1 In “Appunti di cultura e politica”, a. XXXIX, n. 5, 2016, pp. 31
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In “Appunti di cultura e politica”, a. XXXIX, n. 5, 2016, pp. 31-37 ISSN 0392-2022 ABSTRACT: In una società altamente competitiva e diversificata in termini di strutture sociali e culturali, come la nostra, il tema del conflitto tra generazioni viene ad assumere forme diverse, come conflitto distributivo tra generazioni di adulti e generazioni giovanili, oppure tra generazioni presenti e future. In gioco c’è tra trasmissione di valori, norme e modelli, in breve la socializzazione in senso più lato. Il saggio analizza, attraverso dati rilevati in cinque città italiane su un campione di 3050 adolescenti, quale importanza relativa viene assegnata a genitori e insegnanti come agenti normativi. Gli adolescenti e la legalità: contano ancora la famiglia e la scuola? Di Maddalena Colombo Se è vero che gli adolescenti rispecchiano la cultura delle norme che passa attraverso gli adulti, c’è da attendersi che in Italia tale cultura sia piuttosto in ribasso e che di conseguenza i loro comportamenti ed orientamenti siano per lo più lontani dal rispetto della legge, dell’autorità o delle convenzioni sociali. Non è così, evidentemente, anzi si constata come i giovani siano spesso più conformisti che antagonisti, anche per l’assenza di conflitti dentro la famiglia; tuttavia la questione è complessa e richiede un’analisi in profondità del grado di interiorizzazione dei valori e dei modelli, nonchè delle vie di trasmissione di tali modelli attraverso i cosiddetti “agenti normatori”. E’ un dato di fatto che non sono più solo genitori, nonni ed insegnanti le figure di riferimento ma essi compiono la loro funzione socializzativa accanto ad altri agenti significativi: mass media, social network, gruppo dei pari. Un’indagine sociologica da poco pubblicata, coordinata da chi scrive1, ha tentato di esplorare attraverso un campione nazionale di adolescenti in cinque città italiane, quale idea si fanno i giovani che appartengono a percorsi scolastici differenziati (licei, istituti tecnici, istituti e centri di formazione professionale) della legge, dei valori sottesi alle regole, quali giudizi morali esprimono di fronte a dilemmi che implicano questi valori e infine se e quanto affrontano la violazione delle norme con consapevolezza e a chi si riferiscono per attendersi una punizione. Lo studio è stato preceduto da una fase pilota, svolta nella sola città di Brescia alcuni anni or sono, in cui si è testato il questionario a risposte chiuse e si sono raccolti, 1 Cfr. M. Colombo, Adolescenti e cultura della legalità, Franco Angeli, Milano, 2016. 1 in alcune classi partecipanti, i feed back sulle distribuzioni di frequenza ottenute, in modo da far emergere i motivi più reconditi delle risposte date e spingere gli studenti a formulare proposte per attività di sensibilizzazione alla legalità rivolte ai loro pari2. Lo scenario della de-normativizzazione Sebbene non sia corretto parlare di società anomica, è fuori di dubbio che il senso delle regole oggi sia molto più sfumato rispetto al passato. Le conseguenze di questa de-normativizzazione della società, evidenti nel passaggio dalla generazione del dopoguerra alle generazioni del progresso economico e poi a quelle della recessione e dell’instabilità globale, sono essenzialmente tre. Innanzitutto vi è l’individualizzazione dei percorsi di realizzazione sociale, che ha portato alla sostituzione del “permesso” con il “possibile”, sia a livello di mete sia livello di mezzi utilizzati per raggiungerle; in secondo luogo vi è l’incoerenza, ossia la disgiunzione tra i valori proclamati e gli orientamenti d’azione praticati, un atteggiamento derivato dalla scomparsa delle ideologie, che porta spesso ad essere incoerenti “in buona fede”, ossia senza la consapevolezza di aver tradito dei valori, delle promesse o degli ideali. In terzo luogo vi è l’aumento dell’insicurezza, che è conseguenza (e non fattore causale) del mito collettivo della “sicurezza assoluta”, invocato più di fronte a fenomeni sociali (terrorismo, povertà, immigrazione, conflitti) che non di fronte alle minacce naturali, che la scienza e la tecnologia dichiarano essere sotto controllo. Questi tratti generano, specialmente per le giovani generazioni, un nuovo rapporto fra opportunità e rischio: rispetto al passato, sono maggiori le opportunità di scelta, di cambiamento, di miglioramento, insieme a più alti gradi di libertà (intesa sia come più alternative – libertà di – sia come meno vincoli e costrizioni – libertà da), ma sono anche diminuite le garanzie, le tutele, le certezze che le vecchie generazioni avevano in percorsi di vita più lineari e prevedibili. Di fatto i giovani non riescono facilmente ad assumere come riferimento criteri e principi normativi stabili, proprio perché le loro esperienze di vita sono più aleatorie, le conoscenze più sommarie e affastellate, il loro sviluppo morale dilazionato nel tempo. La de-normativizzazione, in sintesi, ha effetti diretti sul processo di socializzazione: si traduce sia in debolezza degli agenti socializzatori, sia in incapacità delle giovani generazioni di ritrovarsi nel solco dei loro padri. Cfr. M. Colombo, V. Lomazzi (a cura di), Costruire legalità con gli adolescenti nei contesti scolastici ed extrascolastici: dalle percezioni alla peer education, Erickson, Trento, 2012. 2 2 La ‘questione adolescenziale’ Non è di oggi l’allarme lanciato da genitori e insegnanti circa una aumentata difficoltà a gestire la disciplina e a mettere i “paletti” necessari alla convivenza quotidiana. Gli adulti non riescono stabilire con i giovani un nesso realistico tra aspirazioni e limiti, tra sogni e realtà3 di fronte a scoperte e richieste sempre più precoci. Questo aumento di imprevedibilità tocca tutta la socializzazione normativa e caratterizza la maturazione dei ragazzi: da un lato, vi è l’allungamento della moratoria esistenziale (la fase di sospensione tra l’infanzia e la maturità), che indebolisce la tensione a crescere; dall’altro l’espansione dell’egocentrismo infantile fino alle soglie della giovinezza; infine vi è la contraddizione tra un controllo sociale diretto piuttosto blando da parte degli adulti, e nello stesso tempo un livello di sorveglianza nella quotidianità (es. attraverso l’uso del cellulare) che non permette ai ragazzi di sbagliare, di mettersi alla prova, di pagare le conseguenze dei propri errori. In breve, essi non vivono l’esperienza del limite. Di fronte a figure adulte che si “mostrano” nella loro angoscia o debolezza psicologica, non c’è da stupirsi se gli adolescenti oppongono un ordine personale informale, fatto di negoziazioni continue o di opportunismo strumentale4. Ciò che più spiazza gli adulti, nella trasmissione di norme e valori oggi, è che ogni adolescente percorre tappe individuali, attraversa fasi “atipiche” e richiede un approccio personalizzato. Ciò riporta la questione alla dimensione privata della socializzazione e all’investimento affettivo (molti genitori e insegnanti non dicono di “no” per timore di perdere l’amore o il consenso del ragazzo), mentre è evidente che la scoperta e l’assunzione della legge costituiscono una tappa obbligata di ogni “nascita sociale” in senso pieno, pertanto ricadono sotto la responsabilità di tutta la comunità e non solo del singolo educatore. Genitori come agenti normativi E’ stato chiesto al campione di intervistati (3050) a quale principio si riferiscono nel decidere di rispettare una determinata regola: la maggioranza relativa del campione (43,4%) lo fa per rispondere ai dettami della propria coscienza, mentre dichiara di rispondere ai dettami degli agenti di educazione/socializzazione più di un terzo del campione (37,5%). Solo una minoranza si affida al buon senso (convivenza con gli altri: 10,3%) e solo il 4,4% fa appello alle leggi (il 3% ai codici civile o penale, Cfr. E. Besozzi (a cura di), Tra sogni e realtà. Gli adolescenti e la transizione alla vita adulta, Carocci, Roma, 2009. 4 Cfr. Emler N., Reicher S., Adolescenti e devianza, Il Mulino, Bologna, 2000. 3 3 il 1,4% alla Costituzione) cioè alle fonti normative razionali. Le fonti normative tradizionali, cioè l’abitudine (2,9%) e i precetti religiosi (1,6%) sono ancor più minoritari. Pertanto, il principio di riferimento del senso di legalità è, per la maggioranza degli adolescenti, l’Io inteso come soggetto morale, come volontà di autodeterminazione; essi tuttavia utilizzano una pluralità di altri criteri per valutare l’azione che stanno compiendo, soprattutto emotivo-affettivi (riferimento alle figure adulte). Tra queste figure, spiccano i genitori, che superano per importanza relativa sia i nonni sia gli insegnanti. Vi è inoltre una marcata sintonia di genere, per cui è il padre la figura più importante per i maschi e la madre per le femmine. La fiducia nel padre e nella madre è più marcata tra gli studenti del Sud rispetto al Nord, ma senza differenze di genere e di età. Le figure adulte in ambito domestico, infine, sono ritenute fonti normative sia riguardo a comportamenti in pubblico, sia relativamente alle regole di convivenza e di interazione (rispettare l’autorità, non mentire, soccorrere chi ne ha bisogno ecc.), mentre fratelli e sorelle assumono un ruolo secondario come modelli (Fig 1). Fig. 1 - Dove e da chi hai imparato questi comportamenti? (massimo tre risposte) – Tassi per 100 rispondenti per “a casa, da genitori/nonni” e “a casa, da fratelli/sorelle” (N=3050) 4 Fonte: ricerca UCSC – Centro studi per l’educazione alla legalità, 2016 I genitori sono inoltre ritenuti i responsabili del controllo sui comportamenti dei giovani, dal momento che vengono indicati dalla maggioranza relativa, sia dei maschi sia delle femmine, come fonti della punizione necessaria in caso di violazione in rapporto a tutte le trasgressioni inserite nella domanda del questionario. Gli insegnanti come agenti normativi Gli insegnanti rappresentano un modello da seguire solo per una stretta minoranza di intervistati (7%) e sono giudicati ‘persone cui contare’ per poco più di un ragazzo su quattro (27,8% dei maschi e 25,5% delle femmine). Al contrario vi è quasi due terzi del campione che minimizza il ruolo dei docenti: ‘non molto importanti’ per il 37% dei maschi e il 44,2% delle femmine, persone ‘di cui non importa nulla’ (16% dei maschi e 16,4% delle femmine) e addirittura ‘a cui non vorrei assomigliare’ (11,2% dei maschi e 6,9% delle femmine). Sembra esserci una forte rivisitazione del ruolo insegnante in termini di distacco dal modello, cioè una diffusa messa in discussione della sua intoccabilità. L’età è correlata significativamente e 5 in senso inverso con questa scala di importanza: man mano che si arriva alle classi più avanzate si assegna meno importanza ai docenti (p=.003). Ciò riflette bene l’appannamento della forza di “attrazione” degli insegnanti proprio nel momento in cui il carisma torna ad essere una base di legittimazione riconosciuta e desiderata dai giovani5. Tuttavia, la mancanza di un matching virtuoso tra studenti e insegnanti, che in alcuni soggetti porta al distacco e al rifiuto di instaurare una relazione di rispecchiamento, non pregiudica l’immagine complessiva del docente come fonte normativa e agente di controllo sociale. Gli indicatori da noi utilizzati certificano che tra le femmine (più che tra i maschi) e nei licei (più che negli istituti e nei centri di formazione) gli adolescenti ritengono molto importante l’opinione che gli insegnanti hanno di loro, reputazione che purtroppo con il crescere dell’età non mantiene, in media, la stessa considerazione. In quanto fonti normative, gli insegnanti sono indicati ben più dei compagni come riferimenti scolastici, e non solo per i comportamenti specifici a scuola, ma anche in rapporto alle virtù civiche (Fig.2). Fig. 2 - Dove e da chi hai imparato questi comportamenti? (massimo tre risposte) – Tassi per 100 rispondenti per “a scuola, dagli insegnanti” e “a scuola, da compagni/e di classe”(N=3050) Cfr. Colombo M. (2016), Education and Citizenship between Decline of Charisma and Need of Educational Anchoring, «Italian Journal of Sociology of Education», 8, 1, pp. 87101. 5 6 Fonte: ricerca UCSC – Centro studi per l’educazione alla legalità, 2016 I tassi di risposta in riferimento ai docenti sono decisamente inferiori se confrontati con quelli riferiti ai genitori (Fig. 1), ma lasciano comunque intendere che a scuola si svolga una trasmissione di valori civici: ovvero una socializzazione secondaria intesa come «trasmissione delle aspettative di ruolo su base situazionale»6. Si tratta, purtroppo, di un mandato limitato, nel senso che l’esercizio delle regole in classe è effettivo e prevalentemente democratico piuttosto che autoritario, tuttavia gli studenti non ritengono che spetti alla scuola intervenire sul versante punitivo. Infatti, la maggioranza relativa del campione (46,4%) indica che i docenti ‘insegnano come comportarsi e fanno rispettare le regole soprattutto a quelli che le trasgrediscono’, mentre il 24,8% dichiara che ‘impongono le regole e puniscono spesso tutta la classe’ (estremità autoritarista della scala di valutazione). Il 21% è d’accordo che gli insegnanti ‘cercano il dialogo con quelli che sbagliano’. Infine, chi si è collocato nell’estremo lassista della scala di valutazione rappresenta solo il 7,9% del campione (‘danno le regole senza rispettarle’ e ‘lasciano fare quello che si vuole’). Quando però si chiede agli studenti se sia giusto che la scuola punisca le violazioni alla norma, le opinioni si contraddicono: l’85% del campione attribuisce agli insegnanti il dovere di punizione per l’insulto ad un professore e per il furto di oggetti da scuola; mentre non vi è altrettanto consenso sul fatto che debbano punire atti di bullismo (‘prendersela con qualcuno più debole’, 22,5%), vandalismo (‘scrivere sui 6 Parsons T, Il sistema sociale, Edizioni Comunità, Milano, 1981. 7 muri’, 22%) o falsità (‘accusa ingiustamente una persona’, 5,4%). Anche l’uso di droghe è considerato da una piccola minoranza un atto sotto il controllo normativo dell’insegnante (5,4%). Conclusione: non trasmettere ma “trasportare” le norme Una figura (Fig. 3) può sintetizzare al meglio ciò che emerge dall’inchiesta sugli adolescenti italiani degli anni “Dieci”7 per quanto riguarda le figure educative: genitori e nonni, ossia l’ambiente di socializzazione primaria, è identificato come la più rilevante fonte della legalità (55,9% delle scelte), seguito dal Sé come soggetto autodeterminato (32,7%). Tra gli agenti di socializzazione secondaria, troviamo gli insegnanti con tassi di risposta molto più bassi ma comunque superiori (13%) a coetanei ed amici (8,7%) e distanti da altre figure di riferimento informale. Fig. 3 - Dove e da chi hai imparato questi comportamenti? (massimo tre risposte) – Medie dei tassi per 100 rispondenti in ordine decrescente Fonte: ricerca UCSC – Centro studi per l’educazione alla legalità, 2016 In breve, la de-normativizzazione ha provocato numerosi sconvolgimenti nelle figure di riferimento adulte, la cui immagine si riflette negli adolescenti con sfumature diverse. Da un lato, i genitori acquistano una importanza “focale”, ossia quasi esclusiva nello scenario della crescita dei loro figli, ed essi non sempre sono all’altezza di questo compito assunto “in solitaria”. Dall’altro, insegnanti e agenti istituzionali della legalità soffrono dell’appannamento della loro legittimazione e non riescono ad incidere L’inchiesta si è svolta con tempistiche leggermente dfferenziate a seconda della città: Brescia (a.s. 2010/11), Torino, Molfetta e Catania (a.s. 2012/13), Reggio Emilia (a.s. 2012/13). 7 8 abbastanza nell’immaginario adolescenziale, da cui deriva la presa di distanza dei giovani dal sistema legale formale. Giovani dunque a rischio di “familismo” perverso e totalitario? Non direi proprio, anzi, la conquista (o ricerca) di autonomia da parte degli adolescenti, che emerge in moltissimi degli indicatori utilizzati in questa ricerca, indica la strada da seguire per tutti gli agenti della socializzazione normativa oggi. Assecondare la maturazione di una coscienza personale, che è allo stesso tempo un desiderio dell’adolescente e una necessità del corpo sociale, diventa obiettivo e metodo al tempo stesso. Gli adulti avrebbero a disposizione nuovi strumenti utili a questo scopo, che si trovano già diffusi nel corpo studentesco e che occorre far “circuitare” fra gli educatori: una vasta gamma informativa, un pensiero riflessivo, articolato, critico verso il sè e verso l’esterno ed un forte desiderio di ancoraggio ideale ed emotivo da parte dei ragazzi. Si tratta di far leva su queste competenze per tradurre in termini attuali il senso profondo del rapporto tra le generazioni: non più trasmettere un patrimonio “dato” di valori e norme, da replicare da adulti, ma fornire dei “mezzi di responsabilizzazione” che diano senso alla loro condizione attuale e ai percorsi, sempre più differenziati e imprevedibili, che stanno compiendo. 9