Attività - Fondazione Don Gnocchi

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Attività - Fondazione Don Gnocchi
Giugno 2014
Anno XVIII - Numero 1
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS
ATTUALITA’
Terzo settore,
ecco le linee guida
della riforma
La sfida di Vincenzo:
in carrozzina
fino a Compostela
ATTIVITA’
L’inaugurazione
del nuovo Centro
in Lunigiana
Milano, al Vismara
scuola laboratorio
per giovani a rischio
Falconara M.ma,
reparto per bimbi
con gravi disabilità
Gambe... bioniche
per pazienti
con amputazioni
DON GNOCCHI
L’urna a Roma:
l’omaggio
di Napolitano
Solidarietà:
l’accoglienza
dei profughi siriani
Il prete e il vescovo:
l’intenso rapporto
con il card. Schuster
L’abbraccio di Papa Francesco ai disabili della Fondazione
GRAZIE,
PADRE SANTO
Sommario
Giugno 2014 - Anno XVIII - n° 1
MISSIONE UOMO
«Non facciamoci rubare la speranza»
Attualità
■ L’affettuosa carezza del Papa:
RIVISTA DELLA FONDAZIONE
DON CARLO GNOCCHI - ONLUS
■
DIRETTORE RESPONSABILE
■
Emanuele Brambilla
DIRETTORE EDITORIALE
Angelo Bazzari
■
■
REDAZIONE
Giovanni Ghislandi, Danilo Carena,
Claudia Dorini, Ilaria Gentili, Damiano Gornati
■
Piazzale R. Morandi 6 - 20121 Milano
Tel. 02-40308.910-911 - Fax 02-40308.926
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www.dongnocchi.it
■
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
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Silvio Colagrande, Francesco Converti, Roberto
Costantini, Luigi Cremasco, Furio Gramatica, Lino
Lacagnina, Silvia Maggioni, Stefano Malfatti, Diego
Maltagliati, Gianbattista Martinelli, Jessica Matera,
Paolo Mocarelli, Rita Mosca, Simonetta Mosca, Eufrasia
Novellini, Roberto Rambaldi, Adonella Pedotti, Paolo
Perucci, Giuliano Pozza, Salvatore Provenza, Maurizio
Ripamonti, Carlo Sironi, Giovanni Vastola
PROGETTO GRAFICO
■ Lunigiana in festa per l’avvio
del nuovo Centro di Fivizzano
per adolescenti a rischio
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■
REALIZZAZIONE
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STAMPA
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Tiratura: 35.000 copie
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Reg. presso il Tribunale di Milano n° 297 del 17 maggio 1997
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viene inviata a chiunque la richieda. È possibile utilizzare l'allegato bollettino postale a sostegno della rivista e delle attività istituzionali della Fondazione.
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■ Continuità assistenziale,
■
Fiordo srl - Galliate (NO)
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■ Una scuola laboratorio
Gigi Brandazza - [email protected]
Graphic Line Sas - Milano
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Attività
FOTO
Archivio Fondazione Don Gnocchi
«Siate sempre servitori dei più fragili» .2
Le parole dei Santi Papi
agli operatori della Fondazione . . . . . . . . . .8
Terzo settore: ecco
le linee guida della riforma . . . . . . . . . . . . . .11
L’identikit del non profit,
traino per l’occupazione . . . . . . . . . . . . . . . . .14
Politici, musicisti e attori:
tutti i ricordi del professore . . . . . . . . . . . . .17
«La sera prima delle nozze
in compagnia di don Carlo» . . . . . . . . . . . . .20
L’eterna sfida di Vincenzo:
in carrozzina a Compostela . . . . . . . . . . . .22
■
■
■
■
Fondazione in prima linea . . . . . . . . . . . . . . . .31
“Prova l’orchestra”:
musica per la disabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32
Dal “ritratto di Cristina”
al trattamento delle scoliosi . . . . . . . . . . . . .34
Falconara, Unità Speciale
per bambini con gravi disabilità . . . . . . . . . .36
«Un momento, sto pensando!»
Laboratori di potenziamento cognitivo . . . . .38
Salerno, nuovi servizi
per pazienti adulti e anziani . . . . . . . . . . . . . .40
La Fondazione in rete,
rinnovata la strategia web . . . . . . . . . . . . . . . . .42
Ausili: dove l’Europa
parla una sola lingua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44
Nanomedicina e biofotonica
al servizio della riabilitazione . . . . . . . . . . .46
La maglietta “MagIC”
con Samatha nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . .48
Gambe... bioniche
per pazienti amputati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50
Consolidamento e innovazione
nella proposta formativa 2014 . . . . . . . . . . .52
Il grazie di Asmad e Issam:
«Non vi dimenticheremo mai» . . . . . . . . . .55
Cinque per mille:
15 mila firme per la Fondazione . . . . . . . . . .58
26
50
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Don Gnocchi
■ L’omaggio di Napolitano
alle spoglie di don Carlo . . . . . . . . . . . . . . . .60
■ Il prete e il cardinale
in cammino verso la santità
62
.............
■ La carità di un santo
alle radici dell’Opera
■ «La vita dell’uomo:
64
....................
trasvolata rischiosa e bellissima» . . . . . .66
60
■ NEL QUINTO ANNIVERSARIO della beatificazione di don Gnocchi, l’accoglienza di
Papa Francesco al Centro “S. Maria della
Provvidenza” di Roma è stata per la Fondazione occasione di grande festa, motivo
di gioioso orgoglio e autorevole spinta a
riflettere sul senso più autentico del proprio operare accanto alle persone più fragili e al servizio della vita più vulnerabile.
L’incontro del Santo Padre con i
pazienti, i loro familiari, gli operatori e i
volontari dei Centri “Don Gnocchi” ha
avuto lo straordinario calore di una tenera
carezza al mondo della sofferenza, gesto di
evangelica misericordia che riscalda i cuori di tutti e rilancia una speranza affidabile.
Per rinnovare e spendere nell’impegno
di ogni giorno la “grazia” del dono ricevuto,
proponiamo alla meditazione alcuni dei più
significativi brani del recente, chiaro e forte
magistero di Papa Francesco.
FEDE E SOFFERENZA. «La luce della
fede non ci fa dimenticare le sofferenze del
mondo. Per quanti uomini e donne di fede i
sofferenti sono stati mediatori di luce! Hanno capito il mistero che c’è in loro. Avvicinandosi ad essi non hanno cancellato tutte
le loro sofferenze, né hanno potuto spiegare
ogni male. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida
nella notte i nostri passi, e questo basta per il
cammino.
All’uomo che soffre, Dio non dona un
ragionamento che spieghi tutto, ma offre la
sua risposta nella forma di una presenza che
accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in
essa un varco di luce.
La sofferenza ci ricorda che il servizio
della fede al bene comune è sempre servizio
di speranza, che guarda in avanti, sapendo
che solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù
risorto, può trovare fondamenta solide e
durature la nostra società. In questo senso,
la fede è congiunta alla speranza.
Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ci proietta verso un futuro certo, che si
colloca in una prospettiva diversa rispetto
alle proposte illusorie degli idoli del mondo,
ma che dona nuovo slancio e nuova forza al
vivere quotidiano.
Non facciamoci rubare la speranza, non
permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel
cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre
rosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre
azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne
siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio».
(dal messaggio per la Giornata del Malato)
Spunti di riflessione
dal magistero
di Papa Francesco
per rinnovare
nell’impegno di ogni
giorno la “grazia”
del dono ricevuto
superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i
processi, il tempo proietta invece verso il
futuro e spinge a camminare con speranza».
(dall’enciclica “Lumen Fidei”)
PORTATORI DI SPERANZA. «Mi
rivolgo alle persone ammalate e a tutti coloro che prestano loro assistenza e cura. La
Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una
speciale presenza di Cristo sofferente.
Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce ha
distrutto la solitudine della sofferenza e ne
ha illuminato l’oscurità. Siamo posti dinanzi al mistero dell’amore di Dio per noi, che ci
infonde speranza e coraggio: speranza, perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale; e
coraggio, per affrontare ogni avversità in
sua compagnia, uniti a Lui.
Quando ci accostiamo con tenerezza a
coloro che sono bisognosi di cure, portiamo
la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione gene-
CRISI E DIGNITA’ UMANA. «Le gravi
crisi finanziarie ed economiche contemporanee - che trovano la loro origine nel progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal
prossimo, nella ricerca avida di beni materiali, da un lato, e nel depauperamento delle
relazioni interpersonali e comunitarie dall’altro - hanno spinto molti a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una
sana economia.
Il succedersi delle crisi economiche deve
portare agli opportuni ripensamenti dei
modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur
con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia
per recuperare le virtù della prudenza, della
temperanza, della giustizia e della fortezza.
Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci
legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda
che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa
in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere
una società a misura della dignità umana».
(dal messaggio per la
Giornata mondiale della Pace)
FARSI CARICO DEI FRATELLI. «Che
cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci
libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo
di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il
Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada. Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e
vera felicità è il suo amore di compassione, di
tenerezza e di condivisione.
Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie
dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria
non coincide con la povertà; la miseria è la
povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Nei poveri e negli ultimi noi
vediamo il volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo.
Il nostro impegno si orienta anche a fare in
(continua a pagina 69)
2
MISSIONE UOMO
IN QUESTO NUMERO
Editoriale
Attualità
speciale IL PAPA IN FONDAZIONE
3
L’affettuosa carezza del Papa:
«Siate sempre servitori dei più fragili»
■ UN GRANDE, AFFETTUOSO ABBRACCIO.
Una dolce, tenera carezza ai malati, ai disabili, ai sofferenti. «Perchè sull’esempio di
Gesù siamo tutti chiamati a farci servitori dei
più fragili, dei più deboli, dei più bisognosi».
Le parole di Papa Francesco nella celebrazione della Messa “in coena Domini”
con la lavanda dei piedi a dodici assistiti della Fondazione Don Gnocchi, lo scorso 17
aprile, giovedì Santo, al Centro “S. Maria
della Provvidenza” di Roma hanno scaldato i cuori e commosso le oltre mille e cinquecento persone accorse per lo straordinario
evento. La celebrazione ha seguito di poche
settimane l’ostensione straordinaria a
Roma dell’urna con le spoglie mortali del
beato don Gnocchi, visitata lo scorso febbraio da migliaia di fedeli, nell’ambito delle
iniziative per il quinto anniversario della
beatificazione di don Carlo e ha rinnovato
una lunga e gloriosa tradizione di particolare attenzione e solidale prossimità dei Pontefici all’Opera dell’indimenticato “papà
dei mutilatini”.
Allo storico incontro c’erano i responsabili della Fondazione, guidati dal presidente, monsignor Angelo Bazzari, che ha concelebrato la funzione liturgica e ha ringraziato Papa Francesco, al termine della Mes-
È ancora viva
in tutta la Fondazione
la grande emozione
per la visita e la Messa
del giovedì Santo
del Santo Padre
al Centro di Roma
di Emanuele Brambilla
sa, a nome di tutta la grande famiglia della
“Don Gnocchi”.
«Grazie Santo Padre, di restituirci in ogni
gesto, in ogni parola, in ogni comportamento
e nel Suo stile di vita “la Chiesa del grembiule” - sono state le parole del presidente -, una
Chiesa che nasce dalla carità, si nutre di carità e vive per la carità. Grazie del meraviglioso e immeritato dono della Sua presenza e del
gesto generoso e simbolico di una carezza alla
sofferenza: sono gli ultimi nella classifica della valutazione meritocratica, maglia nera dell’efficientismo, ma sono evangelicamente i
primi. Sono le nostre “reliquie”, degne di
venerazione e di culto, come ha detto il beato
don Gnocchi. All’insegna del motto “Accanto alla vita, sempre!” - fatto proprio da Benedetto XVI al termine della Messa di beatificazione di don Carlo - criterio ispiratore,
imperativo etico del nostro operare e bussola
di orientamento di un affidabile futuro, a
nome dell’intera famiglia della Fondazione
Don Gnocchi, di tutti i presenti, degli operatori professionali e volontari, dei malati, dei
disabili e dei loro familiari e di tutti i buoni
samaritani che abitano il pianeta della sofferenza, desidero ringraziarla di vero cuore».
Con monsignor Bazzari, erano presenti
alcuni membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, tra cui il vicepresidente Giovanni Cucchiani e il consigliere delegato Marco Campari, il direttore
del Polo Lazio-Campania Nord Salvatore
Provenza e i direttori degli altri Poli italiani,
il responsabile medico delle strutture romane Fabio De Santis, il direttore del Centro
di Inverigo (Como) Silvio Colagrande, che
da oltre sessant’anni vede grazie al dono
della cornea dello stesso don Gnocchi.
E soprattutto tanti medici, infermieri,
operatori, educatori, volontari... E delegazioni di pazienti, malati, disabili, anziani,
arrivati a Roma da ogni parte d’Italia e con
ogni mezzo. Una piccola, grande carovana
della sofferenza accorsa con gioia all’incontro con Papa Francesco. Il Santo Padre, al
termine della Messa, li ha abbracciati e salutati quasi uno per uno. Per ciascuno una
parola di affetto, una carezza, un incoraggiamento alla fiducia e alla speranza. Dalla
bella chiesa del Centro, dal piazzale della
grande struttura di via Casal del Marmo,
gremita di storie di sofferenza, di calvari
personali, di lacrime di dolore mischiate alla
più gioiosa e sincera commozione, un Papa
stanco, affaticato ma sorridente, ha spalmato olio d’amore sugli ingranaggi spesso
inceppati di una società incapace di procedere al ritmo di marcia degli ultimi.
Il gesto di un Pontefice capace di chinarsi con fatica dodici volte per lavare e baciare i piedi di persone che don Gnocchi considerava vere e proprie “reliquie, meritevoli di venerazione e di culto”, è l’immagine
più bella e il messaggio di più prezioso per
chi lavora ogni giorno per un mondo più
accogliente e solidale e per la costruzione di
una autentica civiltà dell’amore.
Da parte di tutti un solo commosso pensiero: “Grazie, Papa Francesco!”.
Le testimonianze dei protagonisti
Cariche di emozione sono le testimonianze di alcuni dei protagonisti dell’eccezionale
incontro con Papa Francesco.
«Le parole del Papa ci riconducono alle
nostre radici, a quel sogno che don Carlo ci ha
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
2
lasciato in eredità: “Desidero e prego dal Signore una cosa sola: servire per tutta la vita i suoi
poveri. Ecco la mia carriera”... Così, nell’umile e commovente gesto della lavanda dei piedi
ai nostri ragazzi, abbiamo potuto rintracciare il
senso e il significato del nostro operare a servizio dell’altro, riflettere sulla nostra identità e
sul nostro senso di appartenenza.
L’entusiasmo iniziale ha lasciato il posto a
una riflessione più profonda, a un impegno
personale che esige una rinnovata motivazione
professionale nella direzione del servizio, specie in questi momenti difficili...».
Antonella
operatrice Centro “S. Maria Nascente” di Milano
Nelle immagini di queste pagine
(foto Tartaglia-Roma), alcuni dei
momenti più gioiosi e commoventi
dell’incontro dello scorso 17 aprile
con il Santo Padre al Centro
“S. Maria della Provvidenza” di
Roma della Fondazione Don Gnocchi
«Per Marco è stato un momento molto
importante della sua vita: si è sentito molto
onorato e ha provato una grande gioia interiore che io ho colto dal suo sguardo, pieno di serenità e felicità. Ora non ricorda molto di quel
giorno e del Santo Padre che si è chinato su di
lui per lavargli i piedi, ma con l’aiuto delle foto
che abbiamo ricevuto, potrà esercitare la sua
memoria e rivivere con gioia quei momenti.
Io ho realizzato solo qualche giorno dopo
cosa era veramente successo. Desideravo tanto
vedere il Papa e partecipare a un’udienza in
piazza, insieme a tutti; mai avrei però pensato
di vederlo così. È stato un sogno che si è realiz-
zato, per me che sono credente. Nella sua stretta di mano e soprattutto nel suo sguardo così
pieno di amore ho capito qualcosa di nuovo:
oggi vedo mio figlio e tutte le persone che soffrono con occhi nuovi, con gli occhi della fede,
che mi fanno sentire la presenza di Gesù tra
loro. Il Papa ci ha chiesto di pregare per lui e io
e Marco lo facciamo tutti i giorni, nella chiesa
del Centro o nella nostra camera…».
Anna
mamma di Marco, ospite
del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma
«Sono molto contento di avere partecipato
alla celebrazione con il Papa e ringrazio tutti
coloro che me ne hanno dato la possibilità,
indicandomi tra i dodici a cui il Santo Padre ha
lavato i piedi.
Io sono di fede musulmana, ma in quel
momento ci siamo sentiti tutti fratelli e sorelle,
figli di Adamo ed Eva, creature di Dio. Quello
del Papa è stato un gesto di fratellanza, di fede,
di amore verso tutti e di pace, contro ogni divisione».
Hamed
originario della Libia, ospite
del Centro “S. Maria della Pace” di Roma
«La bella fotografia che ritrae Papa Francesco e la nostra Daria durante la lavanda dei pie-
Attualità
L’ATTENZIONE DEI MEDIA
Le immagini dell’incontro sulle tv di tutto il mondo
speciale IL PAPA IN FONDAZIONE
MISSIONE UOMO
4
L’attenzione del Vaticano
perdon Carloe la sua Opera
■ TANTI SONO STATI, in oltre sessant’anni, gli incontri di
don Carlo e della Fondazione con i Pontefici. Ecco le
tappe precedenti all’incontro con Francesco, che
impreziosiscono il corposo album dei ricordi.
PIO XII
11 luglio 1948: udienza particolare a don Gnocchi e ai
mutilatini (foto sotto).
20 maggio 1950: udienza per l’inaugurazione del Centro “S. Maria alla Pace” di Roma.
27 agosto 1953: udienza ai mutilatini d’Europa partecipanti al “Campo d’agosto”.
8 agosto 1954: udienza ai partecipanti al Raduno dei
Dirigenti d’Europa dell’Opera mutilatini di guerra.
GIOVANNI XXIII
25 dicembre 1958: udienza a un piccolo gruppo di
ospiti della Fondazione.
4 maggio 1963: udienza a una rappresentanza di ospiti della Fondazione in occasione del mese mariano.
PAOLO VI
23 dicembre 1963: visita al Centro “S. Maria della
Pace” di Roma.
GIOVANNI PAOLO II
23 dicembre 1990: visita al Centro “S. Maria della
Pace” di Roma.
24 maggio 1997: udienza particolare alla Fondazione
nel 40esimo della morte di don Gnocchi.
30 novembre 2002: udienza particolare alla Fondazione a chiusura delle celebrazioni per il centenario
della nascita di don Gnocchi.
BENEDETTO XVI
10 marzo 2010: incontro di ringraziamento per la beatificazione di don Gnocchi (foto in basso).
di ferma un istante che parla di intimità e di
condivisione. È un dialogo silenzioso, fatto di
uno sguardo intenso e reciproco, di un sorriso
mite e benevolo: tutti segni esteriori che dicono e raccontano un incontro profondo. Vi si legge un riconoscersi, un rincontrarsi di anime
nella sensibilità, nella tenerezza, e nei sentimenti che non possono essere tradotti in parole. E le mani, che quasi accarezzano le gambe di
Daria, sembrano dire la vicinanza, l’abbraccio
confidente di chi si ama senza riserve, senza
confini.
Un momento di grande e viva emozione per
noi tutti, privilegiati da una occasione unica
che ha ravvivato il coraggio e la gioia nel quotidiano cammino con Daria».
I genitori di Daria
ospite del Centro “S. Maria della Pace” di Roma
«Mai avremmo immaginato di trovarci in
prima fila, quasi nell’area presbiteriale, a pochi
passi dal Santo Padre. Da questo punto di vista
privilegiato abbiamo vissuto tutti i momenti
della celebrazione e della lavanda dei piedi: con
questo gesto simbolico “da servo”, compiuto
con la fatica di un uomo avanti negli anni, Papa
Francesco ci ha richiamati non solo con le parole dell’omelia, ad amarci e ad essere servitori gli
uni degli altri, soprattutto dei più deboli.
Un modello di umanità cristiana, quello di
Papa Francesco, il quale, nonostante i segni colti nel suo volto per la stanchezza di una lunga
giornata, ci ha donato la “gioia sacerdotale del
Pastore in mezzo al suo gregge”: egli, infatti,
dopo la celebrazione si è accostato a tutti i disabili e ai malati in carrozzina, offrendo loro e
ai loro accompagnatori una carezza, un sorriso,
una parola».
Maria Gagliardito
mamma di Giuliana, ricoverata al Centro
“Bignamini-Don Gnocchi” di Falconara M.ma (An)
«Dodici di noi si sono trovati faccia a faccia
con Papa Francesco, uniti fisicamente e spiritualmente nella celebrazione eucaristica. Una
cerimonia che si è svolta nella semplicità e dove
tra il Papa e i fedeli non si avvertiva alcuna
diversità, né prevaleva la sua “autorità”. Tutti
Le parole di Hamed,
ospite musulmano:
«Quello di Francesco
è stato un gesto
di fratellanza e pace
e di amore per tutti
contro ogni divisione»
L’immaginetta ricordo
■ IN OCCASIONE DELLA STRAORDINARIA visita di Papa
Francesco al Centro “S. Maria della Provvidenza”
di Roma della Fondazione Don Gnocchi è stata
stampata un’immaginettaparticolare. L’immaginetta può essere richiesta ai responsabili dei
Centri della Fondazione, o al Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne (tel. 02 40308938,
email: [email protected]).
facevano parte di un unico Corpo, quel Corpo
che è il Tempio di Cristo capace di emanare
calore e serenità d’animo. Anche i nostri ragazzi erano lì davanti e i loro occhi luminosi e i volti sereni sembravano voler comunicare tutta la
gioia del momento che stavano vivendo.
Dopo le fatiche della lavanda dei piedi e della cerimonia, il Santo Padre ha abbracciato,
salutato, accarezzato uno per uno i disabili presenti e i loro accompagnatori, con parole di
affetto e di incoraggiamento. Ha accarezzato
Chen, ha posto la sua mano sulla mia e quella
di mio marito, che lo ha ringraziato per tutto
quello che sta facendo; io sono rimasta in silenzio, osservando il suo sguardo fermo che ha
suscitato in me una sensazione di svuotamento, colmata da tanta serenità e quiete interiore.
Quel caloroso contatto, quel semplice gesto ha
rappresentato una benedizione per noi e per la
nostra famiglia: il 18 aprile era il nostro anniversario di matrimonio! Questa giornata celebrata nel sacramento dell’amore rappresenta
l’annuncio che Gesù è veramente risorto».
Antonella
■ GIORNALI E TV DI TUTTO IL MONDO hanno seguito la Messa del Papa alla Fondazione Don Gnocchi, con il
gesto della lavanda dei piedi a dodici ospiti disabili. Per alcuni giorni, il Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma è stato meta di visite, con servizi e interviste a responsabili, ospiti e operatori della Fondazione da parte di media nazionali e internazionali.
La Messa “in coena Domini” è stata ripresa dal Centro Televisivo Vaticanoe trasmessa in diretta da Tv
2000, con immagini poi rimbalzate in tutto il mondo. Tantissimi i giornalisti e le troupe presenti al Centro “Don Gnocchi”: dalle principali emittenti nazionali, con approfondimenti nei vari tg e in alcune trasmissioni popolari, alla tv francese , spagnola, brasiliana e naturalmente argentina, fino alle agenzie di
stampa di tutti i continenti ai vaticanisti delle più affermate testate.
Copie del dvd della Messa possono essere richieste al Servizio Comunicazione della Fondazione (tel.
02 40308938, email: [email protected]). Alcuni dei servizi andati in onda sono visibili
anche sul canale istituzionale youtubedella Fondazione, raggiungibile dal sito www.dongnocchi.it.
volontaria del Centro di Falconara M.ma (An)
«Desideravo tanto incontrare Papa Francesco: nelle sue parole avevo ritrovato i miei valori di riferimento, le radici della mia fede, come
l’avevo conosciuta dal prete della mia parrocchia, anni fa. Per questo, quando si è presentata l’occasione, ho aderito volentieri.
Ero tra la folla che lo aspettava a ridosso delle transenne, a pochi metri dal punto di discesa dall’auto. Quando mi si è avvicinato, gli ho
stretto la mano affettuosamente, come ad un
vecchio amico e in quel gesto, nel suo sguardo
e nel suo sorriso, ho percepito una grande semplicità e una grande sincerità. Ho visto di persona il suo modo semplice e diretto di porsi con
le persone, di andare a cercare gli umili, proprio
come ci insegna il Vangelo.
Non si è sottratto a nessuno: ha camminato
in mezzo a noi, ha incontrato tutti e a ciascuno
ha donato una carezza, un sorriso, un bacio... E
poi mi ha colpito che sia venuto “a casa nostra”,
in un Centro della Fondazione Don Gnocchi:
con la sua presenza è stato un grande riconoscimento per tutti noi».
Antonella Romanelli
dirigente Area Riabilitativa, Polo Toscana
«Il vero miracolo che si rinnova sempre e
che nutre le nostre esistenze è l’incontro con
Gesù, la comunione e la condivisione con i fratelli e il profondo desiderio di raggiungere un
giorno il Signore...
Il Papa, con la sua reale e luminosa semplicità, conferma quotidianamente con tutti i suoi
gesti e le sue parole il grande miracolo della
nostra fede. È stato davvero un dono speciale!
Grazia Pietragalla
dipendente Polo Specialistico di Tricarico (Mt)
«Quando è arrivato Papa Francesco è stata
una bellissima emozione, con sensazioni di
grande gioia, perché era la prima volta che
vedevo il Papa così da vicino. Ero già stato
all’incontro del mercoledì con la mia scuola,
ma quella era stata una festa generale. Questa
volta, invece, l’ho sentita più intima, perché
eravamo pochi, tutti attorno al Papa, che ci era
vicino, anche fisicamente. Una forte sensazione che provo è la carica che offrono le sue parole: lui si muove e parla con grandissima umiltà; le sue parole lasciano un segno molto profondo e il suo comportamento ci appare davvero come quello di un “Grande Amico”.
Ma l’emozione più forte è stata quando il
Papa ha guardato verso di me: probabilmente
non mi ha neanche visto, ma ugualmente in
quel momento mi sono sentito una persona
importante persino per lui ed è stato come se
avessimo avuto un contatto diretto».
Matteo Nardi
15 anni, di Firenze
5
MISSIONE UOMO
DALL’ALBUM
DEI RICORDI
Attualità
LA LETTERA DI GIORDANA
«Caro Papa Francesco, ho una perlina speciale per te...»
speciale IL PAPA IN FONDAZIONE
MISSIONE UOMO
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Osvaldinho, Samuele, Orietta, Hamede gli altri...
Ecco le storie dei dodici “prescelti” dal Santo Padre
■ LA CAREZZA DEL PAPA AI SOFFERENTI. I dodici assistiti della
Fondazione Don Gnocchi a cui il Santo Padre ha dedicato il gesto della lavanda dei piedi sono il simbolo ciascuno nel proprio calvario di lacrime e dolore e nel
proprio bisogno di prossimità e speranza - delle vecchie e nuove forme di fragilità nelle quali la comunità
cristiana è chiamata a riconoscere Cristo sofferente e a
dedicare attenzione, solidarietà e carità.
Dodici pazienti con disabilità per alcuni temporanea, per altri cronica, con la quale fanno i conti dalla
nascita o dalla giovanissima età. Di età compresa tra i 16
e gli 86 anni (tre di origine straniera, uno dei quali di
fedemusulmana), sono affetti da patologie invalidanti di carattere ortopedico, neurologico e oncologico.
Queste le loro storie.
Osvaldinho, 16 anni, il più giovane. Originario di
Capo Verde, risiede a Roma da tempo. Nell’agosto dello scorso anno, un banale tuffo in mare ha straziato
un’adolescenza fin lì normale. L’acqua troppo bassa,
l’impatto violento, l’esito devastante: trauma vertebro-midollare con tetraplegia immediata. Gli arti paralizzati, completamente immobile, costretto su una
sedia a rotelle. Non perde, però, la straordinaria voglia
di vivere, tipica dei suoi anni, alimentata e sostenuta
dalle cure e dalle terapie riabilitative a cui si sottopone
ogni giorno al Centro “S. Maria della Pace” di Roma .
Orietta, romana, 51 anni. A soli due anni è colpita da
vaiolo che le provoca un’encefalite. Per la famiglia inizia un calvario fatto anche di emarginazione e incomprensioni. A 9 anni l’accoglienza al “Cottolengo” di
Roma, che aveva sede presso l’attuale Centro “S. Maria
della Provvidenza”. Da 43 anni, Orietta vive in questa
sua nuova famiglia allargata, senza per questo aver perso la sua famiglia di origine. Anzi, i genitori l’hanno continuamente seguita con amore e sorretti dalla fede.
Non passa giorno che non la vadano a trovare, al punto
da diventare volontari del Centro e non limitarsi ad
accudire solo lei, ma affiancando gli operatori nell’assistenza degli altri ospiti.
Samuele, 66 anni. A 3 anni il dramma della poliomielite, a cui don Gnocchi si era dedicato una volta
esaurita l’emergenza dei mutilatini. La famiglia non era
in grado di garantirgli cure, né scuole speciali. Sarà proprio l’incontro con l’Opera di don Gnocchi a cambiargli la vita. Dalla provincia dell’Aquila, all’età di 13 anni,
Samuele si trasferisce a Roma e qui inizia il suo percorso di rinascita. Al Centro “S. Maria della Pace” di Roma
riceve cure mediche, istruzione, formazione professionale, un lavoro e qui trova... persino l’amore, nella
donna che poi sposerà.
Samuele non ha più lasciato la Fondazione Don
Gnocchi, diventandone operatore dipendente, fino
alla pensione, raggiunta pochi anni fa. Ancora oggi
continua a considerare don Gnocchi come un “padre”.
Marco, 19 anni, quinto anno al liceo scientifico tecnologico. Animatore nella parrocchia “SS. Annunziata”
di Sabaudia (Lt), gli è stata diagnosticata nell’ottobre
dello scorso anno una grave patologia cerebrale. Ha
subito in questi mesi una serie di interventi chirurgici. È
ospite, dallo scorso gennaio, del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma.
Angelica, 86 anni, originaria di Maenza (Lt). Contadina per tutta la vita, sposata con un armeno, tre figli,
rimasta vedova a 39 anni, è stata presidente dell’Azione Cattolica del proprio paese. Nell’88 il primo intervento per protesi all’anca sinistra, ripetuto per una
sostituzione nel ‘93. Nell’agosto dello scorso anno, la
caduta con frattura scomposta dell’anca già operata e
di varie costole. È in riabilitazione al Centro “S. Maria
della Provvidenza” di Roma dopo un lungo calvario in
varie strutture pubbliche.
Daria, 39 anni, affetta da tetraparesi spastica neonatale, ricoverata fin da piccola presso la degenza diurna del Centro “S. Maria della Pace” di Roma.
Pietro, 86 anni, due figli e tre nipoti. Artigiano per
tutta la vita, risiede da circa un anno al Centro “S. Maria
della Provvidenza” di Roma per deficit dell’equilibrio e
della deambulazione ed ipotonotrofia muscolare.
«Dono di luce, dono di grazia particolare, la
celebrazione della Messa nella Cena del Signore, presieduta da Papa Francesco al Centro “S.
Maria della Provvidenza” di Roma.
Una pagina di Vangelo vissuta, una bellezza espressa nella semplicità del sorriso, della
carezza, dei segni e dei gesti. Una gioia di conversione, abitando la fede, vestendo la speranza, aprendosi all’arte del dono nel cammino
quotidiano. Tra i tanti convenuti, anche don
Carlo Gnocchi, quale segno di unità, presenza
per costruire un progetto, per rispondere ad
una chiamata, per seguire una vocazione: un
canto alla vita».
Fratel Paolo Maria Barducci
Polo Specialistico di S. Angelo dei Lombardi (Av)
«Diventare una persona nuova! È il desiderio nascosto che hai nel più profondo del cuore.
È il dono più importante che solo Dio ha il
potere di farti, annullando i tuoi fallimenti e
sensi di colpa. L’incontro con il Papa, che ti fissa negli occhi. Quel suo sguardo che ti penetra
e ti legge dentro i desideri più grandi, ti cambia
la vita e ti fa nuova creatura.
“Erano circa le quattro del pomeriggio”, si
dice nel Vangelo di Giovanni dell’incontro dei
primi discepoli con Gesù. Erano circa le 19.30,
l’ora in cui sono nato, l’ora in cui ri-nasco alla
fede, l’ora in cui riesco ad esprimere il mio desiderio di vedere Pietro, ovvero incontrare Gesù.
“Ora o mai più”, mi dice il Cardinale che
accompagnava Papa Francesco. Così grido più
forte. Lui si volta e sembra dirmi: “Cosa cerchi?”. Poi prega e mi dà la sua benedizione!
Ricorderò sempre il giorno, il momento, il
posto dov’ero quando ho sentito che il Signore
Risorto mi ha “visitato e consolato”.
Ringrazio il beato don Carlo, che misteriosamente mi ha condotto a quest’incontro. Ringrazio con affetto i miei compagni di viaggio Patrizia, Emilia, Amado e Giuditta - che hanno condiviso con me le stesse lacrime di gioia
per la certezza che Dio, al di là delle nostre valutazioni umane, ci ama e ci è vicino.
“Cosa cerchi?”. È la domanda di tutti. A noi
la missione, l’opera più bella della nostra vita,
di condurre a Gesù, perché Lui solo è la risposta alle nostre domande più vere».
Augusto Scaperrotta
Infermiere
Polo Specialistico di S. Angelo dei Lombardi (Av)
Gianluca, 36 anni. Dall’età di 14 anni ha subito vari
interventi per meningiomi. È ospite da due anni della
RSA del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma.
«Ancora una volta, nella mia vita, ho sperimentato la “grandezza” di Dio. Era mio desiderio incontrare da vicino Papa Francesco e
non lo avrei mai creduto possibile, date le difficoltà logistiche e il gran numero di pellegrini
che abitualmente affollano piazza San Pietro.
Stefano, 49 anni, affetto da oligofrenia grave e spasticità in esiti di cerebropatia neonatale. Ha sempre
vissuto in famiglia, da due anni risiede alla RSA del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma.
Hamed, 75 anni, originario della Libia, di religione
musulmana. Ha lavorato per anni alla Camera del Commercio Italo-Araba. A seguito di un incidente stradale,
ha subito gravi danni neurologici. È in riabilitazione al
Centro “S. Maria della Pace” di Roma .
L’opportunità, o la ... “preghiera esaudita”, se
vogliamo, è arrivata il Giovedì Santo, in occasione della Messa della Cena del Signore, celebrata dal Santo Padre nella cappella della struttura della Fondazione Don Gnocchi a Roma.
Un invito inaspettato e a cui, spinta da
un’incredibile forza interiore, non ho saputo
L’OMELIA. Le parole del Papa: «Pensate agli altri con amore»
Giordana, 27 anni, originaria dell’Etiopia. Affetta
da tetraparesi spastica in seguito a paralisi cerebrale
infantile ed epilessia, risiede da vent’anni al Centro
IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano. Scrive poesie e
cura con altri disabili del Centro l’emittente web
“Radio Don Gnocchi”. Nel 2002, aveva salutato personalmente Giovanni Paolo II nel corso dell’udienza concessa alla Fondazione nel centenario della nascita di
don Gnocchi.
Walter, 59 anni, affetto da sindrome di down.
Appassionato di musica e di teatro, dopo la morte dei
genitori è rimasto solo con il fratello. Ora la sua casa è
il Centro Multiservizi di Legnano (MI).
«Il Papa ha scelto
gli umili, come insegna
il Vangelo. A tutti
ha donato un sorriso
e un abbraccio sincero.
Che bello sia venuto
alla “Don Gnocchi”!»
■ «CARO PAPA FRANCESCO, ho una perlina per te. Una perlina, come quelle che il beato don Carlo Gnocchi regalava ai suoi mutilatini, ogni volta che sopportavano una medicazione dolorosa senza piangere. Mi chiamo
Giordana, ho 26 anni e vivo su una sedia a rotelle. Sono di origina eritrea e da quasi vent'anni sono ospite del
Centro “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi. Quando mi hanno detto che tu mi
avresti lavato i piedi, ho pensato a come dirti grazie. Mi sono allora ricordata della storia delle perline, che
le suore egli operatori della Fondazione ci ricordano spesso. Ho raccolto le mie nel mio cuore: sono le mie
lacrime, i miei pianti, la mia sofferenza. E ho pregato perché arrivassero a te...
Caro papa Francesco, ho davvero un bel gruzzoletto di perline. È il bello di questa nostra vita, la mia e quella
di tanti miei amici fragili, che oggi sono rimasti come me felici e commossi per questa tua visita...
Vorremmo avere tante mani e tanti cuori, per diffondere questo nostro tesoro in un mondo che ne ha davvero bisogno. Mi ha sempre colpito la devozione di don Gnocchi perla Madonna. Anch'io, qualche anno fa, sono
stata a Lourdes e proprio là ho ricevuto la mia prima Santa Comunione. Spero di tornarci presto: sento il bisogno di chiedere a Maria nuova forza e altro coraggio per le mie piccole, grandi conquiste quotidiane.
È una promessa: saranno tutte perline per te, caro amico Papa nostro». (Giordana Fresslassie)
Papa Francesco lava i piedi a Walter, ospite del Centro
di Legnano (MI). In alto, la carezza a Marco e alla mamma
■ «ABBIAMO SENTITO quello che Gesù ha fatto nell’ultima cena. È un gesto di congedo. È come l’eredità che ci lascia: lui è Dio e si è fatto servo, servitore nostro, per amore.Anche noi dobbiamo sentirci chiamati ad essere servitori gli uni degli altri…
Il gesto della lavanda dei piedi è un gesto simbolico: lo facevano gli schiavi, i servi ai commensali,
alla gente che veniva a pranzo o a cena, perché in
quel tempo le strade erano polverose e al rientro
a casa era necessario lavarsi i piedi. Gesù con quel
gesto ci raccomanda e ci ricorda che dobbiamo
essere servitori gli uni degli altri. Io ora ripeterò
quel gesto, perché tutti noi, nel cuore, possiamo
sempre pensare agli altri con amore, come Gesù
ci ha insegnato e vuole da noi!»
sottrarmi. Tutto è andato liscio come l’olio: dal
viaggio, tranquillo e in sicurezza, all’accoglienza nella struttura, ben predisposta ed efficientemente organizzata.
L’incontro con Papa Francesco è stato magico e travolgente: quell’uomo vestito di bianco
più si avvicinava alle transenne dove avevo trovato posto, più il cuore mi batteva all’impazzata. Non so come, ma tra le tante mani che cercavano di afferrare la sua, mi sono trovata a
stringere forte la mano del Papa, con un riflesso incondizionato e incontrollabile, che mi
impediva di lasciarla.
Lui mi ha guardata con dolcezza, e senza
una parola, ma con gli occhi e con lo sguardo
dolce e paterno, mi ha convinto a lasciare “la
presa”. Ha sorriso, quasi a dirmi di aver capito
cosa volevo dire con quella stretta: «Santità,
grazie... Non so se avrò un’altra occasione come
questa: proteggi me e i miei cari, dammi tanta
forza e non abbandonarmi mai». È la stessa
preghiera che avrei rivolto a Dio, che quel giorno mi ha fatto un grande dono: quello di essere venuto in mezzo a noi, di aver sorriso e... di
avermi “stretto la mano”!
Erminia Pandolfo
volontaria ospedaliera Caritas diocesana
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MISSIONE UOMO
OSPITI DEI CENTRI DELLA FONDAZIONE
IL PROSSIMO OTTOBRE
Anche Montini Beato: «...ma don Gnocchi era un Santo!»
CHIESA
MISSIONE UOMO
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Le parole dei Papi Santi
agli operatori della Fondazione
■ GIOIA ANCHE IN FONDAZIONE per la
canonizzazione, lo scorso 27 aprile, di
Papa Roncalli e Papa Wojtyla, due pontefici che hanno lasciato ricordi indelebili,
parole di incoraggiamento e segni di speranza tra i responsabili, gli operatori e gli
ospiti dei Centri dell’Opera del beato don
Gnocchi.
San Giovanni XXIII incontrò i mutilatini di don Carlo per due volte nel corso
del suo pontificato: il 25 dicembre 1958,
in Vaticano, in occasione del suo primo
Natale da Papa, e il 4 maggio 1963, con l’udienza pontificia al primo pellegrinaggio
del “Rosario vivente”.
Nell’udienza del 1958 i mutilatini della
Fondazione Pro Juventute erano venti e
furono ricevuti nella Sala del Concistoro,
accompagnati dal direttore della Casa di
Roma, don Piero Gemelli. Papa Giovanni si trattenne con loro per più di un’ora e
si commosse quando Silvio Colagrande -
Tre nuovi vescovi
in diocesi di Milano
■ IL CARDINALE ANGELO SCOLA ha ordinato a fine giugno tre nuovi vescovi ausiliari della diocesi di
Milano: si tratta di monsignor Franco Agnesi, di
fra’ Paolo Martinelli e di monsignor Pierantonio
Tremolada. A tutti loro è giunto un augurio di
buon lavoro e vicinanza nella preghiera da parte
del presidente della Fondazione Don Gnocchi,
monsignor Angelo Bazzari.
Monsignor Agnesi è attualmente vicario episcopale della Zona di Varese, mentre monsignor Tremolada è stato insegnante del seminario ambrosiano e ha guidato fino ad oggi i preti del primo
quinquennio. Paolo Martinelli, invece, è un frate
francescano che ha svolto importanti incarichi
nel suo Ordine ed è attualmente rettore dell’Antonianum di Roma.
Indimenticabili
e straordinari
gli abbracci
con Papa Roncalli
e Papa Wojtyla,
canonizzati
lo scorso aprile
il fanciullo che due anni prima aveva riacquistato la vista grazie al trapianto di cornea di don Gnocchi - nel leggere l’indirizzo di saluto gli manifestò tutta la sua gioia
di «poter leggere un discorso con gli occhi
del suo benefattore davanti al Papa».
«Rispondo con grande commozione ai
vostri saluti, cari ragazzi - aveva detto il Papa
- ricordandovi che nessuna lacrima e nessu-
Qui sopra, Giovanni Paolo II durante l’udienza concessa
alla Fondazione Don Gnocchi nel 1997. Sotto, Silvio
Colagrande saluta Giovanni XXIII nel Natale del 1958
na sofferenza vanno perdute quando sono
offerte al Signore.Vi invito ad offrire la vostra
sofferenza, che potete rendere preziosa con
la vostra amicizia con Gesù. Offrite la vostra
sofferenza per tutti gli uomini e le donne del
mondo, come vi ha sempre insegnato don
Carlo. Voi mi siete cari come la pupilla degli
occhi...».
Papa Giovanni XXIII volle di nuovo
incontrare una rappresentanza della Fondazione un mese prima di morire, il 4 maggio 1963. I ragazzi erano guidati dal secondo successore di don Gnocchi, monsignor
Ernesto Pisoni. L’occasione era l’inizio del
mese di maggio, che quell’anno fu caratterizzato dal “Rosario vivente”, grandioso
pellegrinaggio di circa 1500 fanciulli, impegnati a recitare ogni giorno almeno una
decina del Rosario.
Il Papa li incoraggiò: «Voi avete compreso che una giornata senza preghiera è come
il cielo senza sole, il giardino senza fiori...
Dite sempre bene il Rosario! Voi siete il
Rosario vivente di Maria; vivente, perché lo
volete comprendere e praticare; perché volete trarne invito costante ad adorare Gesù, a
dare onore a Maria, a fare il vostro dovere,
a mettere in pratica tutte le virtù, che la Chiesa si attende da voi».
«Continuate a seguire
le orme del vostro maestro»
Tre, invece, gli incontri con san Giovanni Paolo II. Il primo fu l’abbraccio affettuoso e festoso del 23 dicembre del 1990,
quando il Santo Padre fece visita al Centro “S. Maria della Pace” di Roma.
«Carissimi medici e operatori sanitari di
questo Centro - erano state le parole del
Pontefice -: rimanete sempre fedeli allo stile e allo spirito di don Gnocchi! Mediante
le cure fisiche che voi prestate, come pure l’istruzione scolastica, la formazione professionale, lo sviluppo di attività sportive, ma
anche mediante la vostra professionalità,
seria e coerente sotto il profilo etico e soprattutto con il vostro amore, illuminato e sostenuto dalla fede, voi potete contribuire alla
riabilitazione piena dei ragazzi e dei giovani degenti e al loro pieno reinserimento nella comunità civile».
Il 24 maggio 1997 papa Wojtyla concesse udienza alla Fondazione, a chiusura delle celebrazioni per il quarantesimo anniversario della morte di don Carlo. «Lo sviluppo che la Pro Juventute ha conosciuto in
questi quarant’anni - aveva detto in quella
occasione il Papa - costituisce la migliore
testimonianza della fecondità dell’opera apostolica di don Gnocchi. Egli non solo seppe
rispondere a bisogni concreti e urgenti, ma
■ UNA TENACE E AFFETTUOSA amicizia legava Giovanbattista Montini e don Gnocchi. Fu proprio Montini,
arcivescovo di Milano e poi Papa Paolo VI (che verrà proclamato Beato il prossimo 19 ottobre, una settimana prima del quinto anniversario della beatificazione di don Gnocchi) a celebrare i funerali di don
Carlo, nel Duomo di Milano, il 1° marzo 1956. Fu Montini, nel ’60, ad officiare la solenne cerimonia del trasferimento della salma dal cimitero monumentale alla
cripta del Centro “S. Maria Nascente” di Milano.
«La tempra, sì, era d’alpino - disse alle numerose penne
nere presenti - ma le sue vere montagne erano quelle
dello spirito. Quando, nei momenti più tragici della
ritirata, egli promise ai morenti che sarebbe diventato
il padre dei loro orfani figli, e quando a guerra finita,
egli guardò alla pietà immensa di file e file di ragazzi e
di bambini, mutilati dalla cieca crudeltà della guerra, la
sua anima, completamente, si rivelò: era un soldato
della bontà. Darsi per il bene degli altri, consolare, sorreggere, rieducare, far vivere, questa era la sua milizia,
questa la sua vocazione. Eroi eravate tutti; ma lui, per giunta, era un Santo»
E il 25 dicembre 1963, nel suo primo Natale da Pontefice, Paolo VI volle recarsi a celebrare Messa in un
quartiere popolare della città di Roma, al Tiburtino.
Disse nell’omelia: «C’è tra voi qualcuno che piange, qualcuno ammalato, in angustie? Qualcuno che è
povero, che non ha nessuno? Ebbene, il Signore non con argomenti umani, ma per divina virtù, dice a
chi è nelle privazioni, a chi soffre e piange: beato te, perché anche la tua sofferenza, la tua povertà, la
tua solitudine, la tua pena nel cuore, io renderò preziose. Non sei povero, non sei solo, non sei disperato e in lacrime, giacchè quanto è dolore umano, sofferenza e privazione il Signore lo impiega per il bene
stesso di chi patisce calamità e incontra ostacoli».
Non è difficile avere l’impressione che il Papa stesse citando le parole di don Carlo sul valore redentivo
del dolore. E al termine della Messa, il Papa si recò al Foro Italico, per salutare i mutilatini e i poliomielitici del Centro “S. Maria della Pace” della Pro Juventute (nella foto). Cinque di loro gli portarono alcuni doni: un rosario, perché lo usasse nell’imminente viaggio in Terra Santa, un album «con i fioretti, le
preghiere e gli altri doni spirituali dei bambini dei vari collegi» e un crocifisso in ceramica, realizzato dai
mutilatini più grandi, che operavano nel laboratorio del Centro. Il Papa confidò loro di essere tanto felice di trovarsi in un ambiente «così squisitamente cristiano» e benedisse tutti, anche in nome di colui
che aveva voluto e fondato l’Opera e al quale andava il suo ricordo fedele e riverente.
Papa Wojtyla al Centro di Roma il 23 dicembre 1990
soprattutto seppe farlo con uno stile di grande attualità, precorrendo i tempi. Egli non
si accontentava di assistere le persone, ma
intendeva “restaurarle”, promuoverle, metterle in grado di ritrovare una condizione di
vita il più possibile adeguata alla loro digni-
tà. Fu questa la sua grande sfida. E questa
rimane la sfida della Fondazione che porta
il suo nome. In tale prospettiva la figura di
don Gnocchi può essere a buon diritto citata come esempio incoraggiante di quell’azione caritativa, profondamente inserita nella
storia, che la Chiesa italiana si è data quale
modello di impegno pastorale».
Il 30 novembre 2002, infine, lo straordinario incontro in Aula Paolo VI, nel centenario della nascita di don Carlo, presenti oltre settemila le persone tra dirigenti,
operatori, ospiti della Fondazione, insieme ad alpini, esponenti dell’Aido, ex-allievi e amici della Baracca.
«Continuate a seguire le orme di questo
indimenticabile maestro di vita - si era raccomandato il Pontefice -. Come lui, siate
buoni samaritani per quanti bussano alla
porta delle vostre case. Il suo messaggio rappresenta oggi una singolare profezia di solidarietà e di pace. Servendo infatti gli ultimi
e i piccoli in modo disinteressato, si contribuisce a costruire un mondo più accogliente e solidale».
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MISSIONE UOMO
Attualità
Attualità
ISTITUZIONI
Terzo settore, ecco
la linee guida della riforma
■ «PER REALIZZARE IL CAMBIAMENTO economico, sociale, culturale, istituzionale di cui il
Paese ha bisogno, è necessario che tutte le
diverse componenti della società italiana
convergano in un grande sforzo comune. Il
mondo del Terzo settore può fornire un contributo determinante a questa impresa, per
la sua capacità di essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini,
coinvolgere le persone, costruire legami
sociali, mettere in rete risorse e competenze,
sperimentare soluzioni innovative».
Con queste premesse, il presidente del
Consiglio Matteo
Renzi ha sottoposto alle organizzazioni del non profit
(in particolare a
quelle appartenenti al Comitato editoriale di “Vita”,
tra le quali anche la
Fondazione Don
Gnocchi, riunite
lo scorso 20 maggio nella redazione
Il premier Matteo Renzi
milanese del mensile) la proposta di legge di riforma del Terzo settore.
«Sono qui non per un tributo a questo
mondo - ha aggiunto - ma per costruire una
visione nuova della nostra comunità».
Il primo ministro - che ha sempre definito il non profit «non il Terzo, ma il Primo
settore» e che nella conferenza stampa di
commento al risultato delle ultime elezioni
ha sottolineato come la riforma del Terzo
settore sia centrale nell’azione di governo ha inoltre annunciato gli Stati Generali del
non profit da tenersi in autunno durante il
semestre di presidenza europea.
Tra gli obiettivi principali della riforma
vi è quello di costruire un nuovo welfare
partecipativo, chiamando in causa, nel
processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, i cittadini, i corpi intermedi e il
Terzo settore al fine di ammodernare le
modalità di organizzazione ed erogazione
dei servizi.
Un secondo obiettivo è valorizzare lo
straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal terzo settore.
Il terzo obiettivo è premiare in modo
Il testo sottoposto
dal premier Renzi
alle organizzazioni
del non profit.
«Costruiamo insieme
una visione nuova
della nostra comunità»
di Giovanni Ghislandi
sistematico con adeguati incentivi e strumenti di sostegno tutti i comportamenti
donativi o comunque prosociali dei cittadini e delle imprese, finalizzati a generare
coesione e responsabilità sociale.
«Trattandosi di un tema delicato aggiungono il ministro per le Riforme
Costituzionali Maria Elena Boschi e il sottosegretario Luigi Bobba, con delega al
Terzo settore che cureranno la stesura definitiva del testo - e che coinvolge oltre 300
mila realtà, circa un milione di addetti e qua-
si 5 milioni di volontari, abbiamo deciso di
lasciare la proposta di riforma online per un
mese, chiedendo alle organizzazioni e ai cittadini di inviare osservazioni e richieste.
Valutati tutti i contributi, il disegno di legge
delega sarà portato in Consiglio dei ministri
il 27 giugno».
LE LINEE GUIDA
Ricostruire le fondamenta giuridiche,
definire i confini e separare il grano dal
loglio.
Per superare le vecchie dicotomie pubblico/privato e Stato/mercato e passare da
un ordine civile bipolare a un assetto “tripolare” - si legge nel testo - dobbiamo definire
in modo compiuto e riconoscere i soggetti
privati sotto il profilo della veste giuridica,
ma pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono.
Abbiamo inoltre bisogno di delimitare in
modo più chiaro l’identità, non solo giuridica, del terzo settore, specificando meglio i
confini tra volontariato e cooperazione
sociale, tra associazionismo di promozione
sociale e impresa sociale e così via, anche al
fine di individuare criteri più idonei a garantire un’adeguata rappresentanza delle diver-
MISSIONE UOMO
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L’INCONTRO CON IL SOTTOSEGRETARIO
Attualità
ISTITUZIONI
L’ambizione di Bobba: «Un nuovo quadro normativo
per giocare i vostri talentiin una sfida più impegnativa»
abbiamo ancora definito cosa inten■ Dopo aver affiancato il premier
Matteo Renzidurante il primo incondiamo, ad esempio, quando si parla
di “impatto sociale” di un’attività?
tro con il mondo del non profit, il
sottosegretario al Welfare Luigi
C’è ancora molta strada da fare priBobba è tornato il 6 giugno nella
ma di approdare ad una norma specifica. Poi c’è il tema fiscale: il principio
redazione milanese di Vita per
della fiscalità compensativa mi semapprofondire i dettagli della riforma
bra molto opportuno, giuridicamene per un confronto con gli operatori
te sostenibile e trasparente. Ma
del Terzo settore. I lavori sono stati
anche qui occorre essere precisi: ci
introdotti da Riccardo Bonacina,
manca la strumentazione per quantidirettore editoriale di Vita, che ha
ficare l’impatto sociale. Infine esiste
passato in rassegna il documento di
il nodo del riordino della normativa
sintesi delle 31 proposte presentate
di settore. Questo forse è il passagdalle realtà che compongono il Il sottosegretario Luigi Bobba
gio più semplice. Ma dobbiamo deciComitato editoriale di Vita e che raccoglie anche quanto formulato dalla Fondazione dere: è il caso di riformare le varie leggi o di riunirle in
Don Gnocchi. Un secondo e articolato contributo è un Testo unico, più coerente, ma anche più difficile
stato inoltre inviato dalla “Don Gnocchi” al gruppo di da modificare in futuro?».
lavoro impegnato nella stesura del nuovo testo.
● La sussidiarietà. «Il collegamento all’articolo 118
Il sottosegretario Bobba - oltre a garantire che i vari della Costituzione è un ancoraggio naturale. Qui
contributi saranno tenuti nella giusta considerazione però occorre capire come coniugare i tre gradi di
- ha spiegato qual è l’obiettivo racchiuso nelle linee attivazione dei cittadini: quello della donazione
guida per la riforma: «L’ambizione è quella di portare individuale - sia essa monetaria, di tempo o di oggetavanti non un intervento che si limiti alla riforma di ti -, quello dei cittadini organizzati e associati, e queluna legge di settore, o un intervento sulla parte fisca- lo delle reti di secondo e terzo livello».
le, ma che punti a ridisegnare l’intero quadro norma- ● Impresa sociale. «Qui il percorso è molto avanti. È
tivo». In un momento storico nel quale la politica notizia di queste ore che il testo Lepri sia stato finaltenta di dare un impulso per far ripartire il Paese, mente incardinato in Commissione al Senato. Noi
«anche il non profit è chiamato a uscire dai propri intanto stiamo andando avanti a lavorare al progetconfini e a mettersi in gioco, per costruire insieme un to del Fondo per l’impresa sociale. A mio parere
welfare partecipativo, dare forza e forma a iniziative potrebbe valer la pena tenere l’impresa sociale fuori
di economia sociale, promuovere comportamenti dalla delega. Ci stiamo ragionando».
prosociali e donativi dei cittadini in funzione di un ● Servizio civile universale. «Questo invece è un
obiettivo di coesione sociale, per superare le disugua- tema che mediaticamente ormai sta vivendo di vita
glianze e ricostruirei il tessuto della comunità».
propria, ma io lo terrei ancorato alla delega. Dobbiamo però farci una domanda: vogliamo che il servizio
Bobba ha poi esposto alcuni punti fondamentali del- civile universale sia ancora legato al principio della
difesa non armata della patria, oppure no?».
la riforma in itinere:
● La legge delega. «Occorre precisare che il 27 giugno
● Voucher sociali. «Come per l’impresa sociale, sono
il Consiglio dei Ministri licenzierà una legge delega, dell’avviso di slegarli dal percorso della delega, ma
ovvero i principi in base ai quali dare corpo alla nuo- per il motivo inverso: siamo ancora in ritardo. Prima
va norma. Non siamo ancora quindi nella fase della bisogna modificare il codice civile e approvare i
scrittura in dettaglio dell’articolato, ma in quella Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), poi avremo gli
dove bisogna scegliere che strada prendere. I contri- strumenti per affrontare anche questo passaggio».
buti più puntuali presentati dalle varie associazioni ● 5 per mille. «Se vogliamo la stabilizzazione dell’esiverranno quindi utili in un secondo momento».
stente, la strada non è in discesa, ma in pianura sì.
● Le parole della riforma. «Cittadinanza, economia
Rimane aperto il tema del budget: se puntiamo a
sociale e welfare partecipativo. Sono queste le paro- recuperare quell’1 per cento che ogni anno è stato
le chiave che rapportandosi agli articoli 2, 18 e 118 del- stato sottratto al budget indicato dai cittadini, dobbiamo “discutere” con il ministero dell’Economia».
la Costituzione devono guidare il nostro percorso».
● I tre nodi. «Vedo di fronte a noi tre bivi rispetto ad
● Authority. «Sono favorevole alla sua istituzione.
altrettanti passaggi della riforma. Il primo riguarda il Ma non deve tradursi nell’ennesimo carrozzone pubCodice civile. Qui dobbiamo scegliere se focalizzarci blico. Guarderei piuttosto al meccanismo di certifisull’attività o sulla forma giuridica, per decidere cosa cazione che le centrali cooperative applicano ai loro
è sociale e cosa non lo è. Guardando le sollecitazioni associati. Ecco, penso a una struttura basata su reti
che vengono formulate, mi pare che l’orientamento auto-organizzate di soggetti non profit: questo
sia quello di prendere la prima strada, quella dell’at- darebbe anche il via a un benefico processo di aggretività. Io però mi chiedo: è possibile farlo quando non gazione delle organizzazioni non profit».
13
se componenti di un settore in cui operano
una miriade di soggetti assai diversi fra loro per forma giuridica, dimensioni numeriche,
modalità organizzative, volume di attività che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune.
In questa opera occorre però anche
sgomberare il campo da una visione idilliaca
del mondo del privato sociale, senza fare finta di non sapere che anche qui, seppur in
modo residuale, agiscono soggetti non sempre trasparenti, che talvolta usufruiscono di
benefici, o attuano forme di concorrenza,
utilizzando spregiudicatamente la forma
associativa per aggirare ed eludere obblighi
di legge.
Valorizzare il principio di sussidiarietà
verticale e orizzontale.
L’azione diretta dei pubblici poteri e la
proliferazione di enti e organismi pubblici
operanti nel sociale - continua il testo - si è
rivelata spesso costosa e inefficiente. Nel
sistema di governo multilivello che caratterizza il nostro Paese, l’autonoma iniziativa
dei cittadini per realizzare concretamente la
tutela dei diritti civili e sociali garantita dalla
Costituzione deve essere quanto più possibile valorizzata.
In un quadro di vincoli di bilancio, dinanzi alle crescenti domande di protezione
sociale abbiamo bisogno di adottare nuovi
modelli di servizio per le persone e le famiglie
in cui l’azione pubblica possa essere affiancata in modo più incisivo dai soggetti operanti
nel privato solidale.
Pubblica amministrazione e Terzo settore devono essere le due gambe su cui fondare
una nuova welfare society.
Far decollare davvero l’impresa sociale,
per arricchire il panorama delle istituzioni
economiche e sociali del nostro Paese, dimostrando che capitalismo e solidarietà possono abbracciarsi in modo nuovo attraverso
l’affermazione di uno spazio imprenditoriale non residuale per le organizzazioni private
che, senza scopo di lucro, producono e scambiano in via continuativa beni e servizi per
gestire beni comuni.
Assicurare una leva di giovani per la
“difesa della Patria” accanto al servizio militare: un Servizio Civile Nazionale universale, come opportunitàdi servizio alla comunità e primo approccio all’inserimento professionale, aperto a tutti i giovani dai 18 ai 29
anni che desiderino confrontarsi conl’impegno civile; un tirocinio nazionale alla formazione di una coscienza pubblica e civica.
Dare stabilità e ampliare le forme di
sostegno economico, pubblico e privato
degli enti del Terzo settore, assicurando trasparenza, eliminando contraddizioni e
ambiguità e fugando i rischi di elusione.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
12
LE PROPOSTE
✔ Riforma del codice civile
La riforma del libro I Titolo II del Codice civile si propone di dare riconoscimento
civilistico a tutto quello che sta fra il pubblico e il privato: ovvero tutti i soggetti dell’economia civile.
✔ Una normativa quadro
Oggi il non profit è regolamentato da
una pluralità di norme di settore, spesso in
contraddizione fra loro. La riforma prevede il superamento di questo status quo attraverso l’elaborazione di una normativa quadro e di sistema, in armonia con il principio
di sussidiarietà sancito dall’articolo 118
della Costituzione.
✔ L’impresa sociale
L’obiettivo della riforma è quello di creare un soggetto giuridico ed economico che
abbia i canoni dell’impresa capitalistica
(capacità di stare sul mercato e attrarre
investimenti), ma che operi con l’obiettivo
di massimizzare l’impatto sociale e non
quello di massimizzare il profitto.
✔ Il servizio civile universale
Oggi il servizio civile è una possibilità
riservata a pochi eletti: il nuovo servizio
civile universale, invece, parte dall’affermazione di un diritto:tutti i giovani che lo desiderano devono poter svolgere il servizio
civile.
✔ Stabilizzazione del cinque per mille,
senza tetti di spesa e con razionalizzazione
della platea dei beneficiari.
✔ Authority del non profit
La riforma propone la nascita di una
vera e propria Authority indipendente in
grado di dialogare con l’Agenzia delle
Entrate.
✔ Strumenti di finanziamento
La proposta punta ad allargare il ventaglio dei canali di finanziamento diretto
(ovvero non veicolato dalla pubblica amministrazione).
In questo senso saranno promossi
incentivi per la libera scelta dell’utente
attraverso detrazioni/deduzioni fiscali e
l’introduzione di voucher per i servizi alla
persona e alla famiglia.
DOCUMENTO. Il contributo della Fondazione Don Gnocchi
■ «APPREZZAMENTO PER LO SFORZO AVVIATO, insieme all’auspicio che tale percorso possa produrre in tempi ragionevolmente brevi un esito che, grazie al miglioramento dell’insieme delle condizioni in cui operano le molteplici ed
eterogenee realtà del Terzo settore, possa essere di concreto e duraturo miglioramento dei servizi attivati per il
bene comune, con un impegno particolare per i più fragili e dimenticati». Questo il senso del contributo che la
Fondazione Don Gnocchiha fatto avere autonomamente al tavolo impegnato nella riforma del Terzo settore, al
di là della propria partecipazione e presenza in diversi contesti di aggregazione delle varie realtà del non profit.
Nel merito delle linee guida e delle proposte di riforma, la Fondazione ha invitato «a prestare la debita attenzione alle realtà di grandi dimensioni (Fondazioni, ma anche reti delle cooperative, enti formativi...), che con fatica
sono riuscite in questi anni a tenere vivi e tradurre nel presente i carismi dei propri fondatori, a volte vere figure
geniali e anticipatrici dei tempi e a tradurre nell’impegno quotidiano l’attenzione prioritaria alle fasce più deboli, con uno spirito di servizio che travalica le diverse professionalità».
Una seconda sollecitazione è quella di tenere «in debita considerazione il contesto europeo, oggi (e ancora più
domani) indiscutibile riferimento non solo per gli sviluppi normativi, ma anche e soprattutto politici, sociali, e
culturali. Se da un lato è un dato incontestabile che l’Italia abbia una storia e uno spessore quali-quantitativo del
Terzo Settore di assoluto rilievo, è altrettanto vero che in Europa si trovano forme di impegno civile, soprattutto per le fasce più deboli, molto diverse fra loro, ma comunque di notevole importanza, con cui raccordarsi per il
raggiungimento di obiettivi comuni».
Nel documento, la “Don Gnocchi” sottolinea «l’importanza delle riforme del Codice Civile e della fiscalità(Testo
Unico del Terzo settore), peraltro molto complesse ed articolate, che andranno accompagnate da una chiara e
ben studiata definizione di tempi e modalità per gli adeguamenti (anche a livello di statuti, sistemi di partecipazione, di governance). Condivide inoltre l’opportunità dell’istituzione di una Authority, guarda con attenzione
alla riforma sull’impresa sociale e ritiene importante «la revisione del sistema delle convenzioni e degli accreditamenti, per mettere ordine e dare chiarezza ai limiti tra stipula di convenzioni e utilizzo delle gare nella gestione di alcuni servizi di carattere sanitario e/o socio assistenziale».
Rispetto al 5xmille, la Fondazione invita a dare seguito alla legge delega attraverso opportuni decreti legislativi,
per attuare pienamente la stabilizzazione e l’eliminazione del tetto. Non manca, infine, il pieno appoggio alla
proposta del Servizio Civile universale.
La Fondazione ha inoltre allegato al testo un importante contributodi carattere più tecnico e concreto (elaborato con il fondamentale supporto di uno studio specializzato di fiducia), che offre alcune brevi schede di approfondimento relative a punti critici della fiscalità degli enti non commerciali e delle Onlus.
Attualità
SCENARI
MISSIONE UOMO
L’identikit del non profit,
traino per l’occupazione
■ NON PROFIT SEMPRE PIÙ FORTE sul territorio italiano per numero di istituzioni e per
occupati: al 31 dicembre 2011 si contavano
301.191 unità, il 28% in più rispetto al 2001,
con una crescita del personale impiegato
pari al 39,4%.
I dati, rilevati attraverso il censimento
delle istituzioni non profit, unico nel panorama europeo, sono stati presentati e discussi al convegno “Non profit in Italia: quali sfide e quali opportunità per il Paese” una
giornata di approfondimento promossa
dall’Istat, articolata in sessioni di dibattito e
confronti, svoltasi a Roma lo scorso aprile
di Claudia Dorini
alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti.
temporanee, 9 mila comandate o
Il settore conta sul contributo
distaccate, 26 mila religiose e 10
lavorativo di 681 mila dipendenti,
mila giovani del servizio civile. Il
270 mila lavoratori esterni, 5 mila
non profit si conferma quindi trailavoratori temporanei e 4,7 miliono per l’occupazione femminile.
ni di volontari.
La categoria professionale più
Sono inoltre presenti altre tiporappresentata, con il 27,5% dei
logie di risorse umane, che prestalavoratori retribuiti, dipendenti ed
no a vario titolo la loro attività nelesterni, è quella delle professioni
le istituzioni rilevate: 19 mila lavotecniche (sanitarie-infermieristiratori comandati o distaccati, 40
che, fisioterapisti, mediatori intermila religiosi e 19 mila giovani del Giuliano Poletti
culturali...). Seguono le professioni
servizio civile.
nelle attività commerciali e nei servizi con
La componente femminile è di 1,8 milioil 24,1% (operatori socio-sanitari, assistenni di volontarie, 494 mila dipendenti, 142
ti socio-assistenziali e assistenti domiciliamila lavoratrici esterne, 3 mila lavoratrici
■ IN OCCASIONE DEI CINQUANT’ANNI DI FONDAZIONE, l’Aris-Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari ha
pubblicato una corposa ricerca che riassume l’attività delle realtà associate e federate. Dal volume
emerge un quadro significativo, sia dal punto di vista numerico che qualitativo: la galassia Aris esprime
un totale di 31.700 posti letto (di cui 13.500 per acuti ospedalieri, 4.000 per post-acuti ospedalieri e
14.200 nell’area extraospedaliera). Gli assistiti sono oltre 130.000, comprendendo anche l’area semiresidenziale e ambulatoriale in carico ai Centri di riabilitazione, alle Residenze sanitarie assistenziali e
nell’assistenza domiciliare.
Sono inoltre targati Aris ben10 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico-Irccs, 19 ospedali classificati, 5 presidi ospedalieri, 48 case di cura, 125 centri di riabilitazione, 20 Rsa ed ex-istituti psichiatrici, per un totale di 227 strutture, a cui si aggiungono altre 33 realtà federate, fra le quali anche la Fondazione Don Gnocchi.
«L’Aris ha accumulato un’esperienza che si è via via consolidata nel tempo - sottolinea il presidente
Aris, fratel Mario Bonera - e dalla quale consegue, per ciascun aderente, una responsabilità non solo
verso se stessi, ma anche nei confronti dell’intera collettività. Le strutture aderenti all’associazione
rappresentano una componente rilevante del mix pubblico-privato, operante senza fini di lucro, con
un’offerta globale di assistenza socio-sanitaria sul territorio nazionale. Gli istituti sono tutti gestiti da
enti e congregazioni religiose o di ispirazione cristiana, aperti all’ecumenismo, che attualizzano il carisma di fondatori e fondatrici secondo quella diversità che ci contraddistingue, ma che al contempo
rappresenta la ricchezza della nostra stessa presenza».
Illustrati dall’Istat
i dati del censimento:
oltre 300 mila realtà
con una crescita
del personale impiegato
negli ultimi dieci anni
di quasi il 40 per cento
IL MONDO NON PROFIT NEGLI ULTIMI DIECI ANNI
2011
301.191
347.602
243.482
4.758.622
41.744
680.811
35.977
270.769
1.796
5.544
Istituzioni non profit
Unità locali delle istituzioni non profit
Istituzioni con volontari
Volontari
Istituzioni con addetti
Addetti (dipendenti)
Istituzioni con lavoratori esterni
Lavoratori esterni
Istituzioni con lavoratori temporanei
Lavoratori temporanei
VOLONTARI E TITOLO DI STUDIO
Maschi
Laurea
552.388
Diploma superiore
1.483.198
Licenza media/elementare 913.444
TOTALE
2.949.030
Femmine
423.603
900.729
485.260
1.809.592
2001
235.232
253.344
220.084
3.315.327
38.121
488.523
17.394
100.525
781
3.743
Variazione %
28,0
37,2
10,6
43,5
9,5
39,4
106,8
169,4
130,0
48,1
VOLONTARI E CONDIZIONE LAVORATIVA
Occupati
Ritirati
Altra condizione
TOTALE
Maschi
1.741.924
828.896
378.210
2.949.030
Femmine
896.405
493.536
419.651
1.809.592
dovrebbe partire dalla partecipazione responsabile, dall’impegno comune, dal superamento delle divisioni e dei particolarismi, cercando di massimizzare il coinvolgimento, il protagonismo attivo e la responsabilità di ogni
cittadino. All’economia solidale il compito di
promuoverli e organizzarli: perché noi vogliamo che nessun cittadino resti a casa senza avere nulla da fare: per questo ad ogni italiano
deve essere data una ragione per saltar giù dal
letto e mettersi in moto ogni mattina».
ri...), le professioni intellettuali, scientifiche
e di elevata specializzazione (17,9%), le
professioni non qualificate con il 13,8%
(collaboratori scolastici, addetti alle pulizie,
operatori ecologici, etc.) e le professioni
esecutive nel lavoro d’ufficio (11,4%).
I dirigenti e gli imprenditori rappresentano invece una quota pari al 3,5% del totale dei lavoratori retribuiti.
La presenza maschile prevale tra i dirigenti e gli imprenditori (6,8%), nelle professioni tecniche (31,5%), nelle professioni
non qualificate (15,5%) e tra gli artigiani,
operai specializzati, agricoltori e conducenti di veicoli. La presenza femminile invece è
superiore alla quota nazionale solo nelle
professioni qualificate delle attività commerciali e dei servizi (29,6%).
«I dati del censimento - è il commento del
presidente dell’Istat, Antonio Golini - evidenziano la dinamicità del non profit italiano
e la sua capacità di creare occupazione e crescita economica. Dalla rilevazione emerge
come questo sia un settore di grande valenza
sociale per le sue caratteristiche di ascolto dei
cittadini e delle imprese, per soddisfare i loro
bisogni sociali, ricreativi, sportivi, sanitari e
altro ancora. Non va poi sottovalutato il
numero rilevante di persone che sostengono
attivamente le organizzazioni non profit
attraverso il prezioso contributo come volontari».
«Occorre costruire attorno all’economia
sociale e solidale il futuro del Paese - ha
aggiunto il ministro Giuliano Poletti - puntando su imprese cooperative, imprese sociali, cooperative di comunità e ogni altra forma
di economia sociale e associativa che metta al
centro la persona e non la finanza, i bisogni
dei soci e della comunità e non la remunerazione del capitale. È essenziale attivare un
percorso di radicale cambiamento che
I servizi erogati
Le istituzioni non profit rilevate sono nel
62,7% dei casi di pubblica utilità (orientate
al benessere della collettività in generale) e
nel restante 37,3% mutualistiche (dirette
agli interessi e ai bisogni dei soli soci).
L’orientamento è legato all’attività svolta: le istituzioni solidaristiche sono presenti
in una quota nettamente superiore alla
media nazionale nei settori della cooperazione e solidarietà internazionale (96,3%),
della sanità (91,3%), dell’assistenza sociale e protezione civile (90,4%), della filantropia e promozione del volontariato
(90,4%), dell’istruzione e ricerca (83,4%).
Per la prima volta sono stati rilevati
ROMA. La Fondazione agli Stati generali della Salute
■ SI SONO SVOLTI A ROMA NELL’APRILE SCORSO gli “Stati Generali della Salute”, promossi dal ministero della Salute. L’evento ha permesso al mondo della sanità italiana di confrontarsi sul futuro dell’organizzazione sanitaria nel
nostro Paese. Insieme al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, hanno preso parte all’iniziativa anche istituzioni, enti, imprese, operatori pubblici e privati della sanità italiana - tra i quali anche la Fondazione Don Gnocchi che hanno messo in risalto le eccellenze e le problematiche del sistema sanitario, confrontandosi alla luce del
contesto europeo e internazionale, in vista dell’imminente semestre di presidenza italiana dell’Unione europea.
anche i servizi erogati dalle istituzioni non
profit. I più diffusi, nell’ambito dei diversi
settori, sono relativi a:
● istruzione e ricerca: servizi per le scuole
dell’infanzia e la formazione (33,3%) e
aggiornamento professionale (28,2%);
● sanità: donazione di sangue, organi, tessuti e midollo (33,6%) e soccorso e trasporto sanitario (19%);
● assistenza sociale e protezione civile:
integrazione sociale dei soggetti deboli o a
rischio (27,5%) e sostegno socio-educativo
(24,2%);
● ambiente: interventi di salvaguardia del
territorio (47%) e soccorso e ospitalità degli
animali (22,4%).
● sviluppo economico e coesione sociale: il
servizio maggiormente erogato (49,3%) è
l’inserimento lavorativo in impresa o cooperativa.
● cultura, sport e ricreazione: organizzazione di eventi sportivi (23,7%), di corsi per la
pratica sportiva (20%) e di eventi, feste,
sagre e altre manifestazioni (19,7%).
Le risorse economiche
Il totale delle entrate di bilancio delle
istituzioni non profit è pari a 64 miliardi di
euro, mentre le uscite totali (spese del personale, acquisto di beni e servizi, sussidi
contributi ed erogazione a terzi…) ammontano a 57 miliardi.
Le regioni con il maggior volume, sia di
entrate che di uscite, sono la Lombardia
(oltre 17 miliardi di euro di entrate e oltre 15
di uscite) e il Lazio (quasi 15 miliardi di
entrate e 12 di uscite). Nell’insieme i valori
delle due regioni rappresentano circa il
50% del totale complessivo.
La principale fonte di finanziamento è
15
MISSIONE UOMO
ARIS. In un volume, numeri e attività della “galassia”
14
INDAGINE
CERISMAS
Attualità
Attualità
SCENARI
STORIE
17
Le strutture sanitarie di ispirazione cristiana
rivestono un ruolo primario nella sanità italiana
■ COSTITUISCONO QUASI IL 10 PER CENTO delle strutture di
ricovero in Italia e sono il punto di riferimento di ricoveri in riabilitazione per gli “over 75”.
Si tratta delle strutture sanitarie di ispirazione cristiana, che da sempre giocano un ruolo di primo piano nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.
A tracciarne un quadro dettagliato è l’indagine del
Centro di Ricerche e Studi in Management Sanitario
(Cerismas), presentata lo scorso maggio a Milano,
durante un workshop dal titolo “Le istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana tra tradizione e innovazione”. L’evento, aperto dai saluti di Stefano Baraldi,
direttore del Cerismas e pro rettore dell’Università
Cattolica, e di Alessandro Pirola, direttore amministrativo della Casa di Cura “Columbus”, è proseguito
con la presentazione dei risultati della ricerca da parte di Eugenio Anessi Pessina, responsabile Area ricerca Cerismas e professore di Economia aziendale
all’Università Cattolica.
Al successivo approfondimento sui risultati ha preso
parte, tra gli altri, anche Enrico Mambretti, direttore
Risorse umane della Fondazione Don Gnocchi. Le
conclusioni sono state affidate a Stefano Baraldi, a
monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi e a Giancarlo Ruscitti, amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo.
Di grande interesse i dati esposti, che evidenziano il
ruolo primario delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana nel panorama del Servizio Sanitario
Nazionale: si tratta di realtà oggi presenti in 15 regioni italiane, con 45 mila posti letto, 2 Policlinici universitari, 24 ospedali classificati, 12 Istituti di Ricovero e
Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), 4 presidi sanitari e oltre 200 tra strutture per acuti, riabilitative, RSA
e istituzioni di servizio domiciliare.
Sono 70 mila gli operatori sanitari e 8 mila i medici
operanti in ospedali per acuti, strutture di riabilitazione, lungodegenza, hospice, servizi domiciliari, il
cui lavoro offre un contributo rilevante per l’erogazione dei “livelli essenziali di assistenza” delle singole regioni.
L’indagine del Cerismas evidenzia in particolare che
nel 50 per cento dei casi si tratta di strutture situate
in regioni in piano di rientro, con forti presenze in
Liguria, Lombardia, Pugliae soprattutto Lazio.
Da segnalare inoltre che nel 2013 il Cerismas ha avviato un programma di ricerche, formazione ed eventi
dedicato a nove istituzioni sanitarie di ispirazione
cristiana, con l’obiettivo di favorire una stretta
cooperazione su tematiche di management e favorendo il dibattito sui temi più rilevanti per il Servizio
Sanitario Nazionale.
Questo “tavolo di lavoro” vede oggi come componenti Casa di Cura Columbus, Irccs Oasi Maria Santissima, Irccs Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza,
Fondazione Don Gnocchi, Fondazione Maddalena
Grassi, Fondazione Opera San Camillo, Fondazione
Poliambulanza Istituto Ospedaliero, Provincia Lombardo Veneta-Ordine Ospedaliero di San Giovanni di
Dio Fatebenefratelli, Policlinico universitario Gemelli. A dodici mesi dall’avvio del programma di attività,
il Cerismas e le istituzioni associate hanno presentato i risultati delle principali attività di ricerca avviate
grazie a questa collaborazione.
di provenienza privata (per l’86,1% delle
istituzioni), mentre il 13,9% ha entrate di
fonte prevalentemente pubblica.
I settori che utilizzano di più fonti di
finanziamento pubblico sono la sanità
(36,1%), l’assistenza sociale e protezione
civile (32,8%), lo sviluppo economico e
coesione sociale (29,9%). Quelli più
sostenuti da introiti privati sono il settore
religioso (95,5%), quello delle relazioni
sindacali e rappresentanza di interessi
(95,3%), la cooperazione e solidarietà
internazionale e la cultura sport e ricreazione (entrambe 90,1%).
Gli strumenti di comunicazione
Il censimento coglie anche il livello
d’innovazione raggiunto dalle istituzioni
non profit nell’adozione di diversi strumenti di comunicazione, che combinano
forme comunicative tradizionali con strumenti tecnologicamente avanzati.
Le istituzioni non profit che utilizzano
almeno uno strumento di comunicazione
sono 205.792 (68,3%). L’uso del web e dei
social network assume un ruolo imprescindibile e fondamentale, ma non sostituivo rispetto all’impiego degli strumenti
tradizionali. Infatti, il 60,9% delle istituzioni non profit che fanno ricorso ad almeno uno strumento di comunicazione prediligono il sito Internet, mentre il 54,2%
adotta comunicati e brochure informative
e il 30,6% sceglie i social network come
veicolo per condividere idee e creare community sul web, seguito dalla pubblicità
(29,8%) e newsletter periodiche (15,2%).
I volontari
I volontari sono nel complesso giovani:
950 mila hanno meno di 29 anni (pari al
20%, di cui il 4% con meno di 18 anni) a
fronte di 704 mila volontari con più di 64
anni (14,8%). Il 43,2% dei volontari ha tra
i 30 e i 54 anni di età. Cultura, sport e ricreazione e ambiente sono i settori con una spiccata presenza giovanile.
Più anziani i volontari che operano nei
settori delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (dove si contano 155
volontari con più di 64 anni su 100 giovani),
seguito dall’assistenza sociale e protezione
civile, tutela dei diritti e attività politica,
filantropia e promozione del volontariato,
istruzione e ricerca.
La metà dei volontari italiani possiede un
diploma di scuola superiore, il 55,4% ha un
lavoro, poco più di un quarto è ritirato dal
mondo del lavoro e il restante 16,8% è
costituito da studenti, casalinghe, in cerca
di occupazioneo inattivi.
Politici, musicisti e attori:
tutti i ricordi del “professore”
■ SIAMO RIMASTI IN POCHI ad avere vissuto
la seconda guerra mondiale e gli anni
tumultuosi che sono seguiti. Io sono uno di
quelli. E ho voglia di ricordare alcune delle
persone per l’uno o l’altro motivo eccezionali, che ho potuto conoscere in quegli anni.
Giovane medico - mi sono laureato nel
1947 - ho avuto la grande fortuna di essere
indotto ad un mestiere allora ignoto in Italia, quello che solo molti anni dopo si sarebbe chiamato fisiatria. Mi sono così giovato
del vantaggio di chi non ha concorrenti, o
ne ha comunque pochi.
Così, se una persona importante aveva
qualche problema motorio (si trattava per
lo più delle conseguenze di un ictus), mi
chiamavano a vederlo e a curarlo. Ho imparato solo dopo che, in realtà, non si trattava
proprio di curarlo, secondo i dettami della
scienza medica allora ancora piuttosto arretrata, ma di aiutarlo a cavarsela nella vita:
adesso diciamo “aiutarlo a riabilitarsi”.
Il presidente col soprabito blu
Cominciamo, noblesse oblige, con un
presidente della Repubblica dei primi anni
Sessanta, Antonio Segni, che sono stato
chiamato a visitare a Roma perchè era stato colpito da un ictus da trombosi cerebrale, con danni motori e gravi problemi di linguaggio.
Era venuto a Milano, alla Casa di Cura
Sanatrix, una piccola
clinica di poche camere, nata per la nostalgia per la riabilitazione di Felice Casari,
che era stato il primo,
amato primario dell’IANTONIO SEGNI. «Lo visitai dopo l’ictus. Ricordo
il presidente alto, sottile, con il soprabito blu, la
sciarpa bianca e i capelli argento: un gran signore»
stituto di Terapia Fisica di Niguarda dal ‘48
al ‘53, caratterizzata, oltre che da un’ottima
attività riabilitativa, dalla ancor migliore
cucina curata dalla moglie parmigiana del
proprietario. Ricordo il presidente alto,
sottile, con il soprabito blu e la bella sciarpa di seta bianca, che si armonizzava bene
con i bei capelli argentei. Un gran signore.
E una lunga sfilata di politici milanesi di
Straordinario
“amarcord”
dagli scritti
di Silvano Boccardi
padre della medicina
riabilitativa in Italia,
da poco scomparso
ne scientifico al bar Giamaica, a Brera.
Ricordo un’affannata corsa in taxi per recuperare un archetto del violoncello a Rossi:
il suo si era rotto all’ultimo minuto. E in
serata un commovente quartetto di
Debussy, nell’ospitale ma gelida casa di
Giulia Maria Crespi, in via Borgonuovo. I
termosifoni in quel primo dopoguerra non
funzionavano: gli invitati erano pregati di
portare un ciocco di legno per il camino.
Poi, e prima di tutti, Maria Callas, la
voce di soprano più emozionante di tutti i
tempi al servizio di una musicalità ineguagliabile, in quei tempi regina del teatro alla
Scala. Era alle prese con un peso corporeo
che giudicava eccessivo e che avrebbe,
come si sa, combattuto con successo senza
perdere, come tutti temevamo, l’incanto
della sua voce. Veniva all’Istituto con il suo
cagnolino e ci intratteneva con tante e non
sempre generose storie sul suo mondo e
soprattutto sui suoi
colleghi. E in particolare su Renata Tebaldi, ottima soprano e
sua principale rivale.
Unito nel ricordo
a Maria Callas, Leonard Bernstein che
l’ha diretta in una
trionfale “Medea” di
MARIA CALLAS. «Veniva all’Istituto con il suo
cagnolino e ci intratteneva con tante e non sempre
generose storie sul suo mondo e sui suoi colleghi»
di Silvano Boccardi
tutte le sponde, ben noti allora: Malvestiti,
Masini, Marcora, Rivolta, Peruzzotti... La
passione politica si scaricava per lo più sulla muscolatura della colonna.
Mio padre era pianista e in quegli anni
difficili si dava da fare per la rinascita di una
vita musicale milanese, organizzando con
la Camerata Musicale preziosi concerti: per
cui molti miei ricordi sono legati al mondo
della musica.
Nell’immediato dopoguerra, la rivelazione del Nuovo Quartetto Italiano. Quattro giovani (Borciani, Pegreffi, Farulli e
Rossi), che di lì a poco dovevano incantare
il mondo. Quattro folletti, come li ha battezzati Giulio Confalonieri, principe dei
critici musicali e grande giocatore di scopo-
Cherubini, la sua originalità interpretativa,
la sua simpatia: una volta si è presentato a
una prova scaligera vestito da gondoliere
veneziano. Ricordo anche le sue bretelle
color viola, che sfidavano il malocchio e
naturalmente il suo mal di schiena.
Il mio mestiere mi ha portato in casa
Abbado, una casa dove si respirava musica.
Sono stato accolto con grande signorilità da
Michelangelo, ottimo violinista e padre di
Marcello, poi direttore del Conservatorio
di musica di Milano, dove mio padre ha
insegnato nel primo dopoguerra, e di Claudio, al quale debbo tanti indimenticabili
momenti di grande musica e, recentemente, il sogno di vedere scambiata la sua giusta mercede con 95.000 alberi da piantare a
Milano: davvero un sogno, temo, dati i tem-
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
16
UNA VITA DEDICATA
ALLA FONDAZIONE DON GNOCCHI
Attualità
STORIE
19
Conobbe don Carloe fu direttore del Centro pilota
che aprì dagli anni ‘70 alla solidarietà internazionale
■ «HO CONOSCIUTO DON GNOCCHI nella primavera del
1954, a Roma, in occasione di un congresso internazionale sulla poliomielite. Ero allora aiuto dell’Istituto di Terapia Fisica dell’Ospedale Maggiore di Milano
Niguarda. Ho avuto l’occasione di chiacchierare da
solo con lui abbastanza a lungo, seduti su un divano
di cuoio nero, e ho ascoltato e mi sono sentito dire
con grande chiarezza le cose che più o meno confusamente sentivo e che hanno segnato la mia visione
della riabilitazione in più di una cinquantina di anni di
impegno: la riabilitazione come restaurazione della
persona umana e rieducazione della personalità vulnerata».
Così il professor Silvano Boccardi - tra i padri della
medicina riabilitativa del nostro Pese, scomparso nei
mesi scorsi a 91 anni - amava raccontare l’incontro
con don Carlo, alla cui opera ha dedicato una vita
intera.
Laureatosi in medicina a Milano nell’aprile del 1947, si
era poi specializzato in fisiochinesiterapia ortopedica a Bologna nel 1959 e in fisiochinesiterapia e rieducazione neuromotoria a Genova nel 1961. È stato poi
direttore del Centro “S. Maria Nascente” di Milano
della Fondazione Don Gnocchi dal 1960 al 1975 e
cofondatore e direttore medico del Centro di Bioingegneria, promosso dalla stessa Fondazione e dal
Politecnico di Milano.
«È stato monsignor Gilardi a volermi alla Fondazione
- si legge in un suo scritto -. Ero il fisiatra del Centro,
coadiuvato da medici molto bravi. Ho seguito e
accompagnato l’evoluzione del Centro, soprattutto
quando la spinta alla deistituzionalizzazione dei collegi ha richiesto una rapida e efficiente conversione
dell’attività. Ho accompagnato il progressivo allargamento delle attività della Fondazione, che fino
allora era stata praticamente rivolta dapprima alle
mutilazioni infantili e poi ai postumi di poliomielite.
Ho contribuito alla espansione internazionale, in
particolare con la collaborazione con l’associazione
svizzera “Terre des Hommes” (foto sotto). In quel
periodo sono stato impegnato a superare le resistenze delle direzioni dei Centri, che vedevano a malincuore trasformare i loro collegi, prevalentemente a
funzione educativa, in veri e propri centri medicosociali dove la componente medica e la gravità delle
situazioni avevano il sopravvento».
Il professor Boccardi è stato docente e professore a
contratto presso scuole di specializzazione medica
in medicina riabilitativa (Milano, Parma, Genova,
Torino, Bologna, Firenze…) e per fisioterapisti (Milano
Università Statale, Milano San Raffaele, Brescia, Bergamo, Cremona, Mantova, Varese, Sondalo, Bosisio
Parini, Conegliano, Torino, Cuneo, Genova, Padova,
Vicenza, Verona, Bologna, Parma, Firenze, Roma, Latina, Bari, Brindisi, Caltagirone).
È stato più volte vicepresidente, membro del consiglio direttivo, segretario della Società Italiana di
Medicina Fisica e Riabilitazione(di cui era socio onorario), della Società Italiana di Ginnastica Medica e
dell’Associazione Italiana per la Riabilitazione del
Minorato. Era socio onorario del Gruppo Studio della Scoliosi (GSS) e della colonna vertebrale, associazione scientifica non profit e multidisciplinare che si
propone di migliorare le conoscenze di base sulla
colonna vertebrale, sulla clinica e sulle terapie EBM
nelle patologie vertebrali.
È stato membro di consigli di amministrazione, presidente e vicepresidente di diverse associazioni di assistenza ai disabili. Ha pubblicato otto libri e oltre trecento lavori a stampa su riviste italiane e straniere.
pi bui, ma non per questo meno affascinante. In quell’occasione mi ha fatto dono
di una sua recente edizione della “Cenerentola” di Rossini.
Quegli attori così fragili…
Nel campo dello spettacolo, Milano era
al centro della scena. Erano gli anni della
rivelazione del Piccolo Teatro, di Strehler e
di Grassi, ma anche dei molti teatri che non
ci sono più. Ricordo la prima di “Questi
Fantasmi” di Eduardo, al Mediolanum. Ero
vicino di posto di un entusiasta Ruggero
Ruggeri. E Anna Magnani, allora soubrette di Totò, con la quale ho attraversato, di
notte, una piazza del Duomo deserta.
Sono state mie pazienti, per danni
muscoloscheletrici, tre belle e brave attrici:
Agostina Belli, Giulia Lazzarini e Lucilla
Morlacchi. Era divertente ascoltare da loro
i retroscena di un mondo che mi ha sempre
incantato.
E ho conosciuto professionalmente
Paolo Stoppa, che si lamentava con la sua
voce inconfondibile di un bruscolo nell’occhio. L’ho visto, in una bella vestaglia nella
sua camera all’Hotel de Milan e, senza grande merito, guarito.
E negli anni seguenti Marcello Moretti
e poi Ferruccio Soleri, ineguagliabili ambasciatori di italianità nel mondo con il loro
“Arlecchino servitore
di due padroni”. Mi
piacerebbe poter pensare di avere avuto
una piccola parte di
merito nella prodigiosa giovinezza di Ferruccio, che ha recitato
nonostante i dolori
alla schiena di cui mi
PAOLO STOPPA. «Si lamentava con la sua voce
inconfondibile di un bruscolo nell’occhio. Stava
in vestaglia in hotel. Senza merito, l’ho guarito...»
ero occupato anch’io. Gli attori sono fragili e io ero chiamato a confortarli.
Dario Fo e Franca Rame li ricordo nella loro casa di piazzale Baracca, con i quadri di Dario alle pareti e i compagni più o
meno ammaccati di Soccorso Rosso su
materassi stesi per terra: il Nobel era ancora lontano.
In un campo molto diverso, non posso
dimenticare Giulio Natta, premio Nobel
per la chimica nel 1963 per i suoi studi sui
polimeri. Era affetto da una forma grave di
morbo di Parkinson a inizio omolaterale,
controllato abbastanza bene da un intervento stereotassico, in gran voga in quegli
anni. Il danno si è esteso all’altro lato e un
nuovo intervento non solo non ha migliorato la situazione, ma
ha determinato un
crollo grave di tutte le
facoltà cognitive.
Succedeva, dopo
interventi bilaterali.
Era terribile vedere
una delle migliori
intelligenze della prima metà del ‘900
GIULIO NATTA. «È stato terribile vedere una delle
migliori intelligenze della prima metà del ‘900
ridotto a non farsi capire da chi gli stava accanto»
ridotto a non farsi capire neanche dalle persone a lui più vicine.
Nelle case della borghesia
Poi, i nomi della grande borghesia milanese, non facilmente distinguibile dall’aristocrazia: ne ricordo soprattutto le belle
case e i bellissimi quadri.
La duchessa Gallarati Scotti: la sua
camera da letto nel mio ricordo è enorme,
con un letto enorme, nel quale la minuta
duchessa mi riceveva, parlando nella sua
splendida lingua milanese. E aveva un fondo oro senese alle spalle.
Alberto Pirelli, allora senza dubbio il
più importante industriale di Milano. Il
clan dei Falck: ricordi belli, come la disponibilità di mamma Cecilia e le grazie di
Orietta. Erano tempi strani: molte giovinette della Milano bene avevano una scoliosi. Alla morte del capofamiglia, la famiglia aveva regalato al Centro pilota di don
Gnocchi due splendide palestre. All’ingresso c’era una testa in bronzo del benefattore. Erano i tempi della contestazione:
i giovani poliomielitici in carrozzina gareggiavano a chi faceva fare alla testa, che poggiava non fissata su un perno, il maggior
numero di giri colpendo il naso con una
pallina di carta.
E dopo l’omelia di monsignor Ernesto
Pisoni, presidente della Fondazione Pro
Juventute, che aveva invitato a dimostrare
gratitudine ai benefattori, nell’intervento
con chitarra (allora era di moda) il più
audace dei ragazzi usciva, a nome anche
degli altri, in un: «Signore, tieni lontano da
noi tutti i benefattori». E non aveva torto:
ribadiva che tutto quanto serviva per una
vera riabilitazione era un diritto del giovane disabile e doveva essere a carico della
comunità e quindi dello Stato. Non ho mai
assistito a un “Ite missa est” eseguito con
maggiore celerità.
Per restare nello stesso ambiente, ricordo una cena del Rotary a Monza, dove tra
l’altro si era mangiato, come spesso accadeva, malissimo. Avevo dovuto chiedere, controvoglia, ai facoltosi convitati un contributo per i bambini distrofici muscolari. Si
cominciava allora ad occuparsene: non
godevano della legislazione favorevole che
interessava poliomielitici e spastici.
Un autorevole membro affermava la
scarsa importanza sociale del problema, i
distrofici non potevano essere più di qualche centinaio. Lasciava qualche migliaio di
vecchie lire e si avviava all’uscita: inciampava sulla soglia e si faceva male. È tornato
indietro a versare un altro po’ di denaro.
L’ho sempre ricordato come un segno dell’esistenza di una superiore giustizia.
La “guerra” del piccolo Van Guyen
Era anche il tempo della guerra del Vietnam. “Terre des Hommes”, l’agenzia svizzera che si occupava dell’assistenza ai giovani
vietnamiti del Sud travolti dall’ingiusta
guerra, inviava al Centro pilota di don
Gnocchi, scelto tra i Centri di tutto il mondo, i bambini affetti da lesioni motorie, in
prevalenza poliomielitici. C’erano qualche
cerebropatico e un paio di malformati congeniti. Anche i bambini di due-tre anni avevano un comportamento di una serietà e di
un’educazione incredibili.
Alla festa del Tet, quando l’ambasciatore di Saigon a Roma veniva a festeggiare l’inizio dell’anno con i bambini, un delizioso
pranzo vietnamita veniva consumato tutti
insieme, in un’atmosfera quasi religiosa. E
tutti i giornalini comunisti cinesi e nordvietnamiti che arrivavano con gli studenti
universitari che accompagnavano i bambini sparivano misteriosamente dalle camerate: non ho mai saputo dove finissero.
Ho capito invece perchè i nordamericani non l’avrebbero mai spuntata in Vietnam, quando ho visto Van Guyen, un cosino di meno di dieci chili, nato prematuro e
poi poliomielitico, non in grado di camminare, aspettare Joseph, un bambinone
camerunense con spalle da campione dei
mediomassimi che pesava quattro volte lui,
sulla porta della camerata con un bicchiere
pieno d’acqua in mano.
Sapeva che Joseph indossava due tutori
i cui montanti in ferro sporgevano dal tacco della scarpa, consumato dall’uso intenso. Mi ha detto: «Sta a vedere, io butto l’acqua per terra, Joseph scivola e cade e io gli salto sopra». E così è stato.
Ed erano anche gli anni della orrenda
vicenda del talidomide, il sedativo che ha
provocato un numero impressionante di
malformazioni dei feti. Ne avevamo diversi al “Don Gnocchi”: ricordo Rosangela,
una bambina deliziosa di nove anni, che
mancava completamente dei due arti superiori, scapole comprese. Aveva imparato a
fare tutto con le dita dei piedi, portava i cibi
alla bocca, cuciva, scriveva.
L’avevamo dotata di una protesi meccanica: la sistemazione di due “dita cinesi”,
che si gonfiavano e quindi si accorciavano,
quando veniva introdotto un gas. Rosangela ne otteneva il riempimento e lo svuotamento schiacciando una valvoletta che
comandava con il mento.
Una delle sensazioni più tristi della mia
vita, che pure non mi ha risparmiato sensazioni dolorose, l’ho avvertita quando ho
visto Rosangela in piedi, davanti alla lavagna: stava scrivendo con un gesso quando
l’anidride carbonica nella bomboletta si è
esaurita.
Le dita si sono di colpo aperte, il polso è
ruotato in supinazione. La mano artificiale
è sembrata una mano vera, morta. È scoppiata a piangere.
Mi rendo conto di non aver forse fatto
una cosa corretta a inserire nei miei ricordi
i nomi dei loro protagonisti, in tempi di
ossessione per le intercettazioni telefoniche
e di esasperazione della privacy. Ma avevo
molta voglia di rispolverare i miei ricordi,
oltre al fatto che delle persone nominate
potevo solo parlare bene e che la maggior
parte di loro non c’è più.
E a me non rimane che attendere serenamente che il mio testis dexter diventi
rigidus et convulsus, sintomo che nostro
padre Ippocrate (Aforismi,93) considerava letale.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attualità
Attualità
PERSONAGGI
MANIFESTAZIONI
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«La sera prima delle nozze
in compagnia di don Carlo»
■ È ANCORA VIVO, in Fondazione, il ricordo
di Eugenio Corti, scrittore e saggista, scomparso nei mesi scorsi all’età di 93 anni nella
sua casa di Besana Brianza. Grande amico
di don Gnocchi, lo aveva ampiamente ricordato nel suo capolavoro “Il cavallo rosso”.
Un legame nato in terra di Russia durante
la seconda guerra mondiale e rinsaldato al
rientro in Italia, con la celebrazione da parte
di don Carlo delle nozze tra lo stesso scrittore e la moglie Vanda (nella foto sotto).
Così Corti ricordava quel giorno.
«Non posso rievocare un santo dei nostri
giorni, senza ricordare il nostro ultimo vero
incontro, che ebbe luogo nel maggio 1951, ad
Assisi, la sera della vigilia del mio matrimonio.
Malgrado la mia abissale indegnità, noi eravamo buoni amici: perciò, tenendo fede a una sua
vecchia promessa (“Alura, quand l’è che te
spusi?”, mi domandava ogni volta che ci vedevamo), don Carlo aveva trovato modo, nonostante i suoi innumerevoli impegni, di venire ad Assisi a benedire le mie nozze.
Definisco quello “vero incontro”, perché
non fu frettoloso come altri precedenti, e poi crescendo sempre più la sua attività - tutti quelli successivi, fino alla sua morte. Quella limpida sera di maggio, infatti, ci fu possibile parlare a lungo come una volta, passeggiando in
serenità fin dopo mezzanotte per le vie medievali e piene di fascino di Assisi.
Eravamo in quattro: don Carlo, il sottoscritto e due testimoni al matrimonio. Ricordo
ancora, in parte almeno, quei discorsi che l’amicizia e l’ambiente rendevano straordinaria-
Così l’indimenticato
scrittore e saggista
Eugenio Corti
ricordava l’amicizia
con don Gnocchi
conosciuto in Russia
durante la guerra
di Eugenio Corti
mente suggestivi, tanto che non avremmo mai
voluto interromperli.
Don Carlo ci riferiva certi suoi progetti, che
gli stavano molto a cuore, per le bambine mutilate. Tra l’altro voleva mandare quelle che avevano i visini più straziati a Parigi, presso un
celebre istituto di plastica facciale: “Perché io
voglio che le mie bambine crescano senza
complessi. Le voglio tutte belle”.
Il mio amico Mario Bellini, che sarebbe poi
diventato un personaggio di primo piano nell’ambiente umbro, ma allora era un ragazzo
come me, sollecitato forse dal nastrino della
medaglia d’argento che don Carlo portava al
petto (anche Mario lo portava e, modestamente, anch’io), raccontò il caso di un altro cappellano particolarmente eroico, don Enelio Franzoni di Bologna, il quale sotto i suoi occhi,
quando davanti alla terrificante valanga russa
si era dovuta sgombrare una posizione, non
aveva accettato di ritirarsi: era voluto rimanere sul posto coi feriti intrasportabili per sostenerli nel momento più crudele.
Quanto a me, parlai ripetutamente delle
possibilità culturali del mondo cattolico, le
quali, in seguito alla ancora recente grande vittoria elettorale del ’48, mi sembravano allora
straordinarie: era la mia “fissa” in quegli anni.
Don Carlo mi ascoltava sorridendo con la sua
solita, dolce bontà: da quel formidabile realizzatore che era, doveva trovarmi un po’ troppo
poeta, tuttavia il suo amichevole sorriso m’invitava a non desistere: dopo tutto, Iddio può
cavare del buono anche dai poeti.
Il giorno seguente, appena terminata la
cerimonia e la Messa in San Damiano, giunse
una telefonata per don Carlo: occorreva urgentemente la sua presenza nel collegio delle
mutilatine di Firenze. Egli fu perciò costretto a
interrompere quella vacanza di poche ore: consultato in gran fretta l’orario ferroviario, partì
in gara col tempo per la stazione di Terontola
(ve l’accompagnò, con la macchina più veloce
di cui disponevamo, un altro degli ormai scomparsi personaggi del mio romanzo: l’autista
Celeste).
Cinque anni più tardi, negli ultimi giorni di
agonia, don Carlo si rivolse più di una volta
alla Morte con le parole di San Francesco:
“Vieni, sorella Morte, vieni”. Quando l’appresi, non potei trattenere le lacrime perché
pensai che forse gli erano tornate nella mente
quelle poche ore di pace trascorsa ad Assisi.
Piango anche adesso, mentre ne scrivo».
L’omaggio a don Gnocchi
nell’Adunata nazionale degli alpini
■È UNA PORDENONE imbandierata di tricolori quella che accoglie quasi mezzo milione
di alpini nei tre giorni di manifestazione (9,
10 e 11 maggio) per l’87a Adunata nazionale. E non è mancato nemmeno quest’anno
l’affettuoso ricordo dell’indimenticato cappellano don Carlo Gnocchi.
«Risollevare chi è ferito, solo, rifiutato,
abbandonato, magari lasciato senza casa o
lavoro - sono le parole dell’Ordinario Militare, monsignor Santo Marcianò, alla Messa
concelebrata - tra gli altri - dal vescovo della
diocesi di Concordia-Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini e da quello emerito Ovidio Poletto, dal presidente della Fondazione monsignor Angelo Bazzari e dal
direttore de “L’Alpino” monsignor Bruno
Fasani, presenti molti cappellani militari e
presbiteri diocesani -: voi alpini siete chiamati a risollevare, ma potete farlo se imparerete
sempre più a sollevare lo sguardo non solo verso le splendide vette che lo spettacolo del creato ci regala, ma verso l’alto, verso Dio. È qui
che, senza temere di esagerare, possiamo intravedere quella via che vi conduce, nella vostra
specifica vita e vocazione, alla santità. Lo aveva intuito bene don Gnocchi, la cui santità si è
nutrita dell’esperienza fra gli alpini: una decisione educativa lo portò a scegliere di arruolarsi, per condividere la vita dei suoi ragazzi fin
nella situazione difficile, nella “periferia esistenziale” che era la guerra; e proprio lì maturò
in lui la decisione di mettere un argine al dolore umano e fondare poi un’opera che raccogliesse tante sofferenze che la guerra aveva
seminato.
Sulla scia dell’esempio e dell’intercessione
di don Gnocchi, chiediamo al Signore che il
vostro Corpo sia intriso di quella carità che da
una parte vi vede impegnati in tante opere di
solidarietà e di vicinanza e dall’altra vi vede
attenti alla cura educativa delle nuove generazioni attraverso la memoria e la tradizione. È
un segno di grande speranza».
In prima fila, in un palazzetto dello sport
gremito di penne nere, il presidente nazionale dell’Ana Sebastiano Favero, il Capo di
Stato Maggiore dell’Esercito Claudio Graziano, il comandante delle Truppe Alpine
Alberto Primicerj, il sindaco di Pordedone
Claudio Pedrotti e il vice presidente della
regione Friuli Sergio Bolzonello.
Altro momento significativo dell’Adunata è stata la consegna dei contributi di solida-
Non sono mancati
striscioni e ricordi
per l’indimenticato
cappellano in Russia.
Borsa di studio Ana
per sostenere la ricerca
in Fondazione
di Danilo Carena
rietà per 50 mila euro a tre associazioni della città: la Fondazione Bambini Autismo, la
Fondazione Cro Aviano Onlus e Casa
Madre della Vita. Alla Fondazione Don
Gnocchi l’Ana ha inoltre confermato l’annuale borsa di studio di 24 mila euro - istituita dal 2011 - in memoria di don Carlo, che
sarà assegnata ad uno o più ricercatori per
studi di specializzazione in ambito medico e
della ricerca scientifica.
Nel corso dell’incontro - invitato d’onore il vice presidente del Senato Maurizio
Gasparri - è stato presentato l’ultimo lavoro
del cantautore Dario Baldan Bembo: un cd
con nove brani, che riporta sulla copertina
una bella frase di don Gnocchi: «Per rifar
bella l’Italia ci vuole il coraggio degli Alpini,
ci vuole l’amore per la terra degli Alpini, ci
vuole la sobrietà degli Alpini, ci vuole la religiosità degli Alpini”.
Il momento più toccante della serata è
stata la consegna della pergamena di socio
onorario dell’Ana a Maria Biasco, vedova
del sottotenente Mauro Gigli, medaglia d’oro al valor militare, che ha sacrificato la propria vita per salvare quella di commilitoni e
civili in un vile attentato in Afghanistan.
La tradizionale sfilata della domenica
ha visto protagonisti oltre 70 mila alpini,
tra reparti in armi e in congedo, alla presenza delle massime autorità militari, del
presidente del Consiglio Matteo Renzi e
del ministro della Difesa Roberta Pinotti.
Tra gli striscioni che hanno sfilato, alcuni dedicati a don Gnocchi, opera di gruppi delle sezioni Ana lombarde, ma anche
della sezione di Parma e Abruzzi, con gli
alpini della 62a Compagnia Fux.
Appuntamento a L’Aquila per l’Adunata 2015.
A sinistra, lo striscione dedicato
all’Opera di don Gnocchi alla sfilata.
Sopra, il presidente Ana consegna
la borsa di studio alla Fondazione.
Sotto, un momento della Messa
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attualità
MISSIONE UOMO
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L’eterna sfida di Vincenzo:
in carrozzina a Compostela
■ A FINE LUGLIO PARTIRÒ per il cammino di
Santiago de Compostela. Percorrerò novecento chilometri attraverso luoghi e paesi
che al di là della loro realtà fisica sono diventati luoghi e paesi fortemente simbolici, quali incroci di genti, mondi, culture e motivazioni diverse.
Non so perché farò il cammino. Il giorno
che mi ci sono imbattuto non l’avevo affatto
in testa. Ne avevo sentito parlare, ma non mi
aveva mai preso gran che.
Poi, un giorno che perdo tempo davanti
alla tv, mi capita di assistere per caso alla trasmissione di un film dal titolo “Il cammino di
Santiago”. Me lo sono goduto senza più distogliere l’occhio. Alla fine sapevo che l’avrei
fatto anch’io. In carrozzina.
Da quel giorno avverto spesso un frastuono di sentimenti di gioia e paura. Un
accavallarsi di emozioni lucide, violente e
tenere. Non mi soffermo a chiedermi il motivo. Tanto non lo troverei comunque.
Ho solo voglia di trovarmi sul cammino e
abbandonarmi alla vita che lo percorre da
millenni. Ho voglia di sentirne i gusti, le voci
e i respiri che su quei sentieri han lasciato
lembi d’anima che germogliano di continuo
il senso intimo del cammino. Come uno
scrigno sacro che custodisce sogni e segreti,
pene e sorrisi di quell’umanità mai stanca di
camminare, specchio della vita.
Non so cosà farò e che succederà. Non so
neppure se riuscirò ad arrivare a Santiago.
Non mi va nemmeno di stare lì a organizzare
troppo, a sistemare tutto a puntino, a dispor-
Novecento chilometri
con la sedia a rotelle
lungo lo storico
cammino di Santiago.
In compagnia
di don Gnocchi
e di una sua reliquia
di Vincenzo Russo
Vincenzo Russo e - sotto - la mappa della sfida che
lo attende: 900 chilometri in carrozzina fino a Santiago
re ogni cosa a dovere. Di certo so solo che a
luglio partirò per Saint Jean Pied de Port
(Francia). Saint Jean è il punto di partenza
per il cammino. È a ridosso dei Pirenei, che
sono il primo grosso ostacolo da affrontare:
dall’altra parte, la Spagna.
La storia del cammino di Santiago affonda le sue radici nel IX secolo, quando venne
ritrovata la tomba di Giacomo il Maggiore,
apostolo. La tradizione vuole che Giacomo
si spinse sino in Galizia, allora terra celtica,
per la sua opera di evangelizzazione. Tornato in Palestina ,venne decapitato per ordine
di Erode Agrippa. Alcuni suoi discepoli
riportarono il corpo di nuovo in Galizia, guidati da un Angelo. Il corpo venne sepolto
presso una località chiamata Iria Flavia.
Nell’anno 813 un eremita di nome Pelagio, avvisato da un angelo, vide delle strane
luci che parevano stelle sul monte Liberon.
Avvisato di tale fenomeno, il vescovo Teodomiro procedette ad esaminare il terreno.
Venne così alla luce una tomba contenente
tre cadaveri. Uno di questi aveva la testa
mozzata ed una scritta: “Questi è Jacobus,
figlio di Zebedeo e Salomè”.
Nell’anno 789 il re delle Asturie e della
Galizia ordinò la costruzione di un tempio,
dove i monaci benedettini fissarono la loro
residenza. Da allora iniziarono i primi pellegrinaggi dalla Galizia e Asturia, per giungere sino ad oggi dall’intera Europa e oltre.
Un giorno, mentre guardavo alcuni
video del cammino postati in rete dai più
diversi pellegrini, mi viene l’idea di chiedere
■ L’ORGANIZZAZIONE M ONDIALE DELLA S ANITÀ ha
approvato il “Piano d’azione sulla disabilità” per
gli anni 2014-2021. Si tratta di un documento
destinato a orientare per i prossimi anni le politiche verso la disabilità dei Paesi membri, con
rilevanti conseguenze per le realtà che operano
in questo campo. Il piano è stato redatto anche
grazie al contributo decisivo della Società Internazionale di medicina fisica e riabilitazione
(ISPRM). I principali obiettivi per una migliore
integrazione delle persone disabili vertono sulla
rimozione delle barriere e sulla possibilità di
accesso a tutti i servizi e programmi; sul rafforzamento e l’estensione della riabilitazione, abilitazione, tecnologie assistive, assistenza e servizi di
supporto; sul rafforzamento dello scambio di
dati a livello internazionale e sulla ricerca
riguardante la disabilità e i relativi servizi.
a don Gnocchi - che sento al mio fianco da
quando, bambino, fui accolto nei collegi
della Pro Juventute - di accompagnarmi nell’impresa. Di più: porterò una reliquia del
beato don Gnocchi fino a Santiago.
Lungo il cammino - che ho studiato, grazie ai consigli di chi l’ha già affrontato in
sedie a rotelle, dotandomi comunque di un
modello adatto alla tipologia del percorso potrò parlargli senza paura. Potrò ridere
con lui, urlare con lui, piangere con lui, pregare con lui. Potrò ascoltarlo fino in fondo al
cuore. Potrò dirgli quanto bene gli ho voluto e quanto gliene voglio ancora. E quando
arriveremo al Santuario ci saluteremo senza
voltarci indietro. È così che lui vorrebbe. È
così che voglio anch’io.
So bene che lungo il cammino don Carlo
catturerà molto la mia attenzione. Ma farò di
tutto per fare deserto intorno e dentro di me.
Lo voglio fare.
Perché voglio tornare a sentire quella
voce che proviene dalle più nascoste profondità dell’anima e che da tanto mi è straniera. Forse perché zittita per paura, o viltà,
o pigrizia. Voglio che la vita mi sorprenda
attraverso quella voce. Che sia lei a scovare
me, sorprendendomi alle spalle. Così da dirmi, se le va, chi è oggi Vincenzo.
Un giorno scrissi di getto queste parole:
«Gli esseri umani costruiscono la propria
dignità attraverso la conoscenza dei loro limiti e il coraggio di comprenderli, così da volgere, comunque, lo sguardo al di là dei confini di
quegli stessi limiti dove, sempre, si celano possibilità imprevedibili».
Oggi, ancora più di ieri, le sento vive.
Come un viaggio di cui non si conosce la
meta. Come un cammino su cui la vita gioca
a nascondino e ci sorprende come bambini.
DA BARCELLONA A SOCHI
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«Mia figlia è la medaglia più bella»
Dopo 24 anni EnzoMasiellolascia lo sport
■ SONO REDUCE DALLE PARALIMPIADI di Sochi,
dove per la sesta volta, tra edizioni estive e
invernali, ho cercato di rappresentare l’Italia al mio meglio. Non è stata una edizione
facile e fortunata per noi azzurri: mi consola il fatto che le mie prestazioni (un sesto e
un settimo posto) siano state tra le migliori della spedizione.
Quelli di Sochi sono stati i miei ultimi giochi paralimpici, dopo più di 24 anni di
sport, di fatiche e sacrifici miei e di chi mi è
stato accanto, di vittorie e sconfitte, di
questa particolare sfida alla vita e alla disabilità, arrivata a 18 anni, dopo un incidente stradale nel quale ho perso l’uso delle
gambe, ma dal quale mi sono rialzato più
forte di prima.
La mia riabilitazione era stata mirata fin da
subito all’autosufficienza e all’autostima,
tralasciando miracolistiche e improbabili
guarigioni che nella paraplegia difficilmente avvengono. Tutto questo mi ha permesso di
vivere e scoprire una nuova vita in carrozzina, una vita
piena, senza limitazioni e barriere mentali.
Mi dico spesso fortunato, anche se una lesione un poco
più bassa mi avrebbe costretto “solo” a bastoni o stampelle: ma oggi non sarei quello che sono e non avrei fatto quello che ho fatto. Ho avuto la fortuna di conservare un fisico comunque integro e la possibilità di incontrare sul mio percorso persone che con i loro consigli e
il loro aiuto hanno reso tutto più semplice. Ricordo
ancora oggi con gratitudine i miei compagni di scuola
che hanno sopperito alle difficoltà logistiche e i professori che mi hanno sostenuto per riuscire ad ottenere la maturità scolastica in soli cinque mesi.
Nel 1988 ho conosciuto una realtà importante e un
futuro possibile, il Servizio Sviluppo Formazione Professionale della Fondazione Don Gnocchi (oggi Centro
di Formazione, Orientamento e Sviluppo, con sede a
Milano): quel percorso formativo durato otto mesi mi
ha portato pochi mesi dopo ad essere assunto là dove
ancora oggi lavoro e dove ho avuto la possibilità di cre-
scere e di coltivare le mie passioni.
I miei 24 anni di sport si sono sempre affiancati al mio lavoro. Ho iniziato prima con l’atletica leggera,
con presenze in tre Paralimpiadi
estive (Barcellona 1992, Atlanta
1996 e Sidney 2000). Dopo alcuni
anni di riflessione, ho ripreso con lo
sci di fondo, collezionando tre edizioni dei Giochi paralimpici invernali (Torino 2006, Vancouver 2010
e Sochi 2014).
I miei sempre maggiori impegni
sportivi e gli sviluppi del Centro
“Don Gnocchi” hanno via via modificato il mio impegno e le mie
responsabilità, viste anche le frequenti assenze dal lavoro per gli
allenamenti che mi sono dovuto
ritagliare e che mi sono sempre state concesse.
La mia forza di volontà a la grande disponibilità della
Fondazione Don Gnocchi e in particolare del compianto direttore del CeFOS, Saverio Lorini, scomparso di
recente e che voglio qui ricordare con affetto, e di tutti
i colleghi, hanno reso possibile i miei piccoli e grandi
traguardi, nella vita e nello sport. Dedico a loro le mie
tre medaglie paralimpiche (estive e invernali) e le tre
medaglie mondiali (invernali) oltre a tante altre vittorie
in Italia e nel mondo. Credo che la Fondazione possa
essere orgogliosa e vantare con me il fatto di essere ad
oggi il primo ed unico atleta Italiano ad aver vinto
medaglie sia nelle edizioni estive che invernali delle
Paralimpiadi, ed aggiungo a 18 anni di distanza.
Sul fronte sportivo quest’anno è stato avaro di soddisfazioni. Forse è giusto così. La nascita di mia figlia, tuttavia, è la vittoria più bella e l’emozione più intensa che
io abbia mai vissuto. È un nuovo percorso che inizia, con
nuove tappe, nuovi obiettivi, nuovi traguardi. È lo
straordinario mistero della vita, degna di essere vissuta
appieno. Giorno dopo giorno. Sempre.
Enzo Masiello
ELEZIONI. Nuovi amministratori dove opera la Fondazione
■ LE RECENTI ELEZIONI AMMINISTRATIVE hanno portato alcune novità per quanto riguarda gli enti locali o le regioni dove opera la Fondazione Don Gnocchi. Anzitutto nella Regione Piemonte, dove è stato eletto presidente Sergio Chiamparino (Pd), già sindaco di Torino. I nuovi assessori regionali con deleghe nelle materie riguardanti la Fondazione sono Antonio Saitta (sanità) e Augusto Ferrari (politiche sociali).
A Firenze il nuovo sindaco è Dario Nardella(Pd), eletto al primo turno. Nuovi primi cittadini, a capo di liste
civiche, anche a Colle Val d’Elsa (Si), con l’elezione di Paolo Canocchi; a Godiasco-Salice Terme (Pv), dove
è stato eletto sindaco Gabriele Barbieri e a San Colombano al Lambro (Mi), paese natale di don Gnocchi,
dove è stato eletto sindaco Pasquale Luigi Belloni. Conferme invece per i sindaci di Pozzolengo (Bs),
Paolo Bellini, e di Fivizzano (Ms), Paolo Grassi. Il Comune di Acerenza (Pz), infine, verrà retto da un commissario, non avendo raggiunto alle elezioni il quorum necessario della maggioranza di votanti. Il presidente della Fondazione ha fatto pervenire e tutti i nuovi amministratori i migliori auguri di buon lavoro.
MISSIONE UOMO
OMS. Approvato il “Piano
d’azione” sulla disabilità
STORIE
Attualità
EVENTI
Il maestro Barenboim
alla Scala per la Fondazione
■ NUOVO, PRESTIGIOSO APPUNTAMENTO
culturale a sostegno delle attività della Fondazione, nel suggestivo scenario del Teatro
alla Scala di Milano. Si è infatti svolto nella
serata di giovedì 26 giugno il concerto
straordinario della Filarmonica della Scala,
diretta dal maestro Daniel Barenboim, il cui
ricavato andrà a sostegno della “Don Gnocchi”, in memoria dell’indimenticato “papà
dei mutilatini”.
Da alcuni anni la Scala dedica concerti e
serate a sostegno della Fondazione, a partire dallo storico concerto dell’ottobre 2009,
pochi giorni prima della cerimonia di beatificazione di don Carlo, protagonista la
Filarmonica diretta dal maestro MyungWhun Chung.
Nel 2011 la direzione della Filarmonica
era stata del maestro Omer Meir Wellber,
mentre lo scorso anno, in occasione del
Venerdì Santo, l’Orchestra Sinfonica e il
Coro sinfonico “Verdi” avevano proposto
la Passione Secondo Matteo di Bach.
Nella serata del 26 giugno, nella doppia
veste di direttore e solista al pianoforte, il
maestro Barenboim si è esibito in un programma che ha visto in cartellone il Concerto per pianoforte e orchestra n° 27 in si
bemolle maggiore K 595 di Mozart (iniziato nel 1788, abbandonato e completato nel
gennaio 1791 per poi essere eseguito a Vienna il 4 marzo dello stesso anno) e la Sinfonia
n. 5 in mi minore op. 64 di Cajkovskij, scritta ed eseguita per la prima volta dal compositore russo nell’estate del 1888.
Daniel Barenboim è nato a Buenos Aires
nel 1942. A cinque anni prende le prime
lezioni di pianoforte con la madre, per poi
proseguire gli studi musicali con il padre,
che è stato il suo unico insegnante.
Un altro prestigioso
appuntamento
a sostegno
delle attività
della “Don Gnocchi”.
E ancora tanti amici
rispondono all’appello
Nel 1952 si trasferisce in Israele con i
genitori e due anni dopo inizia a incidere i
primi dischi come pianista. A dieci anni
debutta come pianista a Vienna e da allora
compie regolari tournée in tutto il mondo.
Dopo il debutto come direttore d’orchestra nel 1967 con la Philharmonia di Londra, è invitato da tutte le più importanti
orchestra d’Europa e d’America.
Nel 1999, insieme all’amico palestinese
Edward Said, fonda la West-Eastern
Divan Orchestra, che ogni estate riunisce
giovani musicisti arabi e israeliani nell’intento di instaurare un dialogo tra le diverse culture del Medio Oriente
attraverso un’esperienza
musicale comune.
Da alcuni anni ha avviato
una stretta collaborazione con il Teatro alla
Scala, dove dirige regolarmente opere e
concerti, oltre a esibirsi come pianista in
concerti sinfonici e da camera.
Nel corso della sua lunga carriera, ha
ricevuto numerosi premi e alte onorificenze
da diversi Paesi per il suo impegno nella cultura e nella promozione della cooperazione
tra i popoli.
Tanti gli amici e sostenitori della
Fondazione che hanno assistito al
concerto, segno del grande affetto e
della vicinanza all’Opera del “padre dei
mutilatini” che ha ricevuto l’ennesima,
straordinaria conferma. E che
riempie d’orgoglio e accresce le nostre responsabilità.
MISSIONE UOMO
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Attività
SERVIZI
MISSIONE UOMO
Lunigiana in festa per l’avvio
del nuovo Centro di Fivizzano
■ GRANDE FESTA A FIVIZZANO, domenica
30 marzo, per l’inaugurazione del nuovo
Centro di riabilitazione “Don Gnocchi”
presso l’ospedale “S. Antonio Abate”. La
struttura ha accolto i primi pazienti all’inizio
dell’anno, quando è stata sottoscritta la nuova convenzione tra l’Asl 1 di Massa Carrara
e la Fondazione per l’esercizio delle attività
riabilitative. Mancava l’inaugurazione ufficiale, che la comunità fivizzanese ha voluto
marcare in modo particolare con una festa
affettuosa e partecipata, nel corso della quale è stata altresì intitolata al Beato don Carlo
Gnocchi la via che porta all’ospedale e al
nuovo Centro.
Nell’occasione sono intervenute nel piccolo centro della Lunigiana numerose autorità, tra le quali il presidente della Regione
Toscana Enrico Rossi, l’assessore regionale
alla Salute Luigi Marroni, l’onorevole
Maria Chiara Carrozza, già ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, il
direttore generale dell’Asl 1 Maria Teresa
De Lauretis, il vescovo di Massa e Carrara
monsignor Giovanni Santucci e il sindaco
Paolo Grassi. Per la Fondazione Don
Taglio del nastro
per la nuova struttura
riabilitativa toscana.
Il governatore Rossi:
«La “Don Gnocchi”
è un’eccellenza
della sanità regionale»
di Damiano Gornati
Gnocchi erano presenti, con il presidente,
monsignor Angelo Bazzari, e il vicepresidente Giovanni Cucchiani, il direttore del
Polo Toscana Francesco Converti e numerosi operatori delle strutture di Firenze e
Marina di Massa.
La cerimonia è stata anticipata dalla
Messa concelebrata presso la piccola cappella dell’ospedale da monsignor Santucci,
monsignor Bazzari e dal parroco di Fivizza-
no, don Bernardo Marovelli. Da qui è partito, al termine, un breve corteo, aperto dalla banda di Moncigoli, con numerosi labari
degli alpini (accorsi in gran numero, come
sempre, quando si tratta di onorare l’indimenticato cappellano della Tridentina
durante la campagna di Russia) e delle altre
associazioni presenti.
Con una breve ma toccante cerimonia, la
via che conduce al nuovo Centro è stata intitolata proprio al Beato don Gnocchi, segno
di omaggio e riconoscenza della comunità
di Fivizzano. A seguire, il taglio del nastro
della struttura riabilitativa, lo scoprimento
di un busto dedicato allo stesso don Gnocchi e la benedizione degli spazi.
Un modello innovativo
di riabilitazione di qualità
Negli interventi, il direttore del Polo
Toscana, Francesco Converti, ha ricordato
le caratteristiche principali della struttura e
lo stile della Fondazione, solita inaugurare
strutture già operative. Il sindaco Grassi,
visibilmente emozionato per un avvenimento atteso da tempo dalla cittadinanza, e l’ex
Nelle foto, alcuni momenti significativi della festosa
inaugurazione del nuovo Centro riabilitativo della
Fondazione Don Gnocchi a Fivizzano, con il taglio
del nastro della struttura, l’intervento delle autorità
e l’intitolazione della via al Beato don Carlo Gnocchi
ministro Carrozza hanno rimarcato il valore del nuovo presidio di Fivizzano «che non
sarà solo un Centro di eccellenza nel campo
della riabilitazione, ma dovrà diventare
un’opportunità e un polo di attrazione per
quanto riguarda la ricerca scientifica, soprattutto nell’ambito della robotica, settore nel
quale già la Fondazione Don Gnocchi opera
proficuamente in collaborazione con la Scuola Sant’Anna di Pisa».
L’assessore regionale alla Salute Marroni e il governatore Rossi hanno invece
espresso soddisfazione per il risultato raggiunto, ricordando la preziosa collaborazione con la Fondazione Don Gnocchi nel
campo della riabilitazione. «Il nuovo Centro
di Fivizzano - ha aggiunto Rossi - va a colmare una lacuna in Regione nei posti letto destinati alla riabilitazione ed è sbagliato pensare
che la spesa sanitaria e sociale siano solo un
costo: “l’industria della salute” può essere
anche un notevole volano di crescita economica per tutto il territorio».
Nelle conclusioni, monsignor Bazzari,
ricordando il lungo percorso che ha portato alla realizzazione del Centro, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito al
raggiungimento dell’obiettivo: «Oggi viviamo un momento di gioia per il coronamento
di un grande lavoro di collaborazione con le
istituzioni locali, regionali e con la ASL di
Massa e Carrara. L’avvio di questo nuovo
Centro nel Polo Toscana - ha aggiunto - è
■ UN GRUPPO DI CIRCA 80 infermieri neodiplomati provenienti da Kyoto (Giappone) ha fatto visita al Centro
Irccs “Don Gnocchi” di Firenze nell’ambito delle iniziative di gemellaggio tra l’ospedale Rukawakai Health
Care System di Kyoto (Centro Alzheimer e geriatrico di 270 posti letto) e l’Ospedale San Giovanni di Dio di
Firenze-Torregalli, “vicino di casa” della moderna struttura riabilitativa della Fondazione. I giapponesi sono
stati accolti dal vicedirettore sanitario, Roberto Pupillo, dalla responsabile dell’area infermieristica Patrizia
Fabbrini e dalla responsabile dell’area riabilitativa Antonella Romanelli. Al termine, visita guidata alle palestre e ai reparti del Centro. Lo stesso Irccs di Firenze è stato visitato anche da una delegazione di medici specialisti dell’Università di Karkiv, in Ucraina, che hanno visitato i reparti di degenza e le palestre.
un’audace sfida, un coraggioso investimento
e una scommessa di speranza. Rappresenta
soprattutto un’opportunità per la Lunigiana
e un ulteriore, importante tassello nel panorama sanitario regionale. L’obiettivo è la messa a punto di un modello innovativo di riabilitazione di qualità, presupposto imprescindibile per l’erogazione di prestazioni sempre
più efficienti ed efficaci, in risposta alla
domanda di salute della popolazione, nel
quadro di un servizio integrato con le attività
del vicino Centro di Marina di Massa della
Fondazione Don Gnocchi».
Al termine della manifestazione, Francesca Cecchi, responsabile medico della struttura, ha accompagnato le autorità e i cittadini interessati a una visita dei reparti di
degenza e delle palestre del Centro.
Attivati 32 posti letto
in ambito neuromotorio
Il Centro di Fivizzano, situato a circa 20
chilometri dall’uscita di Aulla dell’autostrada A15, è una struttura di riabilitazione neuromotoria che ha attivato dal gennaio scorso 32 posti letto, sui 60 previsti.
Le attività sono suddivise nella modalità
di degenza ospedaliera (13 posti letto) ed
extraospedaliera (19 posti letto) e le prestazioni riabilitative comprendono trattamenti individuali di fisiochinesiterapia, di
logopedia, di neuropsicologia e valutazione
e trattamento della disfagia, oltre a trattamenti individualizzati in piccolo gruppo: in
particolare terapia occupazionale, training
del cammino, training nelle Adl (Attività di
vita quotidiana) e terapia strumentale (elettroterapia, ultrasuoni, diatermia).
I tempi di ricovero vanno dalle 2 alle 6
settimane a seconda del livello di intensità
delle prestazioni erogate e i pazienti provengono per la quasi totalità dai reparti per acuti degli ospedali sia locali che di area vasta
(Pisa, La Spezia, Parma, Livorno). L’équipe
riabilitativa è composta da medico fisiatra,
geriatra, internista, terapista, logopedista,
infermiere, psicologo e tecnico ortopedico
per valutazione ausili.
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MISSIONE UOMO
FIRENZE. Infermieri giapponesie medici ucrainiin visita all’Irccs
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Attività
PROGETTI
MISSIONE UOMO
Una scuola-laboratorio
per adolescenti a rischio
■ ACCOMPAGNARE AL COMPLETAMENTO
della scuola d’obbligo preadolescenti e
adolescenti con disabilità neurologica o
neuropsichiatrica, in condizione di disagio
sociale e a rischio di emarginazione.
È questo l’obiettivo del progetto che si
prefigge la Fondazione Don Gnocchi con la
realizzazione di una scuola-laboratorio, di
supporto alla formazione tradizionale, al
Centro “Peppino Vismara” di Milano. Il
progetto, dal prossimo settembre e fino al
mese di giugno del prossimo anno, coinvolgerà trenta minori segnalati dalle scuole
medie di appartenenza.
Al Centro “Vismara”, situato nell’estrema periferia milanese, su un’area
complessiva di circa 230 mila metri quadrati, la Fondazione gestisce diversi servizi
per minori e adulti disabili o con disagio
sociale. Tra questi, un Centro di
riabilitazione psicomotoria per soggetti in
età evolutiva e portatori di gravi patologie,
che opera tramite un’équipe di medici specialisti e di terapisti della riabilitazione,
convenzionato con l’Asl, con attualmente
in carico 380 pazienti; un Centro socioeducativo, accreditato e convenzionato
con il comune di Milano per 30 posti; una
comunità alloggio per disabili adulti accreditata e convenzionata per 8 posti; una
comunità alloggio per minori inviati dai
Servizi Territoriali su decreto del Tribunale dei minori e un semiconvitto per minori
segnalati dai servizi sociali territoriali,
accreditato e convenzionato per 30 posti.
All’interno dell’area si trovano inoltre
campi di calcio, una palestra doppia, spogliatoi, pista di atletica e un edificio
principale che ospita un centro congressi e
i servizi socio-sanitari.
Il Centro, con le sue specifiche competenze in ambito riabilitativo ed educativo,
ha sviluppato nel tempo molte collaborazioni con le scuole medie della zona e ha
avuto modo di rilevare un aumento della
difficoltà della scuola pubblica nel far fronte al fenomeno dell’abbandono scolastico
dei minori con specifiche patologie, in un
contesto territoriale di degrado sociale tipico della periferia della grande città.
L’abbandono scolastico è particolarmente difficile da contrastare quando
riguarda preadolescenti (11-13 anni) che
associano patologie neurologiche e neu-
Al via da settembre
al “Vismara” di Milano
il progetto a sostegno
di alunni con disabilità
e in condizione
di disagio sociale e
rischio d’emarginazione
ropsichiatriche, spesso non diagnosticate e
riconosciute (livello cognitivo border line,
disturbi della personalità e del comportamento, disturbi neurologici minimi) al disagio sociale. Queste condizioni, se non
trattate precocemente, sfociano frequentemente in disturbi psichiatrici maggiori o in
fenomeni di devianza sociale.
Proprio questa fascia di età viene spesso
dimenticata dalle istituzioni pubbliche: la
patologia è ancora troppo lieve per poter
essere presa in carico dal sistema sanitario
con idonei interventi riabilitativi, mentre il
disagio sociale non è ancora così marcato da
comportare un’urgenza di intervento e i
fondi per intervenire vengono stanziati solo
quando la situazione degenera e comporta
un intervento del tribunale dei minori, troppo spesso tardivo.
L’obiettivo del progetto è quello di realizzare all’interno della struttura una nuova
forma di scuola, una scuola-laboratorio
che, grazie alla collaborazione di insegnan-
ti ed educatori e a una didattica alternativa
nei contenuti e nei metodi, accoglierà giovani con patologie neuropsichiatriche a
rischio di dispersione scolastica, per offrire
loro concrete possibilità di successo formativo e di costruzione di un positivo progetto di vita.
Il laboratorio verrà sostenuto da diverse
figure professionali che collaboreranno per
tutta la durata dell’anno scolastico (insegnanti, educatori, psicologo, responsabile
del Servizio Minori), in collaborazione e
all’interno della scuola istituzionale, insieme a famiglie e territorio, cercando di creare una rete di opportunità educative interessanti e coinvolgenti.
Un ambiente stimolante
per relazioni significative
«Puntiamo a costruire un ambiente stimolante - spiega Lino Lacagnina, fino allo
scorso giugno responsabile del Centro dove la crescita e l’apprendimento si costruiscono come risposte ai bisogni e agli interessi
degli utenti. La relazione educativa e la didattica devono sapersi incentrare sulla creatività
dei ragazzi e sulle loro dinamiche socio-affettive, creando relazioni significative».
Il programma educativo sarà sviluppato
a partire dai principi di:
● interdisciplinarietà: la tradizionale scansione delle discipline è superata in favore di
un approccio che considera l’unitarietà della persona e quindi del sapere;
● vissuto: proposte e attività dovranno sempre partire dal vissuto del ragazzo e dall’osservazione della propria realtà ed essere stimolate dalle sue domande;
● esperienza diretta/autoprassi: grazie a
una didattica prevalentemente laboratoriale, ogni proposta dovrà trovare concrete
applicazioni nel fare;
● socialità: al fine di stimolare e sostenere
l’apprendimento nel rapporto tra pari, che
in età adolescenziale è molto più significativo di quanto si pensi, nelle ore di lezione e
di laboratorio, così come nell’opzione pranzo, nella cura dello spazio di lavoro, nei giochi verrà stimolato il lavoro di gruppo e la
condivisione.
Sono state individuate cinque aree tematiche entro le quali raggiungere quegli
obiettivi di conoscenza, competenza e capacità che costituiranno il successo formativo
del ragazzo: area dello sviluppo delle competenze linguistiche e dell’informazione;
■ LA REAZIONE DEI GENITORI alla diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo per il proprio figlio è spesso
segnata da profondo disorientamento, con la ricerca continua di approcci terapeutici, a volte non tutti validati da linee-guida, con costi elevati a proprio carico, spesso aggravati dal fatto della perdita del lavoro di uno dei
due, per poter seguire un bambino così complesso. Un’efficace terapia deve pertanto non solo attivare interventi finalizzati a migliorare le aree deficitarie presenti nel disturbo, ma anche soddisfare il bisogno, spesso
non esplicitato dalla famiglia, di apprendere e affrontare con il figlio una nuova gestione della vita quotidiana. In questa prospettiva, il Centro “Ronzoni Villa-Don Gnocchi” di Seregno (Mb) ha partecipato alla richiesta
dell’Asl Monza Brianza di attivare “interventi a sostegno delle famiglie con la presenza di persone con disabilità, con particolare riguardo ai disturbi pervasivi dello sviluppo e dello spettro autistico”. «La finalità del progetto proposto, che avrà durata di un anno dalla data di avvio del Piano Territoriale dell’Autismo
- spiega Patrizia Spelta , neuropsichiata infantile del Centro (nella foto) - è quella di offrire alla
famiglia un supporto individualizzato, a partire dai bisogni e dalle potenzialità presenti in ogni
bambino affetto da autismo».
Gli obiettivi verranno raggiunti attraverso un’attività educativa mirata a far acquisire determinate competenze comportamentali e funzionali utili per l’adattamento del bambino alla vita
familiare e sociale. Inoltre, si darà la possibilità di ascoltoe sostegno dei genitori attraverso colloqui con la psicologa, scambi di esperienze e reciproco aiuto in incontri di gruppo e di consulenza relativa alle normative e ai servizi da parte dell’assistente sociale che lavora nel Centro.
area logico-matematica e delle Tlc; area della scienza del territorio (storia e geografia);
area delle abilità sociali e dello sviluppo del
sé (musicoterapia); area motoria.
I contributi di Fondazione Cariplo
e della Fondazione EY Italia Onlus
Le attività del progetto si svolgeranno
all’interno del Centro, in un’area riservata ai
minori. Verranno messe a disposizione due
stanze, di cui una con funzione di laboratorio di informatica. Per l’attività sportiva si
potrà usufruire delle palestre e dei campi
della struttura.
«Partendo da questo progetto sul territorio
- conclude Lacagnina - la Fondazione Don
Gnocchi mira a un obiettivo più ampio e generale: far adottare in futuro anche ad altri
distretti scolastici tale modello di scuola-laboratorio, che potrebbe entrare a far parte di percorsi educativi alternativi, da condividere con
le istituzioni della scuola e della sanità».
A sostegno del progetto, la “Don Gnoc-
chi” ha promosso nei mesi scorsi una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi
tramite sms solidali, che ha ottenuto buoni
risultati.
Sempre a sostegno del progetto, vanno
ricordati i contributi di Fondazione Cariplo
e della Fondazione EY Italia Onlus. Quest’ultima ha devoluto parte del ricavato dello spettacolo proposto lo scorso febbraio al
Teatro alla Scala di Milano, dove si sono esibiti gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia scaligera che, accompagnati dall’Orchestra dell’Accademia diretta da
David Coleman, hanno danzato con i colleghi delle prestigiose Scuole di danza dell’Opéra di Parigi e del Teatro Bolshoi di Mosca.
L’inaugurazione del progetto, alla presenza dei responsabili di Fondazione Don
Gnocchi e Fondazione EY Italia Onlus, è in
programma il 9 luglio, al Centro “Vismara”,
con saluti istituzionali, taglio del nastro, presentazione delle attività, testimonianze e
visita alla struttura.
A sinistra, una panoramica del Centro. Nelle altre foto,
momenti dell’attività con ragazzi e adolescenti
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MISSIONE UOMO
SEREGNO. Sostegnoai genitoridi bambini affetti da autismo
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Attività
PROGETTI
Continuità assistenziale,
Fondazione in prima linea
■ GARANTIRE LA MIGLIORE presa in carico
possibile a pazienti in condizioni di cronicità sperimentando moderni e innovativi
modelli di continuità assistenziale per
rispondere ai bisogni delle persone più fragili e delle loro famiglie, in tutte le fasi della
vita: è questa la sfida raccolta dalla Fondazione Don Gnocchi nella propria programmazione strategica, in armonia con lo sviluppo del sistema sanitario e sociosanitario
lombardo e con le linee di indirizzo internazionali e nazionali.
Nel quadro di un welfare emergente la
Fondazione punta a concepire le idee più
capaci di mobilitare attori e risorse per conquistare il centro del perimetro di gioco: le
innovazioni possibili sul territorio saranno
quelle che aggregano competenze, risorse
ed energie attorno ad ipotesi praticabili,
che vengano tradotte in prassi, percorsi,
interventi e capacità di supportare le persone e le famiglie.
Ma non è solo la scarsità di risorse ad esigere un profondo rinnovamento del nostro
welfare, quanto l’eccessiva distanza che ha
assunto rispetto ai bisogni delle persone e
delle comunità; per sostenere un’evoluzione possibile è necessario riconoscere che nel
territorio il sistema di welfare crea valore se
è in grado di promuovere legame, consolidare le forme di reciprocità e supporto che
non possono essere affidate solo all’erogazione di sistemi di prestazioni individuali.
La Regione Lombardia, considerato
l’attuale scenario normativo fortemente in
evoluzione, è l’ambito territoriale prioritario nel quale mettere a punto questi modelli. Il tutto in una prospettiva di forte innovazione, sia dal punto di vista organizzativo (area della ricerca e Istituti di Ricovero a
Cura a Carattere Scientifico-Irccs), che da
quello tecnologico (ad esempio nei settori
della riabilitazione tecnologicamente assistita e dei servizi di telemedicina) e gestionale (sistemi informativi in grado di seguire il percorso degli utenti nei vari punti della rete).
Per colmare la frammentarietà e il vuoto
dei percorsi assistenziali tra la gestione dell’evento acuto e il domicilio del paziente, la
Fondazione intende assumere il ruolo di
primario soggetto attuatore: ciò al fine di
realizzare una presa in carico del paziente
non come somma di risposte frazionate in
L’obiettivo è colmare
la frammentarietà
dei percorsi di cura
sul territorio.
La “Don Gnocchi”
come primario
soggetto attuatore
di Eufrasia Novellini
funzione delle diverse unità di offerta, ma
come reale percorso unitario e trasversale.
A tale proposito è stato costituito un
apposito gruppo di lavoro per la realizzazione di nuovi percorsi assistenziali integrati, del quale fanno parte professionisti della
Fondazione esperti del sistema sanitario,
socio-sanitario e sociale, con competenze
cliniche e organizzative. Fanno parte del
gruppo - coordinato da Eufrasia Novellini
- il consigliere delegato Marco Campari, i
responsabili delle attività sanitarie e assistenziali dei tre Poli lombardi Renzo Bagarolo, Mauro Ricca e Marco Triulzi, il referente per le attività sociosanitarie dell’Istituto Palazzolo di Milano Fabrizio Giunco,
il direttore dell’area Organizzazione e
Sistemi Giuliano Pozza, il responsabile del
Centro per l’Innovazione e il Trasferimento
Tecnologico di Milano Furio Gramatica e il
primario di Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva dell’Irccs “S. Maria
Nascente” di Milano, Lucia Angelini.
L’obiettivo è quello di creare una reale
integrazione organizzativa trasversale tra i
“punti servizi” della Fondazione presenti
sul territorio, per prendersi cura di ogni
paziente, dall’infanzia all’età anziana, in una
visione olistica che non dimentica le famiglie
e che garantisce assistenza continuativa da
un livello di cura ad un altro, sia esso l’ospedale, il domicilio o un’altra realtà (medici di
famiglia, distretti, centri di riabilitazione...).
Tra i pazienti che maggiormente richiedono studio sul territorio vi sono i malati
cronici con elevati bisogni assistenziali che
necessitano di monitoraggio, di educazione
all’autocura e al self empowerment spostando l’enfasi dalla malattia al mantenimento della salute e dell’autonomia. In
quest’ottica le iniziative devono produrre
benefici evidenti, riconosciuti e misurabili
per il paziente e tutta la filiera.
RICERCA. Abitare leggero, nuovi servizi residenziali per anziani
■ È STATO PRESENTATO LO SCORSO GIUGNO A MILANO il quaderno della Fondazione Cariplo
"Abitare leggero. Nuovi servizi residenziali per anziani", curato da Fabrizio Giunco, referente per le attività sociosanitarie del Polo Lombardia 2 della Fondazione Don Gnocchi.
Il cambiamento delle aspettative delle persone fragili e delle loro famiglie sollecitano
l’evoluzione di nuovi servizi e nuovi modelli di abitare: la ricerca ha approfondito questi temi e la loro traduzione pratica in strutture già attive sul territorio lombardo.
Tra queste, va ricordata “Casa Aurora”, l’innovativa residenza messa in campo a Milano
dalla Fondazione Don Gnocchi in collaborazione con Associazione Sarepta e Centro
Accoglienza Ambrosiano, grazie al contributo di Fondazione Cariplo, con lo scopo di
venire incontro a diversificate situazioni di bisogno di ospiti prevalentemente anziani
over 60. Inaugurata un anno fa, “Casa Aurora” dispone di 11 posti , per il periodo necessario ad attivare una rete di sostegno che permetta il rientro “protetto” al domicilio. Un
luogo per l’accoglienza provvisoria in un contesto di familiarità e vicinanza intergenerazionale.
MISSIONE UOMO
31
Attività
PROGETTI
MILANO - ISTITUTO PALAZZOLO
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“Prova l’orchestra”:
musica per la disabilità
■MUSICA E DISABILITÀ.Un binomio che si è
fortemente consolidato negli ultimi anni,
portando a risultati importanti sulle persone
coinvolte in questo innovativo percorso di
riabilitazione. Proprio con l’intento di fare
ulteriori passi avanti, la Fondazione Don
Gnocchi ha deciso di introdurre da quest’anno la musicoterapia orchestrale nella
riabilitazione dei soggetti in età evolutiva
assistiti presso la Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva dell’Irccs “S. Maria
Nascente” di Milano,
con riabilitazione in ciclo
diurno continuo, associato a scuola speciale.
Il progetto pilota,
svoltosi in questi primi
mesi del 2014 e intitolato
“Prova l’orchestra”, è sviluppato dalla cooperati- Lucia Angelini
va sociale Esagramma
Onlus di Milano e prevede un percorso di
avvicinamento alla MusicoTerapiaOrchestrale per giovani studenti con difficoltà.
Sono ben conosciuti - per i tanti lavori
Benefici significativi
dal progetto
di musicoterapia
in collaborazione
con “Esagramma”
per i ragazzi
del Centro di Milano
di Giovanni Ghislandi
scientifici disponibili sui rapporti tra musica e cervello - i benefici della musicoterapia
nella disabilità di origine neuropsichica. La
musica ha infatti una sua sintassi, che offre
un’alternativa a quella del linguaggio verbale, permettendo un’espressività altrimenti
difficile o impossibile da realizzare.
In particolare, la musicoterapia orchestrale rende possibile un’affermazione personale dei soggetti coinvolti, un atto del sé,
INVERIGO. Terapia vibroacusticanella stanza Snoezelen
■ MUSICA E FISIOTERAPIA. Il Centro “S. Maria alla Rotonda” di Inverigo (Co) sta sperimentando un nuovo progetto di possibile integrazione tra terapia vibroacustica, strutture ritmico-sonore e trattamento fisioterapico, utilizzando in modo combinato basse frequenze, struttura ritmica e area timbrico-musicale. L’obiettivo è di favorire - attraverso programmi personalizzati su ogni singolo paziente - un riequilibrio psicofisico
e un piacevole rilassamento, migliorando il tono muscolare e riducendo situazioni di tensione muscolare e
di dolore. La particolarità e l’originalità di questo specifico progetto consistono nel fatto che alla ricezione acustica di frequenze vengono associati timbri e strutture ritmico-musicali mirate, regolabili in base alla
manipolazione di precisi dati, forniti da generatori di suoni e frequenze, quali sintetizzatori e campionatori di suoni.
Questi innovativi trattamenti vengono effettuati nella stanza Snoezelen del Centro di Inverigo, che ha le
caratteristiche necessarie per un massaggio sonoro a bassa frequenza: con strumenti adeguati all’intervento, il trattamento fisioterapico viene somministrato al paziente comodamente sdraiato su un
confortevole letto ad acqua, che diventa un
importante strumento terapeutico, tenendo
inoltre presente che nell’acqua il suono si propaga con efficacia, facilitando un risultato sorprendente dal punto di vista ricettivo sonoro.
L’équipe di ricerca è formata dalla neuropsichiatra del Centro, dalla psicologa, dalla fisiatra, dal musicista-musicoterapista e da alcune
fisioterapiste.
Musicoterapiaanche per pazienti in stato vegetativo
attraverso la scelta di uno strumento sinfonico e l’esperienza nel tessuto orchestrale di
ruoli e reciprocità, con la partecipazione a
un evento ricchissimo di risonanze emotive
e il godimento della bellezza di una realtà
artistica.
Il progetto riabilitativo ha permesso ai
ragazzi del Centro milanese della Fondazione Don Gnocchi di familiarizzare con un
contesto sinfonico. Dieci gli incontri svolti,
che hanno visto l’inserimento dei ragazzi privi di qualsiasi nozione musicale - all’interno di un gruppo orchestrale integrato,
composto anche da musicisti professionisti
formati alla metodologia Esagramma. Il percorso si è completato con un saggio finale,
quando il gruppo ha dato vita a un concerto a favore di altri utenti, familiari o operatori, eseguendo brani che sono stati elaborati durante gli incontri.
Gli educatori e i responsabili della Fondazione sono certi dei risultati positivi di
questa sperimentazione e auspicano per il
futuro la possibilità di rendere ancora più
stabile e sistematica la collaborazione con
Esagramma.
La MusicoTerapiaOrchestrale Esagramma - metodologia unica in Europa e
definita in oltre 25 anni di riflessioni, esperienze e interventi con centinaia di utenti ha dimostrato come l’orchestra, da camera o sinfonica, sia un contesto educativo,
clinico e di integrazione sociale davvero
speciale.
Ed è proprio sull’orchestra, su questo
particolare luogo che consente una piacevo-
In concerto anche in Vaticano
■ NATA A MILANO nel 1988, l’orchestra sinfonica
“Esagramma” è un esempio unico in Europa, una
formazione dove siedono fianco a fianco musicisti professionisti e ragazzi disabili provenienti dai
corsi di “musicoterapia orchestrale” organizzati
dall’associazione fondata e guidata da monsignor
Pierangelo Sequeri. Un’orchestra sinfonica
come terapia per il disagio psichico e mentale.
Lezioni e prove, ogni settimana, per diverse ore.
E poi i concerti, oltre un centinaio finora, a partire da quelli che nel 2000 hanno portato i ragazzi
in Vaticano per il “Giubileo dei disabili”, o nel
2003 al Parlamento europeo a Bruxelles e nel
2007 all’Agorà dei giovani a Loreto.
le e oggettiva possibilità di crescita delle
capacità relazionali, che si basa il metodo di
Esagramma, utilizzato sia a livello clinico
(nei confronti di bambini, giovani e adulti
in difficoltà), sia formativo (per bambini e
ragazzi in età scolare).
Esagramma opera con strumenti dell’orchestra sinfonica classica e attraverso la voce
di questi strumenti musicali è possibile
esprimere e dare forma ai propri silenzi e
tempi interiori, rendendoli di volta in volta
gesto, colore ritmo e modi di esistere.
L’inserimento in un gruppo-orchestra
come quello che è stato proposto agli utenti del Centro “S. Maria Nascente” di Milano - per volontà del primario dr.ssa Lucia
Angelini e con il contributo di Silvia Maggioni, responsabile del Servizio Marketing
- consente di “giocare in musica” diverse
dinamiche tipiche dell’esistenza di ognuno,
senza doverle necessariamente esprimere a
livello verbale.
Violini e percussioni
diventano “voci nuove”
In quest’ottica, gli strumenti musicali violini, violoncelli, contrabbassi, percussioni, arpe - diventano preziosi alleati, poiché
ciascuno di essi ha una voce unica, che
risuona diversamente in ciascuno e con la
quale è possibile identificarsi. Ciascun partecipante al gruppo, spesso ferito nella
capacità di comunicare e in possesso di un
linguaggio povero, può quindi affidarsi a
questa voce per esplorare nuove modalità
di dialogo con l’altro e ritrovare fiducia in
quelle che ha perso. Si ottengono così conquiste preziose, che permettono di elaborare con uno sguardo più aperto i nuovi confini dei propri limiti.
La sperimentazione di diversi modi di
porsi nel tessuto polifonico orchestrale consente ad ognuno di modulare la propria
voce, ritrovando modalità relazionali da
tempo sopite o scoprendone di nuove.
All’interno del contesto orchestrale,
inoltre, è possibile operare delle scelte in
virtù dello specifico ruolo rivestito e delle
responsabilità che ne conseguono. L’attività musicale può così favorire una condizione in cui il ragazzo non si limiti a vivere passivamente, ma abbia modo di riscoprire le
proprie potenzialità e divenire consapevole di nuove possibilità evolutive.
■ LA MUSICOTERAPIA è un percorso esistenziale che non
coinvolge solo il paziente, ma anche i familiari e il
musicoterapeuta. Assomiglia a un cammino comune, che passa attraverso un’esperienza di tipo globale, sensitiva, sensoriale e intellettuale. È un lavoro
volto alla ri-edificazione di potenzialità cognitive,
affettivo-relazionali e motorie in pazienti con un
elevato grado di disabilità, in quanto affetti da disordini della coscienza. Tale percorso utilizza il suono e
la musica come mezzi non verbali di comunicazione
ed espressione del sé.
Si può quindi definire la musicoterapia come l’arte
dei suoni e delle sue componenti fisiche ed esperienziali, che ha lo scopo di creare ed interpretare forme
espressive che rinforzino, elaborino e diano significato all’esperienza della vita umana.
Le aree di intervento della musicoterapia sono
essenzialmente tre: l’area motoria (volta al rilassamento e alla stimolazione percettiva attraverso il
tatto); l’area cognitiva(che prende in considerazione
parametri quali l’attenzione, la discriminazione e l’inseguimento dell’oggetto sonoro); l’area affettiva
(volta a qualsiasi modificazione di stati emotivi).
La produzione del suono - altezza, intensità, timbroe della musica - melodia, armonia e ritmo - vertono
infatti su questi campi di intervento. Sono una forma
di linguaggio in grado di comunicare quando la parola non è sufficiente o non esiste più; permettono di
entrare in relazione con pazienti che presentano gravi deterioramenti cognitivi; sollecitano e attivano
memoria, emozioni, schemi logici e motori.
Il trattamento di musicoterapia presso il “Nucleo di
Accoglienza per Persone in Stato Vegetativo” dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano rientra
nel programma terapeutico condiviso con tutta l’équipe che si occupa delle persone ricoverate (infermieri, operatori assistenziali, terapista della riabilitazione, neuropsicologo, coordinatore di reparto e
medico responsabile).
L’obiettivo è quello di mantenere le attività globali di
base e le conoscenze specifiche fondamentali del
paziente e integrare il familiare nel programma, allo
scopo di affrontare più agevolmente la nuova condizione di vita del congiunto.
L’intervento di musicoterapia si sviluppa sostanzialmente in tre fasi.
Nella prima il musicoterapista effettua un colloquio
con i familiari: l’anamnesi psicosonora permette di
elaborare un progetto individuale per ogni paziente.
La successiva fase operativa, estremamente importante, è la fase del contatto empatico paziente-terapeuta, che deve essere il più profondo possibile ed è
indispensabile per la consapevolezza, la motivazione e l’energia che si muovono all’interno dei rapporti
reciproci nel percorso comune di lavoro.
Nella fase operativa, il musicoterapista guida la presentazione dei partecipanti attraverso la presentazione delle persone facenti parte del setting; invita il
paziente all’ascolto di brani musicali con funzione di
rilassamento ed espressione del sé, denominata
musicoterapia recettiva; attraverso l’utilizzo dello
“strumentario Orff” si stimola l’area cognitiva, oppure si procede alla stimolazione sensoriale attraverso
la vibrazione ossea utilizzando strumenti come il diapason accordato in Do, denominata musicoterapia
attiva. L’incontro termina con il rituale del canto,
accompagnato con la chitarra (normalmente appartenente alla storia del paziente) introdotto dal musicoterapista, sollecitato ed eseguito in coro anche dai
presenti.
Nella terza fase il musicoterapista, dopo aver svolto
la sua attività per un ciclo di dieci sedute con cadenza settimanale, effettua la dimissione del paziente
con una valutazione finale del percorso e fornisce un
ritorno del lavoro svolto ai familiari e all’équipe con
cui decide se prolungare l’esperienza in corso o ripetere a distanza di almeno sei mesi un altro ciclo di
sedute.
A questo progetto ha prestato la Sua collaborazione
Francesco Metrangolo, giornalista in pensione del
Corriere della Sera e musicologo che, dopo aver
accompagnato il fratello nel periodo di degenza
presso il Nucleo, opera come volontario.
«È commovente - rivela - notare come alcuni pazienti, dopo pochi mesi, provino già a tentare di distinguere un contrappunto “severo” da uno “fiorito” e
come tutti, proprio tutti, anche i più sofferenti e in
apparenza più lontani, colgano il senso di un “accelerando” o di un “diminuendo” in funzione dell’azione
drammatica che si sta svolgendo. È stupefacente
come capiscano il significato di “accordo” e di “rivolto”, di cadenza perfetta, plagale, sospesa o d’inganno. È meraviglioso constatare l’immersione della
loro intelligenza, della loro sensibilità appuntita dalla malattia, nella musica finalmente spalancata nei
propri significati, sia pure appena sotto la superficie,
e di quanto beneficio traggano dal punto di vista
conoscitivo, culturale, emozionale».
Isabella Basile
musicoterapista Nucleo di Accoglienza per persone
in Stato Vegetativo Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi”
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
32
Attività
SERVIZI
MISSIONE UOMO
Dal “ritratto di Cristina”
al trattamento delle scoliosi
■ CRISTINA DI LORENA e il suo ritratto,
dipinto da Scipione Pulzone nel 1590: questo lo spunto per parlare di scoliosi, una
patologia che ancora oggi, come nel ‘600,
colpisce dal 5 al 10 per cento della popolazione e che, se non opportunamente trattata
e corretta fin dall’infanzia, può portare a
gravi problemi in età adulta.
È l’argomento trattato dal professor
Alvaro Corigliano, primario dell’Unità
Operativa Scoliosi e Patologie Vertebrali
del Centro Irccs “Don Gnocchi” di Firenze, ospite del Lyceum Club Internazionale,
nell’ambito del ciclo di conferenze “Temi
di Attualità in Medicina”
patrocinate dalla Regione
Toscana. L’incontro è stato
introdotto dal professor
Gian Franco Gensini, dell’Università degli Studi di
Firenze, direttore scientifico
dell’Irccs “Don Gnocchi”.
Cristina di Lorena (foto a
fianco), nipote di Caterina de’
Medici e sposa di Ferdinando
I, granduca di Toscana, fu
L’esperienza dei
Centri “Don Gnocchi”
nelle patologie
della colonna.
L’importanza
della formazione
e della prevenzione
ritratta da Scipione Pulzone, con un tronco molto
corto, quasi sproporzionato rispetto alla parte inferiore del corpo: un evidente segno di una deformità alla colonna vertebrale. Deformità confermata dalla riesumazione
dei resti: Cristina di
Lorena soffriva, quasi
sicuramente dalla nasci-
SANT’ANGELO DEI LOMBARDI. Educazione sanitaria nelle scuole, coinvolti 4 mila ragazzi
■ SI È CONCLUSO LO SCORSO GIUGNO con un
seminario di approfondimento al Polo
Specialistico di S. Angelo di Lombardi (AV)
il progetto “Educazione sanitaria in età
scolare: salute della colonna vertebrale”,
che in tre anni ha coinvolto oltre 4 mila
studenti irpini.
Il progetto - responsabile scientifico il
dottor Fabio De Santis - è stato condotto
da Rita Moscae Giovanni Stortiattraverso
incontri con insegnanti e genitori e laboratori in classe con gli alunni su temi di anatomia, fisiologia e patologie della colonna vertebrale, sperimentazioni sulla
postura e l’ergonomia, rilevazione dei dati antropometrici e questionari validati ai fini di una ricerca scientifica su abitudini, stili di vita e dolore vertebrale.
All’evento conclusivo hanno partecipato il direttore generale dell’Asl di Avellino Sergio Florio, il direttore dell’Unità Operativa Complessa Riabilitazione
Claudio Rumiano, il presidente della Fondazione Don Gnocchi monsignor
Angelo Bazzarie il direttore del Polo Lazio-Campania Nord Salvatore Provenza, oltre a sindaci, dirigenti scolastici, medici, pediatri e genitori.
I dati dell’interessante ricerca sono stati illustrati da Irene Aprile, ricercatrice
e neurologa del Centro “S. Maria della
Pace” di Roma. Le strutture di Roma e S.
Angelo della Fondazione Don Gnocchi si
occupano da anni di analizzare il dolore
vertebrale nei soggetti in età evolutiva,
correlato al sonno, all’attività nel tempo
libero e all’uso dello zaino scolastico,
attraverso scale di valutazione specifiche.
Lo studio ha messo in evidenza la localizzazione, l’intensità, la frequenza e la durata del dolore e ha permesso di identificare,
in particolare per quanto riguarda il dolore lombare, alcuni importanti fattori di rischio, tra cui i fattori antropometrici (peso e altezza), lo stile di vita, i carichi, i fattori psicologici, sociali e comportamentali e la chiara associazione tra dolore e uso e peso dello zaino.
«In particolare - spiega Aprile - gli studi hanno evidenziato quanto il dolore
sia correlato all’uso dello zaino e come si modifica nelle varie fasce di età. I
dati sono interessanti e suggeriscono, in questo caso, un diverso approccio al
dolore vertebrale nei bambini, preadolescenti e adolescenti».
Al termine della tavola rotonda, è stata presentata la mostra dei lavori realizzati dai ragazzi delle scuole,mostra dedicata a Maria Teresa Vincenzi, operatrice del Centro di Roma impegnata sul progetto, scomparsa di recente.
ta, di una grave forma di scoliosi, che lo
stile di vita e le numerose gravidanze avevano poi ulteriormente peggiorato.
È la genetica infatti, o la familiarità, la
componente fondamentale di questa patologia molto diffusa ancora oggi e che colpisce soprattutto la popolazione femminile.
Esistono diverse forme di scoliosi:
legate a malformazioni ossee; forme neurologiche collegate a malattie del Sistema
Nervoso Centrale, come paralisi cerebrali
infantili, poliomielite, cerebropatie, Sindrome di Friedreich e forme collagenopatiche, ovvero correlate a malattie del collagene, come la sindrome di Down, neurofibromatosi...
Ma la forma più frequente (90%) è la
scoliosi di natura idiopatica, di cui non si
conosce la causa, ma si sa che è a carattere
familiare.
Le patologie vertebrali, da sempre
osservate nel genere umano, sono state
approcciate con diverse metodologie correttive, spesso simili però a veri e propri
“strumenti di tortura” che andavano a
comprimere le gibbosità; già nel 300 a.C.
Ippocrate, dopo aver classificato le varie
deformità angolari della colonna vertebrale, ideò una serie di strumenti, risultati del
tutto inutili, per ridurre queste anomalie.
Già nel ‘600, all’epoca di Cristina di Lorena, era invece in uso intervenire con busti o
corsetti molto rudimentali e poco efficaci.
La Fondazione Don Gnocchi ha iniziato a occuparsi di scoliosi sin dalla fine degli
anni ’50, nel quadro dell’intervento riabilitativo per i minori affetti da esiti di poliomielite. Quando questa malattia venne
finalmente debellata, l’interesse si indirizzò verso altre forme di scoliosi. Maturò nel
tempo la consapevolezza che una diagnosi
precoce ed un adeguato trattamento
potessero lenire le conseguenze a volte
drammatiche per il futuro dei giovani
pazienti, individuando trattamenti alternativi all’intervento chirurgico.
Nella necessità di attuare un organico
programma di prevenzione e di rilevamento sistematico di questa patologia sulla
popolazione a rischio, iniziò l’attività nelle
scuole, attraverso screening e azioni di
prevenzione. Questa esperienza è in seguito stata ulteriormente perfezionata e diffusa attraverso corsi tenuti da esperti della
materia, incontri, seminari, congressi e
pubblicazioni sulle metodiche per la prevenzione e la cura della scoliosi, indirizzati
a tutti gli operatori di strutture pubbliche
che si interessano al problema.
La diagnosi precoce, che rappresenta
l’unica forma di prevenzione, è oggi affida-
■ DA CIRCA 35 ANNI il Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano si occupa del
trattamento conservativo dei dismorfismi rachidei dell’età evolutiva. Grazie
all’esperienza accumulata, molte curve sono state trattate conservativamente con successo, sottraendole a un destino altrimenti chirurgico.
L’attività dedicata alla diagnosi e al trattamento conservativo delle scoliosi e
delle ipercifosi è condotta in particolare da tre ortopedici e un fisiatra e conta attualmente oltre 3000 visite l’anno. La struttura dispone inoltre di letti
dedicati per la cura delle scoliosi e delle ipercifosi candidate al trattamento
con il corsetto inamovibile in vetroresina.
«L’uso di tale materiale - spiega il dottor Lucio Palmiero, responsabile di
modulo - introdotto una ventina d’anni fa dal dottor Paolo Sibilla, ha costituito un significativo passo in avanti rispetto al “gesso” tradizionale, miglioran- Lucio Palmiero
done la resistenza, la leggerezza, l’occultabilità sotto gli abiti (cosa particolarmente gradita ai pazienti giovani), le caratteristiche di radiotrasparenza, coniugando insomma al
meglio efficacia e tollerabilità».
La degenza dura circa una settimana: è prevista una fase propedeutica alla confezione di corsetto con
fisiochinesiterapia erogata da operatori esperti, che prosegue dopo ad ortesi confezionata, per consentire un miglior adattamento e la messa a punto di un programma rieducativo per il domicilio.
Lo scorso anno il Centro ha confezionato oltre 200 corsetti inamovibili, richiamando pazienti da tutta
Italia. Nei mesi scorsi, inoltre, gli ortopedici dell’Irccs “S. Maria Nascente” sono stati invitati dall’Asl
Milano 1 a un tavolo tecnico per elaborare i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali Rieducativi
(Ptdar) per le patologie ortopediche di interesse pediatrico.
In particolare la Fondazione - grazie al dottor Palmiero - ha offerto il proprio contributo sui dismorfismi
spinali e sul loro trattamento conservativo. «Le linee espresse - aggiunge Palmiero - sono culminate in un
evento formativo nel corso del quale ho potuto illustrare a un centinaio di pediatri di famiglia di Milano
quanto emerso e condiviso al tavolo tecnico in tema di prevenzione e trattamento delle scoliosi».
Ulteriore motivo di soddisfazione è la recente pubblicazione sulla prestigiosa rivista medica “New
England Journal of Medicin” dello studio svolto in 25 Centri canadesi e statunitensi al termine del quale il dottor Matthew Dobbs, ortopedico alla Washington University, conferma che l’applicazione di
un’ortesi toracolombosacrale è il trattamento incruento più comune per prevenire l’accentuazione di
una curva scoliotica. Negli Stati Uniti nel 2009 ci sono stati 3600 interventi di chirurgia vertebrale su
scoliosi idiopatica dell’adolescente, per un costo di 514 milioni di dollari. «Con il controllo della storia
naturale dell’affezione - conclude il dottor Palmiero - e un trattamento conservativo ben condotto, si evita la progressione della malattia e soprattutto l’intervento. Proprio quello che facciamo da tempo».
ta in particolare ai pediatri e alla sensibilità
di educatori fisici e insegnanti. Essendo
soprattutto di natura familiare o genetica,
l’unica forma di prevenzione efficace è l’identificazione e il trattamento di forme a
rischio di evoluzione.
«La diagnosi - spiega il professor Corigliano - è essenzialmente clinica e l’efficacia
del trattamento ortopedico dipende dall’esperienza, dalla competenza e dalle conoscenze del medico e del tecnico specialista che
si approcciano al trattamento di questa patologia, specialmente nel bambino e nell’adolescente, quando può degenerare e dove è
necessario intervenire con speciali busti correttivi personalizzati».
Al Centro Irccs “Don Gnocchi” di
Firenze le scoliosi sono trattate presso l’Unità Operativa Riabilitazione Patologie
Vertebrali. Oggi sono circa 1.200 ragazzi in
trattamento e vengono effettuate oltre 200
visite a settimana.
A fianco, il dottor Alvaro Corigliano del Centro Irccs
“Don Gnocchi” di Firenze e un trattamento con corsetto
35
MISSIONE UOMO
MILANO. Pazienti da tutta Italia, oltre 3 mila visite l’anno
34
Attività
LIGURIA. Il Polo del Levante ligure si trasferisce a La Spezia
MISSIONE UOMO
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Falconara, Unità Speciale
per bambini con gravi disabilità
È attivo il progetto
di assistenza integrata
in collaborazione
con i “Riuniti” di Ancona.
Un’équipe specializzata
a disposizione
di genitori e caregivers
di Stefano Pierani
■ CONSENTIRE LA DIMISSIONE ospedaliera precoce di bambini clinicamente stabilizzati, ma non ancora in grado di rientrare a domicilio e garantire un livello di assistenza sanitaria e riabilitativa che permetta di accogliere bambini tracheotomizzati
e in ventilazione assistita, con la possibilità di istruire i genitori, i familiari o i caregivers nell’assistenza diretta del piccolo
paziente.
Questi i punti di forza dell’Unità Speciale Extraospedaliera per le Gravi Disabilità dell’Età Evolutiva, attiva da circa
due anni al Centro “Bignamini-Don
Gnocchi” di Falconara Marittima (An).
Il reparto, dotato di dieci posti letto,
nasce da un progetto di assistenza integrata per i minori, ideato in collaborazione con
la Rianimazione Pediatrica della Struttura
di Anestesia e Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Ancona, con il sostegno dell’assessorato alla Salute della Regione
Marche, dell’Azienda Sanitaria Unica
Regionale e dell’ Area Vasta della provincia di Ancona.
In ambito pediatrico esistono patologie
che fino a pochi anni fa andavano incontro
ad exitus precoce, ma che attualmente, grazie all’evoluzione delle tecniche e delle terapie rianimatorie, possono essere trattate
con un’aspettativa di vita relativamente
lunga. In queste situazioni la famiglia, se
adeguataente supportata dalle strutture
ospedaliere, extraospedaliere e territoriali,
può affrontare la gestione domiciliare del
proprio bambino anche se colpito da una
grave patologia disabilitante.
Consentire a tutti i pazienti in età neonatale, pediatrica o adolescenziale, con gravi
disabilità croniche, di vivere il più possibile al di fuori delle strutture ospedaliere, circondati dall’affetto dei genitori, ha indubbi vantaggi per la qualità di vita del nucleo
familiare stesso e permette al contempo di
ridurre al minimo l’occupazione dei posti
letto in Rianimazione. E particolarmente
“preziosi” sono quelli della Rianimazione
Pediatrica degli Ospedali Riuniti di Ancona, che è dotata di 9 posti letto per un bacino di utenza che comprende Marche,
Abruzzo, Umbria e parte della Romagna.
La continuità assistenziale
Le principali patologie che possono
essere accolte nell’Unità Speciale del Centro “Bignamini” sono l’amiotrofia spinale
tipo I, II e III, la distrofia muscolare di
Duchenne, le miopatie mitocondriali, le
tetraparesi post-traumatiche, la displasia
bonco-polmonare, la fibrosi cistica, le gravi cerebropatie, l‘ipoventilazione centrale
congenita (S. di Ondine) e gli stati di coma
vegetativo persistente.
Tali patologie vengono classificate a
seconda del livello di gravità e se il paziente è in respiro spontaneo, tracheostomizzato o ventilato meccanicamente.
L’ Unità Speciale ha il compito di assicurare la continuità assistenziale tra la fase
ospedaliera ad alta intensità e quella domiciliare, di completare l’iter verso la domiciliazione, di attuare un percorso di family
learning, di garantire la massima sicurezza
del paziente durante il ricovero, di realizzare un’integrazione tra l’Azienda Ospedaliera e il Sistema Sanitario territoriale e di fornire un trattamento riabilitativo che possa
migliorare la qualità della vita del paziente, anche attraverso la valutazione e la fornitura degli ausili più adeguati.
Nonostante la completa operatività dell’Unità Speciale sia relativamente recente,
la notizia della sua esistenza ha superato i
confini regionali e le richieste di ricovero
sono pervenute anche da fuori regione. A
tutt’oggi, infatti, la regione Marche non ha
completamente finanziato i 10 posti letto,
che restano a disposizione per ora anche di
pazienti da altre parti d’Italia.
In particolare, sono attualmente degenti due pazienti provenienti dai reparti di
■ APERTURA IN VISTA per il “Polo Riabilitativo del Levante ligure” della Fondazione Don Gnocchi a La Spezia,
dopo una lunga e articolata trattativa con la Regione Liguria, l’Azienda Sanitaria di La Spezia, Fondazione
Carispe e le istituzioni locali. È stata infatti consegnata alla città a inizio giugno la nuova struttura a La Spezia, in via Fontevivo, che ospiterà presto le attività riabilitative della Fondazione Don Gnocchi, finora collocate all’ospedale San Bartolomeo di Sarzana. Lo stabile è stato ristrutturato e adeguato alle esigenze della
riabilitazione e consentirà alla Fondazione di proseguire il proprio decennale servizio di qualità al territorio
spezzino, non più in regime di concessione, ma di accreditamento. Alla cerimonia di consegna dello stabile
alla città sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il presidente della Fondazione Carispe Matteo Melley, il sindaco di La
Spezia Massimo Federici e il presidente della Fondazione Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari.
Sempre nei primi giorni di giugno è stato firmato dalla
Fondazione Don Gnocchi il contratto di locazione dell’immobile di proprietà delle Fondazione Carispe, che
spiana ora la strada alla successiva fase operativa.
«Ci siamo mossi in sintonia con la Regione e con l’Asl spiega il direttore del Polo Piemonte e Liguria della Fondazione Don Gnocchi, Carlo Sironi -. Siamo pronti a pianificare il trasferimento delle attività del Polo Riabilitativo
da Sarzana a La Spezia e prevediamo anche di poter gestire il previsto hospice per malati terminali, con 9 posti letto, vista la nostra pluriennale esperienza con analoghe
strutture esistenti a Monza, Milano e Massa».
La palazzina di via Fontevivo (foto a destra in alto) è stata messa a disposizione della Fondazione Don Gnocchi
nell’ambito di un importante piano di riorganizzazione
del sistema sanitario spezzino, pianificata dall’Azienda
Sanitaria Locale di La Spezia al fine di consentire lo spostamento al San Bartolomeo di Sarzana (foto sotto) dei
reparti finora attivi all’interno del vecchio ospedale
civico del Felettino di La Spezia, che verrà successivamente ristrutturato.
Rianimazione dell’Ospedale di Foligno e di
Foggia, a testimonianza di quanto siano
necessarie strutture di questo tipo.
L’obiettivo è il rientro a casa
Nel pensare a una struttura di prossimità alle famiglie, non si è trascurata la possibilità di accogliere per periodi limitati bambini provenienti dal loro domicilio per ricoveri di sollievo (occorre una struttura specializzata anche per ricoveri di breve periodo), o per pronto intervento alle famiglie
(spesso in passato in questi casi era necessario un rientro dei bambini in ospedale,
quando non in rianimazione). Nemmeno è
esclusa la possibilità di un ricovero su
richiesta dell’Unità Valutativa o dei Servizi
Riabilitativi territoriali.
L’Unità Speciale è dotata di letti forniti
di monitor multiparametrici, con postazioni per ossigenoterapia e per aspirazione
delle secrezioni.
L’équipe riabilitativa è composta da
medici, coordinatori infermieristico e
riabilitativo, psicologo, logopedista, assistente sociale, infermieri, fisioterapisti,
operatori sociosanitari. In alcuni casi i
pazienti ricoverati sono stati iscritti presso
le Scuole dell’Infanzia e Primarie Speciali
dell’Istituto Comprensivo di Falconara
Centro, presenti al “Bignamini”.
In questi due anni la collaborazione tra
il Reparto di Rianimazione Pediatrica di
Ancona e l’Unità Speciale si è fatta sempre
più stretta, consentendo al Centro della
Fondazione Don Gnocchi di accogliere al
meglio i pazienti sia dal punto di vista assistenziale che riabilitativo, formando un’équipe in grado di addestrare i caregivers
all’uso delle apparecchiature quali ventilatori meccanici, umidificatori, aspiratori,
macchine per la tosse, palloni ambu, nonchè alla gestione delle tracheotomie e delle Peg.
Anche i rapporti di collaborazione
con le strutture territoriali si sono fatti
più intensi e proficui per preparare il rientro al domicilio del bambino, programmando l’assistenza a seconda dei bisogni
da affrontare e prescrivendo - dopo le
consulenze, le eventuali visite al domicilio
e le prove insieme ai tecnici ortopedici gli ausili necessari alla postura, alla gestione domiciliare e alla mobilità.
37
MISSIONE UOMO
SERVIZI
Attività
SERVIZI
ROMA
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«Un momento, sto pensando!»
Laboratori di potenziamento cognitivo
Risultati significativi
dall’attività
accanto a bambini
con inadeguato
rendimento scolastico
condotta per sei mesi
al Centro di Roma
di Laura Iuvone, Ilaria Contaldo
e Maria Chiara Stefanini
■ IL REPARTO DI NEUROPSICOMOTRICITÀ e
logopedia dell’età evolutiva del Centro “S.
Maria della Pace” di Romaha recentemente
attivato alcuni laboratori di potenziamento
cognitivo, destinati a bambini con inadeguato rendimento scolastico, lievi difficoltà
cognitive e di apprendimento, ridotta motivazione e insufficiente autonomia nell’organizzazione dello studio. L’iniziativa è nata
con lo scopo di migliorare la capacità di
“imparare” dei piccoli pazienti, rinforzando
le loro capacità logiche e progettuali.
La metodologia adottata si ispira alla teoria di Reuven Feuerstein, secondo cui le funzioni cognitive possono essere potenziate
durante tutto l’arco della vita, attraverso l’attivazione di strategie cognitive e relazionali
che favoriscano i processi di apprendimento. La modificabilità cognitiva viene agevolata dall’interazione con un “mediatore”, che
funge da tramite tra il paziente e l’ambiente,
filtrando i dati dell’esperienza e facilitando-
IL REPARTO. Prestazioni in convenzionee a pagamento
■ ILREPARTO DI NEUROPSICOMOTRICITÀ E LOGOPEDIA DELL’ETÀ EVOLUTIVA del Centro “S. Maria della Pace” di Roma (via Maresciallo Caviglia 30) eroga prestazioni sia in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale che a pagamento.
In convenzione vengono effettuati interventi riabilitativi di neuropsicomotricità, logopedia, psicomotricità e
potenziamento cognitivo; sostegno psicologico alla famiglia; comunicazione aumentativa alternativa per bambini con gravi disabilità linguistiche; massaggio infantile per neonati e lattanti con disabilità, per migliorare l’interazione del bambino con i care-givers; attività di collegamento con la scuola e di counseling con il corpo docente.
A pagamento vengono invece erogati i seguenti servizi: trattamenti neuromotori, psicomotori e logopedici
per le patologie che non hanno i requisiti per rientrare nel regime convenzionato; training logopedici per bambini con disturbi specifici dell’apprendimento; corsi di acquaticità per bambini con difficoltà di sviluppo neuro psicomotorio; pacchetti di valutazioni neuropsicologiche e trattamenti per disturbi delle competenze
comunicative e dell’apprendimento.
Nelle immagini, momenti di attività. Nella foto piccola,
Ilaria Contaldo, Laura Iuvone e Maria Chiara Stefanini,
medici, neuropsichiatri infantili
ne l’analisi e la strutturazione. Nelle situazioni di apprendimento mediato hanno un ruolo centrale il contenuto e le modalità dell’interazione, che privilegiano la riflessione sui
processi e gli stili di apprendimento. In tal
senso, l’esperienza di apprendimento
mediato interviene in modo integrato nello
sviluppo della sfera cognitiva, affettivoemozionale e sociale.
Le attività sono state rivolte a bambini in
età scolare (a partire dalla terza elementare)
e svolte in piccolo gruppo (4-5 bambini),
alternando momenti di lavoro individuale a
momenti di confronto. Tale modalità offre
l’occasione più adatta a stimolare il pensiero
critico, aiuta a tener presente il punto di vista
degli altri e a considerare ipotesi e soluzioni
differenziate.
Il gruppo è stato condotto dalla psicologa
Laura Peruzzi e dalla logopedista Valeria
Tassara, abilitate ad applicare il metodo
Feuerstein, con funzione di mediatori, che
hanno guidato i bambini nell’osservazione,
nell’organizzazione degli stimoli, nella riflessione e nella generalizzazione dei contenuti.
Sono state effettuate una visita neuropsichiatrica infantile, incontri con i genitori e
con gli operatori scolastici.
Il lavoro di gruppo si è svolto con cadenza
settimanale. Ogni incontro, della durata di
due ore, è stato seguito da una riunione dell’équipe, con lo scopo di analizzare l’andamento della seduta e preparare il materiale
per l’incontro successivo.
L’efficacia del servizio
confermata da famiglie e docenti
La partecipazione dei bambini è stata
continuativa e costante. La dottoressa Laura
Iuvone, ideatrice e responsabile del progetto, sottolinea che ,al termine dei primi sei
mesi di attività ,si sono osservate modifiche
significative. I bambini hanno interiorizzato
il concetto di “un momento, sto pensando...”,
che ha rappresentato il filo rosso dei laboratori, imparando ad analizzare i dati esperienziali e a riflettere sulle strategie da attivare
per risolvere una situazione complessa.
Hanno inoltre imparato a utilizzare un
linguaggio più consono al contesto, a porre
domande e a intervenire spontaneamente e
in maniera pertinente; conseguentemente
hanno acquisito maggiore fiducia in se stessi.
I buoni risultati ottenuti sono stati confermati dalle famigliee dal corpo docente. Inoltre, i genitori hanno espresso il desiderio di
proseguire l’attività e di effettuare incontri
periodici con i conduttori del gruppo.
Il progetto avrà ulteriori sviluppi e il laboratorio sarà riproposto in futuro (Per informazioni: [email protected]).
Vela e disabilità, concluso il progetto di ricerca:
è migliorata la qualità della vitadei partecipanti
■ SI È UFFICIALMENTE CONCLUSO il 10 giugno scorso il
“Progetto Vivere” (VIrtuale pro VEla REale), finalizzato all’affermazione delle pari opportunità per le
persone con disabilità nel campo dello sport della
vela, realizzato con il contributo del Dipartimento
delle Pari Opportunità e gestito dalla Fondazione
Don Gnocchi e della Federazione Italiana Vela, con
la collaborazione della Marina Militare e delle Fiamme Azzurre.
Il progetto di ricerca ha coinvolto 30 ragazzi dai 10 ai
25 anni, quasi tutti con disabilità motorie: 17 assistiti
dal reparto di Neuropsicomotricità e logopedia dell’età evolutiva del Centro “S. Maria della Pace” di
Roma e 8 provenienti dalle scuole della capitale; 5,
invece, sono ragazzi normodotati, così da favorire
l’inclusione sociale e l’affermazione delle pari
opportunità.
All’evento finale hanno partecipato il presidente
della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari, il consigliere delegato Marco Campari, il direttore dei
Centri romani Salvatore Provenza, il referente scientifico degli stessi Centri Luca Padua e la neurologa
Irene Aprile, ricercatrice che ha elaborato il progetto
e condotto la fase di valutazione e riabilitazione tecnologica, e Francesco Maria Manozzi, medico sportivo che ha collaborato al progetto.
La Fiv, che ha curato la formazione alla vela e le uscite in mare, era presente con Alessandro Mei, presidente di Fiv Lazio; la Polizia Penitenziaria, che ha
curato il trasporto dei ragazzi ad Anzio per le uscite in
mare, con l'Ispettore Giuseppe Mammone, segretario della Sezione Velica del Guppo Sportivo Fiamme
Azzurre; la Marina Militare, che ha messo a disposizione le imbarcazioni e gli istruttori in occasione
sempre delle uscite in mare, con Sergio La Manna,
responsabile dell’attività velica. Erano presenti
anche Margherita Filippone di Eur SpA e Paola Bianchi e Alberto De Stefano del Dipartimento Pari
Opportunità.
La giornata si è chiusa al laghetto dell’Eur (foto sotto)
- concesso a titolo gratuito dal presidente di Eur spa,
Pierluigi Borghini - con una veleggiata che ha visto
coinvolti i ragazzi partecipanti al progetto e i loro
istruttori, con barche Dream, accessibili e adatte alla
formazione per questo tipo di progetto.
Dal punto di vista scientifico, il progetto si proponeva di valutare gli effetti del training riabilitativo tecnologico e del corso teorico e partico di vela sull’equilibrio e sulla qualità della vita dei ragazzi.
Un primo dato, forse il più significativo, ha messo in
evidenza un miglioramento complessivo della qualità della vita dei partecipanti, sia dal punto di vista
delle prestazioni motorie, che del benessere globale.
Tale dato è stato misurato attraverso il Questionario
CHQ, somministrato ai genitori dei ragazzi. Il dato è
significativo, tenuto conto che tutta l’attività si è
svolta in soli 6 mesi. Altri dati tuttavia sono in corso
di elaborazione e saranno presentati al più presto.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
38
Attività
TERAPIE
ORGANIZZAZIONE
41
Salerno, nuovi servizi
per pazienti adulti e anziani
Il Centro conosciuto
per l’attività
a favore di bambini
amplia l’offerta:
al via un laboratorio
per prevenire
patologie degenerative
■IL CENTRO “S. MARIA AL MARE”di Salerno, conosciuto nel territorio come struttura
tradizionalmente rivolta a utenti dell’età
evolutiva, amplia e diversifica la propria
offerta, avviando nuovi servizi per venire
incontro alle esigenze dei pazienti in età
adulta e per rispondere meglio alle richieste
del territorio. L’obiettivo è di affrontare con
particolare attenzione alcuni aspetti problematici tipici dello stato di salute della
persona anziana, soprattutto in funzione
preventiva o, almeno, per rallentare processi di deterioramento fisico e cognitivo, non
necessariamente legati a una patologia.
Dimenticarsi qualcosa, perdere reattività e rapidità di pensiero, accorgersi di difficoltà nell’apprendimento sono solo alcuni
esempi di situazioni che possono presentarsi con l’avanzare dell’età. Piccoli segnali, spesso non preoccupanti, ma nemmeno
da sottovalutare, perché potrebbero essere
l’inizio di qualcosa di più grave. Oggi sono
a disposizione strumenti e tecniche per
affrontare questo deterioramento cognitivo, attraverso una presa in carico globale
della persona, che mette insieme i punti di
forza di diverse discipline, per migliorare la
qualità della vita generale del paziente.
IRPINIA. L’ospedale… a casa, continua il progetto Adri
■ È PARTITO LOSCORSO MARZO, PER IL SECONDO ANNO,il progetto sperimentale di Assistenza Domiciliare Riabilitativa Intensiva (Adri) gestito dal Polo Specialistico Riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi (Av). Si
tratta di un servizio innovativo, frutto della collaborazione tra la Fondazione Don Gnocchi e l’Asl di Avellino, che ha come obiettivo, quello di creare a casa del paziente le condizioni del ricovero ospedaliero.
Lo scorso anno hanno usufruito del servizio 24 pazientidella provincia di Avellino, con diverse patologie
complesse (ictus, protesi d’anca, protesi di ginocchio, fratture trattate chirurgicamente...).
Attraverso il servizio Adri, l’équipe specialistica ospedaliera della Fondazione (fisiatra, internista, fisioterapista,infermiere e logopedista) effettua una riabilitazione intensiva al domicilio del paziente di almeno tre ore giornaliere per una durata di tempo stabilita di volta in volta dalla specifica patologia. Tale sistema di “ospedalizzazione domiciliare” garantisce ai
pazienti un recupero ottimale, azzerando tra l’altro i rischi di infezioni ospedaliere. Da non
sottovalutare resta anche il coinvolgimento e il supporto psicologico della famiglia, che vede
il “paziente-familiare” riprendere, in tempi rapidi, le attività di vita quotidiana tra le mura
domestiche.
«Il servizio sta ottenendo un ottimo riscontro da parte dei pazienti che ne usufruiscono spiega il direttore, Salvatore Provenza- e si conferma come ulteriore tassello nella gamma
delle risposte che la Fondazione cerca di dare al bisogno di salute delle persone».
«Ero molto preoccupato perché temevo di non camminare più - è la testimonianza di uno
dei pazienti seguiti -. Grazie al mio medico abbiamo contattato la Fondazione Don Gnocchi,
che ci ha proposto la riabilitazione a casa. Voglio ringraziare tutta l’équipe che mi ha preso
in cura: grazie a loro ho recuperato il cammino».
A questo proposito, il Centro di Salerno
propone un’attività organizzata in piccoli
gruppi e condotta da terapisti esperti, finalizzata alla riattivazione globale e a massimizzare la capacità di mantenere il proprio
ruolo e l’autonomia nel proprio ambiente.
In pratica, attraverso attività di laboratorio e sulla base di un progetto stilato da
un medico specialista, sono proposte attività diverse, tese a stimolare la memoria, l’orientamento, il movimento nello spazio e a
riprodurre le normali attività di vita quotidiana: un laboratorio, insomma, dove
riprodurre le normali azioni di ogni giorno,
ma con finalità terapeutiche.
Si tratta di una proposta innovativa che
ha pochi o nessun precedente nel territorio
e che è rivolta in special modo a persone
anziane che iniziano a soffrire, in forma lieve, di disturbi di perdita della memoria o
dell’orientamento.
Deterioramento cognitivo, senza però
dimenticare la forma fisica; per questo, un
nuovo servizio proposto al Centro di Salerno per affrontare i piccoli acciacchi che si
presentano con l’età avanzata, è un programma specifico di Attività Fisica Adattata (Afa).
Nella struttura della “Don Gnocchi” è
possibile svolgere questo tipo di attività per
migliorare la salute e il benessere, attraverso l’esercizio fisico. I corsi sono tenuti da
personale specializzato e prevedono esercizi appositamente programmati e calibrati
per ogni tipo di esigenza. Le attività proposte sono la ginnastica posturale e dolce,
rivolta a tutti coloro che in presenza di algie,
cattive posture, squilibri muscolo-articolari, sovraccarichi funzionali e alterazioni statico dinamiche vorranno ritrovare, attraverso l’esercizio fisico mirato, uno stato di
riequilibrio psicosomatico, e la ginnastica
di tonificazione e funzionalità, rivolta invece a coloro che aspirano a tenere il corpo in
buona forma e a migliorare l’efficienza con
un esercizio più energico e variegato.
Disturbi post traumatici da stress
Sempre in ambito terapeutico, è stato
altresì attivato un laboratorio teatrale per
“esercitare” la consapevolezza di sé, la relazione con l’ambiente circostante e gli altri,
stimolando attività motorie, verbali e sociali, così da diventare momento di riabilitazione per persone con disabilità fisiche o
intellettive.
Lo scopo non è tanto quello di portare in
scena una rappresentazione teatrale, ma di
favorire i processi di percezione, di conoscenza del proprio corpo e del suo movimento, di potenziare le funzioni attentive e
di concentrazione, di raggiungere la consapevolezza del lavoro di gruppo e di favorire
interazioni positive, anche nella direzione
di affrontare e risolvere problemi legati
all’ansia e alla gestione delle emozioni.
E proprio nella direzione della gestione
dell’ansia e delle emozioni, per migliorare il
benessere psicofisico, sono stati attivati corsi di formazione per l’apprendimento del
training autogeno, una tecnica di rilassamento globale tra le più valide e diffuse per
ridurre lo stress e migliorare l’autocontrollo.
Va nella stessa direzione un’altra metodica offerta dal Centro di Salerno, anche
questa innovativa: il trattamento dei “Disturbi Post Traumatici da Stress attraverso Emdr (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari)” per
persone uscite da eventi dolorosi, gravi
patologie o eventi traumatici. La tecnica,
condotta dalla psicologa del Centro, che ha
ottenuto apposita certificazione, si basa
sulla scoperta che alcuni stimoli esterni,
come l’esecuzione di alcuni movimenti
oculari, possono essere particolarmente
efficaci per superare un grave trauma. È
una tecnica che fa parte di un percorso psicoterapico individuale e può essere utilizzata anche per rielaborare eventi stressanti
come un lutto, una malattia cronica, cambiamenti improvvisi e non previsti…
Oltre a queste, altre attività rivolte prevalentemente ad adulti o a persone anziane, come l’osteopatia e il linfodrenaggio
manuale, vanno ad aggiungersi alle attività
rivolte ai minori, come la psicomotricità
relazionale, la foniatria e la logopedia.
Certificazione di qualitàanche per i Centri lucani
■ LA PERSONA SOFFERENTE nella sua dimensione globale, e non ridotta alla sua patologia, sempre più al centro delle attività di assistenza, cura e riabilitazione,
ricerca e formazione: è per aderire sempre meglio
alla propria mission - oltre che per elevare il livello
delle prestazioni - che la Fondazione Don Gnocchi ha
intrapreso, da diversi anni, lo sviluppo di un sistema
di gestione per la qualità certificabile.
Ultimi, in ordine di tempo, ad avere portato a compimento questo iter lungo e complesso ed essersi uniformati al sistema di gestione di Fondazione sono i
due Centri lucani: il Centro “Gala” di Acerenza (Pz) e il
Polo Specialistico Riabilitativo di Tricarico (Mt), che
nei mesi scorsi hanno ottenuto la Certificazione di
Qualità secondo la norma ISO 9001:2008 da parte
dell’ente certificatore CSQ.
Un riconoscimento importante, ma non certo un
punto di arrivo, giunto al termine di un lavoro preparatorio fatto di messa a punto di procedure, regole e
meccanismi di controllo finalizzati a migliorare la
qualità dei servizi, l’efficienza e i tempi di attesa, a
tutto a vantaggio dei pazienti. Un lavoro di squadra,
coordinato dalla responsabile del Servizio Qualità,
Rossella Manfredidi Acerenza, coadiuvata da Floriana Salomone di Tricarico, con il supporto degli uffici
centrali di Milano e, in particolare, di Roberto Porta,
responsabile del Servizio Qualità e Sicurezza del
Paziente.
«Negli ultimi anni - spiega - abbiamo strutturato un
modello organizzativo e strumenti gestionali che
permettono di affrontare in modo integrato una serie
di problematiche comuni a tutti i Centri, come il
rispetto dei requisiti d’accreditamento la presa in
carico e la sicurezza del paziente e degli operatori, la
tutela della privacy, il perseguimento dell’efficacia
dei processsi di cura e l’efficientamento dei comportamenti, così da evitare un moltiplicarsi di sistemi e
regole. Abbiamo cercato di strutturare un sistema
che, ponendo il paziente al centro, permetta una
semplificazione dei processi e un miglioramento delle prestazioni. Il sistema di gestione della qualità serve ad accrescere la coesione interna e a favorire un
modo di operare comune in tutte le strutture di Fondazione, attraverso un sistema di analisi e controllo
che innesca processi di miglioramento continuo».
Insieme alle regole, uno degli aspetti più significativi
della Certificazione conseguita dai Centri lucani è
stato la formalizzazione di un sistema di monitoraggio e ascolto continuo delle esigenze dei pazienti,
attraverso un uso più efficace, rispetto al passato, dei
questionari di soddisfazione, compilati dai pazienti
stessi o, più frequentemente, dai loro familiari a un
mese circa dal ricovero.
«È questo - tiene a precisare Manfredi - lo strumento
più efficace per individuare meglio le possibili aree
di criticità che possono sfuggire a noi operatori e
mettere in campo, di conseguenza, misure e azioni di
miglioramento, anche immediate».
Protagonista di questo delicato momento e interfaccia tra i pazienti e la struttura, è l’Urp (Ufficio Relazioni con il Pubblico), che così non funge solo da “sportello reclami”, ma si trova nella situazione privilegiata di dialogare con le famiglie, in modo da diventare
un punto di ascolto efficace per ogni genere di esigenze.
In altre parole, è l’applicazione della regola del
miglioramento continuo, fatto di azioni, verifiche,
misurazioni per puntare a costanti azioni migliorative. E i progressi devono poter essere misurati, per
questo il sistema della qualità applicato ad Acerenza
e Tricarico prevede una serie di indicatori quantitativi che comprendono, per esempio, il numero degli
eventi avversi, i tempi di attesa nelle risposte ai reclami, la formazione del personale (ore di formazione e
numero di persone formate), i tempi di consegna della copia della cartella clinica dal momento della sua
richiesta e altri ancora. Proprio come il cruscotto di
un’automobile, questi valori daranno la misura del
miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi offerti, fermo restando che la qualità del servizio
è fatta innanzitutto dal personale, dalla sua dedizione e dal suo impegno.
«La certificazione di qualità - commenta con soddisfazione Simonetta Mosca, direttrice del Polo Campania Sud–Basilicata della Fondazione Don Gnocchi
- è il risultato di un lavoro corale svolto da tanti operatori del Polo. Più che un punto di arrivo, si tratta di
un punto di partenza per un servizio ai nostri pazienti ancora più accurato, nel solco della filosofia della
Fondazione e per meglio adeguare ai nostri tempi il
messaggio del beato don Gnocchi. Per essere ancora
meglio e di più, accanto e al servizio della vita».
Le due strutture lucane della Fondazione: il Centro “Gala”
di Acerenza (Pz) e il Polo Riabilitativo di Tricarico (Mt)
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
40
Attività
REALTA’ VIRTUALE. Con Microsoftal via il progetto Vitamin
42
MISSIONE UOMO
La Fondazione in rete,
rinnovata la strategia web
Il nuovo portale
www.dongnocchi.it
per facilitare
la ricerca e l’accesso
ai molteplici
servizi dei Centri.
E con tante novità
garantire maggior evidenza ai servizi erogati dai Centri e dagli ambulatori attivi su tutto
il territorio nazionale, oggi più facilmente
ricercabili e consultabili in rete, insieme a
sezioni di approfondimento sulle attività
trasversali di formazione, ricerca scientifica
e solidarietà internazionale.
Non mancano un ampio focus sulla figura del beato don Carlo Gnocchi (grazie
anche ad approfondimenti multimediali),
l’integrazione con i principali social network (in particolare youtube e twitter), la
valorizzazione delle esperienze di volontariato e un’articolata sezione dedicata a
quanti cercano informazioni e strumenti
per sostenere la Fondazione. Il tutto, con la
necessaria e doverosa attenzione ai temi
dell’accessibilità.
Le attività
Punto di forza del nuovo portale è la possibilità di cercare e trovare nella maniera
più facile e intuitiva i servizi offerti dalle
strutture della Fondazione. Questo è possibile sia dall’home page, che dalla sezione “I
Centri”.
Nel primo caso, l’utente può navigare
attraverso i vari ambiti in cui sono state suddivise le attività: dai servizi per la riabilitazione a quelli per anziani, dai servizi per disabili a quelli per l’infanzia e l’adolescenza, dai
servizi di diagnostica e analisi di laboratorio
ai servizi per malati terminali. Nelle singole
sezioni è possibile poi selezionare la tipologia di servizio cercato e il portale restituisce
l’elenco dei Centri in cui si può trovare.
Dalla sezione “I Centri”, è invece possibile - aiutati da una mappa interattiva muoversi a partire dal territorio interessato
per conoscere quali strutture “Don Gnocchi” sono presenti e quali attività e servizi
offrono all’utenza.
Una maschera con i filtri “Regione”,
“Ambito” e “Servizio” agevola ancor di più
l’operazione di ricerca.
Entrambi i percorsi conducono alle
pagine del Centro o dell’ambulatorio ricercato, che contengono a loro volta le principali informazioni (indirizzi, contatti, telefoni, responsabili, descrizioni dei servizi…),
spesso con la possibilità di scaricare direttamente la modulistica necessaria per un primo contatto nelle procedure di accoglienza.
MILANO. Ictuse sclerosi multipla: giochi virtuali per la riabilitazione
L’istituzione
La sezione “La Fondazione” contiene
invece dati e informazioni sulla storia della
“Don Gnocchi”, sulla struttura e sull’organizzazione attuali, con la possibilità di consultare agevolmente lo statuto, la carta dei
valori, il contratto, le certificazioni di qualità, le pubblicazioni.
In “bacheca” sono invece raccolte alcune delle tante lettere di riconoscenza e messaggi di ringraziamento che ogni giorno gli
utenti fanno pervenire ai responsabili delle
varie strutture, affiancata da una fotogallery
che riprende le immagini più significative
degli eventi più importanti in calendario.
■ REHAB@HOME HA PRESENTATO nel marzo scorso, nell’ambito di un
incontro internazionale svoltosi al Centro Irccs “S. Maria
Nascente” di Milano una serie di giochi sviluppati per svolgere
percorsi di riabilitazione fisica e cognitiva entro le mura domestiche.
Rehab@Home è un progetto di ricerca internazionale a cui partecipa anche la Fondazione Don Gnocchi e che ha lo scopo di
costruire un ambiente virtuale efficiente, coinvolgente e personalizzato per tutti quei pazienti che devono svolgere un percorso di riabilitazione fisica o cognitiva all’interno della propria abitazione. In particolare, durante gli incontri milanesi sono state
presentate le finalità del progetto e i partner coinvolti, procedendo con una sessione esplicativa che ha visto i due partner clinici raccontare come stanno integrando all’interno delle loro
strutture le soluzioni sviluppate da Rehab@Home.
I partecipanti hanno inoltre potuto interagire direttamente con
i giochi già realizzati. Al centro dei lavori soprattutto alcuni giochi riabilitativi sviluppati da imaginary, - uno dei partner di
Rehab@Home - durante il primo anno di progetto e già testati da
alcuni pazienti post-ictus o affetti da sclerosi multipladei Centri
Il fondatore
L’ampia sezione dedicata al beato don
Gnocchi è raggiungibile con un clic dall’home page e da qualsiasi altra pagine del portale. Accanto alla biografia di don Gnocchi e
alle tappe della sua vita, è possibile consultare - nella sezione “frammenti antologici” - le
più belle e suggestive citazioni dagli scritti di
don Carlo, suddivise per temi e argomenti.
Il lungo e complesso iter del processo di
canonizzazione, con lo straordinario traguardo della beatificazione, celebrata a
Milano il 25 ottobre 2009, sono raccolti e
raccontati in una sezione apposita.
Una bibliografia completa, l’accesso
all’archivio storico, informazioni sul santuario e sul museo dedicati al “papà dei mutilatini” e informazioni sulle mostre itineranti a
disposizione degli interessati completano la
sezione.
■È ON LINE da alcune settimane e sta riscuotendo unanimi apprezzamenti il nuovo portale web con il quale la Fondazione Don
Gnocchi ha avviato un radicale ripensamento della propria presenza e delle proprie strategie di marketing, comunicazione e fundraising sulla rete.
Il portale - all’indirizzo www.dongnocchi.it - è stato realizzato con l’obiettivo di
Don Gnocchi di Milano e
Neurologisches Therapiezentrum di Gmundnerberg
(Austria). Questi giochi prevedono l’interazione del
paziente tramite Kinect,
uno strumento in grado di
leggere i movimenti dello
scheletro umano e, in questo caso, specificatamente degli arti superiori.
I giochi garantiscono al paziente un feedback in tempo reale
rispetto alla correttezza dei suoi movimenti e quindi una gestione ottimizzata della terapia riabilitativa.
La sessione interattiva ha visto anche la partecipazione di un
altro partner di Rehab@Home, Create-net che ha presentato i
cosiddetti “SifteoCubes games”, giochi utili per la riabilitazione
cognitiva dei pazienti e che ha proposto una discussione intorno
ad un’interfaccia clinica in fase di sviluppo per consentire ai terapisti di seguire in remoto il percorso di riabilitazione del paziente a domicilio.
■ SI CHIAMA VITAMIN (VIRTUAL REALITY PLATFORM FOR MOTOR COGNITIVE REHABILITATION), è articolato su tre anni
ed è iniziato lo scorso gennaio. La sfida è creare scenari virtuali e giochi finalizzati alla promozione di
specifici obiettivi riabilitativi, sia in ambito motorio che cognitivo, con la possibilità di raccogliere dati
quantitativi relativi ai movimenti effettuati ed estendere la riabilitazione oltre le strutture normalmente predisposte. Questo, in sintesi, il progetto della Fondazione Don Gnocchi con tecnologie Microsoft, presentato lo scorso 10 giugno in occasione del “Ngo Day. Donare è ricevere. La tecnologia abbraccia il Terzo settore”, promosso a Milano dalla stessa Microsoft Italia.
All’interno della Fondazione è in atto un grande processo di rinnovamento sul versante delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che passa innanzi tutto per la semplificazione e l’efficientamento dei processi di gestione dati, per focalizzarsi ancora di più sul duplice obiettivo strategico di
trattare casi complessi nei Centri a livelli di eccellenza e di “seguire a casa” il paziente, continuando a
supportarlo con la stessa efficacia e il minor dispendio di risorse.
Uno sforzo di rinnovamento che investe anche la clinica e la riabilitazione e il progetto Vitaminne è un
esempio. La piattaforma fornisce, sotto forma di videogioco, una serie di esercizi riabilitativi in realtà
virtuale per bambini con difficoltà motorie e/o cognitive.
La piattaforma sfrutta soluzioni Microsoft dalla raccolta delle informazioni (Kinect for Windows 2), all’adattamento in tempo reale dell’esercizio (Tablet Surface), fino alla memorizzazione ed elaborazione dei dati tramite le soluzioni Cloud ed Office 365 per la condivisione
delle informazioni.
Essendo ancora in una fase di sviluppo, i risultati scientifici e i vantaggi quantitativi del progetto sono prevedibili in un lasso di tempo di almeno 18-24 mesi. Tuttavia, la focalizzazione sul
bambino e l’ambiente che lo circonda hanno
reso questo progetto innovativo e i primi feedback che la Fondazione ha ricevuto da parte di utenti,
operatori e famiglie sono incoraggianti.
Grazie all’interoperabilità e alla scalabilità delle soluzioni Microsoft, Vitamin si interfaccia con diversi
dispositivi per permettere l’utilizzo dello stesso esercizio di riabilitazione anche a persone con patologie molto differenti. Inoltre, i servizi Cloud consentono ai terapisti e ai clinici l’acquisizione quantitativa in tempo reale dei parametri relativi al movimento del soggetto per ogni esercizio, con l’estrazione
di indici complessivi che sono disponibili e confrontabili nel tempo e a distanza.
Nel corso del “Ngo Day” - a cui hanno partecipato l’amministratore delegato di Microsoft Italia Carlo
Purassanta e il direttore Responsabilità Sociale e Progetti a sviluppo nazionale Roberta Cocco - il progetto Vitamin è stato illustrato per la Fondazione Don Gnocchi da Lucia Angelini, primario dell’U.O. di
Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’Età Evolutiva del Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano e da
Furio Gramatica, responsabile del Centro per l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico.
Le aree trasversali
Ampio spazio è dedicato allo sforzo che
la Fondazione mette in campo nel’ambito
della ricerca scientifica, della formazione
(con la possibilità di consultare l’articolato
programma di eventi formativi, anche selezionando gli stessi per regioni, per la presenza o meno di crediti Ecm e per categorie professionali) e della solidarietà internazionale.
Completano il portale una ricca sezione
dedicata alla comunicazione (news, appuntamenti, interventi, comunicati stampa, rassegna stampa, rivista e notiziario, newsletter
e panorama editoriale), alle donazioni (con
link ai minisiti delle donazioni on line, del
cinque per mille e dei lasciti testamentari) e
al volontariato.
Dall’home page è infine possibile consultare i tweet del giorno, oltre che accedere al
ricco canale istituzionale di youtube (con
decine di filmati, suddivisi per categorie, con
la Fondazione, i Centri e gli operatori protagonisti) e alla web radio “Don Gnocchi”,
gestita dai ragazzi del progetto “Tutti insieme con noi” del servizio socio educativo del
Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, dove è possibile ascoltare (e vedere in
video streaming) le trasmissioni in diretta del
palinsesto o rivedere le stesse in podcast.
La ricerca di un Cms Web semplice,
robusto, scalabile e che permettesse di estendere nel futuro la medesima soluzione anche
ad altre realtà della galassia “Don Gnocchi”
con una gestione multi-site avanzata ha portato la Fondazione, dopo un’accurata selezione, alla scelta di Atex Cms Web Polopoly.
Il sito è erogato in modalità Cloud da Atex,
permettendo un’ottimizzazione dei costi e la
massima garanzia di efficienza.
43
MISSIONE UOMO
PROGETTI
Attività
TECNOLOGIE ASSISTIVE
MILANO. Sanità e innovazione, premiata la “Don Gnocchi”
MISSIONE UOMO
Ausili: dove l’Europa
parla una sola lingua
■ SI È CONCLUSO il progetto europeo Etna
- European Thematic Network on Assistive
Information Technologies, che ha visto la
Fondazione Don Gnocchi per tre anni
capofila di una rete tematica con 23 partner
di 13 Paesi europei, tra cui prestigiosi centri di ricerca, di riabilitazione, di formazione e di informazione impegnati nel campo
delle tecnologie assistive per le persone con
disabilità.
Il risultato più evidente e tangibile del
progetto - guidato dall’ingegner Renzo
La Commissione
ha giudicato eccellenti
i risultati del progetto
triennale guidato
dalla Fondazione.
La nuova versione
del portale Eastin
Andrich del Centro per l’Innovazione e il
Trasferimento Tecnologico-Citt di Milano
della Fondazione Don Gnocchi - è la nuova versione del portale europeo degli ausili Eastin (European Assistive Technology
Information Network), già online all’indirizzo www.eastin.eu.
Grazie alle conoscenze e alle metodologie sviluppate nel corso del progetto Etna,
il portale Eastin - pur mantenendo la
sobrietà grafica che lo caratterizza come
“motore di ricerca” dedicato al mondo
LA RETE . Fondatori, soci e partner: l’associazione Eastinha coinvolto l’intero continente
■ L’ASSOCIAZIONE EASTIN è giuridicamente costituita in Italia, con sede legale a Milano.
Soci dell'associazione non sono persone fisiche, ma istituzioni leader nei vari Paesi
europei sulle tematiche della disabilità. Attualmente l’associazione comprende sette
full partner(soci ordinari, tra i quali i quattro soci fondatori) e una ventina di associate
partner (soci aggiunti), ciascuno dei quali svolge il ruolo di organismo di contatto
nazionale per la rete.
Soci fondatori:
Fondazione Don Carlo Gnocchi (Italia)
● Disabled Living Foundation (Inghilterra)
● Institut der Deutschen Wirtschaft Köln (Germania)
● The National Board of Social Services (Danimarca)
Soci ordinari:
● Flemish Agency For Persons With Disability (Belgio)
● Handicaps et Cadre de Vie (Francia)
● Vilans (Olanda)
Contatti nazionali negli altri Paesi dell’Unione Europea (associate partner):
● Adapth (Lussemburgo)
●
Astangu (Estonia)
Center for Information Society Technology (Bulgaria)
● Centre of Technical Aids for Disabled People (Lituania)
● Centro de Referencia Estatal de Autonomía Personal y Ayudas Técnicas (Spagna)
● Citizens Information Board (Irlanda)
● Czech Society of Rehabilitation and Physical Medicine (Repubblica Ceca)
● Disability Now (Grecia)
● European University - Department of Education Sciences (Cipro)
● Fundatia Alpha Transilvan? (Romania)
● Ministry of Welfare of the Republic of Latvia (Lettonia)
● National Institute for Welfare and Health (Finlandia)
● National Office for Rehabilitation and Social Affairs (Ungheria)
● Norwegian Labour and Welfare Service (Norvegia)
● Technical University of Košice (Slovacchia)
● University Rehabilitation Institute (Slovenia)
Partner esterni:
● Istituto per le Tecnologie Didattiche - CNR (Italia, Genova)
● OAEG (Grecia)
●
●
■ L’OSSERVATORIO ICT IN SANITÀ DEL POLITECNICO DI MILANO ha premiato la Fondazione Don Gnocchi per un progetto considerato tra le eccellenze nell’innovazione tecnologica nella sanità italiana.
Il premio è stato assegnato in occasione del convegno di presentazione della Ricerca 2014 dell’Osservatorio
ICT in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano nella categoria “Soluzioni per l’assistenza socio-sanitaria”. Il progetto presentato, a cui la Fondazione Don Gnocchi sta lavorando dal 2012, ha portato alla costruzione di una Piattaforma Integrata Sanitaria e Assistenziale (Pisa) per la gestione del percorso
del paziente fragile nei diversi ambiti di intervento.
Nelle motivazioni del premio - consegnato da Rossana Ugenti, direttore
generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario del ministero della
Salute, al presidente della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari, e al direttore dei Sistemi Informativi, Giuliano Pozza (nella foto) - si sottolinea «l’innovatività della soluzione che supporta i processi di accoglienza e cura su
una piattaforma unica, sia per quanto riguarda le attività sanitarie (ambulatoriali, di degenza e di riabilitazione), sia per quelle socio-assistenziali, quali RSA e Hospice».
La giuria ha inoltre rimarcato la diffusione della soluzione a diversi Centri
della Fondazione (ad oggi cinque, in Toscana, Lazio e Lombardia), con la possibilità di personalizzare per ciascun contesto regionale e socio-sanitario
(dall’Irccs riabilitativo alla Rsa) le funzionalità specifiche sulla base dei servizi erogati, oltre al modello organizzativo con cui è stata gestita l’introduzione della soluzione, che ha previsto un Comitato Guida e nuclei di avviamento e presidio locali, con un coinvolgimento rilevante dei principali key users.
Nel ritirare il premio, Pozza ha ringraziato tutti coloro che hanno collaborato al progetto, portando esperienze e competenze diverse nelle varie strutture della Fondazione. Il progetto riveste un’importanza strategica per il percorso di presa in carico globale del paziente fragile, che la “Don Gnocchi” sta perseguendo
anche con strumenti informatici innovativi a supporto della revisione dei processi e dell’organizzazione.
degli ausili - è stato completamente rinnovato nella tecnologia ed è stato arricchito
di nuove funzionalità.
Su Eastin è ora possibile effettuare
ricerche molto approfondite su tutto il
mondo degli ausili. In particolare, nel campo degli ausili informatici è possibile specificare nella ricerca caratteristiche tecniche e funzionali particolarmente importanti per l’utente che utilizzerà l’ausilio (ad
esempio, parlando di ausili software scaricabili da Internet, il sistema operativo sul
quale l’ausilio andrà installato); è possibile inoltre per un utente che abbia esperienza di un dato ausilio, dare il proprio parere e condividerlo con altri.
Il portale funziona in tutte le lingue
dell’Unione Europea (quando si va sul
sito, esso si configura automaticamente
nella lingua dell’utente); integra attual-
mente otto portali nazionali sulle tecnologie assistive (tra cui il Portale italiano Siva
della Fondazione Don Gnocchi www.portale.siva.it), due portali internazionali
tematici (tra cui anche il sito italiano
“essediquadro” http://sd2.itd.cnr.it, specializzato in tecnologie didattiche) e un
database centralizzato alimentato da centri di riferimento nazionali di tutti i Paesi
dell’Unione Europea.
È infine collegato alla community
ATIS4all (Assistive Technology and Inclusive Solutions for All), un forum interna-
45
MISSIONE UOMO
44
zionale di discussione sulle tecnologie assistive informatiche.
La valutazione del progetto da parte
della Commissione Europea, emessa dopo
l’audit finale svoltosi nelle scorse settimane a Lussemburgo, è stata ottima: «Risultati eccellenti: il progetto ha pienamente
conseguito i suoi obiettivi ed ha anche superato le aspettative».
L’intenso e costruttivo lavoro interdisciplinare di ricerca, di formazione e di
scambio di esperienze tra tutte le istituzioni partecipanti alla rete - arricchito anche
dalla collaborazione con altre reti - ha portato allo sviluppo di nuove conoscenze,
metodologie e tecniche nel campo delle
tecnologie informatiche di ausilio alla disabilità, che ogni partner ha poi provveduto a mettere a frutto nelle proprie attività e
nei propri contesti.Tutto il materiale prodotto nel corso del progetto è pubblicamente disponibile sul sito del progetto
www.etna-project.eu.
SIVA. Restyle grafico-tecnologico anche per il portale italiano
■ A DIECIANNIDALLA SUA PRIMA PUBBLICAZIONE, anche il Portale Sivasi è di recente rinnovato nella tecnologia e nella grafica, per un utilizzo più efficace, intuitivo e funzionale. La nuova versione è stata riprogettata impiegando le più
avanzate tecnologie e in conformità con i più recenti standard e le specifiche per l’accessibilità definite dal World
Wide Web Consortium. Espressione della pluridecennale esperienza del Servizio Informazione e Valutazione Ausili (Siva) della Fondazione Don Gnocchi, il Portale offre informazione, guida e orientamento sugli ausili tecnici disponibili sul mercato che possono essere utili per una migliore autonomia, qualità di vita e partecipazione nella
società delle persone disabili. Si appoggia su una rete di servizi specializzati (Centri Siva) in grado di fornire consulenze e valutazioni personalizzate per la scelta degli ausili appropriati alle esigenze della singola persona.
Nodo di questa rete è il servizio Dat (Domotica, Ausili, Terapia Occupazionale) del Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, dotato di un’ampia mostra permanente di ausili e di un appartamento domotico.
Il Portale Siva (www.portale.siva.it) offre una panoramica completa, aggiornata, dettagliata e indipendente da
interessi commerciali, delle tecnologie assistive disponibili in Italia e in Europa. In particolare si avvale di cinque
Banche Dati(ausili, aziende, centri, idee, biblioteca), di servizi interattivi(tele-sportello, vademecum, cartella personale, segnalazioni di novità) e di un’area riservata per il quotidiano aggiornamento dei dati.
Attività
RICERCA
MISSIONE UOMO
Nanomedicina e biofotonica
al servizio della riabilitazione
■ CHE COSA C’ENTRANO le nanotecnologie con la riabilitazione? E perché la “Don
Gnocchi” si sta sempre più impegnando
nel settore della nanomedicina?
Sono interrogativi leciti, specie quando
ci si imbatte in progetti o tecniche, a prima
vista apparentemente “lontani” dall’attività tradizionale più conosciuta e che alcuni ricercatori utilizzano invece quotidianamente nei sempre più numerosi e
moderni laboratori della Fondazione, attivi in parecchi Centri italiani.
Il presupposto doveroso è che la ricerca
è una dimensione costitutiva della Fondazione Don Gnocchi, voluta fin dall’inizio
dallo stesso don Carlo. «La battaglia della
scienza contro l’invasione della morte - ha
Nelle foto, momenti di attività al Laboratorio
di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (“Labion”),
attivo al Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano
Nel programma
dei finanziamenti
europei
“Horizon 2020”
l’invito a integrare
sfide sociali
e innovazione
di Furio Gramatica
responsabile Centro per l’Innovazione
e il Trasferimento Tecnologico-CITT
e Laboratorio Labion -Fondazione Don Gnocchi
scritto il “papà dei mutilatini” - costituisce
uno dei capitoli più alti e più drammatici
della storia umana».
La Fondazione è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs),
impegnato nella ricerca “traslazionale”
(cioè orientata a risolvere problemi clinici
in tempi ragionevoli). La ricerca con l’utilizzo tecnologie sofisticate quali le nanotecnologie - genericamente la manipolazione della materia a livello atomico e
molecolare - e la biofotonica - l’utilizzo
della luce per sondare la presenza di determinate sostanze in campioni biologici può sembrare assai distante dal letto del
pazienze, si direbbe quasi puramente
accademica.
Non è però così.
Una prima risposta la fornisce la Commissione Europea. È iniziato da pochi
mesi l’Ottavo Programma Quadro di
finanziamenti europei alla ricerca e all’innovazione, denominato “Horizon 2020”,
proprio perché avrà la durata di sette anni
(2014-2020) e sarà finalizzato a supportare
sia la ricerca di base di eccellenza (come
nelle scorse edizioni), ma anche e soprattutto la ricerca applicata che sfoci in innovazione, cioè in soluzioni concrete alle sfide sociali: salute, società che invecchia,
ecologia, energia...
Accanto ai pilastri delle sfide sociali e
della ricerca di eccellenza è stato inserito il
terzo pilastro della leadership industriale,
per promuovere l’alleanza tra chi - come la
Fondazione Don Gnocchi - è da sempre in
prima linea sul fronte dei bisogni, con le
idee chiare su quali siano le necessità e le
priorità e chi - come il mondo dell’industria - è invece esperto in innovazione. Sull’asse tra questi due pilastri - sfide sociali e
innovazione - la Commissione Europea ha
individuato sei “strumenti”, definiti “tecnologie abilitanti” (key enabling technologies, Ket) che dovrebbero costituire i mezzi ad oggi più avanzati per portare potenza
tecnologica al servizio delle sfide sociali.
Le sei Ket sono: nanotecnologie, fotonica, materiali avanzati, biotecnologie,
micro e nano-elettronica e sistemi manifatturieri avanzati.
Le prime quattro sono un cavallo di
battaglia dei laboratori della “Don Gnocchi” e anche la quinta è nelle corde della
Fondazione, almeno in relazione con
aziende leader in tali tecniche.
Questo permette di gettare un ponte
tra le buone idee e l’effettiva produzione di
soluzioni efficaci, in concreto di allearsi
con aziende per portare sempre più innovazione anche nel campo della sanità.
Labion, tecniche innovative
nel campo della diagnostica
Entrando più nel dettaglio della combinazione delle prime quattro Ket, va sottolineato come la Fondazione Don Gnocchi
sia attiva da almeno sette anni nel settore
della cosiddetta nano-bio-fotonica (l’agire, cioè, a livello molecolare, anche con la
luce, per rilevare o modificare sostanze
biologiche a scopo diagnostico o terapeutico).
E questo, in particolare, attraverso il
Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (“Labion”), attivo al Centro
Irccs “S. Maria Nascente” di Milano.
Il programma strategico del “Labion”
prevede una fase pluriennale - appena terminata - finalizzata alla messa a punto del
laboratorio stesso (attrezzature di eccellenza e personale specializzato) e delle
sofisticate tecniche di analisi che le attrezzature permettono di attuare.
Per poter raggiungere gli obiettivi della
prima fase, il “Labion” si è concentrato
sulla metodologia, più che sulle patologie
bersaglio, agendo in particolare su problematiche connesse all’oncologia e alla diagnostica, che hanno costituito un ottimo
“campo di allenamento” per lo sviluppo di
tecniche innovative, con finanziamenti di
ricerca su bandi nazionali e internazionali per oltre due milioni di euro.
Ora, con la necessaria confidenza
acquisita con le metodiche di analisi, è previsto lo spostamento su patologie di inte-
■ ANCHE LA FONDAZIONE DON GNOCCHI ha partecipato nei mesi scorsi al “Nano World
Cancer Day”, evento satellite del World Cancer Day svoltosi simultaneamente in 13
Paesi europei, ospitato in Italia dall’Istituto Nazionale dei Tumori, presenti - tra gli altri il direttore scientifico dell’Istituto Marco Pierotti e l’assessore delle Attività produttive, Ricerca e Innovazione della Regione Lombardia, Mario Melazzini.
L'iniziativa della Piattaforma Europea di Nanomedicina è stata un’opportunità unica per far crescere la conoscenza e le potenzialità della nanomedicina nella lotta contro il cancro, dalla diagnosi alla cura, grazie alla presenza dei maggiori esperti del settore. La Piattaforma Europea di Nanomedicina (Etpn) nasce nel 2005 come
iniziativa guidata dall'industria e Istituti di ricerca. La Fondazione Don Gnocchi è tra gli enti fondatori con il
Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica, diretto da Furio Gramatica. Nel corso dell’evento è stato
illustrato come la nanomedicina possieda le potenzialità per migliorare drasticamente la prevenzione, la diagnosi (diagnosi precoce), il trattamento e il monitoraggio di molte malattie, incluso il cancro.
resse “core” non solo per la Fondazione,
ma anche a livello nazionale, correlate alla
prevenzione e alla misura di outcome dell’azione riabilitativa in malattie croniche
e/o degenerative.
A tal scopo il “Labion” sta allargando il
network scientifico e di policy making
costruito negli scorsi anni ad attori internazionali già impegnati in tal senso. Questo avviene anche grazie alla partecipazione a livello apicale (nell’executive board)
nella Piattaforma Europea di Nanomedicina, un organo consultivo della Commis-
sione Europea per questa disciplina emergente, dove istituzioni normative, politiche, di ricerca e industriali si incontrano
per stendere le linee programmatiche sul
tema, da proporre alla Commissione
Europea per i prossimi anni.
Con sessant’anni di storia e attività alle
spalle, l’opera di don Gnocchi insegue
ancora e con passione i bisogni di chi è più
fragile, mettendo anche la potenza delle
tecniche più avanzate a disposizione di chi
è impegnato ogni giorno accanto e al servizio della vita.
EUROPA. Fondi e programmi dedicati all’innovazione
■ NELLE SCORSE SETTIMANE una delegazione della Fondazione Don Gnocchi ha incontrato il professor Fabio
Donato, docente dell’Università di Ferrara e delegato nazionale al Comitato di Programma Europeo di Horizon2020per la priorità “Europe in a Changing World – Inclusive, Innovative and Reflective Societies”. L’incontro aveva lo scopo di approfondire la tematica dei fondi e dei programmi europei dedicati all’innovazione, che oggi prevedono, oltre a Horizon2020, anche altri fondi strutturali - di provenienza europea, ma
gestiti dalle regioni - con finalità specifiche quali ricerca, innovazione tecnologica, efficienza energetica,
messe a norma ed altro ancora. Tali fondi possono essere anche integrati con finanziamenti ottenuti su
Horizon2020. La Fondazione Don Gnocchi ha voluto così approfondire maggiormente gli argomenti legati
alla conoscenza dei meccanismi istituzionali europei di finanziamento e le possibilità offerte dai vigenti
programmi sull’innovazione.
Sul tema, va segnalato anche l’incontro promosso da Fondazione Cariplo - con la partecipazione, tra gli
altri, dello stesso professor Donato e dell’europarlamentare Patrizia Toia - allo scopo di tracciare un quadro completo delle opportunità a disposizione del privato sociale per il perseguimento del bene comune.
Il non profit e l’imprenditoria sociale possono infatti svolgere un ruolo sempre più strategico per trovare
strade innovative che permettano di andare oltre la crisi.
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MISSIONE UOMO
EVENTO. La nanomedicinacontro il cancro
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Attività
ORGANIZZAZIONE. Ricostituito il Comitato tecnico-scientifico
MISSIONE UOMO
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La maglietta “MagIC”
con Samantha nello spazio
L’astronauta italiana
utilizzerà l’indumento
a sensori indossabili
frutto della ricerca
della “Don Gnocchi”
nella missione
che partirà a dicembre
■ LA MAGLIETTA “MAGIC”, frutto della
ricerca sviluppata negli ultimi anni dalla
Fondazione Don Gnocchi, sarà protagonista di una serie di esperimenti che
vedranno protagonista Samantha Cristoforetti, astronauta italiana dell’Esa, nel
corso della sua prossima missione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, in programma dal prossimo mese di
dicembre fino al mese di febbraio del
prossimo anno.
Gli esperimenti di cui si occuperà l’astronauta fanno parte del progetto denominato “Wearable monitoring”, di cui è
responsabile l’ingegner Marco Di Rien-
MILANO. Borsa di studio Axaper la ricerca sull’Alzheimer
■ PROSEGUE LA PARTNERSHIP tra Axa Assicurazioni e la Fondazione Don Gnocchi. La compagnia assicuratrice ha promosso un’iniziativa diretta a finanziare una borsa di studio per la ricerca sul morbo di Alzheimer, che in Italia colpisce 600 mila persone. La borsa di studio del valore di 25mila euro è finanziata attraverso la donazione da parte di Axa
di 5 euro per ogni polizza vita (“Semplicemente Vita”), o per ogni polizza Long Term Care contro i rischi legati alla
non autosufficienza (“MiAutonomia”), sottoscritta durante i mesi di maggio e giugno, fino al raggiungimento del
valore previsto. L’obiettivo della borsa di studio è quello di potenziare la ricerca che la “Don Gnocchi” sta portando
avanti nell’ambito dello sviluppo di metodi innovativi di rilevazione di biomarcatori molecolari, sentinelle di uno
stato di malattia. Una rilevazione precoce dei biomarcatori permette un monitoraggio più oggettivo dell’evoluzione della malattia, perché consentie ai pazienti affetti da Alzheimer di iniziare una terapia farmacologica prima che
le funzioni celebrali siano definitivamente compromesse.
La borsa di studio sarà assegnata a un giovane ricercatore che opererà sotto la guida dei responsabili del Laboratorio di Biofotonica Clinica e Nanomedicina (Labion), attivo all'interno del Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, protagonista negli ultimi anni di importanti progetti di ricerca nazionali e internazionali.
In alto a sinistra, l’astronauta italia dell’Esa Samantha
Cristoforetti. Qui sopra, la maglietta sensorizzata MagIC,
frutto della ricerca sviluppata in Fondazione Don Gnocchi
■ È STATO RICOSTITUITO, per il triennio 2014-2016, il Comitato tecnico-scientifico della Fondazione, l’organismo - presieduto dal direttore scientifico - che ha la responsabilità della programmazione e del
coordinamento dell’attività di ricerca nei vari Centri.
Nel fanno parte, in qualità di componenti interni alla Fondazione:
● Paolo Mocarelli, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi
● Mario Clerici, direttore scientifico del presidio Irccs “S. Maria Nascente” di Milano
● Gianfranco Gensini, direttore scientifico del presidio Irccs “Don Carlo Gnocchi” di Firenze
● Luca Padua, referente scientifico dei Centri di Roma
● Marco Triulzi, direttore sanitario del presidio Irccs “S. Maria Nascente” di Milano
● Anna Mazzucchi, responsabile “Rete Gravi Cerebrolesioni Acquisite” della Fondazione Don Gnocchi
● Stefano Negrini, responsabile Cattedra Medicina Fisica e Riabilitativa Università di Brescia c/o Centro “Spalenza-Don Gnocchi” di Rovato (Bs)
Componenti esterni a livello nazionale:
● Alessandro Padovani, esperto in Neurologia
● Raffaele Gimigliano, esperto in Fisiatria
● Marco Trabucchi, esperto in Geriatria e Psichiatria
● Sergio Cerutti, esperto in Bioingegneria
● Alberto De Negri, esperto in Economia Sanitaria
● Carla Collicelli, vice direttore generale del Censis
● Marcello Massimini, esperto in Neurofisiologia e relative tecnologie
Componenti esterni a livello internazionale:
● Emilio Bizzi, esperto in Neurofisiologia
zo, coordinatore del Laboratorio di
Ricerca Cardiovascolare e del Laboratorio per lo Sviluppo dei Sensori Indossabili e Telemedicina del Centro Irccs “S.
Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi.
Il progetto ha obiettivi scientifici e tecnologici.
L’obiettivo scientifico è approfondire
la conoscenza sui meccanismi fisiologici
del sonno in microgravità. La tematica è
importante, poiché in questo particolare
ambiente la qualità del sonno è ridotta e
questo può portare ad una diminuzione
dell’attenzione e della vigilanza durante
le attività in veglia degli astronauti.
L’obiettivo tecnologico è di validare
un dispositivo basato su tecnologia tessile, che permetta la rilevazione semplificata e confortevole di segnali biologici
(elettrocardiogramma, respiro, temperatura, indici di meccanica cardiaca)
durante il sonno in microgravità.
Il sistema sviluppato dalla Fondazione
Don Gnocchi è composto da una
Maglietta Sensorizzata, derivata dalla
maglietta “MagIC”, contenente sensori
tessili per la rilevazione dell’elettrocardiogramma e del respiro, un’Unità Elettronica Portatile (Peu) per la raccolta dei
dati e la misura delle vibrazioni cardiache
(da cui estrarre gli indici di meccanica
cardiaca), un termometro esterno per la
misurazione della temperatura cutanea e
una Unità Batterie (Bu) necessaria all’a-
Paolo Mocarelli
Marco Di Rienzo
limentazione del dispositivo.
Il protocollo dell’esperimento nello spazio prevede che l’astronauta
indossi
la
maglietta sensorizzata
prima di dormire, col-
49
leghi la Peu e l'Unità Batterie alla maglietta e attivi il monitoraggio. Il sistema registrerà in questo modo i parametri biologici dell’astronauta durante tutto il periodo
di sonno.
Al risveglio, i dati memorizzati verranno trasferiti sul computer di bordo per la
trasmissione a terra, dove saranno effettuate le successive analisi.
Per gli aspetti biologici, le attività sono
svolte in collaborazione con il team di cardiologi dell’Istituto Auxologico Italiano,
sotto la direzione del professor Gianfranco Parati.
Le ricadute “a terra”
sui disturbi del sonno
I risultati di questi esperimenti potranno avere anche interessanti ricadute “a terra”. Nel mondo occidentale, infatti, circa
una persona su quattro soffre di disturbi
del sonno, non sempre ben compresi. Gli
aspetti conoscitivi di questo progetto possono contribuire alla comprensione dei
meccanismi fisiopatologici che caratterizzano il sonno a terra.
Inoltre, il dispositivo di monitoraggio
sviluppato per questo progetto è caratterizzato da una estrema facilità d’uso e
potrebbe quindi essere facilmente utilizzato a terra per la diagnosi remota dei disturbi del sonno direttamente dal domicilio del paziente, nell’ambito di servizi di
telemedicina.
MILANO. Evoluzione dei genie infezioni, pubblicato lo studio
■ LA RIVISTA “PLOS GENETICS”ha pubblicato uno studio nato dalla collaborazione tra il Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi, l’Irccs “Eugenio
Medea”, l’Università degli Studi di Milanoe l’Università di Milano Bicocca che analizza la
storia evolutiva dei geni essenziali per la risposta alle infezioni.
Le malattie infettive sono state una delle principali cause di morte durante l’intera storia
evolutiva dell’uomo. Basti pensare alle epidemie avvenute in passato, quali la peste bubbonica e l’influenza spagnola o, in tempi piu recenti, all’epidemia di Hiv. Le infezioni hanno
insomma rappresentato un’importante pressione selettiva, agendo come setaccio che
consente la sopravvivenza e la possibilità di riprodursi solo ai più adatti (geneticamente) a
rispondervi. La selezione naturale lascia però delle “impronte”, che possono essere identi- Mario Clerici
ficate attraverso metodiche di evoluzione molecolare. Identificare tali impronte, significa comprendere quali geni e varianti siano stati selezionati per meglio rispondere ad una o più infezioni. I ricercatori hanno cercato le “impronte” lasciate dalla selezione naturale in geni che cooperano a un processo noto come
presentazione dell’antigene, che è la fase iniziale della risposta immune.
«Queste analisi - spiega il professor Mario Clerici, direttore scientifico dell’Irccs “S. Maria Nascente” della Fondazione Don Gnocchi - possono aiutarci a isolare nuove varianti genetiche che predispongano o proteggano da specifici patogeni. Ad esempio, lo studio ci ha consentito di identificare una variante che causa una variazione aminoacidica in una proteina e di dimostrare come tale variante protegga dall’infezione da Hiv».
La storia della nostra specie è scritta anche nel nostro genoma; saperla leggere può aiutarci a comprendere come
abbiamo combattuto i nostri peggiori nemici, chi sia oggi più vulnerabile ad alcune malattie e quali siano i migliori
bersagli molecolari per lo sviluppo di nuove terapie.
MISSIONE UOMO
RICERCA
Attività
RICERCA
51
Gambe... bioniche
per pazienti amputati
Dispositivo pelvico
e protesi robotizzata
per restituire
la facoltà di camminare.
All’Irccs di Firenze
test e verifiche
con i partner europei
di Damiano Gornati
■ È PROPRIO IL CASO di dire che procede
con passo veloce il Progetto Cyberlegs per
la realizzazione di un sistema robotico per
pazienti amputati per cause vascolari agli
arti inferiori (a livello trans-femorale).
Nelle scorse settimane, al Centro Irccs
“Don Carlo Gnocchi” di Firenze si è svolta la riunione annuale di verifica, presenti
i rappresentanti di tutti gli enti coinvolti,
compresa la Commissione Europea, che
ha finanziato il progetto. È stata l’occasione per fare il punto della situazione, con-
dividere i passi fin qui compiuti e mettere
a confronto tutti i partecipanti al progetto: la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
(capofila), l’Università di Lubiana (Slovenia), l’Università Cattolica di Louvain
(Belgio), la Libera Università di Bruxelles
e la Fondazione Don Gnocchi, segnatamente l’Irccs di Firenze. Erano presenti
Mariusz Baldyga della Commissione
Europea e i project reviewers Brian Davies
e Owen Holland; coordinatore del progetto è Nicola Vitiello, della Scuola Sant’Anna. Erano presenti per la Fondazione
Don Gnocchi Raffaele Molino Lova,
Federica Vannetti, Guido Pasquini e
Michela Meneghetti.
Il Progetto Cyberlegs si pone l’ambizioso obiettivo di restituire a pazienti
amputati, in particolare anziani che presentano un quadro clinico generalmente
compromesso e debilitato, la capacità di
camminare, con un basso dispendio di
energia, attraverso due dispositivi integrati: una protesi robotizzata che sostituisce
l’arto amputato e un’ortesi pelvica,
anch’essa robotizzata che, collegata ad
entrambi gli arti, aiuta il movimento e facilita il cammino.
È proprio in questo dispositivo pelvico
e nella sua integrazione con la gamba artificiale che sta l’elemento più innovativo: si
tratta di una sorta di “tutore attivo”, che
una volta sviluppato dopo la fase sperimentale, avrà l’aspetto di un paio di pantaloni facili da indossare e di una sorta di zainetto, che aiuterà nella fase di spinta, age-
Nelle foto, alcuni momenti dell’incontro di verifica tra i
partner del progetto e i rappresentanti della Commissione
Europea , svoltosi al’Irccs “Don Gnocchi” di Firenze
volando il movimento delle gambe. Negli
ultimi mesi, dopo lo sviluppo di diversi
modelli, i gruppi di lavoro si sono focalizzati sull’integrazione dei risultati raggiunti nei diversi ambiti: in Belgio è stata messa a punto la protesi, in Italia il modulo pelvico e un complesso sistema di decodifica
e gestione delle “intenzioni di movimento” del paziente, con un sistema di prevenzione delle cadute, capace di decodificare
in 300 millisecondi una situazione di
rischio e di correggere la camminata.
Trattandosi di pazienti amputati e in
età avanzata, è facile immaginare quanto
potrebbe essere pericolosa una banale
caduta. Per questo, si è lavorato sulla
“Piattaforma Senly”, una piattaforma
robotica per la valutazione del controllo
dell’equilibrio, allestita proprio presso il
Centro Irccs “Don Gnocchi” di Firenze,
con la funzione di provocare e studiare le
cadute.
Le sensazioni del cammino
Un altro sistema in fase di sperimentazione è lo sviluppo di una serie di sensori
per trasmettere al paziente le sensazioni
del cammino: si tratta di stimoli che una
persona normodotata prova, senza farci
caso, nel poggiare il piede a terra e che
sono estremamente importanti per gestire
il movimento, controllarlo e rendere più
armonica la camminata. Questi stimoli,
che il nostro cervello riceve dalla pianta
dei piedi, saranno trasmesse all’addome
del paziente, il quale potrà rendersi conto
se sta poggiando bene a terra il piede (artificiale) e quindi regolare il movimento in
modo più sicuro e meno dispendioso dal
punto di vista energetico.
E a proposito della grande incognita
del dispendio energetico, i test condotti
nei mesi scorsi hanno messo in evidenza,
sia su soggetti sani ma soprattutto su soggetti amputati, che il consumo energetico,
misurato durante il six-minute walk test,
risulta sensibilmente ridotto indossando il
modulo pelvico. In altre parole, il paziente amputato farà meno fatica a camminare. Questo sarà ancora più evidente,
quando tutto sarà miniaturizzato e reso
più leggero e agevole da indossare, quasi
come una normale tuta.
Nel frattempo, continua lo studio per
semplificare i dispositivi tecnologici, per
ridurre il più possibile il cosiddetto “sforzo cognitivo” da parte di chi un giorno
indosserà l’apparato, proprio per non scoraggiarne l’utilizzo.
In tutto questo, è particolarmente rilevante il ruolo della Fondazione Don
Gnocchi: alcuni mesi fa, proprio presso la
struttura di Firenze, è stato inaugurato il
“MARe Lab”, il Laboratorio congiunto
di biorobotica assistita, in collaborazione
con la Scuola Sant’Anna di Pisa, che è una
sorta di quartier generale di Cyberlegs e la
sede unica a cui afferiscono tutti gli studi
e i contributi scientifici e tecnologici per
essere sottoposti a test di valutazione.
Il Progetto Cyberlegs, partito nel febbraio 2012, si concluderà a fine gennaio
del prossimo anno.
FIRENZE. Neuroscienze e neuroriabilitazione
■ IL CENTRO IRCCS “DON CARLO GNOCCHI” DI FIRENZE ospiterà dal 26 al 29 novembre prossimi i
lavori del 22esimo Congresso nazionale della Società Italiana di Psicofisiologia, che avrà
titolo “Dalle Neuroscienze di base alla Neuroriabilitazione”. Sarà un momento fondamentale per specialisti ed esperti nazionali e internazionali delle neuroscienze di base per
fare il punto della situazione e presentare gli ultimi sviluppi relativi alla neuroriabilitazione, in un contesto nel quale la ricerca clinica dimostra che i soggetti con lesione del sistema nervoso centrale hanno un grande potenziale di recupero e alla luce del forte impulso dato negli ultimi anni allo sviluppo di strategie terapeutiche innovative.
Informazioni: tel. 055 7393726-5; email: [email protected].
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attività
TEATRO SOCIALE
FORMAZIONE
53
Consolidamento e innovazione
nella proposta formativa 2014
■ «L’ESSENZA DELL’OTTIMISMO non è
soltanto guardare al di là della situazione
presente, ma è una forza vitale, la forza di
sperare quando gli altri si rassegnano, la forza
di tenere alta la testa quando sembra che tutto
fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi;
una forza che non lascia mai il futuro agli
avversari, il futuro lo rivendica a sé».
Sono le parole di Dietrich Bonhoeffer,
teologo tedesco della Chiesa Luterana, strenuo e attivo oppositore del nazismo, impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg a pochi giorni dalla fine della
seconda guerra mondiale, ad accompagnare la ricca e variegata proposta formativa
della Fondazione Don Gnocchi per l’anno
in corso.
Sul versante interno, l’offerta complessiva del Piano di Formazione Continua della
Fondazione muove dalla necessità, opportunità e volontà di coniugare il mantenimento e consolidamento delle competenze
fondamentali per lo svolgimento delle attività “core”, l’acquisizione di tecniche specialistiche innovative orientate anche alle
nuove tipologie di utenza, il miglioramento
dell’agire relazionale e comunicativo nei
confronti del paziente, con gli orientamenti per la salute definiti dalle macro tendenze
di sistema, oltre che dalla programmazione
sanitaria nazionale: l’invecchiamento della
popolazione (cronicità/prevenzione), l’incidenza delle patologie tumorali e delle
patologie cardio-respiratorie, l’aumento
della non autosufficienza nella popolazione
anziana e l’incremento delle malattie degenerative e irreversibili.
Il Piano comprende ben 189 eventi, di
cui 107 con accreditamento Ecm, per 442
edizioni complessive (245 con Ecm).
Sul versante dei contenuti, prosegue lo
sforzo sul tema della sicurezza negli
ambienti e nei luoghi di lavoro, con un
numero di corsi che rappresentano quasi il
20% dell’intero piano formativo.
Da sottolineare anche il numero importante di corsi sul tema della sicurezza del
paziente (primo soccorso, BLS e BLSD),
per consentire sempre più e sempre meglio
agli operatori di far fronte agli eventi
improvvisi nella gestione il paziente con
patologie croniche. Il miglioramento delle
condizioni sociosanitarie, l’aumento della
sopravvivenza a condizioni cliniche un tem-
Sul versante interno
il Piano comprende
189 eventi (107 con Ecm)
Sul fronte esterno,
la novità delle proposte
per il welfare aziendale.
Con un occhio all’Expo
di Gianbattista Martinelli
Direttore Area Formazione
Fondazione Don Gnocchi
po fatali e l’invecchiamento della
popolazione hanno infatti portato a
una
profonda
modificazione dell’assistenza, con un
progressivo incremento delle malattie ad andamento
cronico,
spesso
presenti contemporaneamente nello stesso individuo.
«È il capitale umano a costituire il vero e
proprio motore dell’innovazione, sono le persone a fare la differenza - scrive il presidente
della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari, nell’introduzione al Catalogo con l’offerta formativa 2014 -. È quindi indispensabile rinnovarsi costantemente sia nel fornire
un contributo concreto ed efficace alla crescente domanda di formazione degli operatori, che nell’adoperarsi per rinvigorire il loro
senso di appartenenza e identificazione».
Università e luoghi di lavoro
Sul versante esterno, sono ormai consolidati i rapporti con l’Università agli Studi
di Milano per la gestione dei corsi di laurea
di infermieristica, educazione professionale, fisioterapia, terapia occupazionale, logopedia e terapia della neuro psicomotricità
dell’età evolutiva, con oltre 550 studenti
che frequentano le sedi della Fondazione.
Le novità sono rappresentate dalle proposte di formazione continua per le aree
della sanità, della riabilitazione, dei servizi
socioeducativi, della scuola, delle aziende e
su alcuni temi trasversali come l’informatica, la sicurezza e la cultura organizzativa.
Per i temi legati alla prossimità e alla cura
delle persone fragili, sono disponibili proposte che, attraverso il ripensamento delle
modalità assistenziali, intendono innovare i
percorsi di cura, sempre più individualizzati e in grado di rispondere ai bisogni della
vita quotidiana.
Questo favorisce la presa in carico nel
lungo termine, garantendo la continuità
assistenziale ospedale-territorio, l’integrazione degli interventi sociosanitari, favorendo il mantenimento del paziente il più a lungo possibile nel proprio ambiente di vita.
Per le aziende il nuovo bisogno che si
vuole interpretare è quello del welfare, dove
la proposta che la Fondazione fa ai “luoghi
del lavoro” è in linea con l’attenzione globale alla persona che da sempre caratterizza la
propria storia e la propria mission.
Da tempo le istituzioni sanitarie a livello
nazionale pongono particolare attenzione
allo sviluppo dei corretti stili di vita nei luoghi di lavoro e nella scuola, con l’intento di
creare ambienti favorevoli alla salute e al
fine di prevenire patologie cronico-degenerative.
Regione Lombardia, ad esempio, ha
messo a sistema “programmi di comunità”
per le aziende che promuovono salute “rete Workplace Health Promotion Lombardia (WHP)” - che attivano la Responsabilità
Sociale di Impresa su azioni evidence based
legate ai seguenti temi: alimentazione,
fumo, attività fisica, mobilità, alcol, e più in
generale benessere anche attraverso la conciliazione casa-lavoro.
Tra questi l’educazione alimentare, pur
se oggetto di attenzione già da tempo, assume oggi più che mai un ruolo di particolare
rilievo, soprattutto in un’ottica di prevenzione e di sostenibilità globale, tanto da
essere tra i temi centrali di Expo 2015.
Di qui l’idea di un percorso modulare di
educazione che accompagni le persone che
lavorano nell’evidenza delle buone pratiche relative alla postura, al movimento,
all’alimentazione e all’utilizzo della voce,
all’esplorazione del proprio corpo, con l’obiettivo ultimo di ritrovare energia e il giusto equilibrio tra i diversi ambiti di vita.
Quattro i percorsi individuati: back
school (per fornire le principali linee guida
per la prevenzione, il contenimento e la
risoluzione delle disfunzioni posturali), le
dinamiche dell’energia (per il raggiungimento di un equilibrio
psico-fisico dove corpo e
mente collaborano al fine
di ottimizzare le proprie
potenzialità), il cibo come
espressione e fatto culturale (per favorire una sana
ed equilibrata alimentazione e per valorizzare la conoscenza delle tradizioni alimentari come elementi culturali ed etnici per generare
reciprocità ed integrazione)
e l’utilizzo efficace della voce
(per ottenere una “voce
sana”, in grado di non alterarsi e che dopo
uno sforzo recupera spontaneamente l’efficacia con il riposo vocale).
Spazi e luoghi di incontri
Nuove proposte, che nascono dunque
all’insegna dell’innovazione e dell’ottimismo, inteso come quell’atteggiamento realista e al tempo stesso generativo di possibilità e opportunità.
La formazione si propone allora come
spazio e luogo dell’incontro con l’altro, collega di lavoro, paziente, utente o studente,
perché il pensiero, così condiviso, generi
innovazione, lo sguardo si accenda di luce
ed il cuore di compassione.
Ci sono ambiti in cui è necessario portare la formazione, farla e non semplicemente proporla come “possibilità”: perché è solo attraverso la formazione che
possiamo coltivare e diffondere quell’ottimismo inquieto, condito dal sano realismo e dalla fiducia, per trasformare le
cose e per ridare alla vita una delle sue
ragioni più profonde.
Grease, successo strepitoso per gli allievi del CeFos
e gli studentidel corso di educazione professionale
■ SI SCRIVE “TEATRO SOCIALE”, ma si legge “gioia, riconoscenza, commozione”. Sono infatti questi i sentimenti che hanno accompagnato, lo scorso 23 maggio, nel
teatro della parrocchia Madonna della Fede, nel
Quartiere degli Olmi di Milano, la messa in scena del
musical “Grease”, realizzato dai ragazzi disabili del
Centro di Formazione, Orientamento e Sviluppo
(CeFOS) della Fondazione, con gli studenti del corso
di laurea in Educazione Professionale, esempio del
rinnovamento dei percorsi didattici anche nella consolidata attività di formazione professionale “Don
Gnocchi” per ragazzi e adolescenti con disabilità.
Il “teatro sociale” è una forma espressiva che si realizza al di fuori dei contesti teatrali tradizionali, nell’incontro con le aree del disagio, come la disabilità, il
disagio mentale, il carcere, le dipendenze. La finalità
che accomuna le diverse esperienze è la creazione,
attraverso un’esperienza laboratoriale, di spazi e di
momenti in cui gli utenti, guidati e sostenuti da professionisti d’aiuto, hanno la possibilità di esprimere
la propria creatività, le proprie potenzialità, le proprie emozioni e i vissuti personali.
In questa esperienza della Fondazione Don Gnocchi
è emersa la specificità educativa della proposta,
riconducendo “Grease” ad un progetto di formazione, integrazione e di crescita personale dei giovani
allievi del Cefos.
Durante la rappresentazione teatrale, ciascuno, con
notevole passione ed impegno, divenendo attore e
superando i confini della propria condizione di disabilità, ha saputo valorizzare la propria originalità
espressiva, scoprendo nuove possibilità di relazione.
Lo spettacolo, realizzato attraverso una forma di
comunicazione diretta e immediata con il pubblico,
è divenuto, inoltre, un’occasione di dialogo sociale,
attraverso il quale i giovani attori hanno saputo creare un’atmosfera unica, rappresentando sul palco l’America degli anni ’50, dove, a ritmo di rock’n’roll, pri-
meggiavano i giubbotti di pelle e le gonne a ruota, i
costumi delle cheerleaders e i ciuffi alla brillantina.
Il cast è stato ammirato da un pubblico numeroso,
composto da oltre 500 persone tra giovani e adulti
della comunità parrocchiale, famiglie degli allievi,
colleghi della Fondazione Don Gnocchi e studenti,
futuri educatori professionali. L’energia contagiosa
che i protagonisti hanno saputo trasmettere dal palco ha coinvolto tutta la platea, che si è lasciata trasportare anche dai ritmi incalzanti della colonna
sonora: gli applausi del pubblico hanno scandito tutta la serata, rinforzando l’entusiasmo degli attori.
Il teatro, oltre ad uno spazio di divertimento, è divenuto così un’occasione di integrazione, che ha permesso ai non addetti ai lavori di entrare nel mondo
della disabilità con uno sguardo differente, di andare
oltre gli stereotipi e i pregiudizi che talvolta caratterizzano la nostra cultura, riconoscendo in questi giovani straordinarie risorse e potenzialità.
Per gli studenti del corso in Educazione Professionale è stata un’esperienza formativa, che ha permesso
loro di apprendere sul campo come elaborare un
progetto di intervento teatrale in ambito educativo,
accompagnando i giovani attori nella costruzione
della rappresentazione teatrale.
Molti tra i loro professori, che hanno assistito allo
spettacolo hanno così potuto apprezzare, oltre alle
qualità artistiche, la messa in scena di una nascente
professionalità educativa: anche attraverso la formazione universitaria ricevuta, questa esperienza
teatrale, nel suo processo ideativo e realizzativo, è
divenuta occasione educativa e luogo di apprendimento condiviso.
Ora nuove prospettive si aprono per i giovani attori:
è in preparazione un documentario che nel mese di
ottobre parteciperà al Festival del Cinema Nuovo di
Gorgonzola, importante rassegna internazionale di
cortometraggi interpretati da persone con disabilità.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
52
Attività
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
Il grazie di Asmad e Issam:
«Non vi dimenticheremo mai»
■ SONO ARRIVATI all’Istituto Palazzolo una
tarda sera di maggio. I volti segnati dalla
stanchezza e dalla fatica, i passi timidi di chi
sa di dover chiedere e la dignità di chi vorrebbe dare il minor disturbo possibile, il sorriso ad accogliere finalmente una mano amica e gli occhi accesi di speranza, perché dopo
tanta paura, ora forse il futuro ha i contorni
di un vita possibile e serena.
I due coniugi non perdono di vista i cinque figli, accanto a loro il cognato tiene a
bada altri tre bambini. È un piccolo clan
familiare, sopravvissuto a chissà quali odissee, in fuga da chissà quanto da quel che
resta di una casa e di un’esistenza felice
distrutta dalla guerra. È difficile capire che
significa possedere solo quel che si ha
addosso e poco più.
In attesa di poter offrire qualcosa di più
sostanzioso, data l’ora tarda, sorseggiano un
po’ di thè caldo e biscotti, quasi fosse la
miglior cena che si potesse servire loro.
Eppure il capofamiglia è un affermato chirurgo. Il cognato un ristoratore. Alcuni parlano un po’ di inglese. Ma bastano pochi termini e qualche gesto, per farsi capire anche
La riconoscenza
dei profughi siriani
temporaneamente
accolti all’Istituto
“Palazzolo” di Milano.
La solidarietà di ospiti
dipendenti e volontari
di Claudia Dorini
da chi parla solo l’arabo. Ringraziano. Ringraziano in continuazione. Ogni gesto, ogni
pur piccola attenzione sembra sorprenderli. Così con calma e attenzione - e soltanto
loro sanno l’angoscia che ha sfinito i loro
corpi - aspettano le indicazioni degli operatori per l’assegnazione delle camere. Ora
sanno di essere in buone mani.
Dalle tasche spuntano allora alcune foto
spiegazzate, miracolosamente rimaste intat-
te. Sono flash che raccontano di un passato
che non tornerà e che sopravvive solo nei
ricordi: case normali distrutte dalle bombe,
vite normali spezzate dall’odio, famiglie
normali costrette alla fuga. Ma ora lì, nei
corridoi del convitto dell’Istituto “Palazzolo” di Milano della Fondazione Don Gnocchi, la speranza è finalmente qualcosa di più
di un lumicino. Il peggio è alle spalle. Il futuro è un viaggio che prosegue verso la vita
nuova. In Danimarca altri parenti li attendono. È lì che sono diretti.
Donne in gravidanza e bambini
Quella del chirurgo e del cognato ristoratore è solo una delle tante famiglie che da
alcune settimane la Fondazione sta accogliendo all’Istituto “Palazzolo” di Milano,
in risposta alla richiesta di prefettura e
amministrazione comunale per la gestione
dell’emergenza umanitaria dei profughi in
fuga dalla Siria.
Famiglie numerose, per lo più appartenenti al ceto medio, con bambini anche piccoli, in transito in Italia via Mediterraneo,
dopo un lungo viaggio attraverso Egitto,
Nelle fotografie di queste pagine, l’attività di accoglienza
dei profughi siriani all’Istituto “Palazzolo” di Milano. Sopra,
uno dei biglietti di ringraziamento lasciati alla ripartenza
MISSIONE UOMO
55
Attività
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
BIRMANIA. Incaricata da San Suu Kyi in visita alla Fondazione
MISSIONE UOMO
56
Dall’Ecuadoralla Sierra Leone,
i racconti di Jenny, Alessandroe Antonio
■ UNA SERATA DI CANTI dal mondo per promuovere l’attività di solidarietà internazionale della “Don Gnocchi”. Tre suggestive testimonianze di operatori della
Fondazione si sono infatti intervallate a brani etnici e
gospel proposti lo scorso 16 maggio al Santuario del
beato don Gnocchi di Milano dalla corale “Ensemble
vocale milanese”, diretta da Carlo Pozzoli.
Eccone alcuni stralci.
Jenny, Ecuador. Sono fisioterapista al Centro “Ronzoni Villa” di Seregno (Mb).Sono di Bogotà, in Colombia. La mia prima esperienza in una missione internazionale è stata in Etiopia, accanto a bambini con
tubercolosi ossea. Poi sono stata in Ecuador, dove ho
lavorato con bambini disabili. Infine, l’anno scorso,
sono tornata in Ecuador per la Fondazione Don
Gnocchi. Ho lavorato due mesi a San Lorenzo, nella
regione di Esmeraldas, il posto più bisognoso e povero di una nazione che è tra le più povere dell’America
Latina.
La giornata in Ecuador iniziava al mattino nella scuola per bambini disabili coordinata da suor Maria. La
Fondazione sostiene questa struttura nelle attività di
riabilitazione e di inclusione sociale dei disabili e nella formazione del personale. All’interno del reparto
di fisioterapia ci sono numerosi bambini con paresi
cerebrali e disabilità varie, oltre a molti adulti con
disabilità causate in gran parte da incidenti stradali. E
poi ci sono tanti adulti con ictus provocati probabilmente anche dalla cattiva alimentazione…
In Ecuador ho vissuto un’esperienza impegnativa, ma
molto interessante per la mia professione. Mi sono
impegnata nel mio lavoro, ma ho anche ricevuto tanto. Posso dire di aver trovato lì la mia terza casa, dopo
la Colombia e l’Italia… Quello che mi aspetto ogni
giorno, quando lavoro in ambulatorio, è che ogni
persona che viene da me si porti via qualcosa di bello
di tutto quello che ho imparato, della mia esperienza
e capacità, di tutti i viaggi che ho fatto, di tutta la gente che ho visto. Insomma, che ogni persona si senta
accolta e si senta considerata unica, non un semplice
paziente o un numero.
Alessandro, Sierra Leone. Mi sono recato a Makeni
per realizzare un progetto informatico a beneficio
del Centro riabilitativo gestito dalla Fondazione Don
Gnocchi e da altri partner. Si è trattato di un lavoro di
connettività per la telemedicina decisamente avveniristico per una realtà come l’Africa, ma comunque
d’avanguardia anche in Italia. Alla fine ce l’abbiamo
fatta… La cosa che più mi ha sorpreso è stato recuperare il materiale di base. In Italia basta andare in un
negozio specializzato, ma nel cuore dell’Africa… Siamo così arrivati in Sierra Leone con il materiale
necessario messo a disposizione da manutentori,
elettricisti, fornitori: è stato un po’ come immaginare che in Africa fossero con noi anche quei colleghi…
Non è stata la mia prima esperienza nel sud del mondo, però ogni volta che torno mi accorgo di aver
lasciato laggiù qualcosa di intimo, qualcosa che non
serviva perché forse non ne avevo bisogno, perché
solo così ci accorgiamo di quanto siano frivole o inutili molte delle cose che facciamo. Queste sono
esperienze che cambiano dentro e che fanno riflettere su quali siano i valori più autentici.
Spero allora che la missione in Africa abbia cambiato
a modo loro anche il fornitore, l’elettricista, il manutentore e i colleghi che ci hanno aiutato!
Antonio, Sierra Leone. Il mio primo impatto con
l’Africa è stato un pugno nello stomaco. Confesso
che appena sceso dall’aereo, il primo desiderio è stato quello di tornare a casa. Poi mi sono detto: hanno
creduto in me, c’è un progetto da svolgere e io rappresento la Fondazione Don Gnocchi. Così sono tornato tre volte in Sierra Leone. Mi hanno affidato dei
ragazzi ausiliari e abbiamo cominciato a lavorare
insieme, cercando di intenderci con il mio inglese
scolastico che mi ha costretto a tirar fuori doti
nascoste… Durante la prima missione abbiamo avviato un progetto sull’igiene all’interno dell’ospedale di
Makeni, cominciando con piccoli corsi su come si
usano i prodotti, sulle caratteristiche degli stessi,
sull’utilizzo dei guanti. Gli ausiliari hanno subito
notato e apprezzato che io lavoravo con loro, lavavo
i bagni con loro, facevo tutto con loro, seguendo
alternativamente ogni ragazzo per spiegare e farmi
capire meglio. La seconda volta abbiamo fatto la
pulizia esterna dell’ospedale di Makeni. Sono persino riuscito, dopo varie peripezie, a recuperare un
container per raccogliere rifiuti e materiali di scarto
che altrimenti sarebbero finiti in una buca, in bella
vista ai bambini che non mancavano di rovistarvi
dentro. Nella terza missione abbiamo addirittura
sostituito il vecchio inceneritore con un nuovo
impianto realizzato in Italia da alcuni amici.
Oggi sono veramente contento: con i miei ragazzi
laggiù ho costruito un rapporto splendido. A livello
personale e lavorativo abbiamo vissuto momenti
davvero belli. È vero, quel giorno sarei voluto tornare subito a casa. E invece, quando sono poi tornato
davvero, ho trattenuto a stento le lacrime…
Libia e Marocco. Per loro - e sono già parecchie migliaia - una manciata di strutture
appositamente attrezzate a Milano. Un soggiorno breve, poi di nuovo in viaggio, verso
altre destinazioni, spesso nel nord Europa.
La Fondazione ha attrezzato alcuni spazi non utilizzati del “Palazzolo”, attrezzando due piani del convitto: sette stanze con
bagno, infermeria, guardaroba, tre sale
pranzo, due tisanerie, spazi soggiorno e giochi per i molti bambini e un guardaroba.
«Ci siamo messi a disposizione - spiega
Achille Lex, assistente sociale e coordinatore del gruppo impegnato nell’accoglienza - per gestire nel migliore dei modi questa
drammatica emergenza e offrire il necessario
a persone in viaggio da giorni, molti dei quali in condizioni fisiche critiche, altri distrutti
psicologicamente per aver perso i contatti
con i familiari o per aver visto morire nella
fuga amici e conoscenti…».
Subito è scattata in Fondazione e in particolare all’Istituto “Palazzolo” un’autentica gara di solidarietà.
«Abbiamo adattato degli spazi del convitto e li abbiamo messi in sicurezza - continua
Lex -, attrezzando le camere con letti della
nostra struttura e brande fornite dalla protezione civile. Alcuni operatori del Centro, in
particolare Asa e Oss di lingua araba, sono
stati formati per presidiare il Centro e fornire il necessario supporto agli ospiti 24 ore su
24. Sono stati acquistati kit per l’igiene personale e sono state allestite una piccola infermeria e una farmacia per le urgenze e un
guardaroba a disposizione dei profughi, alimentato dagli indumenti donati dal personale del Centro e da soggetti della rete di zona,
con cui già il Centro collabora, come associazioni e coop».
Un impegno sostenuto non senza difficoltà, dovute principalmente alla diversità di
abitudini, alla gestione di una rispettosa con-
Dieci anni a Siroki Brijeg
■ DIECI ANNI al servizio dei bambini disabili dell’Erzegovina occidentale. L’anniversario del Centro riabilitativo “Marija Nasa Nada”, inaugurato
nel 2004 a Siroki Brijeg, in Bosnia Erzegovina, verrà festeggiato il prossimo 18 settembre nel corso
di una cerimonia a cui prenderanno parte autorità locali civili e religiose, operatori, utenti e loro
familiari e rappresentanti della Fondazione Don
Gnocchi, guidati dal presidente, monsignor
Angelo Bazzari. La struttura è stata realizzata in
questa cittadina non lontano da Mostar grazie
all’impegno della Fondazione Don Gnocchi e dell’Associazione “Mir I Dobro” di Viggiù (Va), con il
finanziamento della Regione Lombardia.
vivenza, alla sicurezza... Difficoltà superate
dalla forte motivazione e dallo spirito di collaborazione di tutti gli operatori.
Con il sostegno e la guida della direzione sanitaria è garantita ai profughi anche
l’assistenza sanitaria di base, soprattutto per
le situazioni più critiche e urgenti.
La mobilitazione del personale
Tante sono le storie che gli operatori difficilmente dimenticheranno.
«Emblematico è il caso di un ragazzo arrivato con un piede fratturato - racconta Lex perché rimasto incastrato tra due barconi. Gli
abbiamo garantito medicinali e iniezioni e
programmato in un giorno solo lastre, visita
ortopedica, medicazioni e tutto il necessario.
Poi, la mattina stessa in cui doveva “rivedere” tali interventi, è uscito per continuare il
suo lungo viaggio in nord Europa».
O ancora, la donna all’ottavo mese e
mezzo di gravidanza, arrivata a Milano in
preda ai dolori: «Se n’è accorta l’operatrice di
turno. Il marito non voleva portarla all’ospedale, perchè il parto doveva avvenire in Germania. L’intervento e l’atteggiamento competente e comprensivo dei nostri medici, nonostante la situazione non sia certo di routine
in una realtà come il “Palazzolo”, ha permesso di gestire al meglio l’emergenza».
E che dire di quei ragazzi che si sono
subito prestati a collaborare, aiutando ad
apparecchiare, a sistemare dopo i pasti, a
spostare i letti nelle camere...
«La solidarietà del personale si è espressa
attraverso una grande disponibilità di competenze e di tempo, spesso ben oltre l’orario
lavorativo e nei giorni festivi. E vanno ricordati - aggiunge il direttore dell’Istituto,
Maurizio Ripamonti - quei piccoli, ma significativi gesti concreti, quali il dono di giochi
ai più piccoli, o la messa a disposizione del
proprio telefono cellulare o computer per permettere agli ospiti di comunicare con i famigliari, come pure il sostegno dato da alcune
aziende che collaborano con noi, dalla Tena
che ha donato i pannolini per i bambini, alla
Coop Aaryal che ha prestato alcuni operatori
per i lavori di allestimento, all’Iper Portello
che ha fornito prodotti e beni di consumo…
«Certo, va ricordato che ogni emergenza
reclama interventi rapidi e impegno immediato - puntualizza il direttore -. Stiamo facendo
la nostra parte, ma in prospettiva gestire attività simili comporta inevitabilmente un’organizzazione che non può contare sempre e solo
sulla disponibilità, ma ha bisogno di risorse
dedicate e ambienti indipendenti …».
Quei biglietti lasciati alla partenza
Storie, volti, nomi che arricchiscono e
■ LA PARLAMENTARE BIRMANA Phyu Phyu Thin, incaricata dal premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi di avviare la realizzazione del futuro piano sanitario nazionale della Birmania, è stata ospite nelle scorse settimane
in Italia di vari enti e istituzioni, fra cui tre Centri della Fondazione Don Gnocchi di Milano (nella foto) , Parma e Roma. Al Centro “S. Maria dei Servi di Parma”, Phyu Phyu Thin ha incontrato un gruppo di venti medici,
molti dei quali hanno già avuto esperienza di cooperazione con altri paesi in via di sviluppo, appartenenti alle
Università di Parma e di Modena-Reggio Emilia, dell’Azienda Ospedaliera e Sanitaria Locale di Parma, al gruppo universitario parmense del Cuci, che si occupa di cooperazione internazionale finalizzata alla formazione, e alla Fondazione Don Gnocchi.
Questo gruppo di lavoro, raccordato dalla professoressa
Anna Mazzucchi - consulente della Fondazione e coordinatrice dei Centri per la riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite - sta lavorando dal 2013, anche su sollecitazione dell’Associazione per l’amicizia Italia-Birmania,
alla stesura di documenti che rappresentino una preliminare base di lavoro per la creazione di linee guida finalizzate alla prevenzione, alla diagnosi precoce, alla terapia e
alla riabilitazione delle patologie più diffuse in Birmania,
come pure alla formazione del personale sanitario.
impreziosiscono il voluminoso album della
Fondazione e del “Palazzolo” in anni e anni
di impegno diuturno e costante dalla parte
dei più fragili.
Le firme in calce alle pagine di questo
nuovo, singolare capitolo, hanno la calligrafia incerta, ma carica di riconoscenza dei
biglietti furtivamente lasciati da molti al
momento della ripartenza da Milano.
«Vi ringraziamo per l’ospitalità e l’accoglienza e chiediamo che Dio vi protegga. Grazie per tutto quello che avete fatto. Grazie a
tutti coloro che hanno aiutato noi profughi. E
ci scusiamo per il caos che i bambini hanno
fatto. Non ci dimenticheremo di voi. Un
bacio». E ancora: «Cari amici, desidero
estendere il mio più sincero apprezzamento
per la cura professionale e l’appassionata simpatia che il vostro personale ha fornito durante la nostra permanenza. Grazie».
«Vi prego di accettare i nostri ringraziamenti per l’attenzione e l’aiuto che avete dato
a me e a tutti i siriani. Vi siamo molto grati per
la vostra gentilezza e umanità. Sul mio nome
e sul nome di tutti i siriani, desideriamo per
voi grandi successi e progressi».
Le parole di Abdulrahman, Asmad,
Issam ripropongono - sessant’anni dopo - lo
stesso sogno del beato don Gnocchi: la speranza che il mondo possa presto conquistare «anche l’unità interiore: l’idea universale
nella quale tutti possono trovarsi fratelli».
57
MISSIONE UOMO
TESTIMONIANZE
Attività
FUNDRAISING
MISSIONE UOMO
Cinque per mille:
15 mila firme per la Fondazione
■SONO STATI PUBBLICATI sul sito dell’Agenzia delle Entrate gli elenchi con le preferenze espresse dai contribuenti nel 2012 per la
destinazione del 5 per mille e gli importi
attribuiti agli enti destinatari. È possibile
quindi tracciare un primo bilancio di come è
andata l’edizione di due anni fa, anche
rispetto al recente passato e soprattutto con
un occhio alle risorse che la Fondazione
Don Gnocchi investe per promuovere la firma da parte dei cittadini.
Abbiamo sintetizzato nelle tabelle qui
sotto l’andamento delle firme e degli importi negli ultimi anni, con una precisa distinzione delle due diverse categorie (Onlus e
Ricerca sanitaria) nelle quali la “Don
Gnocchi” è presente.
A un’analisi più attenta, emerge immediatamente l’incremento del totale complessivo, che passa da 481.654 euro a
525.546 euro, con un aumento percentuale
del 9,11%.
Si tratta del miglior risultato assoluto
ottenuto dalla Fondazione Don Gnocchi
dall’introduzione dello strumento. La Fondazione guadagna così sette posizioni nella
graduatoria delle Onlus rispetto al 2011
(dalla 61esima alla 54esima), attraverso un
incremento nella medesima graduatoria di
1042 unità (+10%). L’aumento dei fondi
totali ricevuti è di 43.892 euro.
Generalmente si è mantenuto l’importo
medio di donazione nella categoria Onlus,
sintomo di una flessione dei redditi dal
Pubblicati i dati
con le preferenze
espresse nel 2012
dai contribuenti:
ancora in crescita
la raccolta
della “Don Gnocchi”
di Stefano Malfatti
momento che il numero delle firme - come
sopra segnalato - risulta aumentato.
L’importo medio nell’elenco degli enti
impegnati nella ricerca sanitaria si incrementa, invece, nonostante la flessione delle
firme, sintomo quindi di redditi medi generalmente più elevati.
Flettono le scelte nell’ambito ricerca
sanitaria da 3.355 a 2.919, con una flessione
di importo non particolarmente significativa di circa 4 mila euro, tendenzialmente in
linea con quanto la nazione intera indica nell’orientare le proprie scelte di destinazione.
In generale, il risultato positivo è da
imputare ancora una volta all’attenzione
che le attività della Fondazione riescono a
catturare a livello territoriale e nella capillarità dei suoi servizi.
La promozione di questo strumento non
ha spinto la Fondazione a fare rilevanti investimenti promozionali su tv, radio, web e
stampa nazionale, ma ci si è mantenuti in un
ambito di contatto molto vicino al territorio
e là dove le prestazioni vengono direttamente erogate.
Affissioni presso i Centri, distribuzioni
di promemoria agli utenti, pubblicazioni
sulla stampa locale (quella attentamente più
seguita dai cittadini) hanno fatto sì che
anche quest’anno si sia raggiunto l’obiettivo di incrementare ulteriormente le risorse
derivanti dalle firme dei contribuenti.
Questa è e resterà la strategia di presenza della Fondazione, finchè lo strumento
non subirà una sostanziale riforma nell’ottica della stabilizzazione.
Continua la battaglia
per la stabilizzazione
Nei prossimi mesi daremo conto in
maniera dettagliata di come e dove queste
risorse verranno impegate dalla Fondazione per il potenziamento e lo sviluppo delle
proprie attività sanitarie e socio-assistenziali, oltre che alle iniziative di ricerca con le
quali rilanciare il tema dell’innovazione
anche nelle strutture riabilitative e di cura.
Va sottolineato altresì che, insieme ad
un’altra ventina di organizzazioni, la Fondazione Don Gnocchi sta tentando di stimolare il governo per l’aggiustamento del
5xmille e qualche passo avanti è già stato fatto nella direzione della stabilizzazione e del-
l’eliminazione del tetto di 400 milioni che
rendeva di fatto il meccanismo molto più
vicino al 4xmille piuttosto che alla sua vera
proporzione.
Gli spunti di riforma suggeriti fanno
soprattutto riferimento a tempi certi per la
pubblicazione dei dati e l’erogazione delle
cifre, alla semplificazione delle procedure
di iscrizione agli elenchi, all’uniformità delle modalità di scelta e di distribuzione delle
somme per la categoria “finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici”;
all’unificazione delle regole di rendicontazione, trasparenza verso la comunità e,
facoltativamente, informazione diretta del
donatore e al miglioramento della possibilità di analisi statistica dei dati.
Anche su questo argomento daremo un
costante aggiornamento, doveroso nei confronti dei tanti cittadini che continuano a
sostenerci con la loro firma.
Volendo dare anche uno sguardo generale agli elenchi pubblicati, cresce ancora il
settore del volontariato, premiato da un 2%
in più di contribuenti, mentre calano leggermente ricerca scientifica e (soprattutto)
sanitaria. Bene Comuni e associazioni sportive, sintomo anche questo di una costante
attenzione al territorio da parte dei contribuenti.
Undici milioni di firme
agli elenchi delle Onlus
Il totale generale, che - si noti bene- è già
ricalcolato per rientrare nel tetto dei 400
milioni di raccolta oltre il quale non si può
andare, è pari a 393,1 milioni.
Il dato più significativo resta sempre è
l’irresistibile forza del settore volontariato/Onlus, che continua a concentrare le
■ CRESCE IL NUMERO DEGLI ITALIANI che segnalano associazioni non profit nel proprio testamento. Negli ultimi 10 anni
sono il 15 per cento in più, nella metà dei casi il valore del lascito è minore di 20 mila euroe a donare sono sopratutto le donne. È quanto rivela un sondaggio effettuato da Testamento solidale (network promosso da nove organizzazioni, tra le quali anche la Fondazione Don Gnocchi), in collaborazione con il Consiglio nazionale del notariato, su
un campione di 700 notai (il 14 per cento della categoria).
I dati sono stati presentati nelle scorse settimane a Roma, in occasione della presentazione della mostra e dell’opuscolo “Italiani brava gente, storie di generosità tra passato e presente”, che racconta i testamenti di personaggi storici e i lasciti di persone comuni che hanno aiutato a costruire o mantenere in vita idee e progetti (nella foto, la pagina dedicata alla Fondazione Don Gnocchi e l’esempio del conte di Cavour).
Secondo un notaio su cinque, negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento delle donazioni. «Gli italiani sono sempre più interessati ad approfondire il tema dei lasciti solidali - spiega Albino Farina, consigliere responsabile dei rapporti con il Terzo settore e con le associazioni dei
consumatori del Consiglio nazionale del notariato e in ciò il ruolo sociale del notaio diventa cruciale
per fornire informazioni, senza alcun vincolo o
impegno».
Secondo i dati, nel 70 per cento dei casi prevalgono
ragioni personali e la sensibilità a una causa è legata
a una vicenda o un problema sociale di cui si è avuto
direttamente esperienza nella vita. La vicinanza in
vita a una specifica associazione spinge a donare con
il proprio testamento il 20 per cento delle persone.
Nonostante la crescita dei lasciti evidenziata dalla
ricerca, il ritardo dell’Italia rispetto ad altri paesi è
forte. Secondo l’indagine Gfk Eurisko-Testamento
Solidale,infatti, gliover 55 hanno una bassa propensione al testamento (15,8 per cento), di gran lunga inferiore a paesi come la Gran Bretagna dove si attesta intorno
all’80 per cento e agli Stati uniti con il 50 per cento. Riguardo all’Italia, soltanto l’8 per cento degli italiani over 55 ha
fatto testamento, solo il 5 per cento è intenzionato a farlo e il 6 per cento invece è incerto.
Per rispondere a chi non sa ancora come fare per destinare il proprio lascito solidale, le organizzazioni promotrici
hanno creato un sito internet (www.testamentosolidale.org) con tutte le informazioni necessarie. In proposito va
ricordato anche il sito della Fondazione Don Gnocchi sul tema dei lasciti, all’indirizzo http://ilmiolascito.it.
scelte espresse di milioni di contribuenti
italiani: se nel 2011 avevano firmato in questo ambito oltre 10 milioni 900 mila italiani, per un importo di 259,3 milioni, l’anno
successivo le scelte sono cresciute a
11.125.819 (+2%).
È convinzione diffusa che le organizza-
CONTRIBUENTI CHE HANNO DESTINATO IL 5 PER MILLE ALLA “DON GNOCCHI” E IMPORTI TOTALI
ELENCO ONLUS
Numero scelte
Importo scelte (euro)
Donazione media (euro)
Importo resti (euro)
Numero Onlus totali
2006
7.404
236.677,93
31,97
15.627,07
22.000
2007
7.315
245.240,50
33,53
23.967,88
31.776
2008
8.555
287.316,69
33,58
23.956,49
26.596
Totale (euro)
252.305,00 269.208,38 311.273,18
ELENCO ENTI DI RICERCA
Numero scelte
Importo scelte (euro)
Donazione media (euro)
Importo resti (euro)
Numero Enti di ricerca totali
2006
4.469
120.943,72
27,06
246.508,79
49
Totale euro
367.452,51 276.525,13
2007
3.604
103.215,12
28,64
173.310,01
86
2009
8.037
271.879,79
33,83
23.685,75
28.396
2010
9.071
266.033,91
29,33
18.573,83
29.464
2011
10.945
318.424,03
29,09
19.384,74
33.522
2012
11.987
352.855,41
29,44
33.608,28
34.581
295.565,54 284.607,74 337.808,77 386.463,69
2008
3.438
100.364,87
29,19
126.926,14
90
2009
3.027
88.417,37
29,21
81.007,77
93
2010
2.984
75.470,49
25,29
59.814,80
97
227.291,01
169.425,14
135.285,29
2011
3.355
86.862,66
25,87
56.982,81
97
2012
2.919
81.197,68
27,82
57.885,01
102
143.845,47 139.082,69
PREMIO. A Malfatti l’Italian Fundraising Award 2014
■ STEFANO MALFATTI, responsabile del Servizio Fundraising della Fondazione Don Gnocchi, è il vincitore dell’ Italian Fundraising Award
2014. Il riconoscimento gli è stato assegnato in occasione del VII Festival del Fundraising svoltosi lo scorso maggio a Lazise (Vr).
Formatore e educatore sul fundraising, Malfatti (nella foto) è speaker
presso alcune tra le maggiori realtà formative in ambito non profit e
docente di master universitari. Ha conseguito il Certificato in Fundraising Management presso la Fundraising School di Bertinoro e, più
recentemente, la certificazione del Center on Philanthropy dell’Indiana University. È membro di Assif, Associazione Italiana Fundraiser, e di
Afp, Association Fundraising Professionals USA - International Chapter.
«Il merito più grande di Malfatti - recita la motivazione del premio - è
quello di aver diffuso con passione e energia la cultura dei lasciti testamentari in Italia».
zioni possono ottenere l’incremento delle
firme non tanto “sottraendo” contribuenti
alle altre, quanto convincendo nuovi contribuenti ad usufruire di questa possibilità
straordinaria di destinare risorse senza un
esborso diretto.
Crescono anche le scelte e gli importi
destinati al rafforzamento delle disponibilità finanziarie del proprio Comune per attività sociali, che passano a 614 mila firme
(erano 592mila nel 2011) e an totale di 13
milioni di euro (erano 12,5).
Nel settore della ricerca scientifica le firme registrano un lieve calo rispetto al 2011,
attestandosi a 2.369.872 (-3%) per una raccolta totale di 55,7 milioni contro i 57,5 di un
anno prima. Come già accennato, il settore
della ricerca sanitaria è quello che registra le
perdite più consistenti sia in termini di firme,
calate di oltre il 6% (erano 2.519.844, sono
diventate 2.359.645), che di fondi destinati,
che passano da 54,7 milioni a 51,6.
Ottimo risultato infine per le associazioni sportive dilettantistiche, che attraggono 10 mila scelte in più (passando da 317
mila a 327 mila) e guadagnano oltre 400
mila euro, toccando quota 8 milioni.
MISSIONE UOMO
INDAGINE. Anche in Italia in aumento i testamenti solidali 59
58
donGnocchi
SAPIENZA. Don Gnocchi padre della medicina riabilitativa
MISSIONE UOMO
60
L’omaggio di Napolitano
alle spoglie di don Carlo
■ «LA MISSIONE di don Gnocchi è stata quella di rifare l’uomo ferito e mutilato dagli
ordigni di guerra, colpito dalla malattia e dalla sofferenza. Questo nobile compito oggi è
portato avanti dall’Opera che porta il suo
nome e che si rende nel presente ancora più
importante e necessaria».
Questo uno dei passaggi del breve e
improvvisato saluto di un pellegrino speciale, tra i tanti che si sono radunati al Centro “S. Maria della Pace” di Roma, per
rendere omaggio ai resti di don Gnocchi,
lo scorso febbraio: il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano. E col suo
inchino, è come se tutta l’Italia si fosse
inchinata in segno di gratitudine al “padre
dei mutilatini”, per quanto da lui fatto in
vita per l’infanzia sofferente e per l’intero
Paese.
È così continuata nella capitale la peregrinatio dell’urna di don Gnocchi, a cinque
anni dalla solenne beatificazione: dopo
Bergamo, Villa d’Adda (Bg), Como, Firenze e Voghera (Pv), don Carlo è tornato, da
beato, a Roma, da cui mancava da quasi 60
anni (l’ultima volta fu verso la fine del 1955,
poco prima di essere ricoverato alla Clinica
Columbus, dove spirò il 28 febbraio dell’anno successivo) e dove è stato accolto nel
Centro al Foro Italico, da lui fortemente
voluto come «un’oasi di speranza per i suoi
figli - come ha ricordato il direttore delle
■ UN’IMPORTANTE INIZIATIVA svoltasi in occasione della traslazione dell’urna di don
Gnocchi a Roma è stata quella che si è tenuta alla “Sapienza-Università” di Roma.
La figura di don Gnocchi “precursore della medicina riabilitativa” è stata il tema
della lezione magistralesvolta dal professor Vincenzo Saraceni (nella foto) ordinario di Medicina Fisica e Riabilitazione dello stesso ateneo e presidente della
Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (Simfer). L’incontro, introdotto
del prorettore Adriano Redler e dal direttore generale del Policlinico “Umberto
I” Domenico Alessio, ha messo in evidenza l’importanza del messaggio e dell’opera del sacerdote lombardo nell’evoluzione della riabilitazione, rimarcando quanto sia stato profetico il suo approccio.
Lunga e articolata la lectio di Saraceni che ha passato in rassegna dapprima i passi della medicina e delle istituzioni verso l’affermarsi di un concetto di riabilitazione strettamente correlato a qualità della vita e al raggiungimento del massimo livello di funzionalità, relazionalità e partecipazione sociale della persona con disabilità: e dall’altro il percorso di don Carlo, quale protagonista
autorevole di questa evoluzione. «Molto prima che questi contenuti fossero assunti dalle contemporanee visioni riabilitative - ha detto - don Gnocchi ha fornito un paradigma di servizio assistenziale globale straordinariamente moderno, in sintonia con le più recenti conquiste di una prospettiva soprattutto formativa e relazionale della riabilitazione».
Un pellegrino speciale
tra i numerosi
accorsi in occasione
dell’ostensione speciale
dell’urna del Beato
a Roma, sesta tappa
della “peregrinatio”
di Damiano Gornati
strutture romane della Fondazione, Salvatore Provenza -, un moderno collegio-ospedale, modello di integrazione tra cure sanitarie, istruzione e formazione professionale,
inaugurato il 18 maggio 1950 alla presenza
del Capo del Governo Alcide De Gasperi».
Nel corso dell’informale e affettuosa
cerimonia di accoglienza, presieduta da
mons. Lorenzo Leuzzi, delegato della
Pastorale Sanitaria della Diocesi di Roma,
si sono susseguiti interventi di saluto, testimonianze, letture di brani tratti dai suoi
scritti; tutto questo intervallato da brani
musicali della tradizione alpina, eseguiti
dalla fanfara del gruppo alpini di Borbona
(RI), diretta dal maestro Domenico Teofili e altri brani classici eseguiti dall’organista Michele Ferrazzano.
Al termine della celebrazione, l’urna è
stata trasferita nella chiesa di S. Giacomo
dove è rimasta esposta nei giorni successivi, venerata da centinaia di fedeli, e dove si
sono alternati nelle solenni celebrazioni
mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per
il settore Centro della Diocesi di Roma,
l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per Pastorale Salute e mons. Andrea Manto, direttore
dell’Ufficio per la Pastorale Sanitaria della
diocesi di Roma.
Non è mancato l’abbraccio affetuoso
degli alpini, con un picchetto d’onore e
con il concerto del Coro Ana di Roma,
diretto dal maestro Vincenzo Vivio.
Prezioso l’apporto e la collaborazione
della parrocchia di S. Giacomo, in particolare del parroco, don Giuseppe Trappoli-
In alto, l’omaggio del presidente Napolitano al Centro
“S. Maria della Pace”. Sopra, l’urna accolta alla Basilica
di San Giovanni in Laterano. Sotto, la venerazione
dei fedeli e l’ostensione nella chiesa di San Giacomo
ni: «È stato per la nostra comunità un grande dono. Conoscere meglio don Carlo e la
sua opera ci ha aiutato ad aprirci ancora di
più mondo della sofferenza. Mia madre mi
parlava molto di lui e ho potuto riscoprire
l’attualità del suo messaggio».
L’11 febbraio, festa della Madonna di
Lourdes e Giornata del Malato, le spoglie
di don Gnocchi sono state trasferite nella
Basilica di S. Giovanni in Laterano per la
solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Vicario Agostino Vallini: «La vita di don Gnocchi - ha ricordato nell’omelia - è stata un’incessante scalata verso Dio per guidare con mano compassionevole di padre, chi da solo non ce l’avrebbe mai fatta».
61
MISSIONE UOMO
MANIFESTAZIONI
donGnocchi
RICORRENZE
63
Il pretee il cardinale
in cammino verso la santità
■ CI SARÀ ANCHE un breve spaccato dell’intenso e proficuo rapporto con don Gnocchi
nel docufilm - un’ora in dvd, per la regia di
Marco Finola - che la diocesi di Milano
dedicherà al beato Ildefonso Schuster, nel
sessantesimo anniversario della morte (30
agosto 1954). L’opera ne ricostruisce la figura, tra testimonianze - due nomi per tutti, i
cardinali Scola e Tettamanzi -, immagini dei
luoghi schusteriani e approfondimenti.
Il cardinale Schuster e don Carlo sembravano nati per non capirsi: l’uno, il benedettino austero e ascetico, amante del silenzio del chiostro e segnato da una profonda
religiosità monastica, portata con coraggio
Un docufilm
sul beato Schuster
nel sessantesimo
anniversario della morte.
Con uno spaccato
sull’intenso rapporto
con don Gnocchi
di Oliviero Arzuffi
alla guida della diocesi allora più grande del
mondo; l’altro, l’irruente e geniale promotore di una moderna carità, l’instancabile
animatore della gioventù, il prete “in perenne movimento”, capace di chinarsi sulle
ferite della sofferenza con l’impeto di un
carattere indomito e coraggioso.
Eppure, se queste due anime tanto diverse seppero comprendersi, è perché il loro
dialogo si nutrì di un alfabeto comune: spiritualità profonda e carità ardente. Apparentemente lontani, eppure vicini perchè,
sempre e comunque, al servizio di Dio e dei
fratelli.
È questo l’aspetto più prezioso della storia che il “carteggio” tra i due racconta.
Come quando don Gnocchi, nei primi
mesi del conflitto mondiale, spiega con sicurezza le ragioni del suo desiderio di raggiungere le zone di guerra e otterrà, anche per
l’appoggio di Schuster, la sua cartolina-precetto che lo porterà in Albania, sul fronte
greco, in Jugoslavia, in Montenegro e, infine, in Russia: «Ricevo per la seconda volta la
richiesta dell’Ordinariato militare di accettare l’incarico di cappellano militare; e per la
seconda volta l’autorità militare mette il
veto... Mi rivolgo a vostra eminenza per pregarvi con tutto il cuore di permettermi di
accettare tale incarico. Dopo cinque anni di
assistenza spirituale al Gonzaga, in mezzo
alla classe dei ricchi e dei borghesi, sento il
bisogno urgente di un apostolato più concreto e conclusivo: e questo bisogno è diventato,
in questi mesi di travaglio spirituale di fronte
alla guerra, irresistibile e imperioso come una
voce del Signore».
Come non vedere in queste e altre
espressioni il senso di una comunione cristiana altissima e di una sintonia umana tra
l’arcivescovo e il sacerdote, che troveranno
piena espressione negli anni della tragedia
bellica? E mai come in guerra il prete e il
cardinale furono vicini, proprio perché la
loro fu una sofferenza condivisa, vissuta a
migliaia di chilometri di distanza, ma identica nella sostanza.
I giorni bui del carcere
e l’ affetto come tra padre e figlio
Una rara immagine di don Gnocchi con il cardinale Schuster a Milano, all’esterno dell’Istituto Gonzaga di via Vitruvio
Nel 1944 don Carlo e il duca Marcello
Visconti di Modrone furono arrestati dalle
SS per sospetta attività partigiana. Ne seguirono il buio dei momenti trascorsi nel triste-
mente noto quinto raggio del carcere di San
Vittore e i tentativi di mediazione per la
liberazione dei due prigionieri che videro
l’intervento diretto di Schuster.
Non a caso, riguarda proprio la vicenda
di questa prigionia e della liberazione, la lettera forse più commovente dell’intera corrispondenza, a testimonianza di un vincolo
ormai indistruttibile.
«Eminenza, mentre sta per chiudersi definitivamente (almeno così pare e spero) il
movimentato episodio che ha portato alla
mia vita sacerdotale un nuovo ed inatteso
contributo di esperienza e di sofferenza, mi
permetto di ripetere, anche per iscritto, la mia
riconoscenza per la viva partecipazione alle
mie vicende di questi giorni e per l’efficace
intervento della vostra autorità speso alla
loro buona soluzione. In questa nuova occasione, ho avuto modo di sperimentare la
vostra sollecita ed affettuosa paternità verso
di me e vi assicuro eminenza che un nuovo
legame di devozione, di affetto e di riconoscenza mi ha saldamente congiunto a voi,
mio arcivescovo e mio padre».
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
62
La vocazione alla carità
e il cammino verso gli altari
Anche nelle comunicazioni sullo svilupparsi della Fondazione Pro Juventute il
legame personale tra i due, specie nelle difficoltà, si rivela ancora più ricco di risonanze interiori. Don Gnocchi sa di adempiere
con la sua opera ad una promessa precisa, al
“voto”, come l’aveva definito ai tempi della
Russia. Proprio per questo, anche di fronte
all’arcivescovo, non ha timore di difendersi
contro l’accusa ricorrente di una sua certa
“irrequietezza”, con parole che svelano una
riflessione a cuore aperto sulla sua nuova
scelta di apostolato.
«Con filiale confidenza, permetta che io
le dica tutto il mio rammarico nel veder
riaffiorare continuamente in lei la convinzione che io sia un irrequieto. Ma da che
cosa può essere venuto questo giudizio?
Nella mia varietà di apostolato io, dinnanzi a Dio, ho sempre conservato una precisa
coerenza. Mi sono dato alla carità verso i
reduci di guerra, i mutilati, gli orfani ed ora
i bambini mutilati della guerra sempre per
un superiore ed obbligante vincolo contratto con quelli che hanno fatto la guerra e ne
portano duramente le conseguenze. Perché,
eminenza, era molto facile e qualche volta
brillante dire ai soldati “fate il vostro dovere, in nome di Dio e la divina Provvidenza
non vi abbandonerà”.
«Ma ora quelle promesse mi impegnano,
come una cambiale firmata dinanzi a Dio.
Ed io cerco di pagarla come posso ad Arosio:
con i miei invalidi, con gli orfani dei miei soldati e con i mutilatini. Ecco tutta la genesi
della mia... irrequietezza, e la sua logica interiore».
Un rapporto - negli anni di sviluppo della baracca - che si potrebbe riassumere in
queste parole, aggiunte a mano, con accorata speranza, ad un appunto per sua eminenza: «Con la voce innocente di tutti i
mutilatini la prego di non lasciarmi solo e di
darmi una mano sacerdotale che mi aiuti. Ne
ho bisogno io e ne hanno bisogno i “mutilatini”. Confido che non mi dirà di no…».
Nemmeno allora Schuster seppe dire di
no e, quasi a suggellare il cammino di un
quarto di secolo ormai compiuto, a pochi
mesi dalla sua morte scriverà al prediletto
sacerdote, nel suo biglietto rimastoci:
«Caro don Carlo, sta bene: hai emulato don
Bosco, don Orione, don Guanella. Ora non
allargare di più il tuo edificio spirituale, ma
attendi a consolidarlo per l’avvenire. Avverti che faranno di tutto per sottrarlo a te e alla
Chiesa. Provvedi a norma delle leggi. Non
c’è nulla di più pericoloso dello “Stato che fa
tutto”. Dio ci benedica tutti».
Ancora una volta Schuster, avvicinando
don Carlo a coloro che oggi sono riconosciuti come due santi e un beato, aveva visto
giusto.
EDITORIA. Silvio Colagrande racconta il dono della cornea
■ «GLI OCCHI DI UN SANTO, gli occhi di un prete, gli occhi di un uomo. Occhi stanchi di
guerra, quelli di don Carlo, dopo il terribile massacro di Russia. Eppure proprio per
questo ancora capaci di combattere per i suoi ragazzi, per i suoi alpini, per la sua Italia
appena liberata. Un santo, don Carlo, ma un santo disobbediente, come tante volte è
capitato ai figli migliori della Chiesa. Se la legge vietava i trapianti, in quell’Italia degli
anni Cinquanta, lui era pronto a violarla in un ultimo gesto d’amore per l’uomo».
E proprio quel gesto, la donazione delle cornee, è al centro del libro “Lembi di cielo”
che Silvio Colagrande, direttore del Centro “S. Maria alla Roronda” di Inverigo (Co),
uno dei due ragazzi che da allora vede grazie alla generosità di don Carlo, ha di
recente dato alle stampe. «Senza quella scelta contro - scrive ancora il giornalista
Vittorio Colombo nell’introduzione - oggi Colagrande non potrebbe raccontare,
come fa in queste pagine intense e commoventi, una storia unica e speciale».
donGnocchi
L’INCONTRO CON DON ORIONE
APPROFONDIMENTI
65
La carità di un santo
alle radici dell’Opera
■NEL CORSO DELLA SUA straordinaria esperienza di “missionario della carità”, don
Gnocchi ha incrociato direttamente un
altro straordinario prete che aveva posto al
centro della sua vita di sacerdote la carità:
san Luigi Orione.
Don Carlo aveva avuto modo di conoscere bene l’azione misericordiosa delle
suore e dei sacerdoti della Congregazione
orionina nella Casa di via Caterina da Forlì,
a Milano, aperta nel 1933. Confesserà:
«Don Orione ci ha insegnato la carità, ci ha
fatto vedere come si compie la carità, tutte le
strade sono passate nel suo grande cuore, tutti i mezzi umani per sollevare i più grandi
dolori, tutte le più grandi cure materne».
Don Orione morì nel 1940. Ma l’esempio del santo e il carattere delle sue opere
non interruppero i rapporti con la Congregazione. Nel 1942, alla vigilia della partenza
per il fronte orientale, don Carlo scriverà a
don Sterpi, il successore di don Orione, che
«da quando conobbi don Orione ho sempre
pensato che il campo del mio lavoro e della
salvezza dell’anima mia potrebbe essere il
Piccolo Cottolengo e la Compagnia vostra».
La tragedia immane della guerra e l’esperienza sconvolgente della ritirata e della
morte dei “suoi” alpini, lo avevano indotto
a fare il voto che «se il Signore mi avesse liberato (come miracolosamente avvenne, ndr)
avrei dedicato tutta la mia vita ad un’opera di
carità. Intendevo, in quel momento, un’opera destinata ai poveri, agli orfani, agli sventurati, quella che la Provvidenza avrebbe creduto di indicarmi per l’avvenire».
E i poveri, gli orfani, gli sventurati erano
davvero tanti. Erano tanti soprattutto i
bambini che, senza colpa, stavano pagando
un prezzo spropositato in termini di sofferenze fisiche e morali.
Perciò, nella Casa dei “Grandi invalidi”
di Arosio - che gli era stata affidata perché
la dirigesse - cominciarono ad affluire i primi bambini mutilati e orfani. Il crescente
numero dei piccoli ospitati suggerì a don
Carlo di chiedere la collaborazione alla
Congregazione di don Orione anche perché, in quel periodo, stava ancora riflettendo sulla possibilità di entrare a far parte della “famiglia” di don Luigi.
Ad Arosio, però, la promiscuità fra adulti e bambini non poteva durare proprio perché dannosa per i piccoli e, comunque, sta-
«Non dimenticherò mai quegli occhi e quella voce…»
L’ammirazione
per don Luigi Orione
ha alimentato
la maturazione
personale e spirituale
di don Gnocchi
e l’avvio della “baracca”
di Alberto Cova*
va emergendo con crescente chiarezza che
se la carità era un valore essenziale per tutti
e, in particolare, per i cristiani, i modi di
esercitarla erano molteplici. Specialmente
nel caso dei minori occorreva trovare un
modo appropriato per intervenire, perché
non si trattava soltanto e, forse nemmeno
prevalentemente, di curare il corpo, ma di
guardare allo spirito.
Credo che, in fondo, questa sia stata una
delle ragioni, forse anche la principale, che
spiega il divaricarsi delle strade che don
Carlo e la Congregazione stavano percorrendo. Per bambini e ragazzi sofferenti a
causa della guerra bisognava attivare un
processo di autentica rinascita personale,
che andava esercitata nei loro confronti
affinché essi tornassero a sperare in un avvenire da uomini, nonostante i guasti fisici e
morali patiti.
Don Carlo aveva chiaro che l’assistenza
ai piccoli mutilati era un processo complesso, perché chiamava in causa competenze
diversissime: pedagogiche, medico-chirurgiche, tecnico-scientifiche. Un processo che
richiedeva, cioè, conoscenze e competenze
largamente superiori a quelle comunemente possedute dai gestori di “collegi di orfani, di artigiani o anche di minorati comuni”;
un processo che richiedeva anche che ogni
struttura fosse governata da un «educatore
possibilmente anche ferrato scientificamente, un organizzatore geniale e intraprendente, un uomo adatto anche per i contatti con
l’esterno, un capo, insomma, ed un creatore».
Occorreva soprattutto adottare una
“pedagogia del dolore innocente”. Questa
era una intuizione che nasceva dalla sovrabbondante carità che don Carlo riversava sui
mutilatini; un’intuizione che gli era balenata quando a un bambino piangente per il
dolore della medicazione aveva chiesto:
«Quando ti strappano le bende, ti frugano
nelle ferite e ti fanno piangere, a chi pensi?».
Il piccolo aveva risposto: «A nessuno».
Era stato allora che don Carlo aveva avuto «la precisa e quasi materiale sensazione di
una immensa, irreparabile sciagura: della
perdita di un tesoro più prezioso di un quadro
d’autore o di un diamante di inestimabile
valore. Era il grande dolore innocente di un
bimbo che cadeva nel vuoto, inutile, insignificante, soprannaturalmente perduto per lui
e per l’umanità perché non diretto all’unica
meta nella quale il dolore di un innocente può
prendere valore e giustificazione: Cristo crocifisso».
La collaborazione si interrompe
ma il rapporto d’affetto rimane
Questo era davvero ciò che caratterizzava la carità del beato don Carlo. Tuttavia
penso che la decisione di assumere la direzione unitaria delle attività a favore mutilatini in piena indipendenza dagli enti dai
quali le singole strutture dipendevano, sia
stata il motivo principale della conclusione
della cooperazione diretta con la Congregazione orionina.
Nelle foto, la Casa dei Grandi Invalidi di Arosio, dove
don Gnocchi accolse i primi bambini orfani e mutilati
In ogni caso i rapporti si mantennero
sempre amichevoli. A don Pensa disse:
«Quello che è fuori discussione è la nostra cristiana amicizia, il comune affetto per don
Orione e per i suoi poveri, è la riconoscenza
che io devo a lei e ai Suoi figli per quanto hanno fatto per i miei mutilatini».
E l’anno dopo, a don Sterpi, che gli aveva mandato una lettera in occasione dell’anniversario dell’ordinazione, don Carlo
rispose: «Tra le parole di bontà e di consenso
cristiano che mi sono state rivolte in occasione del mio XXV sacerdotale, le sue sono state tra le più gradite perché so, per la conoscenza che ho di Lei, da quali sentimenti sacerdotali sono accompagnate e come ella ben comprenda i sensi di umiliazione, di compunzione e di sconfinata riconoscenza che accompagnano questa paurosa e grandiosa ricorrenza.
Mi aiuti, don Sterpi, sempre con la sua benedizione sacerdotale nella quale io ritrovo e
risento quella taumaturga di don Orione».
*(dalla relazione al convegno di studio
“Don Orione e il Piccolo Cottolengo Milanese
1933-2013”, svoltosi a Milano, nell’ambito delle
celebrazioni per l’ottentesimo anniversario
del Piccolo Cottolengo di Don Orione)
■ POCHE VOLTE, IN VERITÀ, ho avuto la fortuna di incontrarmi con lui (ed ora ne provo un pungente rammarico, che è quasi dispetto contro la mia pigrizia. Avere un santo a portata di mano e non approfittarne...
D'altra parte, chi mai avrebbe potuto pensare che il
Signore ce lo avrebbe tolto così presto!), ma la sua
figura si è profondamente incisa nel mio ricordo.
Alcuni tratti della sua persona fisica avevano un rilievo luminoso e rivelatore di una potente interiorità.
Lo sguardo anzitutto. Gli occhi di don Orione! Averli visti significa non dimenticarli mai più. Se il suo abito dimesso, l'atteggiamento raccolto, il volto dai
tratti comuni potevano farlo passare a prima vista
come un buon prete di campagna, bastava che alzasse gli occhi dall'abituale raccoglimento, perché ci si
trovasse di colpo in presenza di una personalità d'eccezione
Aveva due occhi grandi, neri, caldi, ma fermi e profondi, di una dolcezza viva e fiammeggiante. Mentre
però gli occhi degli uomini grandi conturbano e
impongono la loro superiorità, quelli di don Orione
facevano bene, un bene dolce, calmo e profondo. Il
suo era uno sguardo d'amore.
Anche la sua voceaveva un'emergenza non comune.
Le parole e le cose più comuni acquistavano sulle sue
labbra un potere misterioso di commozione, di novità e di indelebilità. Forse poteva colpire in un uomo
contemplativo e di orazione come lui la facilità della
parola nella conversazione. Ne fui a tutta prima sorpreso anch'io. Notai però che parlava solo se interrogato; allora, dal suo silenzio umile e meditativo,
erompeva pronta e generosa una parola calda, affettuosa e spesso abbondante.
Anche le sue mani facevano pensare; quelle mani che
avevano la compostezza naturale della preghiera e si
muovevano così parcamente, direi timidamente,
nella conversazione. Erano mani solide e rudi di lavoratore, di costruttore anzi, che parevano atte a trattare e a piegare la materia concreta e inerte. Quante
case e istituzioni, in breve volgere di anni, erano sorte miracolosamente per opera di quelle mani di operaio instancabile della carità di Cristo!
Di tutte queste tre cose insieme ricordo l'eloquenza
irresistibile e commovente, nel suo primo discorso
agli amici milanesi, nell'Aula Magna dell'Università
Cattolica. Il Senatore Cavazzoni l'aveva preceduto
parlando di lui e dello sviluppo prodigioso della sua
opera in Italia e nel mondo. Intanto, dal suo scranno,
l'interessato dava segni visibili di impazienza e di disappunto. Appena disceso l'oratore, don Orione
montò di scatto sul podio. «Non gli credete - disse
con impeto quasi audace - tutto quello che il senatore ha detto è una bugia! Io non ho fatto niente, è la
Provvidenza che ha fatto tutto. Io sono un sacco di
stracci, nient'altro che un sacco di stracci…».
La sua voce in quel momento si era fatta alta, sdegnata, quasi dolorante; le mani tremanti malmenavano
convulsamente la povera talare sul petto ansante; e
gli occhi accesi erravano sull'assemblea sorpresa e
commossa ad implorare credenza. Poi si tacque, un
poco spossato e umiliato.
I nostri occhi erano velati di pianto ed il cuore si era
fatto piccino e spaurito. Forse era la prima volta che
s'era affacciato sull'abisso dell'umiltà convinta e sofferta dei santi.
Don Carlo Gnocchi
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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donGnocchi
ARCHIVIO
LIBRI. Il cantico della carità di don Gnocchie Baden Powell
«La vita dell’uomo:
trasvolata rischiosa e bellissima»
■ “IL CANTICO DELLA CARITÀ. Carlo Gnocchi, Baden Powell e la bellezza dell’educare”. Questo il titolo del
libro di Fausto Lammoglia - laurea in Discipline Umanistiche e Storia della Filosofia e del Cristianesimo
all’Università di Genova e capo scout - che, partendo dalla studio della vita, delle opere e del pensiero
filosofico di don Gnocchi, costruisce un percorso fatto di pensieri ed esperienze per trovare le risposte
all’interrogativo che anima l’intero corpo del testo: perché scegliere di servire gli altri dovrebbe essere
una valida ragione di vita?
Assistere gli altri con amorevole attenzione, prendersi cura dei lori bisogni, aiutarli nella crescita, rappresenta prima di tutto una scelta umana, più che spirituale e filosofica. Scelta che ha caratterizzato
l’intera vita del beato don Carlo Gnocchi, al servizio degli ultimi: «Dio è tutto
qui: nel far del bene a quelli che soffrono ed hanno bisogno di aiuto materiale
e morale. Il Cristianesimo e il Vangelo, a quelli che lo capiscono veramente,
non comanda altro. Tutto il resto viene dopo e vien da sé».
Accanto a don Gnocchi, l’autore approfondisce un’altra figura che ha dedicato la vita all’educazione dei giovani - a partire dai più piccoli - in tutto il mondo: Robert Baden Powell, fondatore del movimento scout: «Ma il vero modo
di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Procurate di lasciare
questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver
sprecato il vostro tempo, ma di aver fatto del vostro meglio».
Quale filo conduttore accomuna l’opera di questi due uomini? Quale il fondamento condivisibile dei loro principi? E ancora, quali i metodi di servizio?
Domande che, per chi legge il testo, trovano un’unica risposta condensata nel concetto di “servizio”,
inteso come il donarsi gratuitamente al prossimo, come azione concreta dell’amore - non soltanto verso Dio ma verso l’uomo irripetibile nella sua individualità - e in quello di “educare”, inteso come “il servizio per eccellenza, il più importante e pregiato di tutti, quello che prepara alla vita”.
Vocazione, carità, amore, buona azione, vita comunitaria sono tutte chiavi ugualmente necessarie per
riuscire nell’intento di “educare al servizio”, per aprire la porta a una vita felice, “che non ci è data per
godere, ma per servire”.
Sviluppare nel ragazzo la capacità affettiva, le capacità tecniche, la volontà e la capacità di scegliere
affinchè sappia guidare la propria vita in modo coerente, cosciente e sicuro: ecco che cosa significa sottolinea l’autore - educare al servizio.
Da qui l’importanza chela figura dell’educatorericopre sia nel pensiero pedagogico di don Gnocchi che
in quello di Baden Powell: perché il ragazzo sia al centro dell’educazione è indispensabile che l’educatore lo conosca nei minimi particolari. L’educatore è colui che guida il ragazzo alla costruzione del proprio
modo di vivere e ad affrontare la realtà in maniera autonoma. Amore, relazione fraterna e comunicazione sono le basi perché questo sia possibile.
Oggi come allora, perché oggi, forse più di allora, il ruolo dell’educatore è una grande responsabilità a
fronte delle sempre più complesse dinamiche sociali dei tempi moderni.
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■ «PRIMA DI DECOLLARE per l’impresa della
vita è necessario assicurarci che gli strumenti
di bordo siano in grado di fornirci l’orientazione precisa per mantenere l’apparecchio
costantemente in linea di volo...».
Usa una metafora certamente efficace,
l’educatore don Carlo Gnocchi, negli scritti destinati alla sezione “Problemi giovanili”
del periodico dell’Azione Cattolica di
Lugano, pubblicati tra il 1944 e il 1945 e
oggi raccolti nell’archivio storico messo a
punto dalla Fondazione, vera e propria
memoria digitale dei più significativi documenti cartacei legati alla vita del beato don
Gnocchi e alle vicende dell’Opera durante
gli anni della sua presidenza.
Anni bui, eppure desiderosi di speranza.
Anni tragici, dove però coltivare germogli
di rinascita. Anni di macerie, dove però la
volontà di ricostruire, a partire dai più piccoli, dai bambini, dagli esordienti alla vita
confluiva in don Gnocchi in straordinari
percorsi pedagogici valorizzati e riproposti,
con i mezzi dell’epoca, da scuole, parrocchie, oratori, circoli culturali, case editrici…
Negli scritti per il periodico di Lugano
emerge fermo il monito perché i giovani si
impegnino per salvaguardare e difendere la
propria personalità, per ritrovare lo scopo
fondamentale della vita come tendenza di
Dagli scritti
per il periodico
dell’Azione Cattolica
di Lugano emerge
la straordinaria
passione educativa
di don Gnocchi
di Claudia Dorini
tutto l’essere umano. Insoddisfazione e
inquietudine sono proprie del cuore umano
e più che mai tipiche dei giovani, che spesso non godono la vita così pienamente come
può invece apparire, con gioia e allegria.
Don Gnocchi, che li conosce bene, sa
che i giovani, e soprattutto i migliori di essi,
soffrono profondamente “l’infinita vanità
del lutto” e che spesso, alle prime delusioni,
le più amare, affiora in loro il desiderio della morte e la desolata domanda: a che serve
la vita?
Per rispondere coscientemente a questo
quesito, per dare un senso all’esistenza, don
Carlo li esorta ad avere un ideale - non sem-
plicemente un’idea - inteso come qualcosa
di più vasto e alto, di più vitale. Qualcosa
che rimanga poi sempre vivo, alla base di
ogni comportamento di quelli che saranno
gli uomini di domani.
Per dare però all’uomo di domani un
centro stabile e valevole per tutto il tempo
della vita, non bastano gli ideali terreni, ma
occorre una meta più alta, più vera, più piena e durevole: occorre un fine trascendente ed eterno. «Dio solo può essere il termine
adeguato della vita umana - scrive don Carlo - e solo per l’eterno essa vale la pena di essere vissuta». La personalità umana non può e
non deve ridursi, secondo don Gnocchi, nel
breve cerchio dell’esperienza terrena, ma
deve proiettarsi irresistibilmente verso Dio
e verso l’eternità.
La gioventù è un incendio
Don Gnocchi sa parlare ai giovani, con
stile affascinante e allegro li incoraggia, li
ammonisce, li mette in guardia, anche duramente, dagli atteggiamenti volgari, perché
siano sempre proiettati verso una giovinezza che rappresenta il tempo incandescente
della poesia, della generosità, della dedizione ad una giusta causa, fino all’immolazione per essa.
Come tanti giovani alpini, da lui ammira-
ti nelle ore più tragiche dell’esperienza vissuta in guerra, capaci di offrire persino la
propria vita in difesa della patria.
«La gioventù è un incendio: ma dove fuoco di ideali non c’è stato - aggiunge - a che
cosa potrà scaldarsi l’anima disillusa?»
Non è un’impresa facile, ma don Gnocchi è fermamente convinto che con i consigli giusti e sotto la guida di un conducente
esperto i giovani possano essere preparati al
domani senza perdere l’ingenuità e la freschezza tipiche della loro condizione, senza
diventare “vecchi” anzitempo, senza che
venga spento «quello slancio vitale che Dio
ha posto nel loro cuore».
Guai a non considerare ogni vita, anche
del giovane più fragile e svantaggiato, come
un capolavoro. I giovani, tutti, devono
mirare a diventare qualcuno: guai a chi patteggia con l’ideale! «I santi non hanno messo limiti alle proprie aspirazioni, mirando fin
all’imitazione di Dio... Ci può essere ammirazione più grande?».
Lo spirito caritatevole e misericordioso
che ha caratterizzato l’intera vita di don
Gnocchi dimostra però che un ideale cessa
di essere tale se diventa egoistico, se non viene messo al servizio degli altri. I giovani
devono spendere le loro fresche e generose
energie per una causa degna: per la patria,
per i poveri, nell’azione sociale, nell’azione
caritativa, nell’azione cattolica; devono avere nel cuore una grande passione, se non
vogliono finire schiavi delle passioni.
Conservare dunque la propria personalità, come preciso e grave impegno con sè
stessi e con Dio, tenendo sempre presente,
durante il cammino verso l’età adulta, che
non c’è uomo identico a un altro.
Intelligenza, logica, ragione, riflessione,
meditazione, contemplazione religiosa,
sono gli strumenti, tutti ugualmente necessari, perché questo sia possibile, per non
andare alla deriva e affondare nella barba-
rie. Don Gnocchi esorta così i giovani ad
apprezzare anche la scuola, come prima e
più grande educatrice dell’intelligenza e
che, come tale, non può essere certo divertente e leggera. E ammonisce: «...perchè se
la testa ci fosse soltanto per asfaltarla di brillantina o appendervi il cappello, non varrebbe la pena di averla».
Avere un pensiero proprio, una convinzione precisa alla base del proprio agire è
necessario anche per difendersi dalla standardizzazione, per limitare i danni che l’azione della massa provoca sulla personalità
dell’individuo.
Una personalità netta e originale
Per chi vive la società di oggi, incessantemente bombardata dai più disparati messaggi, dove i più moderni mezzi di comunicazione rendono facile e molto veloce il contagio delle idee da persona a persona, risul-
ta ancora più evidente come don Gnocchi
sia stato un precursore dei tempi nel suo
coraggioso spendersi a favore della missione educativa verso i giovani e nel suo consapevole affermare la sempre maggior difficoltà a conservare una netta e originale personalità. Personalità, allora come oggi, indispensabile per “salvare” la dignità della persona umana. Dignità intesa come valore
assoluto e indistruttibile da salvaguardare e
tutelare ancor più intensamente e amorevolmente in coloro che si trovano in stato di
maggior bisogno.
«Amate e cercate non soltanto le vette
immacolate delle alpi, dove si respira purezza
di aria e di pensieri; amate anche la compagnia delle vette del pensiero, nei suoi geni più
rappresentativi. Come per le montagne, la
loro conquista però impone sacrificio e lotta
costante!».
Una missione che ancora oggi continua...
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
66
Perapprofondire
LIBRI
MISSIONE UOMO
68
Sergio Toppi (tavole)
Don Gnocchi
Ed. San Paolo, 2010
Ennio Apeciti
Li amò sino alla fine
Centro Ambrosiano, 2009
Luisa Bove
Don Carlo Gnocchi
Edizioni Paoline, 2009
Roberto Parmeggiani
Don Carlo Gnocchi
Ed. San Paolo, 2009
Disponi un lascito testamentario per la Fondazione Don Gnocchi
vai su http://il mio lascito.it
Barbara Garavaglia
MALATO D’INFINITO
Don Gnocchi e le virtù
Centro Ambrosiano, 2013
Edoardo Bressan
Don Carlo Gnocchi,
una vita al servizio
degli ultimi
Mondadori, 2009
Emanuele Brambilla
Don Gnocchi,
il prete che cercò
Dio tra gli uomini
Centro Ambrosiano, 2009
Un recente volume che illustra le virtù
del Beato Carlo Gnocchi attraverso le sue parole,
le sue opere e testimonianze di chi l’ha conosciuto
Contiene QR code per approfondimenti multimediali
Carlo Gnocchi
Restaurazione
della persona umana
Editrice Vaticana, 2009
Carlo Gnocchi
Cristo
con gli alpini
Mursia, 2008
Editoriale
(segue da pagina 1)
Carlo Gnocchi
Poesia della vita
(A. Bazzari - O. Arzuffi)
Ed. San Paolo, 2006
Stefano Zurlo
L’ardimento.Racconto
dellavitadidonCarlo Gnocchi
Rizzoli, 2006
Emanuele Brambilla (a cura di)
«E d’ora in poi sia chiamato Beato»
I volti, le emozioni, le immagini del 25 ottobre 2009
Mursia, 2010
Gaetano Agnini
Don Gnocchi,
alpino cappellano
Mursia, 2011
Carlo Gnocchi
«Dio è tutto qui»
Lettere di una vita
Mondadori, 2005
«Amis ve raccomandi la mia baracca...»
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modo che cessino nel mondo le violazioni
della dignità umana, le discriminazioni e i
soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine
della miseria. Quando il potere, il lusso e il
denaro diventano idoli, si antepongono
questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla
condivisione».
(dal messaggio per la Quaresima)
ANZIANI E VITA FRAGILE. «Le persone anziane sono sempre state protagoniste nella Chiesa, e lo sono tuttora. E
oggi più che mai la Chiesa deve dare esempio a tutta la società del fatto che esse,
malgrado gli inevitabili “acciacchi”, a volte anche seri, sono sempre importanti,
anzi, indispensabili. Esse portano con sé
la memoria e la saggezza della vita, per
trasmetterle agli altri, e partecipano a pieno titolo della missione della Chiesa.
Il prolungamento delle aspettative di
vita, intervenuto nel corso del XX secolo,
comporta che un numero crescente di persone va incontro a patologie neurodegenerative, spesso accompagnate da un deterioramento delle capacità cognitive. Queste patologie investono il mondo sociosanitario sia sul versante della ricerca, sia
su quello dell’assistenza e della cura nelle
strutture socio-assistenziali, come pure
nella famiglia, che resta il luogo privilegiato di accoglienza e di vicinanza.
È importante il supporto di aiuti e di servizi adeguati, volti al rispetto della dignità,
dell’identità, dei bisogni della persona assistita, ma anche di coloro che la assistono,
familiari e operatori professionali. Ciò è
possibile soloin un contestodi fiducia e nell’ambitodi una relazione vicendevolmente
rispettosa. Così vissuta, quella della cura
diventa un’esperienza molto ricca sia professionalmente sia umanamente; in caso
contrario, essa diventa molto più simile
alla semplice e fredda “tutela fisica”.
Si rende necessario, pertanto, impegnarsi per un’assistenza che, accanto al
tradizionale modello biomedico, si arricchisca di spazi di dignità e di libertà, lonta-
ni dalle chiusure e dai silenzi, quella tortura dei silenzi! Il silenzio tante volte si trasforma in una tortura. Queste chiusure e
silenzi che troppo spesso circondano le
persone in ambito assistenziale.
In questa prospettiva vorrei sottolineare l’importanza dell’aspetto religioso e
spirituale. Anzi, questa è una dimensione
che rimane vitale anche quando le capacità cognitive sono ridotte o perdute. Si tratta di attuare un particolare approccio
pastorale per accompagnare la vita religiosa delle persone anziane con gravi patologie degenerative, con forme e contenuti
diversificati, perché comunque la loro
mente e il loro cuore non interrompono il
dialogo e la relazione con Dio.
Cari amici anziani, voi non siete solo
destinatari dell’annuncio del messaggio
evangelico, ma siete sempre, a pieno titolo,
anche annunciatori in forza del vostro Battesimo. Ogni giorno voi potete vivere
come testimoni del Signore, nelle vostre
famiglie, in parrocchia e negli altri
ambienti che frequentate, facendo conoscere Cristo e il suo Vangelo, specialmente
ai più giovani».
Papa Francesco
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