Traversi ai massoni: fermiamo i pm

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Traversi ai massoni: fermiamo i pm
Traversi ai massoni:
fermiamo i pm
Il retroscena: l’imputato per truffa tentò
di avvicinare i magistrati
Nelle carte dell’inchiesta sulla Fondazione vicina
alla Curia gli incontri con gli affiliati delle logge aquilane
ENRICO NARDECCHIA
L’AQUILA. Traversi, i massoni e l’assalto (non riuscito) alla Procura. A dieci giorni dall’udienza preliminare
per i cinque imputati nell’inchiesta sulla Fondazione Abruzzo solidarietà e sviluppo vicina alla Curia spuntano
nuovi particolari.
MASSONERIA. C’è anche un capitolo dedicato alla massoneria nel voluminoso materiale agli atti
dell’indagine che ha portato i carabinieri del Noe ad arrestare (ai domiciliari), a settembre dell’anno scorso, il
medico aquilano Gianfranco Cavaliere (uomo di Giovanardi all’Aquila) e il professore romano Fabrizio
Traversi. Del resto, lo stesso Traversi, parlando al telefono nelle migliaia di chiamate intercettate dagli
investigatori, fa continuo riferimento alla massoneria, un’appartenenza che usa, spesse volte, anche per
intimidire gli interlocutori. E tra le persone da intimidire, secondo l’ex direttore del sistema qualità del disciolto
ente italiano della montagna che aveva l’ufficio in Curia c’erano anche i pubblici ministeri. Per questo motivo
si premura di contattare persone influenti appartenenti alla massoneria aquilana per metterle al corrente del
suo piano. Cercare appoggi anche negli uffici giudiziari è la mission dell’uomo che si vanta, sempre al
telefono, di essere stato «chiamato» dalla Chiesa, lui massone, per realizzare il suo progetto. Ecco le parole
di Traversi: «Certo che tutto ti saresti immaginato quando siamo...che saremmo arrivati a questo punto...cioè
io, massone, mi chiama la Chiesa per fare la Fondazione con il vescovo». E giù risate.
IN SONNO. Lo stesso Traversi, ritenuto dall’accusa il fulcro della tentata truffa per accaparrarsi i 12 milioni
destinati a realizzazioni in ambito sociale messi a disposizione dal dipartimento per la famiglia della
presidenza del Consiglio, ne parla in un’altra telefonata. «Quando m’ha chiamato monsignor D’Ercole ha
detto “Professore, lei deve fare il segretario generale della fondazione” e io ho detto “Benissimo monsignore,
ma lei lo sa che io sono massone” dice “Sì, e allora? Ti metti in sonno e lavori con noi...”». Insomma, dalle
carte emerge la piena consapevolezza, da parte della Curia aquilana, e in particolar modo del vescovo
ausiliare, dell’appartenenza di Traversi alla massoneria. Appare certo, secondo gli investigatori, che di
questo aspetto sia «perfettamente consapevole» ancheAugusto Ippoliti, stretto collaboratore dei vescovi e
personaggio di casa nella Curia aquilana.
IL PIANO ANTI-PM. In un’altra delle molteplici telefonate intercettate, Traversi contatta un professionista
aquilano affiliato alla massoneria. Dopo averlo salutato con «un triplice fraterno abbraccio», il professore
romano arriva al sodo. Intervenire subito sugli uffici giudiziari dell’Aquila e di Teramo. Nel primo caso per un
interesse personale sui suoi affari e nell’altro per conto di un amico. «Senti una cosa», dice al suo
interlocutore, «qui bisogna chiudere un accordo di carattere fraterno per non far più rompere i coglioni, né
all’Aquila né a Teramo. Se non ce la fai sul posto mi tocca muovermi su Roma. Come devo fare?». Il
massone aquilano chiede che gli vengano spiegati «i soggetti» sui quali intervenire. A quel punto Traversi
risponde risoluto: «I soggetti sono le Procure». E aggiunge: «Non voglio più rotture di cazzo». A questo
punto il massone aquilano esprime delle perplessità. Tuttavia propone di organizzare ugualmente un
incontro in città nei giorni successivi. A questo punto Traversi, l’uomo che D’Ercole ha detto di voler
redimere, essendo il suo assistente spirituale, con un linguaggio oltremodo colorito sbotta: «Cioè, mi hanno
rotto il cazzo ma di brutto di brutto di brutto. Allora, se devo intervenire a titolo personale io intervengo, però
non mi devono più rompere i coglioni. Perché se non controllano niente non sono un cazzo....cioè se il Goi
(Grande Oriente d’Italia, ndr), non è il Goi e se piazza del Gesù non è piazza del Gesù io faccio i cazzi
miei...io devo intervenire in favore di Sua Eccellenza, non voglio rotture di coglioni...». Traversi, poi,
comunica a Cavaliere di aver chiesto di vedere «se c’è qualche fratello in Procura». Il tentativo di
avvicinamento ai pm, per gli investigatori, quand’anche solo tentato, è tuttavia andato a vuoto.
L’UDIENZA. Martedì 17 aprile il gup decide sulle richieste di processo a carico di Traversi, Cavaliere, Silvano
Cappelli, Nicola Ferrigni e monsignorGiovanni D’Ercole accusato di rivelazione di segreti inerenti a un
procedimento penale.