Metodi infinitesimali File
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58 Storia delle Matematiche 1 a.a. 2014-15 Capitolo III La determinazione della retta tangente nel XVII secolo 1. La retta tangente nella Géométrie di René DESCARTES (1596-1650) Nato a La Haye, in Francia nel 1596, la sua famiglia era agiata, apparteneva alla cosiddetta “noblesse de robe”. Fu allievo del collegio dei gesuiti di La Fleche, dove ricevette una moderna educazione sia in matematica, sia in fisica (che includeva le scoperte di Galileo sul telescopio), sia in filosofia e negli studi classici. Laureatosi in legge all’Università di Poitiers nel 1616, viaggiò a seguito di diverse campagne militari. Ebbe così l’occasione di visitare molti paesi come la Francia, l’Olanda, la Germania, l’Ungheria e l’Italia. Nel 1617 entrò come volontario nell’esercito di Maurizio di Nassau, principe d’Orange e nel 1618 incontrò a Breda Isaac Beeckmann, che lo iniziò alla ricerca scientifica, proponendogli vari problemi, soprattutto di meccanica e di acustica. Si accostò, su suggerimento di Beeckmann ai testi di Pappo e di Diofanto e agli scritti degli algebristi cossisti tedeschi, come Rothe e C. Clavius. Questi ultimi gli furono consigliati da un insegnante di Uhlm, J. Faulhaber. Nel Discour de la méthode e in lettere ad amici Descartes confessò di aver ideato nel 1619 una scienza completamente nuova. In quel periodo 1619-20 era a seguito del duca di Baviera e proprio nell’inverno del 1619 mise a punto le sue quattro famose regole per la ricerca della verità: 1. accettare per vero solo ciò che è evidente 2. dividere le difficoltà in parti, per meglio risolverle 3. ordinare i pensieri dal semplice al complesso 4. fare ovunque enumerazioni complete. Nel 1620-28 andò viaggiando e sul finire del 1628 decise di stabilirsi nei Paesi Bassi. Durante tale soggiorno stese un trattato di metafisica e ebbe notizia di uno straordinario fenomeno, quello dei pareli (rifrazione dei raggi solari sulle alte nubi dell’atmosfera, responsabile della formazione di dischi luminosi attorno al sole), osservato a Roma il 29 marzo 1629. Si applicò allora allo studio della fisica e scrisse l’opera Del mondo (1632-33) in cui mostrava di preferire il sistema copernicano a quello tolemaico, ma la condanna di Galileo (1633) lo convinse a desistere dalla pubblicazione di questo libro. Nel 1631 il suo amico Jacob Golius lo invitò a risolvere un celebre problema dell’antichità: il problema di Pappo per 3 o più rette. Descartes applicò al problema la sua nuova metodologia e lo risolse in generale per un qualsiasi numero di rette. Questa circostanza lo portò a scrivere l’esposizione sistematica della sua nuova teoria analitica nel trattato Géométrie che venne pubblicato a Leida nel 1637, insieme alla Dioptrique e alle Metéores, tutte e tre Appendici del Discour de la méthode. Nella Diottrica esponeva parte delle teorie elaborate nel Traité du monde sull’ottica e in particolare sul fenomeno della rifrazione, mentre nelle Meteore troviamo le sue teorie sulla natura della luce e dell’arcobaleno. La Géométrie contiene invece le prime basi della moderna geometria analitica. Presupposto per il costituirsi di questa disciplina era l’interesse che nel XVII secolo venne ad avere lo studio delle curve e la ricerca di metodi di generale applicazione per ottenere le conoscenze desiderate sulle proprietà di alcune curve. I greci si erano limitati a risolvere i loro problemi caso per caso, con ingegnosi accorgimenti, ma senza produrre un’impostazione generale. Fu questo forse il motivo principale che spinse Descartes a ideare e costruire una nuova geometria. A ciò si deve anche aggiungere che a quell’epoca, l’algebra era una disciplina molto popolare e importante, dopo i successi ottenuti sulle equazioni di terzo e quarto grado dai matematici italiani del Rinascimento. Mancava però un legame con la geometria. Per questi motivi nel Discour de la méthode Descartes confessava: “Quanto poi all’analisi degli antichi e all’algebra dei moderni,oltre a riferirsi esclusivamente a materie astrattissime e che sembrano inutili, la prima è talmente 59 vincolata alla considerazione delle figure da non poter esercitare l’intelletto senza affaticare molto l’immaginazione, e la seconda è talmente assogettata a certe regole e a certe cifre da divenire un’arte confusa e oscura, che confonde la mente invece di coltivarla.” Nel 1641 Descartes pubblicò le Meditationes de prima philosophia, che furono attaccate dal G. Voet, rettore dell’Università di Utrecht. Nel 1643 iniziò la sua corrispondenza epistolare con la principessa Elisabetta. Nel 1644 vennero editi i Principia Philosophiae e nel 1649 Descartes accolse l’invito rivoltogli dalla regina Cristina di Svezia a recarsi alla sua corte a Stoccolma, dove però non sopravvisse al rigido clima nordico e morì il giorno 11 febbraio 1650. Géométrie 1637 Nel libro I intitolato “Problemi che si possono costruire usando soltanto cerchi e rette” vengono presentate le notazioni B algebriche moderne: x, y, z, ... per le incognite e a, b, c, ...per le A costanti; +, x, - e la linea di C E D frazione per le quattro B operazioni e xx, x3, x4, ...per le potenze. Tale simbolismo A verrà seguito da quasi tutti i matematici dopo il 1637 e D dominerà incontrastato nella seconda metà del secolo. Dopo I l’introduzione delle notazioni Descartes spiega come possono essere interpretate geometricamente le operazioni aritmetiche e quelle algebriche. K F H Vediamo ad esempio la moltiplicazione: AB=1, DB=a, BC=b G unisce A con C e traccia la parallela ad AC, che incontra BC in E, per cui in virtù della similitudine si potrà scrivere AB:BC = BD:BE, 1: b a: BE, BE = ab. Divisione: analogamente per dividere BD per BC si unisca D con C e si prenda AB=1 e si tracci da A la parallela a CD, per cui O N DB: BC = AB:BE, a: b 1: BE, BE = b: a. Estrazione di radice: se GH=a per esprimere in modo geometrico a si prende FG=1 e M L con centro nel punto medio K di FH si traccia il cerchio di raggio FK, il segmento IG perpendicolare a FH sarà il cercato IG 2 FG GH, b 2 a , b= a Equazione z 2 az b 2 E C a a2 b2 2 4 Dati a e b si tratta di trovare geometricamente z. Si innalza sull’estremo L del segmento a LM=b la perpendicolare NL= e si traccia il cerchio di centro N e raggio NL. Unendo N e M 2 e prolungando fino ad incontrare la circonferenza in O, si trova la radice cercata OM=z OM = ON + NM z a a2 OM b2 2 4 60 Problema di Pappo Descartes attribuisce grande importanza alla risoluzione di questo problema che i Greci avevano risolto solo nel caso di 3 e 4 rette. Si tratta della determinazione di un particolare luogo geometrico, che Descartes ottiene tramite l’introduzione delle coordinate. Nella sua formulazione più generale l’enunciato del problema è il seguente: se sono date un certo numero di rette ri nel piano e i sono degli angoli dati e di i segmenti che rappresentano le lunghezze dei segmenti Pri dove P è un punto generico del piano, in modo tale che i segmenti formino con le ri angoli dati i ( per cui se i fosse un angolo retto, i di sarebbero le distanze dei punti dalle rette), il prodotto dei di dalla metà delle rette sta a quello dall’altra metà in un certo rapporto fissato :. Si tratta in altre parole di esprimere il luogo geometrico dei punti P che soddisfano le seguenti proprietà: 3 rette d1 d 2 : d 3 2 : 4 rette 2n1 2n d d d 1 1 1 d 2 : d 3 d 4 : d 2 ....d n : d n1 d n2 ...d 2 n1 a : d 2 ....d n : d n 1 d n 2 ...d 2n : Nel caso di 3 e 4 rette il luogo è una conica, come dimostrò già Pappo, mentre in generale se le rette non sono tutte parallele è una curva. Descartes affrontando il problema al termine del primo libro della Géométrie pone le coordinate d1=y e fissa uguale ad x la distanza sulla retta r1 da un punto fisso A (origine degli assi) e dall’intersezione di d1 con r1. Con semplici considerazioni geometriche egli mostra che tutti i di si possono esprimere linearmente in x e y, per cui si può scrivere d i ai x bi y ci e osserva che nel caso di ri tutte parallele, non compare x nell’espressione dei di. I prodotti, di cui sopra, diventano dunque espressioni algebriche in x e y di grado al più uguale ad n. Risulta infatti nel caso di 2n rette l’equazione y (a 2 x b2 y c 2 )..... a n x bn y c n a x bn1 y cn1 ....a 2n x b2n y c2n . n 1 61 Le posizioni assunte da Descartes sull’esistenza delle equazioni dei luoghi geometrici, della costruibilità per punti di ciascuna curva e dell’equivalenza di tali costruzioni con il tracciamento delle curve con moto continuo (un’affermazione non dimostrabile) lo portano a concludere che ogni equazione corrisponde ad una curva. Egli chiama queste curve curve geometriche e le distingue da quelle P meccaniche, ottenute con la composizione di moti. Le sue curve geometriche corrispondono alle curve algebriche, mentre quelle meccaniche alle curve trascendenti. Nella sua geometruia egli rifiuta le curve meccaniche e accetta solo le altre (geometriche, C algebriche). Determinazione della retta tangente Per le curve geometriche Descartes elabora un metodo per determinare la tangente nel libro secondo della Géométrie. Egli determina in realtà la normale alla curva, un problema equivalente a quello, essendo la normale sempre perpendicolare alla tangente nel punto dato. Data l’equazione della curva F(x, y) =0 se si desidera trovare la normale nel punto P(a, b) si considera il cerchio avente centro su uno degli assi e si studiano le intersezioni con la curva. Imponendo che tali intersezioni coincidano nel punto in cui si vuole la normale, il raggio del cerchio indica la posizione della retta normale per il fatto che è ben noto che il raggio è sempre perpendicolare alla tangente. Dunque dall’equazione risultante del sistema formato fra la curva e la circonferenza, utilizzando il principio d’identità dei polinomi, ovvero il metodo dei coefficienti indeterminati si giunge ad un sistema che permette di trovare le incognite del problema. Se il sistema fra la curva e la circonferenza è il seguente F x , y 0 x c 2 y 2 r 2 sostituendo il valore di y della prima equazione nella seconda, si ottiene l’equazione risultante di grado n 2 che si può esprimere nella forma x, c, r 0 Tale equazione andrà confrontata con l’equazione in cui due intersezioni coincidono in x=a, cioè con l’equazione n x a 2 x n 2 i x n i 0 . i3 Il sistema ottenuto dal confronto dei coefficienti delle due equazioni permetterà di ottenere c ed r e dunque di risolvere il problema scrivendo la retta per P e il centro C del cerchio. Si tratta di un metodo molto rigoroso, ma applicabile solo a curve algebriche. Esempio: Si consideri la curva y=x4 e si determini la retta normale nel punto di ascissa x=a. Descartes considera il sistema y x4 x c 2 y 2 r 2 da cui trae x 8 x 2 2cx c 2 r 2 0 che va confrontata con x a2 x 6 px5 qx4 sx 3 tx 2 zx v 0 che in x=a ha due soluzioni coincidenti. Dal confronto delle due equazioni 62 x 8 x 2 2cx c 2 r 2 0 e x 8 ( p 2a) x 7 (q 2ap a 2 ) x 6 ( s aq a 2 p) x 5 (t 2as a 2 q) x 4 ( z 2at a 2 s) x 3 (v 2az a 2 t ) x 2 (a 2 z 2av) x a 2 v 0 si ricava il sistema di otto equazioni in otto incognite, che permette di risolvere il problema: z 2at a 2 s 0 p 2a 0 q 2ap a 2 0 s 2aq a 2 p 0 t 2as a 2 q 0 v 2az a 2 t 1 2av a 2 z 2c a 2v c 2 r 2 Determinato c si può scrivere l’equazione della retta normale passante per i due punti P e C. Nei commenti all’edizione latina della Géométrie curata dall’olandese Frans van Schooten ed edita nel 1649 (e poi in edizioni successive apparse in 2 volumi nel 1659-61, nel 1679 e nel 1695) Schooten cercò di semplificare il metodo di Descartes introducendo al posto del cerchio una retta secante e imponendo che le due intersezioni con la curva coindano in un punto solo, quello di tangenza. Johann Hudde nel suo Commento alla stessa opera fornì delle scorciatoie di calcolo per evitare le lungaggini del metodo di Descartes, soprattutto nella parte finale dei sistemi di equazioni. 2. Massimi, minimi e retta tangente in Pierre Fermat (1601-1665) Il padre di Fermat era commerciante; ricevette un’educazione classica, conosceva infatti sia il latino che il greco, oltre al francese, l’italiano e lo spagnolo. Successivamente scelse la professione di magistrato che esercitava a Tolosa. Come matematico diede contributi nel campo della geometria analitica, del calcolo infinitesimale (Laplace e Lagrange lo considerarono l’iniziatore del calcolo differenziale), del calcolo delle probabilità e della teoria dei numeri. Dalle lettere e dagli scritti spediti a contemporanei è possibile risalire al suo sviluppo come matematico. Nell’ambiente culturale francese Fermat era una figura un po’ isolata, soprattutto perché viveva a Tolosa, nel sud della Francia, lontano da Parigi, che era il vero centro culturale dell’epoca. Tuttavia Fermat intrattenne una fitta corrispondenza con Mersenne, che lo mise in contatto con Descartes, Roberval e Pascal. Approfondì lo studio delle opere di Viète, da cui apprese la nuova algebra simbolica e la teoria delle equazioni, strumenti che utilizzò moltissimo nella sua ricerca. Egli stesso dichiarava di essere sulla scia di Viète. Approfondì anche lo studio dei classici, quali Euclide, Archimede, Apollonio e Diofanto. I suoi lavori hanno per lo più il carattere di brevi saggi o lettere ad amici; quasi nulla venne scritto in vista della pubblicazione. I suoi contributi vennero editi dal figlio Samuel nel 1679 col titolo Varia Opera Mathematica. Inoltre Fermat amava scrivere in margine ai suoi libri le idee che gli venivano in mente. Per esempio la maggior parte dei suoi risultati in teoria dei numeri venne pubblicata dal figlio sulla base delle note marginali all’edizione dell’Arithmetica di Diofanto a cura di Bachet de Méziriac e nella seconda metà del Seicento fu pubblicata una nuova edizione di quest’opera coi commenti di Fermat. Nel ‘700 Fermat era poco noto, proprio perché pubblicò pochissimo; solo verso la metà dell’800, soprattutto grazie al rinascere delle ricerche in teoria dei numeri, nacque un nuovo interesse per questa figura di scienziato geniale, ma piuttosto riservato. Nel 1629 Fermat trovò un nuovo metodo per la risoluzione dei problemi di massimo e minimo, che tuttavia non dimostrò rigorosamente, per cui divenne oggetto di discussioni tra i matematici dell'epoca. Con il suo metodo Fermat risolve tre tipi di problemi: 63 problemi di massimo e di minimo, fra i quali quello di trovare il cilindro di superficie massima inscritto in una sfera e il problema della rifrazione della luce; problemi delle rette tangenti alla parabola, all'ellisse e ad altre curve; problemi di determinazione di centri di gravità. Per le curve algebriche y=f(x) elaborò un metodo ingegnoso per trovare i punti in cui la funzione assume un valore massimo o minimo. Confrontò il valore di f(x) in un punto con il valore di f(x+E) in un punto a questo molto vicino; solitamente questi valori risultano diversi, ma nei punti di massimo o di minimo di curve continue la differenza dei valori di ordinate infinitamente vicine è quasi impercettibile, per cui se si indica con a l’ascissa del punto di massimo o minimo, si può scrivere che f a f a E si stabilisce cioè una adeguaglianza, o “quasi eguaglianza”. Effettuata questa Fermat procede nel trattamento con metodi algebrici delle quantità trovate, semplifica, poi divide per E (supponendo dunque implicitamente che E sia diverso da 0) e infine pone E=0. I valori così ottenuti forniscono le ascisse dei punti massimo o minimo della curva considerata. Con questo metodo, pur non giungendo ancora al concetto di limite, fu il primo ad ideare il f ( x E ) f ( x) rapporto incrementale , gettando così le basi del futuro concetto di derivata. E Ecco come nel saggio Methodus ad disquirendam maximam et minimam (del 1637, ma pubblicato nel 1679 in Varia Opera Mathematica) il metodo di Fermat si esplica sul seguente problema di ricerca del massimo: "dato il segmento di lunghezza b dividerlo in due parti, in modo che il loro prodotto sia massimo, cioè sia massima l’area formata da queste parti": ab a (a E)b a E Si ottiene quindi: ab a 2 ab a 2 aE bE aE E 2 da cui 0 2aE bE E 2 e dividendo per E: 0 2a b E ponendo poi E=0: b a 2 cioè è il quadrato la figura di area massima così costruita. Si noti che la terminologia e il simbolismo utilizzati da Fermat quando stabilisce l’adeguaglianza e quando poi giunge al risultato finale è il seguente: B in E adaequabitur A in E bis+Eq B adaequabitur A bis. Fermat applicò il suo procedimento per trovare i massimi e minimi alla determinazione della retta tangente ad una qualsiasi curva algebrica. La retta tangente per Fermat era, come per i Greci, quella retta che lasciava la curva tutta da una stessa parte, e per questo la sua determinazione poteva essere collegata al problema dei massimi e dei minimi. Infatti se si vuole la tangente in P 0(x0, y0) appartenente alla curva y = f(x) una volta scritta la retta per P0 y y0 x x0 si determinano i punti di massimo o di minimo della funzione y y0 x x0 64 ora si vede che se la curva è concava verso il basso, P0 sarà un punto di massimo essendo nulla in x=x0 e per il resto y y 0 x x 0 0 , mentre se la curva ha la concavità rivolta verso l’alto y y 0 x x 0 0 , cioè P0 sarà un punto di minimo. Applicando dunque il metodo dell’adeguaglianza alla funzione semplificata, ma equivalente f x x con ad esempio un massimo in x0 si avrà f x 0 x 0 f x 0 E x 0 E Se la curva fosse y x si avrebbe 2 x 0 2 x 0 x 0 E x 0 E 2 x 0 2 x 0 x 0 2 E 2 2 Ex 0 x 0 E E 2 2 Ex 0 E 0 E 2 x0 0 2 x0 0 2 x0 . 3. Roberval e la determinazione della retta tangente per via cinematica Roberval considera un punto che descrive con il suo moto la curva; pensa alla velocità e dice che essa è tangente alla curva, per cui nota la velocità del punto è nota la direzione della retta tangente: "La direzione del movimento di un punto che descrive la curva è la retta tangente della curva in ogni posizione di quel punto." P Questo assioma era già stato ammesso da Galileo e da Torricelli, e Roberval lo pone in modo esplicito per poter enunciare la sua regola per determinare la retta tangente ad una curva in un punto dato: "Per le proprietà specifiche della curva, che vi sono date, esaminate i diversi movimenti che compie il punto che la descrive proprio là dove intendete condurre la tangente: componete poi tutti questi movimenti in uno solo, tracciate la linea che rappresenta la direzione del moto composto e avrete la tangente alla curva." Caratteristica di Roberval è la possibilità, ammessa a priori, di scomporre la velocità in infiniti modi: "Ogni moto può essere scomposto in infiniti modi". 65 Il metodo di Roberval consiste nell’esprimere la velocità con la teoria dei moti composti, esaminando le proprietà della curva, che suggeriscono le scomposizioni opportune. Nel caso dell’ellisse, Roberval afferma: "Si abbia un’ellisse e sia F un punto sulla curva. Tracciamo le rette I D BFC e AFD condotte a partire dai fuochi A e B. Siccome il punto F si allontana da uno dei punti A e B tanto quanto si avvicina all’altro, è sufficiente dividere l’uno dei due angoli AFC o BFD in due parti B F uguali tramite la retta FI che sarà la tangente." C Essendo AF+BF = costante si può pensare di scomporre la velocità di F in due velocità uguali in modulo: l’una diretta verso D, l’altra verso B e dalla loro composizione si può costruire la tangente. In termini moderni, se u1 , u2 sono le due velocità, tali che | u1 | = | u2 |, componendole si trova F' e la sua direzione, dunque la tangente. Il risultato trovato da Roberval è esatto, come la moderna teoria può dimostrare. Se (r,θ) sono le coordinate polari, 1 e 2 i versori di F A e di F B , 1 e 2 i versori ortogonali nel senso di θ crescente in senso antiorario; A e B i fuochi dell’ellisse e F un punto sull’ellisse, considerando come piano di riferimento dapprima il piano solidale con AF = r1 le componenti di F' saranno: A v F r1 1 r1 11 B Considerando ora il piano solidale con BF = r2,si avrà v F r2 2 r2 2 2 α1 e per conoscere l’angolo compreso fra v F e AF oppure BF basterà considerare v F 2 r2 ed essendo r1+r2 = cost., r1 r2 = 0 cioè r1 r2 , v F 1 r1 F da cui v F 1 v F 2 , cioè | v F | cosα1 = - | v F | cosα2, α2 A dunque α1 = α2, cioè la tangente coincide con la bisettrice dell’angolo BFD. 66 Se si considera la parabola y 2 2 px la retta tangente sarà la bisettrice dell’angolo formato dalla congiungente il punto col fuoco e dalla parallela all’asse passante per il punto. 1 2 P i T F(p/2,0) vP xi yj vP vP i x ed essendo vP vP i vP cos 1 cos 2 1 2 2 . 4. Il metodo di Isaac Barrow (1630-1677) con l’uso degli infinitesimi Amante dei classici, l’inglese John Barrow nel 1655 emigra a causa della dittatura di Cromwell e ritornerà in Inghilterra nel 1660, con la restaurazione di re Carlo II sul trono, diventando professore di greco a Cambridge, poi professore di geometria a Londra e nel 1663 ottiene la cattedra lucasiana di geometria a Cambridge. Fra i suoi allievi ebbe Isaac Newton. Il suo nome è legato al teorema di inversioneo teorema fondamentale del calcolo integrale che costituisce il vero iniziodel calcolo infinitesimale moderno, l’anello di congiunzione fra il calcolo integrale (problema di aree, volumi, …) e quello differenziale (tangenti). Nelle sue Lectiones opticae et geometricae del 1669-70 al Trinity College di Cambridge Barrow propone di risolvere il problema delle tangenti, introducendo incrementi alle variabili, precisamente l’incremento a alla x e l’incremento e alla y. L’equazione della curva espressa in forma implicita F(x,y)=0 si intende valida ancora per le Q variabili incrementate F(x+a,y+e)=0. P(x0,y0) e Si passa così dal punto P(x0,y0) al punto a Q(x0+a,y0+e). Sviluppata l’espressione così ottenuta Barrow trascura tutti i termini in cui a ed e y hanno grado maggiore o uguale a 2, affermando che se 0 a 1, a 2 a e per valori piccolissimi di a è trascurabile rispetto ad a. Lo stesso St ragionamento è ripetuto per e, per cui trascura i 3 2 3 2 termini in cui compaiono a , a ,e ,e . 67 Dalla similitudine fra il triangolo finito formato dalla tangente, dall’ordinata e dalla sottotangente e quello di lati infinitesimi a, e e l’elemento infinitesimo di curva deduce la sottotangente in P(x0,y0): S t : y0 a : e può ricavare il rapporto e/a e dunque la sottotangente. Ad esempio per la curva di equazione x3 y 3 r 3 imponendo che Q(x0+a,y0+e) appartenga alla curva si avrà x0 a 3 y0 e3 r 3 x0 3ax0 3a 2 x0 a 3 y0 3ey 0 3e 2 y0 e 3 r 3 3 2 3 2 trascurando poi i termini in cui compaiono a 3 , a 2 ,e 3 ,e 2 ottiene x0 3ax0 y0 3ey 0 r 3 3 2 3 2 e sapendo che x0 y0 r 3 deduce 3ax0 3ey 0 0 , cioè x0 y 0 3 2 3 2 2 2 e 0 , da cui per a la proporzione ricavata dalla similitudine si avrà: S t x0 y 0 y 0 0 , S t 2 2 y0 3 2 x0 Esempio di determinazione della sottotangente dell’iperbole nel punto P(x0,y0) 9 x 2 25 y 2 225 , con x>0, y>0 9x0 a 25 y0 e 225 18ax0 25ey 0 0 2 9 x0 2 St 25 y 0 0 y0 2 25 y 0 . 9 x0 Oltre all’utilizzo di infinitesimi, non sanciti dalla teoria delle grandezze vigente, il limite di questo metodo consiste nel non essere applicabile alle curve nelle quali le variabili nelle equazioni non sono separate. Barrow propose delle regole per trovare le tangenti e quest’idea fu ripresa dal matematico belga François Sluse (1622-1685) che trovò una regola analoga a quella di Barrow e la comunicò alla Royal Society nel 1672. St Vedi sulla presentazione in ppt il Teorema fondamentale del calcolo integrale in I. Barrow.