiamo che il dato riscontrato in questo rapporto conferma quanto emerso dall’indagine regionale condotta dall’ISMU (2002): infatti nell’intera area lombarda prevale la presenza marocchina. Vogliamo ora terminare la lettura riassuntiva dei risultati emersi nel rapporto attraverso quattro considerazioni generali. Il primo aspetto che vogliamo trattare riguarda le donne, che rappresentano il 67,1% del campione di Varese. Sappiamo che fra gli utenti prevalgono le persone coniugate. Invece la separazione, il divorzio e la vedovanza si manifestano soprattutto nella compagine femminile (21,3%). Circa un quinto delle donne del campione deve dunque far fronte ai problemi legati all’essere soli (soprattutto per le donne anziane) oppure a problemi relativi al reddito. Altra caratteristica delle donne è quella di essere fortemente legate alla gestione della casa. Tra le 5 14° Censimento della popolazione (2001), ISTAT 25 italiane è il 19,5% ad essere casalinga, mentre la percentuale scende all’ 11,9% tra le straniere. Questo aspetto, se sommato all’essere sole, può comportare delle difficoltà nella ricerca di un’eventuale attività lavorativa che sostenga le entrate finanziare della persona. Ma anche quando la donna è coniugata è usuale delegarle le mansioni di casa e la cura e crescita dei figli (ricordiamo che nell’intero campione il 41,9% di utenti ha dichiarato di avere figli a carico): ciò riduce il tempo a disposizione della donna per svolgere lavori fuori casa o, addirittura, per dedicarsi alla ricerca di essi. Tra le donne che invece accedono al mondo del lavoro, notiamo che all’interno del campione da noi osservato prevale la professione relativa alla vendita e ai servizi alle famiglie. Questo è facile da comprendere, anche alla luce di quanto sopra indicato. Anche fuori dal contesto familiare la donna tende ad esercitare le competenze acquisite nella gestione della casa. Tale aspetto si riflette, e forse si amplifica, se consideriamo le donne straniere. Secondo l’ISMU, nel 2002, in Lombardia i mestieri degli immigrati si distinguevano per genere. Per gli uomini prevalgono i lavori nell’edilizia e nell’industria manifatturiera, mentre per le donne domina la figura della domestica, seguita da chi svolge attività di assistenza nelle famiglie (soprattutto alle persone anziane): l’aumento della popolazione anziana fra gli italiani e la propensione nelle famiglie italiane ad avere entrambi i coniugi occupati hanno determinato una crescente richiesta di persone che possano occuparsi dei familiari anziani. Il secondo aspetto riguarda gli stranieri, distinguendo tra clandestini e regolari. Fra i regolari i risultati della ricerca fanno emergere la prevalenza dei permessi di soggiorno per lavoro dipendente e per famiglia. Questa dinamica è confermata anche a livello nazionale dal Rapporto sull’Immigrazione della Caritas Italiana. Il lavoro è un obiettivo fondamentale per gli stranieri, che manifestano una certa adattabilità nella ricerca di un’occupazione. Secondo l’ISMU questo aspetto però ha anche un rovescio della medaglia. In particolare, si sta affermando un fenomeno di “segregazione occupazionale”, in base al quale gli immigrati tendono ad inserirsi principalmente in quei settori dove la domanda di forze lavoro non è soddisfatta dall’offerta di lavoro fornita dagli italiani. Ciò vuol dire che nonostante un immigrato possa essere portatore di competenze professionali specifiche, difficilmente tenderà a spenderle qui in Italia. Legato a questo vi è la difficoltà del riconoscimento del titolo di studio della persona straniera. Partendo da quanto appena detto passiamo alla terza considerazione, relativa ai bisogni manifestati dal campione. L’analisi mostra una certa articolazione dei bisogni percepiti dagli operatori, però risulta che, se per gli stranieri la ricerca del lavoro è un aspetto sostanziale, per gli italiani sono significative le problematiche legate alla mancanza o all’insufficienza di reddito. Tra gli stranieri regolari, come già emerso lo scorso anno, prevale rispetto agli immigrati il bisogno di migliorare la condizione abitativa. Questo perché probabilmente le persone presenti regolarmente in Italia, potendo contare su alcuni servizi sorti ad hoc per loro, possono occuparsi del miglioramento della loro qualità di vita. Diversamente i clandestini tendono ad 26 adattarsi maggiormente, accettando con più facilità di vivere in condizioni precarie, coabitando con i propri connazionali, al fine di raccogliere informazioni che permettano loro di conoscere meglio il territorio e le relative risorse (probabilmente più note ai conoscenti o connazionali presenti in Italia da più tempo). L’ultima considerazione riassume le richieste manifestate dagli utenti. Abbiamo sottolineato come siano preponderanti le richieste di beni materiali e servizi e la ricerca del posto di lavoro. In particolare, gli stranieri tendono a presentarsi più volte al centro di ascolto alla ricerca di un posto di lavoro. Molto frequenti sono anche le richieste di sostegno personale, che sappiamo essere implicita nell’azione della persona che si reca presso il centro di ascolto, e di sussidi economici (prestiti o, più facilmente, sussidi). Nel settore della sanità invece è la componente italiana a sostenere la richiesta, per esempio di medicinali o di visite mediche, per le quali il centro di ascolto può per lo più fornire consulenza, orientando la persona alle risorse del territorio. Probabilmente su questo aspetto influisce la maggiore anzianità del gruppo italiano rispetto a quello straniero. Dobbiamo inoltre considerare che quello sanitario è un settore particolare, dove può influire facilmente il livello culturale e a volte religioso della persona, soprattutto se straniera. In conclusione, il centro di ascolto è un soggetto del territorio che costituisce un osservatorio privilegiato su tutte queste forme di povertà, alle quali però non può - né ha la pretesa di rispondere autonomamente. I suoi interventi devono, cioè, essere collocati all’interno di politiche sociali di più ampio respiro, che vedano la compartecipazione di soggetti del pubblico e del privato sociale, che possano lavorare insieme nella lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. LE RETI DI SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE DI PERSONE DISABILI Dopo l’analisi dei dati quantitativi raccolti grazie all’attività dei centri di ascolto, anche quest’anno il rapporto sulle povertà in Provincia di Varese contiene un approfondimento qualitativo. In particolare, in occasione della proclamazione del 2003 come anno europeo dei disabili, Caritas Ambrosiana e Provincia di Varese hanno stabilito di focalizzare la propria attenzione proprio su questo tema. L’indagine realizzata si proponeva di verificare l’esistenza sul territorio della provincia di Varese di reti di sostegno alle famiglie di persone disabili. L’obiettivo è stato quello di verificare quali fossero i bisogni di queste famiglie sul territorio indagato. Prima di descrivere la metodologia di ricerca utilizzata, ci sembra opportuno soffermarci brevemente sul concetto di rete sociale, dal quale siamo partiti nella formulazione dell’ipotesi di lavoro, e sulla sua applicazione alle reti, formali ed informali, delle famiglie di persone disabili. 27 1. Il concetto di rete sociale Dal momento in cui entriamo in contatto con le comunità nelle quali viviamo a partire dalla nostra nascita noi tutti veniamo a far parte di matrici sociali, così come definita da R. Speck6: la totalità dei contatti e dei contesti sociali dell'individuo. Se provassimo a ripercorrere i primi anni della vita di un bambino, ci accorgeremmo di quanti aggregati sociali egli può incontrare: per primo quello familiare, poi la scuola, gli amici, ma anche gruppi sportivi, parrocchiali, associazioni di vario genere, e così via. Le matrici sociali poi mutano col passare del tempo: basti pensare al consueto passaggio dalla famiglia di origine ad un nuovo nucleo familiare. Poiché ognuno costruisce la propria rete sociale essa presenterà diverse sfumature e dimensioni. Ecco perché appare interessante verificare l'impatto che tale rete ha sulla realtà dell'individuo. Evidentemente una matrice sociale ridotta ai minimi termini può determinare la manifestazione di problemi come quello dell'esclusione sociale. Molte sono le definizioni di rete sociale presenti in letteratura. Ne riportiamo alcune che ci paiono particolarmente illuminanti nell'economia della nostra ricerca. Ad esempio per Mitchell la rete sociale è "un insieme specifico di legami tra un insieme definito di persone, con la proprietà aggiuntiva che le caratteristiche di questi legami possono essere usate per interpretare il comportamento sociale delle persone coinvolte dai legami7". Con lo stesso concetto, Bourdieu si riferisce alla "rete di relazioni che un individuo è in grado di mobilitare per raggiungere degli obiettivi, tra cui il miglioramento della propria posizione sociale8". 1.2 Reti di sostegno alle famiglie di disabili Soffermiamoci in particolare sul contributo delle reti sociali alle famiglie di persone disabili, soggetti della ricerca. Il nucleo familiare costituisce la prima cerchia di persone nella quale il disabile viene a trovarsi. L'annuncio di un figlio disabile può creare un senso di smarrimento e un momento di solitudine, inizialmente inevitabili a causa della situazione imprevista. Un mancato o insufficiente sostegno alla famiglia può condurre a situazioni di lieve o più accentuata esclusione sociale. Per misurare questa condizione possono essere usati diversi indicatori: la partecipazione sociale e le reti di relazioni individuali e familiari; il grado di dipendenza da persone, circostanze e processi che determinano l'incapacità di libera autodeterminazione; il radicamento della società locale (estensione e qualità delle reti sociali di riferimento). Il supporto sociale riflette infatti il cosiddetto effetto cuscinetto o buffering effect, secondo il quale la rete sociale agirebbe sugli eventi stressanti e i conseguenti sintomi dello stress, affievolendoli. I ritmi di una famiglia cui appartiene una persona disabile sono diversi dalle altre famiglie non interessate dalla disabilità: si pensi al trasporto e all'assistenza che, 6 Mauro Croce, Roberto Merlo "Esplorazioni della rete sociale" tratto da Quaderni di Animazione e Formazione "L'intervento di rete. Concetti e linee d'azione". Gruppo Abele, 1995. 7 Tratto da "Reti di relazioni e comportamento individuale: l'approccio della social network analysis" di Susanna Zaccarin, Giulia Rivellini. 8 Tratto da "Terzo rapporto sulle condizioni di povertà a Brescia" dell'Osservatorio permanente delle povertà e delle risorse della Caritas Bresciana, 2002. 28 qualora coperti da servizi pubblici o privati, prevedono sicuramente tempi e luoghi precisi, i quali possono modificare significativamente i ritmi di vita dei care-giver più prossimi al disabile. Quello che risulta interessante, allora, è verificare come le famiglie percepiscano questo supporto, quali caratteristiche o indicatori di benessere facilitino l'approccio alle reti sociali (informali o formali) e quali azioni e sinergie possano introdurre miglioramenti, laddove le persone disabili e i rispettivi nuclei familiari si siano già attivati per l'integrazione in una matrice sociale quantitativamente e qualitativamente favorevole. 2. La metodologia della ricerca Come dicevamo sopra, è a partire da questi concetti che l’équipe dell’Osservatorio diocesano delle povertà, in collaborazione con l’Area disabili di Caritas Ambrosiana, ha formulato un’ipotesi di ricerca, con l’obiettivo di approfondire il tema delle reti di sostegno alle famiglie di persone disabili. Trattandosi di una ricerca qualitativa, il disegno di ricerca era destrutturato, aperto, idoneo a captare l’imprevisto e modellato nel corso della rilevazione. La teoria di riferimento da cui si è partiti per impostare la ricerca sostiene che il ricorso alle reti primarie (famiglie, amici, parenti, vicini di casa, eccetera), alle associazioni e ai servizi in generale, migliora la qualità della vita delle famiglie di persone disabili e, di conseguenza, dei disabili stessi. A partire da questa teoria, è stata formulata la seguente ipotesi, che si è voluto verificare attraverso la nostra indagine: le reti in realtà funzionano quando la famiglia del disabile è già in possesso di alcune caratteristiche (status socio-economico elevato, preparazione culturale, conoscenza dei servizi e/o di persone che operano presso servizi del territorio, eccetera) e soprattutto quando essa è inserita in un territorio vivace, sensibile, ricco di risorse (servizi sociali, gruppi parrocchiali, associazioni per il tempo libero, eccetera). Obiettivo finale è stato comprendere se esistano – e in caso affermativo, quali siano - le buone prassi che fanno funzionare le reti. Nell’ambito del modello così definito, ci si è proposti di individuare quale ruolo potesse avere il volontariato. Lo strumento utilizzato per condurre l’indagine è stato quello delle interviste semi-strutturate. Tra novembre 2003 e febbraio 2004 sono state realizzate una trentina di interviste, rivolte sia a famiglie di disabili che a responsabili e/o operatori di servizi per disabili presenti nella provincia di Varese. Le interviste sono state effettuate in base alla tecnica non direttiva e hanno assunto la caratteristica del colloquio. In questo modo, oltre ad approfondire l’esperienza del testimone in relazione al tema oggetto di studio, si è voluto lasciare spazio anche ad eventuali nuovi temi, che potevano emergere nel corso dell’intervista e essere utili nell’economia della ricerca. La scelta dell’approccio qualitativo va ricondotta a due principali motivi: il primo riguarda il fatto che si tratta di un’indagine che si propone di esplorare un fenomeno e, quindi, di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili al riguardo; il secondo va ricondotto all’eterogeneità 29 delle situazioni dei disabili, sia a causa delle molteplici patologie che le determinano, sia a causa dei diversi livelli di autonomia che ne derivano. Situazioni diversissime tra loro e, quindi, difficilmente comparabili sulla base di indicatori rigidamente predefiniti. Trattandosi di un’indagine qualitativa, il campione non è rappresentativo. Le famiglie intervistate sono state segnalate dalle associazioni e dalle cooperative, i cui operatori/responsabili di servizi sono stati a loro volta intervistati. Nella scelta delle famiglie l’unica condizione posta è stata la loro disponibilità a farsi intervistare, indipendentemente dalle caratteristiche delle persone e dei nuclei familiari e dal grado di parentela degli intervistati con la persona disabile. Ovviamente, qualche elemento comune c’è, poiché le cooperative/associazioni interpellate non si occupano di tutte le persone disabili, ma ciascuna di esse è specializzata in qualche tipo di patologia (disabili solo fisici, disabili solo mentali, entrambe le categorie, eccetera). Era inevitabile che questo tipo di specificità si riflettesse anche nel nostro campione. Per la realizzazione dell’indagine sono state elaborate due tracce di intervista semi-strutturata destinate rispettivamente alle famiglie e ai servizi (v. Allegati). I due strumenti così elaborati intendevano, pur attraverso domande diverse, delineare la figura del care-giver all’interno delle famiglie con persone disabili e individuare quali persone/realtà costituiscano normalmente la rete del care-giver. Dopo un pre-test effettuato dai membri dell’équipe di ricerca, le tracce elaborate sono state utilizzate nelle interviste e hanno subito alcune modifiche, resesi necessarie a seguito dei primi 4-5 colloqui. INTERVISTE AGLI OPERATORI In questo capitolo verranno presentati i risultati emersi dalle interviste agli operatori di servizi pubblici e privati che, a diverso titolo, si occupano di persone disabili. Le persone intervistate, nella maggior parte dei casi, lavorano in cooperative sociali che gestiscono servizi per persone disabili. Si tratta di CSE (centri diurni per persone con una disabilità medio-grave), CRH (centri residenziali) e comunità alloggio che hanno convenzioni con enti pubblici. Tre operatori sono impiegati in cooperative sociali di tipo B che si occupano di inserimenti lavorativi, mentre una persona fa parte di un’associazione di volontariato. E’ stato intervistato anche un operatore del comune di Varese. In modo particolare ci soffermeremo sulle caratteristiche dei nuclei familiari con persone disabili, sui bisogni delle famiglie e del care-giver, sulla figura del care-giver e la sua rete di supporto, sulla rete dei servizi territoriali e i rapporti con il mondo del volontariato, sul tema del “dopo di noi”. 30 1 Le caratteristiche del nucleo familiare Di fronte alla domanda sulle caratteristiche dei nuclei familiari che si rivolgono ai vari servizi, la maggior parte degli operatori intervistati ha affermato che la disabilità è un fenomeno assolutamente trasversale. Le famiglie sono eterogenee per quanto riguarda le dimensioni del nucleo, lo status sociale, il livello culturale, lo stato occupazionale: l’unica caratteristica comune sembra proprio quella di avere una persona disabile all’interno della famiglia e quindi un vissuto di sofferenza che deriva da questa situazione. “...spesso dal di fuori si ha l’immagine che, perchè in quella famiglia c’è la presenza di una persona disabile, allora vuol dire che c’è qualcosa che accomuna quella famiglia alle altre. Non è vero.” (operatore di un servizio privato) Il quadro non cambia anche se ci si rivolge ad operatori del servizio pubblico, a cui si riferiscono persone disabili di ogni età e ceto. “...una caratteristica è proprio quella di non avere una fascia, anche perchè la disabilità non fa differenze di nucleo familiare nè di reddito.” (operatore di un servizio pubblico) In generale, le famiglie non hanno dimensioni molto ampie: sono abbastanza numerosi i nuclei monoparentali composti da un genitore anziano ed un figlio disabile già adulto e che, in alcuni casi, vive in un centro residenziale. Si tratta nella maggior parte dei casi di pensionati che hanno uno status sociale medio-basso, anche se non mancano i genitori separati. Un’altra parte degli utenti dei servizi sono famiglie di quattro o cinque persone, spesso con i figli ancora in casa: proprio data la giovane età dei figli disabili queste famiglie si rivolgono ad una gamma più ampia di servizi che vanno dal centro diurno, a servizi di tipo riabilitativo, a cooperative di inserimento lavorativo. 1.2 Il care-giver e la sua rete La maggior parte degli operatori intervistati afferma che sono le madri a prendersi cura del figlio disabile. “di solito, ed è una cosa abbastanza costante, è la madre.” (operatore di un servizio privato) 31 Sono pochi i padri che dividono con la moglie i compiti della cura o che comunque accettano di intervenire per compiti più pratici, forse anche perché fanno più fatica delle mogli ad accettare la disabilità del figlio. La mancanza di una figura maschile di riferimento, però, a volte porta al rischio che il rapporto madre-figlio assuma caratteristiche simbiotiche e diventi un legame esclusivo, che ostacola il processo di autonomia della persona disabile. I fratelli e le sorelle, anche quando hanno già una vita autonoma, restano sempre sullo sfondo: in molti casi sono proprio i genitori che non vogliono coinvolgerli per non caricarli eccessivamente del peso della cura. “i genitori tendono a gestirsi da soli il figlio disabile, in alcuni colloqui mi dicono che preferiscono non dare all’altro figlio il peso della persona disabile, perchè è giusto che faccia la sua vita”. (operatore di un servizio privato) Se la madre riceve poca collaborazione all’interno del proprio nucleo familiare, ancora più scarso è il sostegno che ottiene dall’esterno: gli operatori hanno la sensazione che le famiglie vengano lasciate a se stesse e cerchino di “arrangiarsi” con le proprie forze. Qualcuno trova un appoggio nella famiglia estesa, ma si tratta al massimo di due o tre persone che si attivano solo nei momenti di emergenza. Altri si rivolgono ad operatori a pagamento come badanti o operatori professionali che comunque offrono solamente aiuti occasionali. Le madri, però, sono sempre restie a chiedere aiuto all’esterno e a dividere con altri l’esclusività della cura. Proprio per questo motivo, più di un operatore ha fatto presente la necessità di organizzare dei servizi domiciliari che siano in grado di arrivare dentro la famiglia, senza sconvolgerne le abitudini e gli equilibri. “molti genitori che non ce la fanno più a gestire anche fisicamente il figlio hanno chiesto l’assistenza domiciliare.” (operatore di un servizio privato) 1.3 I bisogni della famiglie e del care-giver I bisogni che le famiglie con una persona disabile esprimono agli operatori dei servizi si possono ricondurre a due categorie diverse: ci sono fatiche emotive ed esigenze più pratiche. Quando i figli sono giovani le famiglie hanno soprattutto l’esigenza di intraprendere attività riabilitative o comunque di mantenimento delle abilità acquisite, accanto ad un bisogno di avere degli spazi per se stessi, per mantenere una vita sociale “normale”. 32 “per quelli un pochettino più giovani l’esigenza è di avere un po’ di libertà, magari solo il fatto di andare una sera a mangiare la pizza...e a volte non è possibile portarsi dietro il figlio disabile, oppure farsi una vacanza.” (operatore di un servizio privato) Nel momento in cui la persona disabile diventa adulta ci si trova ad affrontare problematiche diverse: per alcuni il rapporto con il mondo del lavoro, per altri la richiesta è quella di trovare una struttura che garantisca un’accoglienza più completa, fino ad arrivare alla residenzialità fissa. Quasi tutti i genitori, inoltre, manifestano l’esigenza di essere alleviati dalla fatica, anche fisica, della gestione quotidiana del figlio e di essere aiutati ad affrontare le richieste di autonomia di un disabile adulto. Occuparsi di una persona disabile, che spesso non riesce ad esprimere chiaramente i propri bisogni, non è facile: alcuni genitori lamentano la difficoltà a comprendere ed interpretare le esigenze dei figli e il disagio nel dover gestire i comportamenti problematici che spesso si manifestano anche in pubblico. “ La fatica più grossa credo sia quella di riuscire a leggere i veri bisogni della persona disabile che, avendo un deficit intellettivo, fa fatica a comunicare.” (operatore di un servizio privato) Quasi tutti riportano agli operatori la richiesta di avere un pò di sollievo per sè: a volte basta che il centro organizzi una settimana di vacanza per i figli per dare modo ai genitori di riposarsi, altre volte è sufficiente avere un luogo in cui il proprio figlio possa trascorrere sette ore al giorno impegnato in attività che migliorino la propria qualità della vita. Oltre alle fatiche di ordine pratico legate alla gestione quotidiana della persona disabile, alcuni genitori vorrebbero un aiuto per il disbrigo delle pratiche e per orientarsi tra la burocrazia. Sono molte le famiglie che evidenziano la necessità di un supporto psicologico: l’esigenza di avere qualcuno con cui parlare dei propri problemi e che comprenda le proprie difficoltà è un modo per sentirsi meno soli ad affrontare la disabilità del figlio. “tanti hanno una grossa aspettativa nei confronti del figlio, ma c’è anche un bisogno ancora più nascosto che è quello di imparare ad accettare il proprio figlio così come è, e per molti questo è un problema grosso perché non riescono ad accettare il proprio figlio con i limiti che ha, lo vorrebbero diverso anche dove non è possibile.” (operatore di un servizio privato) 33 La cura di un figlio disabile, di solito, occupa il tempo dei familiari al punto da far passare in secondo piano i propri interessi e le proprie esigenze, portando i genitori a rinunciare ad una vita di relazione normale. “...avere un disabile grave o gravissimo in casa condizione tantissimo la vita: i genitori parlano sempre in funzione del disabile, di come sono organizzati, di cosa fanno per lui, e poco di quello che attiene a tutto il resto.” (operatore di un servizio privato) 1.4 “Dopo di noi” Il servizio frequentato dalle persone disabili rappresenta per i genitori anche il punto di riferimento a cui rivolgersi per ricevere consigli su come affrontare il “dopo di noi”. Gli operatori intervistati hanno le idee molto chiare su quello che si può fare per risolvere questo problema che è fonte di angoscia per i familiari. Innanzitutto la soluzione è da preparare attraverso un percorso di presa di coscienza da parte dei genitori dello status di adulto del figlio disabile: solo riconoscendo il bisogno di autonomia della persona disabile si può iniziare a progettare la sua vita al di fuori del nucleo familiare. “La scelta di solito è quella di tenerlo in famiglia fino a che la famiglia non ce la fa più, per poi collocarlo in un centro residenziale o comunità alloggio. La cosa interessante sarebbe ragionare su una scelta abitativa esterna alla famiglia non residuale alla fine di un percorso familiare, ma come scelta di persona adulta, che con le sue disabilità diventa comunque adulto.” (operatore di un servizio privato) Solitamente i genitori tendono a far restare in famiglia la persona disabile finché se ne possono occupare. In pochi casi, alla morte dei genitori, i fratelli si accollano l’onere della cura della persona disabile, mentre nella maggior parte dei casi ci si affida a strutture residenziali. L’unità di offerta, per quanto riguarda questo tipo di servizi, è abbastanza diversificata: per le persone con una disabilità medio-grave ci sono centri residenziali di dimensioni piuttosto grandi ed in grado di garantire anche un’assistenza di tipo infermieristico. Per le persone più autonome, invece, ci sono comunità alloggio o microcomunità, che offrono una dimensione più familiare e la possibilità di sperimentare una vita indipendente al di fuori del nucleo familiare. “ci vorrebbero proprio delle strutture a livelli, nel senso che una persona con disabilità medio-grave dovrebbe andare dove ci sono altre con disabilità medio-grave e così via.” (operatore di un servizio privato) 34 Tutti gli operatori, comunque, sottolineano la grande richiesta da parte dei genitori di strutture residenziali, esigenza che non sempre trova una risposta adeguata anche a causa dei costi elevati della gestione di questi servizi, che inevitabilmente si ripercuotono anche sulle famiglie. La soluzione migliore sarebbe quella di organizzare una gradualità di interventi di sostegno alla famiglia che, a partire dall’intervento a domicilio, propongano una serie di offerte diversificate a seconda della situazione familiare, del tipo di disabilità e del grado di autonomia. Il vantaggio di queste proposte “su misura” è anche quello di evitare il ricorso alla residenzialità solo nel momento dell’emergenza. In alcuni casi, infatti, si rischia di trovarsi in strutture lontane dal luogo di residenza che non consentono di mantenere le abitudini e i legami di una vita. 1.5 I rapporti con il volontariato Quasi tutti i servizi coinvolti nell’indagine hanno rapporti, in modo più o meno continuativo, con il mondo del volontariato. In alcuni casi i volontari si occupano del servizio di trasporto da e per il centro, affiancando gli autisti del pulmino, sono soprattutto pensionati che si sono avvicinati alle attività del centro tramite un passaparola. Molti si occupano dell’animazione: organizzano attività ricreative e momenti di festa in occasioni particolari. Altri aiutano gli educatori nelle varie attività del centro e, a seconda delle proprie capacità ed inclinazioni, vengono indirizzati verso un’attività particolare: c’è chi si occupa della lavanderia, della cucina, del giardinaggio o di piccoli lavori di manutenzione. Solitamente i volontari vengono messi a conoscenza del progetto sulle persone disabili che frequentano il centro, a loro però non si chiede un intervento educativo ma solo di relazionarsi con spontaneità, mantenendo comunque un confronto costante con gli operatori. “E’ importante la figura del volontario perché è una figura esterna: viene qua senza conoscere le storie degli ospiti e si rapporta con loro in modo molto spontaneo. Loro sanno che viene qua per loro, quindi anche il rapporto affettivo che si crea è molto bello.” (operatore di un servizio privato) In alcuni centri i volontari hanno la funzione di consentire agli operatori di svolgere attività che altrimenti, per mancanza di organico, non si potrebbero realizzare, in modo particolare le uscite e l’attività di piscina. “Quando arriva un volontario siamo contenti perchè è un buon supporto, siamo in grado di fare delle cose in più...penso ai bambini che sono in carrozzina: finalmente li si può portare fuori, perché altrimenti un operatore con tre carrozzine non ce la fa.” (operatore di un servizio privato) 35 Molti operatori hanno sottolineato l’importanza delle motivazioni che spingono a fare volontariato e la necessità di una formazione specifica che sia in grado di supportarli nel corso della loro attività. Tutti, comunque, hanno espresso soddisfazione per l’apporto del volontariato che è qualitativamente diverso dal contributo che danno gli operatori, l’unica richiesta ulteriore che si potrebbe avanzare è quella di impegnarsi anche nel tempo libero delle persone disabili, cioè negli orari in cui non frequentano il centro, in modo da alleviare la famiglia, magari proponendo delle uscite. Nonostante nella sola città di Varese siano presenti più di un centinaio di associazioni di volontariato, solo in un caso i volontari appartengono ad un’associazione, gli altri sono tutte persone che sono venuti a conoscenza delle attività del centro e si sono proposte autonomamente. A volte, dalla frequentazione del centro, sono nate relazioni particolari con alcune famiglie che hanno portato a rapporti che continuano nel tempo fino a diventare quasi un’amicizia. Da parte del servizio pubblico c’è la consapevolezza che il vasto mondo del volontariato deve essere supportato in maniera adeguata dai servizi, che spesso tendono a delegare al volontariato quello che, per mancanza di risorse, non si riesce ad attuare. “Sembra che il volontariato possa risolvere mille problemi, poi di fatto il volontariato da solo, o comunque con le risorse di cui dispone oggi, è un po’ utopistico che lo faccia. Probabilmente manca una capacità anche da parte dell’ente pubblico di stimolare adeguatamente le risorse del volontariato.” (operatore di un servizio pubblico) 1.6 La rete dei servizi Tutti i servizi coinvolti nell’indagine hanno dei rapporti di convenzionamento con enti istituzionali quali Regione, Provincia, Comune e ASL. Per quanto riguarda le scuole e le associazioni di volontariato, invece, i rapporti sono più sporadici e comunque limitati ad iniziative particolari. Ogni servizio organizza attività esterne per farsi conoscere sul territorio, finalizzate anche alla raccolta di fondi: si va da feste, a concerti, lotterie, convegni, attività di teatro, vendita di fiori. Un problema evidenziato da alcuni operatori è che nella maggior parte dei casi è il centro che esce e organizza attività all’esterno, mentre sono poche le persone che entrano e partecipano attivamente alla vita quotidiana del centro. Un luogo frequentato da molti servizi è l’oratorio, sia per l’utilizzo di spazi per attività e manifestazioni, sia per favorire l’integrazione sociale delle persone disabili. “Abbiamo frequentato per alcune ore l’oratorio estivo, per cui in qualche modo abbiamo fatto conoscere i nostri bambini disabili e i nostri bambini hanno conosciuto il territorio” (operatore di un servizio privato) 36 I servizi non sono slegati tra loro, ma sono molto spesso in rete: c’è un rapporto stretto con altri centri, in modo particolare con quelli che appartengono alla stessa organizzazione, è stato istituito anche un tavolo di confronto a cui partecipano i coordinatori dei servizi per disabili della provincia. Alcuni servizi si sono affidati alla rete delle assistenti sociali per promuovere il proprio servizio. “Tra i servizi gestiti dalla nostra fondazione c’è una sorta di collaborazione, per cui ad esempio sfruttiamo lo spazio piscina del CRH, oppure la palestra di un altro centro, e comunque ci si confronta sempre” (operatore di un servizio privato) È frequente anche l’utilizzo dei mezzi di comunicazione: alcuni centri hanno un volantino o una brochure, la guida dei servizi, il sito, un giornalino più o meno artigianale che viene diffuso anche grazie alle famiglie delle persone disabili, ed un centro partecipa anche ad una trasmissione radio. 1.7 Il livello di soddisfazione degli utenti La maggior parte degli operatori ha un ritorno positivo da parte delle famiglie riguardo all’attività del proprio centro. I genitori sono soddisfatti soprattutto per il buon livello qualitativo della risposta: apprezzano molto il fatto che il centro non sia solo un “parcheggio” ma offra ai propri figli opportunità di crescita e di integrazione. Altro motivo di soddisfazione è la flessibilità con cui operano gli educatori, la disponibilità ad adattare l’orario di lavoro alle esigenze degli ospiti e delle loro famiglie. “Sono soddisfatti proprio per il clima di supporto alla famiglia che si viene a creare, per cui certe volte alla famiglia non viene risposto di no perchè è finito l’orario di lavoro.” (operatore di un servizio privato) Sicuramente l’avere momenti di sollievo mentre il proprio figlio è al centro costituisce già una piccola conquista per i familiari che vedono alleviate le proprie fatiche. A volte sono sufficienti i piccoli progressi dei figli a creare l’impressione che si stia facendo un buon lavoro. Non mancano le difficoltà: i genitori di solito sono molto esigenti, anche perchè fanno molta fatica ad affidare il proprio figlio nelle mani di estranei e quindi vorrebbero che si facesse sempre qualcosa di più. La disponibilità degli operatori ad incontrare i familiari, confrontarsi, coinvolgerli nell’elaborazione del progetto educativo sui propri figli e tenerli sempre aggiornati su quello che succede al centro è il modo migliore per rassicurarli e renderli soddisfatti. 37 “Noi abbiamo parecchi contatti con la famiglia perché abbiamo questo momento di accoglienza e dimissione: i genitori vengono a portare e prendere il ragazzo per cui ha un minimo di colloquio, anche cinque minuti ma sempre con l’educatore di riferimento. Anche quello è un buon momento di interscambio in cui si riesce a dirsi le cose.” Nonostante questo non mancano situazioni di chiusura, dovute anche a dinamiche interne alla famiglia che non accetta facilmente di delegare ad altri il compito dell’assistenza del figlio. 2. LE INTERVISTE AI FAMILIARI In questo capitolo verranno presentati i risultati emersi dalle interviste ai familiari delle persone disabili. Dopo aver dato una breve descrizione dei nuclei familiari coinvolti nell’indagine e dei loro bisogni, dedicheremo una particolare attenzione alla figura del care-giver e alla sua rete di supporto. Analizzeremo inoltre la presenza di servizi per persone disabili sul territorio e la loro visibilità, nonché i rapporti con il volontariato. Infine, ci occuperemo del problema del “dopo di noi”, fonte di preoccupazione per la maggior parte dei familiari intervistati. 2.1 Le caratteristiche del nucleo familiare Il questionario è stato somministrato nella maggior parte dei casi alla madre della persona disabile, mentre una volta è stata intervistata la moglie e negli altri casi sono intervenuti un fratello ed una cugina. È molto difficile descrivere una famiglia “tipo” di una persona disabile: la composizione del nucleo risulta molto eterogenea, per quanto riguarda il numero dei componenti, l’età media, il livello culturale e lo stato occupazionale. Ci sono famiglie con due o tre figli, di cui qualcuno ha già lasciato il nucleo familiare e si è costituito una famiglia propria ma è sempre disponibile ad intervenire in caso di difficoltà. Non mancano le famiglie monoparentali: abbiamo intervistato una madre separata ed una vedova. È presente anche una diversa tipologia di disabilità: quella delle persone anziane che acquisiscono delle patologie invalidanti. Tre persone disabili non stanno in famiglia: si tratta di una persona che è ricoverata in ospedale in seguito ad un incidente automobilistico e due che vivono stabilmente in un centro residenziale. Le persone disabili di cui hanno parlato gli intervistati hanno un’età che va dai 13 agli 83 anni, i familiari hanno un livello culturale medio: alcuni, soprattutto le persone più anziane, hanno frequentato solo le scuole dell’obbligo e sono pensionati. Non mancano, tra le famiglie più giovani, persone che hanno potuto proseguire gli studi fino alla laurea. Nella maggior parte dei casi la madre ha dovuto interrompere la propria attività lavorativa per occuparsi a tempo pieno della persona disabile: soprattutto nei primi anni di vita, quando il tempo impiegato per terapie 38 riabilitative è maggiore e c’è bisogno di un’assistenza continua, sembra difficile conservare un’occupazione a tempo pieno. L’abitazione in cui vive la persona disabile è quasi sempre adeguata alle sue esigenze, anche perché le persone coinvolte non hanno gravi problemi di deambulazione. Si tratta nella maggior parte dei casi di una casa di proprietà, solo una persona risiede in una casa popolare in affitto. 2.2 I bisogni delle famiglie I bisogni di una famiglia con una persona disabile sono molti e questo si verifica indipendentemente dalla gravità della disabilità. “I bisogni sono tanti, nel senso che ha sempre bisogno di una persona vicino, perchè anche al centro ha un rapporto uno a uno.” (la madre di una persona disabile) Quello che accomuna le persone disabili di tutte le età è la mancanza di indipendenza: nessuno riesce ad autogestirsi e quindi non è in grado di rimanere in casa da solo, se non per brevissimi periodi di tempo. La maggior parte degli intervistati paragona la persona disabile ad un bambino con tutte le esigenze di una persona che, anche se fisicamente sembra adulta, in realtà ha bisogno della presenza costante di qualcuno che lo controlli. Il problema del controllo si pone in tutti i casi: le persone disabili non sono in grado di riconoscere il pericolo e quindi vanno “sorvegliate” in ogni momento. “Lui, malgrado abbia 26 anni compiuti, ha 18 mesi come livello mentale. È come avere in casa un bambino di un anno e mezzo: è tranquillo, però come tu te lo perdi d’occhio magari ti combina il malanno, qualche dispettuccio.” (la madre di una persona disabile) A questo si aggiungono le difficoltà di ordine pratico che derivano dalla mancanza di autonomie: molti hanno bisogno di essere aiutati a vestirsi, lavarsi, mangiare…Queste attività, anche se svolte con naturalezza, comportano un impegno fisico gravoso che aumenta con il passare degli anni, eppure quasi nessuno si lamenta delle fatiche fisiche, pesa soprattutto la tensione di dover sempre controllare che la persona disabile non si metta in pericolo. Molti genitori accettano senza particolari difficoltà di dedicare il proprio tempo al figlio disabile, che spesso impegna buona parte della giornata perché deve anche essere accompagnato alle terapie specialistiche o al centro diurno. Non manca, però, chi, non potendo rinunciare al lavoro, trova difficoltà nel conciliare tutti gli impegni per fornire una risposta adeguata alle esigenze del figlio disabile. Quello che pesa di più, in alcuni casi, è proprio il sapere di non avere tempo per se stessi, di non potersi mai concedere una pausa. 39 “ Posso dire, affido M. ad una persona di fiducia se ho una necessità, ma per dire “vado a divertirmi” non ce la faccio, non mi divertirei. Anche in vacanza, andremmo da soli, ma per essere in vacanza e pensare che M. è a casa, uno non ci va, perchè è dura: o bisogna costringere il fratello a prendere le ferie per stare con lui...poi torniamo che lui è più agitato, non si sa come la vive perchè è abituato per 24 ore a fare tutte le esperienze con la famiglia...” (la madre di una persona disabile) C’è poi chi trova difficoltà nell’accordare le esigenze degli altri figli con quelle del figlio disabile: il tempo dedicato agli altri, in proporzione, sembra troppo poco e la preoccupazione è quella di riuscire a garantire a tutti le attenzioni necessarie. Qualcuno riconosce che il proprio malessere ha origini più profonde: non sempre si riesce ad accettare la disabilità del figlio o la causa che l’ha determinata, e la convivenza con questo disagio rende più difficile affrontare la quotidianità. Quando la persona disabile non risiede più in famiglia sicuramente diminuiscono le difficoltà di ordine pratico, quello che pesa di più è la lontananza, anche se in alcuni casi vedere il proprio figlio sereno in compagnia di altre persone rende meno faticoso il distacco. 2.3 La relazione di cura Nella quasi totalità dei casi il ruolo di care-giver è rivestito da una figura femminile, solo in un caso è il fratello ad occuparsi dell’assistenza, ma sempre coadiuvato dalla moglie. Le madri rivestono un ruolo da protagoniste e sembrano accettare con naturalezza questo compito, anche nel caso dell’anziano che non è più autosufficiente è la moglie ad accudirlo, mentre i figli restano sempre sullo sfondo. I padri non si assumono mai un impegno costante e a tempo pieno, come quello delle proprie mogli: al massimo sono disponibili al sabato o alla domenica e si occupano più che altro di compiti pratici e di accompagnare i figli nelle uscite. Il peso della cura non è mai suddiviso equamente tra i membri della famiglia: solitamente è coinvolta una persona sola che si addossa gli oneri e gli onori della cura. Le madri, inoltre, sono spesso restie a chiedere aiuto ad altri, anche quando si tratta di altri membri della famiglia. Molte volte la paura di essere di peso, di disturbare, impedisce di chiedere aiuto anche agli altri figli. La madre è anche la regista del lavoro di cura: è lei che, in caso di bisogno, attiva i vari nodi della rete e li coordina, affidando a ciascuno un compito particolare. La maggior parte della famiglie sono chiuse in se stesse e difficilmente chiedono aiuti all’esterno: quando proprio non se ne può fare a meno intervengono gli altri figli o la famiglia d’origine. 40 “Fino ad ora ci siamo sempre arrangiati da soli, nel senso che se c’è qualche emergenza di solito sta a casa il fratello, chiede le ferie lui. Fino ad ora non abbiamo mai chiesto aiuti all’esterno, anche perché l’emergenza lui la vive già in modo conflittuale, avere una persona che non lo capisce lo bloccherebbe di più.” (la madre di una persona disabile) “I miei figli sono disponibili, se c’è una necessità, quando chiamo. Quando faceva fatica a respirare l’ho portato al pronto soccorso e, naturalmente, ho dovuto dipendere da mia figlia”. (la moglie di una persona disabile) Quando le emergenze costringono a ricercare altri sostegni, le famiglie si rivolgono ad operatori a pagamento quali badanti o colf. Il punto di riferimento per le emergenze e per l’orientamento verso gli altri servizi è sempre il centro frequentato dalla persona disabile: i genitori hanno instaurato un rapporto di fiducia ed è lì che si rivolgono per avere informazioni su come comportarsi e a chi rivolgersi in caso di necessità. Spesso il servizio è l’unico appoggio e quasi nessuno fa affidamento sul volontariato. I medici di famiglia ricoprono un ruolo molto marginale e intervengono solo per le emergenze, solo un nucleo familiare ha trovato un valido sostegno in un’equipe medica specializzata. 2.4 Conoscenza dei servizi territoriali La maggior parte delle persone intervistate conosce solo il servizio frequentato dal familiare. Il servizio prende in carico la persona disabile e spesso cerca di offrire anche un sostegno ai genitori con modalità differenti: in primo luogo, attraverso l’ascolto ed il dialogo costante per tenersi costantemente aggiornati sulla situazione del figlio. Alcuni servizi, poi, organizzano gruppi di mutuo aiuto familiari o comunque momenti di confronto tra genitori che vivono le stesse problematiche. Un’altra utile funzione svolta dal centro frequentato è l’orientamento: chi è entrato in contatto con altri servizi territoriali spesso lo ha fatto su indicazione del centro che lo ha indirizzato verso strutture in grado di offrire un servizio più adeguato alle proprie esigenze. Alcune famiglie, prima di scegliere il centro dove inserire il familiare, ne hanno visitati altri due o tre per cercare di trovare la soluzione migliore. “Prima di inserirla siamo andati a vedere un paio di altri servizi. Abbiamo valutato tutto perché so che A. è molto curiosa, interessata al fatto di prendere i mezzi pubblici, il pulmino per andare in piscina o in palestra.” (la madre di una persona disabile) 41 I servizi conosciuti, comunque, solitamente fanno parte della stessa fondazione, che propone un’unità di offerta volta a garantire la cura della persona disabile in tutte le fasi del ciclo di vita e con disabilità di diverso tipo. È significativo il fatto che nessuna delle famiglie intervistate conosca servizi per il tempo libero: per chi vive in un centro residenziale infatti, esso coincide con il momento della visita dei familiari, mentre per gli altri è il tempo trascorso in famiglia o in compagnia di amici. Solo una famiglia conosce associazioni di volontariato, con cui è entrata in contatto tramite il centro. Un servizio che hanno conosciuto quasi tutti i familiari degli intervistati è la scuola. A questo proposito si riportano opinioni contrastanti, dovute anche alla specificità dei singoli casi: qualcuno ha trovato nella scuola un’occasione di integrazione, mentre altri hanno vissuto come un insuccesso il mancato raggiungimento di obiettivi scolastici. “Lui ha finito le elementari a 13 o 15 anni. La direttrice avrebbe voluto trattenerlo ancora ma ormai aveva perso tutti i riferimenti dei compagni che lui conosceva, l’insegnante di sostegno cambiava ogni anno...” (la madre di una persona disabile) 2.5 La rete del volontariato Solo una tra le famiglie intervistate frequenta in modo continuativo un’associazione di volontariato, del cui operato è abbastanza soddisfatta. Altre sono in contatto con i volontari che si occupano del trasporto dei figli al centro diurno, con loro si incontrano quotidianamente per tenersi aggiornati su quello che succede al centro. Qualcuno non ha nessun rapporto con il mondo del volontariato e non esita a sottolineare la scarsa apertura dei vicini, che spesso non si interessano dei problemi altrui e comunque non sono solleciti nel prendersene cura. “Io non ho mai avuto offerte di amicizia. Questo territorio è freddissimo dal punto di vista del tessuto sociale, anche quando i miei figli erano più piccoli se dovevo andare dal dentista pagavo una vicina che veniva qui e me li teneva”. (la madre di una persona disabile) Tutti riconoscono che fare volontariato non è facile: oltre ad una preparazione specifica, soprattutto per chi si deve rapportare con persone disabili o con disturbi di tipo psichiatrico, è necessaria una forte motivazione. La spinta a fare volontariato non deve nascere dall’emotività, perché si è vissuta una situazione difficile o si vuole in qualche modo ricambiare quello che si è ricevuto. L’intervento del volontariato, pur rappresentando già un grande sostegno, dovrebbe garantire anche una certa costanza nel tempo, questo per non creare false aspettative nelle persone disabili e nelle loro famiglie. 42 Nonostante quasi tutti gli intervistati siano soddisfatti del supporto del volontariato, più di una persona ha indicato cosa potrebbe fare il volontariato per fornire un sostegno più incisivo alla famiglia: entrare nelle case di chi ha bisogno. Questo significa operare in orari in cui le persone disabili possono contare solo sull’aiuto del familiari, ad esempio nel tardo pomeriggio quando sono terminate le attività del centro diurno, oppure nel tempo libero. L’intervento al di fuori delle attività del servizio diurno avrebbe la duplice funzione di dare sollievo ai familiari e di offrire alle persone disabili l’occasione per sperimentare dei rapporti sociali più paritari. A volte basterebbero dei rapporti di buon vicinato, o semplicemente una maggiore apertura nei confronti delle persone in difficoltà. “Il volontariato potrebbe fare di più proprio per entrare nel seno della famiglia. Noi abbiamo bisogno di una mano pratica, di uno che viene e dice “signora, vada fuori per un’ora, il ragazzo glielo tengo io”, non è da tutti avvicinare un disabile, ma è quello che mi manca in realtà.” (la madre di una persona disabile) Un intervento più “su misura” significa anche formulare delle proposte diverse per chi ha disabilità più gravi e che quindi non può partecipare ad uscite sul territorio o non riesce facilmente ad integrarsi in un grande gruppo. 2.6 Il “dopo di noi” Il problema del futuro delle persone disabili senza i loro familiari è fonte di ansia e di angoscia per tutte le famiglie intervistate. Molte persone sono confuse, sperano in una presa di posizione dei servizi pubblici ma non hanno le idee molto chiare sulle modalità di intervento e sulle figure coinvolte. “penso che intervenga l’assistente sociale, mandata dal comune...” (la cugina di una persona disabile) La maggior parte dei genitori non vuole far ricadere sugli altri figli il peso della cura della persona disabile ed è alla ricerca di una soluzione il meno traumatica possibile, che consenta di mantenere i legami e le abitudini di sempre. “io e mio marito ci chiediamo spesso come sarà il futuro. Non possiamo fare ricadere questo peso sulle sorelle perché è giusto che abbiano una vita normale, che si sposino e formino la loro famiglia, non so cosa sarà il futuro...” (la madre di una persona disabile) 43 Qualcuno ha pensato di affiancare un operatore a pagamento, in modo che la persona disabile continui a vivere nella propria abitazione, mentre altri ritengono che la convivenza con una sola persona non offra delle buone possibilità di integrazioni. Quasi tutti gli intervistati pensano che il proprio figlio andrà in una struttura residenziale: ci sono proposte diverse a seconda del grado di autonomia, le comunità alloggio o comunque le strutture di piccole dimensioni sono ritenute migliori anche per il clima familiare che offrono. I grandi istituti vengono lasciati come ultima spiaggia, forse perchè le grandi dimensioni sembrano andare a discapito di una buona qualità del servizio. “Le case famiglie sono la salvezza, dovrebbero farne veramente di più, investire in questi centri perché questi ragazzi non hanno nessuna colpa, hanno il diritto di vivere una vita loro.” (la madre di una persona disabile) Molte persone sono disorientate e alla ricerca di informazioni, spesso però manca un coordinamento tra le diverse figure che si occupano dell’assistenza del disabile e nessuno sembra in grado di fornire informazioni esaurienti, in modo particolare i medici. “Quello che manca è un coordinamento, perché ci sono delle varie persone o istituzioni preposte per ogni settore della vita del disabile, ma non c’è niente che possa unire i fili per coordinare tutto quanto.” (il fratello di una persona disabile) Prima di pensare ad una residenzialità definitiva qualcuno si sta informando per forme di tutela giuridica come l’istituzione di un tutore, di un amministratore di sostegno o comunque di una figura in grado di garantire la tutela degli interessi della persona disabile. 3. CONCLUSIONI La ricerca svolta conferma quanto emerso da indagini precedenti sul tema della disabilità: si tratta di un fenomeno molto eterogeneo che coinvolge famiglie di ogni tipo. Dalle interviste effettuate, infatti, risulta che il livello socio-economico delle famiglie con una persona disabile è assolutamente vario: anche se il campione utilizzato non è statisticamente rappresentativo, la maggior parte di esse si attesta su di un livello socio-economico che possiamo definire medio. 44 Il compito della cura della persona disabile è affidato quasi sempre alla madre, che in molti casi non è adeguatamente sostenuta da altre figure interne o esterne al nucleo familiare. Il centro frequentato dalla persona disabile rappresenta il punto di riferimento per la famiglia: opera una presa in carico globale e propone un’unità d’offerta che copre tutto l’arco dell’esistenza. La conoscenza di altri servizi o di iniziative rivolte a persone disabili è scarsa o nulla per la maggior parte delle persone intervistate, anche se i vari servizi si impegnano molto per farsi conoscere all’esterno e cercano di mettersi in rete tra loro. Il livello culturale non risulta in alcun modo correlato alla conoscenza delle offerte del territorio. Una richiesta comune che emerge sia dalle famiglie che dagli operatori è quella di dare una maggiore visibilità al volontariato, dal momento che spesso i familiari non sanno a chi rivolgersi e come comportarsi per ricevere l’aiuto di volontari. Nonostante in molti si dichiarino soddisfatti del supporto del volontariato, esso ricopre un ruolo abbastanza marginale: viene utilizzato soprattutto come sostegno alle attività dei servizi o impegnato nei trasporti. Molti intervistati, invece, auspicano un intervento del volontariato soprattutto al di fuori delle attività del centro diurno, un rapporto più individualizzato con la persona disabile e la sua famiglia che consenta di formulare delle proposte più personalizzate. Una fascia oraria scoperta, per esempio, è quella del tardo pomeriggio in cui le famiglie si trovano sole a gestire la cura della persona disabile e avrebbero bisogno di un intervento domiciliare per essere un po’ sollevate. Nella progettazione degli interventi è indispensabile tenere sempre presente il ruolo centrale della persona disabile, al fine di garantire un’unità d’offerta il più possibile varia e flessibile, attenta alla soddisfazione di bisogni di tipo sempre diverso. 45 ALLEGATI 46 APPENDICE STATISTICA 47 Tavola per cittadinanza Nazione di provenienza Frequenza Percentuale MAROCCO UCRAINA ECUADOR PERÙ ALBANIA ROMANIA COSTA D'AVORIO SRI LANKA GHANA INDIA NIGERIA LIBERIA BANGLADESH CONGO SENEGAL JUGOSLAVIA (SERBIA + MONTENEGRO) TOGO TUNISIA BRASILE MOLDAVIA PAKISTAN ANGOLA BULGARIA FILIPPINE PALESTINA ALGERIA EL SALVADOR R. DOMINICANA RUSSIA + CSI AFGHANISTAN ARGENTINA BENIN BOLIVIA COLOMBIA MAURITIUS CAMERUN CROAZIA DOMINICA GUINEA IRAN SIERRA LEONE 48 161 118 88 86 84 39 36 36 20 17 16 14 13 11 11 10 17,6 12,9 9,6 9,4 9,2 4,3 3,9 3,9 2,2 1,9 1,7 1,5 1,4 1,2 1,2 1,1 10 9 8 8 8 6 6 6 6 5 5 5 5 4 4 4 4 4 4 3 3 3 3 3 3 1,1 1,0 ,9 ,9 ,9 ,7 ,7 ,7 ,7 ,5 ,5 ,5 ,5 ,4 ,4 ,4 ,4 ,4 ,4 ,3 ,3 ,3 ,3 ,3 ,3 Percentuale Percentuale valida cumulata 17,6 17,6 12,9 30,5 9,6 40,1 9,4 49,5 9,2 58,6 4,3 62,9 3,9 66,8 3,9 70,7 2,2 72,9 1,9 74,8 1,7 76,5 1,5 78,1 1,4 79,5 1,2 80,7 1,2 81,9 1,1 83,0 1,1 1,0 ,9 ,9 ,9 ,7 ,7 ,7 ,7 ,5 ,5 ,5 ,5 ,4 ,4 ,4 ,4 ,4 ,4 ,3 ,3 ,3 ,3 ,3 ,3 84,1 85,0 85,9 86,8 87,7 88,3 89,0 89,6 90,3 90,8 91,4 91,9 92,5 92,9 93,3 93,8 94,2 94,7 95,1 95,4 95,7 96,1 96,4 96,7 97,1 Nazione di provenienza Frequenza Percentuale CINA EGITTO ERITREA LIBANO POLONIA RUANDA SLOVENIA SOMALIA BOSNIA ERZEGOVINA BURKINA FASO HONDURAS LETTONIA MACEDONIA PORTOGALLO SEYCHELLES SIRIA SUDAN URUGUAY VENEZUELA Totale 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 916 ,2 ,2 ,2 ,2 ,2 ,2 ,2 ,2 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 ,1 100,0 Percentuale Percentuale valida cumulata ,2 97,3 ,2 97,5 ,2 97,7 ,2 97,9 ,2 98,1 ,2 98,4 ,2 98,6 ,2 98,8 ,1 98,9 ,1 99,0 ,1 99,1 ,1 99,2 ,1 99,3 ,1 99,5 ,1 99,6 ,1 99,7 ,1 99,8 ,1 99,9 ,1 100,0 100,0 classe figli Validi nessuno 1-2 figli più di 2 figli Totale Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata 569 42,6 42,6 42,6 543 40,6 40,6 83,2 224 16,8 16,8 100,0 1336 100,0 100,0 figli a carico Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata Validi no 776 58,1 58,1 58,1 sì 560 41,9 41,9 100,0 Totale 1336 100,0 100,0 figli minori no sì Totale Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata 955 71,5 71,5 71,5 381 28,5 28,5 100,0 1336 100,0 100,0 49 Tavola di contingenza italiano/straniero * sesso sesso Totale femmine maschi italiano/straniero n.r. 47 16 63 Italiano 248 109 357 Straniero 602 314 916 Totale 897 439 1336 Tavola di contingenza condizione clandestinità * sesso sesso Totale femmine maschi condizione clandestinità n.r. 362 218 580 clandestino 191 64 255 regolare 344 157 501 Totale 897 439 1336 Tavola di contingenza stato civile * italiano/straniero stato civile n.r. celibe/nubile coniugato/a separato/a divorziato/a vedovo/a convivente Totale italiano/straniero Totale n.r. italiano straniero 2 8 23 33 18 63 263 344 29 134 510 673 5 66 34 105 2 23 30 55 6 44 31 81 1 19 25 45 63 357 916 1336 50 BISOGNI PER CENTRO DI ASCOLTO problem. abitat. Biumo Inferiore Luino Angera Somma Lombardo Tradate Cassano Magnago Induno Olona Solbiate Arno Varese San Vittore Cardano al Campo Totale Devianza handicap livello altri senza nessun e stranieri famiglia e reddito malattia di zingari indig. occupaz. dipend. istruzione Utenti bisogni dimora bisogno criminal. disabilità auton. 77 8 5 2 3 0 29 11 1 24 9 0 0 2 1 147 69 8 13 7 0 3 1 7 0 4 0 1 0 0 102 63 43 1 4 0 19 1 1 19 5 0 2 2 0 0 0 10 150 123 72 26 3 2 0 75 3 14 2 5 0 167 62 8 0 1 0 1 1 0 0 143 101 3 0 14 0 5 0 1 0 6 7 285 173 14 1 3 2 0 29 4 0 7 1 13 0 1 0 0 0 32 9 1 2 11 1 23 5 2 2 0 12 2 0 15 0 0 41 9 1 0 1 1 33 0 0 0 0 13 0 0 0 0 5 53 85 2 90 3 3 90 7 1 0 0 160 8 7 4 0 7 326 9 245 2 14 24 238 3 69 0 13 35 663 1 45 0 15 0 15 0 2 54 704 2 20 5 48 1 49 0 5 0 35 81 1336 51 BISOGNI PER SESSO E CLASSE DI ETA’ femmine classe di età 18-35 36-60 oltre 60 problematiche abitative 72 52 5 devianza e criminalità 1 2 0 stranieri 82 48 2 famiglia 16 29 5 handicap e disabilità 1 2 1 reddito 194 196 29 malattia 6 10 9 livello di autonomia 0 1 8 zingari 3 2 0 indigenza 1 1 0 occupazione 245 221 8 dipendenza 2 6 0 istruzione 22 10 0 altri bisogni 4 19 9 senza dimora 1 1 0 nessun bisogno 2 9 2 Totale utenti (esclusi i non rilevati) 390 370 54 Totale femmine 140 3 138 56 7 450 27 10 9 2 514 8 38 35 2 22 18-35 47 1 74 3 1 87 5 0 1 0 96 3 7 2 1 4 897 205 52 maschi classe di età 36-60 oltre 60 40 3 7 0 21 1 7 1 4 0 97 10 10 2 0 4 2 0 0 0 70 2 9 0 3 0 7 3 0 1 4 0 166 15 Totale maschi 105 11 100 13 6 213 18 5 6 0 190 12 10 14 3 13 439 BISOGNI PER SESSO E NAZIONALITA’ n.r. problematiche abitative 8 devianza e criminalità 0 stranieri 5 famiglia 2 handicap e disabilità 1 reddito 18 malattia 1 livello di autonomia 6 zingari 2 indigenza 1 occupazione 27 dipendenza 0 istruzione 1 altri bisogni 1 senza dimora 0 nessun bisogno 2 Totale utenti 47 femmine italiano/straniero italiano straniero 36 96 3 0 2 131 35 19 5 1 136 296 21 5 4 0 4 3 1 0 111 376 7 1 1 36 29 5 2 0 7 13 248 602 Totale femmine 140 3 138 56 7 450 27 10 9 2 514 8 38 35 2 22 897 53 n.r. 3 0 4 0 0 5 0 1 1 0 8 0 1 0 0 1 16 maschi italiano/straniero italiano straniero 27 75 9 2 1 95 11 2 6 0 66 142 11 7 4 0 1 4 0 0 46 136 9 3 1 8 13 1 1 2 1 11 109 314 Totale maschi 105 11 100 13 6 213 18 5 6 0 190 12 10 14 3 13 439 BISOGNI PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ n.r. problematiche abitative 51 devianza e criminalità 3 stranieri 20 famiglia 36 handicap e disabilità 5 reddito 162 malattia 22 livello di autonomia 10 zingari 4 indigenza 1 occupazione 180 dipendenza 7 istruzione 3 altri bisogni 29 senza dimora 2 nessun bisogno 12 Totale utenti 362 femmine condizione clandestinità clandestino regolare 29 60 0 0 110 8 7 13 1 1 89 199 0 5 0 0 2 3 1 0 134 200 0 1 16 19 2 4 0 0 2 8 191 344 Totale femmine 140 3 138 56 7 450 27 10 9 2 514 8 38 35 2 22 897 54 n.r. 47 10 48 10 5 92 12 5 2 0 88 9 4 13 1 5 218 maschi condizione clandestinità clandestino regolare 14 44 0 1 32 20 1 2 1 0 35 86 2 4 0 0 0 4 0 0 37 65 1 2 4 2 1 0 1 1 3 5 64 157 Totale msachi 105 11 100 13 6 213 18 5 6 0 190 12 10 14 3 13 439 RICHIESTE PER CENTRO DI ASCOLTO Biumo Inferiore Luino Angera Somma Lombardo Tradate Cassano Magnago Induno Olona Solbiate Arno Varese San Vittore Cardano al Campo Totale Prestazioni sostegno professionali personale abitazione istruzione 11 51 15 2 5 14 3 2 4 14 7 1 15 53 7 0 1 3 5 0 1 4 4 1 3 18 5 0 1 39 9 0 38 288 89 10 1 32 5 7 80 516 149 23 lavoro 92 65 45 158 136 12 13 21 126 44 712 sanità 12 1 0 1 0 7 5 1 34 1 62 beni materiali e sussidi servizi economici 134 11 85 6 5 3 187 2 64 4 25 4 29 25 30 3 77 61 47 6 683 125 Totale Utenti 150 123 72 285 173 32 41 53 326 81 1336 Numero di utenti che hanno manifestato richieste o risposte nelle voci sopra o sotto indicate almeno una volta RISPOSTE PER CENTRO DI ASCOLTO Biumo Inferiore Luino Angera Somma Lombardo Tradate Cassano Magnago Induno Olona Solbiate Arno Varese San Vittore Cardano al Campo Totale Prestazioni sostegno professionali personale abitazione istruzione 11 78 15 7 5 51 3 2 2 63 1 1 21 130 3 0 0 141 0 0 2 4 4 1 3 20 5 0 1 43 5 0 38 299 66 11 1 59 2 6 84 888 104 28 55 lavoro 65 38 5 102 5 12 9 17 108 18 379 beni materiali e sussidi sanità servizi economici 19 133 2 1 84 4 0 3 0 3 175 2 0 58 3 7 25 3 5 29 25 2 27 3 32 59 42 1 47 5 70 640 89 Totale Utenti 150 123 72 285 173 32 41 53 326 81 1336 RICHIESTE PER SESSO E CLASSE DI ETA’ femmine classe di età 18-35 36-60 oltre 60 prestazioni professionali 22 19 2 sostegno personale 126 116 26 abitazione 39 22 4 istruzione 6 7 0 lavoro 250 239 19 sanità 17 11 5 beni materiali e servizi 209 186 24 sussidi economici 21 20 6 nessuna richiesta 0 0 0 Totale utenti (esclusi i non rilevati) 390 370 54 Totale femmine 51 294 71 14 559 35 457 51 0 18-35 17 105 49 7 75 12 96 25 0 897 205 maschi classe di età 36-60 oltre 60 7 1 89 7 17 1 1 0 62 1 10 2 97 9 37 3 0 0 166 Totale maschi 29 222 78 9 153 27 226 74 0 15 439 RISPOSTE PER SESSO E CLASSE DI ETA’ femmine classe di età 18-35 36-60 oltre 60 prestazioni professionali 24 21 2 sostegno personale 256 230 38 abitazione 31 14 4 istruzione 9 9 0 lavoro 125 132 8 sanità 22 13 5 beni materiali e servizi 199 177 24 sussidi economici 14 15 3 nessuna richiesta 0 0 0 Totale utenti (esclusi i non rilevati) 390 370 54 Totale femmine 53 582 55 19 289 42 436 36 0 897 56 maschi classe di età 18-35 36-60 oltre 60 18 7 155 116 32 8 7 1 37 43 12 11 85 86 17 25 0 0 205 166 1 6 1 0 2 2 9 3 0 Totale maschi 31 306 49 9 90 28 204 53 0 15 439 RICHIESTE PER SESSO E NAZIONALITA’ n.r. prestazioni professionali 2 sostegno personale 14 abitazione 5 istruzione 2 lavoro 27 sanità 1 beni materiali e servizi 16 sussidi economici 2 nessuna richiesta 0 Totale utenti 47 Femmine italiano/straniero italiano straniero 13 36 92 188 23 43 1 11 141 391 17 17 114 327 27 22 0 0 248 602 Totale femmine 51 294 71 14 559 35 457 51 0 897 n.r. 0 5 4 0 6 0 5 1 0 16 maschi italiano/straniero italiano straniero 3 26 58 159 12 62 1 8 36 111 11 16 54 167 38 35 0 0 109 314 Totale maschi 29 222 78 9 153 27 226 74 0 439 RISPOSTE PER SESSO E NAZIONALITA’ n.r. prestazioni professionali 0 sostegno personale 32 abitazione 3 istruzione 2 lavoro 12 sanità 1 beni materiali e servizi 14 sussidi economici 0 nessuna richiesta 0 Totale utenti 47 Femmine italiano/straniero italiano straniero 13 40 159 391 20 32 1 16 86 191 17 24 110 312 20 16 0 0 248 602 Totale femmine 53 582 55 19 289 42 436 36 0 897 57 n.r. 0 9 3 0 3 0 4 1 0 16 maschi italiano/straniero italiano straniero 4 27 78 219 7 39 1 8 19 68 12 16 54 146 26 26 0 0 109 314 Totale maschi 31 306 49 9 90 28 204 53 0 439 RICHIESTE PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ n.r. prestazioni professionali 27 sostegno personale 179 abitazione 37 istruzione 4 lavoro 203 sanità 25 beni materiali e servizi 149 sussidi economici 37 nessuna richiesta 0 Totale utenti 362 Femmine condizione clandestinità clandestino regolare 9 15 23 92 5 29 3 7 132 224 3 7 116 192 3 11 0 0 191 344 Totale femmine 51 294 71 14 559 35 457 51 0 897 n.r. 19 146 43 5 66 22 83 64 0 218 maschi condizione clandestinità clandestino regolare 4 6 9 67 4 31 4 0 33 54 0 5 43 100 1 9 0 0 64 157 Totale maschi 29 222 78 9 153 27 226 74 0 439 RISPOSTE PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ n.r. prestazioni professionali 25 sostegno personale 258 abitazione 31 istruzione 5 lavoro 133 sanità 25 beni materiali e servizi 140 sussidi economici 29 nessuna richiesta 0 Totale utenti 362 Femmine condizione clandestinità clandestino regolare 10 18 131 193 4 20 5 9 22 134 3 14 115 181 1 6 0 0 191 344 Totale femmine 53 582 55 19 289 42 436 36 0 897 58 n.r. 20 171 34 5 43 23 75 42 0 218 maschi condizione clandestinità clandestino regolare 4 7 38 97 0 15 3 1 9 38 0 5 40 89 1 10 0 0 64 157 Totale maschi 31 306 49 9 90 28 204 53 0 439 FREQUENZA BISOGNI PER SESSO SESSO Disoccupato' femmine Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione Disoccupato' maschi Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione mai 821 787 791 621 501 409 401 363 322 277 una sola volta 2-5 volte 76 0 110 0 106 0 275 1 396 0 30 0 38 0 76 0 117 0 162 0 Totale utenti 897 897 897 897 897 439 439 439 439 439 FREQUENZA BISOGNI PER CLASSI DI ETA’ CLASSI DI ETA’ 18-35 36-60 oltre 60 Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione - 59 - mai 545 505 497 452 335 491 487 466 347 290 67 66 67 41 63 una sola volta 2-5 volte 50 0 90 0 98 0 142 1 260 0 45 0 49 0 70 0 189 0 246 0 2 0 3 0 2 0 28 0 6 0 Totale utenti 595 595 595 595 595 536 536 536 536 536 69 69 69 69 69 FREQUENZA BISOGNI PER NAZIONALITA’ NAZIONALITA’ n.r. Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione italiano Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione straniero Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione mai 59 56 52 53 39 343 357 307 223 236 828 775 795 667 503 una sola volta 2-5 volte 4 0 7 0 11 0 10 0 24 0 14 0 0 0 50 0 134 0 121 0 88 0 141 0 121 0 248 1 413 0 Totale utenti 63 63 63 63 63 357 357 357 357 357 916 916 916 916 916 FREQUENZA BISOGNI PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ CONDIZIONE DI CLANDESTINTA’ n.r. Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione clandestino Disoccupat Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione regolare Disoccupato Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze Nessun reddito Clandestino/Immigrato non regolare Coabitazione 60 mai 560 576 514 417 362 222 113 200 197 121 448 499 440 329 295 una sola volta 2-5 volte 20 0 4 0 66 0 163 0 218 0 33 0 142 0 55 0 58 0 134 0 53 0 2 0 61 0 171 1 206 0 Totale utenti 580 580 580 580 580 255 255 255 255 255 501 501 501 501 501 RICHIESTE PER SESSO SESSO femmine maschi richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto mai 642 497 571 626 232 301 300 297 una sola volta 2-5 volte 232 20 300 98 188 128 135 102 187 20 121 17 86 48 75 48 più di 5 volte 3 2 10 34 0 0 5 19 Totale utenti 897 897 897 897 439 439 439 439 più di 5 volte 2 1 5 16 1 0 8 24 0 1 1 7 Totale utenti 595 595 595 595 536 536 536 536 69 69 69 69 RICHIESTE PER CLASSE DI ETA’ CLASSE DI ETA’ 18-35 36-60 oltre 60 richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto mai 374 337 389 422 349 306 342 366 54 60 48 42 una sola volta 2-5 volte 201 18 200 57 121 80 91 66 172 14 180 50 113 73 88 58 11 4 7 1 13 7 11 9 RICHIESTE PER NAZIONALITA’ NAZIONALITA’ n.r. richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto italiano richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto straniero richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto 61 mai 54 37 52 47 239 253 263 217 581 508 556 659 una sola volta 2-5 volte 9 0 22 4 5 6 10 4 100 16 85 19 44 47 57 49 310 24 314 92 225 123 143 97 più di 5 volte 0 0 0 2 2 0 3 34 1 2 12 17 Totale utenti 63 63 63 63 357 357 357 357 916 916 916 916 RICHIESTE PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ n.r. clandestino regolare una sola volta 2-5 volte 254 26 164 25 53 51 76 55 25 2 110 27 88 37 52 36 140 12 147 63 133 88 82 59 mai 297 391 472 409 228 118 127 163 349 289 272 351 richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto richiesta alimentari, buoni mensa e mensa richiesta vestiario e guardaroba richiesta lavoro a tempo pieno richiesta ascolto più di 5 volte 3 0 4 40 0 0 3 4 0 2 8 9 Totale utenti 580 580 580 580 255 255 255 255 501 501 501 501 RISPOSTE PER SESSO SESSO femmine maschi mai 350 647 577 629 149 357 305 304 risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro una sola volta 2-5 volte 408 133 186 64 183 127 136 98 203 87 74 8 83 46 67 50 più di 5 volte 6 0 10 34 0 0 5 18 Totale utenti 897 897 897 897 439 439 439 439 RISPOSTE PER CLASSE DI ETA’ CLASSE DI ETA’ 18-35 risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro 36-60 risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro oltre 60 risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro 62 mai 197 447 393 427 211 383 348 371 39 64 48 42 una sola volta 2-5 volte 296 98 115 33 120 77 88 64 230 94 121 32 107 73 84 58 20 9 2 3 13 7 11 9 più di 5 volte 4 0 5 16 1 0 8 23 1 0 1 7 Totale utenti 595 595 595 595 536 536 536 536 69 69 69 69 RISPOSTE PER NAZIONALITA’ NAZIONALITA’ n.r. italiano straniero risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro mai 28 49 51 50 148 271 265 219 323 684 566 664 una sola volta 2-5 volte 27 8 10 4 6 6 8 3 151 56 66 20 42 47 54 50 433 156 184 48 218 120 141 95 più di 5 volte 0 0 0 2 2 0 3 34 4 0 12 16 Totale utenti 63 63 63 63 357 357 357 357 916 916 916 916 RISPOSTE PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’ n.r. clandestino regolare risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro risposta ascolto risposta alimentari, buoni mensa e mensa risposta vestiario e guardaroba risposta consulenza lavoro 63 mai 186 426 474 413 89 233 133 162 224 345 275 358 una sola volta 2-5 volte 286 105 128 26 51 51 72 55 126 40 18 4 83 36 54 35 199 75 114 42 132 86 77 58 più di 5 volte 3 0 4 40 0 0 3 4 3 0 8 8 Totale utenti 580 580 580 580 255 255 255 255 501 501 501 501 QUESTIONARI PER LE INTERVISTE QUALITATIVE 64 INDAGINE QUALITATIVA SUL TEMA DELLA DISABILITA’ TRACCIA DI INTERVISTA PER FAMILIARI Con la presente indagine vorremmo raccogliere i pareri di chi ha in famiglia una persona disabile (a causa di malattia, incidente o dell’età). 1) Potrebbe dirmi da chi è composto il suo nucleo familiare? 2) Quale tipo di disabilità ha suo ... (padre, marito, figlio, ecc.)? E’ certificata? 3) Quali sono i bisogni che derivano dalla sua situazione? 4) Chi all’interno della sua famiglia si occupa principalmente di suo...? 5) Com’è la vostra organizzazione quotidiana in condizioni normali. Mi può descrivere una giornata tipo? 6) A chi vi rivolgete in momenti di emergenza? 7) Chi la aiuta? 8) Queste persone coinvolte collaborano tra loro per aiutarvi? Se sì, chi coordina il loro lavoro? 9) E’ soddisfatto dell’aiuto che le viene dato? 10) Che cosa le pesa di più nella sua situazione? 11) In base alla sua esperienza, quando un disabile non può più contare sull’assistenza dei familiari, chi si prende cura di lui? 12) Conosce i servizi o iniziative per disabili presenti nel suo territorio? Se sì, come ne è venuto a conoscenza? 13) Conosce o frequenta volontari singoli o Associazioni di volontari? 14) E’ soddisfatto di quello che fa il volontariato per voi? Che cosa potrebbe fare il volontariato per voi? 14) Informazioni anagrafiche • età del disabile e del care-giver; • titolo di studio del disabile e dei componenti del nucleo familiare; • che lavoro fa o faceva il care-giver • che lavoro fa o facevano gli altri componenti la famiglia, compreso il disabile; • il disabile vive in una casa di proprietà; • la casa del disabile è adeguata alle sue esigenze? 65 INDAGINE QUALITATIVA SUL TEMA DELLA DISABILITA’ TRACCIA DI INTERVISTA PER OPERATORI Con la presente indagine vorremmo raccogliere i pareri dei servizi sulle famiglie che hanno al loro interno una persona disabile (a causa di malattia, incidente o dell’età). 1) Descrizione del servizio 2) Cosa fa il vostro servizio per aiutare il disabile e la sua famiglia in condizioni normali? 3) Cosa fa il vostro servizio per aiutare il disabile e la sua famiglia in momenti di emergenza? 4) Ritiene che le famiglie con persone disabili seguite dal vostro servizio siano soddisfatte dell’aiuto fornito loro? 5) Se non sono soddisfatte, qual è il motivo? Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione? 6) Cosa fa il vostro servizio per farsi conoscere nel territorio di pertinenza? 7) Con quali realtà il suo servizio intrattiene rapporti operativi o convenzioni, riguardo alla disabilità? 8) Quali sono le caratteristiche più frequenti delle famiglie con persone disabili che si rivolgono al vostro servizio? 9) Quali sono i bisogni più frequenti delle famiglie con disabile che accedono al vostro servizio? 10) Chi si occupa di solito del disabile all’interno del nucleo familiare? 11) Quali sono le cose che di solito pesano di più al care-giver? 12) Se c’è qualcuno che aiuta il care giver, di solito chi è, quale mansione svolge, con che frequenza al mese? 13) Queste persone coinvolte in genere collaborano tra loro per aiutare queste famiglie? Chi coordina il loro lavoro? 14) Nella vostra esperienza, chi aiuta di solito le persone disabili e i loro familiari? 15) In media, quante persone o realtà aiutano le famiglie con disabile? 16) Chi altri potrebbe aiutare le famiglie con persone disabili seguite dal vostro servizio e in che modo? 17) In base alla sua esperienza, quando un disabile non può più contare sull’assistenza dei familiari, chi si prende cura di lui? 18) Se il vostro servizio ha rapporti con il volontariato, può descriverci il tipo e le modalità di relazioni instaurate con esso? 19) Ritiene che il volontariato sia all’altezza del compito? 20) Coinvolgete il volontariato nel progetto di assistenza? Se sì, come? 21) Che cosa potrebbe fare di più il volontariato? 66