il mondo ctonio

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IL MONDO CTONIO
di Claudio Composti
Pozzo di Santa Cristina, Sardegna
Il III incontro dedicato al ciclo di dibattiti per la mostra “Natura Anfibia : incontro tra
Arte Magia e Scienza”, ci porta ad affrontare uno dei temi più affascinanti e antichi
quanto l’uomo: Il tema della Terra Madre e del mondo mistico legato ad essa: dalla
musica della Natura, ai segni/simboli che l’uomo ha sentito il bisogno di tracciare come
narrazione del proprio vivere, attraverso i segni rupestri o i simboli delle catacombe.
Il culto della Terra come Grande Madre risale a tempi ancestrali. Sarebbe una divinità
femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie note, in cui si manifesterebbe
la terra, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino.
I 3 artisti invitati questa sera ci danno lo spunto per parlare di queste tematiche
attraverso le loro opere: MOG, Pinuccio Sciola e Simone Pellegrini.
A dimostrazione ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che partendo dall’Arte si può
arrivare a parlare di religione, magia e scienza senza nessun problema di
sovrapposizione o timore di uscire fuori tema.
La GRANDE MADRE dunque corrisponde nelle varie culture alla MADRE TERRA,
associata spesso ad ambientazioni rupestri e cavernose, per sottolineare l’origine
ctonia,sotterranea. L’uomo primitivo ha avuto il bisogno di abitare le grotte, lasciando i
segni del suo passaggio: pensiamo alle Grotte spagnole di Altamira, famose per le
pitture rupestri del Paleolitico superiore, raffiguranti mammiferi selvatici e figure umane.
L'interpretazione di queste figure è discussa e varia da quella magico-simbolica, legata
a riti religiosi di tipo sciamanico a quella di figure fatte prevalentemente per passatempo
da pastori fermi a guardia di greggi che pascolavano nei dintorni.
Però non furono solo i pastori primitivi a lasciare segni e simboli sottoterra o nelle grotte.
Pensiamo ai primi cristiani: vivevano in una società prevalentemente pagana ed ostile.
Simboli che l’opera di Simone Pellegrini ci riporta alla memoria.
Un bisogno insito in noi perché affonda le radici in qualcosa che ci appartiene. Bisogno
che si realizza non solo attraverso il disegno o le parole, bensì anche attraverso la
musica: non esiste popolo che non abbia nella propria cultura una danza, un canto, una
musica che accompagni la vita sociale: sacra, di svago, apotropaica, la musica e il
suono sono parte di noi tanto quanto il linguaggio o, in mancanza di esso, di forme
comunicative alternative: disegni,appunto, fischi, suoni o segni (pensiamo i geroglifici)
formano dei codici, a volte ancora incomprensibili e inspiegabili (come i famosi cerchi
nel grano – che aprono un capitolo ancor più delicato e vasto quale i mondi alieni o le
linee di Natzca).
Pinuccio Sciola, con le sue sculture, ci fa sentire uno di questi codici del Cosmo e della
terra: il suono delle pietre. Pietre che trova nella sua terra, la Sardegna, che già è
ancestrale e ricca di segni come i Nuraghes, torri in pietra di forma tronco conica
ampiamente diffusi in tutto il territorio della Sardegna e risalenti al II millennio a.C. circa.
La datazione dei nuraghes è incerta e le attuali date vanno attribuite solamente ai
manufatti trovati all'interno di ciascun edificio.
Sulla loro funzione archeologi e storici non sono concordi nel ritenere che fossero
unicamente degli edifici a carattere civile-militare, destinati al controllo e alla difesa del
territorio e delle risorse in esso presenti. Molti dubbi non sono stati chiariti e c'è chi si
interroga ancora sulle tecniche di costruzione utilizzate per costruirli. Tra i tanti usi
ipotizzati, c'è quello di fortezza, di parlamento (o comunque sede delle decisioni
comunitarie), di tempio o di sancta sanctorum residenza del capo del villaggio, o varie
combinazioni fra queste possibilità.
Pensiamo al pozzo di Santa Cristina: costituisce una delle più importanti aree sacre
della Sardegna nuragica. Il tempio a pozzo, orientato N/NO e S/SE, è costituito da un
atrio, una scala discendente e una tholos sotterranea che custodisce la vena sorgiva.
Ancora oggi dagli interstizi della muratura della camera filtra l'acqua sorgiva,
particolarmente abbondante nell'inverno-primavera.Il pozzo sacro è probabilmente da
collocarsi verosimilmente nell'XI sec. a.C. dove si praticava il culto delle acque.
Per le sue forme geometriche perfette e per il suo orientamento, continua ancora oggi
ad affascinare con il suo aspetto misterioso.
In alcuni momenti dell'anno, come gli equinozi e i solstizi, si dice infatti che i raggi del
sole entrino nella scala fino a toccare l'acqua e ogni 18 anni e 6 mesi la luce della luna
piena entrerebbe invece dal foro all'apice della tholos per specchiarsi nel pozzo: le
tombe a thòlos (che in greco significa cupola) sono monumenti funerari risalenti come
tipologia alla tarda età del bronzo. Sono costituiti da un vano circolare, sottostante ad un
tumulo di terra e coperto con cerchi concentrici di blocchi lapidei a costituire una sezione
più o meno ogivale.
Secondo alcuni studiosi i pozzi sacri furono costruiti seguendo un particolare
orientamento astronomico. Secondo questa affascinante ipotesi, la luna nella sua
massima declinazione (ogni 18 anni e mezzo) si specchierebbe esattamente dentro il
pozzo attraverso il foro sopra il thòlos. Seguendo questa teoria, attraverso le scalinate di
accesso alla sorgente, il sole si rifletterebbe anch'esso in determinati pozzi sacri,
durante gli equinozi primaverili ed autunnali, mentre in altri, invece, durante i solstizi
estivi ed invernali.
Si suppone che i riti periodicamente celebrati nei templi dell'acqua sacra erano collegati
alla fertilità della Dea Madre terrestre invocando anche l'intercessione della Luna
considerata la Dea Madre celeste.
Dea Madre (il tema iniziale della discussione torna) che MOG interpreta attraverso il
simbolo per eccellenza della femminilità: la vulva. E l’ingresso del pozzo ipogeo, ricorda
una grande vagina in cui si scende per riemergere come rinati, carichi di energia nuova.
Un viaggio simbolico nell’Ade, nel ventre della Madre Terra che partorisce di nuovo i
propri figli rinati alla luce e torna a vedere il cielo.
Cielo e Terra ancora una volta si specchiano uno nell’altra, una corrispondenza tra
macrocosmo e microcosmo, di cui l’uomo non è che partecipe in quanto parte di un tutto
in reciproca continua mutazione/influenza. La magia della vita.