Osservatorio vecchie e nuove povertà

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Osservatorio vecchie e nuove povertà
OSSERVATORIO VECCHIE
E NUOVE POVERTÀ
IN PROVINCIA DI VARESE
Realizzato in collaborazione con
Aprile 2004
1
INDICE
Introduzione
4.
L’analisi dei dati
6.
Le reti di sostegno alle famiglie di persone disabili
27.
Allegati
46.
- Appendice statistica
47.
- Questionari per le interviste qualitative
64.
2
Per la realizzazione della prima parte del rapporto, ci sembra giusto esprimere un
sentito ringraziamento ai centri di ascolto di Angera, Cardano al Campo, Cassano Magnago,
Induno Olona, Luino, Solbiate Arno, Somma Lombardo, Tradate, Varese Biumo Inferiore,
Varese San Vittore, che hanno partecipato al progetto. Rendendosi disponibili a utilizzare gli
strumenti predisposti, a partecipare alle numerose riunioni di coordinamento e a fornirci i loro
dati, essi hanno reso possibile la realizzazione di questo lavoro.
Per l’approfondimento qualitativo, sono stati coinvolti i seguenti enti: Anffas e Fondazione Piatti
di Varese; Associazione Per andare oltre di Gallarate; Centro Residenziale Handicap di San
Fermo; Centro Residenziale Handicap di Sesto Calende; CRS di Besozzo; Centro Socioeducativo di Bobbiate; Centro Socio-educativo di Besozzo; Centro Socio-educativo di
Bregazzana; Centro Socio-educativo – Comunità alloggio Villa Colombo di Oggiona Santo
Stefano; Comune di Varese; Cooperativa sociale L’Anaconda di Varese; Cooperativa L’Arca di
Cardano al Campo; Cooperativa sociale Il Granello – don Luigi Monza s.r.l. di Cislago.
Si ringraziano gli enti, le associazioni e le cooperative intervistate, anche per la messa a
disposizione dei loro locali per svolgere i colloqui e per la disponibilità a segnalarci le famiglie
che abbiamo incontrato.
Un sentito ringraziamento va alle famiglie intervistate, per la cortesia e la disponibilità con cui
hanno collaborato al nostro progetto.
3
INTRODUZIONE
Nelle pagine seguenti sono riportati i risultati del quinto rapporto dell’Osservatorio sulle
vecchie e nuove povertà nato dalla collaborazione tra la Caritas Ambrosiana e il Settore
Politiche Sociali della Provincia di Varese.
Il lavoro di quest’anno si propone, come consuetudine, di indagare il fenomeno della
povertà sul territorio della Provincia di Varese, attraverso i dati che provengono da 10 centri di
ascolto che in esso operano.
Dall’anno scorso, i centri di ascolto che partecipano al progetto utilizzano un nuovo
strumento di rilevazione, che ha consentito di uniformare i diversi metodi di raccolta dati. Alcuni
centri usano una scheda cartacea, altri si servono anche del software ad essa correlato.
I dati elaborati, e di cui viene data una lettura analitica nelle pagine seguenti, riguardano
le 1336 persone che si sono rivolte ai centri del campione nel periodo compreso tra il 1°
gennaio e il 31 dicembre 2003.
Il presente lavoro non ha alcuna pretesa di esaustività e di rappresentatività
dell’universo considerato e, tanto meno, del fenomeno della povertà. Sappiamo che le persone
che si rivolgono ai centri di ascolto non sono “i poveri”, ma sono alcuni poveri che vivono nel
nostro territorio.
L’indagine è comunque molto significativa in quanto si tratta di uno dei pochissimi casi
di analisi primaria: i dati, cioè, non sono elaborazioni di dati già raccolti da altri, ma derivano
direttamente dall’incontro con i poveri.
Accanto a questa parte quantitativa, anche quest’anno il rapporto offre un
approfondimento qualitativo. Il tema prescelto è quello della disabilità, con particolare
attenzione al bisogni delle famiglie dei portatori di handicap. L’occasione di questa indagine è
stata data dalla dichiarazione del 2003 come “Anno europeo della persona con disabilità”. Non
si può certo dire, però, che il tema abbia suscitato molto clamore: il 2003 si è ormai concluso e
si registrano pochi segnali di attenzione al tema da parte del mondo politico-legislativo.
Per questo motivo, ci è sembrato importante tornare su questo fenomeno, che interessa
37 milioni di persone disabili che vivono nell’Unione Europea, le loro famiglie, ma anche le
comunità intere, che non possono disinteressarsi a questa problematica.
La famiglia della persona disabile è inserita in un contesto comunitario, all’interno del
quale deve essere accolta come risorsa portatrice di ricchezza, in termini di cultura, di relazioni
e di abilità. E sempre nella comunità, la famiglia deve avere la possibilità di trovare sostegno e
sollievo da un lavoro di cura, certamente gratificante, ma anche gravoso. Ecco perché si
richiede un cambiamento culturale molto forte: non si tratta solo di concedere aiuti, ma di
condividere la responsabilità comune.
4
Per questo la Caritas Ambrosiana, coinvolgendo alcune esperienze associative, piccole
e grandi, che operano da tempo a favore delle persone diversamente abili, le istituzioni e le
famiglie, presenta questa ricerca, che si propone di stimolare la riflessione sulle reti di sostegno
e sul ruolo del volontariato. Riflessione che però vuole essere anche propositiva. Per questo
motivo, oltre a rilevare i nodi critici e le potenzialità, sono stati individuati degli spazi di
intervento che rispondono alle aspettative delle famiglie che convivono con la persona disabile.
5
L’ANALISI DEI DATI
L’analisi è stata condotta a partire dai dati raccolti da 10 Centri d’Ascolto1 della zona di Varese
della diocesi ambrosiana e riguarda 1336 persone, incontrate durante il lavoro svolto dai
medesimi centri nel corso del 2003.
1. Profilo degli utenti
Nel campione della zona di Varese il 67,1% è rappresentato da donne e il restante 32,9% da
uomini, distribuzione che non si discosta eccessivamente da quella del precedente rapporto
(68,2% di donne e 41,4% di uomini). Questo rispecchia la situazione del campione diocesano,
che vede un maggiore afflusso femminile rispetto a quello maschile nei centri di ascolto. In
particolare nella zona di Varese solo nel centro di ascolto di Varese San Vittore si sono
presentati più uomini che donne, anche se la differenza non è così netta: 154 donne e 172
uomini.
Nel grafico sottostante (1) individuiamo nella classe di età “18-35 anni” il gruppo più numeroso
(l’età mediana, al di sotto della quale è presente il 50% dei dati raccolti, è di poco inferiore ai 36
anni).
Grafico 1– Distribuzione degli utenti per classe d’età – valori percentuali
Oltre i 60 anni
4,49
37,52
36-60 anni
18-35 anni
47,20
Minore di 18 anni
1,12
n.d.*
9,68
0
10
20
30
40
50
60
Fonte: Caritas Ambrosiana
*: dato non disponibile
1
Biumo Inferiore (Varese), San Vittore (Varese), Luino, Angera, Somma Lombardo, Tradate, Cassano Magnago,
Induno Olona, Solbiate Arno, Cardano al Campo.
6
Rispetto alla ripartizione per genere risultano più giovani gli utenti uomini, tra i quali il 48,2%
rientra nella classe suddetta. Nella tavola 1 possiamo vedere che il campione femminile è
meno giovane di quello maschile.
Tavola 1– Distribuzione del campione per sesso e classe di età – valori percentuali
Sesso
Femmine
Maschi
2
n.r.
5,4
7,5
Minori di 18 anni
1,1
1,6
Classe di età
18-35 anni
44,8
48,2
36-60 anni
42,5
39,1
Oltre i 60 anni
6,2
3,5
Totale
100,0
100,0
Fonte: Caritas Ambrosiana
Anche la classe di età “36-60 anni” non è comunque esigua ed in essa troviamo l’età media,
pari a circa 38 anni.
La condizione giovanile del campione spiegabile anche in virtù della massiccia presenza di
stranieri (quasi il 57% degli stranieri ha un’età inferiore ai 35 anni): ben due terzi degli utenti
sono infatti stranieri. La principale presenza straniera è rappresentata dagli utenti africani, ma è
significativo pure l’afflusso di persone dall’Europa Orientale e dall’America (in particolare
dall’America Latina). I paesi di origine più frequenti sono: Marocco (17,6%), Ucraina (12,9%),
Ecuador (9,6%), Perù (9,4%) e Albania (9,2%).
Grafico 2 – Distribuzione degli utenti per zone di provenienza
411
210
Africa
America
Europa dell'Est
Asia
1
Ex Urss (Asia)
9
308
98
Europa occidentale
Fonte: Caritas Ambrosiana
Gli immigrati clandestini (quelli di cui conosciamo il dato) sono 255, meno numerosi quindi di
quelli regolari (pari a 501 utenti). Sia tra i clandestini che tra gli immigrati predomina la
2
Con la sigla n.r. intendiamo dire che il dato non è stato rilevato.
7
componente femminile, ma la differenza è più accentuata tra gli immigrati clandestini (21,3% di
utenti donne e 14,6% di utenti uomini). Dai dati relativi ai permessi di soggiorno appare
evidente la prevalenza di permessi per lavoro dipendente (ben 272 persone), mentre i
permessi di soggiorno per lavoro autonomo corrispondono solamente allo 0,3% (4 persone).
Significativa è anche la quota di persone che hanno dichiarato come motivo del soggiorno la
famiglia, cioè gli immigrati giunti in Italia per ricongiungimento familiare (135 persone). Tra i
permessi di soggiorno per studio e per asilo politico prevale la seconda categoria (26
richiedenti asilo politico contro solo 3 persone presenti per studio). Anche il numero di carte di
soggiorno dichiarate non è numeroso, pari a quota 10.
Gli uomini hanno dichiarato di
possedere permessi soprattutto per lavoro; anche per le donne tale motivo è consistente
(18,6% dei permessi della componente femminile). Notevole anche la percentuale di donne con
permesso per ricongiungimento familiare, soprattutto se raffrontata a quella degli uomini
(13,6% per le donne, 3,0% per gli uomini): probabilmente si tratta di donne che hanno
raggiunto in Italia il partner, immigrato precedentemente per lavoro.
Proseguiamo l’analisi del profilo dell’utente prendendo in considerazione lo stato civile e la
composizione del nucleo familiare. Nel grafico 3 possiamo osservare la distribuzione del
campione per stato civile e sesso.
Grafico 3 – Distribuzione degli utenti per stato civile e sesso – valore percentuale
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
femmine
maschi
totale
n.r.
celibe/nubile
coniugato/a
divorziato/a
vedovo/a
convivente
separato/a
Fonte: Caritas Ambrosiana
Circa la metà degli utenti è coniugata (50,4%, quota che sale a 53,8% se consideriamo anche
le convivenze) e la percentuale aumenta tra le donne (52,1% della componente femminile
8
rispetto al 46,9% maschile). Al contrario la percentuale di celibi è superiore a quella delle nubili
(36,4% e 21,8% rispettivamente). Un altro elemento è quello relativo alle persone che vivono
sole perché separate, divorziate o vedove. Tra le donne questa quota è equivalente al 21,3%
rispetto a quella degli uomini che è pari all’ 11,4%. Ovviamente il numero di vedove/i aumenta
nella classe di età “oltre i 60 anni”. Rispetto alla distinzione tra utenti italiani e utenti stranieri,
osserviamo dai dati che la componente coniugata tra gli immigrati è in percentuale superiore a
quella della popolazione autoctona (55,7% per gli stranieri); nettamente inferiore è invece il
segmento di persone straniere separate o divorziate e più modesta è anche la percentuale di
immigrati vedovi/e, probabilmente a causa del fatto che gli stranieri, come dicevamo prima,
sono piuttosto giovani.
Per quanto attiene al nucleo familiare, circa il 57% del campione ha dichiarato di avere figli, il
16,8% ha più di 2 figli; significativo è anche il dato relativo agli utenti con figli a carico, pari al
41,9%.
Passiamo ora all’analisi della condizione scolastica (grafico 4) e professionale (tavola 3) del
campione.
Grafico 4 - Distribuzione del campione per titolo di studio – valore percentuale
35
30
25
20
15
10
5
0
Femmine
Maschi
Totale
n.d.
Nessuno
Licenza Elementare
Licenza Media Inferiore
Qualifica professionale
Diploma Media Superiore
Laurea
Fonte: Caritas Ambrosiana
Il 5,8% degli utenti ha dichiarato di non possedere alcun titolo di studio; la percentuale è più
alta nella componente maschile rispetto a quella femminile, anche se di poco. La metà del
9
campione ha raggiunto al massimo la licenza media inferiore. Nella tavola 2 viene presentato il
confronto tra il livello di istruzione nell’anno 2003 e nel biennio 2001-2002.
Tavola 2 – Distribuzioni degli utenti per titolo di studio - anni 2001/2002 e 2003 – valori
percentuali
Biennio
Livello
Titolo di studio
2001-2002
Basso
Licenza elementare e media inferiore
63,5
Medio - Alto Qualifica professionale, Diploma media superiore e Laurea
28,3
Fonte: Caritas Ambrosiana
Anno
2003
52,5
29,3
L’accesso di utenti con un livello di preparazione medio alto è superiore nel 2003. Questo può
essere nuovamente giustificato osservando la distribuzione del livello scolastico del campione,
distinguendo gli utenti in base alla nazionalità. Il dato scolastico è stato rilevato per 357 italiani
e 916 stranieri (grafico 5). In particolare gli italiani con un livello scolastico basso sono il 69%
mentre gli stranieri non superano il 47,1%; invece per il livello medio-alto la quota degli italiani
raggiunge il 14,4% e quella degli stranieri il 35,3%. Il titolo di studio più elevato degli stranieri e
la loro maggiore numerosità incidono, ovviamente, sulla distribuzione totale del titolo di studio.
Sembrerebbe quindi che il livello scolastico degli immigrati non favorisca il loro inserimento nel
tessuto del territorio, anche se è pur vero che il riconoscimento del titolo di studio degli stranieri
in Italia non è automatico. Solo uno straniero ha dichiarato di possedere un titolo non
riconosciuto, ma è molto probabile che questo numero sia nella realtà ben più alto.
Grafico 5 – Distribuzione degli utenti per nazionalità e titolo di studio – valori percentuali
35
30
25
20
15
10
5
0
Italiani
Stranieri
n.d.
nessuno
non riconosciuto
licenza elementare
licenza media inferiore
qualifica professionale
diploma media superiore
laurea
Fonte: Caritas Ambrosiana
10
Nella rilevazione dei dati viene raccolta l’informazione relativa alla condizione professionale
(corrispondente allo stato lavorativo della persona) e alla categoria professionale, cioè al tipo di
lavoro per il quale si è preparati.
La condizione maggiormente diffusa tra il campione corrisponde ai disoccupati da breve tempo
(entro un anno) e da lungo tempo (da oltre un anno). Infatti rispetto a 1273 utenti dei quali
disponiamo di tale informazione, il 28,2% è disoccupato da breve tempo mentre il 22,3% è
disoccupato da lungo tempo. Per chi è in cerca di prima occupazione la percentuale non
supera l’8,7%. Un altro gruppo di persone che non riceve un reddito da lavoro è rappresentato
dagli studenti e dalle casalinghe (rispettivamente l’1% e il 9,6%). Tra chi percepisce un reddito
abbiamo invece le persone occupate (il 7,7% part-time e il 13,3% full-time), i lavoratori irregolari
(il 4,2%) e i pensionati (il 5%).
Addentriamoci nell’analisi di questa informazione: la tavola 3 riporta i dati relativi alla
condizione professionale per italiani e stranieri e per sesso (escludendo i dati non rilevati
corrispondenti a 118 utenti). Tra gli utenti occupati part-time prevalgono le femmine rispetto ai
maschi tra gli italiani, mentre tra gli stranieri non vi è differenza. La prevalenza della
componente femminile si evidenzia anche tra gli utenti in cerca di prima occupazione. Tra gli
occupati a tempo pieno la situazione invece si capovolge: la quota di utenti maschi che vantano
un lavoro a tempo pieno è tra gli italiani il 14,3% e tra gli stranieri il 25,2% (contro le percentuali
femminili che sono rispettivamente il 4,7% per le italiane e l’11,1% per le straniere).
Nuovamente possiamo osservare dinamiche differenti analizzando i dati relativi a chi è
disoccupato da breve e da lungo tempo. Nel primo caso sono le donne che prevalgono, cioè tra
gli utenti che si sono recati nella zona di Varese sono soprattutto le donne a manifestare la
condizione di disoccupazione recente (quella inferiore all’anno). La perdita di lavoro per un
periodo superiore all’anno è invece prerogativa maschile. Addirittura il 42,9% degli utenti
maschi italiani non ha un posto di lavoro da più di un anno. Anche tra gli stranieri la percentuale
di maschi disoccupati é superiore a quella delle femmine (rispettivamente 28,9% e 17,1%). Per
quel che riguarda gli studenti, contiamo un solo italiano a fronte di 12 stranieri. Per quanto
attiene la condizione di casalinga, per altro manifestata solamente dalle donne, le italiane
raggiungono quota 19,5% e le straniere quota 11,9%. I pensionati sono una categoria ben più
presente tra gli italiani rispetto agli stranieri, perché, come già abbiamo appreso, gli utenti
anziani sono più numerosi tra la popolazione autoctona che non tra gli immigrati. Infine la
condizione dei lavoratori irregolari primeggia tra gli immigrati, che da questo punto di vista non
fanno registrare differenze sostanziali tra maschi e femmine al contrario di quel che accade tra
italiani e italiane.
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Tavola 3 - Distribuzione degli utenti per condizione professionale, nazionalità e sesso
valori percentuali
Condizione
professionale
Italiani
Femmine
Italiani
Maschi
Totale
Italiani
Stranieri
Femmine
Stranieri
Maschi
Totale
Stranieri
Occupato
part-time
10,2
3,0
8,1
7,0
7,0
7
Occupato
full-time
4,7
14,3
7,5
11,1
25,2
15,8
In cerca di
prima
occupazione
5,1
1,0
3,9
11,6
6,7
10,0
Disoccupato
da breve
tempo
19,1
19,4
19,1
35,2
24,8
31,7
Disoccupato
da lungo
tempo
21,2
42,9
27,5
17,1
28,9
21,0
Studente
0,4
0
0,3
1,0
2,0
1,4
Casalinga
19,5
0
13,8
11,9
0
7,9
Pensionato
16,9
18,4
17,4
0
0,7
0,2
Lavoratore
irregolare
2,9
1,0
2,4
5,1
4,7
5,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
236
98
334
586
298
884
Totale
Totale in
valore
assoluto
Fonte: Caritas Ambrosiana
12
Rispetto alle informazioni relative alla categoria professionale dichiarata dall’utente, purtroppo
disponiamo di poco più della metà dei dati del campione: risulta mancante infatti il 44,4% dei
dati (ovvero possediamo le informazioni di 743 utenti). Questo dato spesso non viene rilevato e
risulta sottovalutato perché gli utenti in cerca di lavoro, e soprattutto gli stranieri (per i quali
sussiste il problema del riconoscimento del titolo di studio), tendono a dichiarare un livello
professionale inferiore al proprio, rendendosi così disponibili a svolgere anche le occupazioni
più umili. La professione che è stata rilevata più frequentemente è quella relativa alla vendita e
ai servizi alle famiglie. In questo ambito predominano le donne (266 persone) e questo accade
sia tra le italiane che tra le straniere. Probabilmente questo è dovuto alla più intensa
predisposizione della componente femminile all’assistenza e ai servizi alla famiglia. Per quanto
riguarda le categorie professionali più specialistiche (dirigenti e imprenditori, professioni
intellettuali e scientifiche, tecnici) ancora una volta prevalgono le donne, anche se la differenza
non è così netta (35 femmine su 507, cioè il 6,9% e 17 maschi su 257, cioè il 6,61%).
Significativa è anche l’informazione che riguarda il personale non qualificato, pari a 268
persone su 764 delle quali disponiamo del dato.
Terminiamo l’analisi del profilo dell’utente con una panoramica sulle persone che sono risultate
essere senza dimora. Si tratta di 34 persone, di cui 11 femmine e 23 maschi. Di queste il
41,2% è celibe o nubile, con un livello di studio prevalentemente medio-basso ed un marcato
stato di disoccupazione (oltre il 50% delle persone senza dimora non dispone di un lavoro da
breve o soprattutto da lungo tempo).
2. Bisogni
Nel corso del 2003 gli operatori dei centri di ascolto, mediante i diversi colloqui sostenuti con le
persone che si sono recate nei centri, hanno registrato 2179 bisogni. Mediamente si tratta di
1,6 bisogni per persona. Diversamente dalle richieste che sono dichiarate in modo espresso
dall’utente, per i bisogni è l’operatore che, mediante uno o più colloqui, cerca di cogliere le
situazioni problematiche o di disagio, non sempre manifestate esplicitamente dall’utente.
Dobbiamo ricordarci infatti che la persona che si reca ai centri di ascolto ha la possibilità di
manifestare i propri bisogni, dietro ai quali possono esserci storie di vita difficili delle quali non è
facile parlare.
Nel grafico 6 vengono presentate le principali macrocategorie dei bisogni rilevati dagli operatori
dei centri d’ascolto. Le problematiche relative al reddito e all’occupazione sono le categorie più
rilevate. Il problema del reddito è un aspetto dominante nell’intero campione della zona di
Varese. Disporre di un reddito insufficiente alle normali esigenze di una famiglia o di un singolo
individuo appare una condizione diffusa. Nei centri d’ascolto però si recano anche persone che
manifestano difficoltà nella gestione delle spese straordinarie, le quali pur essendo meno
frequenti nella conduzione di un nucleo familiare sono più incisive delle uscite ordinarie. Ben
più grave però è lo stato di chi non può vantare alcuna entrata di natura economica o
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finanziaria. Questo elemento è comprensibile alla luce dell’incidenza della disoccupazione.
Essere disoccupati o in cerca di prima occupazione comporta il fatto che la persona è priva di
un’attività che permetta non solo di vivere dignitosamente e di poter esprimere le proprie
capacità, ma anche di sostenere i consumi, soprattutto quelli relativi ai beni di prima necessità
(alimentazione, abbigliamento, abitazione). Ecco che nuovamente possiamo evidenziare un
legame tra le forme di povertà più o meno gravi. Non disporre di una casa, coabitare
imponendo tempi e ritmi particolari alle persone che vivono insieme,
o fare i conti con
un’abitazione precaria o poco funzionale è una situazione che si accompagna alla mancanza o
insufficienza del reddito.
Vi è poi la grande quota di persone con problemi connessi alla condizione di immigrato,
soprattutto per gli irregolari.
Grafico 6 – Principali macrocategorie dei bisogni – valori percentuali
11,2
32,4
11,4
30,5
Stranieri
Problematiche abitative
Reddito
Occupazione
Le altre categorie di bisogni (dipendenza, devianza e criminalità, zingari, livello di autonomia,
handicap e disabilità, senza dimora, indigenza) raggiungono complessivamente il 4%.
2.1 I bisogni più diffusi
Diamo ora uno sguardo alle prime quattro categorie di bisogno, soffermandoci sulle
caratteristiche degli utenti e sulla loro distribuzione nel campione: scegliamo di analizzare
queste categorie perché ad esse corrispondono le cinque voci3 più registrate nel campione dai
centri di ascolto. Occorre fare una premessa per favorire la lettura dei seguenti dati. Vogliamo
ora vedere quanti utenti, secondo le caratteristiche che man mano prenderemo in
3
Ricordiamo infatti che all’interno delle categorie gli operatori scelgono la microvoce che meglio identifica quel
tipo di bisogno percepito durante i colloqui con gli utenti.
14
considerazione, hanno manifestato una determinata forma di bisogno. Di conseguenza il totale
delle percentuali riportate non darà somma 100, poiché ciascun utente può esprimere più
bisogni.
Rispetto alla ripartizione per genere, tra le donne predomina il problema relativo
all’occupazione (57,3%), seguito da quello concernente il reddito (50,2%). Al contrario, per gli
uomini abbiamo in ordine decrescente le seguenti percentuali: 48,5% nell’ambito delle
problematiche reddituali e 43,3% per quelle occupazionali. Per quel che riguarda l’abitazione e
le problematiche riferite alla condizione di straniero le percentuali maschili sono superiori a
quelle femminili. Per le problematiche abitative registriamo il 15,6% tra le donne e il 23,9% tra
gli uomini, mentre per i bisogni relativi alla condizione di straniero le percentuali sono
rispettivamente il 15,4% e il 22,8%. Se, invece, affrontiamo la ripartizione per classe di età
possiamo notare che per gli ultrasessantenni il problema che emerge con forza è quello del
reddito: situazioni finanziarie precarie comportano, infatti, difficoltà, per esempio, nel sostenere
i costi abitativi oppure quelli relativi alla salute (che per le persone anziane sono
necessariamente più elevati rispetto a quelle più giovani). Tra le classi di età 18-35 anni e 3660 anni predomina sempre il problema dell’occupazione, però mentre nella prima classe nei
restanti casi è più avvertito il problema legato alla condizione di straniero (20,6%), nella
seconda classe si avvertono maggiormente le problematiche abitative (17,2%); quest’ultimo
problema però non è da sottovalutare neanche per i più giovani dove la percentuale raggiunge
il 20%. Il fatto che i problemi che discendono dalla condizione di straniero siano maggiori fra i
più giovani è una conseguenza della più giovane età degli utenti stranieri rispetto a quelli
italiani. Emergono delle differenze anche rispetto alla nazionalità dell’utente e all’eventuale
condizione di clandestinità. Fra gli italiani la categoria che predomina è quella reddituale
(56,6%), mentre tra gli stranieri è quella dell’occupazione (55,9%), anche se le percentuali
rimangono alte in entrambe i gurppi e mai inferiori al 40%. Ovviamente le situazioni di bisogno
derivanti dall’essere stranieri sono caratteristica degli utenti stranieri (24,6%). Ci si potrebbe
aspettare una percentuale più alta: in realtà occorre considerare che questi bisogni sono quelli
percepiti dagli operatori. Inoltre, non sempre gli stranieri esplicitano tutti i loro bisogni, facendo
presente quelli prioritari. E, comunque, gli stranieri che sono clandestini sicuramente hanno
problemi legati alla propria condizione di irregolarità (la quale ricordiamo che non permette loro
di accedere a molti servizi, ai quali invece possono rivolgersi gli immigrati regolari). Infatti, il
55,7% degli immigrati che hanno dichiarato di essere clandestini manifesta problemi derivanti
dall’essere straniero (in particolare tra le immigrate clandestine). Anche la percentuale che
esprime quanto sia diffuso il problema dell’occupazione è molto elevata fra gli utenti clandestini
(67%). In effetti la ricerca del posto di lavoro per un immigrato non regolare diventa
fondamentale per diversi motivi, ancor più della ricerca di un luogo dove abitare: per spedire
soldi alla famiglia rimasta all’estero, per sopravvivere mediante la percezione di un reddito, per
poter usufruire di eventuali regolarizzazioni della propria posizione, come avvenuto nel 2002
15
con la legge Bossi-Fini. La percentuale, invece, riferita alle problematiche abitative non si
discosta molto tra italiani (17,6%) e stranieri (18,7%) ed è più avvertita dagli immigrati regolari
che non tra quelli irregolari. Vediamo infine come tutto ciò si articola nei diversi centri di ascolto
della zona di Varese. Nel centro di Biumo Inferiore le problematiche abitative, relative al reddito
e all’occupazione sono diffuse a più della metà degli utenti, rispettivamente il 51,3%, il 98% e il
68%. Questa situazione di difficoltà plurima emerge anche nel centro di Cassano Magnago
dove le problematiche abitative raggiungono il 43,8% dei propri utenti, i bisogni relativi al
reddito il 90,6% e quelli riguardanti l’occupazione il 40,6%. A Luino la metà degli utenti avverte
bisogni nell’ambito del reddito e dell’occupazione (rispettivamente 56,1% e 51,2%). Lo stesso
succede per i centri di Somma Lombardo (58,6% e 50,2%)4, di Tradate (35,8% e 58,4%) e di
Cardano al Campo (43,2% e 66,7%). Nel centro di Angera e in quello di Varese San Vittore il
bisogno più diffuso è quello concernente la ricerca del lavoro (59,7% e 49,1%), mentre nel
centro di Solbiate Arno prevale il deficit del reddito (62,3%). Anche a Induno Olona il bisogno
legato alla mancanza o insufficienza del reddito è diffuso ad oltre la metà dei propri utenti
(56,1%), ma sono estese anche le problematiche abitative (22%) e quelle relative
all’occupazione (29,3%). Le condizioni di disagio o di bisogno correlate all’essere stranieri sono
risentite soprattutto nei centri di Cardano al Campo (29,6%), di Varese San Vittore (27,6%), di
Somma Lombardo (26,3%) e di Biumo Inferiore (19,3%).
2.2 I bisogni in dettaglio
L’ultimo paragrafo che destiniamo alla rilettura dei bisogni nella zona di Varese è concentrato
sulle prime cinque voci più registrate dai centri di ascolto, come presentato nella tavola 4.
Tavola 4 – Distribuzione dei principali bisogni
Bisogno
N° utenti
Valore %
Disoccupato
558
41,8
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
394
29,5
Nessun reddito
182
13,6
Clandestino/Immigrato non regolare
148
11,1
Coabitazione
106
7,9
Fonte: Caritas Ambrosiana
Nella seconda colonna della tavola 4 compare il numero di utenti che hanno manifestato i
diversi bisogni elencati nella prima colonna. Queste prime cinque voci da sole corrispondono a
4
In questa frase la prima percentuale si riferisce sempre al reddito e la seconda all’occupazione.
16
1388 dei 2179 bisogni registrati (il 63,7% del totale dei bisogni registrati). Nella terza colonna
invece abbiamo inserito i dati che manifestano la diffusione dei bisogni indicati tra gli utenti. La
somma delle percentuali dunque non è 100 perché uno stesso utente può essere portatore di
più bisogni. Probabilmente diversi utenti che risultano essere disoccupati hanno anche
problemi concernenti il reddito, poiché sono bisogni ragionevolmente correlati. Così pure gli
immigrati spesso, appena giunti in Italia, chiedono aiuto ai propri connazionali per la ricerca di
un luogo dove dormire, dividendo con più persone appartamenti anche di piccola estensione:
quindi oltre a dover coabitare in condizioni precarie, possono essere disoccupati o non essere
percettori di reddito. La tavola 5 mostra la ripartizione delle cinque voci di bisogni più registrate,
ripartite secondo alcune caratteristiche degli utenti.
Tavola 5 - Ripartizione delle cinque voci di bisogni più registrate, secondo il sesso, la
nazionalità e la condizione di regolarità degli stranieri
Bisogno
Femmine
Maschi
Italiani
Stranieri
Clandestini
Regolari
Disoccupato
396
162
121
413
134
206
Reddito
insufficienteα
275
117
134
248
58
171
Nessun
reddito
106
76
50
121
55
61
Clandestinoα
110
38
0
141
142
2
Coabitazione
76
30
14
88
33
53
Totale utenti
897
439
357
916
255
501
α
le diciture corrette sarebbero “reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze” e
“clandestino/immigrato non regolare”
Fonte: Caritas Ambrosiana
Leggendo la tavola è comprensibile che per tutte le categorie di utenti la voce più diffusa sia
quella relativa alla disoccupazione. Rispetto alla ripartizione per genere sembrano essere le
femmine ad avere maggiori problemi di disoccupazione. Così pure i bisogni legati alla
17
condizione di clandestinità sono più avvertiti dalle donne. Al contrario, gli uomini hanno
maggiori problemi per quel che riguarda la mancanza totale di redditi. Per le donne
probabilmente l’insufficienza del reddito può essere determinata dalla disoccupazione del
coniuge o convivente oppure da un’esigua pensione: infatti non è irragionevole pensare che le
donne si rechino nei centri di ascolto per parlare della possibile disoccupazione del marito o
convivente, mentre loro hanno un’attività minima che gli permette di avere delle ridotte entrate.
Diversamente un uomo che è disoccupato e che ha a carico la propria famiglia indicherà più
facilmente che non dispone del tutto di reddito. Tra gli italiani e gli stranieri invece osserviamo
che il problema della disoccupazione è più diffuso nella seconda categoria; gli italiani, invece,
sembrano avvertire maggiori problemi relativi al reddito. Ovviamente il problema della
clandestinità è prerogativa degli immigrati ed anche i bisogni derivanti dalla coabitazione sono
più estesi fra gli stranieri. In particolare, nelle ultime due colonne sono riportate le informazioni
degli stranieri dei quali conosciamo la regolare o clandestina presenza in Italia (per un totale di
756 utenti rispetto ai 1336 totali, poco meno del 60% degli utenti campione).
Fra gli immigrati clandestini sembrano sommarsi diversi bisogni: oltre il 50% ha problemi nella
ricerca dell’occupazione, mentre poco meno della metà ha problemi di reddito (mancanza o
insufficienza del reddito). Sono poi 142 su 255 (cioè il 55,7%) di essi ad essere portatori di
problemi derivanti dalla clandestinità. In realtà tutti sono gli immigrati irregolari sono hanno il
problema della clandestinità. Però non tutti esplicitano questo bisogno agli operatori, perché
ritengono più urgenti altre aspettative (come il lavoro). Nell’ultima riga della tavola 5 sono stati
inseriti il totale degli utenti in base alla caratteristica indicata nelle colonne (per esempio 897
sono il numero di utenti femmine, mentre 501 sono il numero di utenti regolari).
3. Richieste
Oltre alla raccolta dei dati anagrafici dell’utente, l’operatore del centro di ascolto è soprattutto
interessato e impegnato nell’accoglienza della persona che si presenta al centro per
manifestare non solo condizioni di disagio, bensì per formulare richieste di aiuto, sia materiali
che in termini di servizi. In ogni colloquio svolto dagli operatori è infatti implicita l’azione di
ascolto dell’utente che, anche se non in modo dichiarato, manifesta la necessità di essere
ascoltato. Il numero di richieste registrate nel 2003 è di 4672, cioè mediamente 3,5 richieste
per utente.
3.1 Le richieste più frequenti.
Nel grafico 7 sono indicati i valori delle richieste formulate dagli utenti nel corso del 2003,
aggregate per macroclassi.
18
Grafico 7 – Ripartizione delle richieste
2235
Beni materiali e servizi
991
Lavoro
699
Sostegno personale
293
Sussidi economici
Abitazione
170
Sanità
150
Prestazioni professionali
110
24
Istruzione
0
500
1000 1500 2000 2500
Fonte: Caritas Ambrosiana
La numerosità è dovuta al fatto che un utente può manifestare più volte la stessa richiesta.
Anzi, nei casi di difficoltà cronica diventa abitudine per l’utente recarsi presso il centro di
ascolto per risolvere o arginare le proprie situazioni di disagio. È, ad esempio, il caso dei beni
materiali e servizi: per un utente che non riesce a procurarsi alimenti e vestiti in modo
continuativo nel tempo il centro di ascolto diventa una tappa costante durante l’anno. Questo
soprattutto se il centro di ascolto è in grado di soddisfare la richiesta che le persone formulano
durante i colloqui.
Dunque delle 4672 richieste circa il 48% corrispondono a beni materiali e servizi, cioè richieste
relative agli alimenti, ai vestiti, al mobilio e all’igiene della persona (bagni e docce). Seguono le
richieste di lavoro e di sostegno personale, rispettivamente il 21,2% e 15%. Tra chi ricerca il
lavoro ritroviamo sia gli utenti disoccupati che ricercano un impiego, sia le persone che già
disponendo di un lavoro non sufficiente a sostenerle economicamente, cercano un secondo
lavoro per integrare il loro reddito. I sussidi economici, che possono essere prestiti o consegne
di denaro senza la necessità di restituzione della somma, rappresentano il 6,3% del totale delle
richieste. Seguono poi i problemi di abitazione (ad esempio la ricerca dell’alloggio), sanitari (ad
esempio, i medicinali), richieste di prestazioni professionali e di istruzione (come i corsi di
italiano per stranieri), rispettivamente con il 3,6%, il 3,2%, il 2,4% e il 0,5%.
3.2 Le richieste più diffuse
Nel seguente paragrafo non consideriamo più il totale delle richieste, ma quanto esse sono
diffuse tra gli utenti: quindi, analizzeremo quanti utenti hanno manifestato almeno una volta le
diverse tipologie di intervento e vedremo la ripartizione degli utenti in base alla frequenza con
cui vengono formulate le richieste.
19
Mentre per le richieste di beni materiali e servizi non vi è una significativa discordanza tra
uomini (51,5%) e donne (50,9%), riscontriamo delle differenze nelle altre categorie. Circa la
metà degli utenti maschi manifestano la necessità di sostegno personale, e poco più di un terzo
l’esigenza di trovare lavoro. Tra le donne il sostegno personale si ferma al 32,8% del campione
ma è particolarmente diffusa la richiesta di lavoro (62,3%). I dati assoluti della ripartizione per
genere sono presentati nella tavola 6.
Tavola 6 – Ripartizione delle richieste per sesso
Richieste
Prestazioni professionali
Sostegno personale
Abitazione
Istruzione
Lavoro
Sanità
Beni materiali e servizi
Sussidi economici
Totale femmine e maschi
Femmine
51
294
71
14
559
35
457
51
897
Maschi
29
222
78
9
153
27
226
74
439
Fonte: Caritas Ambrosiana
Gli stranieri avvertono maggiormente la necessità di trovare un lavoro e di reperire beni
materiali e servizi rispetto agli italiani, però esplicitano una minore esigenza di sostegno
personale e di sussidi economici. Vi è da dire che spesso gli operatori dei centri di ascolto sono
portati ad elargire i sussidi soprattutto agli italiani che, frequentando più volte il centro, sono più
conosciuti. Infatti sono soprattutto il SAM e il SILOE che hanno fornito questi aiuti. Inoltre fa
capo agli stranieri una maggiore richiesta di aiuto nel campo dell’istruzione, perché la
comprensione dell’italiano favorisce la ricerca del lavoro e l’accesso a determinati servizi. La
situazione si ribalta se consideriamo l’ambito della sanità: in questo caso sono gli italiani a
manifestare maggiori richieste. Ricordiamo infatti che gli italiani sono più anziani rispetto agli
stranieri, i quali si adattano anche alle condizioni più difficili.
Prestiamo attenzione in particolare agli immigrati, distinguendo tra clandestini e regolari, come
presentato nella tavola 7. I beni materiali e servizi e il lavoro sono richiesti da oltre al metà dei
regolari e dei clandestini (a noi noti). In particolare le percentuali sono alte per i clandestini
(superano il 60%). Tra i regolari invece sono piuttosto elevate le richieste nel contesto abitativo
(12% dei regolari rispetto al 3,5% dei clandestini) e al sostegno personale (31,7% dei regolari
rispetto al 12,5% dei clandestini).
20
Tavola 7 – Ripartizione delle richieste per condizione di regolarità della persona straniera
Richieste
Prestazioni professionali
Sostegno personale
Abitazione
Istruzione
Lavoro
Sanità
Beni materiali e servizi
Sussidi economici
Totale clandestini e regolari
Clandestini
11
32
9
7
165
3
159
4
255
Regolare
21
159
60
7
278
12
292
20
501
Fonte: Caritas Ambrosiana
Nei centri di ascolto le richieste non sono ovviamente equidistribuite: alcune categorie hanno
un maggiore peso in alcuni centri rispetto agli altri. Le prestazioni professionali, pur non
essendo particolarmente diffuse, sono concentrate a Varese San Vittore (38 utenti dei 326 del
centro). Il sostegno personale in generale è più registrato, in particolare a Solbiate Arno (39
utenti dei 53) e Varese San Vittore (288 utenti dei 326 del centro). In quest’ultimo centro di
ascolto sono state rilevate diverse richieste relative all’abitazione (89 utenti dei 326 del centro):
forse il problema dell’abitazione è più sentito in città (Varese) che non nei piccoli centri. A
Cardano al Campo si registra qualche richiesta legata al settore dell’istruzione (7 utenti degli 81
del centro). A Tradate si concentrano particolarmente le richieste di lavoro (136 utenti dei 173
del centro). La ricerca di beni materiali e servizi sembra invece avere un forte peso nel centro
di Biumo Inferiore (134 utenti dei 150 del centro) e a Cassano Magnago (25 utenti dei 32 del
centro). Infine, i sussidi economici vengono richiesti in modo diffuso a Induno Olona (25 utenti
dei 41 del centro).
L’ultimo aspetto che trattiamo in questo paragrafo è il dettaglio relativo alle principali richieste
espresse dagli utenti, facendo riferimento alle sottocategorie e non alla macro, come abbiamo
fatto fino ad ora. Ragionevolmente le singole voci non si discostano dalle macrocategorie e le
più registrate sono:
ƒ
Alimentari, buoni mensa e mensa (beni materiali e servizi)
ƒ
Vestiario e guardaroba (beni materiali e servizi)
ƒ
Lavoro a tempo pieno (lavoro)
ƒ
Ascolto (sostegno personale)
La tavola 8 mostra il numero di utenti e la frequenza con la quale le suddette richieste sono
state formulate.
21
Tavola 8 – Ripartizione delle richieste in base alla frequenza di rilevazione
Richiesta
Mai
Frequenza
Una sola
2-5 volte
volta
Più di 5
volte
Alimentari, buoni mensa e
mensa
874
419
40
3
Vestiario e guardaroba
798
421
115
2
Lavoro a tempo pieno
871
274
176
15
Ascolto
923
210
150
53
Fonte: Caritas Ambrosiana
Per quanto riguarda la domanda di alimentari e vestiario non riscontriamo grosse differenze tra
gli utenti che hanno ne fatto richiesta una sola volta. Diversamente gli utenti che si presentano
più volte per ricevere vestiario sono quasi il triplo di quelli che si ripresentano per ottenere
alimenti. La richiesta è più frequente soprattutto tra le donne (98 utenti che hanno richiesto 2-5
volte rispetto al totale di 897 donne) e tra gli stranieri (92 utenti che hanno richiesto 2-5 volte
rispetto al totale di 916 stranieri). L’ultima colonna della tavola 8 invece rappresenta le
situazioni di povertà cronica: infatti gli utenti si recano periodicamente per ricevere pacchi viveri
o vestiti con una cadenza a volte determinata e ormai nota agli operatori del centro di ascolto.
I dati riferiti alla ricerca del lavoro manifestano una persistenza da parte degli utenti nel
richiedere informazioni e indirizzi per reperire un’attività lavorativa. Mentre non riscontriamo
differenze significative tra uomini e donne e nemmeno tra italiani e stranieri, possiamo notare
che gli immigrati clandestini che richiedono il lavoro per 5 volte al massimo sono superiori agli
immigrati regolari di 5 punti percentuali (49% per i clandestini e 44% per i regolari). In effetti le
richieste di lavoro per gli stranieri irregolari sono più frequenti e persistenti. Rispetto alla
richiesta di ascolto, che come abbiamo già detto è implicita nei colloqui svolti presso i centri, il
15,7% degli utenti esprime questa richiesta una sola volta. Ma è numeroso anche il gruppo di
utenti che ritorna più volte presso il centro richiedendo di essere ascoltati (150 utenti rispetto ai
1336 complessivi). Gli utenti italiani che ricercano ascolto dagli operatori per più di 5 volte sono
il doppio degli stranieri, dato rilevante se consideriamo il fatto che gli stranieri sono più del
doppio degli italiani. Altra differenza si riscontra tra gli stranieri clandestini e quelli regolari,
perché proprio tra i primi osserviamo una maggiore necessità di ascolto. Questo potrebbe
essere determinato dal fatto che per gli immigrati clandestini il numero di servizi per loro
previsti è più esiguo di quello dei servizi per stranieri regolari.
4. Le risposte
Alle 4672 richieste formulate nel 2003 sono state fornite altrettante risposte, delle quali il 69,5%
corrispondeva alle esigenze esplicitate dall’utente (le richieste soddisfatte sono state infatti
3249). Questa percentuale non si discosta dal dato dello scorso biennio. Nell’ambito delle
22
risposte affrontiamone immediatamente il livello più dettagliato. È interessante vedere che le
principali risposte corrispondono proprio alle aree delle principali richieste. Come possiamo
osservare dal grafico 8 l’unica differenza rispetto alle richieste più registrate, concerne il lavoro,
poiché la principale risposta da parte dei centri di ascolto riguarda la consulenza e
l’orientamento nella ricerca del lavoro. Infatti in termini di soddisfacimento delle domande degli
utenti ritroviamo, oltre la consegna di alimenti e di vestiario e oltre l’ascolto, la consegna di
sussidi economici. Questa dinamica si presenta perché ovviamente i centri di ascolto non sono
luoghi di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, mentre è più facile per gli operatori fornire
alimenti (1184 richieste soddisfatte), vestiti (856 richieste soddisfatte) e somme di denaro (187
richieste soddisfatte), in base alle possibilità del centro di ascolto o ad eventuali collaborazioni
dei centri con altri enti.
Grafico 8 - Distribuzione delle principali risposte
Ascolto
430
1201
Alimentari, buoni mensa e
mensa
858
Vestiario e guardaroba
1193
Consulenza lavorativa
Fonte: Caritas Ambrosiana
Concludiamo la lettura dei dati della zona di Varese del 2003 con una panoramica sulle
risposte fornite dai centri, con particolare attenzione a quelle che soddisfano le richieste degli
utenti, soffermandoci sulle categorie di risposta più ampie (tavola 9). Per comprendere le
risposte che un centro di ascolto fornisce agli utenti è opportuno fare delle premesse. L’ascolto
è un aspetto che può essere considerato implicito in ogni colloquio. Inoltre a fronte di alcune
richieste l’operatore non è in grado di rispondere, quindi si limita ad ascoltare l’utente. Per
esempio la persona che ricerca lavoro spesso viene accolta dall’operatore che fornisce un
orientamento per la ricerca di una possibile attività lavorativa: in effetti, il compito dei centri di
ascolto è quello di accogliere, ascoltare e orientare la persona alle risorse presenti sul territorio.
È pur vero che rispetto ad alcune richieste è il centro stesso che riesce a intervenire (come nel
caso dei pacchi viveri). Inoltre ci sono altre dinamiche che prescindono dal centro e che fanno
capo principalmente all’utente. Nel caso di un immigrato regolare la ricerca del lavoro può
essere facilitata se lo straniero conosce la lingua italiana: ecco allora che gli operatori
consigliano alla persona immigrata di frequentare corsi di lingua italiana. Commentiamo ora i
dati presentati nella tavola 9. Il 46,2% delle risposte si riferisce ai beni materiali e servizi,
23
dunque principalmente ad alimentari e vestiario. Delle 2235 richieste di beni materiali e servizi i
centri di ascolto ne hanno soddisfatte 2123: in particolare 1193 risposte per gli alimenti, 858 per
il vestiario, 67 per il mobilio e 6 per bagni e docce. Segue il 29,1% del sostegno personale (cioè
principalmente ascolto) e il 10,6% del lavoro (ricordiamo che ci riferiamo quasi totalmente alla
consulenza e all’orientamento lavorativo). La consulenza corrisponde al 13,4% delle risposte,
in ordine quella I centri di ascolto, inoltre, hanno offerto un servizio di consulenza relativamente
a diverse problematiche. In generale, la percentuale di consulenze offerte sul totale delle
risposte è del 13,4%. Esse sono così distribuite tra le varie categorie di risposta: consulenze
lavorative (430 risposte), quelle relative alle problematiche abitative (92 risposte), della sanità
(68 risposte), dei beni e servizi (35 risposte) e pensionistiche (2 risposte).
Tavola 9 – Distribuzione delle richieste, risposte e delle risposte soddisfatte
Categoria della risposta
Richieste
Risposte
Prestazioni professionali
Sostegno personale
Abitazione
Istruzione
Lavoro
Sanità
Beni materiali e servizi
Sussidi economici
Totale
110
699
170
24
991
150
2235
293
4672
120
1359
118
30
493
158
2159
235
4672
Risposte
soddisfatte
68
626
22
13
48
134
2123
215
3249
Fonte: Caritas Ambrosiana
Dal rapporto si evince come i centri di ascolto siano a stretto contatto con le forme di povertà
del territorio e come essi intervengano per arginare stati di bisogno, a volte sommersi e
particolarmente radicati. Indubbiamente, però, il loro operato non può e non deve essere
considerato una risposta definitiva per la risoluzione alle diverse condizioni di povertà di alcune
fasce della popolazione, bensì una risorsa preziosa per portare alla luce quanto ancora ha
bisogno di essere affrontato e risolto, con la collaborazione degli altri soggetti del territorio, sia
del settore pubblico, che del privato sociale.
5. Considerazioni conclusive
Dopo aver passato in rassegna le caratteristiche socio-anagrafiche, i bisogni e le richieste degli
utenti proviamo a definire in sintesi quanto emerge dal rapporto di quest’anno. In realtà
l’”identikit” delle persone che si sono recate nei centri di ascolto della zona di Varese non si
discosta molto da quanto emerso nello scorso biennio 2001-2002. Nuovamente ci troviamo ci
fronte soprattutto a donne, prevalentemente giovani (in età compresa tra i 18 e i 35 anni),
straniere. Nella maggior parte dei casi, gli utenti sono coniugati e hanno conseguito un titolo di
24
studio basso (licenza elementare e media inferiore). Ancora, la persona che si rivolge al centro
di ascolto in genere è disoccupata e, di conseguenza, manifesta problemi di reddito.
In parte questa descrizione corrisponde al profilo diocesano: infatti la predominanza femminile
tra le persone che accedono ai centri di ascolto è diffusa in tutta la diocesi di Milano. Inoltre il
fatto che i centri di ascolto, col passare degli anni, siano sempre più ricercati dagli stranieri
oramai sta diventando una realtà in costante crescita. Questo facilita l’abbassamento dell’età
media del campione, poiché mentre tra gli italiani la percentuale di ultrasessantenni è
significativa, per gli stranieri sono ben più ampie le classi di età inferiori. Dobbiamo infatti
ricordare che in Italia, come in altri paesi d’Europa (ma anche di altri continenti), il processo di
invecchiamento sta portando ad un aumento della popolazione anziana: questo sta avvenendo
sia per il miglioramento della qualità di vita e i notevoli passi della medicina, sia per
l’abbassamento dei tassi di fecondità italiani. In particolare nella provincia di Varese, secondo
l’Istat5, i dati relativi all’anzianità sono i seguenti:
- anziani per bambino
3,44
- indice di vecchiaia
137,07
- indice di dipendenza
46,01
- popolazione residente con almeno 65 anni
148.023
Facendo riferimento alla popolazione residente con 65 o più anni la provincia di Varese si trova
al quarto posto rispetto alle altre province lombarde (preceduta da Milano, Brescia e Bergamo).
L’indice di vecchiaia è dato dal rapporto tra la popolazione con almeno 65 anni e la
popolazione di età non superiore ai 15 anni. Dal dato della provincia di Varese sappiamo che
per 100 ragazzi di età compresa tra 0 e 14 anni, vi sono 137 anziani. Invece l’indice di
dipendenza si ottiene rapportando la popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni e di almeno
65 anni alla popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni (cioè la popolazione
potenzialmente lavorativa).
Se invece spostiamo l’attenzione sulla componente straniera, ed in particolare sui paesi di
provenienza degli immigrati, sottolineiamo che il dato riscontrato in questo rapporto conferma
quanto emerso dall’indagine regionale condotta dall’ISMU (2002): infatti nell’intera area
lombarda prevale la presenza marocchina.
Vogliamo ora terminare la lettura riassuntiva dei risultati emersi nel rapporto attraverso quattro
considerazioni generali.
Il primo aspetto che vogliamo trattare riguarda le donne, che rappresentano il 67,1% del
campione di Varese. Sappiamo che fra gli utenti prevalgono le persone coniugate. Invece la
separazione, il divorzio e la vedovanza si manifestano soprattutto nella compagine femminile
(21,3%). Circa un quinto delle donne del campione deve dunque far fronte ai problemi legati
all’essere soli (soprattutto per le donne anziane) oppure a problemi relativi al reddito. Altra
caratteristica delle donne è quella di essere fortemente legate alla gestione della casa. Tra le
5
14° Censimento della popolazione (2001), ISTAT
25
italiane è il 19,5% ad essere casalinga, mentre la percentuale scende all’ 11,9% tra le
straniere. Questo aspetto, se sommato all’essere sole, può comportare delle difficoltà nella
ricerca di un’eventuale attività lavorativa che sostenga le entrate finanziare della persona. Ma
anche quando la donna è coniugata è usuale delegarle le mansioni di casa e la cura e crescita
dei figli (ricordiamo che nell’intero campione il 41,9% di utenti ha dichiarato di avere figli a
carico): ciò riduce il tempo a disposizione della donna per svolgere lavori fuori casa o,
addirittura, per dedicarsi alla ricerca di essi. Tra le donne che invece accedono al mondo del
lavoro, notiamo che all’interno del campione da noi osservato prevale la professione relativa
alla vendita e ai servizi alle famiglie. Questo è facile da comprendere, anche alla luce di quanto
sopra indicato. Anche fuori dal contesto familiare la donna tende ad esercitare le competenze
acquisite nella gestione della casa. Tale aspetto si riflette, e forse si amplifica, se consideriamo
le donne straniere. Secondo l’ISMU, nel 2002, in Lombardia i mestieri degli immigrati si
distinguevano per genere. Per gli uomini prevalgono i lavori nell’edilizia e nell’industria
manifatturiera, mentre per le donne domina la figura della domestica, seguita da chi svolge
attività di assistenza nelle famiglie (soprattutto alle persone anziane): l’aumento della
popolazione anziana fra gli italiani e la propensione nelle famiglie italiane ad avere entrambi i
coniugi occupati hanno determinato una crescente richiesta di persone che possano occuparsi
dei familiari anziani.
Il secondo aspetto riguarda gli stranieri, distinguendo tra clandestini e regolari. Fra i regolari i
risultati della ricerca fanno emergere la prevalenza dei permessi di soggiorno per lavoro
dipendente e per famiglia. Questa dinamica è confermata anche a livello nazionale dal
Rapporto sull’Immigrazione della Caritas Italiana. Il lavoro è un obiettivo fondamentale per gli
stranieri, che manifestano una certa adattabilità nella ricerca di un’occupazione. Secondo
l’ISMU questo aspetto però ha anche un rovescio della medaglia. In particolare, si sta
affermando un fenomeno di “segregazione occupazionale”, in base al quale gli immigrati
tendono ad inserirsi principalmente in quei settori dove la domanda di forze lavoro non è
soddisfatta dall’offerta di lavoro fornita dagli italiani. Ciò vuol dire che nonostante un immigrato
possa essere portatore di competenze professionali specifiche, difficilmente tenderà a
spenderle qui in Italia. Legato a questo vi è la difficoltà del riconoscimento del titolo di studio
della persona straniera.
Partendo da quanto appena detto passiamo alla terza considerazione, relativa ai bisogni
manifestati dal campione. L’analisi mostra una certa articolazione dei bisogni percepiti dagli
operatori, però risulta che, se per gli stranieri la ricerca del lavoro è un aspetto sostanziale, per
gli italiani sono significative le problematiche legate alla mancanza o all’insufficienza di reddito.
Tra gli stranieri regolari, come già emerso lo scorso anno, prevale rispetto agli immigrati il
bisogno di migliorare la condizione abitativa. Questo perché probabilmente le persone presenti
regolarmente in Italia, potendo contare su alcuni servizi sorti ad hoc per loro, possono
occuparsi del miglioramento della loro qualità di vita. Diversamente i clandestini tendono ad
26
adattarsi maggiormente, accettando con più facilità di vivere in condizioni precarie, coabitando
con i propri connazionali, al fine di raccogliere informazioni che permettano loro di conoscere
meglio il territorio e le relative risorse (probabilmente più note ai conoscenti o connazionali
presenti in Italia da più tempo).
L’ultima considerazione riassume le richieste manifestate dagli utenti. Abbiamo sottolineato
come siano preponderanti le richieste di beni materiali e servizi e la ricerca del posto di lavoro.
In particolare, gli stranieri tendono a presentarsi più volte al centro di ascolto alla ricerca di un
posto di lavoro. Molto frequenti sono anche le richieste di sostegno personale, che sappiamo
essere implicita nell’azione della persona che si reca presso il centro di ascolto, e di sussidi
economici (prestiti o, più facilmente, sussidi). Nel settore della sanità invece è la componente
italiana a sostenere la richiesta, per esempio di medicinali o di visite mediche, per le quali il
centro di ascolto può per lo più fornire consulenza, orientando la persona alle risorse del
territorio. Probabilmente su questo aspetto influisce la maggiore anzianità del gruppo italiano
rispetto a quello straniero. Dobbiamo inoltre considerare che quello sanitario è un settore
particolare, dove può influire facilmente il livello culturale e a volte religioso della persona,
soprattutto se straniera.
In conclusione, il centro di ascolto è un soggetto del territorio che costituisce un osservatorio
privilegiato su tutte queste forme di povertà, alle quali però non può - né ha la pretesa di rispondere autonomamente. I suoi interventi devono, cioè, essere collocati all’interno di
politiche sociali di più ampio respiro, che vedano la compartecipazione di soggetti del pubblico
e del privato sociale, che possano lavorare insieme nella lotta contro la povertà e l’esclusione
sociale.
LE RETI DI SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE DI PERSONE DISABILI
Dopo l’analisi dei dati quantitativi raccolti grazie all’attività dei centri di ascolto, anche
quest’anno il rapporto sulle povertà in Provincia di Varese contiene un approfondimento
qualitativo. In particolare, in occasione della proclamazione del 2003 come anno europeo dei
disabili, Caritas Ambrosiana e Provincia di Varese hanno stabilito di focalizzare la propria
attenzione proprio su questo tema.
L’indagine realizzata si proponeva di verificare l’esistenza sul territorio della provincia di Varese
di reti di sostegno alle famiglie di persone disabili. L’obiettivo è stato quello di verificare quali
fossero i bisogni di queste famiglie sul territorio indagato.
Prima di descrivere la metodologia di ricerca utilizzata, ci sembra opportuno soffermarci
brevemente sul concetto di rete sociale, dal quale siamo partiti nella formulazione dell’ipotesi di
lavoro, e sulla sua applicazione alle reti, formali ed informali, delle famiglie di persone disabili.
27
1. Il concetto di rete sociale
Dal momento in cui entriamo in contatto con le comunità nelle quali viviamo a partire dalla
nostra nascita noi tutti veniamo a far parte di matrici sociali, così come definita da R. Speck6: la
totalità dei contatti e dei contesti sociali dell'individuo. Se provassimo a ripercorrere i primi anni
della vita di un bambino, ci accorgeremmo di quanti aggregati sociali egli può incontrare: per
primo quello familiare, poi la scuola, gli amici, ma anche gruppi sportivi, parrocchiali,
associazioni di vario genere, e così via. Le matrici sociali poi mutano col passare del tempo:
basti pensare al consueto passaggio dalla famiglia di origine ad un nuovo nucleo familiare.
Poiché ognuno costruisce la propria rete sociale essa presenterà diverse sfumature e
dimensioni. Ecco perché appare interessante verificare l'impatto che tale rete ha sulla realtà
dell'individuo. Evidentemente una matrice sociale ridotta ai minimi termini può determinare la
manifestazione di problemi come quello dell'esclusione sociale.
Molte sono le definizioni di rete sociale presenti in letteratura. Ne riportiamo alcune che ci
paiono particolarmente illuminanti nell'economia della nostra ricerca. Ad esempio per Mitchell
la rete sociale è "un insieme specifico di legami tra un insieme definito di persone, con la
proprietà aggiuntiva che le caratteristiche di questi legami possono essere usate per
interpretare il comportamento sociale delle persone coinvolte dai legami7". Con lo stesso
concetto, Bourdieu si riferisce alla "rete di relazioni che un individuo è in grado di mobilitare per
raggiungere degli obiettivi, tra cui il miglioramento della propria posizione sociale8".
1.2 Reti di sostegno alle famiglie di disabili
Soffermiamoci in particolare sul contributo delle reti sociali alle famiglie di persone disabili,
soggetti della ricerca. Il nucleo familiare costituisce la prima cerchia di persone nella quale il
disabile viene a trovarsi. L'annuncio di un figlio disabile può creare un senso di smarrimento e
un momento di solitudine, inizialmente inevitabili a causa della situazione imprevista. Un
mancato o insufficiente sostegno alla famiglia può condurre a situazioni di lieve o più
accentuata esclusione sociale. Per misurare questa condizione possono essere usati diversi
indicatori: la partecipazione sociale e le reti di relazioni individuali e familiari; il grado di
dipendenza da persone, circostanze e processi che determinano l'incapacità di libera
autodeterminazione; il radicamento della società locale (estensione e qualità delle reti sociali di
riferimento). Il supporto sociale riflette infatti il cosiddetto effetto cuscinetto o buffering effect,
secondo il quale la rete sociale agirebbe sugli eventi stressanti e i conseguenti sintomi dello
stress, affievolendoli. I ritmi di una famiglia cui appartiene una persona disabile sono diversi
dalle altre famiglie non interessate dalla disabilità: si pensi al trasporto e all'assistenza che,
6
Mauro Croce, Roberto Merlo "Esplorazioni della rete sociale" tratto da Quaderni di Animazione e
Formazione "L'intervento di rete. Concetti e linee d'azione". Gruppo Abele, 1995.
7
Tratto da "Reti di relazioni e comportamento individuale: l'approccio della social network analysis" di
Susanna Zaccarin, Giulia Rivellini.
8
Tratto da "Terzo rapporto sulle condizioni di povertà a Brescia" dell'Osservatorio permanente delle
povertà e delle risorse della Caritas Bresciana, 2002.
28
qualora coperti da servizi pubblici o privati, prevedono sicuramente tempi e luoghi precisi, i
quali possono modificare significativamente i ritmi di vita dei care-giver più prossimi al disabile.
Quello che risulta interessante, allora, è verificare come le famiglie percepiscano questo
supporto, quali caratteristiche o indicatori di benessere facilitino l'approccio alle reti sociali
(informali o formali) e quali azioni e sinergie possano introdurre miglioramenti, laddove le
persone disabili e i rispettivi nuclei familiari si siano già attivati per l'integrazione in una matrice
sociale quantitativamente e qualitativamente favorevole.
2. La metodologia della ricerca
Come dicevamo sopra, è a partire da questi concetti che l’équipe dell’Osservatorio diocesano
delle povertà, in collaborazione con l’Area disabili di Caritas Ambrosiana, ha formulato
un’ipotesi di ricerca, con l’obiettivo di approfondire il tema delle reti di sostegno alle famiglie di
persone disabili.
Trattandosi di una ricerca qualitativa, il disegno di ricerca era destrutturato, aperto, idoneo a
captare l’imprevisto e modellato nel corso della rilevazione.
La teoria di riferimento da cui si è partiti per impostare la ricerca sostiene che il ricorso alle reti
primarie (famiglie, amici, parenti, vicini di casa, eccetera), alle associazioni e ai servizi in
generale, migliora la qualità della vita delle famiglie di persone disabili e, di conseguenza, dei
disabili stessi.
A partire da questa teoria, è stata formulata la seguente ipotesi, che si è voluto verificare
attraverso la nostra indagine: le reti in realtà funzionano quando la famiglia del disabile è già in
possesso di alcune caratteristiche (status socio-economico elevato, preparazione culturale,
conoscenza dei servizi e/o di persone che operano presso servizi del territorio, eccetera) e
soprattutto quando essa è inserita in un territorio vivace, sensibile, ricco di risorse (servizi
sociali, gruppi parrocchiali, associazioni per il tempo libero, eccetera).
Obiettivo finale è stato comprendere se esistano – e in caso affermativo, quali siano - le buone
prassi che fanno funzionare le reti. Nell’ambito del modello così definito, ci si è proposti di
individuare quale ruolo potesse avere il volontariato.
Lo strumento utilizzato per condurre l’indagine è stato quello delle interviste semi-strutturate.
Tra novembre 2003 e febbraio 2004 sono state realizzate una trentina di interviste, rivolte sia a
famiglie di disabili che a responsabili e/o operatori di servizi per disabili presenti nella provincia
di Varese. Le interviste sono state effettuate in base alla tecnica non direttiva e hanno assunto
la caratteristica del colloquio. In questo modo, oltre ad approfondire l’esperienza del testimone
in relazione al tema oggetto di studio, si è voluto lasciare spazio anche ad eventuali nuovi temi,
che potevano emergere nel corso dell’intervista e essere utili nell’economia della ricerca.
La scelta dell’approccio qualitativo va ricondotta a due principali motivi: il primo riguarda il fatto
che si tratta di un’indagine che si propone di esplorare un fenomeno e, quindi, di raccogliere il
maggior numero di informazioni possibili al riguardo; il secondo va ricondotto all’eterogeneità
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delle situazioni dei disabili, sia a causa delle molteplici patologie che le determinano, sia a
causa dei diversi livelli di autonomia che ne derivano. Situazioni diversissime tra loro e, quindi,
difficilmente comparabili sulla base di indicatori rigidamente predefiniti.
Trattandosi di un’indagine qualitativa, il campione non è rappresentativo. Le famiglie
intervistate
sono
state
segnalate
dalle
associazioni
e
dalle
cooperative,
i
cui
operatori/responsabili di servizi sono stati a loro volta intervistati. Nella scelta delle famiglie
l’unica condizione posta è stata la loro disponibilità a farsi intervistare, indipendentemente dalle
caratteristiche delle persone e dei nuclei familiari e dal grado di parentela degli intervistati con
la
persona
disabile.
Ovviamente,
qualche
elemento
comune
c’è,
poiché
le
cooperative/associazioni interpellate non si occupano di tutte le persone disabili, ma ciascuna
di esse è specializzata in qualche tipo di patologia (disabili solo fisici, disabili solo mentali,
entrambe le categorie, eccetera). Era inevitabile che questo tipo di specificità si riflettesse
anche nel nostro campione.
Per la realizzazione dell’indagine sono state elaborate due tracce di intervista semi-strutturata
destinate rispettivamente alle famiglie e ai servizi (v. Allegati). I due strumenti così elaborati
intendevano, pur attraverso domande diverse, delineare la figura del care-giver all’interno delle
famiglie con persone disabili e individuare quali persone/realtà costituiscano normalmente la
rete del care-giver.
Dopo un pre-test effettuato dai membri dell’équipe di ricerca, le tracce elaborate sono state
utilizzate nelle interviste e hanno subito alcune modifiche, resesi necessarie a seguito dei primi
4-5 colloqui.
INTERVISTE AGLI OPERATORI
In questo capitolo verranno presentati i risultati emersi dalle interviste agli operatori di servizi
pubblici e privati che, a diverso titolo, si occupano di persone disabili.
Le persone intervistate, nella maggior parte dei casi, lavorano in cooperative sociali che
gestiscono servizi per persone disabili. Si tratta di CSE (centri diurni per persone con una
disabilità medio-grave), CRH (centri residenziali) e comunità alloggio che hanno convenzioni
con enti pubblici. Tre operatori sono impiegati in cooperative sociali di tipo B che si occupano di
inserimenti lavorativi, mentre una persona fa parte di un’associazione di volontariato. E’ stato
intervistato anche un operatore del comune di Varese.
In modo particolare ci soffermeremo sulle caratteristiche dei nuclei familiari con persone
disabili, sui bisogni delle famiglie e del care-giver, sulla figura del care-giver e la sua rete di
supporto, sulla rete dei servizi territoriali e i rapporti con il mondo del volontariato, sul tema del
“dopo di noi”.
30
1 Le caratteristiche del nucleo familiare
Di fronte alla domanda sulle caratteristiche dei nuclei familiari che si rivolgono ai vari servizi, la
maggior parte degli operatori intervistati ha affermato che la disabilità è un fenomeno
assolutamente trasversale.
Le famiglie sono eterogenee per quanto riguarda le dimensioni del nucleo, lo status sociale, il
livello culturale, lo stato occupazionale: l’unica caratteristica comune sembra proprio quella di
avere una persona disabile all’interno della famiglia e quindi un vissuto di sofferenza che deriva
da questa situazione.
“...spesso dal di fuori si ha l’immagine che, perchè in quella famiglia c’è la presenza di
una persona disabile, allora vuol dire che c’è qualcosa che accomuna quella famiglia alle altre.
Non è vero.”
(operatore di un servizio privato)
Il quadro non cambia anche se ci si rivolge ad operatori del servizio pubblico, a cui si
riferiscono persone disabili di ogni età e ceto.
“...una caratteristica è proprio quella di non avere una fascia, anche perchè la disabilità
non fa differenze di nucleo familiare nè di reddito.”
(operatore di un servizio pubblico)
In generale, le famiglie non hanno dimensioni molto ampie: sono abbastanza numerosi i nuclei
monoparentali composti da un genitore anziano ed un figlio disabile già adulto e che, in alcuni
casi, vive in un centro residenziale. Si tratta nella maggior parte dei casi di pensionati che
hanno uno status sociale medio-basso, anche se non mancano i genitori separati.
Un’altra parte degli utenti dei servizi sono famiglie di quattro o cinque persone, spesso con i
figli ancora in casa: proprio data la giovane età dei figli disabili queste famiglie si rivolgono ad
una gamma più ampia di servizi che vanno dal centro diurno, a servizi di tipo riabilitativo, a
cooperative di inserimento lavorativo.
1.2 Il care-giver e la sua rete
La maggior parte degli operatori intervistati afferma che sono le madri a prendersi cura del figlio
disabile.
“di solito, ed è una cosa abbastanza costante, è la madre.”
(operatore di un servizio privato)
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Sono pochi i padri che dividono con la moglie i compiti della cura o che comunque accettano di
intervenire per compiti più pratici, forse anche perché fanno più fatica delle mogli ad accettare
la disabilità del figlio. La mancanza di una figura maschile di riferimento, però, a volte porta al
rischio che il rapporto madre-figlio assuma caratteristiche simbiotiche e diventi un legame
esclusivo, che ostacola il processo di autonomia della persona disabile.
I fratelli e le sorelle, anche quando hanno già una vita autonoma, restano sempre sullo sfondo:
in molti casi sono proprio i genitori che non vogliono coinvolgerli per non caricarli
eccessivamente del peso della cura.
“i genitori tendono a gestirsi da soli il figlio disabile, in alcuni colloqui mi dicono che
preferiscono non dare all’altro figlio il peso della persona disabile, perchè è giusto che faccia la
sua vita”.
(operatore di un servizio privato)
Se la madre riceve poca collaborazione all’interno del proprio nucleo familiare, ancora più
scarso è il sostegno che ottiene dall’esterno: gli operatori hanno la sensazione che le famiglie
vengano lasciate a se stesse e cerchino di “arrangiarsi” con le proprie forze. Qualcuno trova un
appoggio nella famiglia estesa, ma si tratta al massimo di due o tre persone che si attivano solo
nei momenti di emergenza. Altri si rivolgono ad operatori a pagamento come badanti o
operatori professionali che comunque offrono solamente aiuti occasionali.
Le madri, però, sono sempre restie a chiedere aiuto all’esterno e a dividere con altri
l’esclusività della cura. Proprio per questo motivo, più di un operatore ha fatto presente la
necessità di organizzare dei servizi domiciliari che siano in grado di arrivare dentro la famiglia,
senza sconvolgerne le abitudini e gli equilibri.
“molti genitori che non ce la fanno più a gestire anche fisicamente il figlio hanno chiesto
l’assistenza domiciliare.”
(operatore di un servizio privato)
1.3 I bisogni della famiglie e del care-giver
I bisogni che le famiglie con una persona disabile esprimono agli operatori dei servizi si
possono ricondurre a due categorie diverse: ci sono fatiche emotive ed esigenze più pratiche.
Quando i figli sono giovani le famiglie hanno soprattutto l’esigenza di intraprendere attività
riabilitative o comunque di mantenimento delle abilità acquisite, accanto ad un bisogno di avere
degli spazi per se stessi, per mantenere una vita sociale “normale”.
32
“per quelli un pochettino più giovani l’esigenza è di avere un po’ di libertà, magari solo il
fatto di andare una sera a mangiare la pizza...e a volte non è possibile portarsi dietro il figlio
disabile, oppure farsi una vacanza.”
(operatore di un servizio privato)
Nel momento in cui la persona disabile diventa adulta ci si trova ad affrontare problematiche
diverse: per alcuni il rapporto con il mondo del lavoro, per altri la richiesta è quella di trovare
una struttura che garantisca un’accoglienza più completa, fino ad arrivare alla residenzialità
fissa. Quasi tutti i genitori, inoltre, manifestano l’esigenza di essere alleviati dalla fatica, anche
fisica, della gestione quotidiana del figlio e di essere aiutati ad affrontare le richieste di
autonomia di un disabile adulto.
Occuparsi di una persona disabile, che spesso non riesce ad esprimere chiaramente i propri
bisogni, non è facile: alcuni genitori lamentano la difficoltà a comprendere ed interpretare le
esigenze dei figli e il disagio nel dover gestire i comportamenti problematici che spesso si
manifestano anche in pubblico.
“ La fatica più grossa credo sia quella di riuscire a leggere i veri bisogni della persona
disabile che, avendo un deficit intellettivo, fa fatica a comunicare.”
(operatore di un servizio privato)
Quasi tutti riportano agli operatori la richiesta di avere un pò di sollievo per sè: a volte basta
che il centro organizzi una settimana di vacanza per i figli per dare modo ai genitori di riposarsi,
altre volte è sufficiente avere un luogo in cui il proprio figlio possa trascorrere sette ore al giorno
impegnato in attività che migliorino la propria qualità della vita. Oltre alle fatiche di ordine
pratico legate alla gestione quotidiana della persona disabile, alcuni genitori vorrebbero un
aiuto per il disbrigo delle pratiche e per orientarsi tra la burocrazia.
Sono molte le famiglie che evidenziano la necessità di un supporto psicologico: l’esigenza di
avere qualcuno con cui parlare dei propri problemi e che comprenda le proprie difficoltà è un
modo per sentirsi meno soli ad affrontare la disabilità del figlio.
“tanti hanno una grossa aspettativa nei confronti del figlio, ma c’è anche un bisogno
ancora più nascosto che è quello di imparare ad accettare il proprio figlio così come è, e per
molti questo è un problema grosso perché non riescono ad accettare il proprio figlio con i limiti
che ha, lo vorrebbero diverso anche dove non è possibile.”
(operatore di un servizio privato)
33
La cura di un figlio disabile, di solito, occupa il tempo dei familiari al punto da far passare in
secondo piano i propri interessi e le proprie esigenze, portando i genitori a rinunciare ad una
vita di relazione normale.
“...avere un disabile grave o gravissimo in casa condizione tantissimo la vita: i genitori
parlano sempre in funzione del disabile, di come sono organizzati, di cosa fanno per lui, e poco
di quello che attiene a tutto il resto.”
(operatore di un servizio privato)
1.4 “Dopo di noi”
Il servizio frequentato dalle persone disabili rappresenta per i genitori anche il punto di
riferimento a cui rivolgersi per ricevere consigli su come affrontare il “dopo di noi”. Gli operatori
intervistati hanno le idee molto chiare su quello che si può fare per risolvere questo problema
che è fonte di angoscia per i familiari.
Innanzitutto la soluzione è da preparare attraverso un percorso di presa di coscienza da parte
dei genitori dello status di adulto del figlio disabile: solo riconoscendo il bisogno di autonomia
della persona disabile si può iniziare a progettare la sua vita al di fuori del nucleo familiare.
“La scelta di solito è quella di tenerlo in famiglia fino a che la famiglia non ce la fa più,
per poi collocarlo in un centro residenziale o comunità alloggio. La cosa interessante sarebbe
ragionare su una scelta abitativa esterna alla famiglia non residuale alla fine di un percorso
familiare, ma come scelta di persona adulta, che con le sue disabilità diventa comunque
adulto.”
(operatore di un servizio privato)
Solitamente i genitori tendono a far restare in famiglia la persona disabile finché se ne possono
occupare. In pochi casi, alla morte dei genitori, i fratelli si accollano l’onere della cura della
persona disabile, mentre nella maggior parte dei casi ci si affida a strutture residenziali. L’unità
di offerta, per quanto riguarda questo tipo di servizi, è abbastanza diversificata: per le persone
con una disabilità medio-grave ci sono centri residenziali di dimensioni piuttosto grandi ed in
grado di garantire anche un’assistenza di tipo infermieristico. Per le persone più autonome,
invece, ci sono comunità alloggio o microcomunità, che offrono una dimensione più familiare e
la possibilità di sperimentare una vita indipendente al di fuori del nucleo familiare.
“ci vorrebbero proprio delle strutture a livelli, nel senso che una persona con disabilità
medio-grave dovrebbe andare dove ci sono altre con disabilità medio-grave e così via.”
(operatore di un servizio privato)
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Tutti gli operatori, comunque, sottolineano la grande richiesta da parte dei genitori di strutture
residenziali, esigenza che non sempre trova una risposta adeguata anche a causa dei costi
elevati della gestione di questi servizi, che inevitabilmente si ripercuotono anche sulle famiglie.
La soluzione migliore sarebbe quella di organizzare una gradualità di interventi di sostegno alla
famiglia che, a partire dall’intervento a domicilio, propongano una serie di offerte diversificate a
seconda della situazione familiare, del tipo di disabilità e del grado di autonomia. Il vantaggio di
queste proposte “su misura” è anche quello di evitare il ricorso alla residenzialità solo nel
momento dell’emergenza. In alcuni casi, infatti, si rischia di trovarsi in strutture lontane dal
luogo di residenza che non consentono di mantenere le abitudini e i legami di una vita.
1.5 I rapporti con il volontariato
Quasi tutti i servizi coinvolti nell’indagine hanno rapporti, in modo più o meno continuativo, con
il mondo del volontariato. In alcuni casi i volontari si occupano del servizio di trasporto da e per
il centro, affiancando gli autisti del pulmino, sono soprattutto pensionati che si sono avvicinati
alle attività del centro tramite un passaparola.
Molti si occupano dell’animazione: organizzano attività ricreative e momenti di festa in
occasioni particolari. Altri aiutano gli educatori nelle varie attività del centro e, a seconda delle
proprie capacità ed inclinazioni, vengono indirizzati verso un’attività particolare: c’è chi si
occupa della lavanderia, della cucina, del giardinaggio o di piccoli lavori di manutenzione.
Solitamente i volontari vengono messi a conoscenza del progetto sulle persone disabili che
frequentano il centro, a loro però non si chiede un intervento educativo ma solo di relazionarsi
con spontaneità, mantenendo comunque un confronto costante con gli operatori.
“E’ importante la figura del volontario perché è una figura esterna: viene qua senza
conoscere le storie degli ospiti e si rapporta con loro in modo molto spontaneo. Loro sanno che
viene qua per loro, quindi anche il rapporto affettivo che si crea è molto bello.”
(operatore di un servizio privato)
In alcuni centri i volontari hanno la funzione di consentire agli operatori di svolgere attività che
altrimenti, per mancanza di organico, non si potrebbero realizzare, in modo particolare le uscite
e l’attività di piscina.
“Quando arriva un volontario siamo contenti perchè è un buon supporto, siamo in grado
di fare delle cose in più...penso ai bambini che sono in carrozzina: finalmente li si può portare
fuori, perché altrimenti un operatore con tre carrozzine non ce la fa.”
(operatore di un servizio privato)
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Molti operatori hanno sottolineato l’importanza delle motivazioni che spingono a fare
volontariato e la necessità di una formazione specifica che sia in grado di supportarli nel corso
della loro attività. Tutti, comunque, hanno espresso soddisfazione per l’apporto del volontariato
che è qualitativamente diverso dal contributo che danno gli operatori, l’unica richiesta ulteriore
che si potrebbe avanzare è quella di impegnarsi anche nel tempo libero delle persone disabili,
cioè negli orari in cui non frequentano il centro, in modo da alleviare la famiglia, magari
proponendo delle uscite. Nonostante nella sola città di Varese siano presenti più di un centinaio
di associazioni di volontariato, solo in un caso i volontari appartengono ad un’associazione, gli
altri sono tutte persone che sono venuti a conoscenza delle attività del centro e si sono
proposte autonomamente. A volte, dalla frequentazione del centro, sono nate relazioni
particolari con alcune famiglie che hanno portato a rapporti che continuano nel tempo fino a
diventare quasi un’amicizia.
Da parte del servizio pubblico c’è la consapevolezza che il vasto mondo del volontariato deve
essere supportato in maniera adeguata dai servizi, che spesso tendono a delegare al
volontariato quello che, per mancanza di risorse, non si riesce ad attuare.
“Sembra che il volontariato possa risolvere mille problemi, poi di fatto il volontariato da
solo, o comunque con le risorse di cui dispone oggi, è un po’ utopistico che lo faccia.
Probabilmente manca una capacità anche da parte dell’ente pubblico di stimolare
adeguatamente le risorse del volontariato.”
(operatore di un servizio pubblico)
1.6 La rete dei servizi
Tutti i servizi coinvolti nell’indagine hanno dei rapporti di convenzionamento con enti
istituzionali quali Regione, Provincia, Comune e ASL.
Per quanto riguarda le scuole e le associazioni di volontariato, invece, i rapporti sono più
sporadici e comunque limitati ad iniziative particolari.
Ogni servizio organizza attività esterne per farsi conoscere sul territorio, finalizzate anche alla
raccolta di fondi: si va da feste, a concerti, lotterie, convegni, attività di teatro, vendita di fiori.
Un problema evidenziato da alcuni operatori è che nella maggior parte dei casi è il centro che
esce e organizza attività all’esterno, mentre sono poche le persone che entrano e partecipano
attivamente alla vita quotidiana del centro. Un luogo frequentato da molti servizi è l’oratorio, sia
per l’utilizzo di spazi per attività e manifestazioni, sia per favorire l’integrazione sociale delle
persone disabili.
“Abbiamo frequentato per alcune ore l’oratorio estivo, per cui in qualche modo abbiamo
fatto conoscere i nostri bambini disabili e i nostri bambini hanno conosciuto il territorio”
(operatore di un servizio privato)
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I servizi non sono slegati tra loro, ma sono molto spesso in rete: c’è un rapporto stretto con altri
centri, in modo particolare con quelli che appartengono alla stessa organizzazione, è stato
istituito anche un tavolo di confronto a cui partecipano i coordinatori dei servizi per disabili della
provincia. Alcuni servizi si sono affidati alla rete delle assistenti sociali per promuovere il proprio
servizio.
“Tra i servizi gestiti dalla nostra fondazione c’è una sorta di collaborazione, per cui ad
esempio sfruttiamo lo spazio piscina del CRH, oppure la palestra di un altro centro, e
comunque ci si confronta sempre”
(operatore di un servizio privato)
È frequente anche l’utilizzo dei mezzi di comunicazione: alcuni centri hanno un volantino o una
brochure, la guida dei servizi, il sito, un giornalino più o meno artigianale che viene diffuso
anche grazie alle famiglie delle persone disabili, ed un centro partecipa anche ad una
trasmissione radio.
1.7 Il livello di soddisfazione degli utenti
La maggior parte degli operatori ha un ritorno positivo da parte delle famiglie riguardo all’attività
del proprio centro. I genitori sono soddisfatti soprattutto per il buon livello qualitativo della
risposta: apprezzano molto il fatto che il centro non sia solo un “parcheggio” ma offra ai propri
figli opportunità di crescita e di integrazione. Altro motivo di soddisfazione è la flessibilità con
cui operano gli educatori, la disponibilità ad adattare l’orario di lavoro alle esigenze degli ospiti
e delle loro famiglie.
“Sono soddisfatti proprio per il clima di supporto alla famiglia che si viene a creare, per
cui certe volte alla famiglia non viene risposto di no perchè è finito l’orario di lavoro.”
(operatore di un servizio privato)
Sicuramente l’avere momenti di sollievo mentre il proprio figlio è al centro costituisce già una
piccola conquista per i familiari che vedono alleviate le proprie fatiche. A volte sono sufficienti i
piccoli progressi dei figli a creare l’impressione che si stia facendo un buon lavoro. Non
mancano le difficoltà: i genitori di solito sono molto esigenti, anche perchè fanno molta fatica ad
affidare il proprio figlio nelle mani di estranei e quindi vorrebbero che si facesse sempre
qualcosa di più.
La
disponibilità
degli
operatori
ad
incontrare
i
familiari,
confrontarsi,
coinvolgerli
nell’elaborazione del progetto educativo sui propri figli e tenerli sempre aggiornati su quello che
succede al centro è il modo migliore per rassicurarli e renderli soddisfatti.
37
“Noi abbiamo parecchi contatti con la famiglia perché abbiamo questo momento di
accoglienza e dimissione: i genitori vengono a portare e prendere il ragazzo per cui ha un
minimo di colloquio, anche cinque minuti ma sempre con l’educatore di riferimento. Anche
quello è un buon momento di interscambio in cui si riesce a dirsi le cose.”
Nonostante questo non mancano situazioni di chiusura, dovute anche a dinamiche interne alla
famiglia che non accetta facilmente di delegare ad altri il compito dell’assistenza del figlio.
2. LE INTERVISTE AI FAMILIARI
In questo capitolo verranno presentati i risultati emersi dalle interviste ai familiari delle persone
disabili. Dopo aver dato una breve descrizione dei nuclei familiari coinvolti nell’indagine e dei
loro bisogni, dedicheremo una particolare attenzione alla figura del care-giver e alla sua rete di
supporto. Analizzeremo inoltre la presenza di servizi per persone disabili sul territorio e la loro
visibilità, nonché i rapporti con il volontariato. Infine, ci occuperemo del problema del “dopo di
noi”, fonte di preoccupazione per la maggior parte dei familiari intervistati.
2.1 Le caratteristiche del nucleo familiare
Il questionario è stato somministrato nella maggior parte dei casi alla madre della persona
disabile, mentre una volta è stata intervistata la moglie e negli altri casi sono intervenuti un
fratello ed una cugina.
È molto difficile descrivere una famiglia “tipo” di una persona disabile: la composizione del
nucleo risulta molto eterogenea, per quanto riguarda il numero dei componenti, l’età media, il
livello culturale e lo stato occupazionale. Ci sono famiglie con due o tre figli, di cui qualcuno ha
già lasciato il nucleo familiare e si è costituito una famiglia propria ma è sempre disponibile ad
intervenire in caso di difficoltà. Non mancano le famiglie monoparentali: abbiamo intervistato
una madre separata ed una vedova. È presente anche una diversa tipologia di disabilità: quella
delle persone anziane che acquisiscono delle patologie invalidanti.
Tre persone disabili non stanno in famiglia: si tratta di una persona che è ricoverata in ospedale
in seguito ad un incidente automobilistico e due che vivono stabilmente in un centro
residenziale.
Le persone disabili di cui hanno parlato gli intervistati hanno un’età che va dai 13 agli 83 anni, i
familiari hanno un livello culturale medio: alcuni, soprattutto le persone più anziane, hanno
frequentato solo le scuole dell’obbligo e sono pensionati. Non mancano, tra le famiglie più
giovani, persone che hanno potuto proseguire gli studi fino alla laurea. Nella maggior parte dei
casi la madre ha dovuto interrompere la propria attività lavorativa per occuparsi a tempo pieno
della persona disabile: soprattutto nei primi anni di vita, quando il tempo impiegato per terapie
38
riabilitative è maggiore e c’è bisogno di un’assistenza continua, sembra difficile conservare
un’occupazione a tempo pieno.
L’abitazione in cui vive la persona disabile è quasi sempre adeguata alle sue esigenze, anche
perché le persone coinvolte non hanno gravi problemi di deambulazione. Si tratta nella maggior
parte dei casi di una casa di proprietà, solo una persona risiede in una casa popolare in affitto.
2.2 I bisogni delle famiglie
I bisogni di una famiglia con una persona disabile sono molti e questo si verifica
indipendentemente dalla gravità della disabilità.
“I bisogni sono tanti, nel senso che ha sempre bisogno di una persona vicino, perchè
anche al centro ha un rapporto uno a uno.”
(la madre di una persona disabile)
Quello che accomuna le persone disabili di tutte le età è la mancanza di indipendenza:
nessuno riesce ad autogestirsi e quindi non è in grado di rimanere in casa da solo, se non per
brevissimi periodi di tempo. La maggior parte degli intervistati paragona la persona disabile ad
un bambino con tutte le esigenze di una persona che, anche se fisicamente sembra adulta, in
realtà ha bisogno della presenza costante di qualcuno che lo controlli. Il problema del controllo
si pone in tutti i casi: le persone disabili non sono in grado di riconoscere il pericolo e quindi
vanno “sorvegliate” in ogni momento.
“Lui, malgrado abbia 26 anni compiuti, ha 18 mesi come livello mentale. È come avere
in casa un bambino di un anno e mezzo: è tranquillo, però come tu te lo perdi d’occhio magari ti
combina il malanno, qualche dispettuccio.”
(la madre di una persona disabile)
A questo si aggiungono le difficoltà di ordine pratico che derivano dalla mancanza di
autonomie: molti hanno bisogno di essere aiutati a vestirsi, lavarsi, mangiare…Queste attività,
anche se svolte con naturalezza, comportano un impegno fisico gravoso che aumenta con il
passare degli anni, eppure quasi nessuno si lamenta delle fatiche fisiche, pesa soprattutto la
tensione di dover sempre controllare che la persona disabile non si metta in pericolo.
Molti genitori accettano senza particolari difficoltà di dedicare il proprio tempo al figlio disabile,
che spesso impegna buona parte della giornata perché deve anche essere accompagnato alle
terapie specialistiche o al centro diurno. Non manca, però, chi, non potendo rinunciare al
lavoro, trova difficoltà nel conciliare tutti gli impegni per fornire una risposta adeguata alle
esigenze del figlio disabile. Quello che pesa di più, in alcuni casi, è proprio il sapere di non
avere tempo per se stessi, di non potersi mai concedere una pausa.
39
“ Posso dire, affido M. ad una persona di fiducia se ho una necessità, ma per dire “vado
a divertirmi” non ce la faccio, non mi divertirei. Anche in vacanza, andremmo da soli, ma per
essere in vacanza e pensare che M. è a casa, uno non ci va, perchè è dura: o bisogna
costringere il fratello a prendere le ferie per stare con lui...poi torniamo che lui è più agitato, non
si sa come la vive perchè è abituato per 24 ore a fare tutte le esperienze con la famiglia...”
(la madre di una persona disabile)
C’è poi chi trova difficoltà nell’accordare le esigenze degli altri figli con quelle del figlio disabile:
il tempo dedicato agli altri, in proporzione, sembra troppo poco e la preoccupazione è quella di
riuscire a garantire a tutti le attenzioni necessarie.
Qualcuno riconosce che il proprio malessere ha origini più profonde: non sempre si riesce ad
accettare la disabilità del figlio o la causa che l’ha determinata, e la convivenza con questo
disagio rende più difficile affrontare la quotidianità.
Quando la persona disabile non risiede più in famiglia sicuramente diminuiscono le difficoltà di
ordine pratico, quello che pesa di più è la lontananza, anche se in alcuni casi vedere il proprio
figlio sereno in compagnia di altre persone rende meno faticoso il distacco.
2.3 La relazione di cura
Nella quasi totalità dei casi il ruolo di care-giver è rivestito da una figura femminile, solo in un
caso è il fratello ad occuparsi dell’assistenza, ma sempre coadiuvato dalla moglie. Le madri
rivestono un ruolo da protagoniste e sembrano accettare con naturalezza questo compito,
anche nel caso dell’anziano che non è più autosufficiente è la moglie ad accudirlo, mentre i figli
restano sempre sullo sfondo.
I padri non si assumono mai un impegno costante e a tempo pieno, come quello delle proprie
mogli: al massimo sono disponibili al sabato o alla domenica e si occupano più che altro di
compiti pratici e di accompagnare i figli nelle uscite.
Il peso della cura non è mai suddiviso equamente tra i membri della famiglia: solitamente è
coinvolta una persona sola che si addossa gli oneri e gli onori della cura. Le madri, inoltre,
sono spesso restie a chiedere aiuto ad altri, anche quando si tratta di altri membri della
famiglia. Molte volte la paura di essere di peso, di disturbare, impedisce di chiedere aiuto
anche agli altri figli. La madre è anche la regista del lavoro di cura: è lei che, in caso di bisogno,
attiva i vari nodi della rete e li coordina, affidando a ciascuno un compito particolare.
La maggior parte della famiglie sono chiuse in se stesse e difficilmente chiedono aiuti
all’esterno: quando proprio non se ne può fare a meno intervengono gli altri figli o la famiglia
d’origine.
40
“Fino ad ora ci siamo sempre arrangiati da soli, nel senso che se c’è qualche
emergenza di solito sta a casa il fratello, chiede le ferie lui. Fino ad ora non abbiamo mai
chiesto aiuti all’esterno, anche perché l’emergenza lui la vive già in modo conflittuale, avere
una persona che non lo capisce lo bloccherebbe di più.”
(la madre di una persona disabile)
“I miei figli sono disponibili, se c’è una necessità, quando chiamo. Quando faceva fatica
a respirare l’ho portato al pronto soccorso e, naturalmente, ho dovuto dipendere da mia figlia”.
(la moglie di una persona disabile)
Quando le emergenze costringono a ricercare altri sostegni, le famiglie si rivolgono ad operatori
a pagamento quali badanti o colf.
Il punto di riferimento per le emergenze e per l’orientamento verso gli altri servizi è sempre il
centro frequentato dalla persona disabile: i genitori hanno instaurato un rapporto di fiducia ed è
lì che si rivolgono per avere informazioni su come comportarsi e a chi rivolgersi in caso di
necessità. Spesso il servizio è l’unico appoggio e quasi nessuno fa affidamento sul
volontariato. I medici di famiglia ricoprono un ruolo molto marginale e intervengono solo per le
emergenze, solo un nucleo familiare ha trovato un valido sostegno in un’equipe medica
specializzata.
2.4 Conoscenza dei servizi territoriali
La maggior parte delle persone intervistate conosce solo il servizio frequentato dal familiare.
Il servizio prende in carico la persona disabile e spesso cerca di offrire anche un sostegno ai
genitori con modalità differenti: in primo luogo, attraverso l’ascolto ed il dialogo costante per
tenersi costantemente aggiornati sulla situazione del figlio. Alcuni servizi, poi, organizzano
gruppi di mutuo aiuto familiari o comunque momenti di confronto tra genitori che vivono le
stesse problematiche.
Un’altra utile funzione svolta dal centro frequentato è l’orientamento: chi è entrato in contatto
con altri servizi territoriali spesso lo ha fatto su indicazione del centro che lo ha indirizzato verso
strutture in grado di offrire un servizio più adeguato alle proprie esigenze.
Alcune famiglie, prima di scegliere il centro dove inserire il familiare, ne hanno visitati altri due o
tre per cercare di trovare la soluzione migliore.
“Prima di inserirla siamo andati a vedere un paio di altri servizi. Abbiamo valutato tutto
perché so che A. è molto curiosa, interessata al fatto di prendere i mezzi pubblici, il pulmino per
andare in piscina o in palestra.”
(la madre di una persona disabile)
41
I servizi conosciuti, comunque, solitamente fanno parte della stessa fondazione, che propone
un’unità di offerta volta a garantire la cura della persona disabile in tutte le fasi del ciclo di vita e
con disabilità di diverso tipo.
È significativo il fatto che nessuna delle famiglie intervistate conosca servizi per il tempo libero:
per chi vive in un centro residenziale infatti, esso coincide con il momento della visita dei
familiari, mentre per gli altri è il tempo trascorso in famiglia o in compagnia di amici. Solo una
famiglia conosce associazioni di volontariato, con cui è entrata in contatto tramite il centro.
Un servizio che hanno conosciuto quasi tutti i familiari degli intervistati è la scuola. A questo
proposito si riportano opinioni contrastanti, dovute anche alla specificità dei singoli casi:
qualcuno ha trovato nella scuola un’occasione di integrazione, mentre altri hanno vissuto come
un insuccesso il mancato raggiungimento di obiettivi scolastici.
“Lui ha finito le elementari a 13 o 15 anni. La direttrice avrebbe voluto trattenerlo ancora
ma ormai aveva perso tutti i riferimenti dei compagni che lui conosceva, l’insegnante di
sostegno cambiava ogni anno...”
(la madre di una persona disabile)
2.5 La rete del volontariato
Solo una tra le famiglie intervistate frequenta in modo continuativo un’associazione di
volontariato, del cui operato è abbastanza soddisfatta.
Altre sono in contatto con i volontari che si occupano del trasporto dei figli al centro diurno, con
loro si incontrano quotidianamente per tenersi aggiornati su quello che succede al centro.
Qualcuno non ha nessun rapporto con il mondo del volontariato e non esita a sottolineare la
scarsa apertura dei vicini, che spesso non si interessano dei problemi altrui e comunque non
sono solleciti nel prendersene cura.
“Io non ho mai avuto offerte di amicizia. Questo territorio è freddissimo dal punto di vista
del tessuto sociale, anche quando i miei figli erano più piccoli se dovevo andare dal dentista
pagavo una vicina che veniva qui e me li teneva”.
(la madre di una persona disabile)
Tutti riconoscono che fare volontariato non è facile: oltre ad una preparazione specifica,
soprattutto per chi si deve rapportare con persone disabili o con disturbi di tipo psichiatrico, è
necessaria una forte motivazione. La spinta a fare volontariato non deve nascere dall’emotività,
perché si è vissuta una situazione difficile o si vuole in qualche modo ricambiare quello che si è
ricevuto. L’intervento del volontariato, pur rappresentando già un grande sostegno, dovrebbe
garantire anche una certa costanza nel tempo, questo per non creare false aspettative nelle
persone disabili e nelle loro famiglie.
42
Nonostante quasi tutti gli intervistati siano soddisfatti del supporto del volontariato, più di una
persona ha indicato cosa potrebbe fare il volontariato per fornire un sostegno più incisivo alla
famiglia: entrare nelle case di chi ha bisogno. Questo significa operare in orari in cui le persone
disabili possono contare solo sull’aiuto del familiari, ad esempio nel tardo pomeriggio quando
sono terminate le attività del centro diurno, oppure nel tempo libero. L’intervento al di fuori delle
attività del servizio diurno avrebbe la duplice funzione di dare sollievo ai familiari e di offrire alle
persone disabili l’occasione per sperimentare dei rapporti sociali più paritari. A volte
basterebbero dei rapporti di buon vicinato, o semplicemente una maggiore apertura nei
confronti delle persone in difficoltà.
“Il volontariato potrebbe fare di più proprio per entrare nel seno della famiglia. Noi
abbiamo bisogno di una mano pratica, di uno che viene e dice “signora, vada fuori per un’ora, il
ragazzo glielo tengo io”, non è da tutti avvicinare un disabile, ma è quello che mi manca in
realtà.”
(la madre di una persona disabile)
Un intervento più “su misura” significa anche formulare delle proposte diverse per chi ha
disabilità più gravi e che quindi non può partecipare ad uscite sul territorio o non riesce
facilmente ad integrarsi in un grande gruppo.
2.6 Il “dopo di noi”
Il problema del futuro delle persone disabili senza i loro familiari è fonte di ansia e di angoscia
per tutte le famiglie intervistate.
Molte persone sono confuse, sperano in una presa di posizione dei servizi pubblici ma non
hanno le idee molto chiare sulle modalità di intervento e sulle figure coinvolte.
“penso che intervenga l’assistente sociale, mandata dal comune...”
(la cugina di una persona disabile)
La maggior parte dei genitori non vuole far ricadere sugli altri figli il peso della cura della
persona disabile ed è alla ricerca di una soluzione il meno traumatica possibile, che consenta
di mantenere i legami e le abitudini di sempre.
“io e mio marito ci chiediamo spesso come sarà il futuro. Non possiamo fare ricadere
questo peso sulle sorelle perché è giusto che abbiano una vita normale, che si sposino e
formino la loro famiglia, non so cosa sarà il futuro...”
(la madre di una persona disabile)
43
Qualcuno ha pensato di affiancare un operatore a pagamento, in modo che la persona disabile
continui a vivere nella propria abitazione, mentre altri ritengono che la convivenza con una sola
persona non offra delle buone possibilità di integrazioni.
Quasi tutti gli intervistati pensano che il proprio figlio andrà in una struttura residenziale: ci sono
proposte diverse a seconda del grado di autonomia, le comunità alloggio o comunque le
strutture di piccole dimensioni sono ritenute migliori anche per il clima familiare che offrono. I
grandi istituti vengono lasciati come ultima spiaggia, forse perchè le grandi dimensioni
sembrano andare a discapito di una buona qualità del servizio.
“Le case famiglie sono la salvezza, dovrebbero farne veramente di più, investire in
questi centri perché questi ragazzi non hanno nessuna colpa, hanno il diritto di vivere una vita
loro.”
(la madre di una persona disabile)
Molte persone sono disorientate e alla ricerca di informazioni, spesso però manca un
coordinamento tra le diverse figure che si occupano dell’assistenza del disabile e nessuno
sembra in grado di fornire informazioni esaurienti, in modo particolare i medici.
“Quello che manca è un coordinamento, perché ci sono delle varie persone o istituzioni
preposte per ogni settore della vita del disabile, ma non c’è niente che possa unire i fili per
coordinare tutto quanto.”
(il fratello di una persona disabile)
Prima di pensare ad una residenzialità definitiva qualcuno si sta informando per forme di tutela
giuridica come l’istituzione di un tutore, di un amministratore di sostegno o comunque di una
figura in grado di garantire la tutela degli interessi della persona disabile.
3. CONCLUSIONI
La ricerca svolta conferma quanto emerso da indagini precedenti sul tema della disabilità: si
tratta di un fenomeno molto eterogeneo che coinvolge famiglie di ogni tipo.
Dalle interviste effettuate, infatti, risulta che il livello socio-economico delle famiglie con una
persona disabile è assolutamente vario: anche se il campione utilizzato non è statisticamente
rappresentativo, la maggior parte di esse si attesta su di un livello socio-economico che
possiamo definire medio.
44
Il compito della cura della persona disabile è affidato quasi sempre alla madre, che in molti casi
non è adeguatamente sostenuta da altre figure interne o esterne al nucleo familiare.
Il centro frequentato dalla persona disabile rappresenta il punto di riferimento per la famiglia:
opera una presa in carico globale e propone un’unità d’offerta che copre tutto l’arco
dell’esistenza.
La conoscenza di altri servizi o di iniziative rivolte a persone disabili è scarsa o nulla per la
maggior parte delle persone intervistate, anche se i vari servizi si impegnano molto per farsi
conoscere all’esterno e cercano di mettersi in rete tra loro. Il livello culturale non risulta in alcun
modo correlato alla conoscenza delle offerte del territorio.
Una richiesta comune che emerge sia dalle famiglie che dagli operatori è quella di dare una
maggiore visibilità al volontariato, dal momento che spesso i familiari non sanno a chi rivolgersi
e come comportarsi per ricevere l’aiuto di volontari. Nonostante in molti si dichiarino soddisfatti
del supporto del volontariato, esso ricopre un ruolo abbastanza marginale: viene utilizzato
soprattutto come sostegno alle attività dei servizi o impegnato nei trasporti. Molti intervistati,
invece, auspicano un intervento del volontariato soprattutto al di fuori delle attività del centro
diurno, un rapporto più individualizzato con la persona disabile e la sua famiglia che consenta
di formulare delle proposte più personalizzate. Una fascia oraria scoperta, per esempio, è
quella del tardo pomeriggio in cui le famiglie si trovano sole a gestire la cura della persona
disabile e avrebbero bisogno di un intervento domiciliare per essere un po’ sollevate.
Nella progettazione degli interventi è indispensabile tenere sempre presente il ruolo centrale
della persona disabile, al fine di garantire un’unità d’offerta il più possibile varia e flessibile,
attenta alla soddisfazione di bisogni di tipo sempre diverso.
45
ALLEGATI
46
APPENDICE
STATISTICA
47
Tavola per cittadinanza
Nazione di provenienza
Frequenza Percentuale
MAROCCO
UCRAINA
ECUADOR
PERÙ
ALBANIA
ROMANIA
COSTA D'AVORIO
SRI LANKA
GHANA
INDIA
NIGERIA
LIBERIA
BANGLADESH
CONGO
SENEGAL
JUGOSLAVIA (SERBIA +
MONTENEGRO)
TOGO
TUNISIA
BRASILE
MOLDAVIA
PAKISTAN
ANGOLA
BULGARIA
FILIPPINE
PALESTINA
ALGERIA
EL SALVADOR
R. DOMINICANA
RUSSIA + CSI
AFGHANISTAN
ARGENTINA
BENIN
BOLIVIA
COLOMBIA
MAURITIUS
CAMERUN
CROAZIA
DOMINICA
GUINEA
IRAN
SIERRA LEONE
48
161
118
88
86
84
39
36
36
20
17
16
14
13
11
11
10
17,6
12,9
9,6
9,4
9,2
4,3
3,9
3,9
2,2
1,9
1,7
1,5
1,4
1,2
1,2
1,1
10
9
8
8
8
6
6
6
6
5
5
5
5
4
4
4
4
4
4
3
3
3
3
3
3
1,1
1,0
,9
,9
,9
,7
,7
,7
,7
,5
,5
,5
,5
,4
,4
,4
,4
,4
,4
,3
,3
,3
,3
,3
,3
Percentuale Percentuale
valida
cumulata
17,6
17,6
12,9
30,5
9,6
40,1
9,4
49,5
9,2
58,6
4,3
62,9
3,9
66,8
3,9
70,7
2,2
72,9
1,9
74,8
1,7
76,5
1,5
78,1
1,4
79,5
1,2
80,7
1,2
81,9
1,1
83,0
1,1
1,0
,9
,9
,9
,7
,7
,7
,7
,5
,5
,5
,5
,4
,4
,4
,4
,4
,4
,3
,3
,3
,3
,3
,3
84,1
85,0
85,9
86,8
87,7
88,3
89,0
89,6
90,3
90,8
91,4
91,9
92,5
92,9
93,3
93,8
94,2
94,7
95,1
95,4
95,7
96,1
96,4
96,7
97,1
Nazione di provenienza
Frequenza Percentuale
CINA
EGITTO
ERITREA
LIBANO
POLONIA
RUANDA
SLOVENIA
SOMALIA
BOSNIA ERZEGOVINA
BURKINA FASO
HONDURAS
LETTONIA
MACEDONIA
PORTOGALLO
SEYCHELLES
SIRIA
SUDAN
URUGUAY
VENEZUELA
Totale
2
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
916
,2
,2
,2
,2
,2
,2
,2
,2
,1
,1
,1
,1
,1
,1
,1
,1
,1
,1
,1
100,0
Percentuale Percentuale
valida
cumulata
,2
97,3
,2
97,5
,2
97,7
,2
97,9
,2
98,1
,2
98,4
,2
98,6
,2
98,8
,1
98,9
,1
99,0
,1
99,1
,1
99,2
,1
99,3
,1
99,5
,1
99,6
,1
99,7
,1
99,8
,1
99,9
,1
100,0
100,0
classe figli
Validi
nessuno
1-2 figli
più di 2 figli
Totale
Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata
569
42,6
42,6
42,6
543
40,6
40,6
83,2
224
16,8
16,8
100,0
1336
100,0
100,0
figli a carico
Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata
Validi
no
776
58,1
58,1
58,1
sì
560
41,9
41,9
100,0
Totale
1336
100,0
100,0
figli minori
no
sì
Totale
Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata
955
71,5
71,5
71,5
381
28,5
28,5
100,0
1336
100,0
100,0
49
Tavola di contingenza italiano/straniero * sesso
sesso
Totale
femmine maschi
italiano/straniero
n.r.
47
16
63
Italiano
248
109
357
Straniero
602
314
916
Totale
897
439
1336
Tavola di contingenza condizione clandestinità * sesso
sesso
Totale
femmine maschi
condizione clandestinità
n.r.
362
218
580
clandestino
191
64
255
regolare
344
157
501
Totale
897
439
1336
Tavola di contingenza stato civile * italiano/straniero
stato civile
n.r.
celibe/nubile
coniugato/a
separato/a
divorziato/a
vedovo/a
convivente
Totale
italiano/straniero
Totale
n.r.
italiano straniero
2
8
23
33
18
63
263
344
29
134
510
673
5
66
34
105
2
23
30
55
6
44
31
81
1
19
25
45
63
357
916
1336
50
BISOGNI PER CENTRO DI ASCOLTO
problem.
abitat.
Biumo
Inferiore
Luino
Angera
Somma
Lombardo
Tradate
Cassano
Magnago
Induno
Olona
Solbiate
Arno
Varese San
Vittore
Cardano al
Campo
Totale
Devianza
handicap
livello
altri
senza nessun
e
stranieri famiglia
e
reddito malattia di zingari indig. occupaz. dipend. istruzione
Utenti
bisogni dimora bisogno
criminal.
disabilità
auton.
77
8
5
2
3
0
29
11
1
24
9
0
0
2
1
147
69
8
13
7
0
3
1
7
0
4
0
1
0
0
102
63
43
1
4
0
19
1
1
19
5
0
2
2
0
0
0
10
150
123
72
26
3
2
0
75
3
14
2
5
0
167
62
8
0
1
0
1
1
0
0
143
101
3
0
14
0
5
0
1
0
6
7
285
173
14
1
3
2
0
29
4
0
7
1
13
0
1
0
0
0
32
9
1
2
11
1
23
5
2
2
0
12
2
0
15
0
0
41
9
1
0
1
1
33
0
0
0
0
13
0
0
0
0
5
53
85
2
90
3
3
90
7
1
0
0
160
8
7
4
0
7
326
9
245
2
14
24
238
3
69
0
13
35
663
1
45
0
15
0
15
0
2
54
704
2
20
5
48
1
49
0
5
0
35
81
1336
51
BISOGNI PER SESSO E CLASSE DI ETA’
femmine
classe di età
18-35
36-60
oltre 60
problematiche abitative
72
52
5
devianza e criminalità
1
2
0
stranieri
82
48
2
famiglia
16
29
5
handicap e disabilità
1
2
1
reddito
194
196
29
malattia
6
10
9
livello di autonomia
0
1
8
zingari
3
2
0
indigenza
1
1
0
occupazione
245
221
8
dipendenza
2
6
0
istruzione
22
10
0
altri bisogni
4
19
9
senza dimora
1
1
0
nessun bisogno
2
9
2
Totale utenti
(esclusi i non rilevati)
390
370
54
Totale
femmine
140
3
138
56
7
450
27
10
9
2
514
8
38
35
2
22
18-35
47
1
74
3
1
87
5
0
1
0
96
3
7
2
1
4
897
205
52
maschi
classe di età
36-60
oltre 60
40
3
7
0
21
1
7
1
4
0
97
10
10
2
0
4
2
0
0
0
70
2
9
0
3
0
7
3
0
1
4
0
166
15
Totale
maschi
105
11
100
13
6
213
18
5
6
0
190
12
10
14
3
13
439
BISOGNI PER SESSO E NAZIONALITA’
n.r.
problematiche abitative 8
devianza e criminalità
0
stranieri
5
famiglia
2
handicap e disabilità
1
reddito
18
malattia
1
livello di autonomia
6
zingari
2
indigenza
1
occupazione
27
dipendenza
0
istruzione
1
altri bisogni
1
senza dimora
0
nessun bisogno
2
Totale utenti
47
femmine
italiano/straniero
italiano
straniero
36
96
3
0
2
131
35
19
5
1
136
296
21
5
4
0
4
3
1
0
111
376
7
1
1
36
29
5
2
0
7
13
248
602
Totale
femmine
140
3
138
56
7
450
27
10
9
2
514
8
38
35
2
22
897
53
n.r.
3
0
4
0
0
5
0
1
1
0
8
0
1
0
0
1
16
maschi
italiano/straniero
italiano
straniero
27
75
9
2
1
95
11
2
6
0
66
142
11
7
4
0
1
4
0
0
46
136
9
3
1
8
13
1
1
2
1
11
109
314
Totale
maschi
105
11
100
13
6
213
18
5
6
0
190
12
10
14
3
13
439
BISOGNI PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
n.r.
problematiche abitative 51
devianza e criminalità
3
stranieri
20
famiglia
36
handicap e disabilità
5
reddito
162
malattia
22
livello di autonomia
10
zingari
4
indigenza
1
occupazione
180
dipendenza
7
istruzione
3
altri bisogni
29
senza dimora
2
nessun bisogno
12
Totale utenti
362
femmine
condizione clandestinità
clandestino
regolare
29
60
0
0
110
8
7
13
1
1
89
199
0
5
0
0
2
3
1
0
134
200
0
1
16
19
2
4
0
0
2
8
191
344
Totale
femmine
140
3
138
56
7
450
27
10
9
2
514
8
38
35
2
22
897
54
n.r.
47
10
48
10
5
92
12
5
2
0
88
9
4
13
1
5
218
maschi
condizione clandestinità
clandestino
regolare
14
44
0
1
32
20
1
2
1
0
35
86
2
4
0
0
0
4
0
0
37
65
1
2
4
2
1
0
1
1
3
5
64
157
Totale
msachi
105
11
100
13
6
213
18
5
6
0
190
12
10
14
3
13
439
RICHIESTE PER CENTRO DI ASCOLTO
Biumo Inferiore
Luino
Angera
Somma Lombardo
Tradate
Cassano Magnago
Induno Olona
Solbiate Arno
Varese San Vittore
Cardano al Campo
Totale
Prestazioni sostegno
professionali personale abitazione istruzione
11
51
15
2
5
14
3
2
4
14
7
1
15
53
7
0
1
3
5
0
1
4
4
1
3
18
5
0
1
39
9
0
38
288
89
10
1
32
5
7
80
516
149
23
lavoro
92
65
45
158
136
12
13
21
126
44
712
sanità
12
1
0
1
0
7
5
1
34
1
62
beni
materiali e sussidi
servizi economici
134
11
85
6
5
3
187
2
64
4
25
4
29
25
30
3
77
61
47
6
683
125
Totale
Utenti
150
123
72
285
173
32
41
53
326
81
1336
Numero di utenti che hanno manifestato richieste o risposte nelle voci sopra o sotto indicate almeno una volta
RISPOSTE PER CENTRO DI ASCOLTO
Biumo Inferiore
Luino
Angera
Somma Lombardo
Tradate
Cassano Magnago
Induno Olona
Solbiate Arno
Varese San Vittore
Cardano al Campo
Totale
Prestazioni sostegno
professionali personale abitazione istruzione
11
78
15
7
5
51
3
2
2
63
1
1
21
130
3
0
0
141
0
0
2
4
4
1
3
20
5
0
1
43
5
0
38
299
66
11
1
59
2
6
84
888
104
28
55
lavoro
65
38
5
102
5
12
9
17
108
18
379
beni
materiali e sussidi
sanità
servizi economici
19
133
2
1
84
4
0
3
0
3
175
2
0
58
3
7
25
3
5
29
25
2
27
3
32
59
42
1
47
5
70
640
89
Totale
Utenti
150
123
72
285
173
32
41
53
326
81
1336
RICHIESTE PER SESSO E CLASSE DI ETA’
femmine
classe di età
18-35
36-60
oltre 60
prestazioni professionali
22
19
2
sostegno personale
126
116
26
abitazione
39
22
4
istruzione
6
7
0
lavoro
250
239
19
sanità
17
11
5
beni materiali e servizi
209
186
24
sussidi economici
21
20
6
nessuna richiesta
0
0
0
Totale utenti
(esclusi i non rilevati)
390
370
54
Totale
femmine
51
294
71
14
559
35
457
51
0
18-35
17
105
49
7
75
12
96
25
0
897
205
maschi
classe di età
36-60
oltre 60
7
1
89
7
17
1
1
0
62
1
10
2
97
9
37
3
0
0
166
Totale
maschi
29
222
78
9
153
27
226
74
0
15
439
RISPOSTE PER SESSO E CLASSE DI ETA’
femmine
classe di età
18-35
36-60
oltre 60
prestazioni professionali
24
21
2
sostegno personale
256
230
38
abitazione
31
14
4
istruzione
9
9
0
lavoro
125
132
8
sanità
22
13
5
beni materiali e servizi
199
177
24
sussidi economici
14
15
3
nessuna richiesta
0
0
0
Totale utenti
(esclusi i non rilevati)
390
370
54
Totale
femmine
53
582
55
19
289
42
436
36
0
897
56
maschi
classe di età
18-35
36-60
oltre 60
18
7
155
116
32
8
7
1
37
43
12
11
85
86
17
25
0
0
205
166
1
6
1
0
2
2
9
3
0
Totale
maschi
31
306
49
9
90
28
204
53
0
15
439
RICHIESTE PER SESSO E NAZIONALITA’
n.r.
prestazioni professionali 2
sostegno personale
14
abitazione
5
istruzione
2
lavoro
27
sanità
1
beni materiali e servizi
16
sussidi economici
2
nessuna richiesta
0
Totale utenti
47
Femmine
italiano/straniero
italiano
straniero
13
36
92
188
23
43
1
11
141
391
17
17
114
327
27
22
0
0
248
602
Totale
femmine
51
294
71
14
559
35
457
51
0
897
n.r.
0
5
4
0
6
0
5
1
0
16
maschi
italiano/straniero
italiano
straniero
3
26
58
159
12
62
1
8
36
111
11
16
54
167
38
35
0
0
109
314
Totale
maschi
29
222
78
9
153
27
226
74
0
439
RISPOSTE PER SESSO E NAZIONALITA’
n.r.
prestazioni professionali
0
sostegno personale
32
abitazione
3
istruzione
2
lavoro
12
sanità
1
beni materiali e servizi
14
sussidi economici
0
nessuna richiesta
0
Totale utenti
47
Femmine
italiano/straniero
italiano
straniero
13
40
159
391
20
32
1
16
86
191
17
24
110
312
20
16
0
0
248
602
Totale
femmine
53
582
55
19
289
42
436
36
0
897
57
n.r.
0
9
3
0
3
0
4
1
0
16
maschi
italiano/straniero
italiano
straniero
4
27
78
219
7
39
1
8
19
68
12
16
54
146
26
26
0
0
109
314
Totale
maschi
31
306
49
9
90
28
204
53
0
439
RICHIESTE PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
n.r.
prestazioni professionali 27
sostegno personale
179
abitazione
37
istruzione
4
lavoro
203
sanità
25
beni materiali e servizi
149
sussidi economici
37
nessuna richiesta
0
Totale utenti
362
Femmine
condizione clandestinità
clandestino
regolare
9
15
23
92
5
29
3
7
132
224
3
7
116
192
3
11
0
0
191
344
Totale
femmine
51
294
71
14
559
35
457
51
0
897
n.r.
19
146
43
5
66
22
83
64
0
218
maschi
condizione clandestinità
clandestino
regolare
4
6
9
67
4
31
4
0
33
54
0
5
43
100
1
9
0
0
64
157
Totale
maschi
29
222
78
9
153
27
226
74
0
439
RISPOSTE PER SESSO E CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
n.r.
prestazioni professionali
25
sostegno personale
258
abitazione
31
istruzione
5
lavoro
133
sanità
25
beni materiali e servizi
140
sussidi economici
29
nessuna richiesta
0
Totale utenti
362
Femmine
condizione clandestinità
clandestino
regolare
10
18
131
193
4
20
5
9
22
134
3
14
115
181
1
6
0
0
191
344
Totale
femmine
53
582
55
19
289
42
436
36
0
897
58
n.r.
20
171
34
5
43
23
75
42
0
218
maschi
condizione clandestinità
clandestino
regolare
4
7
38
97
0
15
3
1
9
38
0
5
40
89
1
10
0
0
64
157
Totale
maschi
31
306
49
9
90
28
204
53
0
439
FREQUENZA BISOGNI PER SESSO
SESSO
Disoccupato'
femmine Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
Disoccupato'
maschi
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
mai
821
787
791
621
501
409
401
363
322
277
una sola
volta
2-5 volte
76
0
110
0
106
0
275
1
396
0
30
0
38
0
76
0
117
0
162
0
Totale
utenti
897
897
897
897
897
439
439
439
439
439
FREQUENZA BISOGNI PER CLASSI DI ETA’
CLASSI DI
ETA’
18-35
36-60
oltre 60
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
- 59 -
mai
545
505
497
452
335
491
487
466
347
290
67
66
67
41
63
una sola
volta
2-5 volte
50
0
90
0
98
0
142
1
260
0
45
0
49
0
70
0
189
0
246
0
2
0
3
0
2
0
28
0
6
0
Totale
utenti
595
595
595
595
595
536
536
536
536
536
69
69
69
69
69
FREQUENZA BISOGNI PER NAZIONALITA’
NAZIONALITA’
n.r.
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
italiano
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
straniero
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
mai
59
56
52
53
39
343
357
307
223
236
828
775
795
667
503
una sola
volta
2-5 volte
4
0
7
0
11
0
10
0
24
0
14
0
0
0
50
0
134
0
121
0
88
0
141
0
121
0
248
1
413
0
Totale
utenti
63
63
63
63
63
357
357
357
357
357
916
916
916
916
916
FREQUENZA BISOGNI PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
CONDIZIONE DI
CLANDESTINTA’
n.r.
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
clandestino
Disoccupat
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
regolare
Disoccupato
Reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze
Nessun reddito
Clandestino/Immigrato non regolare
Coabitazione
60
mai
560
576
514
417
362
222
113
200
197
121
448
499
440
329
295
una sola
volta
2-5 volte
20
0
4
0
66
0
163
0
218
0
33
0
142
0
55
0
58
0
134
0
53
0
2
0
61
0
171
1
206
0
Totale
utenti
580
580
580
580
580
255
255
255
255
255
501
501
501
501
501
RICHIESTE PER SESSO
SESSO
femmine
maschi
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
mai
642
497
571
626
232
301
300
297
una sola
volta
2-5 volte
232
20
300
98
188
128
135
102
187
20
121
17
86
48
75
48
più di 5
volte
3
2
10
34
0
0
5
19
Totale
utenti
897
897
897
897
439
439
439
439
più di 5
volte
2
1
5
16
1
0
8
24
0
1
1
7
Totale
utenti
595
595
595
595
536
536
536
536
69
69
69
69
RICHIESTE PER CLASSE DI ETA’
CLASSE DI
ETA’
18-35
36-60
oltre 60
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
mai
374
337
389
422
349
306
342
366
54
60
48
42
una sola
volta
2-5 volte
201
18
200
57
121
80
91
66
172
14
180
50
113
73
88
58
11
4
7
1
13
7
11
9
RICHIESTE PER NAZIONALITA’
NAZIONALITA’
n.r.
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
italiano
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
straniero
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
61
mai
54
37
52
47
239
253
263
217
581
508
556
659
una sola
volta
2-5 volte
9
0
22
4
5
6
10
4
100
16
85
19
44
47
57
49
310
24
314
92
225
123
143
97
più di 5
volte
0
0
0
2
2
0
3
34
1
2
12
17
Totale
utenti
63
63
63
63
357
357
357
357
916
916
916
916
RICHIESTE PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
CONDIZIONE DI
CLANDESTINITA’
n.r.
clandestino
regolare
una sola
volta
2-5 volte
254
26
164
25
53
51
76
55
25
2
110
27
88
37
52
36
140
12
147
63
133
88
82
59
mai
297
391
472
409
228
118
127
163
349
289
272
351
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
richiesta alimentari, buoni mensa e mensa
richiesta vestiario e guardaroba
richiesta lavoro a tempo pieno
richiesta ascolto
più di 5
volte
3
0
4
40
0
0
3
4
0
2
8
9
Totale
utenti
580
580
580
580
255
255
255
255
501
501
501
501
RISPOSTE PER SESSO
SESSO
femmine
maschi
mai
350
647
577
629
149
357
305
304
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
una sola
volta
2-5 volte
408
133
186
64
183
127
136
98
203
87
74
8
83
46
67
50
più di 5
volte
6
0
10
34
0
0
5
18
Totale
utenti
897
897
897
897
439
439
439
439
RISPOSTE PER CLASSE DI ETA’
CLASSE DI
ETA’
18-35
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
36-60
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
oltre 60
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
62
mai
197
447
393
427
211
383
348
371
39
64
48
42
una sola
volta
2-5 volte
296
98
115
33
120
77
88
64
230
94
121
32
107
73
84
58
20
9
2
3
13
7
11
9
più di 5
volte
4
0
5
16
1
0
8
23
1
0
1
7
Totale
utenti
595
595
595
595
536
536
536
536
69
69
69
69
RISPOSTE PER NAZIONALITA’
NAZIONALITA’
n.r.
italiano
straniero
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
mai
28
49
51
50
148
271
265
219
323
684
566
664
una sola
volta
2-5 volte
27
8
10
4
6
6
8
3
151
56
66
20
42
47
54
50
433
156
184
48
218
120
141
95
più di 5
volte
0
0
0
2
2
0
3
34
4
0
12
16
Totale
utenti
63
63
63
63
357
357
357
357
916
916
916
916
RISPOSTE PER CONDIZIONE DI CLANDESTINITA’
CONDIZIONE DI
CLANDESTINITA’
n.r.
clandestino
regolare
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
risposta ascolto
risposta alimentari, buoni mensa e mensa
risposta vestiario e guardaroba
risposta consulenza lavoro
63
mai
186
426
474
413
89
233
133
162
224
345
275
358
una sola
volta
2-5 volte
286
105
128
26
51
51
72
55
126
40
18
4
83
36
54
35
199
75
114
42
132
86
77
58
più di 5
volte
3
0
4
40
0
0
3
4
3
0
8
8
Totale
utenti
580
580
580
580
255
255
255
255
501
501
501
501
QUESTIONARI PER
LE INTERVISTE QUALITATIVE
64
INDAGINE QUALITATIVA SUL TEMA DELLA DISABILITA’
TRACCIA DI INTERVISTA PER FAMILIARI
Con la presente indagine vorremmo raccogliere i pareri di chi ha in famiglia una persona
disabile (a causa di malattia, incidente o dell’età).
1) Potrebbe dirmi da chi è composto il suo nucleo familiare?
2) Quale tipo di disabilità ha suo ... (padre, marito, figlio, ecc.)? E’ certificata?
3) Quali sono i bisogni che derivano dalla sua situazione?
4) Chi all’interno della sua famiglia si occupa principalmente di suo...?
5) Com’è la vostra organizzazione quotidiana in condizioni normali. Mi può descrivere una
giornata tipo?
6) A chi vi rivolgete in momenti di emergenza?
7) Chi la aiuta?
8) Queste persone coinvolte collaborano tra loro per aiutarvi? Se sì, chi coordina il loro
lavoro?
9) E’ soddisfatto dell’aiuto che le viene dato?
10) Che cosa le pesa di più nella sua situazione?
11) In base alla sua esperienza, quando un disabile non può più contare sull’assistenza dei
familiari, chi si prende cura di lui?
12) Conosce i servizi o iniziative per disabili presenti nel suo territorio? Se sì, come ne è
venuto a conoscenza?
13) Conosce o frequenta volontari singoli o Associazioni di volontari?
14) E’ soddisfatto di quello che fa il volontariato per voi? Che cosa potrebbe fare il
volontariato per voi?
14) Informazioni anagrafiche
•
età del disabile e del care-giver;
•
titolo di studio del disabile e dei componenti del nucleo familiare;
•
che lavoro fa o faceva il care-giver
•
che lavoro fa o facevano gli altri componenti la famiglia, compreso il disabile;
•
il disabile vive in una casa di proprietà;
•
la casa del disabile è adeguata alle sue esigenze?
65
INDAGINE QUALITATIVA SUL TEMA DELLA DISABILITA’
TRACCIA DI INTERVISTA PER OPERATORI
Con la presente indagine vorremmo raccogliere i pareri dei servizi sulle famiglie che hanno al
loro interno una persona disabile (a causa di malattia, incidente o dell’età).
1) Descrizione del servizio
2) Cosa fa il vostro servizio per aiutare il disabile e la sua famiglia in condizioni normali?
3) Cosa fa il vostro servizio per aiutare il disabile e la sua famiglia in momenti di emergenza?
4) Ritiene che le famiglie con persone disabili seguite dal vostro servizio siano soddisfatte
dell’aiuto fornito loro?
5) Se non sono soddisfatte, qual è il motivo? Cosa si potrebbe fare per migliorare la
situazione?
6) Cosa fa il vostro servizio per farsi conoscere nel territorio di pertinenza?
7) Con quali realtà il suo servizio intrattiene rapporti operativi o convenzioni, riguardo alla
disabilità?
8) Quali sono le caratteristiche più frequenti delle famiglie con persone disabili che si rivolgono
al vostro servizio?
9) Quali sono i bisogni più frequenti delle famiglie con disabile che accedono al vostro servizio?
10) Chi si occupa di solito del disabile all’interno del nucleo familiare?
11) Quali sono le cose che di solito pesano di più al care-giver?
12) Se c’è qualcuno che aiuta il care giver, di solito chi è, quale mansione svolge, con che
frequenza al mese?
13) Queste persone coinvolte in genere collaborano tra loro per aiutare queste famiglie? Chi
coordina il loro lavoro?
14) Nella vostra esperienza, chi aiuta di solito le persone disabili e i loro familiari?
15) In media, quante persone o realtà aiutano le famiglie con disabile?
16) Chi altri potrebbe aiutare le famiglie con persone disabili seguite dal vostro servizio e in che
modo?
17) In base alla sua esperienza, quando un disabile non può più contare sull’assistenza dei
familiari, chi si prende cura di lui?
18) Se il vostro servizio ha rapporti con il volontariato, può descriverci il tipo e le modalità di
relazioni instaurate con esso?
19) Ritiene che il volontariato sia all’altezza del compito?
20) Coinvolgete il volontariato nel progetto di assistenza? Se sì, come?
21) Che cosa potrebbe fare di più il volontariato?
66