Parere in materia di condizioni generali di vendita

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Parere in materia di condizioni generali di vendita
Procedimento di controllo Commissione Contratti
PARERE IN MATERIA DI CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA
Con la presente si comunica che, nell’ambito del procedimento in oggetto, la Commissione
Contratti di questa Camera ha analizzato le condizioni generali di vendita depositate da codesta
impresa e ha espresso in proposito il seguente parere:
Clausola 1: il consumatore viene qualificato come proponente, ma il modulo contrattuale è
predisposto dalla parte venditrice. Se la proposta viene dal consumatore, la disciplina a protezione
dello stesso potrebbe sembrare inapplicabile. In realtà, dottrina e giurisprudenza si sono dichiarate
d’accordo sull'applicabilità anche a tale proposta della normativa in oggetto.
Si consiglia di eliminare l'espressione "il proponente riconosce che la presente proposta è
irrevocabile", prevedendo in luogo di essa la facoltà di recesso da parte di entrambe le parti
contrattuali, verso la corresponsione di una determinata somma di denaro (a titolo di penale), per
evitare il rischio di presunta vessatorietà di tale clausola ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 7,
(clausole che riconoscono "al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal
contratto"). Al riguardo si propone il seguente testo: “E’ facoltà di entrambe le parti contrattuali di
recedere dal presente contratto dandone comunicazione all’altra parte a mezzo raccomandata a.r. fino a
50 giorni prima della data fissata per la consegna. In caso di recesso la parte che recede dovrà
corrispondere all’altra parte una somma di denaro pari al 20% dell’importo del contratto”.
Qualora, invece, si voglia mantenere la condizione di irrevocabilità della proposta, appare necessario
indicare un termine preciso e non eccessivamente lontano dalla data della proposta medesima, entro il
quale debba avvenire l'accettazione del venditore (anche ai sensi dell'art. 1329, comma 1), con
conseguente limitazione del periodo entro il quale il consumatore vede ristretta la propria libertà
contrattuale. In caso contrario, la clausola risulta vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 18.
Il termine di irrevocabilità della proposta deve essere indicato anche sul fronte del contratto.
Il nuovo modulo contrattuale depositato prevede che la proposta sia irrevocabile per il termine di
giorni 10 dalla sottoscrizione della stessa. Tale termine appare congruo, ma appare necessaria
un'integrazione del fronte del contratto, in quanto accanto alla firma del proponente e del venditore
devono essere indicate anche le relative date, in modo da poter verificare se l'accettazione del
venditore e la relativa comunicazione al proponente sono avvenute entro il termine. Pertanto appare
necessario predisporre anche uno spazio per la firma del proponente per presa visione dell'accettazione
(e relativa data).
La Commissione ritiene, inoltre, opportuna un'integrazione della clausola che specifichi le
conseguenze della mancata accettazione del venditore (e relativa comunicazione al proponente) entro
il termine dei 10 giorni.
Clausola 2: la clausola in esame prevede il pagamento anticipato (prima dello scarico della merce) e
per contanti. Considerata la molteplicità delle forme di pagamento attualmente esistenti, si consiglia di
prevedere altre possibili forme di pagamento oltre ai contanti (carta di credito, bonifico bancario, ecc.).
Inoltre, vista la natura dei beni oggetto del contratto, prevedere il versamento del saldo prima dello
scarico della merce pare attuare uno squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti, in quanto il
consumatore è obbligato a pagare anticipatamente l'intero prezzo dei mobili, senza poter verificare
l'effettiva conformità degli stessi a quanto ordinato. A tutela del consumatore interviene ora la nuova
disciplina introdotta dal D. Lgs. 2 febbraio 2002 n. 24 (che si allega sub A) relativa alla garanzia nella
vendita dei beni di consumo (per un esame approfondito della stessa si rinvia al commento relativo
alla clausola 11 del presente contratto), ma si consiglia comunque di prevedere il pagamento del saldo
del prezzo dopo un certo numero di giorni dalla consegna della merce.
Infine, l'ultima parte della clausola in esame, laddove prevede che "fin d'ora il proponente autorizza
espressamente l'Istituto Finanziatore ad accreditare alla venditrice l'importo finanziato anche in
pendenza del termine di consegna della merce" appare vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3,
n. 18, in quanto sancisce a carico del consumatore una limitazione della facoltà di opporre eccezioni, e
andrebbe pertanto eliminata;
Clausola 3 (Pagamento rateale): con riguardo all’ultimo capoverso si propone il seguente testo: “Nei
casi descritti qualora il proponente non dovesse provvedere a versare il 20% del prezzo di acquisto a
titolo di caparra confirmatoria nei quindici giorni successivi alla comunicazione della venditrice, sarà
ritenuto inadempiente e saranno applicate le sanzioni dell’ultimo comma dell’art. 4” riscritto come
segue;
Clausola 4 e Clausola 10: l'art. 1385 del codice civile definisce la caparra confirmatoria come una
somma di denaro o una quantità di cose fungibili consegnata da una parte all'altra al momento della
conclusione del contratto, a conferma della serietà del vincolo assunto. Infatti, "se la parte che ha dato
la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è
invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra".
Nel modulo in esame, la clausola 4 prevede che "le somme di qualsiasi entità versate anche in tempi
diversi ma prima del saldo costituiscono caparra confirmatoria per cui non saranno restituite nel caso
di risoluzione del contratto per inadempimento dell'acquirente, fatto salvo il risarcimento dell'ulteriore
maggior danno". Si tratta, pertanto, di una caparra a formazione progressiva (e ciò può considerarsi
legittimo), ma assolutamente indeterminata, in quanto i diversi pagamenti eseguiti dall'acquirente
potrebbero anche coprire il 99% del corrispettivo pattuito. Si richiede di modificare la clausola in
esame, specificando l'ammontare della caparra (da versarsi in un'unica soluzione o in più soluzioni),
esprimendola, ad esempio, come percentuale rispetto al corrispettivo totale. In ogni caso la caparra
complessiva non dovrebbe superare il 25% del corrispettivo totale, al fine di non incorrere nella
vessatorietà di cui all'art. 1469 bis, comma 3, n. 6 c.c. ("imporre al consumatore in caso di
inadempimento o di ritardo nell'adempimento il pagamento di una somma di denaro, a titolo di
risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo").
Gli altri versamenti sono da considerarsi acconti per la prestazione dovuta e non possono essere
ritenuti dalla venditrice in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell'acquirente. Ciò
anche alla luce della clausola 10 che prevede, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento
dell'acquirente, il risarcimento del danno patito determinato forfettariamente nella misura del 20%
dell'importo del contratto, oltre alla ritenzione a titolo definitivo della caparra confirmatoria.
La clausola 10 appare vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3 n. 6, in quanto impone al
consumatore, in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di importo manifestamente
eccessivo.
Inoltre la caparra confirmatoria non può essere cumulata con la penale: l’art. 1385 c.c., commi 1 e 2
descrive, infatti, il meccanismo della caparra confirmatoria, secondo cui la parte adempiente ha diritto
a recedere dal contratto pretendendo il doppio della caparra da lei versata o trattenendo la caparra
versata dalla parte inadempiente. Il 3° comma del medesimo articolo prevede poi che, qualora la parte
che non è inadempiente preferisca domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il
risarcimento del danno è regolato dalle norme generali. Secondo le norme generali, la definizione in
contratto di una penale (come in questo caso del 20% dell’importo del contratto) ha l’effetto di
limitare il risarcimento. Pertanto, non è possibile prevedere la cumulabilità di caparra e di penale,
essendo l’una alternativa all’altra.
Le clausole 4 e 10 in esame, inoltre, sono da considerarsi vessatorie anche ai sensi dell'art. 1469 bis,
comma 1, in quanto "determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi derivanti dal contratto". Tali clausole sanzionano, infatti, unicamente l'inadempimento
del consumatore, mentre non prevedono alcuna sanzione nel caso di inadempimento della parte
venditrice. Sarebbe quindi opportuno riscrivere tali clausole per ristabilire l'equilibrio contrattuale tra
le parti, prevedendo, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice, il diritto
del consumatore ad esigere il doppio della caparra versata, anche ai sensi dell'art. 1385, comma 2, che
prevede: "Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto,
ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal
contratto ed esigere il doppio della caparra".
Alla luce di tutto ciò va modificato anche il fronte del contratto: va eliminata la clausola "Le caparre
confirmatorie non verranno rese", perché nel caso di inadempimento della venditrice questa è tenuta
per legge (art. 1385, comma 2) a versare all'altra parte il doppio della caparra confirmatoria. Inoltre,
valgono le considerazioni di cui sopra in merito alla necessità di determinare la caparra confirmatoria,
anche qualora abbia una formazione progressiva.
Con riguardo alla clausola 4 (caparra confirmatoria) si propone il seguente testo: “Ai sensi dell’art.
1385 c.c. le somme versate dall’acquirente alla sottoscrizione della presente proposta e quelle da
versare anche successivamente a titolo di caparra confirmatoria non dovranno essere superiori al 25 –
30% della fornitura e non verranno restituite in caso di inadempimento dell’acquirente. Qualora invece
sia inadempiente la venditrice, l’acquirente ha il diritto di esigere il doppio della caparra versata. Se
però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto,
il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali”;
Clausola 5: "la data di consegna convenuta è indicativa e non perentoria essendo legata
all'approvvigionamento..": tale clausola è da considerarsi vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, comma
1, in quanto una delle obbligazioni fondamentali del venditore (la consegna dei mobili) può essere
adempiuta in un tempo puramente indicativo, senza alcuna garanzia in merito per il consumatore. E'
necessario prevedere una data certa per la consegna della merce e, quindi, modificare anche il fronte
del contratto laddove prevede l'indicazione della data di consegna "indicativa". La proroga dovuta alle
difficoltà o ai tempi particolarmente lunghi dell'approvvigionamento deve rappresentare una
circostanza eccezionale e deve essere in ogni caso quantificata e indicata nel contratto o, se
sopravvenuta, comunicata per iscritto al consumatore, il quale potrebbe non aver più interesse a
comprare i mobili in questione se i tempi di consegna fossero eccessivamente lunghi.
La Commissione ha poi ritenuto che il termine di consegna possa avere carattere indicativo, ma ha
sottolineato la necessità di individuare un termine massimo e ultimo di consegna (entro e non oltre 30
giorni dalla data indicativa predetta). Decorso tale termine ultimo, il venditore sarà tenuto al
pagamento di una penale, che ai fini della reciprocità, deve essere pari a quella prevista per il
compratore, ossia il 20% dell'importo del contratto (e non 1 euro al giorno come previsto dalla
clausola in esame). Inoltre la penale sarà dovuta dal venditore per il fatto oggettivo del mancato
rispetto del termine di consegna (eliminare il riferimento al carattere "colpevole" del ritardo).
Il proseguo della clausola "…pertanto il proponente esonera sin da ora la venditrice da ogni e qualsiasi
responsabilità per danni derivanti dal ritardo nella consegna" è da considerarsi, pertanto, vessatoria ai
sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 2), in quanto esclude le azioni e i diritti del consumatore nei
confronti del professionista in caso di ritardo nella consegna, e ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n.
18), in quanto sancisce a carico del consumatore limitazioni della facoltà di opporre eccezioni. Si
consiglia, pertanto, di riscrivere tale clausola prevedendo una penale nel caso di ritardo nella consegna,
anche al fine di garantire equilibrio contrattuale tra le parti.
Si consiglia inoltre di specificare meglio le modalità di conferma della data, dell'ora e del luogo di
consegna della merce, considerato che, qualora il consumatore volesse chiedere un rinvio della stessa,
dovrà comunicarlo a mezzo raccomandata almeno 15 giorni prima della data convenuta e visto, altresì,
che l'assenza del consumatore dal luogo di consegna per il giorno e l'ora comunicategli saranno motivi
di risoluzione del contratto. Si propone la seguente modifica: "la data di consegna della merce verrà
confermata a mezzo fax, telefono, e mail o raccomandata almeno 15 giorni prima della data
convenuta………..Eventuali richieste di rinvii della consegna da parte del proponente devono
essere comunicate a mezzo raccomandata almeno 10 giorni prima della data convenuta".
Nell'ultima parte della clausola, inoltre, è previsto che, qualora la parte proponente richiedesse un
rinvio nella consegna, saranno a suo carico eventuali maggiorazioni "che dovessero verificarsi sui
prezzi di listino in vigore alla data del nuovo termine di consegna": anche tale clausola è vessatoria
perché, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 12, sono considerate vessatorie le clausole che
stabiliscono che "il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della
prestazione". Inoltre la clausola in esame prevede che la richiesta di rinvio debba essere accettata dalla
venditrice (che potrebbe, quindi, anche rifiutarla). Qualora l'impresa volesse tutelarsi dall'ipotesi di un
continuo rinvio della consegna medesima, si consiglia di modificare la clausola prevedendo un termine
massimo di rinvio da parte del consumatore (es. 15 giorni); entro tale termine, l'eventuale richiesta del
medesimo dovrà essere accettata.
Clausola 6: non è chiaro come la clausola in esame si coordini con la n. 1, che sancisce l'irrevocabilità
della proposta. Inoltre appare eccessivamente lungo il termine di trenta giorni assegnato alla parte
venditrice per accettare o respingere le richieste di modifiche della proposta da parte del consumatore
(anche alla luce del breve termine dato a quest'ultimo per richiedere tali modifiche).
Clausola 7: non è chiaro perché alla venditrice è riservata la facoltà della esecuzione parziale del
contratto nel limiti dell'importo finanziato, a fronte del pagamento del saldo in contanti prima dello
scarico della merce.
Clausola 8: non è chiaro cosa si intenda per pagamento anticipato del saldo prezzo, in caso di
consegne da effettuare a distanze superiori a 200 km dalla sede di vendita, visto che il contratto
prevede in ogni caso il pagamento anticipato (vedasi clausola 2).
Clausola 9: innanzitutto si chiede una precisazione circa il genere di mobili venduti dalla parte
venditrice, perché dalla clausola in esame sembrerebbe trattarsi esclusivamente di mobili in serie,
mentre nella descrizione della natura del bene oggetto del contratto fornita dall'impresa e allegata alla
domanda di controllo dei moduli contrattuali indirizzata alla Commissione Contratti si parla di mobili
in genere (quindi anche mobili su misura e non solo di serie). Tale precisazione è indispensabile per
valutare la congruità o meno della clausola in oggetto, che pone il montaggio dei mobili a carico e
spese dell'acquirente (salvo patto contrario) ed esclude che il venditore debba adattare i mobili a pareti
non perfettamente in linea ed a piombo o che presentino sporgenze o angoli fuori squadra. Qualora si
realizzino anche mobili su misura, occorrerà specificare gli obblighi aggiuntivi a carico del venditore.
In seguito alle precisazioni circa il genere di mobili venduti dalla parte venditrice, la Commissione ha
proposto il seguente testo: “Salvo patto contrario, il montaggio dei mobili va eseguito a cura e spese
dell’acquirente. Nel caso di impegno della venditrice al montaggio delle cucine componibili, devono
sempre intendersi esclusi gli allacciamenti idrici, elettrici e del gas.
Nel caso in cui i mobili siano di serie, l’acquirente si impegna a predisporre o correggere
l’allineamento delle pareti (angoli, pareti dirette, ecc) per la perfetta aderenza dei vari elementi.
Nessun adattamento dei mobili a pareti non perfettamente in linea ed a piombo o che presentino
sporgenze o angoli fuori squadra potrà essere preteso dalla venditrice, trattandosi, come predetto, di
mobili di serie.
Nel caso in cui i mobili siano fatti su misura, con relativo controllo del tecnico della venditrice, la
responsabilità della stessa non può essere pretesa per quanto riguarda pareti, sporgenze, ribassamenti
costruiti dopo il rilievo delle misure e nel caso in cui sia impossibile allineare i mobili alle pareti se
non con la correzione delle pareti stesse”.
Clausola 10 (Clausola Penale): in caso di mobili da realizzare su misura si propone il seguente testo:
“Nel caso di risoluzione del presente contratto per inadempimento di una delle parti, la parte
inadempiente è obbligata a risarcire il danno patito dall’altra parte, determinato forfettariamente, a
titolo di clausola penale, nella misura dell’80% dell’importo del contratto.
In ipotesi di risoluzione del presente contratto per inadempimento dell’acquirente, ai sensi del comma
precedente, quanto eventualmente già versato dall’acquirente a titolo di caparra confirmatoria, verrà
trattenuto dalla venditrice a titolo di acconto sulla clausola penale, con diritto della venditrice al
pagamento della differenza fino alla somma dell’80% dell’importo del contratto”;
Clausola 11: tale clausola va integralmente riscritta, in quanto in contrasto con i nuovi artt. 1519-bis e
seguente del Codice Civile. E’ infatti entrato in vigore dal 23 marzo 2002 il decreto legislativo
02/02/2002, n. 24, che recepisce la direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie
di consumo. Tale decreto ha inserito nel codice civile il seguente paragrafo: “1-bis. – Della vendita dei
beni di consumo Artt. 1519-bis – 1519-nonies” (All- A).
La nuova normativa sancisce il principio per cui il venditore ha l'obbligo di consegnare al consumatore
beni conformi al contratto di vendita e introduce importanti novità sia in merito al contenuto della
garanzia da riconoscere all'acquirente, sia in merito alle misure di protezione concesse al consumatore
in caso di difformità.
La clausola in esame prevede, in deroga all’art. 1495 c.c., il termine di 5 giorni dalla consegna per la
denuncia di eventuali vizi della cosa venduta. Tale clausola è in contrasto con il nuovo art. 1519-sexies
che prevede per il consumatore il termine di due mesi dalla scoperta del difetto (e non dalla
consegna) per denunciare al venditore il difetto di conformità e la garanzia di due anni dalla
consegna del bene, ed è quindi nulla ai sensi del nuovo art. 1519-octies c.c.: “E’ nullo ogni patto,
anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare,
anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente paragrafo”.
Inoltre, sempre ai sensi dell’art. 1519-sexies, se il difetto compare entro sei mesi dall’acquisto, si
presume originario e il consumatore non lo deve provare (inversione dell’onere della prova).
La parte finale della clausola (“La venditrice nel caso di riconoscimento del vizio, previo ritiro della
merce contestata, provvederà, entro 90 giorni, a suo insindacabile giudizio alle riparazioni del caso o
alla sostituzione”) è da considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 14), laddove
riserva alla venditrice il potere di accertare la conformità del bene venduto a quello previsto nel
contratto. Tale previsione, inoltre, contrasta con il nuovo art. 1519-quater, che al comma 2 prevede
che, in caso di difetto di conformità, il consumatore abbia, in prima battuta, il diritto al
ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione. Ai sensi
del comma terzo è il consumatore (e non il venditore come è invece previsto nella clausola in
esame) che può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, “salvo che
il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro”.
Inoltre la norma prevede che “le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un
congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore”.
Il consumatore può richiedere, invece, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto in tre ipotesi:
a) la riparazione o la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine
congruo di cui sopra;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti
al consumatore.
Si consiglia pertanto di riscrivere la clausola in esame alla luce della nuova normativa,
richiamandola espressamente.
Si sottolinea, inoltre, la necessità di una descrizione analitica e puntuale dei mobili oggetto del
contratto sul fronte del medesimo, anche al fine di verificare la conformità dei beni consegnati
rispetto a quelli previsti nel contratto di vendita (ciò vale in particolare per l'eventuale vendita
di mobili su misura).
Clausola 12: si presume che la solidarietà delle obbligazioni presupponga la sottoscrizione del
contratto da parte di entrambi i coniugi, visto il riferimento agli artt. 189 e 190 c.c., ma la redazione
della clausola non è chiara. Si consiglia la seguente formulazione: "Nel caso in cui i proponenti siano
entrambi i coniugi, gli stessi riconoscono e dichiarano che le obbligazioni scaturenti dal presente
contratto vengono assunte solidalmente e illimitatamente fra loro, con espressa rinuncia alla
sussidiarietà e divisibilità delle responsabilità anche in deroga al disposto degli artt. 189 e 190 Cod.
Civ., con la conseguenza che ciascuno risulterà obbligato per l'intero";
Clausola 13: la locuzione "eventuali vizi di conformità della cosa venduta in ogni caso non
giustificano trattenuta di somma alcuna" pone un problema interpretativo. Se riferita come pare alla
persona dell'acquirente, appare vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3 nn. 2 e 16, in quanto
limita le azioni e i diritti del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento
inesatto da parte del professionista e limita altresì l'opponibilità dell'eccezione di inadempimento. Si
richiede, pertanto, l'eliminazione di tale locuzione;
Clausola 14: tale clausola è da considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma 3, n. 19),
perché prevede come foro competente sulle controversie in via esclusiva il foro di Brescia. Si ritiene
preferibile non inserire nel modulo standard alcuna clausola di tal genere, in quanto è la legge stessa a
stabilire il Foro competente, salva sempre comunque una diversa scelta operata con la trattativa
individuale.
Si consiglia di inserire, prima dell’informativa, una clausola che preveda in caso di controversia
l’esperimento di un tentativo di conciliazione:
Clausola di conciliazione: “Tutte le controversie nascenti dal presente contratto verranno deferite alla
Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Bergamo e risolte secondo il regolamento di
conciliazione da questa adottato”.