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Il Commercialista Gastronomico vi accompagna
alla scoperta dello Chateauneuf-du-Pape
Luca Bianchi
in Commercialista gastronomico
Questo sabato il Commercialista Gastronomico intende portare in giro i
suoi lettori per vigneti, in fondo l’autunno è la stagione del vino.
Durante il breve periodo di vacanza estivo sono tornato alla riscoperta di uno dei forse meno conosciuti
vini rossi francesi, ma che forse sa molto d’Italia.
La nostra gita ci porta in Provenza, precisamente ad Avignone, sulle rive del Rodano alla ricerca del nobile
vino dei Papi. La base di partenza è la città di Avignone che d’estate, sia per i monumenti, sia per il
festival teatrale attrae tantissimi turisti. La massima attrazione di Avignone è ovviamente il Palazzo dei
Papi. Come tutti si ricordano il periodi di “cattività avignonese” fu quello in cui il Papato risiedette in
Francia sotto la tutela di Re Filippo il Bello. I papi dal 1316 (pontificato di Giovanni XXII) fino alla fine del
pontificato dell’antipapa Bendetto XIII ebbero come sede la città di Avignone. L’escamotage fu che
Avignone venne aggiunta al Contado del Venassino, che era possedimento papale, e che tale contea fosse
considerata facente parte dello Stato della Chiesa invece che del Regno di Francia. Nel 1423 anche
l’ultimo antipapa cessò di risiedere ad Avignone, ma il Contado Venassino continuò ad essere arte dello
Stato della Chiesa e non del Regno di Francia fino al 1791. Ancora oggi chi viaggia per il dipartimento di
Vaucluse può a volte pesare di attraversare un paesaggio dell’Italia Centrale (anche se dominato dalla
brulla gobba del Mont Ventoux che domina i campi di lavanda) piuttosto che la campagna francese.
Poco lontano da Avignone, su una collina che digrada verso il rodano, vi è il piccolo borgo di Châteauneufdu-Pape. Come i Papi a Roma potevano godere della quiete agreste di Castel Gandolfo, i Papi Avignonesi
avevano designato Châteauneuf come buen ritiro. Tutt’oggi il paese è dominato dalla rovina del Castello di
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Giovanni XXIII. Oggi ciò che ricorda a tutti i visitatori l’appartenenza di Châteauneuf allo stato della
Chiesa è l’insegna del Contado Venassino ripetuta su tutte le enoteche, le cantine e gli chateaux.
La zona del Rodano rappresenta una zona famosa della viticoltura francese, Châteauneuf-du-Pape ne è la
punta d diamante. Già arrivando si vede che la vite è l’unica coltura: il vino di Châteauneuf si produce
quasi esclusivamente nel comune omonimo, quindi nessun fazzoletto di terra può essere lasciato
inutilizzato.
La particolarità del vino di Châteauneuf-du-Pape è il suo terroir: i vitigni crescono su terreni coperti di
ciottoli, chiamati galets. Questi ciottoli si caldano durante le lunghe e assolate estati provenzali e
rilasciano calore quando arriva il buio, così il calore continua ad irrorare le viti. Inutile dire che il vino
tipico è un rosso corposo, anche se esistono anche degli Châteauneuf bianchi.
I vitigni sono bassi perché la Provenza è zona di venti ed il Mistral soffia impetusoso, come ci ricorda la
calva gobba del Mont Ventoux che chiude l’orizzonte.
Per quanto riguarda le uve, lo Châteauneuf è una mix di diverse varietà: Cinsaut, Counoise, Grenache
noir, Mourvèdre, Muscardin, Piquepoul noir, Syrah, Terret noir e Vaccarèse; la parte del leone è l’uva
Grenache noir addolcita dal Syrah. I vini sono ovviamente forti e corposi e prevedono un certo
invecchiamento prima di essere bevuti. La gradazione alcolica è fra i 13% ed i 15%. Lo Châteauneuf in
una cattiva versione può essere un vino talmente alcolico da stendere anche un toro; forse questa nomea
(o difetto) lo rende a livello globale meno notto delle altre produzioni francesi di alta gamma.
A mio parere lo Châteauneuf è un vino selvaggio: o piace o non piace, ma se piace…
Le migliori cuvées sono di un rosso intenso; hanno un bouquet complesso di frutti rossi, cuoio, liquirizia,
spezie e leggermente balsamico; al gusto sono caldi, morbidi ed untuosi, terminano con un lungo ed ampio
il finale. Il rischio è che l’alta gradazione alcolica renda il vino stucchevole.
La bottiglia è sempre riconoscibilissima perché riporta a rilievo lo stemma papale con le chiavi di San
Pietro.
Ovviamente l’abbinamento è la carne: essendo in Provenza, il toro e lo Châteauneuf si sposano benissimo
insieme; è un vino adattissimo anche ai grandi formaggi. Personalmente, passato in decanter lo ritengo
anche un ottimo vino da meditazione.
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Vengono prodotte anche piccole quantità di vino bianco, sempre sotto la AOC Châteauneuf-du-Pape,
tuttavia la qualità (e la notorietà) dei vini bianchi è nettamente inferiore a quella del vino rosso; i singoli
produttori possono tuttavia offrire gradite sorprese.
Per i turisti la meta può essere ambita, in quanto è abbastanza vicina all’Italia e oltre al turismo
enogastronomico può offrire tanti spunti culturali e non: Avignone, ma anche Arlès e Orange e il Pont du
gard con le loro possenti rovine romane sono vicini, gli amanti della bicicletta possono tentare di scalare il
Mont Ventoux, a Vaucluse dormono gli spirti di Petrarca e a Saint-Remy-de-Provence di ricorda la nascita
di Nostradamus.
Avendo tempo ci si può fermare nelle singole tenute (spesso chiamati pomposamente chateaux anche se
semplici fabbricati agricoli) ed assaggiare e comprare i vini a propria discrezione (molti viticoltori
spediscono volentieri il vino anche in Italia). Ogni produttore può selezionare gli uvaggi in modo autonomo
all’interno del disciplinare, quindi è possibile che quasi ogni etichetta sia diversa dall’altra, anche a pochi
metri di distanza.
Nel paese i negozi specializzati vendono le diverse bottiglie e altre specialità della cucina francese ai
turisti di passaggio.
Per i più curiosi le denominazioni più quotate sono quelle del Crau (un piccolo altopiano che domina il
Rodano); attualmente la casa vinicola più nota e quotata è quella del Vieux Télégraphe.
1 ottobre 2016
Luca Bianchi
Nota: le foto sono scattate ad Agosto in visita a Chateauneuf-du-pape
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