STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI `70

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STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI `70
STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA – ANNI ‘70
(fonte: http://padovasiamonoi.splinder.com/)
Quando parliamo di "Ultras" in Italia, parliamo di qualcosa che, piaccia o meno è finito. Oggi,
anno 2007, possiamo definire i ragazzi che frequentano le curve come "tifosi di curva", o
"curvaioli"; comprendendo in questo insieme tifosi e casinisti, vecchio stile e "casuals".
Chiunque a vario titolo frequenti la curva. Ma parlare di ultras ormai è anacronistico; e questo
da molto prima di Raciti, da quando le curve ed i gruppi hanno cominciato ad autodistruggersi
per lotte di potere interne, per politica, per interessi privati. Questo ed una serie di post che
appariranno prossimamente sono una storia di quello che è stato il movimento ultras, per
conoscere e capire ciò che siamo stati, per farsi un'idea più completa di ciò che potremo essere
in futuro, con gli occhi molto aperti. Venne pubblicata a puntate sulla fanzine "Stile Appiani" nel
2004, ora io la pubblico a puntate su questo blog, sperando di fare ai miei lettori cosa gradita...
Per non dimenticare...
Ultras in Italia
Un tempo il tifo nel nostro paese non era ancora organizzato secondo la visione che ne abbiamo
oggi. Il pubblico frequentava e gremiva si gli stadi (forse anche più di oggi), le partite ogni
tanto finivano in risse ed invasioni di campo (alla faccia di chi crede che la violenza negli stadi
sia arrivata oggi!); ma non esistevano club di tifosi organizzati e men che meno gruppi ultras.
Qualcosa cominciò a muoversi negli anni ’60: fu Helenio Herrera, all’epoca allenatore, dell’Inter
che sulla base della propria esperienza calcistica in Argentina credeva molto nel sostegno del
pubblico, a premere sulla società nerazzurra affinché organizzasse dei club di tifosi che
incitassero i giocatori con cori e slogan. Nacquero così “I moschettieri”, lontani parenti di quelli
che in seguito saranno i “Boys”. anche a Torino, sponda granata, qualcosa si stava muovendo, e
nel 1951 erano già attivi i “Fedelissimi”. Sono i primi club organizzati di tifosi. Cominciano a
vedersi negli stadi le prime grandi bandiere ed i primi “strumenti” di tifo, come trombe,
tamburi e “raganelle”: era un modo “ruspante” di intendere lo stadio ed il tifo. Per arrivare alla
creazione dei primi veri gruppi ultrà, bisogna attendere la fine del decennio, in un’epoca di
grandi cambiamenti e contestazione giovanile. Fra il 1968 ed il 1969 cominciano a vedersi le
prime organizzazioni giovanili di tifosi: a Milano, sponda rossonera, alcuni ragazzi si riuniscono
nel vecchio rettilineo di S.Siro (l’attuale zona centrale del secondo anello) fondando la “Fossa
dei Leoni”, il cui nome viene preso dal vecchio campo d’allenamento del Milan; un anno più
tardi i cugini nerazzurri fondano i “Boys – Furie nerazzurre”, che dopo qualche anno
cambieranno nome in “Boys – S.A.N. (Squadra d’azione nerazzurra)”. A Genova intanto i doriani
danno vita al Sampdoria Club Tito Cucchiaroni, in onore di un giocatore argentino militante in
quegli anni con la maglia biancoscudata: l’ala più giovane del club comincia a farsi chiamare
“Ultras Tito Cucchiaroni”, e sono con buone probabilità il primo gruppo di tifosi in Italia ad
adottare questo nome (la disputa e’ con gli Ultras Granata 1969,ndr). Pare che l’idea sia nata
dall’acrostico di alcune scritte comparse all’epoca sui muri di Genova che dicevano “Uniti
Legneremo Tutti i Rossoblu A Sangue”; ma è più probabile che il nome sia stato scelto per
l’idea di oltranzismo e ribellione che emanava (“Ultras” o “Ultrà” venivano definiti un tempo gli
estremisti politici; e vista l’epoca è questa la tesi più probabile…). Sono queste le prime, vere
organizzazioni giovanili di tifosi, e forse è ancora presto per parlare di “Movimento Ultras”; ma
a partire dagli anni ’70 la situazione comincia radicalmente a cambiare: nel 1971 a Verona
nascono le “Brigate Gialloblù”, primo esempio di tifoseria organizzata in una città di provincia,
forse il gruppo che più di ogni altro (insieme ai romanisti) influenzerà il modo di tifare… A
Roma cominciano a vedersi i primi gruppetti, sia sul versante giallorosso (Centurioni,
Boys,Fedayn) che su quello laziale (Commandos Monteverde, Ultras ’74). Fra il 1973 ed il 1977 il
fenomeno vede una vera e propria esplosione: gruppi di giovani tifosi nascono in quasi tutte le
tifoserie più grandi del Nord Italia (mentre al Sud, escluse le grandi città, il fenomeno fatica a
prendere piede). Bergamo, Bologna, Torino, Genova, Firenze… Ma anche realtà minori come
Vicenza, Alessandria, Modena, Reggio Emilia, Trieste, Padova, Cesena, Catanzaro, Napoli,
Bari… I giovani gruppi di tifosi nella maggior parte dei casi nascono da scissioni con i club
organizzati, a cui rimproverano un eccessivo “pacifismo” in un periodo storico molto carico di
tensioni sociali. I “nuovi” gruppi di tifosi cominciano a posizionarsi nei settori più popolari degli
stadi (molto spesso è il rettilineo o la Gradinata… molti stadi non avevano ancora le curve!), e
ad organizzarsi con stile e gerarchia militare. Nelle gradinate cominciano a vedersi giacche
militari e tute mimetiche, baschi, sciarponi in lana con i colori della squadra del cuore, eskimi…
e sempre più spesso anche caschi da motociclista, bastoni, catene, pistole lanciarazzi. La
politica, parte integrante di tutta la cultura giovanile di quegli anni, entra brutalmente anche
negli stadi. Potremmo dire che il movimento ultras è nato con la politica, ma forse
quest’affermazione non è del tutto esatta: si tratta in realtà di una nuova forma di aggregazione
che parte da fuori lo stadio; dalla piazza o dalla sede di partito, ma anche dai quartieri più
degradati e dalle periferie dove in quegli anni si respira un forte senso di rivincita e di riscatto
sociale. I nuovi giovani tifosi cercano nella fede per la squadra una forma di lotta, portando in
pratica all’interno delle gradinate quella che era la vita di tutti i giorni. Cominciano ad
intravedersi i primi rudimentali striscioni, molto spesso in stoffa con le lettere squadrate e
cucite, e come simboli, teschi, spade, aquile, stelle a cinque punte… Insomma, la
rappresentazione di quello che era l’immaginario collettivo dei tempi in corso. Fanno la
comparsa anche i primi fumogeni (che in quel periodo venivano rubati dai magazzini delle
stazioni ferroviarie o direttamente nei treni, prima che “qualcuno” decidesse di metterle sotto
chiave…); ma soprattutto i primi scontri fra tifoserie, come quelli che nel 1977-78 vedono
contrapposti bergamaschi e granata al termine di Atalanta-Torino; o nello stesso anno veronesi
e bolognesi. Chiaramente la presenza di polizia negli stadi è ancora un’utopia, e dunque entra
un po’ di tutto negli stadi. Gli scontri non dipendono più solamente dall’andamento della partita
(come accadeva in passato); ma da vere e proprie rivalità fra bande di tifosi, molto spesso in
base all’orientamento politico…Chi ha vissuto gli anni ’70 sicuramente non ha dimenticato lo
stato di tensione che attanagliava ogni singola giornata. La politica era un vero e proprio
collante, un ideale che portava allo scontro ed al compimento di vere e proprie stragi ed
attentati (mentre oggi, per la maggior parte dei casi, definirsi di destra o di sinistra è più che
altro una moda…); per le strade, nelle università, sul lavoro i contrasti di natura politica finivano
spesso molto male… In questo contesto nacquero gli ultras, e non è da escludere che a qualche
Ministro ed a qualche Questore la cosa non abbia fatto piacere: certo, era molto più facile
incanalare il disagio sociale dentro la curva di uno stadio e lasciare che trovasse sfogo nel
contesto calcistico, piuttosto che lasciarlo libero per le strade con conseguenze facilmente
immaginabili… come è chiaro che i primi gruppi ultras avessero una forte connotazione politica
(per la maggior parte a sinistra, poiché questa era la “colorazione” della maggior parte dei
giovani italiani in quel periodo), ma che tendevano a separare da ciò che era la fede calcistica.
Col tempo l’ideologia politica comincerà piano piano a sparire dalle curve, anche se nei vari
striscioni teschi, spade e stelle a cinque punte rimarranno ancora per molti anni, svuotati dal
loro significato “politico” e visti più come il logo del gruppo. Nella seconda metà degli anni
settanta si contano già diversi gruppi ultras nelle maggiori città del Centro-Nord; ed all’interno
di molte tifoserie i vari gruppi arrivano ad unirsi dietro un'unica insegna, unire le forze per il
bene della tifoseria stessa: con questo sistema i tifosi del Toro danno alla luce gli “Ultras
Granata”, che negli anni ’70 sono una tifoseria molto temuta, invidiata ed imitata da tutti…
Qualche anno più tardi anche i romanisti provano a seguire l’esempio: “In quegli anni l’Olimpico
era un brulicare di gruppetti e compagnie di quartiere, tutti molto validi, ma poco organizzati e
poco numerosi. Nel 1977 tutti questi gruppetti decisero di unire le forze, per dar vita al più grande,
il più fedele, il più combattivo gruppo ultrà (dalle parole di un ultras romanista dell’epoca)”.
Nacque così il Commando Ultrà Curva Sud, che negli anni a seguire rappresenterà un vero e
proprio punto di riferimento per l’interno movimento ultras italiano, prontissimo a copiarne i
cori e le gesta. Di lì a poco anche i cugini laziali ne copiarono l’idea (“Eagles Suporters”, 1979).
Sul finire degli anni ’70 il movimento ultras prende sempre più piede, e gli scontri fra tifoserie
aumentano: non esistono ancora negli stadi i famigerati “settori ospiti”, figuriamoci le scorte
per le trasferte. Uno degli “sport” preferiti dell’epoca è quello di invadere la curva degli
avversari, occupandone il territorio e strappandone gli striscioni; riadattamento di una
tradizione molto in voga in Gran Bretagna in quel periodo fra i gruppi di hooligan, il “Take the
end”, che consisteva nel mischiarsi ai tifosi avversari per poi colpirli a tradimento e
conquistarne la curva. Sempre in quel periodo, tuttavia, cominciano a nascere le prime alleanze
fra opposte tifoserie, quelle che di li a qualche anno prenderanno il nome di “gemellaggi”:
altro non sono che l’unione di due o più tifoserie verso una squadra nemica in comune. Ad
esempio, l’odio comune per la Juve porterà viola e granata a stringere uno storico rapporto
d’amicizia. Dal canto loro i bianconeri si uniranno ai bergamaschi, che nel 1976 si erano
duramente scontrati con i granata. È curioso notare come molti dei rapporti di amicizia nati in
quegli anni nel tempo si deterioreranno, trasformandosi in feroci rivalità. Esempi più
clamorosi? Juve-Roma-Atalanta, Toro-Lazio, Verona-Roma, Milan-Genoa. Le tifoserie italiane
sono una via di mezzo fra le “torcidas” sudamericane (per via del tifo ruspante e caloroso) ed i
“mob” inglesi (per via della violenza e degli scontri che si fanno via via sempre più feroci); e
proprio questa morbosa ammirazione per gli hooligans porterà in quel periodo alcuni
esponenti delle Brigate Gialloblù di Verona ad una serie di viaggi oltremanica, per seguire da
vicino le gesta degli “Head Hunters” del Chelsea. Un fattore questo che nel corso del decennio
successivo condizionerà non poco la storia degli ultras gialloblù…
Gli anni ’70 si chiudono con una tragedia: il 28 ottobre 1979, pochi minuti prima del derby fra
Roma e Lazio, un razzo sparato dalla curva giallorosa colpisce in pieno volto Vincenzo Paparelli,
tifoso laziale appostato in Curva Nord, uccidendolo. L’intera giornata sarà funestata da gravi
incidenti: nella stessa domenica scontri fra opposte tifoserie anche prima, durante e dopo
Ascoli-Bologna e Brescia-Como. Il mondo del calcio si sveglia sotto chock, chiedendosi il
perché di tante cose… Forse il fenomeno era stato sottovalutato, forse gruppi estremistici
finanziavano i tifosi più giovani, forse a qualcuno faceva comodo che le cose andassero così,
forse… Alla fine, dopo tante parole, il governo se ne esce con la proposta di vietare striscioni
riportanti nomi, slogan e simboli che possano in qualche maniera inneggiare alla violenza. Ne
farà le spese il C.U.C.S Roma, costretto per qualche anno a cambiare nome in “I Ragazzi della
Sud”, ne faranno le spese pochi altri gruppi in Italia. Alla fine non cambierà proprio nulla, se
non che l’Italia per la prima volta si interroga sul problema della violenza negli stadi, e per la
prima volta il nome degli ultras balza agli “onori” delle cronache; tanto da ispirarne un libro, il
primo libro sul tifo organizzato che uscirà di li a pochi mesi: “Ragazzi di Stadio” di Daniele
Segre… Per la cornaca: dopo molti anni l’intero mondo del calcio si dimenticherà di Vincenzo
Paparelli, della sua famiglia, e di tutte le promesse fatte sul momento; gli unici che manterranno
la promessa fatta di onorarne la memoria e di un fattivo appoggio alla famiglia saranno…
proprio un gruppo ultras, un gruppo di appartenenti a quella categoria che lo aveva ucciso: gli
Irriducibili Lazio (questa comunque è un’altra storia…)!

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