Non ci sarebbe stato più nessun ritorno. Un girotondo dove non c`è
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Non ci sarebbe stato più nessun ritorno. Un girotondo dove non c`è
I Non c’era ritorno. Quale ritorno! Non ci sarebbe stato più nessun ritorno. Un girotondo dove non c’è respiro. Che cadesse la neve nel giardino senza orizzonte, che si gettasse la barca negli sterpi ghiacciati e il grido delle cascate ribollisse nelle onde inquiete tra rocce cristalline. Nulla! Nessun ritorno nel fiato dei covoni, con l’ultimo guizzo di giorno che rende la folle anima alle nuvole affamate di buio. Gridìo di corvi, chiarore estremo di mostro sfinito. Tutto può succedere, tutto è già successo, e il vaporetto va nella quieta nebbia del fiume azzurro. Piante che rabbrividiscono nel riposo del mostro che incombe: la lava acceca nelle bianche croste che infilzano. Vai nella verde foresta! Chattanooga Valley, dalle esili piante ingriffate tra sassi morenici. Beuf antichi sulla terra arida: quali i loro pensieri? Il filo di ferro d’aratro striscia dietro, il grosso cappello scivola sulla fronte madida di chi sta davanti coi larghi calzoni attorcigliati ai piedi. Mouton che voltano gli inutili sederi brucando sassi: l’aria è chiara, la brezza sfiora il filo dell’orizzonte, le acque degli acquitrini scintillano immote. Nuvole sfilacciate, quiete nelle vie, neve sui tronchi neri, mani di alberi che pregano nel respiro degli stagni, carretti affondati nelle pozzanghere. Il paesaggio è da brividi, il mare è stanco, il cielo ha paura. Dov’è la foresta di Fontainebleu che accoglie rocce stellate, fino alla fine del mondo? Lontani i nodosi ulivi isolani, lontani i riflessi dorati della frondosa magnolia. Albero della Santa Vergine, l’albero rapace che non dà tregua alle quiete capanne tropicali. Delirio. 5 Enzo Schiavi * * * Un’ossessione. Lavorava di notte, a volte suonava qualcosa di Gershwin. Ma ormai non credeva più al genio della musica. Tra loro andava tutto per traverso, non c’erano più freni. Chissà cosa poteva ancora esserci nel brusio sordo delle api succhianti nettare di agrifogli in novembre! Scriveva di pittura; lontani gli importanti servizi di politica estera, i dossier e gli high-tech. Ma lui con quelli non aveva proprio salvato nulla! Qualche volta, quando gli scattava dentro il genio della follia, mandava alla vecchia redazione un blog, una riflessione su come interpretare la commedia umana. Il folle era che gliel’accettavano. Questa era pura follia di commedia umana! Lui rideva. Si chiamava Malcolm Munch. Gran bel cognome! Eppure non c’era senso: il marchio del “Grido” pesava. Ma poi... pesava fino a un certo punto. Chi se ne frega! Malcolm Munch, e basta. Così è la vita. Un guizzo di luce gialla attraversò la lunga parete bianca del camino. Poi la luce scomparve e lui sentì un rombo di motore diesel srotolarsi sotto la finestra e morire dentro l’autorimessa. Lei apparve sulla porta e gli sorrise. “È andata” disse senza entusiasmo. “Come i giardini Midway di Chicago. Alla fine l’ho spuntata su quel testa di c. di Ken. Pensa, quel testa di c. voleva tutte le finestre a feritoia. Quel testa di...”. “Cazzo!” fece Malcolm. “Hai tentato di dirlo già due volte”. “Già” sospirò lei. “Tutti teste a cono gelato. Sai che frappè di cervelli! L’ho spuntata alla grande... come una Robie House di Chicago! Vedrai che spettacolo!”. Malcolm fu lì lì per ribattere qualcosa, tanto per tener su la corda, ma si fermò. Già, frenò da rompicollo. Sai come gli 6 Coppie avrebbe fatto la testa! Come un building newyorkese, e giù con le modanature sporgenti di chiesa barocca inglese (del ’700 naturalmente!). Poi, pinnacoli, tripli nastri, torri campanarie, capitelli ionici, frontoni spezzati... come se tutto ciò avesse a che fare con i giardini Midway di Chicago! Ma tu lo sai: con lei non te la sbrighi se le dai corda con l’architettura. No, non te la sbrighi! Lei incomincia a far ruotare il perno dell’ancora del pendolo che ha nel cervello, e tu non hai più scampo... Le lancette vanno per la loro strada, giù giù, fin nel follicolo pilifero della cute. Non hai mai visto le venuzze ballare sulla sacca del follicolo? Ti dà la carica dei brividi... la carica dei brividi! Malcolm aveva davanti due occhi verdi che lo perforavano. Occhi che gli ricordavano una stampa dell’ultima guerra, con la bella sparviera dalle labbra rosse e gli occhialoni sul nastro dei capelli che fluivano nel vento. I suoi occhi verdi guardavano i bombardieri nell’azzurro, il nasino all’insu, la bella mano nell’ombra di un guizzo. Andate e bombardate, voi siete i liberatori. Florrie, la esile e sgusciante compagna. Sgusciante ed esile come il boa tra le bocche arancio malva della California. Scendete a valle, respiri ingobbiti dei tristi canyon! La sabbia arenaria ha bisogno del vostro fiato. Che hai ancora da guardare, boa della California? “Hai mai visto una galleria di scheletri che ridono?” gli venne da dirle con spontaneità, restando immobile ad ammirare quelle perle verdi autentiche. Sì, ci si sarebbe specchiato dentro per l’eternità. Perle autentiche... eppure sapeva che erano finte. Era per questo che il suo dialogo con lei era sempre macabro. Nessun riposo tra loro. Continuò sorridendole: “Mica ridono tutti uguali. Mica sono tutti contenti uguali. Qualcuno allarga talmente la bocca che sembra che voglia scacciare il dolore che ha nella carcassa. Altro che ridere! Qualcuno abbassa talmente il cranio che sembra pensi chissà che cosa”. 7 Enzo Schiavi Si fermò, il tempo di andare alla finestra a tirare la tendina. “Pensano gli scheletri, secondo te?” chiese, spazzolandosi i capelli sudati con la mano. Le allungò l’indice, chiudendo la bocca in quel suo viso magro come quello di uno scheletro. Lei non fece neppure caso a quelle sue parole. Non disse nulla e si sedette con noncuranza sul pollice della finta poltrona Joe rivolto verso il soffitto. Diguazzò per un po’ sulla pelle beige come l’ubriaco fa prima di sbattere il muso nella pozzanghera e guardò lontano, fuori dall’ampia finestra vittoriana, ritta direttamente sul terrazzo. “Battente chiuso, montante che divide” sussurrò. Poi gli sorrise. Malcolm, a sua volta, restò impassibile davanti ai soliloqui demenziali della moglie, che creò un finalino: “Architravi e traverse, piombature e scanalature”. “Grandi cose” disse con sarcasmo Malcolm. Florrie evitò il sarcasmo dell’uomo e strillò ondeggiando sul pollice: “Naufrago che ti aggrappi al legno chiaro del cedro!”. Allungò l’indice sulla torre del Palazzo dell’Autorità. “Guarda e credi. Cubismo Olanda, sobrio ed essenziale. Scatola di cioccolato fondente, come dici tu”. Gli rise in faccia. Malcolm cambiò tattica. “Avevo appena messo in forno la torta di funghi” disse andando a controllare. Trafficò presso il forno, allungò il collo di traverso, affermò con il capo. “Cinque minuti, non di più” decretò. “Basta mettere il tempo di cottura... Ma, affari del cuoco! Il cuoco sei tu. Il timoniere della barca sei tu”. Florrie spiccò un salto dal pollice e andò ad abbracciarlo. “Perché tutto questo traffico per me, tesoro?”. “È un piacere, cara. Ed è la stagione ideale per i funghi. Adesso profumano di bosco”. L’ippopotamo si era completamente addormentato, ronfava al giardino zoologico ammirato da una miriade di gente. Le modelle continuavano a passeggiare nude e disinvolte, nel riso fluido dell’uomo di potere che scappellava. La sposa indrappeggiata e fluente scendeva con circospezione i trenta- 8 Coppie sette ripidi scalini, senza conoscere ciò che là in fondo si celava. Lontananza, sorpresa di cavallo sperduto nell’immensità di uno spicchio di luna. Luci e ombre. Assurdità. Grida nello spazio. “Guardami, Malcolm” disse Florrie. “Ricordi? Certo che ricordi! Allora viaggiavi senza respiro per il mondo”. Fece un giro circolare con l’indice puntato verso la finestra, come se fosse alla ricerca di un tesoro perduto con la trivella. “Sprofondasse il mondo, nessuno ti avrebbe trattenuto”. Lo baciò sulla bocca. “Anche romantico. Un po’ di romanticume non ti è mai mancato. Ricordi la romanticheria sul Canal Grande? Quelle puzzolenti calli!”. Malcolm sghignazzò. Florrie sghignazzò. “Ti odio, Malcolm”. “Lo so”. “Hai tutta l’aria di essere davanti alla Maja desnuda”. “Perché non alla vestita?”. “Sei un lurido guardone, Malcolm! Ricordi la California? Bakersfield! La puttanella col culetto nudo e la frangia di peluche intorno ai fianchi”. Florrie sghignazzò. Le andava di pungolarlo, ma in fondo lo amava, anche. Malcolm disse: “Tu, sull’orlo della fontana. Che vuoi? E la tua mano sotto il mio mento. Io a chiudere gli occhi con indifferenza, tu a stamparmi un bacio sulla bocca lungo come lo zampillo della fontana. Acqua dappertutto. Faceva un caldo boia. Avevamo la maglietta bianca tutt’e due. Eravamo belli, Florrie!”. “Come due ragazzi dell’Arkansas, sotto il lampione ardente tra i fiordalisi” disse Florrie sognante. “Di più” fece Malcolm. “Voglio ancora baciarti, Malcolm! Valencia, i due amanti stretti nell’angusta cucina, senza soldi, senza cibo, con tanto amore, con tanto sorriso sui visi radiosi. Spettinati, avviluppati, avvinghiati nel ballo del tempo che fu. Musica maestro!”. Lo baciò con passione. “Quale dio sei, Malcolm!”. 9 Enzo Schiavi Malcolm stette zitto. “Hai tutto meno che essere un dio” disse scontrosa Florrie. “Non hai grandi qualità... figuriamoci se di un dio! Eppure...”. Tergiversò. “Conosci Frank Gehry?” chiese poi seria. “È il tuo dio?” disse sarcastico Malcolm. “È colui che ha fatto piazza pulita del cavernoso e del lugubre negli archi e nelle volte. Via tutti i barocchismi delle cornici e dei fregi. Ecco... tu sei come lui!”. “Quale onore!”. Ed era lì lì per continuare la farsa, ma guardò sconsolato il forno che fumava. “Già, la torta ai funghi! Il capolavoro ormai in pasto ai gabbiani”. Sorrise. “Adesso, due uova strapazzate alla contadina, carciofi sottaceto, composta di fichi, caffè”. “Ne vado pazza” fece Florrie battendo le mani. “Della composta di fichi!”. 10 II Sì, era proprio a Bakersfield in California. Là folleggiavano i nudi d’autore maschili. Nessun dubbio in proposito. Lampeggi di lenti a contatto dentro occhi ladreschi. Bocche tenute su da dentiere scintillanti. Colli ricchi di strisce perfide. Eppure era tutta una risata coi grandi cappelli a fiori che appassivano al caldo torrido, e davanti sfilavano i mandrilli nudi rivestiti di carne tenera e grasso in abbondanza. Il riso fa bene, una giuria deve pur esserci! Viva la libertà! * * * Stavano tutti raccolti nella hall dell’Accademia. La tempesta di nuvole tuonava ancora negli orecchi, il gorgoglìo delle alte sorgenti straripava dall’intricato fogliame, che in fondo non aveva senso a stare lì acquattato e smorto. Il grande suono d’Orage, il turmoil degli animi, le cateratte rocciose avviluppanti, il brivido delle conifere nel sibilo dell’aria artica... il tuono! Il grande tuono che sconvolge la foresta. Non c’è più scampo, tutto è perduto, la luce fu, i rami frondosi filtrano l’orizzonte color sangue. Chiari tronchi ritti a squadra che vi specchiate nelle acque torbide del mulino senza più ruota. Tutto ormai è perduto, la spiaggia è desolata, il vento batte la sabbia umida, le barche si abbracciano disperatamente, la chiatta fumosa cigola vuota nella nebbia che si scontra con la riva collosa. Dov’è il respiro dei pini? Lo Scotchfirs! Lago che t’arresti tra i ghiacci fatti ancora un poco vedere! Luci, riflessi, pietre arenarie che scivolano via nello scenario 11 Enzo Schiavi finale del lago. Alberi rovesciati a imputridire nelle acque melmose, immutabilità. Ormai è tardi, sei solo e pensi all’immensità che ti sconvolge. Le tue movenze sono eleganti e hanno il sorriso del clown. Non ti resta che la musica di chi studia la gente in fila davanti al confessionale. Siamo lì tra la gente, qualcuno confida al vicino i suoi timori, ma tutto si dissolve davanti alla grata. Ego te absolvo, la rapsodia della musica ti assolve, le piume soffici dei cigni mordono la grande aria di Tuonela fino all’estrema Saimaa. Finalmente puoi riposare, finire il tuo pensiero come fossi unico al mondo. Sì, proprio non c’è confronto! Hai respirato tutta l’aria che potevi immagazzinare nei polmoni, il lago scoppia: perché vuoi ancora vivere? Ha tutto ancora un senso? Bah, affari tuoi! Tuono finale dei corni, il cigno eterno vola nell’immensità, Sibelius è grande! Piume e danzatrici nel vortice degli ottoni. I violini piangono. Tutto è finito. * * * “In fondo che differenza fa” disse Florrie nel gruppo della hall, tra le altre voci e con le luci degli ori guizzanti sui cristalli. “Sì, che differenza fa!”. Era rivolta ad Amelia. “Tu pensi che il cigno muoia?”. Amelia ebbe un sussulto. Restò lì a guardarla nel gioco metallico delle luci e degli ori. “I cigni volano e basta” disse Florrie quasi con indifferenza. “È la loro musica, cara. Il non saper catturare il guizzo di ogni azione umana, di ogni sguardo, di ogni pensiero. Qui sta la morte del cigno! Nel guizzo perduto di ogni azione umana. Stonehenge, ombre rosa nel chiaroscuro delle figure, il fuggire del tempo che non ha riposo. Tutto è inutile, illusioni e morte. Quando tutto hai capito è troppo tardi, ma che importa? Un qualsiasi scacciacani ti sovrasta. Un qualsiasi scacciacani, mia cara!”. 12 Coppie Amelia stava in trance davanti a Florrie. Bernard vide negli occhi della moglie lontananza e paura. Ma anche un filo di ironia e di fastidio. Bernard indagava con disappunto gli occhi di Amelia, i baffoni arrotolati sotto il mento. Malcolm, al contrario, se la rideva marcando le fossette sotto gli occhi. Le due donne mantenevano la rigidezza delle donne nei caffé chantant dell’Ottocento. “Andiamo” disse infine Malcolm, e i quattro si mossero dietro la folla degli ori e dei sorrisi apatici, nel sommesso gridìo dei suoni delle bocche rosse. “Perché no al Caffé Szuflada?” propose Florrie, vellutando gli occhietti vitrei delle volpi della stola con le lunghe dita smaltate. “Lei, dottor Tulp?”. Si era rivolta a Malcolm, rifilandogli quell’epiteto non proprio entusiasmante per via del nero cappello a cupola che calzava. Tutto ciò avveniva a pochi passi dal Caffè Szuflada, nel fruscìo dei vestiti di velluto, dietro una lunga fila di commedianti notturni. Malcolm pensò agli occhi di pece del gitano ammanettato, lucidi di un omicidio commesso nel fango di una radura. “Chi se la sentirebbe di sfilare nudo dietro a questa sontuosa processione di gridolini?” gli venne fuori sorprendendo un po’ tutti. Florrie disse ridendo: “Con questo freddo? Resteremmo rigidi come baccalà e ne andrebbe di mezzo l’armonia. Riserviamo il tutto a una stagione migliore. Via, Malcolm, entriamo!”. Nessuno si fece pregare. Malcolm notò che Bernard non aveva aperto bocca. 13