impaginato aldrovandi corretto - Museo Geologico Giovanni Capellini

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impaginato aldrovandi corretto - Museo Geologico Giovanni Capellini
A lesson by Ulisse Aldrovandi among his students. Fresco by Vittorio Maria Bigari in the hall of the Aldrovandi (Montanari) Palace
(1748) on Via Galliera in Bologna / La lezione di Aldrovandi attorniato da studenti estatici. Affreschi di Vittorio Maria Bigari nel salone
del Palazzo Aldrovandi (Montanari) in Via Galliera a Bologna (1748) (foto Vai)
A liberal Diluvianism
Un diluvianismo liberale
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Gian Battista Vai
Bologna è stato un centro di eccellenza nelle scienze e nelle arti paragonabile a Parigi e Londra durante il Seicento e il Settecento. Il semplice
elenco di personaggi quali Ulisse Aldrovandi, Gerolamo Cardano,
Pietro Pomponazzi, Gaspare Tagliacozzi, Ferdinando Cospi,
Giandomenico Cassini, Geminiano Montanari, Marcello Malpighi,
Anton Felice Marsili, Giovan Battista Riccioli, Domenico Guglielmini,
Francesco Maria Grimaldi, Luigi Ferdinando Marsili, Anton Maria
Valsalva, Eustachio Manfredi, Giambattista Morgagni, Jacopo
Bartolomeo Beccari, Giuseppe Monti, Francesco Algarotti, Francesco
Maria Zanotti, Luigi Galvani rende ragione dell’alto livello culturale del
centro bolognese, nonostante la struttura policentrica della ricerca italiana in quel tempo. Per molti autori quello è stato l’apice dell’età dell’oro della città sempre innervata dalla sua Università Alma Mater
Studiorum, la più antica in Europa, e mai però coincidente con essa.
Bologna continuava a ricoprire un ruolo guida fra i maggiori centri
europei almeno nei campi dell’anatomia, astronomia, storia naturale,
elettricità animale e geologia. Era soprattutto l’Istituto delle Scienze e
delle Arti, fondato a Bologna nel 1711 ad avere stretti rapporti scientifici con le due maggiori accademie europee, l’Académie des Sciences a
Parigi e la Royal Society a Londra (Cavazza 1990, 2002), con una rete di
influenze reciproche e di cooptazione di soci che giustificano il paragone al massimo livello.
Si dice comunemente che la Chiesa Cattolica Romana avrebbe contrastato, se non impedito, la nascita e l’espansione della scienza moderna.
Questo non avvenne certamente a Bologna e nelle sue famose istituzioni scientifiche e artistiche. Altrettanto comunemente si descrive un
atteggiamento conservatore, dogmatico, se non oscurantista, della
Chiesa Cattolica nei confronti della cultura e del progresso, a cui si
opporrebbe una visione progressista, aperta e liberale delle Chiese
Riformate. Neppure questo si può dire, né per l’Istituto delle Scienze di
Bologna, né per il campo delle idee geologiche e dei relativi problemi
filosofici trattati in Italia dal Cinquecento al Settecento.
Forse è meno noto che l’Istituto delle Scienze fu fondato da L.F. Marsili
e che il suo principale mecenate fu Papa Clemente XI, già fondatore
dell’Accademia delle Arti, detta appunto ‘Clementina’, poi incorporata
nell’Istituto. Proprio la Clementina fu il laboratorio e il centro di ricerca e addestramento della grande scuola pittorica bolognese fra Seicento
e Settecento. Quella straordinaria fioritura artistica e scientifica nelle
istituzioni cittadine era stata incubata in una eletta schiera di grandi
menti composta dal Papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni bolognese), Cristoforo Clavio, il Cardinal Gabriele Paleotti, Aldrovandi, e i
dotti gesuiti della scuola bolognese di S. Lucia (fra cui Giuseppe
Biancani) che spartivano gli stessi interessi culturali a Bologna e a Roma
nella seconda metà del Cinquecento (Fig. 10.1a). Molti se non tutti i
maggiori scienziati e artisti dell’età dell’oro di Bologna erano cattolici
professanti.
Gli scopi di questo capitolo sono dapprima rivalutare il ruolo guida che
gli scienziati italiani e cattolici hanno svolto nell’anticipare una soluzione corretta e culturalmente aperta della questione degli organismi fossilizzati e delle sue relazioni col Diluvio Universale, un problema episte-
During the 17th and the 18th centuries, Bologna was a centre of excellence in science and arts comparable to Paris and London. A simple listing of names –Ulisse Aldrovandi, Gerolamo Cardano, Pietro
Pomponazzi, Gaspare Tagliacozzi, Ferdinando Cospi, Giandomenico
Cassini, Geminiano Montanari, Marcello Malpighi, Anton Felice
Marsili, Giovan Battista Riccioli, Domenico Guglielmini, Francesco
Maria Grimaldi, Luigi Ferdinando Marsili, Anton Maria Valsalva,
Eustachio Manfredi, Giambattista Morgagni, Jacopo Bartolomeo
Beccari, Giuseppe Monti, Francesco Algarotti, Francesco Maria
Zanotti, Luigi Galvani– gives an idea of the intellectual level in Bologna,
in spite of the polycentric structure of Italian intellectual life and scientific research. For many authors, this was the climax of the ‘golden age’
of the city, focussed upon but not coincident with the existence of the
oldest European university. In anatomy, astronomy, natural history, animal electricity, and geology, Bologna continued to play a leading role
among the major European centres. In particular, the Istituto delle
Scienze e delle Arti (established in Bologna in 1711) had close relations
and mutual influx with two of the major European academies, the
Académie des Sciences of Paris and the Royal Society of London
(Cavazza 1990, 2002).
It used to be said that the Roman Catholic Church inhibited the birth
and growth of modern science. If true in certain respects, this was certainly not true of Bologna and its famous scientific institutions. Most if
not all the major natural philosophers and artists of Bologna’s golden
age were observant Catholics. Moreover, the Church specifically supported the Istituto delle Scienze of Bologna, founded by Luigi
Ferdinando Marsili, who enjoyed the support of Pope Clement XI –
also founder of the Bologna Academy of Arts, known as the
‘Clementina’, which was incorporated into the Istituto. The
‘Clementina’ was the research and education centre of the renowned
Bologna school of painting during the 17th century. The special bloom
of these institutions was prepared by a brain trust comprising Pope
Gregory XIII (formerly, Ugo Boncompagni, from Bologna), Cristoforo
Clavio, Cardinal Gabriele Paleotti, Ulisse Aldrovandi, and members of
the Jesuit school of St. Lucia (e.g., Giuseppe Biancani) gathering in the
second half of the 16th century (Fig. 10.1a).
It used also to be emphasized a conservative, dogmatic and obscurantist attitude of the Roman Church toward culture and human progress
contrasting with a progressive, open and liberal approach of the
Reformed Churches. Again, this was not true of the Bologna Istituto
delle Scienze and of the Italian geological centres investigating philosophical problems during the 16th to 18th centuries.
This paper aims first at reassessing the leading role of Italian Catholic
scientists in anticipating a scientifically sound and culturally openminded solution to the question of fossils and its relation to the Noah’s
Deluge, a key issue in the epistemological debate of the first modern
centuries. Second, it seeks to evaluate how much the experimental
method was involved in the pragmatic diluvianistic approach followed
by the Catholic scientists of the Bologna Istituto delle Scienze as compared with the dogmatic approach taken by their Anglican British col221
Gian Battista Vai
Fig. 10.1a – Western wall of the main lecture hall of the Archiginnasio Library (ancient Aula Magna of the Artists), Bologna; the central Madonna with Child is glanked by Pope
Boncompagni’s and Cardinal Paleotti’s coats of arms / Parete ovest della Sala di Lettura (antica Aula Magna degli Artisti) nella Biblioteca dell’Archiginnasio a Bologna; la Madonna con il
Bambino è fiancheggiata dagli stemmi di Papa Boncompagni e del Cardinal Paleotti (foto Studio PYM/Nicoletti e Cesari)
mologico e filosofico centrale nei primi secoli moderni. Poi stabilire
quanto il metodo sperimentale caratterizzava l’approccio diluvianistico
pragmatico seguito dai ricercatori cattolici dell’Istituto delle Scienze di
Bologna, e compararlo con quello dogmatico seguito dai loro colleghi
anglicani britannici. Ne deriverà anche la possibilità di verificare quando effettivamente lo sviluppo scientifico bolognese abbia perso preminenza e competitività europea.
leagues. As a consequence, age and reasons of a decline of science and
culture in Bologna, will be reassessed.
The Istituto delle Scienze in the cultural and philosophical context of Bologna
The reader may be interested in a brief picture of Bologna science history during the three centuries elapsed from Rinascimento to Barocco,
as to be able to compare the quality level achieved in the Earth and geological studies in Italy and Bologna on one side and in the other
European countries in the other. Until the first half of the nineteenth
century, the Istituto was renowned in the European scientific and cultural circles, as witnessed by Charles Lyell’s Principles of Geology (183033), where the Istituto is specifically cited as a leading centre in geology
and the Italian authors are granted the primacy in geology between the
sixteenth and the eighteenth centuries (Fig. 10.1b). Later, however, historical epistemology seems to have removed, especially in Italy, the
memory of the Istituto up to the 1980’s, when it was rescued by renewed
interest (Cavazza 1980, 2002; Cremante & Tega 1984; Sarti 1988;
Battistini, Sarti, this vol.).
This rediscovery has not yet adequately considered the role of Ulisse
Aldrovandi (1522-1605) (Fig. 10.2) (Vai, ch. 2, this vol.). He was the
forerunner and the natural source of the renowned Bologna scientific
academies, as well as of inspiration for the Marsili brothers who created the Istituto. As a consequence, there is a scarce awareness of both
originality and priority of the Bologna school contributing to the foundation of the new scientific method, and an overestimation of the model
role played by the so-called ultramontane academies (especially those of
Paris and London) in establishing the Istituto. A further consequence
was a biased account of Francis Bacon’s (1561-1626) influence on the
Istituto (Cavazza 1990, 2002). On the contrary, it is arguable that the
Bolognese legacy alone, particularly if supported by and integrated with
the new and prudent interaction with the Galileans of the Florentine
Cimento Academy, would have succeeded in generating the Bolognese
academies in the seventeenth century and later the Istituto. This is
proven by the anatomic Choir founded in Bologna around 1650 and the
Accademia della Traccia established in 1665 shortly before the Académie
L’Istituto delle Scienze di Bologna nel tessuto culturale e epistemologico
della città
Può essere utile al lettore avere un breve quadro della storia della scienza
a Bologna nei tre secoli compresi fra Rinascimento e Barocco, in modo da
poter paragonare il livello di qualità negli studi geologici della Terra in
Italia e a Bologna da un lato e negli altri paesi d’Europa dall’altro. Fino
alla prima metà dell’Ottocento l’Istituto delle Scienze è stato celebre nei
circoli scientifici e culturali europei, come testimonia Charles Lyell nei
suoi Principles of Geology (1830-33) (Fig. 10.1b), accumunandolo nella
priorità riconosciuta agli italiani in geologia fra Cinquecento e Settecento.
Successivamente, l’epistemologia storica, specialmente in Italia, sembra
rimuovere la memoria dell’Istituto fino agli anni ‘80 del Novecento, quando viene riscoperto (Cavazza 1980, 2002; Cremante & Tega 1984; Sarti
1988; Battistini, Sarti, in questo vol.).
Purtroppo in questa riscoperta graduale è finora mancato ogni riferimento a Ulisse Aldrovandi (Vai, in questo vol.) (Fig. 10.2) che è stato il
precursore e presupposto naturale delle celebri accademie bolognesi e
dei fratelli Marsili artefici dell’Istituto. Questo comporta un tenue riconoscimento delle originalità e priorità bolognesi sul tema della nuova
metodologia scientifica e una sopravvalutazione del ruolo di modello
che le accademie ultramontane (segnatamente Parigi e Londra) avrebbero avuto nella costituzione dell’Istituto. Comporta anche un’eccessiva enfatizzazione dell’influsso di Francesco Bacone nell’impostazione
dell’Istituto (Cavazza 1990, 2002). Ritengo che la sola tradizione bolognese, confortata e integrata dalla nuova e cauta interazione con i galileiani dell’accademia fiorentina del Cimento, avrebbe comunque generato le accademie bolognesi del Seicento e l’Istituto. Lo provano il Coro
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A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
anatomico fondato a Bologna intorno al 1650 e l’Accademia della
Traccia fondata nel 1665 prima della Académie des Sciences di Parigi
(1666) e poco dopo la Royal Society di Londra (1660-62), oltre all’implicita ammissione degli autori meno propensi (Cavazza 1990, p. 42, 44,
231). Che alla nascita dell’Istituto le accademie di Londra e Parigi fossero già attive e famose da alcuni decenni rappresentò per Bologna più
uno stimolo concorrenziale che un esempio da imitare. Bologna infatti,
anche in quel campo, famosa lo era già stata con Aldrovandi almeno da
un secolo e aveva già elaborato tutti i presupposti culturali e l’attrezzatura metodologica necessari a far nascere l’Istituto.
In questa riscoperta dell’Istituto delle Scienze, finora, purtroppo
solo Sarti (1988) e De Bellis (1998, 2001, limitatamente a
Aldrovandi) hanno recuperato l’aspetto naturistorico delle accademie bolognesi e in particolare le ricerche di geologia, paleontologia
e storia della Terra. Gli altri autori si sono concentrati in trattazioni che privilegiano astronomia, medicina e fisica (Anon. 1979;
Cavazza 1990, 2002). Ne deriva una sottostima del ruolo complessivo dell’Istituto, mancando la documentazione del ruolo guida svolto in Europa dalla ricerca italiana e bolognese dal Cinquecento al
Settecento in ambito geologico (Lyell, 1843, p. 51-66 e 93-107).
des Sciences of Paris (1666) and just a few years after the Royal Society
of London (1660-62) (Cavazza 1990, p. 42, 44, 231). When the Istituto
was born, the London and Paris academies were more like competitors
to be challenged than models to be imitated. In the pursuit of natural
knowledge and scientific research, Bologna was well established a century before these metropolitan academies were created, having developed with Aldrovandi and his followers the cultural frame and the
methodologic equipment required.
Among those who have ‘rediscovered’ the Istituto, most have concentrated on astronomy, medicine and physics (Anonymous 1979; Cavazza
1990, 2002). Only Sarti (1988) and De Bellis (1998, 2001 concerning
Aldrovandi) have considered Bologna’s contemporary interest in geology, palaeontology, and Earth history. Moreover, having excluded from
consideration the leading role played in Europe by the Italian and
Bolognese research in geology from the sixteenth to the eighteenth century (Lyell 1843, p. 51-66, 93-107) has necessarily caused an under-evaluation of the overall Istituto’s role.
Such gaps could be fortuitous, but they indicate a typical case of the
Italian tendency towards self-inflicted wounds. In spite of reminders
from such authors as Capellini (1907) and Gortani (1907), who carefully drew attention to Lyell and his Italian inspirers, historians have not
inquired into the factors underlying Italian and Bolognese excellence in
geology and Earth history during the Renaissance and the CounterReformation. There seems to have been, instead, a refusal to
‘metabolise’ the Istituto delle Scienze effect, which represents the climax
of Bologna’s scientific and methodologic renown in Europe in the 18th
century as a continuum from the 16th one.
A partial explanation of this situation lies in the relative indifference
accorded scientific to praxis and ideas by the Italian idealistic philosophers during the eighteenth century (Cavazza 1990). At the historical
level this explanation is irrefutable, yet more pragmatic than reasonable.
What to say, in fact, of the sixteenth and seventeenth centuries? And
what can be said about the very different audience that read
Aldrovandi’s and Marsili’s follower, the great Alexander von Humboldt,
in the more idealistic Germany? More effective explanations are
required. Cavazza (1990, p. 19) refers to “preclusions induced from a
prejudicial epistemic vision” and invites to perform “a historical history of science” (Roger 1984). These are exactly the questions that frame
the present essay. In fact, in spite of renewed interest in the Istituto,
much needs still to be explored, from specialists of the scientific disciplines. After what has been said above, it is strange to read that “the
ongoing research on correspondence gives an idea of the Italian scientists in the sixteenth to seventeenth century much more European than
expected” (Cavazza 1990, p. 21). This also indicates the short-sightedness and/or cultural instrumentalism of the two last centuries of epistemology in Italy.
In this scenario of poorly historical history of science, one can also
understand the surprise of historians to discover that a “guideline of
metaphysical neutrality” followed during the seventeenth and eighteenth centuries by the Cimento and Traccia academies and by the entire
lively Bolognese school was shared by the Royal Society of London
(Cavazza 1990, 2002). “Metaphysical neutrality” is a term, not fully
proper, used to indicate the field distinction among physics, metaphysics and religion, which would have been adopted in the Catholic
Italy a few decades after Galilei’s trial, to safeguard co-existence of the
new experimental science with the ideology of the Catholic Church. A
sort of opportunistic strategy of preventive self-censorship.
This opportunistic strategy of preventive self-censorship might be better described in the language of independence, or balance, or even
integration of science, philosophy, and religion. It focussed upon a
problem shared by all Europe, and not one limited to Italy or to the
Catholic Church. Many scientists were staunch believers as one can
see from their works, correspondence, and history. Under certain circumstances, Galilei’s personal drama could well become their own.
Fig. 10.1b – Charles Lyell’s Principles of Geology (1830-1833), English edition 1835 and
French edition 1843 / I Principles of Geology di Lyell nella edizione inglese del 1835 e in
quella francese del 1843 (foto Gamberini-Vai)
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Gian Battista Vai
Such scientists did find a practical solution soon –creating degrees of
independence between science and belief, and distinction between
Church and State. This major advancement of western thinking, that
had been earlier proclaimed in the Gospel (Matthew 22, 15-21), was
realized over the next three centuries. Luigi Ferdinando Marsili’s will
–in the Constitutions of the Istituto delle Scienze (established in
Bologna on Dec. 12, 1711) (Bortolotti 1930, p. 426-27)– testifies clearly what this meant:
Ch. I – On the Sacred Cult
Art. 1. – Professors, and any person training in this Institute must accept as Creator
God Optimus and Maximus, and have to implore from Him conservation and
advancements, through the Holy Virgin Mary’s intercession, for his major glory. To
obtain effective protection of this Enterprise in every Tools and writings one will
number the time from Incarnation, although as for astronomic observations one follows use and style of the present age.
2. – St. Thomas Aquinas, St. Carlo Borromeo, and our St. Caterina de’ Vigri are to
be recognized and venerate as protectors; in the home Chapel, to be erected in the
Institute, professors and students must celebrate with a Mass the Holy Annunciation
as thank-giving for the goods obtained from the Institute and for his countless Mercy,
especially donated to general Count L.F. Marsili in that day, [...]
and in Marsili (1702) (Fig. 10. 3):
Whoever is admitted in our assembly, where one is mostly dealing with Astronomy,
has to swear never to take up defence of Copernicus, but to convince him also by
physical reasons, and to assure that for both astronomical and physical principles in
Experimental Philosophy to conform to the Holy Roman Catholic Church; each one
willing to depart from this compliance by voice or by writings be immediately excluded from our consortium.
Fig. 10.2 – Marble bust of Ulisse Aldrovandi ordered by Giovanni Capellini in 1881 for the
Tribuna Aldrovandi of his museum (now exposed in Palazzo Poggi) / Busto di Ulisse
Aldrovandi fatto scolpire in marmo da Capellini nel 1881 per la Tribuna Aldrovandi del suo
museo (ora esposto su diverso piedistallo in Palazzo Poggi) (Museo Capellini, foto Vai)
Queste lacune e sottovalutazioni storiografiche potrebbero essere occasionali. Esse ribadiscono in ogni modo uno stato di fatto sorprendente
ma tipico dell’autolesionismo italiano. Nonostante segnalazioni ripetute di veri spiriti liberali come Capellini (1907) e Gortani (1907), che
riportavano i motivati apprezzamenti di Lyell, la storiografia
scientifica e filosofica italiana ha
trascurato di indagare le ragioni
dell’eccellenza italiana e bolognese nella geologia e scienze
della
Terra
durante
il
Rinascimento e la Controriforma. Così come ha rifiutato di
metabolizzare sul piano culturale l’effetto Istituto delle Scienze,
che ha rappresentato probabilmente il culmine della fama
scientifica e metodologica di
Bologna in Europa e nel mondo.
A quest’ultima, per certi versi
incredibile, omissione è stata
Fig. 10.3 – Luigi Ferdinando Marsili’s portrait preserved in the Accademia delle Scienze in Bologna (left); Geminiano Montanari’s por- cercata una qualche ragionevole
spiegazione, in particolare nel
trait / Ritratto di L.F. Marsili conservato all’Accademia delle Scienze di Bologna (a sinistra); ritratto di Geminiano Montanari (foto Vai)
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A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
Consider also Geminiano Montanari (1676) (Fig. 10.3):
since my young age I had set apart legal Astrology, Medicine and Theology, the two
first because I could not believe, the last one because I wanted believe it; I had to fall
in the first one for some concurrence someone say it has with mathematics, and I did
it without surrending to the contempt I have for all those who believe it; I partly fall
in the second for curiosity in Anatomy which today is cultivated by the most polished,
clearest minds, and I learned why one should not believe much into Medicine. My
study for some time in Germany made me see some controversy on Believe, and I
learned to believe even more firmly in the Catholic Faith. However, controversies
among Catholics do not touch my little mind and I prefere to care about my more
candid astronomic or physico-mathematical speculations and let the Thomists and
Scotists debate each other.
Apart from Galilei’s presumption (Cabibbo 2000, Vai 2000), an atmosphere of great metaphysical equilibrium was dominant in the mid-seventeenth century, not only in Bologna, but also in Florence, and even in
the Cimento Academy, where many of Galilei’s pupils gathered. There
was a sincere adherence to the Catholic Faith as indicated by Nicolaus
Steno’s (1638-1686) conversion from the Lutheran to the Catholic
Church, which was favoured by his friends, Lorenzo Magalotti,
Francesco Redi, and Vincenzo Viviani –all Galilei’s pupils–, as well as
by Curzio Inghirami, and Antonio Magliabechi (Naldini 1986, p. 17).
The Catholic option was serious, and not opportunistic, as someone
thought (Cavazza 1990). They found no contradiction between the faith
they professed and the sciences they investigated, nor they felt self-limited in their research of truth in the new science.
Steno’s conversion in 1667 caused a sensation (Fig. 10. 4). The letter
written by Steno to his friend Wilhelm Leibniz (1646-1716) in 1677
(Naldini 1986) is of great interest, because it contains in a few paragraphs not only Steno’s methodologic will but also the legacy of the
Italian geological community of those decades, that he had accepted
and best interpreted. The letter of the great Danish-Tuscan anatomist,
and founding father of geology, was triggered by a witty remark by the
German philosopher and mathematician at a dinner with the Duke of
Hannover. To understand the reasons for his conversion to the Catholic
faith, Leibniz asked Steno if he had “found the truth of Catholic religion in the bone marrow”. Steno, being a master of self-control and
Christian asceticism, must have answered kindly. The following day,
however, he sent to the philosopher a letter with an enlightened lesson
on the relations among science, philosophy and religion, written in an
ordered and lean style which was a reason of the great success of his
Prodromus.
The main points of Steno’s letter (Naldini 1986) are worth summary.
With his remark, Leibniz (Fig. 10. 5) became a tool in God’s hands.
God “saved Steno from all the sophistry of harmful philosophers, and
from all the quibbling shrewdness of certain persons who like this type
of philosophy”. Steno’s intention was dedicatory “to God’s glory” and
educational “to save those who, inclined to the same path from the
human presumption, could be dragged along the ravine of this philosophy. Descartes’ philosophy, once “held in greatest esteem” by the young
Steno, as by many young European scientists, was then accused. Steno’s
respect collapsed when, in dissecting the muscle structure of an ox
heart, he realized “by personal experience” that the structures he saw
“directly contradicted what the greatest and harmful philosophers held
to be demonstrated truths”. Moreover, “comparing the heart with muscles structure, for which I followed the system of the infallible mister
Des Cartes, each muscle I dissected at the first cut showed me the muscle structure, what turned over Des Cartes’ entire system”. Once made
the experience, Steno draws the inevitable conclusions (p. 22-23):
Fig. 10.4 – Nicolaus Steno’s portrait / Ritratto di N. Steno (cortesia di Mons. Angelo Livi)
fatto che l’impostazione idealistica, che ha dominato a lungo la storia
della filosofia e della scienza in Italia, non aveva interesse per le idee e
le pratiche scientifiche del Settecento (Cavazza 1990). Spiegazione
inconfutabile sul piano storico italiano, ma più pragmatica che ragionevole. Cosa dire, infatti allora, del Cinquecento e Seicento? E per il
Settecento basti pensare al ben diverso trattamento ottenuto da un epigono di Marsili, il grande Alexander von Humboldt, in un ambiente
ancor più idealista come quello tedesco. Ci devono essere altre spiegazioni più ragionevoli ed efficaci. Cavazza (1990, p. 19) accenna a “preclusioni indotte da una visione epistemologica preconcetta” e invita a
fare “una storia storica della scienza” (Roger 1984). È proprio questo
l’intendimento che guida il presente articolo, anche perché, nonostante
il risveglio di interesse dell’ambiente letterario bolognese per l’Istituto
negli ultimi trenta anni, molto resta da esplorare e moltissimo da studiare da parte di specialisti delle varie discipline scientifiche. Fa un po’
tenerezza leggere che “le ricerche avviate da più parti sui carteggi restituiscono un’immagine degli scienziati italiani del Sei-Settecento molto
più europea del previsto” (Cavazza 1990, p. 21), quando il ruolo di preminenza europea degli italiani in geologia e nelle scienze naturali veniva enfaticamente enunciato da Lyell oltre 170 anno orsono (v. sopra).
Ma è anche un indice della miopia e/o dello strumentalismo culturale
degli ultimi due secoli di epistemologia in Italia.
In questa atmosfera di storia poco storica della scienza si può anche giustificare la sorpresa di storici onesti nel vedere che una “linea di neutralità metafisica” seguita nel Sei-Settecento dalle accademie del
Cimento e della Traccia (quest’ultima precursore dell’Istituto) e da tutto
il fervido ambiente bolognese era condivisa dalla Royal Society of
London (Cavazza 1990, 2002). “Neutralità metafisica” è un termine,
forse improprio, per indicare la separazione di campo fra fisica, metafisica e religione che sarebbe stata adottata nella cattolica Italia alcuni
1. If these gentlemen, revered by almost all savants, have considered as infallible demonstrations what I can let prepare by a ten-years-old boy in only one hour in such a way that
the direct experience alone knocks down the most ingenious systems of such great minds,
which reliability can the other quibbles they boast about have? I say: if they were mistaken about material things which fall under our senses, what reliability are they providing
to me not to be equally wrong when treating about God and the soul?
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Gian Battista Vai
decenni dopo la condanna di Galileo per garantire la coesistenza della
nuova scienza sperimentale con il quadro ideologico della Chiesa
Cattolica. Una sorta di strategia opportunistica e di autocensura preventiva.
In realtà, sarebbe meglio parlare di indipendenza, di equilibrio, o addirittura di integrazione fra scienza, filosofia e religione. Si trattava, inoltre, di un problema non solo e non tanto italiano o cattolico, ma di tutta
l’Europa. Molti degli scienziati del tempo erano credenti convinti e praticanti, come si evince dalle loro opere, dalle lettere e dalla loro storia.
Il dramma esistenziale di Galileo (e di alcuni altri) avrebbe potuto
diventare il loro stesso dramma nel caso di una loro prevaricazione
intellettuale o per condizioni sfavorevoli al contorno. La loro intelligenza trovò rapidamente la soluzione teorica: indipendenza fra scienza e
fede, separazione fra Chiesa e Stato, uno dei maggiori progressi del pensiero occidentale, già prescritto nel Vangelo (Mt 22, 15-21) ma realizzato in modo eterogeneo e faticoso solo negli ultimi tre secoli. Bastano le
testimonianze della volontà di Luigi Ferdinando Marsili in Le
Costituzioni dell’Istituto delle Scienze (eretto in Bologna sotto li 12
Dicembre 1711) (Bortolotti 1930, p. 426-27):
Fig. 10.5 – (a) Portrait of Wilhelm Leibniz and (b) title page of Leibniz’s Protogaea /
Ritratto di W. Leibniz (cortesia di Mons. Angelo Livi) e frontespizio del Protogaea di
Leibniz (BUB, foto Vai)
CAP. I – Del Culto Sacro
Art. 1. – Li professori, e qualunque persona si eserciterà in questo Istituto, dovranno
riconoscere per Autore Dio Ottimo Massimo, ed implorarne da Lui, a maggior sua
gloria, la conservazione e gli avanzamenti, mediante intercessione della Santissima
Vergine Maria. Ed acciocchè si provi efficace protettrice di quest’Opera, in tutti gli
Strumenti e scritture si praticherà l’Epoca ab incarnatione; lasciando peraltro che, in
ciò che riguarda le osservazioni astronomiche, si usi la pratica e lo stile dell’era corrente.
2. – Saranno pure riconosciuti e venerati per protettori S. Tommaso d’Aquino, S.
Carlo Borromeo, e la nostra S. Catterina de’ Vigri, e nella Cappella domestica, che si
erigerà nell’Istituto, dovrà solennizzarsi da professori e studenti la Festa della
Santissima Annunciazione, con la celebrazione di una messa, in rendimento di grazie
a S.D. de’ beni che si ritraggono dall’istituto, e delle sue infinite Misericordie, usate
specialmente in tal giorno col generale conte Luigi Ferdinando Marsilli.
2. ...Although I did not quit all this doctrine containing points of truth, I was feeling myself to lose little by little the excess of esteem I held of them, and I started to
know more and more the weakness of the human spirit and the ruins to which presumption is leading. …So sir [this is] how God, by pushing me to refrain from the
philosophic presumption through the anatomic discoveries, let me gradually accept
love for Christian humility, which is indeed the worthiest love available to a reasoning soul.
Even sharper is the criticism of the Cartesian philosophy in the articulated Steno’s Defensio (1680) in reply to Baier’s Dissertatio (1678) (see
Naldini 1986). Steno praises the Cartesian method when it “aims at discovering biases, but not when it imposes to presume everything to be
false”. He continues, “I place that method at the first place among the
reasons why I detached from the ancient bias: it deserves from me
praise instead of blame in this respect. However, I believe this same philosophy is worthy of blame where its author forgets his own method,
and presumes as certain those things not yet established through reasoning”. Steno’s conclusion is lapidary: “So, I am not criticizing
Descartes’ method, but the method’s oblivion”. Such statements –by
such a distinguished Lutheran scientist converted to the Catholic
Church– demonstrate how the Roman Church, at least in Italy and on
a general level, was favouring the new science and the use of reason
(Fig. 10. 6). In Steno’s example, one cannot speak about “metaphysical
neutrality”; one is facing methodological independence, essential balance, and ontological equality among experimental science, philosophy,
and religion, perfectly integrable in the thinking human being but on
different scales of value.
The term “metaphysical neutrality” instead is well compatible with the
statutes of the Royal Society of London and the intention of its
founders, as appears from the following quotations by Cavazza (1990,
p. 141-42):
e in Marsili (1702) (Fig. 10.3):
Chiunque sarà admesso in questa nostra adunanza, dove molto si tratterà, anzi la più
gran parte de nostri studij sarà l’Astronomia, dovrà giurare di mai impugnare la difesa di Copernico, ma anzi di convincerlo anche con le ragioni fisiche, et in generale
promettere tanto per l’astronomia, che per qualunque principio fisico nella
Philosophia Esperimentale di tutto uniformarsi alla Santa Romana Cattolica Chiesa,
e chiunque o in voci o in scritto volesse da questa obbedienza partirsi subbito sij
escluso dal consorzio nostro.
e quelle di Geminiano Montanari (1676) (Fig. 10.3):
Avevo fin da ragazzo posto da parte l’Astrologia giudiziaria, la Medicina e la Teologia,
le prime due perché non ci credevo, l’ultima perché volevo crederci: ho bisognato
cadere nella prima per quella concomitanza che vogliono ch’ella abbia con le mate-
Our business was (precluding matters of Theologie and State affairs) to discours and
consider of Philosophical Enquires, and such as related thereunto; as Physics,
Anatomy, Geometry, Navigation, Staticks, Magneticks, Chymiks, Meckanichs, and
Natural Experiments, ...
The business and design of the Royal Society is: to improve the knowledge of naturall things, and all useful Arts, Manufactures, Mechanick practices, Engines and
Inventions by Experiments (not meddling with Divinity, Metaphysics, Morals,
Politicks, Grammar, Rhetoric or Logik).
Around 1665, Geminiano Montanari (Fig. 10.3) founded the
Accademia della Traccia in Bologna following the example of the
Accademia del Cimento, qualified as the model for all the “ultramontane academies in France, England, the Netherlands” where
“experimental philosophy is flourishing” (Montanari, 1667). He also
Fig. 10.6a
Fig. 10.6 – (a) Ancient Roman sarcophagus containing Steno’s remains in Steno’s Chapel, Basilica
di S. Lorenzo (b), Florence / Antico sarcofago romano in cui giace il corpo del Beato Niccolò
Steno nell’omonima Cappella (a) della Basilica di San Lorenzo a Firenze (b) (foto Brazzorotto-Vai)
226
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
followed an autochthonous Aldrovandian and Galilean approach,
mature to the point of recognizing Galilei’s mistakes. However, just
in 1667 the Cimento terminated its activities, so favouring the idea
that the leadership of the new science migrated from Italy to
England, where the Royal Society of London was established five or
six years earlier, by reproducing “the Italian model” (Ben David
1975; Cavazza 1990). Actually, although there was some decline in
Italian physics, research on natural history continued to have its
main propulsion centre in Italy and especially in Bologna’s Istituto
delle Scienze, until the middle of the eighteenth century.
As Montanari earlier, so later Anton Felice Marsili (1671), senior
brother of Luigi Ferdinando and Bolognese Arcidiacono, tried to
demonstrate the inherent compatibility between the development of
the natural sciences and the re-establishment of moral authority and
prestige in the Catholic Church. He claimed that there was a distinction between revelation and faith, reserved to theology; and the field
of nature and experience, left to natural philosophy; in each field,
matiche e l’ho fatto senza pregiudicare al disprezzo che ho per tutti quelli che ci credono; sono caduto in parte nella seconda per la curiosità dell’Anatomia ch’è oggi in
gran trattenimento degl’ingegni più ripuliti, ed ho imparato perché non si deve credere molto alla Medicina. La pratica di qualche tempo in Alemagna m’ha spinto a
veder qualche cosa di controversie della Fede, ed ho imparato a credere anche più
fermamente la Fede Cattolica. Ma le controversie che sono fra Cattolici hanno davanti al mio cervelluccio un noli me tangere che mi fa correre alle mie più innocenti speculazioni astronomiche o fisico-matematiche, e lasciar che i Tomisti e Scotisti se la
dibattano fra loro.
Non solo a Bologna, ma anche a Firenze e nella stessa cerchia
dell’Accademia del Cimento, dove sono molti i discepoli di Galileo,
verso la metà del Seicento vige un’atmosfera di grande equilibrio metafisico, ben lontano da certi irrigidimenti e prevaricazioni galileiane
(Cabibbo 2000; Vai 2000). C’è inoltre sincera adesione e, talora, fervore cattolico, come dimostra la conversione di Nicola Steno (1638-1686)
dal luteranesimo al cattolicesimo, favorita anche dagli amici Magalotti,
Redi e Viviani –tutti discepoli di Galileo–, Inghirami e Magliabechi
(Naldini 1986). Evidentemente, per questi scienziati l’opzione cattolica era seria e convinta e non,
come talora si pensa, autocensoria per opportunismo (Cavazza 1990). Essi non trovavano contrasti
fra la fede professata e la scienza indagata, né si sentivano limitati nella loro ricerca del vero nella
nuova scienza.
La conversione di Steno (Fig. 10.4) suscitò scalpore. Di grande interesse è la lettera scritta da Steno
all’amico Leibniz nel 1677 (Naldini 1986), perché
contiene in pochi paragrafi il testamento metodologico e epistemologico non solo di Steno ma del
mondo scientifico italiano di quei decenni. La causa
occasionale della lettera del grande anatomista e
padre della geologia danese-toscano è una battuta
al vetriolo che l’amico matematico e filosofo tedesco gli rivolge alla mensa del duca di Hannover. Per
capire le ragioni profonde e il senso della sua conversione al cattolicesimo, gli domanda se abbia
“trovato la verità della religione cattolica nel midollo delle ossa”. Steno, maestro di autocontrollo e di
ascesi, gli avrà risposto garbatamente, com’era suo
costume. E il giorno dopo ha inviato al filosofo una
gentile e illuminata lettera-lezione sulla storia dei
rapporti fra scienza, filosofia e religione, scritta in
quella prosa asciutta e ordinata che ha fatto la fortuna universale del suo Prodromus.
Vale la pena di riassumere i punti della lettera, tradotta dal latino in Naldini (1986). Con la sua battuta, Leibniz (Fig. 10.5) diventa lo strumento nelle
mani di Dio che ha “ha salvato” Steno “da tutta la
sofisticheria dei filosofi perniciosi e da tutta la sottile scaltrezza di certe persone che amano lo stesso
tipo di filosofia”. L’intento è dedicatorio (“alla gloria di Dio”) e didattico (“alla salvezza di coloro che,
avviati nel medesimo cammino dall’umana presunzione, potrebbero lasciarsi trascinare nel precipizio
di questo genere di filosofia”. Sul banco degli
imputati c’è la filosofia cartesiana, di cui il giovane
Steno, come moltissimi giovani scienziati in
Europa, “aveva grandissima stima”. Ma la stima va
in crisi quando Steno seziona la struttura muscolare del cuore di bue e, “per esperienza personale”, si
rende conto che essa “direttamente contraddice a
ciò che i più grandi e perniciosi filosofi tenevano
come verità dimostrative”. Non solo, ma “paragonando la struttura del cuore e quella dei muscoli,
Fig. 10.6b
227
Gian Battista Vai
per i quali mi attenevo al sistema del signor Des Cartes infallibile, qualsiasi muscolo io prendevo, al primo colpo mi svelava la struttura del
muscolo, che, riconosciuta fino ad allora, capovolgeva tutto il sistema del Signor Des Cartes”. Fatta l’esperienza, Steno trae le con-
autonomy had to be complete,
and risk derived only from
mutual intrusions (Cavazza
1990). Marsili founded the
two
Ecclesiastical
and
Experimental-Philosophical
academies in Bologna in 1687.
The first was to study the history of the Church and its
Councils; the second was to be
devoted “to observation and
experiments about natural
processes”, in such a way that
“one can raise the intellect
through the sense-driven observations and humiliate it giving
credit to the revelation; and
stroll along the Porch and kneel
in the Temple in continuous
Fig. 10.7 – Marcello Malpighi’s portrait drawn worship of God’s greatness
by F. Spagnoli / Ritratto di M. Malpighi dise- admirable in both nature’s and
gnato da F. Spagnoli (BUB, foto Vai)
grace’s works” (see Cavazza
1990).
Enlightenment and positivistic historians have related some decline in
Italian science after the second half of the seventeenth century to
Galilei’s condemnation and the Inquisition’s control. Actually, a
‘decline’ does not feature in every discipline. For example, postGalilean experimental research in medical-biological subjects develops
with success through Marcello Malpighi (Fig. 10.7) and Giambattista
Morgagni; the same applies to astronomy and mathematics through
Gian Domenico Cassini and Domenico Guglielmini; and, above all, in
the geological-palaeontological –and, more generally, natural history
fields– through L.F. Marsili, Jacopo Bartolomeo Beccari, Giuseppe
Monti, Lazzaro Spallanzani, Giovanni Arduino, and Antonio Vallisneri.
In fields where a decline really occurred, the main reasons were economic, social and organizational, more than ideological or political-religious (Ben-David 1975; Baldini 1980; Cavazza 1990). Although the
Inquisition restrained science developments in some parts of Italy, this
was not true in Bologna, where there was a gentlemen’s agreement
between the city’s leading thinkers and the Archbishops, Cardinals, and
Popes of Bolognese origin, before and after Galilei’s trial. From the
Church’s side, Cardinal Gabriele Paleotti, and Popes Gregory XIII
Boncompagni, Clement XI Albani, up to Benedict XIV Lambertini all
favoured this plan (Figs. 10.8). Their agreement was not opportunistic,
having preceded the Galilei’s affaire by some decades. Rather, it was
based on the values of the Counter-Reformation, which were shared
and useful for people active in both scientific-social and theologicalapologetic-educational fields (see the correspondence of Aldrovandi to
Cardinal Paleotti, and the quoted Steno’s case) (Vai, ch. 2, this vol.).
This gentlemen’s agreement extended outside Bologna, the secondlargest city in the Church States, to the Grand Duchy of Tuscany and
to the close Emilian duchies. Raimondi (1978) recognizes this agreement in the “Emilian erudition” that emerged around Marsili,
Bacchini, Malpighi, Mabillon and Muratori, to describe which he
introduces the term “Galilean Catholicism”. As suggested above, I
prefer to call it ‘Aldrovandian Catholicism’, as a tribute to the prince
of Renaissance erudition and the true inspirer, along with Cardinal
Paleotti, of this happy agreement.
clusioni (p. 22-23):
1. Se quei signori, che quasi tutti i sapienti venerano, hanno tenuto come dimostrazioni infallibili ciò che poi in una sola ora io posso far preparare da un ragazzo di dieci anni in modo tale che senza alcuna discussione l’esperienza diretta da
sola rovescia i sistemi più ingegnosi di questi grandi spiriti, quale sicurezza posso
avere delle altre sottigliezze di cui essi si vantano? Voglio dire: se nelle cose materiali che cadono sotto i sensi costoro si sono così sbagliati, quale sicurezza mi
danno di non sbagliarsi egualmente quando trattano di Dio e dell’anima?
2. ...E benché non abbandonassi tutta quanta quella dottrina, che conteneva dei
punti di verità, mi sentivo a poco a poco allontanare dalla stima eccessiva che
nutrivo per loro, e cominciavo sempre più a conoscere la debolezza dello spirito
umano e i precipizi verso i quali conduce la presunzione.
...Ed ecco, signore, come Dio, facendomi rinunziare alla presunzione filosofica
attraverso le scoperte anatomiche mi condusse poco a poco ad accettare l’amore
per l’umiltà cristiana, che in verità è l’amore più degno di cui è capace un’anima
ragionevole;
Ancor più puntuale è la critica alla filosofia cartesiana nella articolata
Defensio di Steno del 1680, in risposta alla Dissertatio di Baier del
1678 (Naldini 1986). Steno loda il metodo cartesiano in quanto è
“intento a scoprire pregiudizi, non in quanto impone di presumere
come falsa ogni cosa” E continua “pongo quel metodo al primo posto
fra gli altri motivi che mi fecero staccare dall’antico pregiudizio: per
questo esso merita da me, a questo riguardo, non biasimo ma lode.
Giudico tuttavia meritevole di biasimo questa medesima filosofia laddove il suo autore, dimentico del proprio metodo, presuppone per
certe quelle cose che non ancora aveva stabilite mediante la ragione”.
E conclude lapidario “In Cartesio dunque non critico il metodo, ma
l’oblio del metodo”. Che uno scienziato luterano convertito al cattolicesimo e del calibro di Steno faccia queste affermazioni a seguito di
esperienze anatomiche originali dovrebbe dimostrare che la Chiesa
Romana, almeno in Italia e sul piano generale, favorisse la nuova
scienza e la ragione, anziché ostacolarla come comunemente si dice
(Fig. 10.6). Qui non si può certo parlare di “neutralità metafisica”
bensì di indipendenza metodologica, equilibrio sostanziale e parità
ontologica fra scienza (sperimentale), filosofia e religione, perfettamente integrabili ma poste in scale diverse di valori.
Il termine “neutralità metafisica” invece si adatta bene agli statuti
della Royal Society of London e agli intenti dei suoi fondatori, come
appare dai passi seguenti (Cavazza 1990, p. 141-42):
Our business was (precluding matters of Theologie and State affairs) to discours and
consider of Philosophical Enquires, and such as related thereunto; as Physics,
Anatomy, Geometry, Navigation, Staticks, Magneticks, Chymiks, Meckanichs, and
Natural Experiments, […]
The business and design of the Royal Society is: to improve the knowledge of naturall
things, and all useful Arts, Manufactures, Mechanick practices, Engines and Inventions
by Experiments (not meddling with Divinity, Metaphysics, Morals, Politicks, Grammar,
Rhetoric or Logik).
Intorno al 1665, Montanari (Fig. 10.3) fonda a Bologna l’Accademia
della Traccia sull’esempio di quella del Cimento, che qualifica come
modello di tutte le accademie “oltramontane in Francia, in Inghilterra,
in Olanda”, dove “fiorisce la filosofia sperimentale (Montanari 1667).
Egli segue un approccio autoctono (aldrovandiano) e galileiano, maturato ormai al punto di riconoscere gli errori di Galileo. Ma proprio nel
1667 il Cimento terminava la propria attività favorendo l’idea del trasferimento della guida della nuova scienza dall’Italia all’Inghilterra, dove la
Royal Society of London era stata fondata cinque o sei anni prima “riproducendo il modello italiano” (Ben-David 1975; Cavazza 1990). In realtà,
se un ripiegamento avveniva negli studi fisici, per quelli di storia naturale, come si vedrà più avanti, l’Italia e l’Istituto di Bologna in particolare
The question of fossils
Geology has always been concerned with the study of fossil objects,
that represent ancient natural remains, both organic and inorganic
228
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
continuarono a rimanere il centro
propulsivo o principale fino a oltre
la metà del Settecento.
Come già prima Montanari, anche
Anton Felice Marsili (1671), fratello
maggiore di Luigi Ferdinando, e
Arcidiacono bolognese, aveva cercato di dimostrare la compatibilità
fra sviluppo delle scienze naturali e
riaffermazione dell’autorità morale
e del prestigio della Chiesa
Cattolica. Sosteneva la distinzione
fra il campo della rivelazione e della
fede, riservato alla teologia, e quello
della natura e dell’esperienza, proprio della filosofia naturale; nelle
sfere rispettive, l’autonomia doveva
Fig. 10.8 – The three Bolognese popes supporters of the development of sciences, from left to right: Gregorio XIII, Clemente XI, and
Benedetto XIV / I tre grandi papi bolognesi promotori dello sviluppo delle scienze: Gregorio XIII, Clemente XI (da ritratti dell’ASUB) e essere completa, mentre i rischi
Benedetto XIV, dal frontespizio del Summum Privilegium Cristiani Lupi Iprensis, Longhi Bononiae 1742 (BUB, foto Vai)
derivavano dalle intromissioni reciproche (Cavazza 1990). Nel 1687
egli fondò a Bologna le Accademie Ecclesiastica e Filosofica-esperimentale. L’una per studiare la storia della Chiesa e dei Concili e l’altra
in origin, buried and brought to the surface by natural erosion or by
dedicata “all’osservazione e agli esperimenti sopra l’opera della natura”,
anthropic digging. Fossils include not only organic skeletons, but
in modo che “sollevar si possa l’intelletto nelle osservazioni del senso ed
also minerals and rocks. Since ancient times, and increasingly in the
umiliarlo nel credito della rivelazione, passeggiare nel Portico e genuMiddle Ages, the main problem was to answer the ‘fossil question’
flettersi nel Tempio sempre venerando la divina grandezza egualmente
(Morello, ch. 4, this vol.). Two fundamental questions were at issue:
ammirabile nell’opere della natura e in quelle della grazia” (Cavazza
(1) how can crystals or shells found inside lithic rocks be explained;
1990).
and (2) why are shells and fish remains, similar to those living now
Gli storici illuministi e positivisti hanno strumentalmente attribuito
in the seas, found even in the mountains? Ancient Mediterranean
alcuni segni di decadenza scientifica italiana a partire da metà del
and Near Eastern cultures found an answer to the second question
Seicento alla condanna di Galileo e al controllo dell’Inquisizione. In
in the myth of the deluge, which was reinforced in the Christian
realtà, la decadenza non si riscontra in tutte le discipline. Per esempio
Middle Ages through the Biblical tale of Noah’s Flood. This was the
in campo medico-biologico la ricerca sperimentale italiana postgalibirth of Diluvianism (Sarti 1988, 1-8).
leiana si sviluppa con successo con Marcello Malpighi (Fig. 10.7) e
Giambattista Morgagni; lo stesso vale in campo astronomico-matematico con Gian Domenico Cassini e Domenico Guglielmini, e, sopratThe deluge: myth, belief, natural event
tutto, in campo geologico-paleontologico –e naturalistico più in generale– con L.F. Marsili, Iacopo Bartolomeo Beccari, Giuseppe Monti,
The myth is an imaginery representation of the reality; the more
Lazzaro Spallanzani, Giovanni Arduino, Antonio Vallisneri, ecc. E
rooted it is, the more primordial. Sometimes the myth intermingles
anche nei campi dove decadenza c’è, ben altri sono i motivi principali,
with the native human religiousness, as shown by some beliefs in
di tipo economico, sociale e organizzativo, prima che ideologico o relithe revealed Jewish-Christian religions. Upstream, a more or less
gioso-politico (Ben-David 1975; Baldini, 1980; Cavazza, 1990). E se in
idealized myth-originating real event occurred.
alcune parti d’Italia l’Inquisizione frenò lo sviluppo della scienza, ciò
The myth of the Universal Deluge, or Noah’s Flood, is alluded to in
non avvenne a Bologna e nella sua
area per una felice intesa rinnovatasi
fra i suoi migliori ingegni e gli
Arcivescovi, Cardinali e Papi di origine bolognese sia prima che dopo
Galileo, a partire dal Cardinale
Gabriele Paleotti attraverso i papi
Gregorio XIII Buoncompagni e
Clemente XI Albani, per culminare
con Benedetto XIV Lambertini (Fig.
10.8). L’intesa non era di tipo opportunistico o strumentale, precedeva
infatti di vari decenni l’affare
Galileo. Essa si fondava sui valori
condivisi della Riforma Cattolica
Tridentina (o Controriforma), utili
sia sul piano scientifico e sociale che
su quello teologico-apologetico-educativo (si veda il carteggio
Aldrovandi-Paleotti e il caso citato di
Fig. 10.9 – The Universal Deluge in the Arca Noë by Atanasius Kircher (1675) / Il Diluvio Universale nell’Arca Noë di Atanasio Kircher
Steno) (Vai, cap. 2, in questo vol.).
(1675) (BUB, foto Vai)
229
Gian Battista Vai
the Rigweda, an ancient Hindu collection in archaic Sanskrit; it is
also well known in the Babylonian Gilgamesh epic, and it is consecrated in the Bible. The conformity, persistence, and importance of
this myth requires evidence of a prehistoric, relevant, and timely
event.
Today, we know that non-gradual, more or less catastrophic geological events last for thousands or hundreds of years (or even less),
and that these may almost simultaneously flood large areas of the
Earth even far apart each other, sometimes causing the effects
described of the Flood. Examples are the tectonic or eustatic desiccations, and the ensuing flooding of large and deep endorheic
basins such as the Black Sea or even the Mediterranean Sea; or the
flooded shelves and coastal plains during cyclic deglacial phases.
Two such mega-events occurred in the last ten to twelve thousand
years, one of them affecting the Black Sea area (Ryan & Pitman
1999); this helps legitimate the concept of Noah’s Deluge (or deluges) (Fig. 10.9).
In earlier centuries, men of science had not yet discovered the
nature and length of geological time, nor the role played by glaciation in covering the European plains and valleys with not-bedded
and incoherent sediments. Such large sediment masses were
explained as a result of Noah’s Deluge. So, in spite of the
Enlightenment , “as recently as the eighteenth century practically
every scientist and intellectual curious about the natural world and
its workings was driven to harmonize science with religion”(Ryan &
Pitman 1998, p. 55). This was especially true for the Anglo-Saxons
scientific world (see below).
L’intesa felice non si limitava a Bologna, seconda città degli Stati della
Chiesa, ma si estendeva almeno al Granducato di Toscana e ai vicini ducati
emiliani. Raimondi (1978) ritrova questa intesa nella ”erudizione emiliana”
intorno a Marsili, Bacchini, Malpighi, Mabillon e Ludovico Antonio
Muratori, per cui conia il termine di “cattolicesimo galileiano”. Per quanto
detto prima, sarebbe preferibile chiamarlo cattolicesimo aldrovandiano,
anche per omaggio al principe dell’erudizione rinascimentale e al vero ispiratore, insieme con il Cardinal Paleotti, di questa intesa felice.
Dopo il lungo ma necessario inquadramento, ora si può affrontare il tema.
Leonardo and the Italian writers in the sixteenth century
Diluvio: mito, credenza, evento naturale
Leonardo (1452-1519) –a master in the studies of water– was not
impressed by Diluvianism (Fig. 10.10). On the contrary, he was the first
to solve the ‘fossil problem’ in a clear and elegant way, based on observation and formal reasoning. He dealt with organic fossils (Hammer
codex, 8v, 9v, 10r, 10v) (Pedretti 1985) contesting the assumptions:
Il mito è una rappresentazione fantastica della realtà; esso è tanto più
La questione dei fossili
Nell’ambito della storia o filosofia naturale, la geologia si è sempre identificata e caratterizzata per lo studio dei fossili, intesi come resti naturali
antichi, organici o inorganici, sepolti e portati alla luce dall’erosione naturale o dallo scavo dell’uomo. Quindi non solo scheletri di organismi, ma
anche minerali e rocce. Il principale problema teorico aperto fin dall’antichità e acuitosi nel Medioevo era appunto la questione dei fossili (vedi
anche Morello, cap. 4, in questo vol.). Questa veniva formulata in due
domande essenziali: (1) come si possono trovare cristalli o conchiglie
entro rocce litoidi, e (2) perché conchiglie e resti di pesci simili a quelli
viventi nei mari si trovano in monti anche molto alti? Ovvio che alla
seconda domanda le antiche culture circum-mediterranee e medio-orientali trovassero un parallelo se non una spiegazione nel mito del diluvio e
che il Medioevo cristiano li rafforzasse con il racconto biblico del Diluvio
Universale. Era nato il diluvianismo (Sarti 1988, p. 1-8).
If you say that the shells found in Italy far away from the seas were brought from
the deluge that left them so high as we see today, I answer that, because you believe
the deluge to overcome the highest mount by 7 cubits, the shells, that always stay
close to the sea shore, should appear everywhere at the same height.
If you say the shells like to stay close to the sea shore and, by rising sea level, they
followed the increasing level up to the maximum, one answers that, being the animal shell not faster in motion than an earth’s snail and even slower because it doesn’t swim but it forms a track [...], and moves from 3 to 4 yards a day. So, it can not
cover the distance of 250 miles separating the Adriatic Sea from Monferrato in
Lombardy in 40 days, as told by those who measured the time [of the deluge].
If you say the waves brought them there, [I answer] they cannot float for their gravity and stay on the bottom (8v).
Fig. 10.10 – Battesimo di Cristo by Verrocchio, Leonardo and others / Particolare (a) dal Battesimo di Cristo (b) di Verrocchio, Leonardo e altri (Galleria degli Uffizi, Firenze, foto Vai)
230
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
radicato quanto più è primordiale. Talora il mito si intreccia con e si
rafforza per la innata religiosità umana, come esemplificano alcune credenze della religione ebraico-cristiana rivelata. A monte c’è sempre un
evento reale più o meno idealizzato o mediato dal mito.
Il mito del Diluvio Universale o Noetico è adombrato nel Rigveda, antica raccolta indù in sanscrito arcaico, è palese nell’epopea di Gilgamesh,
incisa nelle tavolette cuneiformi babilonesi –trovate a Ninive– dopo
secoli di trasmissione verbale, e viene consacrato nella Bibbia. Una tale
concordanza, persistenza e imponenza del mito presuppone un evento
preistorico di estrema rilevanza e non lontano nel tempo.
Oggi conosciamo eventi geologici non graduali, e quindi più o meno
catastrofici, della durata delle migliaia o centinaia di anni (o anche un
po’ meno), che possono sommergere vaste regioni della Terra, anche
lontane fra loro, quasi contemporaneamente, provocando gli effetti
descritti per il Diluvio Universale. Sono, ad esempio, il disseccamento
di origine tettonica o eustatica e la successiva inondazione di bacini
endoreici grandi e profondi come il Mar Nero o addirittura il
Mediterraneo, oppure la sommersione delle piane costiere e della piattaforma continentale in occasione delle fasi deglaciali cicliche. Due di
questi mega eventi si sono verificati negli ultimi 10-12 mila anni, e uno
ha avuto per oggetto proprio l’area del Mar Nero (Ryan & Pitman
1999), giustificando appieno il concetto o i concetti di Diluvio
Universale (Fig. 10.9).
Nei secoli scorsi invece, quando gli scienziati non avevano ancora scoperto l’enorme durata dei tempi geologici, e non si era ancora capito che
i sedimenti incoerenti e non stratificati che rivestono gran parte delle
piane e delle valli europee erano stati abbandonati da enormi ghiacciai
in ritiro verso nord, l’efficacia del Diluvio Universale come agente geologico era ancora ulteriormente amplificata. Si capisce così la ragione
per cui, nonostante l’Illuminismo, “a partire dal Settecento non c’è stato
praticamente scienziato e intellettuale interessato al mondo naturale che
non abbia sentito il bisogno di armonizzare la scienza con la religione”
(Ryan & Pitman 1998). E ciò è stato vero, soprattutto, per il mondo
scientifico anglosassone, come vedremo.
If it is so, all waters run to the sea, and the sea advances over the mountains; by running to the sea, the waters push the shells away from the sea shore instead of
pulling. If you say the sea level increased through the raining waters and brought
the shells to that height, I already answered that things heavier than water do not
float, but lay on the bottom, from where they are not removed, except than through
wave action.
If the deluge could have brought the shells three to four hundreds miles away from
the sea, it would have brought them in a mixed lump of different natures: [instead],
we see at distance [from each other] the oysters all together, and the conchs, and
the squids, and all other shells which cluster together to form assemblages, and
which are found dead all together; and the solitary shells are found separated from
each other as we see in the sea shores every day!
If we find the very large oysters related together, many of them with the valves still
articulated, this witness that they were left there from the sea still living, when the
Gibraltar Strait was cut (9v).
Then he elaborated on the diluvianistic theory, showing that its inner
inconsistency can be solved with a correct interpretation of observations. He writes in a vulgar, less academic style, premonitory of
Galilei’s best writings:
In a sequence of beds between one and the other one still finds the trails of the
earthy worms that walked between them, when the beds had not yet dried up.
All marine mud still retain shells, and the shell is petrified together with the mud.
Those who want these animals to have been brought from the deluge in such places
far away from the seas are foolish and naïve. Another sect of ignorants maintains
that nature or the heaven have created them in such places by celestial influence.
[...] Having demonstrated with such signs the duration of their life, now one has to
admit that such animals do not live without motion, in search for food, and that
they do not bear tools able to penetrate the earth or the rocks, where they are
enclosed. In what way could one find in a great snail the fragments of many other
types of shells of different nature, if they were not brought from the sea waves over
the already dead snail lying on the sea shore, along with other light material?
Why so many fragments and complete shells are found between the stony beds, if
the shells over the shore were not buried with earth transported from the sea, that
was getting petrified later on?
If the deluge brought the shells from the sea, you should find them at the edge of
one single bed and not at the end of many.
One should list the number of years, when the sea multiplied the beds of sand and
mud supplied from the rivers nearby and deposited them on its shores; and if you
would say that many deluges had produced those beds and the shells in between,
you should state such a deluge to have occurred each year.
Again, under the fragments of such shells one believes a sea shore to have been
there, where all the shells have been thrown, broken, and separated, and never coupled, as are found still living under the sea with the two valves covering each other.
Between the beds of the sea shore and of marine sites fragments are found, and
inside the stony edges rare and paired tests are found as those left by the sea and
buried still living within the mud; the mud then dried up, and petrified with the
time (10r).
If you would say that such a deluge brought the shells hundreds of miles through
the seas, this can not happen, because the deluge was caused by rain, and the rains
push the rivers, along with the transported material, toward the sea, and do not pull
Leonardo e gli autori italiani del Cinquecento
Chi non si è lasciato influenzare dal Diluvio, e chi poteva essere se non
lui, è stato Leonardo (1452-1519), maestro negli studi sulle acque (Fig.
10.10). È il primo a risolvere il problema dei fossili con eleganza e chiarezza fondata su osservazione e raziocinio. Leonardo affronta il problema per parti e si limita a trattare dei fossili organici. La sua requisitoria
nel Codice Hammer (8v, 9 v, 10r, 10 v) (Pedretti 1985) è oggi notissima
e tagliente. Inizia contestando gli assunti:
Se tu dirai che li nichi che per li confini d’Italia, lontano dalli mari, in tanta altezza si
veggono alli nostri tempi, sia stato per causa del diluvio che lì li lasciò, io ti rispondo
Fig. 10. 11 – Specular print from Leonardo’s sentence on the palaeogeography of the Italian plains / Stampa speculare di una frase di Leonardo sulla paleogeografia delle pianure dell’Italia
(codice Hammer, 10v; Pedretti 1985)
231
Gian Battista Vai
che, credendo tu che tal diluvio superasse il più alto monte 7 cubiti, come scrisse chi
‘l misurò, tali nichi, che sempre stanno vicini a’ liti del mare, doveano restare sopra
tali montagne, e non sì poco sopra la base de’ monti, per tutto a una medesima altezza, a suoli a suoli. E se tu dirai che, essendo tali nichi vaghi di stare vicini alli liti marini, e che, crescendo l’acqua in altezza, li nichi si partirono da esso lor primo sito, e
seguitarono l’accrescimento delle acque insino alla lor somma altezza, qui si risponde che essendo il nicchio animale di non più veloce moto della lumaca fori dell’acqua, e qualche cosa più tarda, perché non nuota, anzi si fa un solco […], camminerà
il dì dalle 3 alle 4 braccia. Adunque questo, con tale moto, non sarà camminato dal
Mare Adriano insino al Monferrato in Lombardia, che v’è 250 miglia di distanza, in
40 giorni, come disse chi tenne conto d’esso tenpo. E se tu dici che l’onde ve li portarono, essi per la lor gravezza non si reggono, se non sopra il suo fondo (8 v).
E se così è, tutte esse acque corrono al mare, e concorre il mare alle montagne; e se
elle corrono al mare, esse spingono li nichi dal lito del mare, e non le tirano a sé. E se
tu dicessi, poiché ‘il mare alzò per l’acque piovane, portò essi nichi a tale altezza, già
abbiamo detto che le cose più gravi dell’acqua non notan sopra di lei, ma stanno nei
fondi, dalli quali non si rimuovono, se non per causa di percussion d’onda.
Quando il diluvio avesse aùto a portare li nichi trecento o quattrocento miglia distanti dalli mari, esso li avrebbe portati misti con diverse nature, insieme ammontati: e noi
vediamo in tal distanza l’ostriche tutte insieme e le conchiglie, e li pesci calamai, e
tutti gli altri nichi che stanno insieme a congregazione, essere trovati tutti insieme
morti; e li nichi solitari trovarsi distanti l’uno dall’altro, come nei liti marittimi tutto
il giorno vediamo!
E se noi troviamo l’ostriche insieme apparentate grandissime, infra le quali assai vedi
quelle, che ànno ancora il coperchio congiunto, a significare che qui furono lasciate
dal mare, che ancora viveano, quando fu tagliato lo stretto di Gibilterra (9 v).
Poi argomenta la teoria mostrandone le incoerenze interne e risolvendole con l’interpretazione corretta della osservazione, in un volgare
meno accademico ma premonitore del miglior Galileo:
Come son nelle falde, infra l’una e l’altra si trova ancora li andamenti delli lombrici,
che camminavano infra esse, quando non era ancora asciutta.
Come tutti li fanghi marini ritengano ancora de’ nichi, ed è petrificato il nicchio insieme col fango.
Della stoltizia e semplicità di quelli che vogliono che tali animali fussi, in tali lochi
distanti dai mari, portati dal diluvio.
Come altra setta d’ignoranti affermano la natura o i celi averli in tal lochi creati per
infrussi celesti.
Come in quelli non si trovassi l’ossa de’ pesci cresciute con lunghezza di tempo, come
nelle scorze de’ nichi e lumache non si potesse anumerare gli anni o i mesi della lor
vita, come nelle corna de’ buoi e de’ castroni, e nelle ramificazioni delle piante che
non furono mai tagliate in alcuna parte.
E avendo con tali segni dimostro la lunghezza della lor vita esser manifesta, ecco bisogna confessare che tali animali non vivino senza moto, per cercare il loro cibo, e in
loro non si vede strumenti da penetrare la terra e ‘l sasso, ove si trovan rinchiusi.
Ma in che modo si potrebbe trovare in una gran lumaca i rottami e parte di molte
altre sorti di nichi di varia natura, se essa sopra de’ liti marini già morta non li fussino state gettate dalle onde del mare, come dell’altre cose lievi che esso getta a terra?
Perché si trova tanti rottami e nichi interi fra falda e falda di pietra, se già quelle sopra
del lido non fusse stata ricoperta da una terra rigettata dal mare, la qual poi si venne
petrificando?
E se’l Diluvio predettoli avesse in tal siti dal mare portato, tu troveresti essi nichi in
sul termine d’una sola falda e non al termine di molte.
Devonsi poi annumerare le annate delli anni, che ‘l mare moltiplicava le falde dell’arena e fango, portatoli da’ fiumi vicini, e ch’elli scaricava in sui liti sua; e se tu volessi dire che più diluvi fussino stati a produrre tali falde e nichi in fra loro, e’ bisognerebbe che ancora tu affermassi ogni anno essere un tal diluvio accaduto.
Ancora infra li rottami di tal nichi si presume in tal sito essere spiagia di mare, dove
tutti i nichi son gittati rotti e divisi, e non mai apaiati, come infra ‘l mare vivi si trovano con due gusci che fan coperchio l’uno all’altro.
E infra le falde della riviera e di liti marittimi, son trovati rottami, e dentro alli termini delle pietre son trovati rari e appaiati di gusci, come quelli che furon lasciati dal
mare sotterrati vivi dentro al fango, il quale poi si seccò e col tenpo petrifichò (10 r).
Fig. 10.12 – Leonardo’s drawing of an instrument for measuring evaporation / Disegno leonardiano di uno strumento di misura dell’evaporazione (codice Hammer, 10r; Pedretti 1985)
dead things toward the mountains from the seas.
If you say that the deluge raised with its water over the mountains, the motion of
the sea was so slow in its travel against the river stream, that it could not have supported floating things heavier than it; and would it have sustained them, during the
retreat it should have abandoned them in different places.
How then to accommodate the corals which are found commonly attached to the
cliffs in the Monte Ferrato of Lombardy uncovered from the river streams? And the
same cliffs are all covered by relatives and families of oysters, which we know cannot
move, but live always attached with one of the valves to the rock, opening the other
to feed on small animals swimming in the water (10v).
He also noticed that the Mediterranean Sea was in the past much wider
than today (Fig. 10.11), and that
…over Italy’s plains, where today birds fly in flocks, the fishes used to run about hither and thither in great schools (10 v).
It appears clear that Leonardo anticipated the scientific and philosophical debates on Diluvianism of the next three centuries by pursuing the
facts and related arguments quoted above (not to mention those discussed on folio 9r of the Hammer Codex and folio 79 of F Codex). The
above quotations represent a synthetic treatise of sedimentary geology
as we teach it now, with sections on Uniformitarianism, palaeogeography, palaeoecology, biostratinomy, in-situ fossil communities and bio-
E se tu volli dire che tale diluvio fu quello che portò tali nichi for de’ mari centinaia
di miglia, quasto non può accadere, essendo stato esso diluvio per causa di piogge,
perché naturalmente le piogge spingano i fiumi, insieme cole cose da lor portate,
inverso il mare, e non tirano inverso de’ monti le cose morte de’ liti marittimi.
E se tu dicessi che ‘l diluvio poi s’alzò co le sue acque sopra de’ monti, il moto del
mare fu sì tardo, col cammino suo contro il corso de’ fiumi, che non arebe sopra di
232
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
Fig. 10.13 – First quotation of Leonardo’s contribution to the development of geology in the sixth edition of Lyell’s Principles of Geology (1840) and its French translation (1843, p. 51-52) /
Prima citazione del contributo dato da Leonardo allo sviluppo della geologia nella sesta edizione dei Principles of Geology di Lyell e nella sua traduzione francese (1843, p. 51-52) (foto Vai)
clastic assemblages already well outlined, including those references to
the opening of Gibraltar Strait, the Mediterranean desiccation (in the
same folio 10r where a drawing explains how to measure the evaporation) (Fig. 10.12), and the ensuing isostatic rebound, which amazes
those believing they have discovered something new.
Leonardo was not alone in having recognized the marine nature of
shells found inside the rocks of mountains (Brocchi 1814). Around
1336, Giovanni Boccaccio (1313-1375), in his novel Il Filocolo (book
VIII), wrote about shells in the Certaldo hills of Tuscany as
evidence of the sea once covering the continent. Alessandro degli
Alessandri (1461-1523) noticed the same in the Calabria mountains
(Genialium dierum, lib. V, cap. 9). Unfortunately, none of the geologists
and naturalists of the Renaissance and Baroque was able
to read Leonardo’s manuscript, nor could anyone else until the very end
of the 18th century, when their slow trans-litteration and publication
began. The first Leonardo quotation in chapter III of Lyell’s Principles
of Geology appears only in the sixth edition in 1840, and in the first
French translation in 1843 (p. 51-52) (Fig. 10.13). If Leonardo’s manu-
sé tenuto a noto le cose più gravi di lui; e, se pur l’avessi sostenute, esso, nel calare,
l’arebbe lasciate in diversi lochi seminate.
Ma come accomoderemo noi li coralli, li quali inverso Monte Ferrato di Lombardia
essersi tutto il dì trovati intarlati appiccicati alli scogli, scoperti dalle correnti dei
fiumi?
E li detti scogli sono tutti copri di parentadi e famiglie d’ostriche, le quali noi sapiamo che non si muovono, ma stan sempre apicicate coll’un de’ gusci al sasso, e l’altro
aprano per cibarsi di animaluzzi, che notan per l’acqua (10 v).
Annota poi che il Mediterraneo in passato era un mare assai più vasto
(Fig. 10.11) e che
sopra le pianure della Italia, dove oggi volan li uccelli a torme, solea discorrere i pesci
a grande squadre (10 v).
È chiaro, oggi, che con questa serie incalzante di punti (per non parlare di quelli discussi nel folio 9r del Codice Hammer e nel folio 79 del
Codice F) Leonardo superava di colpo quasi quattro secoli futuri pieni
di dibattiti scientifici e filosofici sul diluvianismo, e scriveva con almeno
altrettanto anticipo un trattato sintetico di Geologia Sedimentaria come
233
Gian Battista Vai
la si insegna oggi. Con i capitoli su attualismo, paleogeografia, paleoecologia, biostratinomia, comunità faunistiche in situ e associazioni bioclastiche già ben delineati, e con quei riferimenti all’apertura dello stretto di Gibilterra, al disseccamento del Mediterraneo (nello stesso foglio
10r in cui un disegno spiega come misurare l’evaporazione) (Fig. 10.12)
e al relativo aggiustamento isostatico, che lasciano sbalordito chi oggi
ritiene di aver scoperto qualcosa di nuovo.
Purtroppo, nessuno dei geologi e naturalisti ha potuto leggere i
manoscritti di Leonardo, finché allo scadere del Settecento ne è
iniziata la lenta traslitterazione e pubblicazione per merito di
Giambattista Venturi (1797). È illuminante al proposito che la
prima citazione di Leonardo nel cap. III dei Principles of Geology
di Lyell compaia solo con la sesta edizione del 1840 e con la prima
traduzione francese del 1843 (p. 51-52) (Fig. 10.13). Se Leonardo
fosse stato riscoperto prima, Steno, Marsili, Arduino, Werner e
Hutton sarebbero stati grandi maestri sì ma non i padri fondatori
della geologia.
Ma, nel Rinascimento e prima, Leonardo non era stato il solo a riconoscere la natura marina delle conchiglie che si trovano dentro le rocce dei
monti, e nemmeno in Toscana (Brocchi, 1814). Così Giovanni
Boccaccio (1313-1375), nel romanzo Il Filocolo (libro 8°) del 1336 c.,
ricorda conchiglie nelle colline di Certaldo come prova della presenza
del mare sul continente, e Alessandro degli Alessandri (1461-1523) nota
lo stesso nei monti calabresi (Genialium dierum, lib. V, cap. 9).
Girolamo Fracastoro (1483-1553) (Fig. 4.4), in una lettera richiesta
e pubblicata da Torello Sarayna (1540, p. 6-7) (Fig. 10.14), usa
argomenti così squisitamente leonardeschi per l’interpretazione non
diluviana dei fossili trovati a Verona nel 1517 da far sospettare che
egli abbia avuto accesso ai preziosi manoscritti o a una loro trasmissione verbale. Riferisce infatti di tre opinioni. Scarta la prima
che “conchas … in montes jactatas fuisse, quo tempore aquarum colluvie montes superavere”, perché “aquae quae exuperarunt montes
non fuerunt maria, sed inundationes e coelo”, e perché “non una
solum parte appareant, sed etiam in mediis, et in imis, et ubique”.
Rifiuta la seconda, di coloro “dicentium in montibus esse humorem
quondam, et quodadmodo generantur, ut est in Dactylis videre, qui in
mediis saxis nascuntur, et inde excavantur. Interdum non vera animalia fieri, sed quae imitantur vera,” perché “in montibus inter saxa
esse eam vim genitricem, quae in mari, non satis rationabile videtur”,
e perché “Si vero nunquam vixere, sed imitationes tantum fuere verorum animantium, hoc certe contra sensum est”. Ritiene invece “haec
olim vera animantia fuisse iactata illuc a mari, et in mari enata.
…Montes enim omnes e mari factos fuisse asseverabat; primum iactata arena in cumulos, fuisseque olim mare, ubi nunc montes extant,
[…] ut circam Ravennam apparet, ubi longe abest mare ab eo quod
olim fuerat passuum centum”.
Girolamo Cardano (1501-1576) nel suo De subtilitate (1550, lib. VII)
(Fig. 4.5) afferma che le pietre contenenti conchiglie certificano lo stazionamento del mare sulle montagne. Andrea Cesalpino (1519-1603)
(Fig. 4.3) nel De metallicis (1596) dice che le conchiglie pietrificate sono
corpi organici che “recedente mari et lapidescente solo inibi derelicta in
lapides concreverunt”. Simeone Maioli lo segue ma anticipa le teorie di
Hooke, di Lazzaro Moro e di Hutton quando aggiunge che le conchiglie possono essere state lanciate sulla terra da esplosioni vulcaniche sottomarine, come quella che originò il Monte Nuovo presso Pozzuoli nel
1538 (Dies carniculares, 1596, p. 734). Verso la fine del Cinquecento
Bernard Palissy (1510-1589) (Fig. 10.15), per primo fuori d’Italia,
sostenne a Parigi la natura animale marina delle conchiglie e dei pesci
fossili del bacino della Senna.
Invece Giorgio Agricola (1494-1555), Andrea Mattioli (1500-1577) e
Gabriele Falloppio (1523-1562), pur non credendo agli effetti del
Diluvio, attribuiscono le conchiglie alla materia pingue messa in fermentazione dal calore o al moto vorticoso delle esalazioni terrestri. In
particolare Falloppio in De metallis seu fossilibus Tractatus (1564, p.
scripts were available earlier,
Steno, Marsili, Arduino, Werner
and Hutton would have played
the role of followers rather than
founding fathers.
In a letter addressed to and published by Torello Sarayna (1540,
p. 6-7) (Fig. 10.14), Girolamo
Fracastoro (1485-1553) (Fig. 4.4),
used arguments very close to
those of Leonardo for a non-diluvianistic interpretation of the fossils excavated in Verona in 1517.
It is tempting to guess that
Fracastoro was influenced either
by Leonardo’s manuscripts or by
Fig. 10.14 – Torello Sarayna’s portrait / some verbal transmission of them.
Ritratto di Torello Sarayna (BUB, ASUB, Fracastoro expressed three opinfoto Mattei-Zannoni)
ions. The first –that “conchs were
thrown in the mountains when
water flood over them”– was discarded because “the waters exceeding
the mountain top were not marine but raining from the heaven”, and
because the conchs “appear not only in one level, but also in the middle and lower levels, and everywhere”. He also rejected the second
opinion supported by those who said “that in the mountains a certain
humour is present, and [conchs] are generated as one sees for Dactylis,
that are born inside the stones and then start to bore. However, they are
not true animals, but imitations”, arguing that “it seems not sufficiently reasonable that in the mountains the same force be present between
the stones as in the sea”, and because “if the [conchs] never lived, but
were pure imitations of true animals, this is for sure a nonsense”. He
believed instead “those [conchs] to have been once true animals, to
have been thrown there from the sea, and have been born in the sea. All
mountains w ere made from the sea. Once the sea was present where the
mountains are now, ...as near Ravenna appears, where the sea is quite
distant apart of hundred paces from the place where it was once”.
In De subtilitate (1550, lib. VII), Girolamo Cardano (1501-1576) (Fig.
4.5) stated that stones containing conchs testified to the existence of sea
over the mountains. Andrea Cesalpino (1519-1603) (Fig. 4.3) in De
metallicis (1596) wrote that petrified conchs are organic bodies that “by
retreating sea and petrifying soil as [things] left there were cemented in
stones”. Simeone Maioli shared the same opinion and anticipated
Hooke’s, Moro’s and Hutton’s theories when he added that shells may
have been thrown on land by submarine volcanic explosions, as at
Monte Nuovo near Pozzuoli in
1538 (Dies carniculares, 1596, p.
734). At the end of the sixteenth
century, Bernard Palissy (15181589) (Fig. 10.15) was the first
outside Italy to claim the animal
marine nature of fossil shells and
fishes, which he found in the surroundings of Paris.
Around the same time, instead,
Georg Agricola (1494-1555),
Andrea Mattioli (1500-1577) and
Gabriele Falloppio (1523-1562),
although not believing in the effects
of Noah’s Flood, explained shells as
Fig. 10.15 – Bernard Palissy claimed the formed by the fermentation of
animal nature of fossil shells of the Parisian
materia pinguis through heat, cold,
country side / Ritratto di B. Palissy sostenitore della natura animale delle conchiglie or whirling terrestrial vents.
fossili dei dintorni di Parigi (BUB, foto Vai) Falloppio in De metallis seu fos234
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
silibus Tractatus (1564, p. 108v) (Fig.
10.16, and 4.6) wrote: “Stones are
formed from agents like vent or stony
juice flowing through a certain place
where [matter] is hot, and becomes
petrified by the heat; similarly, if the
place is cold it becomes petrified by
the coldness. Michele Mercati (15411593) (Fig. 10.17) in his Metallotheca
Vaticana (ms. 1574), wrote that shells
are formed by the influence of heavenly bodies, and Francesco Calzolari
(1522-1609) (Fig. 2.8) considered
them as lusus naturae (1584).
Paradoxically, the gradual acceptance of the organic nature of stony
shells –first in Italy, then in France,
and then in England– opened the
way to more than two centuries of
ruling Diluvianism (Sarti 1988). The
anti-diluvianists were a minority,
whereas the diluvianists can be
divided into two wings, one having
a methodological approach, the
other an ideological one.
At the beginning of the eighteenth
century, there were still pockets of
anti-diluvianistic resistance, supporting the inorganic origins of petrified fishes and shells, that included even the well-known Bernard de
Fontenelle, Secretaire perpetuelle of
the Académie des Sciences of Paris
(Brocchi 1814, p. XXIII).
108v) (Fig. 10.16 e 4.6) scrive: ex
quibus causis … generantur lapides,
quia si exalatio, succus’ve lapideus
transcolet in locum aliquem, ubi fervor sit, ispissatur a calore, & fit lapis;
pariter si locus ambiens sit frigidus,
concrescit à frigore.
Michele Mercati (1541-1593) (Fig.
10.17) nella Metallotheca Vaticana
(1574) pensa che le conchiglie siano
formate dall’influenza dei corpi
celesti, e Francesco Calzolari (15221609) le tratta come scherzi di natura (1584) (Fig. 2.8).
Paradossalmente, la graduale accettazione della natura organica delle
conchiglie lapidee, prima in Italia,
poi in Francia e quindi in
Inghilterra, aprì la strada a oltre due
secoli di diluvianismo imperante
(Sarti, 1988). Diciamo subito che gli
antidiluvianisti furono una minoranza, mentre le folte schiere dei
diluvianisti si divisero in due ali, una
che potremmo definire metodologica e l’altra ideologica. E all’inizio
del Settecento resistevano sacche di
sostenitori della natura inorganica
di pesci e conchiglie pietrificate
addirittura nella persona del segretario perpetuo dell’Académie des
Sciences Paris, il ben noto
Fontenelle (Brocchi, 1814, p.
XXIII).
Tuscan and other geologists immune
to Diluvianism
Geologi toscani e altri immuni dal
diluvianismo.
Tuscany presents an endemic antidiluvianistic cultural approach
that started with Boccaccio in the
Trecento, reaching its peak with
Leonardo, and continuing to
demonstrate the organic nature of
lithified shells and the difficulty of
explaining their presence within
the beds outcropping in the
mountains as the effects of Noah’s
Deluge.
Subsequently, other geologists and
naturalists from different parts of
Italy contributed to the emergence
of an Italian school of geology, that
had a priority in solving related scientific and philosophical problems
also in the seventeenth to eighteenth
centuries. Thus Lyell wrote (1835,
p. 58; 1843, p. 93):
Quello toscano è stato una sorta di
singolare endemismo culturale antidiluvianistico che, a partire dal
Trecento con Boccaccio, ha raggiunto l’acme con Leonardo, e
senza tentennamento ha continuato
a sostenere e dimostrare la natura
organica delle conchiglie lapidificate e l’infondatezza nell’attribuire al
Diluvio Universale la loro presenza
dentro gli strati affioranti nei monti.
Questa gloriosa tradizione di saggezza fondata sull’esperienza si continua fino a tutto il Settecento coi
nomi di Baldassarri, Bastioni,
Fig. 10.16 – Falloppio’s inorganic origin of stones, De metallis seu fossilibus Tractatus
(1564, p. 108v), copy owned and signed in Latin by U. Aldrovandi on July 15, 1564 / Il Targioni-Tozzetti, Caluri, Matani.
De metallis seu fossilibus Tractatus (1564, p. 108v) sull’origine inorganica delle pietre; Ma oltre ai geologi e naturalisti
copia appartenuta a U. Aldrovandi e siglata in latino il 15 Luglio 1564 (BUB, foto Vai)
toscani, ce ne sono altri, tutti di
varie parti e stati d’Italia, che testimoniano la priorità della scuola italiana nella risoluzione dei problemi
scientifici e filosofici della geologia anche nel Sei-Settecento (Lyell 1835,
I return with pleasure to the geologists of Italy, who preceded, as has been already
1843):
shown, the naturalists of other countries in their investigations into the ancient
history of the earth, and who still maintained a decided pre-eminence. They
refuted and ridiculed the physico-theological systems of Burnet, Whinston, and
Woodward.
I return with pleasure to the geologists of Italy, who preceded, as has been already
shown, the naturalists of other countries in their investigations into the ancient
history of the earth, and who still maintained a decided pre-eminence. They refuted
235
Gian Battista Vai
Among these geologists were
Giovanni Quirini, Giovanni
Giustino Ciampini (1633-1698),
Bernardo Ramazzini (16331714), the reverend Giovanni
Giacomo Spada (1679-1749),
and Antonio Vallisneri (16671730). All rejected the diluvianistic interpretation of fossils.
The first two, however, were
attracted by the magic/scientific
interpretation (Brocchi 1814, p.
XVI-XVIII). Again, the correct
organic interpretation of petrified shells implied some diluvianistic counterweight. Those
Fig. 10.17 – Michele Mercati’s portrait from who were not conditioned by
Ritratti d’uomini illustri toscani, Allegroni magic suggestions were Spada
Firenze 1773 / Ritratto di M. Mercati dai and Vallisneri (Vaccari 1993).
Ritratti d’ uomini illustri toscani, Allegroni
Spada was the parish priest of
Firenze 1773 (BUB, foto Vai)
Grezzana, a small village north of
Verona. He described the shells common in the Veronese area, making
a correlation with the type of rock they came from (Fig. 10.18). The title
of his work, Dissertation to prove that the petrified marine bodies are not
diluvian (1737), is a paradigm of the liberality and independence that
the Italian priests enjoyed in the eighteenth century.
Vallisneri, a pupil of Malpighi in Bologna, was strongly impressed by
Aldrovandi’s Museum and writings. A Professor at the Padua university, with his renowned work
On marine bodies found in the
mountains (1728), he became the
leader of anti-diluvianists in the
eighteenth century (Morello
1979b, 1982).
Vallisneri and especially Spada represent the open, tolerant approach
followed by catholic Italy in
the scientific-philosophical field.
Members of the catholic hierarchy
supported the reasonings of science,
independently from Holy Writ. It is
not surprising to find reliable
authors such as Brocchi (1814) and
Lyell (1835) commenting on this
matter:
and ridiculed the physico-theological systems of Burnet, Whinston, and Woodward
(Lyell 1835, p. 58)
Je reviens avec plaisir aux géologues d’Italie, qui, après avoir précédé, ainsi
qu’on l’a déjà vu, les naturalistes des autres pays, dans leur recherches sur l’histoire ancienne de la terre, conservaient encore sur eux, à l’époque à laquelle
nous voici arrivés, une prééminence marquée. Ils réfutèrent et tournèrent en
ridicule les systèmes physico-théologiques de Burnet, de Whiston et de
Woodward (Lyell 1835, 1843, p. 93)
Fra questi vanno ricordati Giovanni Quirini, Giovanni Giustino
Ciampini (1633-1698), Bernardo Ramazzini (1633-1714), Giovanni
Giacomo Spada (1679-1749) e Antonio Vallisneri (1661-1730). Tutti,
indistintamente, escludono l’interpretazione diluviana dei fossili. Ma i
primi due, quasi per reazione, subiscono il fascino dell’interpretazione
magico-scientifica (Brocchi, 1814, p. XVI-XVIII). Ciò ribadisce che la
corretta interpretazione organica delle conchiglie pietrificate comportava un certo correttivo diluviano per essere ben accetta a molti degli
assertori. Chi non subì condizionamento di sorta furono invece Spada e
Vallisneri (Vaccari, 1993).
Spada, parroco di Grezzana, un paesetto poco a N di Verona, si dedicò
alla descrizione delle conchiglie di cui è ricco il Veronese ponendole per
primo in relazione al tipo di roccia da cui venivano estratte (Fig. 10.18).
Esordì con una Dissertazione ove si prova che i corpi marini pietrificati
non sono diluviani (1737). Documento più emblematico, già dal titolo,
della liberalità e indipendenza del clero italiano del Settecento non si
potrebbe immaginare.
Vallisneri, discepolo di Malpighi a Bologna, dove subì un’impronta
indelebile dal museo e dagli scritti aldrovandiani, docente all’Università
di Padova, col suo celebre De’ Corpi Marini che sui monti si trovano
(1728) è il massimo campione dell’antidiluvianismo nel Settecento
(Morello 1979b, 1982).
I due autori italiani, e lo Spada in
particolare, documentano un atteggiamento culturale aperto e tollerante, almeno in ambito scientifico e
filosofico nell’Italia cattolica del
Settecento. Gli stessi esponenti
della gerarchia cattolica ricercavano
e sostenevano le buone ragioni
naturali della scienza, indipendentemente dalla Sacra Scrittura. Non
sorprende allora che personaggi
insospettabili come Brocchi (1814)
e Lyell (1835) commentino al proposito:
In cotal guisa il Vallisnieri assai giovando
alla fisica, cercò di rendere un rilevante
servigio alla religione, separando il sacro
dal profano, e togliendo di mezzo molte
dispute che non possono riuscire che scandalose. Di fatto, volendo mescolare le
verità rivelate coi sistemi degli uomini, i
dogmi della fede con ipotesi soggette ad
esami e a discussioni, si promuove lo spirito di controversia senza potere prescriverne i giusti confini, si tentano le opinioni e
si aumenta il numero degli increduli. (p.
XXIX)
In this way Vallisneri served physics and
tried to serve even more religion, keeping separate the sacred from the profane,
and avoiding many controversies that are
outrageous. In fact, aiming to mix
revealed truths with the human systems,
articles of faith with hypotheses subject
to discussion, the dispute goes out of
correct limits, opinions are tempted, and
the number of unbelievers increases.
(Brocchi 1814, p. XXIX)
Vallisneri, in his comments on the
Woodwardian theory, remarked
how much the interests of religion,
as well as those of sound philosophy, had suffered by perpetually
mixing up sacred writings with
questions in physical science (Lyell
1835, p. 58).
Fig. 10.18 – Title page of Giovanni G. Spada’s Corporum lapidefactorum agri veronensis
catalogus, Verona 1744 / Frontespizio del Corporum lapidefactorum agri veronensis catalogus di Giovanni G. Spada Verona 1744 (BUB, foto Vai)
236
Vallisneri, in his comments on the
Woodwardian theory, remarked how
much the interests of religion, as well as
those of sound philosophy, had suffered
by perpetually mixing up the sacred
writings with questions in physical
science. (p. 58)
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
Fig. 10.19 – L.F. Marsili’s quotation of Aldrovandi’s Musaeum Metallicum / Citazione del Musaeum Metallicum di Aldrovandi in un manoscritto di L.F. Marsili (BUB, FM, ms. 88, E, 5, c.
2v, foto Vai)
Diluvianismo liberale illuminato italiano del Sei-Settecento
Liberal enlightened Italian Diluvianism in the seventeenth to eighteenth
century
Quasi tutti i migliori naturalisti e geologi italiani (per nascita o per elezione) del Sei-Settecento si trovano in questa folta schiera, con l’eccezione vistosa di Vallisneri. Basti citare Fabio Colonna (1567-1650), Niccolò
Steno (1638-1686), Agostino Scilla (1629-1700), Athanasius Kircher
(1602-1680), e soprattutto l’intera squadra dell’Istituto delle Scienze di
Bologna, con Luigi Ferdinando Marsili (Marsigli) (1658-1730), Johan
Jakob Scheuchzer (1672-1733), Domenico Maria Gusmano Galeazzi
(1686-1755), Giuseppe Monti (1682-1760, Jacopo Bartolomeo Beccari
(1682-1766), Giovanni Bianchi (Janus Plancus) (1693-1766), e
Ferdinando Bassi (1714-1774) in primo piano. Caratteristico di questi
autori, e in particolare del gruppo di ricerca molto affiatato dell’Istituto
delle Scienze, è la classificazione dei reperti fossili in senso lato. Poche
parole e molti fatti: ricerca sul campo, osservazione, comparazione.
Presupposti concettuali integranti del loro metodo erano la convinta
accettazione della natura organica delle conchiglie pietrificate, e l’ammissione della generica comodità del Diluvio biblico come nastro trasportatore dei fossili marini. In un’epoca in cui la geologia e la scienza
non avevano ancora gli strumenti sperimentali non dico per provare, ma
neppure per ideare la durata inconcepibilmente lunga dei tempi geologici (si ricordi la disputa fra Lord Kelvin e Lyell!), non deve scandalizzare che ci si accontentasse di invocare come spiegazione dei fatti il processo meno comune e più ancestrale che la tradizione preistorica ricordasse dopo gli inizi. Per loro il Diluvio era quindi un comodo Deus ex
machina e nulla più. Compariva al momento opportuno, come era costume in quella teatrale società, ma la commedia aveva altri attori e altri
canovacci. Agli scienziati di questo tipo premeva innanzitutto scoprire,
classificare, e conoscere le verità nascoste della natura. Se queste poi
sembravano accordarsi col supermodello più in voga del momento
(Kühn 1970), il Diluvio appunto, tanto meglio. Se fossero vissuti uno o
due secoli dopo, si sarebbero comportati nello stesso modo con l’evoluzione darwiniana o con la tettonica a placche. Erano scienziati a cui premevano più i fatti che le interpretazioni ultime, più i concetti che i
modelli. Si spiega così come Lyell, spesso caustico con i diluvianisti inglesi (risparmia solo il suo maestro Buckland, chiudendo la storia della geologia prima di lui), sia molto rispettoso e anche ammirato delle opere dei
diluvianisti bolognesi e italiani.
Sul piano dei contenuti e dell’immagine il diluvianismo pone ancora
l’Istituto delle Scienze nel quadro di una geologia a rilevanza filosoficoculturale. Sul piano del metodo e della routine invece l’Istituto bolognese anticipa il passaggio a una geologia orientata ai fini sociali, soprattutto con L.F. Marsili e le sue geologia e geomorfologia militari. Si vedano i suoi studi minerari e il primo abbozzo di distribuzione cartografica degli strati solfiferi, delle vene del gesso e delle miniere di zolfo dalla
Romagna alla Sicilia (Longhena 1930, p. 192), una carta, più che mineraria, già precocemente geologica (Vai 1995; Marabini e Vai, cap. 8, in
questo vol.).
Almost all the leading Italian geologists and naturalists were part of the
diluvianistic group, with the major exception of Vallisneri. It is enough
to list Fabio Colonna (1567-1650), Niccolò Steno (1638-1686),
Agostino Scilla (1629-1700), Athanasius Kircher (1602-1680), and the
entire team of the Istituto delle Scienze of Bologna. All such authors, and
especially the Bolognese group actively classified new fossil objects.
They performed field research with analytic observation and comparison: less words and more facts, could have been their motto.
Conceptual premises to their method included an acceptance of (1) the
organic nature of petrified shells and (2) the generic usefulness of
Noah’s Deluge as conveyor belt for marine fossils. At a time when geology and, more generally, science had no experimental tools for either
measuring or imagining the true length of geologic time (remember
Lord Kelvin’s vs Lyell’s controversy), one can understand the acceptance of the less common and most ancestral pre-historical process to
explain the facts observed. For these authors, Noah’s Deluge was a perfect deus ex machina, that appeared at the right moment as in a theatre
simply to solve and not to replace the show. Savants of this group
strove to discover, classify, and understand the hidden truths of nature.
It was even better if these truths happened to be consistent with the
more accepted super-theory of the time (Kuhn 1970), namely the
Noah’s Deluge. Were they to live one or two centuries later, they would
have followed Darwin’s evolution or plate tectonics without consequences for their research. They were interested to unravel solid facts
more than speculate about their
final interpretation; they were
looking more for concepts than
for models. This explains why
Lyell (1843), so sarcastic with
English diluvianists (except for
his teacher William Buckland,
who was not included into his
history of geology), respectfully
admired the works of Bolognese
and Italian diluvianists.
As for content and visibility
of research, the diluvianistic
Istituto delle Scienze continued
to develop a geology with philosophical and cultural relevance.
As for method and routine work,
the Bologna Institute anticipated
an important transition toward a Fig. 10.20 – Detail of the portrait of G.
geology more and more facing Monti / Particolare da un ritratto di G.
the social demands, notably with Monti (BUB, ASUB, foto Mattei-Zannoni)
237
Gian Battista Vai
Vediamo cosa scrivevano i membri dell’Istituto delle Scienze, i primi ad
aver fatto sistematicamente per mestiere, pagato con mezzi pubblici, la
geologia di campagna. Iniziamo da Marsili con le Costituzioni
dell’Istituto delle Scienze (12 Dicembre 1711) da lui dettate (Bortolotti
1930, p. 423):
Da’ tempi antichissimi sino alla nostra età, avendo sempre avuto l’alma città di
Bologna cura particolare di allevare nel suo grembo le Scienze, e di esercitare una diligente cultura; […]
Quando il generale conte Luigi Ferdinando Marsilli, avendo avuto genio di raccogliere e di fornirsi con applicazione dispendiosa:
di molti rari strumenti per le Matematiche e Filosofia esperimentale;
di un museo di fossili;
d’una storia de’ semi e vegetazioni delle piante terrestri e marittime;
d’una lunga serie di testacei;
d’una biblioteca di libri delle migliori edizioni;
di un gran numero di manoscritti arabi, persiani, turcheschi, e greci;
d’un museo di antica erudizione;
d’uno studio militare di modelli per fortificare e per fondere;
di strumenti necessari a diverse arti;
di molte antiche statue di marmo;
d’un sortimento di scelti caratteri per le stampe,
e parecchi altri arnesi, con fine sempre da lui inteso di recare con l’uso loro utile e
gloria alla sua amatissima patria ed agli ingegni studiosi, ed avendo poc’anzi soddisfatto a questo virtuoso suo desiderio, con fare autentico Dono al pubblico del complesso di tanti capitali da lui radunati. […]
Ed avendo conosciuto che la migliore utilità che apportar si possa alle une ed all’altre è quella d’illustrarle con le osservazioni, con le esperienze, e con le pratiche
opportune, e d’istruirne tutti quelli, così proprij nazionali, che forestieri, quali fossero volenterosi d’apprenderle. […]
Hanno per Senato Consulto decretato d’aprire sotto i fausti Auspicij d’un Pontefice
Massimo fautore sì glorioso de’ Studi più insigni, e sopra il valido appoggio d’un
Legato Apostolico sì benemerito de’ studii medesimi, una nuova sede alle scienze, con
profitto ancora delle Arti, e di erigervi un’Istituto, ove liberamente si possa mettere in
uso la ricca suppellettile di tanti Capitali scientifici, e meccanici donati dal Generale
conte Luigi Ferdinando Marsilli. (p. 423-426)
Gli strumenti di lavoro e criteri con cui perseguire lo sviluppo delle
scienze che troviamo nelle Costituzioni marsiliane derivano in gran
parte e sono in perfetta sintonia col Testamento di Aldrovandi e con il
suo metodo scientifico (Vai, cap. 2, in questo vol.) (Fig. 10.19). Alcune
frasi duplicano letteralmente passi di vari manoscritti aldrovandiani.
Secondo Findlen (1989, 1994) e Cavazza (1990, 2002) la scienza baconiana sarebbe il fondamento dell’Istituto delle Scienze marsiliano. A me
pare invece che l’influsso sia assai meno cruciale, come indica anche
uno degli strumenti che Marsili sottolinea nelle Costituzioni: “un museo
di antica erudizione”, qualcosa che a Bacone andava indigesto e che lo
differenzia da Aldrovandi.
Nel Commiato, quasi speculare al Testamento di Aldrovandi, Marsili
scrive (Bortolotti 1930, p. 468):
[…] stabilire nella mia Patria un Capitale Istruttivo alla Nobiltà, […] fu il principio
di quell’Istituto che ora possedete per la grazia di Dio, e per la beneficenza della
Santa memoria di Clemente XI, poiché avendo io posto ai suoi piedi, volle col suo
grande intendimento e col bel genio per le scienze e per le Arti, […] promuoverlo
con tante benemerenze, ed anche in forma più estesa di quello primo embrione; perché appunto, vivendo io ancora sotto le tende, pensai che bisognava ampliare una tal
formazione a beneficio della Storia Naturale, delle Matematiche, e della buona
moderna filosofia, in modo che ognuno avesse potuto in esse approfittare con l’evidenza di Capitali, che gli avessero insegnato egualmente per gli occhi, che per le orecchie. […]
Posso dirvi della mia costanza in volervi servire con tale fondazione, per rendere questa Città, se non superiore, almeno uguale alle maggiori moderne Università e
Accademie di Francia, d’Inghilterra, dell’Olanda e della Germania, unendovi un
complesso, ch’esse certamente fino ad ora non hanno, come l’Inventario generale di
sì fatti Capitali, depositato all’Archivio di S. Domenico. (p. 468-469)
Fig. 10.21 – L.F. Marsili profile and inscription, Sala di Ulisse, Accademia delle Scienze,
Bologna / Stele e lapide in onore di L. F. Marsili, Sala di Ulisse, Accademia delle Scienze,
Bologna (foto Ferrieri-Vai)
238
Continuiamo con con alcuni brani di Monti (1746) dal De testaceis quibusdam fossilibus achate plenis (Sarti 1988, p. 35) (Fig. 10.20):
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
Quando volgiamo gli occhi e la mente al
disordinato aspetto dei monti, solcati
moltissimo ora dalle acque piovane ora
da quelle che sgorgano dal seno della
Terra, scopriamo che essi furono innalzati per la maggior parte da strati orizzontali.
Ciò invero sembra più che sufficientemente spiegare che la Terra non avrebbe raggiunto questo aspetto per altra
ragione, se non fosse stata formata da
uno sconvolgimento di tutte le cose e a
causa del sedimento delle acque. Ciò
sarà facilissimo da capire non solo
osservando le cime più alte dei monti,
ma anche i nostri colli nei quali ci
imbattiamo in tante varietà di terreni
sabbiosi, pietre e strati di terra di varia
Fig. 10.22 – Bust of Iacopo Bartolomeo
posizione e disposti in nessun ordine.
Beccari / Busto di Iacopo Bartolomeo
Inoltre ciò non sarebbe facile se tra gli Beccari (Museo Capellini, foto Ferrieri-Vai)
strati di tal sorta, strati numerosi e vari,
non si presentassero ammassati spoglie di animali e altre cose marine mescolati a
terra, sabbia e pietre.
Nessuno si meraviglierà, gli stessi rudissimi abitanti dei monti ebbero sempre su ciò
il parere che tutto questo si dovesse considerare come testimonianza della inondazione del Diluvio. Avendo visitato dapprima i luoghi montuosi per cercare la causa di
ciò, confesso di essere stato molto avverso all’opinione di uomini così privi di cultura e campagnoli, principalmente per aver conosciuto quegli argomenti che tanti
uomini dottissimi avevano scritto e tramandato intorno a ciò. Nondimeno, richiamate all’esame le singole ipotesi, nessuna mi sembrò essere sostenuta con così ferme
argomentazioni, che anzi molto finora rimaneva da dubitare e perciò decisi di dedicarmi tutto alla collezione e all’osservazione di codeste cose, per conoscere in seguito quale opinione dovessi scegliere affinché non sbagliassi nello spiegare certi fenomeni del regno minerale, come se fossi cieco. Né tale decisione mi ingannò, poiché
esplorate le più alte montagne del territorio bolognese, mi capitarono fra le mani
alcuni grandi fossili, per cui di malavoglia fui costretto a riferire tutte, o quasi, le cose
enunciate al cataclisma universale, e così a stimare validi i loro argomenti. […]
Per noi fu certamente causa di gioia, cosicché stabilimmo nuove e accurate ricerche,
per parecchi anni, trovammo più esempi di quelle, che se non poterono dimostrare
completamente le cause di tale fatto, tuttavia furono sufficienti a dire qualcosa di
nuovo in materia fin qui ignota. […]
Nel presente lavoro ci è sufficiente di aver dichiarato quasi incidentalmente che tutte
le cose scoperte nel colle di S. Luca sono da riferirsi ad esemplari del mar Indiano,
affinché a ciascuno sia manifesto senza dubbio che le conchiglie piene di agata non
fossero poco stimate da noi. Ma a me sembra di udire alcuni affermare, perché queste cose sono riferite al mare Indiano piuttosto che Europeo? Perché si pensa che
queste siano trovate sui nostri monti? Che anzi si possono attribuire alle più antiche
separazioni del nostro mare? Alla quale obiezione senza dubbio si oppongono, e
straordinariamente la confutano, gli stessi corpi marini di tal fatta da noi estratti nel
colle di S. Luca fra i quali spesso scoprimmo frammenti di Nautilus indiano,
che secondo il nostro parere forniscono
un notevole argomento per tutti i giudizi. Inoltre, perché non rimanga nessuna
ragione di dubitare di questa cosa, c’è
da aggiungere fra le altre osservazioni
sui fossili che noi abbiamo conosciuto e
esaminato, che i monti europei abbondano di resti animali indiani.
L.F. Marsili in military geology and geomorphology. Of great interest
are Marsili’s studies on sulphur ore deposits from Romagna to Sicily
(Longhena 1930, p. 192), and a map which is an early geological one
more than a mineralogical one (Vai 1995, Marabini and Vai, ch. 8,
this vol.).
The scientists of the Istituto delle Scienze were the first to do systematically field geology as professionals funded by public money. Marsili in
his Constitutions for the Istituto delle Scienze (December 12, 1711) dictated the following (Bortolotti 1930, p. 423):
From most ancient time to our age, the great city of Bologna had care of Sciences
development, and culture improving …When the General Count Luigi Ferdinando
Marsili had the idea to implement an expensive collection of:
Many rare instruments for the Mathematics and experimental Philosophy;
a museum of fossils;
a history of seeds and of terrestrial and maritime plants;
a long series of shells;
a library of books of the best editions;
a great number of Arabian, Persian, Turkish and Greek manuscripts;
a museum of ancient erudition;
a military studio of fortress and melting models;
tools needed for the different arts;
many ancient marble statues;
a stock of selected printing fonts,
and many other tools, always with the aim to utility and glory of his beloved fatherland and to the savants of talent, having recently satisfied his virtuous desire of donating to the public such a great fortune collected …
Having known that the best advantage one can bring to the Sciences and to the Arts
is to illustrate them with observations, experiences, and convenient implementations
and to teach them to all those, from our and foreign countries, who want to learn
them. …
Under the good auspices of a Pope that is a glorious protector of most outstanding
Studies and with the help of an Apostolic Legate supporting them, the Senate
Council has decreed to open a new seat for the sciences, with benefit also for the Arts,
and to erect an Institute, where one can freely use the rich tools of so many scientific
and mechanical assets donated from the General Count Luigi Ferdinando Marsilli. (p.
423-426)
These guidelines in Marsili’s Constitutions appear to be largely derivative of and totally consistent with Aldrovandi’s Will and scientific
method (Vai, ch. 2, this vol.) (Fig. 10.19). Some sentences almost overlap with passages of many Aldrovandi’s manuscripts. The influence of
Baconian science on the foundation of Marsili’s Istituto delle Scienze,
assumed as relevant by Findlen (1989, 1994) and Cavazza (1990, 2002)
seems to me much less important, as indicated by one of the points listed above concerning “a museum of ancient erudition”, something that
Bacon had fought against.
In his Commiato, which almost mirrors Aldrovandi’s Will, Marsili writes
(Bortolotti 1930, p. 468):
The beginning and aim of that Institute you now owe to the grace of God and to the
beneficial Holyness of Clement XI was to establish in my Fatherland a Capital to educate the Nobles. With his great appreciation of and his beautiful talent for the sciences and the Arts, after I placed at his feet [the project], Clement XI was willing to
endorse it in a size even wider than its first embryo. So, when still living under the
[army] marquee, I thought to expand the institution for the benefit of Natural
History, Mathematics, and the good modern philosophy, in such a way that every one
could profit from those Capitals by which one could learn equally by eyes and by ears
…I can tell you, I tried constantly to serve you with this foundation, to make this city,
if not superior, at least equal to the major modern Universities and Academies of
France, England, the Netherlands and Germany, adding a complex as the general
Inventory of such Capitals, deposited in the S. Domenico Archive, that they by sure
do not have yet. (p. 468-469)
Non c’è dubbio che Marsili avesse le idee chiare su come promuovere lo sviluppo delle scienze agli
albori del Settecento e fosse riuscito coi suoi investimenti in
“capitali” culturali e didattici a
formare una schiera di pubblici
ricercatori che, come Monti, si
dedicavano a tempo pieno alla
We feel of interests also some passages from Monti’s (1746) On some
fossil shells filled by agate (Sarti, 1988, p. 35) (Fig. 10.20):
When we move our eyes and the mind to the untidy appearance of the mountains,
which are much incised from both waters raining and springing from the interior of
the Earth, we discover that they were raised mostly from horizontal strata.
239
Fig. 10.23 – Detail of D. Guglielmini portrait /
Particolare da un ritratto di D. Guglielmini
(BUB, ASUB, foto Mattei-Zannoni)
Gian Battista Vai
This is indeed more than enough to explain that the Earth
ricerca sperimentale umile, basata sull’osservazione
reached this appearance following a devastation of all the things
sistematica diretta e l’elasticità mentale aperta ad ogni
and the sedimentation from the waters. This is very easy to
possibile interpretazione. L’insegnamento galileano è
understand not only by looking at the highest peaks of the mounstato certamente ben assimilato e fuso con la precetains, but also at our hills where we see a large diversity of sandy
dente tradizione metodologica aldrovandiana e le sucterrains, [hard] stones, and earthy strata in various positions and
cessive motivazioni baconiane. Col risultato che pur in
devoid of any order. This would be difficult in case of lack of
una prospettiva di diluvianismo poco conclamato, se
clustered remains of animals and other marine things mixed with
non minimalista, i cervelli dell’Istituto bolognese
earth, sand, and stones.
hanno il primato di molte scoperte in medicina, astroNo wonder that the same rough inhabitants of the mountains
nomia e, in particolare, geologia. Per questa scienza
shared always the opinion that all this was to be considered as
proof of Noah’s Flood. Having visited first the mountain areas to
ricordiamo brevemente la fondazione della oceanolook for the cause of such a setting, I confess to have been quite
grafia e della geologia marina ad opera di Marsili
against the opinion of such low-culture countrymen, mainly
(Sartori, in questo vol.) (Fig. 10.21), che per primo
because I knew the argument written and conveyed from so
schizza e si propone di fare carte geologiche e disegna
many learned people. Nevertheless, after having examined the
modernamente colonne stratigrafiche e profili geoloindividual hypotheses, no one appeared to me to be supported
gici (Gortani 1930, 1963; Lipparini 1930; Marabini &
with such firm arguments. Many remained still dubious; thus I
Vai, Vaccari, cap. 7, in questo vol.); la scoperta dei
decided to devote all [myself] to collection and observation of
Foraminiferi e più in generale dei microfossili ad
such things, to know thereafter which opinion I should choose to
opera di Beccari (Fig. 10.22), che applica per primo il
avoid mistakes in the explanation of certain phenomena in the
microscopio anche allo studio delle rocce (Capellini
mineral kingdom, as I would blind. Such a decision did not
deceive me because after exploring the highest Bolognese moun1897); la fondazione della micropaleontologia con
Fig. 10.24 – Bust of Eustachio Manfredi /
tains, I had on hands some great fossils, so that I was reluctantly Busto di Eustachio Manfredi, Accademia Bassi (Fornasini 1884); la scoperta della struttura dei
compelled to refer all, or almost all the said things to Noah’s delle Scienze, Bologna (foto Ferrieri-Vai)
cristalli e della costanza dell’angolo diedro con
Flood, and to take for granted their arguments. […]
Guglielmini (Gortani 1963, p. 508) (Fig. 10.23); la
That caused joy to us, so that we planned new accurate research for many years, and
fondazione della paleontologia con Monti (Sarti 1988). E Vallisneri,
found more examples enabling to say something new on still ignored matters,
migrato a Padova dopo la parentesi bolognese, dal 1721 smantellava
although they could not completely demonstrate the causes of such a fact. [...]
dalle fondamenta la Natural history of the Earth pubblicata nel 1695 dal
It is important for us to have, almost incidentally, stated in this work that all things
diluvianista inglese John Woodward e diventata popolarissima. Essa
discovered in the S. Luca hill should be referred to specimens from the Indian sea,
aveva svolto un certo influsso per tre lustri anche a Bologna, dopo che
so that everybody knows how much we have considered the shells filled by agate.
Beccari nel 1704 ne aveva presentato all’Accademia degli Inquieti la
Someone will ask me why such specimens are referred to the Indian instead of the
versione latina tradotta dallo Schuechzer.
European sea? Why is it thought that these specimens are found in our mountains?
Can they be assigned to the most ancient separation of our sea? This objection is conCerto vi sono somiglianze fra i ricercatori dell’Istituto bolognese e queltrasted and extraordinary confuted by the same marine bodies of this kind we have
li gravitanti intorno alle Accademie londinese e parigina. Ma le diffedug from the S. Luca hill, among which we often discovered fragments of the Indian
renze sono ancora maggiori, specialmente in rapporto al programma
Nautilus, that according to us provides an important argument for all judgements. To
della Royal Society in particolare per i cultori di storia naturale. I boloavoid any doubt about this, one has to add to other observations on the fossils which
gnesi sono stati assai più osservanti dei britannici. Marsili e amici infatwe have known and examined, that the European mountains are rich in remains of
ti trovano nella concezione baconiana induttiva e utilitaristica una conIndian animals.
ferma autorevole e elaborata del metodo ben noto e delle opere di
Marsili had clear ideas on how to develop the sciences, which guided his
Aldrovandi, alla cui scuola si erano formati i loro maestri e che anche
investment in cultural and educational capital to form a group of pubper loro era un patrimonio culturale già ben radicato (Cavazza 1990, p.
licly-paid scientists who, like Monti, devoted themselves full-time to
216; Vai, cap. 2, in questo vol.). I britannici invece non erano ancora
experimental research, based on direct systematic observations of natstati addestrati e trovavano maggiori difficoltà. In campo geologico
ural things, with minds open to any possible interpretations. There was
l’Istituto delle Scienze e già prima l’Accademia degli Inquieti applicano support to dogmatism. Galilei’s lesson had been well absorbed and
vano fedelmente i criteri statutari della Royal Society e dell’Académie des
blended with Aldrovandi’s method and its subsequent Baconian reinSciences, direi quasi istintivamente per aver già iniziato prima della loro
forcement. The consequence was that the savants of the Istituto delle
fondazione. Gli scienziati inglesi invece li seguirono molto meno fedelScienze held primacy in many discoveries in medicine,
mente, anche per i pregiudizi scritturali che li attanaastronomy, and particularly in geology, in spite of
gliarono fin quasi a metà Ottocento. Va detto che una
their diluvianistic approach. They contributed concerta differenza esisteva fra le accademie bolognesi e
siderably. Consider Marsili founding father of
quelle oltramontane, in particolare la Royal Society.
oceanography and marine geology (Sartori, this vol.)
Questa nasceva per l’interesse della nuova classe
(Fig. 10.21) who first sketched geological maps, and
imprenditoriale, commerciale e coloniale inglese
drew modern stratigraphical columns and geological
(Cavazza 1990), quelle sorgevano ad opera del meceprofiles (Gortani 1930, 1963; Lipparini 1930;
natismo papale e della Riforma Cattolica per fini più
Marabini & Vai, this vol.; Vaccari, this vol.); the dismolteplici, formativi, culturali e apologetici, innanzicovery of foraminifera and, more generally, of microtutto, ma anche per mantenere aggiornato un prospefossils by Beccari (Fig. 10.22) who first used the
ro apparato industriale e commerciale e governare in
microscope for studying rocks (Capellini 1897); the
maniera efficace il territorio.
foundation of micropaleontology by Bassi (Fornasini
Molte opere dei bolognesi (Malpighi, Marsili,
1884); the discovery of crystal structure and of the
Guglielmini, Valsalva, Morgagni, Scheuchzer,
constancy of dihedral angles by Guglielmini (Fig.
Manfredi) (Fig. 10.24) furono stampate in prima o
10.23) (Gortani 1963, p. 508); and the foundation of
seconda edizione in Europa, per lo più in Olanda, a
palaeontology by Monti (Sarti 1988). After teaching Fig. 10.25 – Ex libris of L.F. Marsili / Ex libris riprova dell’eccellenza e competitività, se non premiin Bologna, Vallisneri moved to Padua and after 1721 di L. F. Marsili (BUB, foto Vai)
nenza, di questa scuola. In certi casi le loro opere ven240
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
nero direttamente pubblicate nelle
Philosophical Transactions, come accadde a Beccari prima nel 1729 con la lettera sui “fuochi fatui” (will-of-the wisp) e
nel 1746 con l’articolo su fosforo, diamante e “pietra di Bologna”, non a caso
proprio opere geologiche. Tutto ciò conferma che le accademie bolognesi e poi
l’Istituto delle Scienze sono nati e cresciuti in modo sostanzialmente indipendente e autonomo, semmai convergente
e in buona risonanza, anche competitiva,
con quelle che sarebbero poi diventate
le “grandi” accademie oltremontane. La
considerazione che gli scienziati della
Royal Society avevano per la scuola bolognese la si evince dal fatto che fu il segretario dell’accademia londinese Henry
Oldenburg a cercare Malpighi per pubblicarne le opere nel 1667 e non viceversa (Adelman 1975; Cavazza 2002). Fig. 10.26 – Bust of Nicolaus Steno /
Anche al tempo di Marsili ci sono segni Busto di N. Steno (Museo Capellini,
di pariteticità fra le due istituzioni bolo- foto Ferrieri-Vai)
gnese e londinese, quando il conte soggiorna a lungo in casa di William Sherard a Londra nel 1721, visitando
fra gli altri Newton e Woodward. Egli infatti intendeva dedicare alla
Royal Society un libro sulla “Probabile struttura organica della Terra”
(Cavazza 2002), che conosciamo solo per parti allo stato di manoscritto
(Figg. 10.25). Non a caso Malpighi e Marsili furono fra i primi bolognesi a essere eletti alla Royal Society rispettivamente nel 1669 e 1691.
Ma Marsili fu anche socio delle accademie di Parigi e di Montpellier, e
le sue opere principali vennero stampate a Amsterdam e in Olanda
videro la luce le prime ristampe delle opere di Malpighi e poi, come
visto sopra, le riedizioni di molti lavori degli scienziati dell’Istituto delle
Scienze. Come oggi, anche allora l’editoria scientifica era dominio dei
mercanti olandesi, il cui fiuto commerciale non falliva nell’elencare nel
primo gruppo i contributori bolognesi e italiani. È importante notare
che questo canale privilegiato fra la scienza bolognese e l’Olanda fu
aperto proprio da Steno (Fig. 10.26) che in Olanda aveva studiato, si era
poi trasferito in Italia, si era convertito al cattolicesimo e, pur in procinto di abbandonare l’attività scientifica, dal 1669 aveva intrapreso a
corrispondere col collega Malpighi.
refused Woodward’s very popular Natural history of the Earth published in 1695. In spite of this, Woodward’s work had quite an influence
for at least two decades, after Beccari had presented in 1704 its Latin
translation by Scheuchzer to the Accademia degli Inquieti. This witnesses a well rooted Diluvianism in Bologna.
There are similarities between the natural philosophers of the Istituto
delle Scienze and those active in the London and Paris academies. The
differences, however, are even more important. The Bolognese savants
were complying with the suggestion of the Royal Society much more
than many British colleagues. Marsili and his friends believed that the
inductive and utilitarian Baconian sciences were an elaborated outcome
of Aldrovandi’s scientific method and works. Their teachers had been
educated at the Aldrovandi’s school, that was well rooted in their culture (Cavazza 1990, p. 216; Vai, ch. 2, this vol.). British researchers
found more difficulties. In the geological field, the scientists of the
Istituto delle Scienze, as those of the earlier Accademia degli Inquieti, followed instinctively the guidelines embraced in the statutes of both the
Royal Society and the Académie des Sciences, having practised them
already before the foundation of those academies. English scientists
were less complying also as a consequence of prejudices derived from a
misuse of the Holy Writ until the mid nineteenth century. There were
other differences, too. The Royal Society was stimulated by the interests
of the new business, trade and colonial classes (Cavazza 1990); while the
Bolognese Institute originated through Papal and Catholic Reform
funding, which had wider, mainly educational, cultural, and apologetic
purposes, and which also aimed at improving the prosperous industrial
and trade conditions of the Papal States.
Many works of Malpighi, Marsili, Guglielmini, Valsalva, Morgagni,
Scheuchzer, Manfredi (Fig. 10.24), and others were printed outside
Italy, mainly in the Netherlands. In some cases, their works were published in the Philosophical Transactions, as with Beccari’s On the will-ofthe wisp (1729) and his geological-geochemical article On phosphorus,
diamonds, and the “Bologna stone” (1746). All this suggests that the
Bolognese academies and the Istituto delle Scienze originated and grew
essentially independent and autonomous from, and in good resonance
and competition with the growing ultramontane academies. The Royal
Society had great respect for the Bolognese as shown by the fact that its
secretary, Henry Oldenburg, sought to publish Malpighi’s works in
1667 and not vice versa (Adelman 1975; Cavazza 2002). In Marsili’s
time, there is evidence of much good will between the Bolognese and
London institutions, when Marsili stayed for months at William
Sherard’s home in London during 1721, visiting Newton and
Woodward, among others. Marsili planned a dedication to the Royal
Society of a book on the “Probable organic structure of the Earth”
(Cavazza 2002), parts of which are known as manuscripts (Figs. 10.25).
Malpighi and Marsili were among the first Bolognese to be elected
Fellows of the Royal Society, in 1669 and 1691, respectively. Marsili was
also a member of the Paris and Montpellier academies, and his main
works were printed in Amsterdam. As today, scientific publishing was
dominated by Dutch dealers, and the first re-edited translation of
Malpighi’s and other Bolognese works appeared in the Netherlands.
This connection was initiated by means of Nicolas Steno (Fig. 10.26),
who had studied in the Netherlands before moving to Italy, where he
was converted to Catholicism (Vai, ch. 2, this vol.). He began correspondence with Malpighi in 1669, shortly before abandoning his scientific activity.
Diluvianismo dogmatico fisico-teologico inglese del Sei-Settecento
In questo gruppo figurano i maggiori naturalisti isolani del tempo, a cui
si devono, peraltro, molte scoperte e idee basilari della geologia. Per
tutti i naturalisti inglesi fino a gran parte del Seicento, le conchiglie fossili mai erano state dei veri animali (Lyell 1835, p. 44; 1843, p. 71). Solo
più tardi, anche in quel paese, l’assunto cominciò a essere discusso.
Come appunto fece Robert Hooke (1635-1703).
Ma la caratteristica distintiva del gruppo, dopo l’ammissione della natura organica e marina delle conchiglie fossili trovate in terra era l’esigenza imprescindibile di trovare una spiegazione dei fatti naturali che fosse
in accordo con l’interpretazione, o meglio, la loro interpretazione della
Sacra Scrittura. Così, ad esempio, Hooke rifiuta l’interpretazione legata
al Diluvio Noetico, ma vi contrappone un’altra teoria diluviana “entirely opposed to the fundamental principles professed by him”, come
nota Lyell (1835, p. 51; 1843, p. 81). Hooke (1705, scritto nel 1688) in
sostanza anticipava all’intervallo fra Creazione e Diluvio il sollevamento dei corpi marini al di sopra del mare. Con Burnet (1690), Ray (1692)
e Whinston (1696) sono i “Sistemi Fisico-Teologici” e le “Teorie Sacre
della Terra” a prendere il sopravvento. I saggi di fisica e di geologia
Dogmatic physico-theological English Diluvianism in the seventeenth and
eighteenth centuries
The leading British naturalists of the time, including those responsible
for major discoveries and ideas in geology, were part of this diluvianistic group.
241
Gian Battista Vai
sono pieni di citazioni “dei Profeti e dei Padri della Chiesa” (Lyell 1835,
p. 53; 1843, p. 84); e le citazioni hanno carattere non tanto ornamentale-letterario quanto funzionale.
John Woodward (1665-1728), che per le collezioni di campioni degli
strati britannici depositate a Cambridge è il più grande imitatore delle
opere di Aldrovandi e di Cospi, diventa anche il campione del
Diluvianismo più radicale e l’apologeta della ricerca estrema di concordanza fra i fenomeni naturali e i versetti sacri. La sua Geografia Fisica o
Saggio intorno alla Storia Naturale della Terra stampato in inglese nel
1695, in francese nel 1735 e in italiano nel 1739 (Figg. 10.27 e 10.28)
ebbe una influenza enorme per l’intero Settecento e oltre. Eppure già
dalla prefazione (Woodward 1739, p. V-VI dell’edizione italiana), come
dall’indice (p. IX-XVI), col senno di poi, appare chiara la incoerenza di
fondo e talora l’irrazionalità delle teorie che egli propone come risultato della diuturna raccolta personale di dati in tutta l’Inghilterra, completata per l’estero dai collaboratori. In particolare, la buona intenzione
di basare il saggio “sull Osservazione” viene rapidamente svuotata dalla
mancanza delle prove, dall’affermazione apodittica, e ancor peggio,
dall’ adattamento delle osservazioni alla premessa metodologica della
perfetta concordanza con la Scrittura. In fondo, Woodward dava l’impressione o era convinto di seguire Bacone e i dettami metodologici
della Royal Society, ma Galileo non l’aveva letto, o quanto meno non lo
digeriva.
al Lettore sembrerà forse a bella prima assai strano, e nuova e dura gli riuscirà la mia
asserzione: Che tutto il Globo terrestre fu disciolto e ridotto in polvere nel tempo del
Diluvio; che le particelle di pietra, di marmo, per esempio, e degli altri fossili, furono
allora disunite, che ondeggiarono sospese nell’acqua, e confuse con nicchi marini d’ogni sorte, con animali e vegetabili; che cessando l’acqua di tener sospese tutte queste
sostanze, son’elle cadute nel luogo, dov’erano prima, e si son perciò riunite; che per
conseguenza la terra nello stato in cui di presente s’attrova, non è altro che una massa
composta e formata d’un radunamento d’arena, di terra, di nicchi, &c.
Ma chiunque vorrà considerare con tutta l’attenzione necessaria, quello che ho dimostrato in altro luogo; cioè, che ritrovasi una prodigiosa quantità di nicchi, e d’altri
corpi, l’origine de’ quali è nel mare, incorporati e chiusi in ogni sorta di pietre, nel
marmo, nella creta, in tutte in somma le materie di questo Globo, così ben serrate e
salde, che si son potuti in esse conservare; che tai corpi son’alluogati nella terrestre
materia, principiando quasi dalla superficie della terra fin ne’ luoghi i più profondi,
ove siasi riuscito di penetrare, o scavando, o in altra maniera; e che se ne trovano in
qual si sia luogo della terra medesima; che la materia terrestre è disposta per letti o
strati, collocati l’un sopra l’altro, nell’istessa maniera che tutti i sedimenti terrestri
d’ogni fatta, i quali si separano da un fluido, e cadono in gran quantità; che questi
corpi trovansi presentemente posti negli strati secondo la lor differente gravità: che i
più pesanti sono i più cacciati dentro terra; ed i più leggieri, quando trovasene alcuno di questa spezie nel medesimo luogo, son più all’alto, o più dappresso alla superficie; che gli uni e gli altri stanno ne’ luoghi, dove la gravità specifica della materia terrestre s’agguaglia alla loro; i nicchi più pesanti nelle pietre, i più leggieri nella creta, e
così degli altri: chiunque, dissi, esaminerà tutto ciò nel dovuto modo, non averà bisogno di cercare altre prove per comprendere, che la terra fu realmente disciolta, e che
ella si formò poscia di nuovo, nella maniera dianzi detta; e s’egli stimerà a proposito
d’aggiugnerci le ragioni, ch’ei ritroverà altrove al luogo loro, io spero che vie più lo
convinceranno della verità di quanto io dico.
L’altra cosa da osservarsi, è l’universalità del Diluvio, su la qual proposizione parimenti io insisto. Per tal uopo, non ha il Lettore se non da considerare ciò ch’io asserisco, e che ho cavato da autentiche relazioni; cioè, trovarsi i corpi menzionati di
sopra, non in una, ma in tutte le parti cognite del mondo, nell’Europa, nell’Asia,
nell’Africa, e nell’America, ed eziandio sulla cima delle più alte montagne. Laonde
io credo ch’egli dubitar non possa ragionevolmente della mia Proposizione: in particolare se aggiungasi quanto io dico del grande abisso; cioè, che cotesto immenso
ricettacolo contiene anche al presente copia d’acque bastanti per un diluvio simile,
e per poter inondare e coprire tutto il globo, fino i più alti monti. (Woodward 1739,
p. V-VI; si veda anche la sezione del globo anteposta al frontespizio, qui riprodotta in Fig. 10.28)
Fig. 10.27 – Title pages of J. Woodward’s Physical Geography English 1695 original (a) and
the Latin 1704 (b), French 1735 (c), and Italian 1739 (d) translations / Frontespizi dell’originale inglese del 1695 e delle traduzioni latina del 1704, francese del 1735 e italiana del
1739 del Physical Geography di Woodward (cortesia di E. Vaccari e BUB, foto Vai)
For the English naturalists of the seventeenth century, fossil shells had
never been true animals (Lyell 1835, p. 44; 1843, p. 71). Later on, discussion began also in the British Isles, as Robert Hooke (1635-1703)
did. However, once having admitted the organic and marine nature of
fossil shells, this group of savants was compelled to find an explanation
of natural facts in agreement with the Holy Writ or, better, with their
interpretation of them. For example, Hooke rejected interpretations
based on Noah’s Deluge, assuming another diluvianistic theory “entirely opposed to the fundamental principles professed by him”, as Lyell
observed (1835, p. 51; 1843, p. 81). In essence, Hooke dated the uplift
of marine bodies over sea level to the time interval between Creation
and Noah’s Deluge (1705, written in 1688). “Physico-Theological
Systems” and “Sacred Theories of the Earth” dominated British science
with Burnet (1690), Ray (1692), and Whinston (1696). The essays on
physics and geology are full of quotations “on Prophets and Fathers of
the Church” (Lyell 1835, p. 53; 1843, p. 84); such quotations were
Quanto alle “Osservazioni”, c’è una vera captatio benevolentiae nelle
prime pagine del saggio
è restato finalmente il mondo persuaso, non potere una vera Filosofia su d’altro fondamento appoggiarsi, che su quello delle Osservazioni.
Di qui è che nella materia che ho tra le mani, non si troverà ch’io rechi in mezzo
242
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
cosa veruna, la quale non sia da fatti avvalorata; imperciocchè mia intenzione si è,
di battere una strada, la quale da ognuno
concordemente è creduta la più sicura;
cioè di non proporre se non ciò che è fondato sopra Osservazioni, ma sopra
Osservazioni fatte con accuratezza, e riferite con fedeltà. (p. 1-2)
granted a scientific meaning, and
not simple ornamental or literary
purposes.
In making his sample collection of
British strata for Cambridge
University, John Woodward (16651728) was the greatest follower of
Aldrovandi’s and Cospi’s work. He
became champion of the most radical Diluvianism and the apologist of
concordances between natural phenomena and Sacred Verse. His
Physical Geography or Essay on the
Natural History of the Earth, (printed in English in 1695, in French in
1735, and in Italian in 1739) (Figs.
10.27, and 10.28), had an enormous
influence. Nevertheless, there was a
basic inconsistency in the theory he
proposed as a result of his day by
day collection of data. His intentions to base his essay on “the
observation” was deprived of meaning by the lack of evidence in his
text, by apodictic statements, and,
worse, by adapting his observations
to his premise of a perfect concordance between the natural world
and Scripture. Thus, Woodward
(1695) believed perhaps to follow
Baconian scientific criteria, but he
had never read nor assimilated
Galilei’s lesson.
Sembrerebbe che Woodward, pur
essendo assai lontano dal concetto
di ”esperienza” galileana, intenda
seguire un metodo sostanzialmente
aldrovandiano e baconiano, libero
da preconcetti.
Io non asserisco sopra alcuna Osservazione,
se non ciò che è stato esaminato con tutte le
immaginabili cautele, e ciò di che ciascun, al
par di me, può conoscere facilmente la verità.
[…] E poiche in questo Saggio le mie proposizioni sono fondate su coteste Osservazioni,
potrà ognuno giudicare della verità e della
probabilità de’ miei sentimenti, e se quello
che io propongo, naturalmente segua dalle
medesime Osservazioni, o nò. (p. 7)
Ma poi quando il lettore vorrebbe
che le interpretazioni date alle
osservazioni scaturissero da prove,
queste mancano e vengono sostituite da eleganti proposizioni iterative
dell’interpretazione, sia essa fisica o
storico-teologica. Anche lo spazio
dedicato alle osservazioni è modesto
rispetto a quello speso per enunciare e argomentare le interpretazioni.
Eppure il Saggio conquistava i lettori anche per la sua chiarezza, la
sapiente retorica, la relativa sinteticità e la dedizione dell’autore. E
anche per l’originalità e modernità
descrittiva di certi processi geologici. Oggi l’opera rimane pur sempre
ammirevole, ma più sul piano apologetico, anche se indebito e inutile,
che su quello scientifico.
It will perhaps at first sight seem very
strange, and almost shock an ordinary
Reader to find me asserting, as I do, that
the whole Terrestrial Globe was taken all
to pieces and dissolved at the Deluge, the
Particles of Stone, Marble, and all other
solid Fossils dissevered, taken up into the
Water, and there sustained together with
Sea-shells and other Animal and Vegetable
Bodies: and that the present Earth consists, and was formed out of that promisSu le Osservazioni che ho fatte in questi
cuous Mass of Sand, Earth, Shells, and the
particolari, tutte le mie conclusioni, rispetrest, falling down again, and subsiding
to alla terra, s’appoggiano; il tutto s’accorfrom the Water. But whoever shall duely
da con la sua forma; s’accorda col diluvio
attend to what I elsewhere lay down, viz.
universale, e colle altre inondazioni; in
that there are vast moltitude of Shells, and
breve, tutto s’accorda colle diverse vicissiother Marine Bodies, found at this day
tudini ed alterazioni, ch’essa terra ha sofincorporated with and lodged in all sorts of
ferte fino ad oggi. (p. 8)
Stone, in Marble, in Chalk, and to be
Si può conchiudere con molta ragione, che
short, in all the other ordinary Matter of
Fig. 10.28 – Section across the structure of the Earth published in the French and Italian tutti cotesti nicchi straordinari, non rapthe Globe which is close and compact editions of Woodward’s Physical Geography / Sezione della Terra pubblicata nelle edizioportabili a veruna spezie cognita, sono nicenough to preserve them: that these are ni francese e italiana del Physical Geography di Woodward (BUB, foto Vai)
chi appartenenti ai pesci che ora vivono nel
found thus reposited amongst this
fondo dell’Oceano; e che non v’è alcuna
Terrestrial Matter from near the Surface of
spezie di pesci a conchiglia, delle un tempo esistenti che sia perita, e che non sussista
the Earth downwards to the greatest Depth we ever dig or lay it open, and this in all
più. (p. 21-22)
Parts of it quite round the Globe: that the said terrestrial Matter is disposed into
Strata or Layers, placed one upon another, in like manner as any earthy Sediment, setGià nella prima parte del Saggio, nell’esaminare le opinioni degli autotling down from a Fluid in great quantity, will naturally be: that these Marine Bodies
ri precedenti, Woodward tradisce presunzione e dogmatismo, con
are now found lodged in those Strata according to the Order of their Gravity, those
atteggiamento tutt’altro che sperimentale:
which are heaviest lying deepest in the Earth, and those sorts (when there are any
such in the same place) shallower or nearer to the Surface: and both those and these
La verità si è …che niuno poteva ricevere lumi considerabili intorno a quello che essi
amongst terrestrial Matter which is of the same specifick Gravity that they are, the
asserivano; però non hanno fatt’altro che contraddirsi l’un l’altro. Era loro facilissi-
243
Gian Battista Vai
heavier Shells in Stone, the lighter in Chalk, and so of the rest; I say, whoever shall
but rightly weigh all this, he’ll have no need to go further for Proof that the Earth was
actually so dissolved, and afterwards framed a-new, in such a manner as I have set
forth. And if to this he shall fit to add the other Arguments of the same Thing which
he will meet with in their Place, they also will I hope not fail of doing their Part in
convincing him still more of the Truth and Certainty of this Matter.
The other Instance I make choice of shall be of the Universality of the Deluge, which
is another Proposition that I insist upon. And for this, let but the Reader please to consider, what I deliver from authentick Relations, that the marine Bodies aforesaid are
found in all Parts of the known World, as well in Europe, Africa, and America, as in
Asia, and this even to the very tops of the highest Mountains; and then I think he cannot reasonably doubt of the Proposition: but more especially if hereunto he shall joiyn
what I offer concerning the Great Abyss, and thence learns that there is at this day resident, in that huge Conceptacle, Water enough to effect such a Deluge, to drown the
whole Globe, and lay all, even the highest Mountains under Water. (Woodward 1695,
Preface; see also Fig. 10.28 reproduced from Woodward 1735, 1739)
As for the “Observations”, there is a true captatio benevolentiae in the
first pages of his essay
From a long train of Experience, the World is at length convinc’d, that Observations
are the only sure Grounds whereon to build a lasting and substantial Philosophy. ...
For which reason, I shall in the Work before me, give my self up to be guided wholly by Matter of Fact; as intending to steer that course which is thus agreed of all hands
to be the best and surest: and not to offer any thing but what hath due warrant from
Observations; and those both carefully made, and faithfully related. (p. 1-2)
Fig. 10.29 – Title page of T. Burnet’s Telluris Theoria Sacra, Wolters Amsterdam 1699 /
Frontespizio del Telluris Theoria Sacra di T. Burnet (BUB, foto Vai)
mo distruggere i sentimenti degli avversarj, ma niun di loro era in stato di difendere
i suoi, e le loro opere non sarebbero state mai valevoli a reggere ai primi attacchi ed
alle prime opposizioni. In somma, così poco l’un l’altro si son superati, che niuno di
loro poteva con ragione pretendere d’essersi più accostato alla verità; (p. 28-29)
Aggiungerò …una breve Storia delle fatiche, che in questa materia hanno fatte molti
Dotti, ed in particolare Fabio Colonna, Niccolò Stenone, P. Boccone, Jacopo Grandi,
Giovanni Ray; e mostrerò nel medesimo tempo, in che hanno errato, e ciò che rimane da farsi.
Conviene esaminare al presente, per qual cagione io rigetti tutte le altre congetture.
Per trattare questa questione in poche parole, dirò che la rigetto perché non v’ha probabilità in nessuna; perché le osservazioni manifestamente lor sono contrarie, nonché
servir possano a convalidarle; in breve, perché le circostanze presenti di questi corpi
originarj del mare, non quadrano con queste opinioni; al contrario porgono de’ fenomeni, onde son contraddette, e d’onde chiaro veggiamo, che nello stato in cui ritroviamo al presente cotesti corpi non possono essere stati posti da agenti così limitati,
e particolari, come quelli che qui ci si propongono. (p. 30-31)
Woodward follows an Aldrovandian and Baconian method, apparently
free of prejudice:
And therefore I advance nothing from any Observation that was not made with this
Caution, and that any Man may not, as well as my self, without any great pains, inform
himself of the truth of: [...] And what I propose in this Essay being founded upon these
Observations, every Reader will be judge of the truth and probability of it, and whether
that which I do so propose naturally follows from them or not. (p. 8-9)
However, when the reader looks for evidence, it is lacking, or else is
replaced by elegant iterative statements of the same physical or historical-theological interpretation. Nevertheless, Woodward’s essay captured readers with its clarity, rhetoric, and passion. The essay also contains original and modern description of certain geological processes.
Today, the essay is admired more as apologetics than as science.
La storia si è incaricata di dire chi aveva ragione. Ma il brano rivela
ancor di più l’arretratezza metodologica del discorso di Woodward, ben
poco coerente col manifesto della Royal Society. La involuzione del suo
pensiero rispetto alla libertà intellettuale e morale di Steno appare da
passi come i seguenti:
And it is upon my Observations on this that I have grounded all my general
Conclusions concerning the Earth; all that relate to its Form; all that relate to the
Universal and other Deluges; in a word, all that relate to the several Vicissitudes and
Alterations that hath yet undergone. (p. 9)
It may very reasonably be concluded, that all these strange Shells, which we cannot
so match, are of this Pelagia: that the several kinds of them are at this day living in
the huge bosom of the Ocean: and that there is not one intire species of Shell-fish,
formerly in being, now perish’d and lost. (p. 28)
i confini del mare e della terra non si son mai cambiati, come pretendesi; il Globo in
somma è nel medesimo stato in cui lo lasciò il Diluvio, ed è verosimile che continuerà
ad esser l’istesso fino al fine […] (p. 36)
In examining previous authors’ opinions, Woodward shows an
approach that is anything but experimental and tolerant.
Finchè il genere umano sussisterà […] i disegni che s’è proposti l’infinita Sapienza di
quest’essere, saranno stabili, e sussisteranno ogn’ora. Le leggi con le quali egli contiene questo vasto universo sono così costanti, che la terra, il mare e tutta la natura
rimarranno sempre nello stato nel quale sono al presente, senza invecchiare né andare in decadenza, senza che l’uno occupi i confini dell’altro, senza che le rivoluzioni e
le successioni delle cose sieno sovvertite o mutate. (p. 47)
The Truth is [...] no Man could receive much Light or Satisfaction from what was
advanced by any of them. They little more than clashed with one another: each could
demolish the others Work with ease enough, but not a Man of them tolerably defend
his own; which was sure never to outstand the first Assault that was made. Yea upon
so equal Terms did they all stand, that no one could well lay claim to a larger share of
Truth for his fide: (p. 37)
And whereunto I shall prefix, An Historical Account of the Labours of Fab.
Columna, Nic. Steno, P. Boccone, Jac. Grandius, Mr. John Ray, and other Learned
Men, on this subject: shewing what they have already done in it, wherein they failed,
and what remains still to be done. Why I reject all the other Conjectures, falls under
our present Consideration; and to make as short of the Matter as possible, ‘tis
because they will none of them abide the Test: because they have not due warrant
from Observation, but are clearly repugnant thereunto: in a word, because the present Circumstances of these Marine Bodies do not square with those Opinions, but
exhibit Phaenomena that thwart them, and that give plain Indications that they could
never have been put into the Condition we now find them by any such short and partial Agents as those they propose. (p. 39-40)
Tra tutte le spezie differenti di foglie che io ho trovato nella pietra, ho sempre osservato ch’erano nello stato in cui sono sul fine della primavera, ch’è il tempo, in cui,
secondo la relazione di Mosè, le acque del diluvio si videro, ed impedirono l’accrescimento degli animali e de’ vegetabili. (p. 58)
Fortunatamente si alternano passi descrittivi originali e ammirevoli, e
uso efficace di intuizioni di autori precedenti, quali i concetti di “nicchi
esotici” (p. 56) e di resti di “animali terrestri” (p. 57). Ma poi riprendono citazioni della Bibbia scambiate per prove, osservazioni adattate al
modello in funzione di prove, argomentazioni estemporanee per spiegare col modello processi e strutture, come quando si afferma che tutte
le montagne del globo si sono formate poco dopo il Diluvio, e che i terremoti non servono a formarle:
244
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
History told us who was right. However, the quotation shows how
Woodward’s methodological backwardness was inconsistent with the
Royal Society manifesto. The involution of Woodward’s thought compared to Steno’s intellectual and moral freedom (Vai, ch. 2, this vol.)
appears from the following sentences:
Le Montagne non si sono alzate successivamente e in differenti tempi per occasione
di tremuoti di quando in quando accaduti. Questi tremuoti, in luogo di formare o di
alzare Montagne, ne rovesciano e ne distruggono alcune di quelle che già esistevano;
e le fanno cadere nell’abisso. (p. 89)
E l’intento apologetico-scritturale verso i critici sovrasta quello scientifico:
but that the bounds of the Sea and Land have been more fix’d and permanent: and
in short, that the terraqueous Globe is to this day nearly in the same condition that
the Universal Deluge left it: being also like to continue so till the time of its final ruin
and dissolution [...] (p. 46-47)
as long as Mankind it self shall endure; that is, till the Design and Reason of its preservation shall cease; and till then, so steady are the purposes of Almighty Wisdom, so
firm establish’d, and constant the Laws, whereby it supports and rules the Universe;
the Earth, Sea, and all natural things will continue in the state wherein they now are,
without the least Senescence or Decay, without jarring, disorder, or invasion of one
another, without inversion or variation of the ordinary Periods, Revolutions, and
Successions of things: (p. 61-62)
Certuni hanno quindi arditamente asserito, che un Diluvio come il descritto da Mosè,
riesce incredibile, e che cosa simile non sia stata, né poteva essere. D’altro fra loro
non si favellava, che di matematiche dimostrazioni per provare la falsità della cosa; le
vantavano con tutto il trionfo immaginabile; non mancava loro se non di produrre un
argomento nuovo, al quale non rifosse risposta, contro l’autenticità degli scritti di
Mosè; quest’era certamente il loro scopo, ed una cosa alla quale piacerebbe loro in
estremo di giungere. (129-130)
Neanche le critiche, solo in parte fondate, fatte da Camerario al Saggio
e confutate nella Risposta del 1713 pubblicata insieme col Saggio nell’edizione italiana del 1739, sembrano toccare Woodward:
Original charming passages alternate with the previous ones in the
essay. Some useful concepts of previous authors, like “exotic shells” and
remains of “terrestrial animals” are reconsidered. However, Bible’s quotations are then mistaken for evidence, observations are adapted to fit
the model, unrelated arguments are used to explain processes and
structures within the model assumed. As an example, all the mountains
of the globe would have formed shortly after Noah’s Deluge and the
earthquakes would no concur to their formation:
Essendovi in quest’opera molte cose affatto nuove, non è da stupirsi, che sian venuti
ad alcune persone de’ dubbj sopra d’essa, e sieno state proposte delle obbiezioni contro il Sistema ch’ella racchiude. Queste obbiezioni sono state in vero fatte con molto
spirito, ma a me non son parute cotanto sode e ben fondate, che meritassero che io
le ribattessi con una risposta; oltre che naturalmente io abborrisco ogni disputa, ed
ogni contesa Letteraria.
Tuttavolta, quando furono pubblicate le dissertazioni del Sig. Camerario, io vi trovai
tanta finezza, tanto acume, e tanta forza; e vidi esposte in sì bel chiaro le obiezioni che
m’erano già state proposte, ch’io stimai, che rispondendo ad esso, avrei risposto a
tutti gli altri.
Se alcun s’aspettasse di vedermi qui affettare del valore, o della destrezza nella disputa, o insultare al mio Avversario, andrebbe errato di gran lunga. Io non mi prevalgo
contro di lui, d’altro che della stessa natura, o delle Osservazioni accurate. (p. 328329)
That the said Mountains were not raised successively, and at several times, being
flung up or elevated by Eartquakes, some at one time, and some at another, as those
Earthquakes happened. That these are so far from raising Mountains, that they overturn and fling down, some of those which were before standing, and undermine others, sinking them into the Abyss underneath. (p. 110-111)
The apologetic intentions of the work overcome the scientific ones:
che prende l’occasione per esplicitare ancor meglio la sua osservanza
formale delle regole della Royal Society, ma poi usa il fioretto, l’ironia e
la retorica e il sillogismo come il peripatetico più consumato, e nella
sostanza non arretra di una virgola.
Si può ben capire allora la delusione di Lyell e la preminenza che egli
assegna ai geologi italiani del Sei-Settecento, inclusi i diluvianisti.
Thomas Burnet (1635-1715) (Fig. 10.29) non è da meno, tanto che Lyell
(1835, p. 54-55; 1843, p. 86-89) lo mette alla berlina, non meno di quanto abbia fatto Buffon, che nella Histoire naturelle ha definito la sua teoria “un romanzo storico molto bello”. Le teorie di Woodward e Burnet
divergono quasi su tutto eccetto due punti: la preminenza del Diluvio e
il dogmatismo, ben citato da Woodward (1695) quando di Burnet dice
and then boldly gave out that such a Deluge as that described by Moses was altogether incredible, and that ther never was nor could be any such Thing. Nothing was
talk’d of amongst them under Mathematical Demonstrations of the Falshood of it;
which they vented with all imaginable Triumph, and would needs have it that they
had here sprung a fresh and unanswerable Argument against the Authentickness of
the Mosaick Writings; which indeed is what they drive at, and a Point they very fain
would gain. (p. 162)
Not even the criticism raised by Camerarius to the Essay and discussed
in Woodward’s Reply (1713) published together with the Essay in the
Italian edition (1739) seem to touch Woodward. He takes the opportunity to make even clearer he is formally following the guidelines of the
Royal Society. Then, he uses the foil together with irony, rhetoric, and
syllogism as the more consumed Aristotelian, without to stray one jot.
One can thus understand Lyell’s disappointment, and the primacy he
gives to the Italian geologists, including the diluvianistic ones, during
the seventeenth and eighteenth centuries.
Thomas Burnet (1635-1715) (Fig. 10.29) was derided by both Lyell
(1835, p.54-55; 1843, p. 86-89) and Buffon, who in his Histoire
Naturelle defined Burnet’s theory “a very beautiful historical fiction”.
Woodward’s and Burnet’s theories diverge except for two points: the
preeminence of Noah’s Deluge, and the dogmatism, well expressed by
Woodward (1739) who referring to Burnet wrote
Ch’ei dichiarava con schiette parole, che tutti gli altri modi propostj per ispiegare il
diluvio di Noè, erano falsi o impossibili (p. 129)
mentre lui stesso scriveva
Tutti si sono allontanati dalla verità e dal senso del sacro scrittore. (p. 127)
Altro sostenitore della massima concordanza fra scienza e Scrittura fu
William Whinston (1666-1753), che rafforzò ancora la teoria di
Woodward avendo suggerito che il Diluvio fosse stato prodotto dal passaggio di una cometa molto vicino alla Terra, ipotesi che Lyell (1835, p.
57; 1843, p. 91) definì come “tempo perso in vane speculazioni … e
altre materie egualmente edificanti” “waste time in speculations […]
and other matters equally edifying” (p. 57). Oggi, invece, Whinston è
ricordato con attenzione come anticipatore della teoria degli impatti
cometari e meteorici.
Nonostante alcune critiche isolate –fra cui quella di Newton, limitata però all’ipotesi di variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre, che Burnet aveva ripresa da Alessandro degli Alessandri (14611523)– le teorie diluvianiste di Woodward e degli altri dominarono
in Inghilterra per oltre un secolo e mezzo (cfr. Michell 1760;
Catcott 1761; Whitehurst 1778), e ebbero largo influsso in tutta
Europa e anche negli Stati Uniti. Qui ancora a metà Ottocento
Edward Hitchcock, noto per aver scoperto la glaciazione quaterna-
He told in open words, that all other ways suggested to explain the Noah’s Deluge were
false or impossible (p. 129)
Whereas his own opinion was that:
All have departed from the truth and from the sense of the sacred writer. (p. 127)
An other supporter of the perfect concordance between science and
Writings was William Whinston (1666-1735), who strengthened further
Woodward theory by suggesting the Noah’s Deluge to have been produced by a comet passing very close to the Earth. Curiously, Lyell (1835,
p. 57; 1843, p. 91) considered this suggestion “waste time in specula245
Gian Battista Vai
ria in Nord America e padre di Charles H. uno dei membri del
Comitato Fondatore del Congresso Geologico Internazionale, nel
suo Religion of Geology (1851?) scriveva:
tions […] and other matters equally edifying” (p. 57). Today Whinston
is quoted as forerunner of modern impact theory.
In spite of isolated criticism –including Newton who did not support
the idea of changing dip of the Earth axis Burnet had derived from
Alessandro degli Alessandri (1461-1523)– diluvianistic theories dominated in England for more than one and a half century (see Michell
1760; Catcott 1761; Whitehurst 1778), and were largely influential all
through Europe and in the USA. Edward Hitchcock, known for having
discovered the Quaternary glaciation in North America in the mid nineteenth century and father of Charles –one of the members of the founding committee of the International Geological Congress– in his Religion
of Geology (1851?) wrote:
A fundamental principle of Protestant Christianity is, that the Scriptures of the
Old and New Testament are the only infallible standard of religious truth. Were
the Scriptures to teach that the whole is not equal to its parts, the mind could
not, indeed, believe it. But if it taught a truth which was only contrary to the
probable deductions of science, science, I say, must yield to Scripture; (p. 1718).
Ma in Inghilterra i diluvianisti ebbero anche critiche ultradogmatiche,
per aver dato troppo credito alla scienza umana rispetto a quella della
Scrittura.
Nella critica ai diluvianisti inglesi, Lyell risparmia il suo maestro, il
reverendo William Buckland (1784-1856), il più noto e chiacchierato geologo inglese del suo tempo, scopritore dei dinosauri e convinto diluvianista. La ragione è semplice. Anche Lyell, nella prima
edizione dei Principles (1830-33), più moderatamente che il suo
maestro, è diluvianista (se ne vedono chiare tracce ancora nella
sesta edizione della prima metà del 1840), e, solo di fronte all’evidenza della nuova spiegazione glaciale dei depositi del drift fornita
da Agassiz, si converte nella seconda metà del 1840, insieme con
Buckland (Ryan & Pitman 1998).
È utile rilevare la grande considerazione che i diluvianisti inglesi avevano dei naturalisti e geologi italiani e tedeschi all’inizio del Settecento.
Woodward in particolare, così parco in citazioni che non siano della
Sacra Scrittura, ricorda più volte la scuola italiana per quanto concerne
i vulcani e i terremoti, ha grande considerazione di Ramazzini, a più
riprese si rifà a Fabio Colonna, di cui tesse un vero elogio, in maniera
ancora maggiore che per Scheuchzer, e quindi per l’Istituto delle
Scienze.
A fundamental principle of Protestant Christianity is, that the Scriptures of the Old
and New Testament are the only infallible standard of religious truth. Were the
Scriptures to teach that the whole is not equal to its parts, the mind could not, indeed,
believe it. But if it taught a truth which was only contrary to the probable deductions
of science, science, I say, must yield to Scripture; (p. 17-18)
In England the diluvianists were criticized also from ultradogmatic parties, for having given more credit to human science than to the Writings.
In his criticism to the English diluvianists, Lyell saved his master, the
reverend William Buckland (1784-1856), the most popular and discussed English geologist of his time, that had discovered the dinosaurs
and was a staunch diluvianist. The reason is simple. Lyell too, in the first
edition of his Principles (1830-33) was a diluvianist, although more
moderate than his master (clear evidence of that is still visible in the
sixth edition printed in the first half of 1840). He was converted only in
the second half of 1840, together with Buckland by the evidence of the
new glacial interpretation of the drift deposits claimed by Agassiz (Ryan
and Pitman 1998).
Worthy of mention is the great consideration the English diluvianists
had of Italian and German naturalists and geologists at the beginning of
eighteenth century. Woodward, who is not quotation prone except for
the Sacred Writings, mentions quite often the Italian school when dealing with volcanoes and earthquakes; he had much respect of Ramazzini,
and quoted many times Fabio Colonna to which he dedicated a true
praise, even more than for Scheuchzer, his tranlator in Italian, and for
the Istituto delle Scienze.
Autonomia del diluvianismo liberale e della scuola geologica italiana
In sintesi, allora, quale è l’autonomia e l’originalità dei geologi e naturalisti italiani e in particolare dei diluvianisti liberali bolognesi nei due
secoli di cui abbiamo trattato?
C’è una scuola di pensiero, ben riassunta nella monografia di Cavazza
(1990), che già a partire da metà Seicento:
- enfatizza una crisi della scienza in Italia con la chiusura
dell’Accademia del Cimento nel 1667 e lo spostamento a nord delle
Alpi dei centri propulsivi di ricerca (p. 39-42, 258-59)
- pone la nascita delle Accademie bolognesi in posizione gregaria, se
non imitativa, di quelle di Londra e Parigi (p. 9-10)
- amplifica la decadenza dell’Università di Bologna, rispetto al
Cinquecento, e vi coinvolge la scienza bolognese tutta (p. 119, 257)
- ritiene che nel Sei-Settecento l’Italia, “pur restituendo all’indagine
moderna un’immagine più europea del previsto”, costituisce un “osservatorio periferico” (p. 21)
- crede che la causa principale della crisi suddetta sia stata, a livello italiano, la condanna di Galileo e il controllo dell’Inquisizione (p.
119) e, a livello bolognese, un ambiente sempre più intorpidito e
degradato
- pensa che nel Sei-Settecento la condizione generale bolognese
fosse “dipendente e stagnante” (p. 133), che al tempo di Malpighi
Bologna fosse“periferica, se non arretrata” (p. 134) mentre Londra
era “avanzata e dotata di mezzi”, oppure che nel Settecento
Bologna divenisse una “‘provincia europea’ non isolata ma periferica” (p. 281)
- conclude infine che l’Istituto delle Scienze, pur “rappresentando il più
importante centro di ricerca di scienze matematiche e naturali in Italia
nel Settecento”, fosse sorto nonostante “i limiti di un contesto politicoeconomico tutt’altro che fiorente” (p. 7).
Autonomy of the liberal diluvianistic Italian school
What degree of autonomy and originality had Italian geologists and naturalists, especially the Bolognese liberal diluvianists during the seventeenth and eighteenth centuries? There is a school of thought, well summarized in Cavazza (1990), that as early as the mid-seventeenth century, there was a crisis of science in Italy, coinciding with the closure of the
Accademia del Cimento in 1667 and a shift to north of the Alps of the
leading research centres (p. 39-42, 258-59). This would re-set the
Bolognese academies in a derivative position in respect to London and
Paris (p. 9-10). At the same time, in comparison with the sixteenth century, the University of Bologna as well as the entire Bolognese scientific
scene declined (p. 119, 257). Cavazza believes that the main reason for
the decline was Galilei’s condemnation and control by the Inquisition
(p. 119) at the Italian level and a numby degradation of the environment
at the Bolognese level, and thinks that the general Bolognese condition
became “dependent and stagnant” (p. 133). By Malpighi’s time,
Bologna was “peripheral, if not backward” (p. 134), whereas London
was “advanced and rich of support”. In the eighteenth century, Bologna
became a “European province not isolated but peripheral” (p. 281). She
concludes that the Istituto delle Scienze was born in spite of “the limits
of a political-economic setting anything but flourishing”, although it
represented “the most important research centre for mathematical and
natural sciences in Italy during the eighteenth century” (p. 7).
246
Fig. 10.30 – Demographic curves of the major European cities / Curve demografiche delle principali città dell’Europa
Gian Battista Vai
Questa visione contrasta con quella di molte altre scuole, ad esempio
quella di Ben-David (1975), e mal si accorda con molti fatti già sottolineati prima (Lyell 1835, 1843). Si valutino ora alcuni aspetti economici
e sociali che concordano con i fatti citati.
Il livello della ricerca umanistica e scientifica di Bologna è rimasto
sul registro di eccellenza europea non solo nel Medio Evo e
nell’Umanesimo-Rinascimento, ma fino a tutto il Settecento, pur con
oscillazioni e discontinuità. Su queste oscillazioni si sono innestate
in discordanza di fase le ricorrenti crisi didattiche dell’Alma Mater
(lamentate dai migliori spiriti in momenti culminanti dell’inventiva
bolognese, come ad esempio da Aldrovandi nel 1562 e nel 1580 (ms.
35), A.F. Marsili nel 1687-89, e L.F. Marsili nel 1709). Il primo ridimensionamento significativo della qualità della ricerca a Bologna
coincide con la rivoluzione finanziaria e amministrativa operata da
Napoleone con la spoliazione dei beni ecclesiastici alla fine del
Settecento. Fu quello il momento in cui la “grande” Bologna, capitale nordica degli Stati della Chiesa, centro industriale trasformatore e esportatore di seta e canapa in tutto il mondo, città ben amministrata da un illuminato e liberale governo pontificio, venne “ridotta” a grossa provincia agraria, in accordo con la visione di un’Italia
agricola funzionale alla politica della grandeur francese (Emiliani
1970). Così il centro di eccellenza scientifica, culturale e artistica
venne ridimensionato su valori medi e provinciali per l’effetto principale di una rivoluzione politica.
Cinque secoli di eccellenza culturale si rispecchiano nella struttura
urbana di una città solida e equilibrata, che dai fasti e relative turbolenze dei Liberi Comuni, delle Signorie e degli Stati della Chiesa
(Fasoli 1970; Cervellati 1970) ha sempre fatto parte del gruppo di
testa o di immediato rincalzo delle città italiane. Secondo Mols
(1955) la popolazione di Bologna ha fluttuato leggermente (esclusi i
periodi di pestilenza) intorno ai 40.000 abitanti nel Trecento, 5060.000 nel Quattro-Cinquecento, 60-70.000 nel Sei-Settecento (Fig.
10.30). Bologna è rimasta comunque quasi sempre entro le prime
otto città italiane, in posizione spesso coincidente con Firenze, sempre davanti a Padova e Pisa, e, fino ai primi decenni del
Cinquecento, anche davanti a Roma. In seguito, come seconda città
e capitale nordica degli Stati della Chiesa, ha sempre goduto di concreto rilievo e potere fino alla fine del Settecento. Nessuna città
europea a Nord delle Alpi ha superato Bologna in popolazione fino
a metà del Cinquecento (ad eccezione di Londra e Parigi), e città
come Praga e Dresda l’hanno raggiunta solo a fine Settecento. La
stessa Parigi ha superato i 100.000 abitanti solo nel Cinquecento e
Londra solo verso la fine del Cinquecento (Fig. 10.30).
Più in generale, l’Italia ha preceduto di almeno due secoli le altre regioni d’Europa nello sviluppo urbanistico, con Napoli prima città
d’Europa, dopo Costantinopoli, fino a oltre metà del Seicento (Fig.
10.30). Fino a tutto il Seicento c’erano almeno dieci città al di sopra dei
50.000 abitanti in Italia e non più di altrettante in tutto il resto
d’Europa; e fra queste, ovviamente c’era Bologna.
Questi dati si correlano bene con la storia e spiegano perché
l’Umanesimo e il Rinascimento siano nati e fioriti in Italia, rendendo
ragione della preminenza artistica e culturale dell’Italia nel QuattroCinquecento e del suo perdurare nel Sei-Settecento. E diventa comprensibile anche come un centro ricco e demograficamente equilibrato come Bologna potesse competere ancora alla pari con capitali
di nazioni potenti come Parigi e Londra in sviluppo economico e
abitativo fin troppo rapido. Infatti, nonostante le resistenze di alcune lobbies di professori e di ordini professionali ben rappresentati in
Senato, l’intesa feconda fra i migliori intelletti della città, la Chiesa
locale e il Papato, tramite il buon governo pontificio promosse un
humus culturale che favorì il mantenimento dell’eccellenza. Per far
questo si riformavano e rinnovavano di tanto in tanto le arti e le
scienze, disponendo delle risorse finanziarie necessarie. Finché,
chiuso il rubinetto finanziario dalla riforma bonapartista, a Bologna
This vision stand in contrasts to that of Lyell (1835, 1843) and of Ben-David
(1975), as few examples. It is also poorly consistent with many facts and primacies I have underlined above. Also the economic and social aspects of
Italy in those times agree with the primacy detected, as summarized below.
The quality of humanistic and scientific research in Bologna remained
at a European excellence level not only during the Middle Age, and
from Humanism to Renaissance times but until most of the eighteenth
century, although with oscillations and discontinuities. Out-of-phase,
recurring teaching crises of the Bologna University were superposed on
these oscillations. The best minds have lamented this even during the
climaxes of Bolognese crativity as, for example, Aldrovandi in 1562 and
especially 1580 (ms. 35), Anton Felice Marsili in 1687-89, and Luigi
Ferdinando Marsili in 1709. The first important decline in the quality
and renown of Bolognese research coincided with or anticipated by a
few years the financial and administrative revolution introduced by
Napoleon with the confiscation of Church’s property at the end of the
eighteenth century. That was the turning point when the “great” (Alma)
Bologna, the northern capital city of the Papal States, a city well administrated by a liberal and open-minded Pope’s government, an industrial
centre exporting silk and textiles all over the world, was transformed
into an agricultural province. This was in agreement with the vision of
an agricultural Italy required and imposed by French-grandeur politics
(Emiliani 1970). In this way, the scientific, cultural and artistic excellence of Bologna was rapidly cut down to mid-value and provincial-size
city, this being the main consequence of a political revolution.
Five centuries of cultural excellence are mirrored in the urban structure
of a solid and balanced city that, going through glorious events and
minor turbulences of the Free Comuni, the Signorie, and the Church
States (Fasoli 1970; Cervellati 1970) was always within the leading
group of Italian cities. According to Mols (1955), the population of
Bologna fluctuated slightly (except for plague intervals) around 40,000
inhabitants in the fourteenth, 50,000 in the fifteenth to sixteenth, and
70,000 in the seventeenth to eighteenth centuries respectively (Fig.
10.30). At any rate, Bologna ranked almost always within the first eight
Italian cities, a position often shared with Florence, always before
Padua and Pisa, and before Rome until the first decades of the sixteenth
century. Later on, as the second city and northern capital of the Church
States, Bologna enjoyed continuous influence and power until to the
end of eighteenth century. No European city north of the Alps (except
for London and Paris) exceeded the population of Bologna until to the
sixteenth century (Fig. 10.30). Cities like Prague and Dresden reached
the population of Bologna only at the end of the eighteenth century.
Even Paris exceeded 100,000 inhabitants only in the sixteenth century
and London only near the end of that century (Fig. 10.30).
More generally, Italy preceded by at least two centuries the other
European countries in city development. Naples was the most populated city of Europe, after Constantinople, until the mid seventeenth century (Fig. 10.30). There were at least ten cities, including Bologna, that
exceeded 50,000 inhabitants in Italy at the end of seventeenth century,
and no more than ten in all the rest of Europe.
Such demographic data are closely correlated with the history of
Europe. They explain in part why Humanism and Renaissance originated and flourished in Italy, producing the artistic and cultural primacy of this country in the fifteenth and sixteenth centuries and its persistence in the seventeenth and eighteenth centuries.
One can also understand why a city rich and demographically balanced
as Bologna could still compete on the same level with the capital cities
of powerful countries, like Paris and London, which experienced a too
rapid economic and population growth. In spite of the opposition from
some lobbies of professors and professional corporations, influencing
cyclically the Senate, Bologna maintained fruitful relations among its
best minds, the University, the local Church and the Pope through his
government, resulting in a permanent promotion of the culture and
maintenance of the excellence level. For this purpose, from time to time
248
A liberal Diluvianism / Un diluvianismo liberale
art and science development was updated and renewed, supplying the
financial resources needed. Once the Napoleon reform closed the financial channel, the Bolognese research retreated into a new, provincial and
peripheral pace – with the notable exceptions of G. Capellini, A. Murri,
G. Rizzoli, G. Carducci, G. Pascoli, V. Volterra, G. Marconi and G.
Morandi in the last two centuries.
That long and memorable season, when genius and founders were
counted in dozens each century and by speciality up to the end of eighteenth century, will be difficult to restore, but not impossible. The first
step is to avoid an underestimation of that season and its achievements,
with the danger of forgetting it again and definitely.
il meccanismo si inceppò, per riprendersi gradualmente ad un livello, ora sì, più provinciale e decentrato, salvo alcune eccezioni del
tipo di Giovanni Capellini, Augusto Murri, Giuseppe Rizzoli,
Giovanni Pascoli, Vittorio Volterra, Guglielmo Marconi e Giorgio
Morandi.
Ma quella stagione memorabile e lunga, quando i geni e i capiscuola si
contavano a dozzine per secolo e per disciplina fino alla fine del
Settecento, non sarà facile da riprodursi: il primo passo è di non sottovalutarla, col rischio di dimenticarsene di nuovo, e del tutto.
Riassunto
Abstract
Bologna è stata un centro di eccellenza nelle scienze e nelle arti paragonabile a Parigi
e a Londra durante il Seicento e il Settecento. La lezione di Galilei venne assorbita
molto bene, come arricchimento e specializzazione del metodo aldrovandiano rafforzato e volgarizzato da Bacone. Gli scienziati dell’Istituto delle Scienze di Bologna
continuavano a mantenere una supremazia a livello europeo con molte scoperte in
medicina, astronomia, e, soprattutto, in geologia, un campo nel quale fin dal
Cinquecento gli italiani vantavano un primato continuo, come è testimoniato da Lyell
1830.
La questione dei fossili divideva i geologi del tempo in favorevoli e contrari alla teoria che vedeva nel Diluvio Universale la chiave interpretativa basilare della geologia.
Quando la natura organica dei fossili venne accettata, la maggioranza dei geologi
sposò il diluvianismo, teoria sostanzialmente abbandonata a metà dell’Ottocento
quando si scoprì la teoria delle glaciazioni. Non è sparita invece la teoria catastrofista
che dal diluvianismo è nata. Nel Seicento e Settecento ci fu differenza fra le scuole
diluvianiste italiana e britannica. La scuola italiana, che aveva il centro propulsore a
Bologna, era liberale e pragmatica e in perfetta sintonia con quei principi metodologici autoctoni di origine aldrovandiana che corrispondevano a molti criteri della
scienza baconiana. La scuola britannica era piuttosto dogmatica, ingabbiata da una
interpretazione distorta della Sacra Scrittura, e poco coerente con alcune delle regole fondamentali della Royal Society.
Viene anche documentato il ruolo della Chiesa Cattolica Romana e della
Controriforma tridentina in favore dello sviluppo della nuova scienza a Bologna e in
altre parti d’Italia (‘cattolicesimo galileiano’ o, meglio, cattolicesimo aldrovandiano).
Viene infine discussa l’opinione di un precoce declino della scienza e della cultura
bolognese a metà del Seicento, e ne viene ridimensionata la portata sia a livello culturale generale che in molti campi scientifici, soprattutto nella storia naturale e in
geologia.
Bologna was a centre of excellence in science and arts comparable to Paris and
London during the 17th to 18th centuries. Galilei’s lesson had been well absorbed and
blended with Aldrovandi’s method and its subsequent Baconian reinforcement.
Savants of the Bolognese Istituto delle Scienze continued to hold European primacy
and many discoveries in medicine, astronomy, and particularly in geology, a field in
which Italians enjoyed a continuous excellence since the 16th century as witnessed by
Lyell 1830.
The fossile question divided geologists and natural philosophers into supporters of
and opponents to the diluvianistic theory. The first correct answer to the question
came from the opponents, mainly Italians. Once the organic nature of fossil shells was
accepted, most geologists became diluvianists, a theory abandoned only in the middle of the 19th century with the discovery of the glacial epoch theory. There was a difference between the Italian and the British diluvianistic schools in the 17th to 18th centuries. The Italian school centred in Bologna was liberal, open-minded, and well complying with autochthonous methodologic guidelines overlapping with most of the criteria of Baconian science. The British school was more dogmatic, biased by an interpretation of the Holy Writ, and inconsistent with some basic requirements of the
Royal Society program. The higher degree of freedom might explain the primacy of
the Italian school.
A point is made to demonstrate the role of the Catholic Church and the Counter
Reformation in favouring science development in Bologna and other parts of Italy
(‘Galilean or Aldrovandian Catholicism’).
The view of an early, mid 17th century decline of science and culture in Bologna is discussed and discarded at the cultural level and for many scientific fields, notably natural history and geology.
Gian Battista Vai, Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali,
Università di Bologna, Via Zamboni 67, I-40127 Bologna, e-mail [email protected] www.geomin.unibo.it
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