Decisione N. 8636 del 29 dicembre 2014

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Decisione N. 8636 del 29 dicembre 2014
Decisione N. 8636 del 29 dicembre 2014
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Presidente
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTONI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTORO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) D`ANGELO
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore LUCCHINI GUASTALLA EMANUELE
Nella seduta del 30/10/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, denunciato il furto della carta di credito di cui è titolare, disconosce alcune
operazioni di pagamento e chiede il rimborso dell’importo illecitamente addebitato sul
conto corrente collegato, per un totale di 1804,75 Euro.
Più precisamente, in data 9 giugno 2013, intorno alle ore 19,00, il ricorrente subiva da
ignoti il furto della propria carta di credito e provvedeva ad attivarsi per il blocco della
stessa alle prime ore della mattina del giorno seguente, a seguito della telefonata
dell’ufficio [denominazione del circuito di pagamento] di avviso circa l’esecuzione, tramite
carta, di una serie di operazioni di pagamento.
Dal verbale di denuncia ai Carabinieri, allegato al ricorso, il ricorrente affermava di essere
stato ospite, nella giornata del 9 giugno 2013, presso una famiglia di nazionalità
nordafricana (conosciuta un mese e mezzo prima) in un appartamento della città di
Brescia di cui non conosce via e numero civico. Durante il soggiorno presso la menzionata
famiglia, al ricorrente veniva chiesta in prestito l’automobile. Inizialmente rifiutava ma poi,
vista l’insistenza della donna, di cui non conosce il nome, acconsentiva, rimanendo
nell’appartamento con la figlia della coppia, una bambina di 5-6 anni. Dopo di che, il
ricorrente si addormentava sul divano e si svegliava intono alle 22.00, con un forte mal di
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testa. La coppia era rientrata. Il ricorrente si fermava nell’appartamento fino alle 4 della
mattina del 10 giugno, quando riprendeva l’autovettura e veniva raggiunto dalla
menzionata telefonata nel corso della quale veniva avvisato di una serie di pagamenti
tramite carta effettuati tra le 19.00 e le 21.00 del 9 giugno 2013 presso un centro
commerciale per un totale di circa 2.000 Euro.
Il ricorrente richiedeva, quindi. il blocco della carta.
Sempre nella denuncia, il ricorrente lamentava il furto di quattro assegni e che, all’atto
degli acquisti tramite carta di credito, “ignoti” avevano esibito la sua “carta di identità in
forma originale”. La denuncia veniva sporta contro i “coniugi” di cui era stato ospite, rimasti
ignoti, non essendo il ricorrente in grado di fornire dettagli utili alla loro identificazione.
In data 14 giugno 2013, il ricorrente disconosceva formalmente n. 5 operazioni di
pagamento tramite POS, effettuate la sera del 9 giugno 2013 e allegava copia dei relativi
scontrini fiscali, recuperati presso gli esercenti.
Veniva posto l’accento sulla grossolana diversità tra la firma del ricorrente e le firme
apposte sugli scontrini di spesa (“si capisce palesemente che la firma è stata fatta da
persone con calligrafia araba”). Ciò evidenziava una palese responsabilità degli esercenti
per il mancato controllo della corrispondenza della firma dell’acquirente con la carta di
credito.
L’intermediario, inoltre, se non aveva avuto da subito la possibilità di verificare l’evidente
falsità delle firme, poteva comunque effettuare il controllo in un secondo momento,
rifiutando il pagamento al commerciante delegatario o richiedendo la restituzione delle
somme eventualmente già versate. Se ci fosse stato il dovuto controllo sia da parte dei
commercianti sia da parte dell’intermediario, non si sarebbe verificato l’utilizzo indebito
della carta.
Il ricorrente ribadiva che il commerciante ha l’obbligo di verificare l’identità dell’acquirente
possessore di carta di credito e ciò a prescindere dalla colpa in cui possa incorrere il
titolare della carta di credito. Tale obbligo rappresenta, infatti, un programmato filtro,
proprio per evitare che della predetta colpa possa approfittare facilmente il terzo che sia
venuto illecitamente in possesso della carta.
In sede di riscontro al reclamo, l’intermediario ha sottolineato la mancanza della firma del
ricorrente sul retro della carta. Dunque, secondo il ricorremte, premesso che il contratto
relativo alla carta di credito non ricollega alcuna specifica conseguenza/responsabilità in
caso di inottemperanza, la firma sulla carta serve semmai agli esercenti per un’ulteriore
verifica. Stante la mancanza nel caso concreto della firma, gli esercenti avrebbero dovuto
chiedere il documento di identità, controllare e rifiutare il pagamento con la carta non
firmata. La mancata diligenza dei commercianti è aggravata dal fatto che l’operazione
appariva ictu oculi sospetta.
Pertanto, l’omessa firma sul retro della carta non poteva motivare il diniego di rimborso e
non poteva costituire dolo o colpa grave.
Non potendosi, quindi, ravvisare gli estremi del dolo o della colpa grave nella propria
condotta, il ricorrente ha contestato il diniego di rimborso opposto dall’intermediario
intervenuto nonostante il blocco immediato della carta, la denuncia di furto alle competenti
autorità, il disconoscimento formale delle operazioni di pagamento e l’evidente falsità delle
firme sugli scontrini di spesa.
A fondamento della propria pretesa di rimborso, il ricorrente ha invocato l’art. 4 comma 5°,
del contratto in base al quale “…il titolare è responsabile di ogni conseguenza dannosa
causata dall’indebito o illecito uso della carta a seguito degli eventi di cui sopra entro il
limite di Euro 150,00 fino al momento della ricezione da parte dell’Emittente della
comunicazione di cui al comma precedente…”.
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Con ricorso protocollato il 22/1/2013 il ricorrente, per il tramite del proprio procuratore, ha
chiesto al Collegio di accertare il diritto del ricorrente al rimborso delle somme e di
condannare l’intermediario alla corresponsione delle somme stesse.
Con nota protocollata il 27/3/2014, l’intermediario convenuto ha eccepito l’irricevibilità del
ricorso per difetto di preventivo reclamo e ha sottolineato che la documentazione allegata
al ricorso evidenziava come la contestazione del ricorrente fosse rivolta all’intermediario
capogruppo.
Quest’ultimo, con lettera protocollata il 20/3/2014, ha fatto pervenire le controdeduzioni,
difendendosi nel merito della controversia.
L’intermediario, dopo aver richiamato per estratto le dichiarazioni rese dal ricorrente nella
denuncia presentata alle competenti Autorità in data 13 giugno 2013, ha sottolineato come
la dinamica dei fatti “non lasci margini di incertezza circa il coinvolgimento del ricorrente
stesso nella vicenda al medesimo occorsa”.
Inoltre, “paiono assai discutibili le circostanze evidenziate dal ricorrente, lasciando peraltro
emergere la consapevolezza dello stesso per quanto occorso antecedentemente al
contestato uso della carta di credito in parola”.
Posto che il ricorrente risulta essere stato vittima di truffa e furto da parte delle persone
presso cui era ospite, non si comprende la ragione per cui non abbia agito giudizialmente
nei confronti dei soggetti dallo stesso indicati, decidendo piuttosto di coinvolgere
l’intermediario nella responsabilità di quanto occorso.
Il ricorrente ha realizzato l’ammanco della propria carta di credito solo nel momento in cui
è stato contattato dall’apposito Servizio Sicurezza della banca -erroneamente riferito dal
ricorrente “servizio [denominazione del circuito di pagamento]”- che già nella serata del 9
giugno 2013 alle ore 21.05.57, rilevando l’esecuzione consecutiva di diverse transazioni,
in attesa di contattare il titolare della carta per i necessari accertamenti circa la genuinità
delle transazioni, ha nel frattempo apposto un blocco temporaneo sulla carta.
Nella mattina del 10 giugno 2013, il predetto Servizio Sicurezza ha potuto verificare
telefonicamente con il ricorrente che le transazioni sopra menzionate non erano state
eseguite dallo stesso e pertanto, col consenso del titolare, è stato apposto il blocco
definitivo alla carta.
Il ricorrente non ha attivato per la carta in questione il servizio di sms alert, che permette al
titolare un costante monitoraggio della movimentazione, mettendo il titolare stesso in
condizione di avere tempestivamente cognizione di eventuali utilizzi impropri.
Il menzionato servizio è stato offerto dall’intermediario a partire dal primo semestre del
2008, fornendo adeguati dettagli tramite il sito internet dedicato alla carta di credito,
informative pubblicitarie in filiale e descrizione nel contratto relativo alla carta.
L’intermediario, alla luce dei fatti sopra descritti, ha ritenuto di ravvisare nella condotta del
ricorrente gli estremi della colpa grave.
Inoltre, nessuna carenza operativa è riconducibile all’intermediario che, nella fattispecie in
esame, ha effettuato i controlli e le necessarie verifiche finalizzate alla tutela del cliente,
mentre non sembra che il ricorrente abbia adottato livelli di attenzione tali da evitare utilizzi
impropri della carta, rendendo di conseguenza inefficaci i presidi di sicurezza predisposti.
L’intermediario ha rilevato, altresì, che gli unici soggetti che possono verificare la
corrispondenza tra il presentatore dello strumento di pagamento e l’effettivo titolare dello
stesso sono gli esercenti presso i quali viene utilizzata la carta di credito; questi ultimi, di
fatto, possono chiedere l’esibizione del documento di identità e quindi verificare la
conformità della firma apposta sul retro della carta, oltre alla rispondenza tra il
presentatore e l’effettivo titolare della carta.
Eventuali contestazioni da parte dell’intermediario possono essere mosse nei confronti
degli esercenti successivamente all’evento segnalato dal titolare della carta; in tal caso
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l’emittente può effettuare l’azione di charge back nei confronti dell’esercente, che è tenuto
a fornire la documentazione afferente le transazioni oggetto di verifica.
L’intermediario intervenuto ha chiesto il rigetto del ricorso poiché infondato.
DIRITTO
Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti
essenziali ai fini della decisione.
Dalla documentazione prodotta, non risulta alcun reclamo nei confronti dell’intermediario
originariamente convenuto, risultando invece reclamo e relativo riscontro da parte
dell’intermediario intervenuto nel procedimento ABF.
Le operazioni di prelievo disconosciute dal ricorrente si collocano in un periodo successivo
all’entrata in vigore del D. Lgs. 27.1.2010 n. 11 di recepimento della Direttiva sui servizi di
pagamento (Direttiva 2007/64/CE del 13 novembre 2007) e del relativo Provvedimento
attuativo della Banca d’Italia del 5.7.2011.
Le operazioni disconosciute, cinque in totale, sono state eseguite con la carta di credito
tramite POS, tra le ore 19,09 e le ore 20,19 del 9 giugno 2013.
Trattasi di operazioni eseguite nei negozi di un centro commerciale (le prime due
operazioni presso lo stesso negozio a distanza di 24 minuti) nei pressi dell’aeroporto di
Bergamo. Il ricorrente, secondo quanto da lui stesso affermato, era ospite in un
appartamento di Brescia.
In base a quanto risulta da verifiche qui condotte sul sito www.viamichelin.it , la distanza
tra Brescia e Orio al Serio è di 56 Km e si percorre indicativamente in auto in 46 minuti.
Il furto della carta è avvenuto “ presuntivamente intorno alle 19,00” secondo quanto risulta
dalla pag. 3 del modulo di ricorso; tra le 19.00 e le 22.00 secondo quanto riepilogato dai
Carabinieri nella denuncia.
La sottoscrizione degli scontrini relativi alle operazioni disconosciute, agli atti del presente
procedimento, e la firma apposta dal ricorrente in calce al contratto relativo alla carta di
credito, al reclamo, al ricorso e al documento di identità appaiono palesemente difformi.
Dalla descrizione dei fatti nel ricorso, risulta che la carta non recava sul retro la firma del
ricorrente né altre firme. La circostanza è pacifica tra le parti. Ciò avrebbe dovuto indurre
gli esercenti che hanno ricevuto i pagamenti ad una maggiore prudenza ed alla richiesta di
un documento di identità del presentatore dello strumento di pagamento.
Sul punto, tuttavia, l’intermediario non prende specificamente posizione in sede di
controdeduzioni, limitandosi a ribadire il ruolo degli esercenti in sede di utilizzo della carta.
Per quanto concerne il blocco della carta, si fa presente che l’intermediario, alle ore
21.05.57 del 9 giugno aveva già bloccato temporaneamente la carta di credito, poi
bloccata in via definitiva su richiesta del ricorrente il giorno seguente (ore 14.00.37), una
volta contattato dall’intermediario per verificare le genuinità delle precedenti operazioni.
Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della controversia, deve essere rilevato che –
come già si è avuto occasione di sottolineare in altre occasioni (Collegio di Milano,
decisione n. 1247/13) – i pagamenti con carta di credito sono opponibili al titolare ogni
qualvolta la firma apposta in calce ai relativi scontrini di spesa sia a lui riconducibile. Infatti,
con l’apposizione della sottoscrizione sulla nota di spesa il titolare, nella sua qualità di
delegante, ordina all’emittente (delegato) di pagare una somma all’esercente (delegatario).
Ne deriva che la sottoscrizione del memorandum di spesa rappresenta un elemento
indefettibile della fattispecie delegatoria. Com’è noto, la semplice presentazione della carta
di credito non è di per sé idonea ad identificare l’avente diritto alla prestazione, in quanto
solo attraverso la comparazione della firma apposta a tergo del tesserino con quella che è
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apposta sul memorandum di spesa è possibile per l’esercente affiliato individuare il titolare
della prestazione. In assenza del memorandum, si deve presumere che il titolare non
abbia impartito all’intermediario uno iussum delegatorio e che, in conseguenza, l’addebito
debba essere stornato per intero (Collegio di Milano, decisione n. 908/2010).
A conclusione analoga deve pervenirsi anche qualora, comparando la sottoscrizione in
calce alla nota di spesa presentata dall’intermediario con quella del ricorrente, emerga una
difformità delle sottoscrizione rilevabile ictu oculi, che renda immediatamente evidente che
si tratta di firma contraffatta – caso che, nel caso di specie, ricorre in questi precisi termini,
emergendo con chiara evidenza la palese difformità tra le sottoscrizioni dei memoranda di
spesa in atti e la sottoscrizione del ricorrente.
Ciò vale anche quando il cliente non abbia apposto la firma a tergo della carta di credito,
dovendosi in tal caso ritenere che l’accipiens debba usare una maggiore prudenza,
eventualmente chiedendo al presentatore dello strumento di pagamento un documento
con il quale poterlo identificare e con il quale confrontare la firma apposto sul
memorandum di spesa.
Se, dunque, come nel caso che ne occupa, il ricorrente afferma che sono state effettuate
operazioni fraudolente con la carta di credito è come se disconoscesse la propria
sottoscrizione sul memorandum di spesa, sicché si deve concludere che manchi, da parte
del titolare, lo iussum delegatorio o che manchi la prova della sua valida venuta ad
esistenza.
Dalle considerazioni che precedono deriva la fondatezza dell’istanza del ricorrente, che
merita, dunque, pieno accoglimento.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie il ricorso e dispone che l’intermediario interveniente
corrisponda alla parte ricorrente la somma di € 1.804,75.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese
della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della
somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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