L`equivoco - Archivio Guerra Politica

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L`equivoco - Archivio Guerra Politica
L'equivoco
(Opera, 29 novembre 2014)
Dal dicembre del 1946, in Italia, si è determinato un equivoco che è giunto il momento di chiarire e
di archiviare.
Si è creduto, cioè, che da quella data servizi segreti americani, Vaticano, Democrazia cristiana e
Confindustria avessero deciso di far risorgere, sotto altro nome, il fascismo.
Il nucleo primario prese il nome dal Movimento sociale francese, di cui assunsero anche il simbolo
(una fiamma tricolore) e, perfino, parte della struttura organizzativa (Raggruppamento giovanile e
Volontari nazionali).
Non copiarono solo nome, simbolo e struttura ma anche le finalità perché il Movimento sociale
italiano non nacque come partito politico ma come "ponte" fra i militari che avevano aderito alla
Repubblica sociale italiana e quelli che si erano schierati con il Regno del Sud.
Il compito di Arturo Michelini, Augusto De Marsanich, Giorgio Almirante, Pino Romualdi e soci era,
in pratica, quello di favorire la ricomposizione dell'unità delle Forze armate, solo dopo si decisero
ad entrare nell'agone politico.
I dirigenti del Movimento sociale si preoccuparono subito di creare due nemici, uno dei quali
sconfitto da condannare, ed uno da combattere: i tedeschi e i comunisti.
S'inventarono che Benito Mussolini aveva creato la Repubblica sociale italiana solo per salvare la
penisola dalla rabbiosa reazione germanica al tradimento dell'8 settembre 1943, costituendo così
lo "scudo" lasciando alle Forze armate del Regno del Sud e alle bande partigiane anticomuniste il
compito di agire da "spada" contro lo storico nemico germanico.
Anche questa tesi, però, la trassero dalla Francia dove con più fondamento sì presentavano
Philippe Pétain e Charles De Gaulle come due patrioti: il primo che aveva protetto la Francia con la
Repubblica di Vichy, il secondo che l'aveva liberata combattendo contro i tedeschi.
A queste menzogne storiche, i dirigenti del Msi aggiunsero quella dell'esecuzione di Benito
Mussolini, Claretta Petacci e di altri da parte dei comunisti che, secondo loro, avevano agito
all'insaputa del governo italiano.
La verità era un'altra: fu il generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo volontari della
libertà, ad organizzare l'eliminazione fisica di Benito Mussolini e dei dirigenti fascisti, dopo averne
ricevuto l'ordine da Vittorio Emanuele III, trasmessogli da un ufficiale britannico giunto a Milano nel
tardo pomeriggio del 27 aprile 1945.
Vittorio Emanuele III non poteva sperare di mantenere in vita la monarchia in Italia se Benito
Mussolini fosse stato processato come volevano gli americani.
Mussolini doveva morire per consentire a Casa Savoia di sopravvivere,come si auguravano gli
inglesi guidati da Winston Churchill.
Il mistero della morte di Benito Mussolini non è mai stato tale. Hanno taciuto la verità perché, a
dirla, non avrebbero mai potuto allearsi con il partito monarchico né fare le lodi di quelle Forze
armate i cui vertici avevano concorso ad uccidere il Duce.
Conveniva incolpare i soli comunisti contro i quali incanalare l'odio dei "neofascisti". Relegati nel
ruolo dei "cattivi" i soli comunisti additati come i maggiori, se non unici responsabili, della guerra
civile, di massacratori di fascisti, di uccisori di Benito Mussolini, Almirante e compari potevano
trattare con i "buoni", con coloro cioè che, ideologie a parte, erano ispirati dal comune amore per la
Patria. Quale Patria? Per Michelini, Almirante, De Gasperi, Andreotti, Pio XII, Vittorio Valletta ecc.
ecc. la Patria era quella americana, ma questo dettaglio lo hanno sempre taciuto.
Per loro e per i loro eredi parlano i fatti. Non esiste esempio al mondo che abbia visto un partito
politico che oltretutto si definiva di opposizione salutare con reverenza la cessazione dal servizio
attivo di un alto funzionario della Cia.
Sarà esattamente questo estremo atto di servilismo a compiere sul giornale del partito, nel mese di
gennaio del 1975, il Movimento sociale italiano guidato da Giorgio Almirante che, per la penna di
Giulio Caradonna saluterà James Jesus Angleton posto in congedo dalla Cia nel dicembre del
1974.
L'equivoco viene creato anche sul piano ideologico, sostituendo l'ideologia e la dottrina del
fascismo con le opinioni politiche di Julius Evola, studioso insigne e mentecatto politico.
Per Evola che si vantava di non aver voluto aderire alla Repubblica sociale italiana, l'unica autorità
che contava e alla quale tutti di dovevano sottomettersi era quella dello Stato, anche uno Stato
"vuoto" come questo.
Era quanto di meglio potevano sperare e pretendere i vincitori della Seconda guerra mondiale
perché erano essi lo Stato, macchina burocratica camaleontica che assume il colore di chi la
governa.
Così gli eredi della Repubblica sociale italiana si sono ritrovati ad avere come ideologo e maestro
un intellettuale che mai aveva inteso aderire alla Repubblica di Saló, mentre negli anni Settanta
potranno vantarsi di avere come presidenti del partito i "badogliani" Alfredo Covelli e Gino Birindelli
e come parlamentare la medaglia d'argento al V.M. della Resistenza, Giovanni De Lorenzo.
Il resto viene da sé.
Partito di fasulla opposizione al potere democristiano, il Movimento sociale italiano vanterà, unico
nella storia politica italiana, ben tre ex direttori del servizio segreto militare fra i suoi parlamentari:
Giovanni De Lorenzo, Vito Miceli, Luigi Ramponi.
Le organizzazioni ad esso collegate e, occultamente,da esso dirette si metteranno al servizio dello
Stato (come preteso da Julius Evola) trasformandosi in bande paramilitari noncuranti di favorire gli
interessi stranieri nel grottesco convincimento che un giorno, come paga per i loro servigi contro il
comunismo, dirigenti e militanti sarebbero stati chiamati a far parte dell'area governativa.
Così non era, né poteva essere.
Difatti, quando Gianfranco Fini e i "fascisti del Duemila" saranno chiamati dal finanziatore della
mafia Silvio Berlusconi a far parte del suo governo, prima faranno tutti professione di antifascismo.
La grottesca storia dell'estrema destra italiana che si è posta, in posizione sempre subordinata, al
servizio della potenza egemone e dei suoi alleati è ancora tutta da scrivere.
Convinti ancora oggi di essere "fascisti", spesso "nazisti", i simpatizzanti ed i militanti di estrema
destra non si rendono conto di essere, in gran parte (non tutti, spero), privi di indipendenza
intellettuale, incapaci di analisi critica ed autocritica, ignari della storia e, in fondo, personaggi
patetici che hanno sempre bisogno di un "capo", di un "maestro", di un "ideologo" che li guidi e li
faccia marcire perché non hanno mai marciato.
Con questo retroterra alle spalle, è normale (solo per loro) sfilare in coda al corteo dei secessionisti
della Lega Nord, che hanno ripudiato il tricolore come bandiera e simbolo.
I fascisti erano nazionalisti. I fessi di Casa Pound (dal nome del poeta, americano tanto per
cambiare, Ezra Pound) cosa pensano di essere? Incapaci di comprendere che i "rom" e gli
immigrati rappresentano problemi di ordine pubblico, sono convinti di fare politica magari
nazionale, insieme a quelli della Lega Nord che portano avanti un disegno politico antinazionale.
Non possono comprendere, gli estremisti di destra, che una battaglia politica è quella per la
riconquista della sovranità e della dignità nazionali.
E che questa battaglia comporta necessariamente la rivisitazione della storia del dopoguerra dalla
quale emergono le gravissime responsabilità della potenza egemone e dei suoi alleati nelle tante
tragedie che l'hanno punteggiata.
Peggio per coloro che hanno scelto di servire gli interessi americani, israeliani ed atlantici, perché
è anche la loro storia dalla quale saranno rappresentati per quelli che sono stati e che hanno fatto.
La storia di quanto compiuto dall'elefante americano in Italia comporta, di conseguenza, anche il
racconto della storia delle pulci che lo hanno cavalcato e dalla cui groppa non vogliono ancora
scendere.
Alcune di queste pulci che si credono in grado di scrivere una storia alternativa, a proprio uso e
consumo, sono casi psichiatrici perché, per quanto furbi credano di essere, se li portiamo con
qualche querela per diffamazione dinanzi alla giustizia "borghese", dovranno poi pagare ingenti
risarcimenti, da destinare ai profughi palestinesi, che li obbligherebbero a mendicare per campare
una minestra alla Caritas.
Non lo abbiamo mai fatto, fino ad ora. Ma ci può sempre essere una prima volta. Per ora, ci
limitiamo a ricordare alle pulci che, a differenza loro, quel tricolore sul quale il 28 ottobre 1944,
Alessandro Pavolini scrisse, "nel bianco ritornato vergine", la parola "Onore", io non l'ho mai
ammainato.
Per questa ragione, mentre loro diffamano, calunniano, vomitano falsità e ingiurie dal calduccio
delle loro casette, mi onoro di vivere ancora, dopo oltre 35 anni, in un mondo come il carcere di
Opera dove imperano tanti miserabili che, però, non ostentano di essere "fascisti" o "nazisti". Il che
li rende migliori delle pulci miserabili dell'italica estrema destra.
E abbiamo detto tutto.
Vincenzo Vinciguerra