QUALITA` DEL PESCE ALLEVATO

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QUALITA` DEL PESCE ALLEVATO
E’ da poco tempo che la stampa nazionale ed estera si è accorta che “esiste” anche il
pesce allevato. E questo non per fornire notizie sui metodi di allevamento o sugli aspetti
qualitativi, ma unicamente per informare dell’utilizzo eccessivo di antibiotici in
acquacoltura.
" … Antibiotici utilizzati per accelerare la crescita del pesce dall'allevamento…"
Queste sono le pesanti e infondate dichiarazioni della Dr.ssa Paola Testori della
Commissione Europea per la salute e la protezione dei consumatori, apparse l'8
marzo 2001 sul Corriere della Sera “. Sempre nello stesso articolo, ma questa
volta non affermato dalla Testori, si sostiene che "…il pesce d'allevamento, che
sarebbe anche pericolosamente "gonfiato" da chi fa uso continuo di
antibiotici…".
Per i pesci, come per le altre specie animali, l’allevamento è stata una necessità
per poter sopperire alla grande richiesta del mercato.
E bisogna ricordare che l’intensificazione degli allevamenti ittici, soprattutto quello di
specie marine, ha avuto negli ultimi anni due grandi benefici: il primo quello di riuscire a
fornire al consumatore un prodotto a basso costo di buona qualità, il secondo, non meno
importante, di ridurre l’esigenza di ottenere pesce attraverso la pesca in mare, dove le
riserve ittiche sono in costante riduzione. A questo punto appare indispensabile ricorrere
all’allevamento del pesce e a tutto quello che comporta.
Ma consideriamo anche che se pescare poteva essere fino ad ieri un metodo per ottenere
pesce fresco in condizioni naturali, oggi, con la situazione ambientale del mare,
certamente questo pesce può costituire un incognita: cioè un prodotto di cui non
conosciamo la provenienza e la storia. D'altro canto è pur vero che i servizi veterinari di
tutti i paesi comunitari, quello italiano in modo specifico, effettuano dei controlli sul pesce
al fine di escludere qualsiasi patologia o presenza di sostanze indesiderate nelle carni,
anche se questo non esclude che tutte le partite ne siano prive.
Se sull’altro fronte si pensa al pesce allevato, la situazione è molto diversa, in quanto
questo è conosciuto in ogni fase della sua vita: dal momento della produzione delle uova
fino a che viene commercializzato. Il controllo viene effettuato da personale qualificato e
seguito in ogni sua fase da medici veterinari specialisti in acquacoltura. Inoltre le varie
articolazioni del servizio veterinario nazionale controllano periodicamente gli allevamenti
per quanto concerne i mangimi e il pesce, in ottemperanza a specifiche normative
esistenti, non ultime quelle del piano nazionale dei residui. Senza considerare il fatto che
per quegli allevamenti, dove esiste il settore di trasformazione, sono ormai applicate le
regole del sistema HACCP (analisi del rischio e controllo dei punti critici), estendendo il
controllo qualitativo del prodotto a tutta la filiera di produzione, oltre che al prodotto finito.
Per l’alimentazione dei primi stadi larvali vengono utilizzati alimenti vivi fito-zooplancton di
qualità certa e successivamente mangime ottenuto da ditte specializzate che da anni
producono mangime per pesci. Molte delle specie ittiche utilizzate nell’allevamento si
sviluppano rapidamente, se ben alimentate, e non necessitano di anabolizzanti o altre
sostanze per aumentarne la crescita. Infatti l'eventuale utilizzo di antibiotici ad uso
auxinico, nelle specie ittiche avrebbe un effetto contrario, inibendo l'appetito dell'animale e
riducendone la crescita. Inoltre è opportuno considerare che gli anabolizzanti non hanno
alcun effetto sui pesci in quanto questi sono dotati di un metabolismo estremamente
diverso da quello dei mammiferi.
Certamente l’allevamento intensivo che viene condotto comporta talvolta lo sviluppo di
malattie spesso batteriche o parassitarie e in alcuni casi virali. Per questo tutti gli
allevamenti ittici lavorano per attuare una costante e rigida prevenzione delle malattie: un
controllo delle persone che vengono a contatto con le vasche e la strumentazione, e una
disinfezione delle attrezzature che nelle avannotterie arriva fino alla sterilizzazione
dell’acqua in entrata nell’allevamento. Recentemente uno dei sistemi di prevenzione più
efficaci è l’utilizzo di vaccini che, somministrati fino dagli stadi giovanili, rendono i pesci
immuni da alcune infezioni. Comunque quando la malattia si presenta, ma non c’è altro
modo per contrastarla, si fa uso di antibiotici o di sulfamidici, proprio quelli che
recentemente vengono tanto additati per il supposto abuso che ne viene fatto negli
impianti ittici. In realtà è opportuno dire che in Italia per contrastare le malattie dei pesci
sono disponibili solo cinque tipi di antibiotici (Tetracicline, Ossitetracicline, Clortetracicline,
Amoxicillina, Flumequina) più due sulfamidici (Trimetoprim e Sulfamerazina).
Pochi certamente per le esigenze che ci sono. Ma anche questi pochi prodotti vengono
utilizzati con molta oculatezza: solo quando indispensabili e per tempi limitati (giorni 5-7).
Questo perché il loro effetto per periodi prolungati sarebbe inesistente, e per di più
dannoso per i pesci, oltre a risultare una grossa spesa aggiuntiva per l’allevamento. Inoltre
bisogna ricordare che esiste una direttiva comunitaria, di recente ulteriormente rinforzata
e irrigidita, che regolamenta l'uso di antibiotici ponendoli sotto stretto controllo veterinario,
e obbligando all'uso di registri dove vengono riportati i trattamenti effettuati.
Molto spesso ha fatto discutere la somministrazione di antibiotici agli animali allevati, per il
rischio che permanendo la sostanza nelle carni dell’animale trattato in vita, si venissero a
creare fenomeni di antibiotico resistenza per l’uomo stesso.
Per questo motivo ogni prodotto ha un suo tempo di sospensione, che tiene conto oltre
che del tipo di antibiotico usato, anche della temperatura dell'acqua, per assicurarsi che
nelle carni del pesce, destinate al mercato, non vi siano assolutamente residui di farmaci.
Inoltre è utile ricordare che l'eventuale accumulo di antibiotici si verifica essenzialmente
negli organi interni del pesce (fegato, rene, ecc..) che non vengono mai mangiati, al
contrario di quanto accade nelle altre specie animali.
Un’ulteriore garanzia per l’uomo sta nel fatto che l'eventuale utilizzo di antibiotici nel pesce
è confinato prevalentemente nel periodo giovanile, cioè quando è più soggetto a malattie
infettive, e non quando è adulto, ormai dotato di una maggiore resistenza aspecifica e
specifica (immunitaria). Se i pesci vengono a contatto con gli antibiotici, lo fanno per
periodi molto limitati, e soprattutto molto distanti dal momento in cui diventeranno
alimento per l’uomo.
Vorrei concludere dicendo che le avannotterie italiane e gli allevamenti di ingrasso non
solo sono realtà produttive all’avanguardia, rispetto ad altre forme di allevamento, ma
sono anche attività controllate e monitorate continuamente per ottenere un prodotto di
qualità. Questo continuo controllo permette di ottenere un prodotto finale che forse, in
taluni casi è meno saporito di quello pescato, ma che certamente si avvicina di più, per
aspetti qualitativi e igienico – sanitari, agli alti standard richiesti dai consumatori.
Prof. Marco Galeotti
Professore Straordinario di Patologia
Generale Comparata e Ittiopatologia
Facoltà di Medicina Veterinaria
Università degli Studi di Udine