Programma della VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d`Italia
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Programma della VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d`Italia
w Nw Uw M.EfeRd Oer1 a/v2o 0.1i t6 nuovo NOI insieme Erminio Longhini z Federa lla de sso ario le A Notizi ione tra F cia ED zio ER A ni di V VO onlus olon tariato Sanitario Programma della VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d’Italia 001_Programma_VIII_ConferenzaPresidenti.pdf 1 23/05/16 Programma_VIII_ConferenzaPresidenti.pdf 2 10:02 29/04/16 10:19 Salsomaggiore Terme (PR), 27-29 maggio 2016 Venerdì 27 Maggio ore 13,00 PRANZO PALAZZO DEI CONGRESSI, AUDITORIUM EUROPA ore 15,00 ore 15,45 ASSEMBLEA DEI SOCI Relazione del Presidente della Federavo Approvazione del Progetto di Bilancio ore 18,00 VIII CONFERENZA DEI PRESIDENTI - ANTEPRIMA L’IMPREVISTO ACCOLTO Incontro con Ernesto Olivero, Fondatore del Sermig, Servizio Missionario Giovani conduce Claudio Lodoli ore 20,00 CENA NEI RISPETTIVI ALBERGHI Sabato 28 Maggio PALAZZO DEI CONGRESSI, AUDITORIUM EUROPA ore 9,00 APERTURA DEI LAVORI Agata Danza, Vicepresidente Vicaria della Federavo ore 9,30 PROGETTO AVO: IL SUCCESSO DELL’ORDINE IMPERFETTO Incontro con Claudio Lodoli, Presidente della Federavo conduce Annamaria Ragazzi, Redazione Nuovo NOIinsieme ore 10,15 GESTIRE L’IMPERFEZIONE Interventi prenotati dei Presidenti delle AVO d’Italia coordina Annamaria Ragazzi ore 11,30 PRESENTAZIONE PROGETTO KOINÈ Massimo Silumbra – Nadia Guadagnuolo ore 12,15 CONCLUSIONI Presidente della Federavo RUBRICHE n PRIMO PIANO 2 n TESTIMONI del tempo 3 n GRANDI EVENTI 4 n FORMAZIONE 7 n VOLONTARIATO e società 8 n TESTIMONIANZE 10 n ESPERIENZE 11 n NOTIZIE dalle AVO 12 n LETTURE 15 n AVOGIOVANI 16 n FILO DIRETTO 17 n ANGOLO dell’etica 19 ASSEMBLEA DEI SOCI Elezioni per il rinnovo delle cariche federali Presentazione dei candidati ore 16,00 Apertura del Seggio elettorale ore 18,00 Chiusura del Seggio elettorale ore 20,00 CENA NEI RISPETTIVI ALBERGHI PALAZZO DEI CONGRESSI, SALONE MORESCO ore 21,30 SERATA SOCIALE Proclamazione degli eletti alle cariche federali Assegnazione del Premio Nuovo Noi insieme Festeggiamenti Domenica 29 Maggio PALAZZO DEI CONGRESSI, AUDITORIUM EUROPA ore 8,30 Santa Messa ore 9,15 INTERVENTO DEL PRESIDENTE ONORARIO DELLA FEDERAVO Erminio Longhini ore 9,45 RIFLESSIONI AD ALTA VOCE Arnaldo Pangrazzi ore 10,30 PRESENTAZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE E DEI CONSIGLI FEDERAVO Confronto aperto con i Presidenti delle AVO d'Italia ore 12,30 Pranzo nei rispettivi alberghi 1 PR pia I O M o n MAGNIFICA ESPERIENZA Claudio Lodoli Ho iniziato a collaborare con NOIinsieme sedici anni or sono con crescente intensità salvo un’unica, breve interruzione. Con la scadenza dei miei due mandati alla Presidenza federale alle porte, sento di avere esaurito anche il mio compito nella storica testata che – nata come bollettino di quattro pagine realizzato con tecniche artigianali – si è trasformata in un sistema integrato di comunicazione con il cuore nel web. L’esperienza di quarantasei anni ai vertici di strutture e organizzazioni di ogni genere, mi suggerisce di ritenere ormai concluso l’impegno per NOIinsieme, e che per me sia ormai giunto il momento di tacere. UNA PERSONA CHE NON DIMENTICHERÒ MAI Ho conosciuto Anselmo Terranova nel 1999, durante il Convegno Federavo organizzato a Paestum in cui eravamo entrambi relatori. Da quel momento non ci perdemmo più di vista, e ben presto fra noi si stabilì un solido rapporto di stima e di grande amicizia, concluso soltanto il 1° marzo 2016, con la sua morte. La figura imponente e la voce vigorosa di padre Anselmo contrastavano con il suo spirito mite e la finezza dello sguardo profondo che, dietro i lampi vivaci, talvolta lasciava trasparire le luci soffuse di lieve melanconia di una persona colta e sensibile. Grazie alla straordinaria conoscenza dell’animo umano, riusciva sempre a intuire nell’«altro» il fratello che non aveva avuto. Frate dell’ordine dei Cappuccini e per molti anni Cappellano negli ospedali di Genova, Anselmo intravvide nell’AVO lo spazio complementare al- 2 la sua missione di religioso: nell’estate del 1978, dopo un incontro con Erminio Longhini in Liguria per le vacanze, sostenne con vigore la formazione del Comitato promotore che di lì a poco avrebbe dato vita all’AVO di Genova. L’AVO cosi divenne la sua famiglia, e all’Associazione egli ha donato generosamente i frutti della sua grande esperienza di sacerdote e di psicologo, intensamente vissuta accanto agli ammalati e ai loro familiari. Terranova era gioviale, amava la vita come dono divino e ha lasciato scolpita di sé l’immagine della perfetta letizia propria del francescanesimo: sorrideva sempre e si lasciava spesso andare ad allegre risate che riempivano di entusiasmo le assemblee dei Volontari, alleggerendo così la gravità dei temi che – nel ruolo di formatore della Federavo – affrontava nei suoi pel- Per questa ragione ho scelto di congedarmi semplicemente con un ricordo di padre Anselmo Terranova, pubblicato qualche giorno fa dall’AVO di Genova che – con il permesso dei colleghi liguri – oggi offro ai “lettori” di sempre e a tutti i nuovi che accedono ai contenuti di NOIinsieme attraverso Internet. È stato un grande onore aver potuto contribuire, per quanto nelle mie capacità, allo sviluppo del giornale, e considero un grande privilegio l’aver vissuto con voi, in diretta, la storia più autentica dell’AVO, raccontata nelle vostre innumerevoli, irripetibili testimonianze pervenute in ogni forma e con ogni mezzo alla Redazione di NOIin sieme. legrinaggi in tutte le AVO d’Italia. Era una buona forchetta, e con lui allo stesso tavolo si trascorreva sicuramente un’ora di spensieratezza e di serenità. Per la leggerezza con la quale sapeva trattare argomenti delicati e impegnativi, per la sua attenzione nei confronti delle nuove generazioni di Volontari, divenne il naturale riferimento della nascente AVOGiovani che ha seguito finché la salute glielo ha permesso. Ho voluto molto bene ad Anselmo: con lui ho condiviso due mandati nel Consiglio federale e quindici anni di lavoro comune dedicato soprattutto a NOIinsieme, del quale egli era una delle firme più autorevoli e apprezzate. Mentre scrivo, ho sul mio tavolo un suo appunto scritto a mano allegato con un fermaglio alle fotocopie di due articoli che mi aveva inviato per posta lo scorso anno, poi apparsi nel giornale: «Sono stato poco bene per parecchio tempo, ora mi sono ristabilito e ho subito pensato alla nostra Federavo. [...] Ti invio per ora due arti- coli, proseguirò pian piano e cercherò di essere costante e presente collaborando alla rivista NOIinsieme. Ti auguro ogni bene e ti abbraccio con tanto affetto». Non ho più ricevuto altro, ma ci siamo sentiti ancora un paio di volte con qualche difficoltà. Quando Giorgio Colombo, due mesi fa, mi ha telefonato per dirmi che Anselmo non era più, nella mia mente si è riaffacciata l’immagine pacifica e sorridente di un frate alto e grande che, sorridendo e con tono un po’ scanzonato, una volta mi aveva confessato: «Vedi, Claudio, io non possiedo nulla e non ho familiari in vita. Il giorno in cui morirò, basterà gettare la chiave della mia stanza». Questo Maestro ci mancherà molto, ma i suoi ricordi, le sue testimonianze ci accompagneranno per sempre, con l’impegno morale di tramandare ai Volontari che verranno il patrimonio di sapere e di straordinaria umanità che iscrive Anselmo Terranova fra i pilastri della storia dell’AVO. Claudio Lodoli ON TEST IM Id empo t l e Padre Anselmo, uno dei più importanti tra i nostri Fondatori Formatori Volontari dell’AVO Genova, ci ha lasciato il 1° marzo 2016. È mancato nel Convento dei Cappuccini, dove viveva, all’età di 87 anni. I suoi scritti, inesauribile fonte di insegnamento e di conforto, restano tra noi e guideranno il futuro della nostra Associazione. Per capire che cosa ha significato padre Anselmo per l’AVO, bisogna tornare indietro alle radici del suo impegno negli ospedali, nei primi anni Settanta, se non ancora prima; allora era un giovane forte, armato di fede, di buona volontà e già desideroso di aiutare nelle corsie, dove operava come Cappellano e nella veste di Volontario AVO ante litteram. Come ricorda la Volontaria e fondatrice Carla Belgrano, in occasione del 25° Anniversario di Sacerdozio di padre Anselmo, padre Bambini raccontava che al tempo in cui entrambi operavano al lebbrosario Anselmo, allora giovane e aitante frate con ardente amore, era solito caricarsi sulle spalle i malati per portarli a far la Comunione in Chiesa. Da esperto psicologo, inoltre, scriveva molto bene ed era un grande parlatore. La sua partecipazione al Convegno per Ospedalieri ad Assisi nel settembre del 1977 ci dà testimonianza di Lui anche come ottimo conferenziere. In quegli anni Gino Pettazzi, tornato da Houston in America dove aveva subito un’operazione al cuore e lì sperimentato positivamente un servizio LA PREZIOSA BELLEZZA DELLA VITA Ricordo di padre Anselmo Terranova Milly Coda di volontariato gratuito in ospedale, si stava attivando per realizzarne uno analogo a Genova. Espose la sua idea a padre Stefano Bambini e ad un gruppo di Volontari che già stavano operando presso i ricoverati anziani soli e indigenti; padre Bambini accolse con entusiasmo l’iniziativa, che si collocava nel solco di una centenaria tradizione che caratterizza Genova negli interventi di assistenza agli ammalati ed agli anziani. Nel frattempo a Milano, da un’idea del dott. Longhini che aveva intuito la necessità di umanizzare le corsie degli ospedali, portando fra gli ammalati una solidarietà “nuova”, offerta gratuitamente, era nata l’AVO. E subito venne organizzato un incontro a Milano con Longhini; e così l’iniziativa di Pettazzi a Genova si collegò al mondo AVO. È qui che entra in scena padre Anselmo, che così ha raccontato il suo primo approccio con l’AVO: “Padre Bambini mi ha introdotto nell’Associazione fino a far nascere, insieme a lui, l’AVO di Genova. La nostra collaborazione in questo settore è stata un vivere insieme l’intimità dell’amore e del servizio donato a tutti coloro che ci avvicinavano”. Il 5 dicembre 1978 padre Anselmo concorre alla firma dell’Atto Costitutivo dell’AVO Genova; da quel momento entra a far parte del Consiglio e comincia a tenere lezioni, conferenze e dibattiti in particolare sulla Formazione del Volontari. È Cappellano e Guardiano all’Ospedale “Duchessa” di Galliera dove rimane dal 1969 al 1995, poi all’Ospedale “San Martino” fino al 1999, all’Istituto “Giannina Gaslini” ed infine nel 2002 viene trasferito nel convento di San Bernardino, in qualità di Vice Direttore dell’Infermeria Provinciale dei Frati Cappuccini. Contemporaneamente continua a svolgere il suo ammirevole e altamente professionale servizio di Volontario con umiltà, sorriso e soprattutto con il suo amore incondizionato verso il malato. Nominato Consigliere Emerito del Direttivo AVO, come tale padre Anselmo è rimasto operativo nel Consiglio fino agli ultimi giorni della sua vita. Nel corso degli anni, e non solo a Genova, il suo ruolo di Formatore nell’AVO era diventato indispensabile alla preparazione dei nuovi Volontari e all’aggiornamento di quelli già in servizio. Molto utilizzate ed apprezzate sono state le sue pubblicazioni, ma ancor più i dibattiti, le conferenze, gli interventi a conve- gni in ogni parte d’Italia a cui prendeva parte come psicologo e formatore, religioso e docente di Etica. I suoi insegnamenti e suggerimenti erano regolarmente pubblicati in rubriche a lui dedicate sui giornali della Federavo (NOIinsieme) e dell’AVO Genova (InformAVO). Su quest’ultimo “La Voce di padre Anselmo” continuerà a parlarci, grazie a centinaia e centinaia di testi ancora inediti che Lui ci ha lasciato. Ora riposa nel Cimitero di Staglieno: per ricordarlo da grande quale era, desideriamo concludere questo suo profilo con la frase che dà inizio al suo libro di prossima pubblicazione “Mosaici di vita”, che racchiude proprio come in un mosaico riflessioni, commenti, interpretazioni sul nostro vissuto quotidiano attraverso i sentieri della psiche umana: “Si nasce e si muore senza lo stato di conoscenza e in mezzo a queste due realtà esiste la preziosa bellezza della vita”. 3 ND I TI GRA EN V E Il 24 ottobre 2015, i festeggiamenti per i 40 anni dell’AVO a Milano, presso il Pavillon UNICREDIT si sono svolti in concomitanza con l’VII Giornata Nazionale AVO; il tema dell’evento, “L’arte del Volontariato” ha proposto una visione sostitutiva a quella tradizionale del bicchiere d’acqua, che sottolinea la centralità del rapporto empatico tra Volontario e malato nella logica della reciprocità. Come ha sottolineato il Presidente Claudio Lodoli, grazie a questo dono scambievole il malato diviene protagonista del suo percorso di cura e si realizza quell’umanizzazione che è lo scopo dell’azione dell’AVO. Dopo il contributo della Presidente dell’AVO Milano, Maria Saraceno, e i saluti delle autorità, è iniziato il dibattito tra gli ospiti: Philippe Daverio, critico d’arte e antropologo, Giuseppe Platone, in rappresentanza della Chiesa valdese, Giorgio Fiorentini, docente di Economia presso l’Università “Bocconi” di Milano, e Benvenuto Cestaro, Direttore 4 40 ANNI DELL’AVO Grande evento a Milano in occasione della Giornata Nazionale della Scuola di Specialità della Scienza dell’Alimentazione presso l’Università di Milano. Il moderatore, il giornalista Giuliano De Risi, ha introdotto i lavori ricordando come dai dati del CENSIS emerga una società caratterizzata dal benessere materiale ma anche da un diffuso senso di solitudine e dalla difficoltà di intessere profondi rapporti umani; ha quindi chiesto al prof. Daverio da dove provenga la spinta al Volontariato in un contesto tanto difficile. La spiegazione, secondo il noto critico d’arte, sta nella nostra storia e più precisamente nelle capacità di aggregazione che si sono manifestate nel borgo medievale sulla base di un’etica incentrata sul rifiuto dei vizi capitali, soprattutto l’accidia, che impedendo la partecipazione del singolo alla vita comunitaria è il pericolo maggiore per l’ideale democratico basato sulla responsabile azione di tutti per il bene comune. Esemplare in questo senso il caso storico del Comune di Firenze: alla metà del sec. XIII si assiste, da un lato, al conio del fiorino, moneta aurea che rappresenta il benessere materiale, e dall’altro alla nascita della Misericordia, una Confraternita dedita all’assistenza dei bisognosi grazie all’impegno materiale e personale dei cittadini. Economia e partecipazione stanno dunque alla base del buon funzionamento della società fiorentina, in un rapporto inestricabile. Anche Milano, alla metà del XV sec., vede la nascita del fundraising grazie all’iniziativa di Papa Pio II Piccolomini che, in accordo con gli Sforza, istituisce la Festa del Perdono: chi avesse offerto soldi, sostegno e partecipazione alla costruzione della Ca’ Granda, il primo grande ospedale del mondo, avrebbe avuto la remissione dei peccati. “Noi siamo oggi eredi di questa storia, di questo rapporto cittadino-società di cui l’Italia è faro nel mondo” ha concluso Daverio. La parola è andata quindi a Giuseppe Platone, pastore valdese, la cui Chiesa è “appassionata di Volontariato”. Platone fa risalire tale carat- teristica a una motivazione sia teologica, implicita nel messaggio cristiano dell’amore per il prossimo, sia ideologica, connessa al protestantesimo. Infatti dalla dottrina della “giustificazione per grazia mediante la fede” deriva necessariamente la gratuità dell’azione dell’uomo che non cerca nulla in cambio del suo operare, poiché gratuitamente amato da Dio, ma è spinto all’azione solo dalla riconoscenza per quanto ha ricevuto e da una fiducia profonda nel disegno divino: come Cristo è stato servitore dell’umanità al punto di donare sulla Croce la sua vita, così il servizio è l’essenza della Chiesa valdese. Occorre “imbrogliare” la morte: la vita va spesa gratuitamente per gli altri, per guadagnare un vero tesoro del cuore che ci darà serenità al momento del trapasso. Proprio il Volontariato – e l’AVO ne è testimonianza – offre tale opportunità. Giuseppe Platone ha affrontato anche il problema del servizio agli emigranti e della convivenza di diverse culture nel nostro Paese, affermando che il confronto con la fede naive di molti emigranti ha cambiato la chiesa protestante e che è fondamentale offrire agli stranieri corsi gratuiti di lingua, strumento indispensabile di integrazione, di emancipazione e di partecipazione. A questo punto il moderatore ha orientato il dibattito su un nuovo aspetto del Volontariato, quello economico-organizzativo, partendo dal dato incontrovertibile del suo valore finanziario, che significa risparmio concreto per il nostro Paese. A fronte di tale vantaggio economico, Giuliano de Risi ha sostenuto che lo Stato dovrebbe mettere i Volontari nella condizione di operare al meglio e con pari dignità rispetto alle figure professionali con cui collabora. Invitato a intervenire, il prof. Fiorentini si è dichiarato convinto che l’arte del Volontariato comporti necessariamente uno spirito di imprenditorialità, affinché le associazioni possano garantire efficienza, efficacia, continuità di azione. Egli, richiamando il simbolo della Giornata Nazionale, afferma: “Il Volontariato non è cornice se non nella logica di dare valore aggiunto a ciò che è dentro la cornice”. A tale fine sono da curare la formazione e la comunicazione. Infatti oggi ha senso solo un Volontariato qualificato, che possa svolgere il suo compito non riparativo, ma dinamico per il miglioramento della società. L’ultimo contributo alla riflessione è stato offerto dal prof. Cestaro che ha sottolineato due compiti importantissimi del Volontario AVO per migliorare le condizioni di salute dei malati: lo stimolo a bere e il conforto psicologico. Infatti è scientificamente dimostrato che una adeguata idratazione e il buon umore hanno positive ripercussioni sullo stato fisico. Pertanto i Volontari devono essere formati sia nelle conoscenze alimentari, sia nell’approccio col malato depresso. La Presidente dell’AVO Lombardia ha concluso i lavori sottolineando il valore degli interventi dei vari relatori, quanto mai utili per sollecitare una riflessione sul Volontariato AVO. VIDEO RAI Clicca qui e guarda il video RAI “QUANDO LE CULTURE SI PARLANO” Una riflessione di stringente attualità Lo scorso 3 marzo, nell’Aula Magna “Dogliotti” dell’Ospedale “Le Molinette” di Torino, si è svolto il Convegno Quando le culture si par lano: un tema di stringente attualità, come hanno sottolineato tutti i relatori, pronti a offrire validi spunti di riflessione, al di là di facili slogan e superficiali buonismi, nella consapevolezza che le difficoltà del rapporto tra le varie culture vanno affrontate sulla base di una profonda conoscenza reciproca e con un forte impegno etico. Dopo i saluti e i ringraziamenti del Presidente AVO Torino Felice Accornero, del Direttore URP dell’Azienda ospedaliera “Lia Di Marco” e del Direttore del periodico dell’AVO Nuovo NOIinsie me Massimo Silumbra, ha preso la parola il Presidente Federavo Claudio Lodoli, che ha introdotto il tema con un drammatico resoconto storico. Nel 378 d.C., alla estrema periferia orientale dell’impero romano, i Goti, pressati alle spalle dai temibili e violenti Unni, provenienti dalle steppe russe, si trovano a dover attraversare le acque tumultuose del Danubio e affrontare l’ostilità dei Romani, che rifiutano di accoglierli perché li avvertono come un pericolo. Come non pensare ai muri, ai fili spinati e agli atteggiamenti di netta chiusura e intolleranza nei confronti dell’attuale ondata emigratoria, che pare vanificare il processo europeo di pacificazione e collaborazione, seguito al secondo conflitto mondiale? Anche il terrorismo internazionale aggrava il clima di diffidenza e paura che rende quanto mai problematico parlare di dialogo tra le culture: inutile e anzi controproducente ignorare il problema che i Volontari dell’AVO hanno sentito di dover affrontare in questo Convegno, da cui non ci si attendono soluzioni e certezze, ma utili stimoli di riflessione e di azione per tutti coloro che sono animati da buona volontà. La moderatrice Annamaria Fantuzzi ha ribadito la problematicità del tema del Convegno, ricordando i numerosissimi significati del termine cultura e le difficoltà del dialogo, come sincera disponibilità ad ascoltare, capire e rispettare chi è portatore di altri stili di vita, modi di pensare e valori, quando persino nelle nostre città e case risulta a volte difficile la convivenza con il nostro vicino o famigliare. Il Volontariato, in tutte le sue forme, appare una risposta a questa sfida, in quanto si pone come fine ultimo la salvaguardia della vita altrui in uno spirito di solidarietà: il desiderio di sentirci utili non solo a noi stessi ma anche agli altri, di avere cura del fatto che ciascuno esiste. Sulla fonte cristiana della solidarietà si è concentrato l’intervento di don Ermis Segatti, docente di Storia del Cristianesimo presso la Facoltà di Teologia. Motivazioni quale quella di occupare tempo libero o di cercare la propria realizzazione sono addirittura di ostacolo al Vero Volontariato che ci pone invece di fronte ad una domanda fondamentale: cosa è il Bene? È il Bene in quanto tale che ci deve attrarre, senza che niente o nessuno ce lo imponga. Il Bene viene avvertito come una vocazione dal cristiano che si sente chiamato da Dio a realizzarlo. Dio stesso si è manifestato come volonta- 5 rio per eccellenza, facendosi uomo per amore della sua creatura. Nell’ottica di tale amore gli individui apparentemente più deboli, umili, insignificanti divengono i privilegiati: si pensi al discorso delle beatitudini. Il Cristianesimo è capacità di bene come orizzonte fondamentale di vita proprio là dove non sembra possa esserci il bene. Così cercare Dio in modo diverso dal solito, nell’incontro con altre fedi e culture, ci apre un vero orizzonte di bene. L’intervento di Riccardo Saccotelli, membro del Comitato Interfedi di Torino, è stato incentrato sulla ricerca del vero che è stata alla base della sua conversione all’Islam e che ha guidato nella vita tanti uomini non solo di fede, ma anche di cultura e di scienza. Il musulmano è attento a Dio, nella consapevolezza che Dio si occupa di ciascuno prima della sua stessa nascita. La predestinazione è un’idea fondamentale dell’Islam, ma non è in antitesi con la solidarietà, che implica il desiderio di trovare punti di incontro tra gli uomini nell’anelito verso la verità. Così oggi ci dobbiamo sentire tutti impegnati a superare lo stereotipo che identifica il terrorismo con la religione musulmana, rendendoci conto che i musulmani sono soprattutto vittime e come emigrati necessitano di sostegno non solo materiale, ma soprattutto morale, avendo bisogno di essere orientati, di trovare le giuste coordina- 6 te per muoversi nelle società ospitanti, tanto diverse dalle loro. Dopo un intermezzo musicale gestito dall’associazione Arte migrante, che organizza esperienze interculturali e momenti di vita condivisa tra rappresentanti di diverse nazionalità immigrati a Torino, ha preso la parola Claudio Torrero del Centro Studi “Maitri Buddha”, che ha sottolineato la diffusione di pregiudizi ed errori sul buddhismo, identificato come dottrina volta alla ricerca della pace interiore da parte del singolo, quasi una ginnastica dell’anima individuale, una meditazione che può apparire egoistica. Certamente le culture monoteiste e in particolare il Cristianesimo sono incentrate sul concetto e la pratica della solidarietà, il buddhismo invece sulla dottrina del karma, secondo cui le condizioni di vita sono conseguenza delle azioni nelle vite precedenti. Ma in realtà l’illuminazione personale deve essere di aiuto agli altri ed estirpare la radice del male per l’umanità tutta: questa è la compassione per Buddha. Il soggetto, le cose, gli altri, infatti, sono interdipendenti, per cui l’io è indotto a prendersi cura delle cose e degli altri come parte integrante di se stesso. Non meraviglia dunque che anche i buddhisti partecipino attivamente al Volontariato, soprattutto nell’accompagnamento spirituale dei morenti. È infine intervenuto il Presidente dell’Associazione me- dica ebraica, Giorgio Mortara, che ha individuato due problematiche attualmente rilevanti sul piano sociale: differenze economiche e immigrazione. In merito alla prima, sulla base della Torah, Mortara ha evidenziato come alla base della solidarietà per l’ebreo si collochino il diritto e la legge, ovvero norme precise di intervento e controllo capillare della distribuzione delle risorse atte a evitare il rischio povertà all’interno delle comunità ebraiche. Tuttavia, dal 2010, per un complesso di problematiche è stato istituito un Assessorato ai servizi sociali che collabora con Comuni e Regioni per l’assistenza agli indigenti non solo ebrei e sono state promosse iniziative finalizzate sia all’aiuto economico e al sostegno alimentare, in collaborazione con istituzioni e associazioni di volontariato, sia alla formazione di personale sanitario, carcerario e scolastico. Di fronte al dramma della massiccia immigrazione, di cui il Mediterraneo è teatro, Mortara ha ricordato il precetto, citato 36 volte nella Torah, “Non opprimete lo straniero”. Le popolazioni più ricche e sviluppate devono offrire mezzi e tecnologia per aiutare concretamente i più deboli, ma lo devono fare principalmente in un contesto internazio- nale e nei territori di provenienza degli immigrati. L’ultima parte del Convegno è stata dedicata alla presentazione di alcune esperienze concrete di solidarietà interculturale che coinvolgono volontari di diverse culture, a dimostrazione che un dialogo non solo è possibile, ma si rivela fertile di esiti sempre nuovi. Meritano di essere ricordate le seguenti associazioni: UAI Brasil, che si propone di offrire assistenza ed educazione a bambini brasiliani indigenti; Islamic Relief, che unisce volontari di tutte le nazionalità e religioni per aiutare profughi e bisognosi in Italia e all’estero; PratiCare ONLUS, che organizza missioni in Africa. Interessante è anche il progetto “La cura dello spirito” al fine di dare assistenza spirituale ai degenti ospedalizzati non cattolici e atei. Come ha sottolineato la moderatrice Annamaria Fantuzzi, si può affermare che il messaggio fondamentale del Convegno è la necessità di continuare a operare, la volontà di sperimentare collaborazioni tra associazioni rappresentanti di diverse culture per soddisfare i bisogni e le necessità di un’umanità sempre più interdipendente. Sul sito Federavo è disponibile l’intervento integrale del Presidente Claudio Lodoli al Convegno. FO RM A ON I Z E L’AUTUNNO DELLA VITA Per affrontare con saggezza la vecchiaia Arnaldo Pangrazzi Molti Volontari AVO operano accanto agli anziani nei repar ti di ospedale o nelle strutture RSA. Allo stesso tempo, anche per i Volontari il tempo avanza e la sfida consiste nell’affronta re con saggezza e realismo i cre scenti limiti e acciacchi imposti dalla graduale immersione nel l’autunno della vita. Un viaggio che parte da lontano Si inizia a invecchiare il giorno in cui si nasce. Più si vive, più si invecchia. Il futuro, però, non è frutto del destino, ma si costruisce giorno dopo giorno, come i mattoni di una casa, utilizzando i tasselli del mosaico umano e spirituale che siamo. La vecchiaia è l’Everest della vita, ma il viaggio parte da lontano. È la giovinezza il tempo critico per plasmare il proprio futuro; la giovinezza è profezia del proprio domani. Saremo sempre più, in avvenire, ciò che siamo in gioventù. Chi, da giovane, tende ad essere ottimista, intraprendente e di buon umore potrà contare, con il passare degli anni, sul capitale di speranza, creatività e umorismo accumulato nella primavera della vita. Chi da giovane è portato ad essere critico, negativo, scontento, con il passare del tempo diventerà sempre più critico, negativo e amareggiato. L’autunno della vita si prepara nella gioventù coltivando quegli atteggiamenti, smussando quelle spigolature e alimentando quelle risorse che possono favorire un futuro più sereno e costruttivo. Chi non svolge il compito di potatura, semina e fertilizzazione del proprio terreno in primavera, rischia di trovarsi in autunno senza raccolto o di assaporare solo frutti acerbi o corrosi dal tarlo. Il compito di ognuno è di dilatare e portare alla luce le proprie potenzialità cognitive, fisiche, relazionali e spirituali mettendole al servizio degli altri. Nelle parole di Albert Einstein, “Il dovere di ogni uomo è di dare al mondo almeno quanto ha ricevuto”. Donandosi si dà senso al proprio vivere, patire e sperare. Un declino graduale e inarrestabile L’autunno della vita si annuncia gradualmente attraverso i capelli bianchi, le rughe sul volto, la vista imperfetta, l’udito abbassato, i crescenti acciacchi del corpo, le perdite di memoria... E così via, fino alla totale dipendenza e, talvolta, allo stato confusionale. L’avanzare in età comporta un crescendo di perdite e mutilazioni che investono la sfera fisica, mentale, affettiva, sociale e spirituale. Con il trascorrere degli anni c’è un processo di inarrestabile decadimento del corpo, soprattutto dopo gli 80 anni, e spesso anche delle facoltà mentali. I mutamenti imposti dall’avanzare degli anni comportano travaglio e cordoglio, per cui vivere di più non è necessariamente una conquista o una benedizione; spesso è una lunga via crucis intrisa di pene, solitudine e fatica. Il crescendo di perdite include: la perdita della salute, la morte degli amici o coetanei, il venir meno di ruoli sociali o familiari, la perdita dell’autosufficienza o dell’indipendenza, il distacco dalla propria casa, per entrare in una residenza di anziani, la mancanza di affetto o di vicinanza da parte dei propri cari, la perdita della dignità personale, il venir meno delle proprie facoltà, fino alla perdita della voglia di vivere. Dinanzi allo sgretolarsi delle proprie abitudini e certezze, ogni protagonista vive il cordoglio in modi diversi. C’è chi si rassegna e chi si ribella; chi accetta l’inevitabile corso degli eventi e chi resta prigioniero di false aspettative; chi si rende amabile e chi assume atteggiamenti ostili verso quanti cercano di aiutare; chi coltiva l’interiorità e chi regredisce; chi è aperto agli altri e chi è diffidente; chi comunica la propria umanità e chi si chiude nel silenzio e nell’isolamento; chi prega e chi impreca. Diverse variabili influiscono sugli atteggiamenti assunti dinanzi al processo di invecchiamento, tra cui la storia passata dell’anziano, il suo carattere o la sua personalità, la qualità dei rapporti con la famiglia o con l’ambiente circostante e i suoi valori e risorse interiori. Beati coloro che mi amano “Un vecchio non s’improvvisa”, diceva Pino Caruso; “per farne uno, occorrono anni”. Per ognuno l’arte di “saper invecchiare significa trovare un accordo decente tra il tuo volto di vecchio e il tuo cuore di giovane” (Ugo Ojetti). Occorre, innanzitutto, praticare la benevolenza e la bontà verso coloro che vivono i limiti e le fragilità imposte dalla senescenza, ma essere anche pazienti con se stessi quando si attraversa questa tappa dell’esistenza umana; ce lo ricorda da vicino il seguente messaggio di un anziano che invoca aiuto e comprensione: “Se il mio incedere è incerto e le mie mani inabili: sorreggetemi. PRESENZA NELLA SOFFERENZA Se le mie orecchie sono deboli e devono fare sforzo per udire la vostra voce: compatitemi. Se la mia vista è imperfetta e il mio intendimento è più scarso: aiutatemi. Se le mie mani tremano e rovescio il vino sulla tavola: fate finta di non vedere. Se mi incontrate sulla strada: fermatevi a chiacchierare con me. Se mi vedete solo e triste: sorridetemi. Se per la terza volta in un giorno vi racconto la stessa storia: abbiate pazienza. Se mi comporto da bambino: circondatemi d’affetto. Se non penso mai alla morte: aiutatemi a prepararmi al trapasso. Se sono infermo e ingombrante: assistetemi. Benedetti coloro che mi amano e non mi fanno piangere”. (Arnaldo Pangrazzi, Presenza nella sofferenza, Ed. Camilliane, Torino 1987, p. 73) 7 VOL ON es T o O AT I ARetà ci SULLA STRADA DI UN VERO VOLONTARIATO Il DDL di Riforma del Terzo Settore all’approvazione della Camera Giuseppe Manzone Lo scorso 30 marzo il Senato ha approvato un DDL per la riforma del Terzo Settore, e l’ha trasmesso alla Camera dei Deputati per il definitivo via libera che si auspica arrivi entro i prossimi mesi. Dalla lettura del DDL emerge lo sforzo del legislatore di fare una sintesi delle norme accumulatesi nei decenni, con riferimento a questa o quella tipologia di organizzazione, per formulare un solo Codice del Terzo Settore da far confluire in un “Testo Unico”. Ciò significa che avremo una sola norma di riferimento per tutte le organizzazioni: associazioni di Volontariato, cooperative, fondazioni e, il lato più innovativo o controverso – secondo le varie interpretazioni – anche le imprese sociali. Di fatto, proprio su quest’ultime si sono confrontate parecchie voci pro e contro: tra chi sosteneva che di per sé impresa (cioè che maneggia denaro) e sociale (cioè che non dovrebbe avere scopo di lucro) non potevano convivere, né condividere molti aspetti propri del nonprofit. È il punto che anche alcuni settori del Volontariato fanno fatica a digerire perché guardano con sospetto qualsiasi azione di impresa quando si parla, come recita la norma, di riferimento statutario per ogni tipo- 8 logia di organizzazione ai principi di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Naturalmente non è l’unico punto sul quale il Volontariato è critico; per esempio già l’inizio del DDL, che recita testualmente “Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono anche (non “solo”) in forma associata a perseguire il bene comune...”, fa storcere il naso ai “puristi” che vedono nel Volontario, singolo e non organizzato, un servizio non stabile, non continuativo, non suscettibile di formazione e soggetto all’umore del momento di chi, pur animato da nobili propositi, si scontra con i problemi di salute, tempo libero, rapporti con le strutture pubbliche ecc. Però, a mio parere, dobbiamo cogliere l’aspirazione del legislatore a poter finalmente razionalizzare le varie materie che – onestamente – erano diventate una giungla di leggi, inte- VITA ASSOCIATIVA: ELEZIONI 2016 Durante la VIII Conferenza si voterà per il nuovo consiglio direttivo della Federavo. Altro organismo federale è il Consiglio delle Regioni, costituito dai Presidenti delle AVO Regionali. In alcune AVO REGIONALI si sono rinnovati i Consigli e delle altre Associazioni federate. Ecco le Novità: PRESIDENTI AVO REGIONALI NEO-ELETTI Felice Accornero (Piemonte), Cristina Machado (Toscana), Lucia Fantasia (Puglia) PRESIDENTI AVO REGIONALI RICONFERMATI tramite elezioni Bruna Meloni (Lombardia), Katia Manea (Triveneto), Silvia Paglia (EmiliaRomagna), Carla Messano (Lazio) Mariafranca Muscas (Sardegna). GLI ALTRI PRESIDENTI REGIONALI IN CARICA Sicilia (Presidente Lucia Di Martino), Calabria (Presidente Danilo Ferigo), Basilicata (Presidente Natalina Lucia), Campania (Presidente Rita Albano), Liguria (Presidente Giorgio Colombo). ressi, confusione soprattutto per quanto riguardava i ruoli reciproci e gli ambiti d’intervento. Per dirla con il senatore Lepri, relatore del disegno di legge, si sta cercando di scrivere norme comuni per la parte che interessa tutti, come accade in una mano che ha tante dita ognuna con le proprie dinamiche, aspettative e mission, e a cui saranno dedicati provvedimenti specifici. E proprio a Volontariato, protezione civile, promozione sociale e di mutuo soccorso è dedicato l’art. 5 che dice cose che – qualora effettivamente attuate – suonerebbero una musica gradita ai nostri orecchi: “armonizzare le diverse discipline vigenti in materia di Volontariato e di promozione sociale, valorizzando i principi di gratuità, democraticità e partecipazione e riconoscendo e favorendo, all’interno del Terzo Settore, la specificità, le tutele dello status di volontario e la specificità delle organizzazioni di Volontariato ai sensi della 266...” Tralasciando tante parti e concentrandoci solo sul Volontariato, la Legge Delega prevede parecchie novità che ci toccano da vicino e che possono essere così sintetizzate: • Vengono aboliti gli Osservatori nazionali per il Volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale e viene istituito il “Consiglio nazionale del Terzo Settore la cui composizione valorizzi il ruolo delle reti associative di secondo livello”; • Previsione di requisiti uniformi per i registri regionali all’interno del Re gistro unico Nazionale; ciò significa che sul piano procedurale, per accedere agli strumenti previsti dalla legge, tutte le organizzazioni del Terzo Settore dovranno chiedere l’iscrizione ai nuovi registri nazionale e regionale, previa l’acquisizione della personalità giuridica per chi ancora non l’avesse (la stragrande maggioranza delle associazioni di Volontariato); • “Revisione del sistema dei centri di servizio per il Volontariato [...] Prevedendo che alla loro costituzione e gestione possano concorrere gli enti del Terzo settore...” che, ovviamente, possono anche accedere ai servizi erogati. E qui si apre un altro fronte di contenzioso perché se si deve far fronte alle nuove richieste con i soli fondi di cui all’art. 15 della L. 266, già pesantemente falcidiati negli ultimi anni dal perdurare della crisi economica, per dirla con un detto popolare, “non c’è trippa per i gatti”; • Revisione dei Comitati di Gestione sia regionali sia sovra-regionali e che alla loro costituzione si provveda con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; il quale ministero svolge anche funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico sugli enti del Terzo settore, in collaborazione, per quanto di competenza, con i Ministeri interessati; • L’art. 8 prevede l’istituzione di un servizio civile universale con riordino della Consulta nazionale per il Servizio Civile: • Viene istituita la Fondazione “Italia Sociale” con lo scopo di sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie (in particolare provenienti da soggetti privati) e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi rivolti in particolare ai territori e ai soggetti più svantaggiati; • Naturalmente non mancano le misure fiscali e di sostegno economico; queste ultime, da quanto si evince dalla lettura del testo approvato in Senato, saranno destinate alle imprese sociali (200 milioni di fondo rotativo da un decreto del luglio scorso che si aggiungono ai circa 150 milioni del fondo ordinario) e alla Fondazione “Italia Sociale” (17,3 milioni per il 2016 e 20 milioni dal 2017 in poi), e niente al Volontariato che anzi dovrà spartire, con altre organizzazioni di Terzo Settore, le risorse della Legge 266, mentre rimane confermato il fondo del 5x1000. Questo il quadro sintetico, da cui si evincono almeno tre criticità: 1. Considerare Volontariato anche l’attività pietistica svolta dalle persone singole, certamente importante e da difendere e diffondere, ma, ad evitare confusioni, da non confondere con le associazioni organizzate, che oltre a motivazione, gratuità e preparazione permanente garantiscono anche la continuità del servizio; 2. La polverizzazione dei già scarsi finanziamenti di cui alla L. 266; il Volontariato già svolge una attivi- tà assolutamente gratuita, non può essere costretto a mettere risorse proprie per il funzionamento dell’organizzazione cui appartiene che, per sopravvivere, deve far fronte alle utenze, carburante, spese per assicurazioni, formazione, ecc. Non per nulla, in coincidenza col calo delle risorse di provenienza dalle Fondazioni bancarie di cui all’art. 15 della L. 266, si è assistito dal 2008 ad una drastica riduzione della nascita di nuove organizzazioni di Volontariato, che prosegue tuttora e che il presente DDL non contribuirà a mitigare (OdV costituite –2% rispetto l’anno precedente nel 20092010; –7% nel 2011; –5% nel 2012; –8% nel 2013; –15% nel 2014-15 (dati censimento CSVnet); 3. L’invadenza dello Stato, che tramite i vari Ministeri viene chiamato a vigilare, regolamentare, controllare ecc., sicuramente non favorirà la dichiarata volontà di semplificazione; anzi aumenterà la burocratizzazione del sistema con vincoli, lacci e lacciuoli vari. Faccio solo un esempio: nel Comitato di Gestione dei fondi per il Volontariato (CO. GE.) del Piemonte, del quale sono Vice Presidente pro tempore, uno dei 15 Consiglieri deve essere nominato dal Ministero del Lavoro e politiche sociali; siamo quasi alla scadenza del mandato ma restiamo ancora in attesa della nomina (che peraltro non avviene da parecchi anni). C’è da augurarsi che i confini tracciati da questa Legge Delega, che fissa i principi generali, possano poi tradursi in decreti attuativi che correggano, almeno in parte, quelle norme del DDL che a molti volontari paiono – al di là delle buone intenzioni e delle belle parole, pur presenti – un disincentivo ai sacrifici, ai mal di pancia e alla buona volontà che finora ci hanno spronato sulla strada di un Volontariato vero; cioè pulito, trasparente, gratuito, solidale... In definitiva, per tornare alla metafora della mano, ci pare di esserne il dito mignolo. 9 TIM O E L’AMICO RITROVATO T ES NZ A NI Ho ancora nitida in mente l’ultima frase pronunciata da un amico della mia gioventù scolastica, risalente ormai a circa mezzo secolo fa, incontrato nuovamente, in maniera del tutto casuale, nel 2010; proprio nei momenti più difficili della sua vita, conclusa in santa pace all’Hospice dell’Ospedale di Circolo di Varese. Con Lorenzo (questo il nome del mio amico ritrovato) abbiamo ripercorso i bei tempi di un periodo a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60; anche se non eravamo della stessa classe i ricordi erano comunque affini, allora Internet e cellulari non facevano neppur parte della nostra fantasia ma ugualmente tra noi, pur con così pochi mezzi a disposizione, si era venuto a creare un senso di appartenenza che neppure molti decenni di lontananza sono riusciti a scalfire. “Caro Enzo” – mi disse, appunto qualche giorno prima di lasciare questa valle di lacrime – “io qui sto bene e magari, se mi trasferivano prima...” Era infatti subentrata in lui una timida speranza di superare anche quest’ennesima dura prova, in quanto il dolore che da tempo lo affliggeva era stato forzatamente messo a tacere, e quel nemico maligno, che come un vulcano dormiente si era inaspettatamente risvegliato (con tutte le conseguenze che possiamo facilmente immaginare), negli ultimi 15 giorni – tanto è durata la sua ultima esperienza terrena in questo conclusivo e “privilegiato” luogo – sembrava essere stato domato. Avevo già avuto modo di conoscere in altra circostanza questo Reparto molto speciale, ultima tappa di un “Tour” zeppo di faticose salite, per re- 10 care l’ultimo saluto ad un collega di lavoro; ma ritornarci, sapendo che tra quelle mura il tempo è tiranno, resta pur sempre un’esperienza che ti segue costantemente come se fosse la tua ombra. E tra le varie cure palliative – che gli infermieri con grande umanità (una dote non alla portata di tutti) hanno somministrato in modo professionale al degente – si può certamente annoverare anche la costante e discreta presenza in camera di parenti o amici che nei momenti di difficoltà non si girano dall’altra parte, ma rispondono “presente” come qualsiasi buon Volontario dovrebbe fare. Caro amico che prematuramente ci hai lasciato, dedico a te queste mie riflessioni che mi auguro da lassù tu possa condividere. Io sapevo, mentre varcavo quella porta con tutta la cautela del caso, che a breve dopo i “titoli di coda” sarebbe apparsa la parola fine su una vicenda la cui trama era stata scritta già da tempo, e se il terribile male ha poi avuto il sopravvento, tu mi hai dignitosamente dimostrato come si può rendere la vita difficile anche a quel famelico mostro che è il tumore. Questa nuova e triste esperienza ha rafforzato in me la convinzione che la nostra società, pur con tutte le sue brutture sempre all’ordine del giorno, è ancora capace di offrire ai malati terminali un’oa si protetta dove ciascuno di noi, nessuno escluso, un giorno o l’altro può incamminarsi UNA VOCE SPECIALE “Parla” un osservatore privilegiato del servizio AVO Ciao! Di nuovo qui? Ci conosciamo da tanto tempo, ormai, ma ogni volta ti rivedo con gioia immensa. Ti stai chiedendo chi è che parla? Sono io, la sedia a rotelle! Sono qui ad aspettare il mio prossimo “inquilino”. Ma tu... Tu sei una Volontaria, ti riconosco dal sorriso! È un sorriso che viene dal cuore, lo so riconoscere, io che qui dentro ho incontrato di tutto: sofferenza e dolore, solitudine ma anche gioia... La gioia di uno sguardo che si illumina quando giunge una carezza, una parola, un gesto dettato dal cuore. La gioia di chi, anche per un attimo, non si sente più solo... Gran brutta cosa, la solitudine! Io che non posso fare nulla, se non stare a guardare e soffrire in silenzio, ma so che tu sei qui proprio per scacciare questa “ospite sgradita”. Il mio compito è quello di accogliere corpi feriti dalla malattia e stare ad ascoltare storie di vita, racconti di bimbi e di mamme, vecchie filastrocche e ritornelli, parole che a volte si esprimono da sole, parole sussurrate, parole taciute dalle labbra ma trasmesse dagli sguardi e poi tanti silenzi... Mi piace quando ti siedi accanto a me e tieni la mano del malato, a volte proprio in silenzio, perché hai capito che non sempre è necessario parlare, che esiste anche la parola del gesto, che è linguaggio d’amore. Sì, tu vieni qui per portare amore, lasciando fuori da serenamente per quella strada senza ritorno. Ciao Lorenzo, riposa in pace! Enzo Bernasconi (AVO Varese) quella porta i tuoi inevitabili problemi, pensieri, crucci. Tu vieni qui perché sai che la vita è vissuta se aperta al dono, alla condivisione. Abbi però sempre ben chiaro in mente che, per poter amare, devi consentire agli altri di fare qualcosa per te: accostati a questa realtà con la convinzione di ricevere, sempre e comunque, anche quando non è facile percepirlo. Lasciatelo dire da me, che ormai sono anni che vivo qui (ma mi pare di avere sentito dire che di reciprocità del dono parla spesso anche il vostro Fondatore, il professor Longhini). E ascolta questo mio ultimo consiglio: coltiva sempre la capacità di sognare, credendo in ciò che fai, sapendo che non è che una piccola goccia nell’oceano; ma se questa goccia non ci fosse, al grande oceano mancherebbe di certo qualcosa! Mariella Bernio AVO Brugherio ER ESP E Z N IE ESPERIENZE A CONFRONTO Il servizio psichiatrico nei gruppi appartamento Giusi Zarbà Si è svolto alla presenza di molti Volontari di Torino e dell’AVO EVI un interessante incontro/confronto sul tema dei “Gruppi appartamento” (GA) condotto da Nadia Gandolfo, responsabile Formazione e da Stefania Garini, coordinatrice del “Programma in rete contro il disagio psichico” AVO Torino – DIAPSI Piemonte; presenti anche Giorgina Orgiu, Presidente di AVO Cagliari e Giusi Zarbà di AVO Varese. I GA sono una realtà di importante valore riabilitativo e terapeutico per molte persone affette da patologie psichiatriche. Un GA è fondamentalmente una casa i cui abitanti, sia pure sotto un attento controllo degli operatori, riesco- no a realizzare una crescita personale e un’assunzione di responsabilità nei confronti della propria vita. In tali contesti la figura del Volontario contribuisce a facilitare la collaborazione, il rispetto reciproco, il rispetto delle regole nonché la percezione dell’altro come una risorsa che aiuta a combattere l’isolamento e la solitudine. A Torino si trovano attualmente quattro GA e i Volontari che vi fanno servizio, avviati dopo esperienza nei reparti psichiatrici, si sottopongono a periodica supervisione che deve consentire non solo la verifica della bontà del servizio svolto ma anche la messa in condivisione da parte dei Volontari dei propri stati d’a- nimo e delle proprie difficoltà. I partecipanti all’incontro hanno condiviso le loro esperienze; alcuni hanno affermato di avere un rapporto assolutamente lineare e piacevole con gli ospiti degli appartamenti, altri al contrario hanno detto di avvertire un senso di inutilità non riuscendo facilmente a creare alcun rapporto interpersonale. L’AVO EVI ha illustrato il corso di formazione attuato sul tema, impegnativo e molto articolato, con un periodo di tirocinio piuttosto lungo. Importante è risultata la distribuzione, all’inizio e poi alla fine del corso, di un questionario sull’approccio al malato psichico nonché gli incontri tra volontari e personale. La Presidente della DIAPSI, Graziella Gozzellino, ha illustrato il proprio ruolo in rappresentanza del malato, che prevede un controllo anche per quanto attiene la parte amministrativa e i rapporti con le strutture di competenza (ASL/Aziende Ospedaliere). A conclusione dell’interessante pomeriggio, che ha dato spunti di riflessione a tutti, una gustosa cena preparata dai Volontari e un momento di riflessione tenuto dal dott. Giuseppe Tibaldi, psichiatra del Centro Studi e Ricerche in Psichiatria dell’ASL di Torino che, in contrapposizione al pregiudizio sull’inguaribilità, lascia sperare che “di schizofrenia si possa guarire”. In ricordo di Loredana L’ultimo saluto a Giancarla Capelli sbarazzini, occhi dalle lunghe ciglia e una bocca aperta al sorriso: ecco il ritratto di Loredana! Ritratto che si concretava nel suo carattere: solare, aperto, disponibile con parole “leggere” e positive. Ecco “come e perché” quando è venuta ad abitare a Pianico ha conquistato molte persone! Loredana Zardoni era una presenza sempre attiva e disponibile per tutti coloro che avevano bisogno di lei, impegnata nel Volontariato (AVO, Auser, Telefonia sociale) e nella partecipazione ai corsi di formazione.Credo che chiunque abbia avuto l’occasione di incontrarla o conoscerla non possa dimenticarla. E tutti la ringraziamo per la lezione che ci ha dato prima e durante la malattia, smussando le difficoltà e pensando positivo!Un abbraccio di condoglianze ai familiari da tutti i Volontari AVO e da quanti l’hanno incontrata sul loro cammino. Grazie, Loredana! AVO Lovere Il 6 aprile 2016 la nostra Volontaria Giancarla Plebani, socia fondatrice e vera colonna portante di AVO Magenta, è tornata alla Casa del Padre. Profonda è la nostra riconoscenza per il dono della sua presenza appassionata e del suo impegno costante nell’Associazione. Giancarla amava definire l’AVO come l’“associazione delle tre D” (discrezione, disponibilità, dedizione), tre D che rispecchiano pienamente la sua vita, veramente donata alla sua famiglia, ai sofferenti, a tutti noi. Maestra di serenità e di coraggio durante la malattia, Giancarla sino alla fine ci ha testimoniato la sua fede limpida e sicura. Continueremo a sentirla viva e presente, con la sua dolcezza e il suo indimenticabile sorriso. Chiara Magnaghi Presidente AVO Magenta 11 N dal OT le IE Z I VO A L‘AVO DI GALATINA INCONTRA SLOW MEDICINE SUL TEMA DELLA DEMENZA Maria Negro Nelle loro attività formative, lo scorso anno i Volontari AVO di Galatina (LE) hanno chiesto che venisse trattato il tema della demenza come gruppo di malattie (malattia di Alzheimer, demenza vascolare, demenza connessa all’abuso di alcool, per ricordarne solo alcune) inquietanti e impegnative per chi si dedica all’assistenza. Un ammalato con demenza perde la capacità di esprimere i propri bisogni, non ricorda le informazioni, non riconosce luoghi e persone e, se aumenta la necessità di supervisione ed aiuto, può non essere agevole mettere questi in atto, perché l’ammalato si oppone. La fase avanzata di malattia vede l’accentuarsi di disturbi di varia natura, compresa la difficoltà ad alimentarsi ed idratarsi. La vicinanza agli ammalati e alle loro famiglie ha consentito ai Volontari AVO di guardare a questo tipo di malattie con la consapevolezza del disagio che comportano, delle scelte difficili che possono comportare e del senso di impotenza che può prevalere. È stato quindi organizzato un seminario, tenutosi il 4 dicembre 2015 nella sala conferenze dell’Ospedale Santa Caterina Novella in Galatina, dal tema: “Affiancare le persone con demenza. Malattia di Alzheimer, demenza vascolare, demenza etilica... Conoscere il contesto, aiutare con efficacia.” L’angolazione sotto la quale è stato trattato il tema dalla dr.ssa Mariolina Congedo, neurologo ASS 4 Friuli Centrale Udine, è stata quella della nutrizione e dei disturbi comportamentali attraverso alcune delle raccomandazioni proposte nell’ambito del progetto di Slow Medicine “Fare di più non significa fare meglio”. Slow Medicine (www.slowmedicine.it) è un’associazione 12 nata nella convinzione dei suoi fondatori che “cure appropriate e di buona qualità e un’adeguata comunicazione fra le persone riducano i costi dell’organizzazione sanitaria, riducano gli sprechi, promuovano l’appropriatezza d’uso delle risorse disponibili, la sostenibilità e l’equità dei sistemi sanitari, migliorino la qualità della vita dei cittadini nei diversi momenti della loro vita”. Per costruire una medicina sobria, rispettosa e giusta l’Associazione si è sviluppata come rete che coinvolge professionisti, cittadini, volontari, pazienti, amministrazioni pubbliche per favorire un cambiamento culturale. Il progetto nazionale “Fare di più non significa fare meglio”, che si è sviluppato all’interno dell’associazione, propone liste di procedure o trattamenti in uso da evitare perché inutili o addirittura dannosi, ovvero inappropriati. Le ventotto liste finora pubblicate sono stilate da ventisei società scientifiche aderenti. Le raccomandazioni contenute nelle liste sono oggetto di seminari, comunicazioni a congressi e tavole rotonde. Il seminario a Galatina è stato il primo incontro ufficiale di Slow Medicine con AVO e più in generale con una specifica Associazione di volontariato. I Volontari AVO rappresentano una risorsa per favorire una medicina rispettosa delle esigenze basilari di ogni persona, specie se in condizione di necessità. L’atteggiamento “slow” ovvero riflessivo e non soggetto all’ottica distorta che privilegia la quantità delle prestazioni rispetto alla qualità, fa parte del patrimonio culturale di chi si dedica a questo tipo di volontariato e offre un tipo di relazione d’aiuto disinteressato e aperto a chiunque, utilizzando il proprio tempo e arricchendo LA CULTURA DEL DONARSI Importante anniversario per l’AVO San Donato Milanese Lo scorso 28 novembre, presso l’Aula Magna del Policlinico San Donato, l’AVO di San Donato Milanese ha festeggiato il trentennale della sua fondazione: un’esperienza emozionante che ha visto la partecipazione di numerosi Volontari, di alcuni fondatori dell’Associazione, di Volontari che hanno ricevuto il riconoscimento per il loro impegno di 10 e 20 anni di attività di servizio e di tirocinanti diventati effettivi, senza dimenticare le sei volontarie Carla, Grazia, Immacolata, Luisa, Maria Lui sa e Rosetta, che hanno seguito il primo corso base nel 1986 e tutt’oggi svolgono sempre con dedizione il loro servizio in Ospedale. Don Claudio Maggioni, Cappellano presso il Policlinico San Donato dal 1997 al 2013, ha officiato la S. messa in ringraziamento. I relatori hanno espresso parole veramente sentite e di grande apprezzamento nei confronti del Volontariato AVO. Il Sindaco Andrea Checchi ha sottolineato, oltre all’abituale servizio in ospedale, l’impegno profuso dall’Associazione per trasferire conoscenze e informazioni sulla salute e sul benessere attraverso la collaborazione con i medici del Policlinico e le attività realizzate per diffondere la cultura del donarsi all’altro. le proprie conoscenze per essere più adeguato ai bisogni. Numerosa e molto interessata al tema del seminario è stata la partecipazione delle AVO salentine nonché di alcuni cittadini galatinesi, che hanno accolto l’invito degli organizzatori. Inoltre il dialogo aperto e sincero con la dr.ssa Congedo ha evidenziato l’ammirevole sensibilità e disponibilità verso i malati di demenza dei Volontari che hanno condiviso la loro esperienza, faticosa ma formativa, nell’affrontare questa condizione in cui si erano venuti a trovare loro familiari o pazienti incontrati in ospedale. Molto apprezzabile è stata la partecipazione del dr. Paolo Tundo, direttore medico U.O. Malattie infettive del P.O. di Galatina, nonché socio fondatore dell’AVO, e del dr. Fernando De Paolis, neurologo del Distretto socio-sanitario di Galatina. Il Dr. Mecenero, Amministratore Delegato del Policlinico San Donato, ha evidenziato l’efficienza, la discrezione e la professionalità dei volontari. La Dr.ssa Cuppone, Direttore Sanitario del Policlinico San Donato, ha avuto parole di grande entusiasmo nei confronti dei Volontari e ha dichiarato di sentirsi parte della famiglia AVO perché ne ha vissuto la crescita e perché considera i Volontari parte integrante del personale. Claudio Lodoli, Presidente Federavo, ha ribadito che questi momenti consolidano la motivazione e l’impegno nonostante le difficoltà e che nell’attuale società votata ad un consumismo sfrenato, all’interno dell’AVO studenti e professionisti, pensionati e casalinghe diventano “fragili teste di ariete” che scuotono il portone dell’indifferenza oltre il quale si agita una umanità confusa e illusa dai falsi bisogni. La presenza del Dr. Marco Rotelli ha rappresentato un’ulteriore conferma dell’ottimo rapporto costruito nel tempo con la proprietà del Gruppo San Donato. Per assicurare uno sguardo ai 30 anni trascorsi e agli anni futuri, AVO ha realizzato e distribuito la pubblicazione 30 anni con AVO, curata dalle Volontarie Giovanna Pisanelli e Laura Bellinato, nella quale si intrecciano le testimonianze di Volontari, di collaboratori e amici per declinare il tema centrale dello scritto, la presenza. A conclusione della mattinata, si è tenuto il concerto gospel del Coro “Una Voce”, cui è seguito un rinfresco offerto dal Policlinico San Donato. Laura Bellinato CSSAC E AVO... NON È UNO SCIOGLILINGUA Sono ormai molti anni che il Consorzio Servizi Socio-Assistenziali del Chierese (C.S.S.A.C.) collabora con l’AVO, raggiungendo ottimi risultati. Da circa dieci anni però il Servizio Sociale di Santena ha avuto il piacere di interagire con una dimensione più territoriale dell’Associazione, ovvero con l’AVO di Santena, che vanta tra i suoi Volontari alcuni cittadini del territorio santenese, chiamati ad offrire ad altri concittadini bisognosi attenzioni e vicinanza solidale e che divengono “osservatori partecipanti” delle problematiche emergenti del territorio. Grazie a questi Volontari si è riscoperta una cultura diversa che supera quella dell’esclusione e del rifiuto per approdare a quella dell’accettazione, della condivisione e dello scambio, dato che i Volontari offrono un aiuto, ma ricevono altresì affetto e riconoscenza dalle persone cui stanno accanto. Sono molte le attività che i Volontari AVO svolgono non senza fatica, ma con instancabile volontà: nel tempo siamo riusciti ad instaurare un rapporto di fiducia e di proficua collaborazione nell’ambito del volontariato presso il domicilio di persone anziane e sole, per le quali attualmente il Servizio pubblico non può offrire un intervento di pura compagnia. Si tratta di una carta vincente: abbiamo attualmente 5 interventi all’attivo che garantiscono un momento di sollievo, a tratti di gioia, agli anziani che vivono presso il loro domicilio ma che spesso, per impegni legittimi dei propri figli o altri parenti, rimangono per gran parte della giornata da soli. Una signora ha descritto l’intervento come “una ventata di freschezza e spensieratezza che spezza la monotonia della settimana”: poche parole che dicono molto di più di qualsiasi discorso. Ma le attività dell’AVO per il territorio non finiscono qui: da circa sei mesi abbiamo anche avviato, grazie al lavoro congiunto di progettazione e attuazione tra il C.S.S.A.C. e l’Associazione, l’inserimento nelle attività in essere presso la casa di riposo “Avv. Forchino” di Santena di una signora disabile, che si è così sentita parte di una realtà più ampia, venendo coinvolta in mansioni che potessero tornare utili per gli anziani della struttura. Per rendere possibile tutto ciò è stato necessario predisporre anche il trasporto da casa alla struttura e ritorno; malgrado le Istituzioni non potessero garantire un accompagnamento così costante, l’Associazione è riuscita a far fronte alla necessità. L’intervento è quindi partito e sta producendo un doppio risultato sia nella nuova Volontaria, che ha trovato un ruolo e una finalità in più, sia nelle persone ospiti della struttura che hanno trovato un nuovo viso amico. Tutto ciò potrebbe però rientrare in normali canoni di volontariato, se non fosse che le associate e la loro Presidentessa, Leda Martorano, hanno ravvisato la necessità di avviare collaborazioni con altre Associazioni con l’obiettivo di raggiungere traguardi importanti anche sui fronti della povertà e della disabilità. Si è quindi definito un progetto in collaborazione con la Caritas, con l’Amministrazione pubblica e con il C.S.S.A.C. per la gestione di fondi provinciali con lo scopo di provvedere all’acquisto di beni essenziali per famiglie con forte disagio economico. Molte sono state le ore trascorse a comprare più cose possibili a prezzi economici, ad assemblare i pacchi a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare: insomma un lavoro puntuale e generoso che ha permesso ad esempio a bimbi di nuclei disagiati di vantare il primo giorno di scuola un corredo scolastico completo a dispetto di quello che altrimenti sarebbe stato. Ultima in ordine di tempo è la collaborazione, ancora da definirsi nei dettagli, con l’Associazione “Vivere” di Santena: data la disponibilità da parte di entrambe le Associazioni, si tratta ora di avviare un’intesa anche con le Istituzioni, al fine di garantire una partecipazione strutturata e organizzata nel tempo. Quest’estate è già stata realizzata un’uscita congiunta tra gli anziani ospiti della struttura e i ragazzi diversamente abili afferenti all’Associazione e la sinergia che ne è scaturita ha indotto a riflettere sull’opportunità di avviare una collaborazione continuativa costruita su attività mirate. Il nostro Servizio mette a disposizione il ruolo che ricopre e la professionalità che possiede per incentivare questo cammino e per potenziare una rete di aiuto e sostegno per tutte le fasce più fragili e bisognose della società moderna; e a nostra volta chiediamo aiuto alle Volontarie AVO per l’attuazione di un’ipotesi progettuale finalizzata a sostenere le donne straniere in Italia, spesso isolate per difficoltà con la lingua italiana, per chiusura culturale e mancanza di riferimenti parentali e amicali. Anche questo è un altro capitolo da scrivere, ma forti di una conoscenza ormai decennale, di una profonda fiducia reciproca e di stima vicendevole, si riuscirà a concretizzare anche questo pensiero. È quindi evidente che talvolta anche piccole realtà possono creare grandi cambiamenti ed avere un effetto domino generando maggior spirito solidaristico e collaborazioni proficue e durature. L’AVO di Santena ne è un esempio. Ci vuole dunque un cambio di pensiero e di cultura poiché il welfare tradizionale da solo non può superare la complessità sociale dettata dal periodo economico e storico che stiamo attraversando, ha bisogno di altri e nuovi partner, disposti alla flessibilità e alla disponibilità anche in campi che non sono prettamente i loro. Un grazie sincero quindi alle volontarie dell’AVO di Santena per l’impegno profuso costantemente, scrupolosamente e con entusiasmo nella speranza che sia solo l’inizio di un lungo cammino. Le assistenti sociali di Santena 13 L’ARTE DI CONSOLARE Il messaggio dei festeggiamenti per i 30 anni di AVO Melfi Il 12 dicembre scorso, nello splendido Salone degli stemmi del Palazzo Vescovile, l’AVO di Melfi ha festeggiato i suoi primi trent’anni di vita. Oltre a S. Ecc. il Vescovo Mons. Gianfranco Todisco, hanno partecipato i rappresentanti delle varie autorità civili e sanitarie della città, delle Associazioni presenti sul territorio, le Presidenti e i Volontari delle altre AVO della Basilicata (Lagonegro, Potenza, Rionero e Venosa), le rappresentanze degli insegnanti e degli studenti di alcune scuole di istruzione superiore. La Presidente, dopo aver rin- graziato gli intervenuti e tutti i Volontari che hanno lavorato in questi trent’anni, ha espresso soddisfazione e gratitudine nei confronti dei tanti che, essendo stati coinvolti nella realizzazione della manifestazione, hanno generosamente offerto la loro opera, divenendo “Volontari per un giorno”, favorendo essi stessi la diffusione della cultura del volontariato fra artisti, studenti, simpatizzanti, ecc. Don Vincenzo D’Amato ha ricordato com’è nata l’AVO a Melfi, le difficoltà iniziali, le emozioni e i valori cui i fondatori si sono ispirati, insieme a Padre Rosario Messina, che ne è stato anche artefice a suo tempo e che ha parlato poi dell’arte dei Volontari di “consolare e confortare”, riuscendo a coinvolgere emotivamente tutti i presenti e a lasciare in ognuno di loro un messaggio di amore verso chi soffre. Dopo un simpatico stacco musicale, il Presidente della Federavo Claudio Lodoli ha affrontato l’attualissimo problema dell’“AVO e le nuove istanze del territorio”, sottolineando, in particolare, l’importanza della formazione dei Volontari che non può più essere generica, come agli inizi, ma deve essere specifica, appropriata e diversa, a seconda della struttura in cui il Volontario presta servizio. Ai Volontari in servizio da 30, 20 e 10 anni è stata consegnata, in segno di gratitudine, la pergamena con il distintivo. Sulle scalinate d’ingresso al Salone è stata allestita la mostra “La bellezza del dono” in cui sono state esposte tutte le opere che molti artisti e fotografi della zona, compresi nove alunni del Liceo Artistico di Melfi, hanno donato allo scopo di adornare le corsie dell’ospedale e della Casa di Riposo in cui l’AVO presta servizio. Infine, a ricordo del trentennale, è stata curata una raccolta di foto e testimonianze pubblicata nel volume “Un sorriso per chi soffre” che è stato donato a tutti i Volontari e agli ospiti. Maria Saletta Fornuto Presidente AVO Melfi DIAMOCI LA MANO PER DARE UNA MANO L’AVO Correggio consegna il dispositivo Gloreha Professional 2 all’Ospedale “San Sebastiano” Sabato 9 aprile, presso l’Ospedale “San Sebastiano” di Correggio, si è tenuta la presentazione di Gloreha Professional 2, uno strumento a sostegno della riabilitazione dei pazienti con deficit alla mano, donato da AVO Correggio all’Azienda USL di Reggio Emilia, grazie al lascito testamentario di Valter Incerti Vecchi. All’inaugurazione del macchinario hanno presenziato vari rappresentanti 14 dell’Associazione, dell’Azienda USL di Reggio Emilia e dell’amministrazione comunale. In particolare sono intervenuti il sindaco di Correggio Ilenia Malavasi, il presidente Federavo Claudio Lodoli, la presidente AVO EmiliaRomagna Silvia Paglia, la presidente AVO Correggio Renza Vezzani, oltre al direttore sanitario dell’Azienda USL di Reggio Emilia Cristina Marchesi e al direttore del reparto di Riabilitazione Neurologica Intensiva Francesco Lombardi. Quest’ultimo ha illustrato alla cittadinanza e ai Volontari AVO presenti le potenzialità dello strumento. Questo dispositivo innovativo consente di supportare i fisioterapisti nella riabilitazione della mano paretica. Si tratta di un guanto comodo e leggero, collegato a tiranti mossi da un motore in grado di mobilizzare le articolazioni delle dita mentre il paziente può seguire l’esercizio in corso tramite l’animazione in 3D visibile su uno schermo. Ai movimenti della mano sono associati stimoli visivi e sonori che trasformano un mero esercizio passivo in un esercizio cognitivo e di coerenza motorio-percettiva, quindi orientato ad un recupero neuro-cognitivo. Lo strumento consente terapie varie e prolungate, mobilizza le articolazioni delle dita, aiuta il paziente a svolgere esercizi funzio- nali lasciando il braccio e il palmo della mano completamente liberi e permette l’interazione con oggetti reali. Durante l’inaugurazione han no particolarmente col pito le testimonianze di Maurizio Rizzolo, amico del benefattore Valter Incerti Vecchi, e di Massimo Grassi, che durante il suo periodo di degenza in ospedale ha potuto sperimentare direttamente le potenzialità della strumentazione fino ad ora in comodato d’uso all’ospedale, conseguendo ottimi risultati. AVO Correggio ha voluto manifestare con questa donazione l’implicita gratitudine di Valter Incerti Vecchi per la struttura ospedaliera, che lo ha accolto ed assistito fino al termine della sua vita con umanità e competenza, e il suo desiderio di aiutare le persone che come lui saranno accolte e curate a Correggio, il paese dove è nato, vissuto e a cui era tanto legato. LE TT E R U RACCONTARE L’AMORE Annamaria Ragazzi Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei banditi, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono lascian dolo mezzo morto. Passa un sacerdote, passa un levita e vanno oltre, senza entrare in contatto con quell’uomo, senza farsi prossimi a lui. Passa poi un samaritano, il quale è a piedi come il malcapitato, non ha il giumento su cui cavalcare, né olio, né vino, né bende, né soldi. Giunge sul posto, si ferma, ve de costui, forse non riesce neanche a parlargli, perché la loro lingua è diversa. Che fare dunque? Se se lo fosse caricato sulle spalle, nel caldo del deserto, do po poco sarebbero entrambi venuti meno per la sete. Non ha altre possibilità, è privo di ogni bene. Allora decide per una semplice cosa: gli prende la mano nella propria mano, senza dirgli nulla, e gli sta vicino finché quello muore tra le sue braccia. Questa trasformazione della nota parabola evangelica del buon Samaritano è proposta da padre Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, nel libro Raccontare l’amore. Para bole di uomini e di donne (Rizzoli 2015, pp. 177, € 16,00), che suggerisce varie riflessioni su quattro parabole del Vangelo di Luca. Si tratta di un testo quanto mai coinvolgente, che si può leggere consecutivamente o per spunti, in quanto offre prospettive sempre nuove e attuali di interpretazione e induce a meditare su aspetti che talora ci sfuggono, pur essendo centrali per la nostra esistenza e per la nostra fede, oltre che per il nostro Volontariato AVO. L’intento fondamentale dell’autore è di farci penetrare la novità rivoluzionaria del messaggio di Cristo che nelle parabole dimostra “che Dio non è quello fabbricato dalle religioni, è Vangelo, buona, bella, gioiosa noti- zia per tutti, in particolare per i peccatori”. Non a caso Gesù fu considerato un bestemmiatore, perché rivela un volto del Padre in contrasto con la tradizione religiosa dominante ai suoi tempi, un Padre disposto a dare fiducia a ciascun uomo, a perdonare anche chi non lo merita, a non fare distinzioni di sorta, al fine di liberarci dalla paura e spronarci all’amore reciproco. “Il peccato era per lui anzitutto rifiuto della partecipazione al dolore degli altri... Attualizzando le parole del profeta Osea (Misericordia io voglio, non sacrificio) egli ci ha insegnato una volta per tutte che la vera conoscenza di Dio è la compassione per l’altro, chiunque egli sia”. Il samaritano di padre Bianchi, così come quello di Gesù, ha compreso questa verità fondamentale e dimostra che, anche se non si posseggono ricchezze, si può comunque donare qualcosa di prezioso: la presenza, la prossimità che nasce dall’amore. Un amore gratuito, che non attende alcun contraccambio, un amore preveniente, che anticipa e soddisfa i bisogni inespressi, un amore totale, che supera la giustizia puramente retributiva. Leggendo la conclusione della parabola immaginata dall’autore, come si fa a non pensare a tutte le volte che noi Volontari AVO ci siamo trovati accanto a un malato incapace di parlare o privo di coscienza, almeno apparentemente? Ecco la sensazione di incertezza su come comportarci, di dubbio sull’utilità della nostra presenza. Padre Bianchi ci aiuta ad affrontare proprio questi momenti di difficoltà, dicendoci quanto sia fondamentale la nostra presenza affettuosa e sollecita, realizzata in un contatto fisico, capace di giungere nella profondità inesplorabile e incomprensibile della coscienza. Tale gesto di amore nasce da una “compassione viscerale”, per usare il termine evangelico, riferito anche al sentimento di Gesù di fronte al male e di Dio nei confronti dell’umanità, la stessa compassione tipica di un padre o di una madre di fronte alla sofferenza del figlio. “Nessuna illusione di inabissarsi nell’aiuto dell’altro, obbedendo più a un bisogno di protagonismo nel fare il bene che a una vera carità, la quale richiede il decentramento da se stessi e l’assunzione di una duplice libertà, quella di chi aiuta e quella di chi è aiutato”. La vera carità è cioè frutto di cuore e mente e richiede un continuo sforzo di approfondimento interiore, una continua ricerca di perfezionamento, nella consapevolezza della umana fallibilità. Come afferma l’autore, “l’azione di amore richiede sempre una responsabilità pensata e una realizzazione scelta con creatività, frutto di attento discernimento”. 15 OG I AV O NI A V LA “QUESTIONE AVOGIOVANI” Esiste una “questione AVOGiovani”? Giulia Travagnin Dopo una domanda è spontaneo attendersi una risposta; ma a volte è opportuno rallentare, dimenticarsi per un attimo dei problemi che quotidianamente investono le nostre AVO locali, prendersi del tempo per riflettere e per ricordare insieme la nostra mission, senza l’ansia di dover subito trovare una risposta a tutti i costi. Questo è stato lo spirito del l’incontro-confronto svoltosi a Roma il 20 e 21 febbraio scorso e che ha visto partecipi i Delegati regionali AVOGiovani e il Direttivo Federavo. Da un primo scambio di testimonianze – che hanno permesso di avere uno spaccato della realtà AVO di tutta Italia – è emerso come probabilmente sia oggi più utile parlare di “questione AVO” e non solo di “questione AVOGiovani”. È un dato ormai incontestabile, a livello locale, regionale e nazionale, il calo del numero medio di Volontari disposti ad impegnarsi all’interno dell’organizzazione e ad occuparsi di quello che può definirsi “volontariato organizzativo”, ovvero di tutta quell’attività meno gratificante del tempo speso in corsia, ma allo stesso modo indispensabile per il funzionamento e il buon andamento dell’Associazione. Insomma, il sempre minor numero di persone disposte a farsi carico in modo continuativo e responsabile dell’Associazione determina di fatto la presenza di molte “organizzazioni dei Presidenti”, realtà in cui tutte le incombenze dell’Associazione ricadono sulle spalle di pochi Volontari. È inevitabile che proprio in 16 queste realtà si stia riscontrando una maggior valorizzazione del “capitale umano” giovanile, forse perché nel bisogno vi è una maggior predisposizione al coinvolgimento dei ragazzi o forse perché tutti insieme ci si occupa della “questione AVO” e non più solo di “questione AVOGiovani”. Allora la domanda sorge spontanea: in un periodo di difficoltà nel rinnovo delle cariche e nel coinvolgimento di nuovi Volontari nel “volontariato organizzativo”, è ancora utile il dualismo AVO e AVOGiovani? Il mantenimento della struttura AVOGiovani ha ancora ragione di esistere o rappresenta piuttosto una dispersione di energie utili all’Associazione? È evidente che un confronto costruttivo sul punto non può prescindere da una prodromica riflessione sull’essenza dell’“organizzazione AVOGiova ni”. E anche in questo caso è utile rallentare e meditare sull’origine di questa struttura caldeggiata proprio dal nostro Fondatore. Ricordo il silenzio calato a Napoli, in occasione delle giornate di autoformazione AVOGiovani del 21 e 22 novembre 2015, quando Michele Piras ha riletto le parole di Erminio Longhini, parole che ci ricordano come la mission della nostra Associazione sia anche quella – a volte dimenticata proprio a causa dei molti impegni organizzativi sulle spalle di pochi Volontari – di diffondere tra i giovani (e non solo) la cultura del volontariato, ovvero del donarsi per il Bene Comune. Oggigiorno, quando il concetto di gratuità è di difficile comprensione, non è più sufficiente limitarsi a condividere all’esterno le nostre esperienze e i nostri valori: i ragazzi hanno bisogno di “toccare con mano” la nostra realtà e per farlo devono essere prima stimolati ad avvicinarsi e a farne parte. Del resto, riprendendo la riflessione – tanto simpatica quanto profonda – del nostro giovane amico emiliano, Marco Zironi, come si può descrivere il sapore dei piselli a chi non li ha mai assaggiati? Ecco che allora la “struttura AVOGiovani” non deve essere considerata come un inutile spreco di energie o come foriera di spaccature interne all’Associazione; essa piuttosto deve essere vista come un punto di forza, un’attrattiva per i giovani che nell’AVO possono trovare anche un “luogo di aggregazione ove [...] si fanno esperienze umane, si discute delle proprie scelte e sull’avvenire, cioè si vive insieme” e si cresce, diventando cittadini responsabili. In altri termini, anche grazie alla “struttura AVOGiovani” così intesa, noi Volontari – giovani e meno giovani – possiamo continuare a tramandare tutti insieme i valori della nostra Associazione, con la giusta energia e il giusto ottimismo. Ed è proprio con entusiasmo che ci siamo salutati a Roma, promettendoci di continuare ad impegnarci tutti insieme per il bene della nostra Associazione, con l’ottimismo di chi è consapevole che non esiste sconfitta per chi agisce con il cuore. D FIL O TO T E IR AVOGIOVANI O GIOVANI VOLONTARI AVO? Giampaolo Bonfanti Parafrasando il titolo dell’articolo di Michele Piras pubblicato sull’ultimo numero di NOIinsieme, prendo spunto per allargare il discorso sul tema più generale del Volontariato giovanile, e poi ricondurlo alla prospettiva AVO. Così conclude il suo intervento Michele Piras: «Cari amici, che sia AVOGiovani o Giovani dell’AVO è relativamente importante; si deve piuttosto lavorare per rendere maggiormente funzionale la struttura e creare nuovi indirizzi che possano meglio rispondere agli obiettivi fissati all’atto della nascita e a quelli imposti dai mutamenti sociali. Insomma senza la scelta, dichiarata o confermata da tutti, di impegnarsi per i giovani, ogni cambiamento sarà superficiale e inutile. La scelta dev’essere avvolta dalla stessa certezza e dallo stesso amore degli sposi che al momento della fatidica domanda rispondono: “Sì, lo voglio”». Volontariato giovanile: speranza e opportunità Quanto sono lontani (o vicini) i giovani d’oggi dal concetto che abbiamo elaborato nei nostri 40 anni di Volontariato, in particolare sociosanitario? Secondo Giancarlo Rovati dell’Università Cattolica, la percentuale dei giovani di età compresa fra 15 e 34 anni che dedicano parte del loro tempo alla solidarietà è in aumento: dal 6% di fine anni ’90 all’8,5% del decennio suc- cessivo. Sembrano percentuali molto modeste, che però vanno integrate con il Volontariato “estemporaneo” e svolto al di fuori di formule associative organizzate. Sul piano qualitativo le ricerche più recenti sul Volontariato sembrano segnalare una mutazione “genetica” dei giovani impegnati in attività pro-sociali: essi provengono dai ceti sociali privilegiati, possiedono un titolo di studio superiore, rivelano una maggiore eterogeneità e complessità delle motivazioni. Ma che significato ha per i giovani il Volontariato, oggi? Sono poco propensi al Volontariato in quanto meno inclini a svolgere questo genere di attività, oppure perché appartengono ad una generazione che, come sostengono gli studiosi dell’Istituto Toniolo, è priva di riferimenti e di modelli che li orientino alla partecipazione ed alla solidarietà? Già negli anni ’70 Luciano Tavazza, fondatore del Movimento di Volontariato Italiano – che aveva una particolare sensibilità di educatore – sosteneva che il Volontariato avesse un ruolo strategico soprattutto rispetto ai giovani, in un’epoca di smarrimento di alcuni riferimenti di valore come la solidarietà tra individui, gruppi etnici e popoli. Questo perché i valori dominanti sono antitetici a quelli del Volontariato – orientati i primi alla competitività e al profitto senza etica, al consumismo, all’individualismo, alla predazione dei “beni co- muni” – e non sono sufficientemente arginati dalle agenzie di socializzazione, in primis la scuola, che deve essere a sua volta coinvolta e sostenuta nella funzione di formazione alla cittadinanza... perché i giovani acquisiscono una piena identità adulta se partecipano, se sono cittadini attivi. Ora, dopo due generazioni, come si presenta in concreto il mondo giovanile nel contesto della gratuità e della solidarietà? Dopo il passaggio dalla modernità, dal progresso e dalla certezza dello sviluppo del cosiddetto “boom economico” alla società liquida, dell’incertezza, del rischio e delle crisi (non solo economiche) dell’attuale periodo storico? In realtà spesso i giovani sono percepiti attraverso stereotipi, anche da parte degli insegnanti e dell’associazionismo: a molti sembrano poco interessati, omologati e incostanti, con poca voglia di impegnarsi e di prendersi delle responsabilità. Chi li osserva e li conosce davvero scopre, invece, che i giovani hanno importanti qualità che vanno incoraggiate e valorizzate: sono curiosi, aperti alle novità e a esperienze diverse, entusiasti e comunicativi, ma certamente vanno motivati e devono sentirsi liberi di esprimersi. D’altra parte bisogna constatare che le nuove generazioni dimostrano spesso di non comprendere quale sia la differenza fra Volontariato ex L. 266/91, servizio civile, Volontariato di protezione civile, quello in- ternazionale e ancor meno tra Associazioni di Volontariato, di promozione sociale e cooperative; ma neppure, cosa più grave, tra il lavoro mal pagato nel sociale e l’impegno personale nella e per la collettività (Vincenza Pellegrino, Università di Parma). Maurizio Ambrosini, dell’Università Statale, ha usato formule quali “Volontariato leggero” o “fluido” o “post moderno”, da contrapporre al “Volontariato moderno”, il nostro, quello cui siamo abituati, ossia continuativo e programmato di lunga durata, tipico della tradizione delle nostre Associazioni. Si tratta di un Volontariato che mescola desiderio di protagonismo e senso civico, dove gioca molto l’interesse personale (“Io c’ero... sono coprotagonista... ho contribuito”). Spesso costituisce un impegno una tantum piuttosto che permanente, quindi molto flessibile e che, tra l’altro, copre un servizio che, se fatto con personale retribuito, avrebbe costi inaccessibili e non sempre congeniale alle sensibilità dei Volontari tradizionali. Diversamente dal nostro Volontariato “moderno”, questo “post-moderno” non ha fondamenti ideologici, religiosi o di appartenenza e non è militante in modo organizzato e continuativo: si attiva per un evento, per poco tempo quindi, con un approccio forse più superficiale e discontinuo che, però, sembra vicino alla cultura contemporanea di fiammate 17 partecipative non perseguite in forma stabile. Fra le esemplificazioni, possiamo ricordare le recenti esperienze dell’EXPO, per non parlare di presenze di Volontariato ormai diffuse per eventi culturali o di intervento in caso di calamità naturali, ma anche campagne di supporto per raccolta fondi o manifestazioni promozionali più o meno programmate o “spot”. E anche molte esperienze scuola-parrocchie-scout ecc. si basano su brevi interventi di Volontariato percepiti come momenti educativi e, spesso – e non c’è nulla di male – con valenze anche ricreative. Sulla stessa linea, in fondo, è anche la formula “Volontari per un giorno” anche se, in realtà, riguarda più gli adulti “lavoratori” che le aziende incoraggiano a fare nuove esperienze utili anche per la loro immagine. Allora com’è possibile, se è possibile, coniugare questo “Volontariato post-moderno” con il “Volontariato moderno”? Secondo Renato Frisanco dell’Università La Sapienza non basta reclutare nuovi Volontari; occorre investire nella loro valorizzazione, inserendoli in un contesto associativo caldo e accogliente, ricco di stimoli formativi e partecipativo, capace di sviluppare SCHEDE FEDERAVO • NEWS Pubblicate sul sito www.federavo.it , nella sezione SCHEDE E MODELLI, le seguenti due nuove schede Federavo. Scheda #23. Il Fundraising Questa scheda, che è il risultato del seminario, dedicato al tema, nell’ambito del XX Convegno, propone una riflessione sul Fundraising, sull’importanza degli obiettivi e delle diverse modalità per la raccolta fondi; suggerisce attività e strumenti efficaci insieme con le indicazioni di enti e organismi di riferimento. Particolare attenzione viene data al Web. Oggi avere dei finanziamenti per le associazioni di volontariato è una forte esigenza, muoversi in modo corretto per ricerca dei fondi costituisce un passo fondamentale verso il successo. Scheda #24. Linee Guida per la fondazione di un’AVO Questa scheda offre consigli pratici che riguardano la costituzione dell’associazione; pone attenzione al processo di costituzione e alle diverse fasi, in particolare, all’organizzazione, ai contatti e alle relazioni da costruire, all’inizio e allo sviluppo delle attività; propone consigli sulla formazione e sul reclutamento dei volontari; si pone come un utile strumento per i volontari che vogliono costituire un’AVO locale e per i Presidenti regionali che devono guidare e supportare le nuove AVO. Le schede Federavo costituiscono una risorsa per i volontari e per le AVO, vengono aggiornate e implementate, rispondendo alla esigenze di rispondere alle sfide dei tempi che cambiano. 18 “capitale culturale e sociale”. Ma, soprattutto, bisogna allargare l’orizzonte anche al di fuori delle pur fondamentali organizzazioni strutturate, perché bisogna considerare e valorizzare “l’emergere di forme di solidarietà inedite, informali, non inquadrabili nelle tradizionali OdV”, e la crescita dei Volontari singoli («senza divisa») sembra oggi prospettare un nuovo ciclo del Volontariato. Dopo il Volontariato “militante” degli anni ‘70 e ‘80, si sta cioè affermando un “Volontariato della cittadinanza”, più diffuso ma meno stabile, in cui le istanze soggettive sono importanti almeno quanto quelle altrui stiche ispirate dalla gratuità o da un intento prettamente partecipativo o di azione civica di soggetti che aderiscono a buone idee, a progetti. Una bella sfida. Una sfida ben inquadrata nella realtà dell’AVO: occorre, per riprendere le parole di Piras, «... saper riconoscere che non è bene la scarsa presenza di ragazzi nelle nostre AVO, e si realizzerà se lavoreremo insieme per ribaltare i numeri attuali, se garantiremo rispetto ai ragazzi che chiedono fiducia e flessibilità, se sapremo avere il coraggio di abbandonare paure e rigidità e risponderemo “sì”; se a una generazione apparentemente senza principi sapremo insegnare i nostri valori, se sapremo far diventare l’AVO il punto di riferimento per i giovani disposti a impegnarsi nel Volontariato sanitario e sapremo incuriosire fortemente l’intero mondo giovanile». Ora la sfida è stabilire il “come” rimettendo forse in discussione metodi, approcci, regole, procedure, ruoli, responsabilità... Naturalmente lasciando fermi i principi e i valori con cui l’AVO ha fatto e continuerà a fare scuola. Giampaolo Bonfanti Movimento di Volontariato Italiano Una analisi più organica delle ricerche patrocinate dal MoVI nell’ultimo decennio sul volontariato giovanile è presentata sul numero monografico della Rivista “Fogli di informazione e coordinamento” dal titolo: “Giovani costruttori di valori. Per una società inclusiva e solidale” scaricabile da: http://www.movinazionale.it/ index.php/fogli-di-informazione NOI insieme Tribunale di Milano n. 285 del 6.10.2015 Direttore responsabile: Massimo Silumbra Direttore fondatore: Giuliana Pelucchi Caporedattore: Federica Dentamaro Comitato di redazione: Marina Chiarmetta, Claudio Centomani, Federica Dentamaro, Loredana Pianta, Annamaria Ragazzi, Jose Vadora, Giusi Zarbà Segreteria di redazione: Giusi Zarbà Servizi editoriali: Graphiservice – Bari Versamento contributi: bollettino postale c/c n. 62170642 intestato a Federavo – via Dezza 26, 20144 Milano info: tel. e fax 02.435.130.38 e-mail: [email protected] La Federavo è a disposizione degli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte, là dove non sia stato possibile rintracciarli per chiedere la debita autorizzazione. AN de G ll’ LOa O tic e SPIRITUALITÀ DEGLI INDIANI D’AMERICA Mirella Bordignon e Giovanni d’Aulerio Il mondo spirituale ricco e profondo degli “Indiani d’America” ci si è rivelato quasi per caso. Dovevamo documentarci sui nativi americani e la nostra ricerca ci ha fatto scoprire il libro Hanta Yo di Ruth Beebe Hill (Editoriale Nuova Milano, 1979). È stata questa la fonte che ci ha fornito maggiori dettagli sulla cultura e sulla saggezza di questo popolo; qui però vogliamo riportare alcuni estratti da un altro libro: Sai che gli alberi parlano? La saggezza degli Indiani d’A merica, di Kathe Recheis e Georg Bydlinski (Edizioni Il Punto d’Incontro, 1995). Il silenzio era ritenuto il simbolo della perfetta armonia, l’equilibrio di corpo, mente ed anima. Se chiedi a un nativo americano: “che cos’è il silenzio?”, ti risponderà: “Il grande mistero. Il Sacro Silenzio è la Sua voce”. E se gli chiedi “quali sono i frutti del silenzio?” ti risponderà così: “Autocontrollo, vero coraggio e perseveranza, pazienza, dignità e profondo rispetto”. Il vecchio Capo Wabashaw diceva: “Sorveglia la tua lingua in gioventù, allora, forse, nella vecchiaia regalerai un pensiero saggio al tuo popolo.” Nelle parole del leader Kapisemihu: “Una persona che ama vive in un mondo d’amore, una persona cattiva vive in un mondo ostile”. Di qui l’importanza di vivere in un mondo positivo attraverso un particolare stile di vita, scandito dalle celebri “sette virtù” dei Sioux: la generosità, il coraggio, la pazienza, la tolleranza, la pietà, l’umiltà e la saggezza. Nessun Sioux poteva accedere al rango di Capo o guida spirituale senza dar prova di possedere queste virtù in misura superiore alla media. Si diventava Capo o guida spirituale solo per meriti personali. Fondamentale in questa “scala” delle virtù era la generosità. Al termine della caccia, per esempio, nella distribuzione della selvaggina bisognava sempre tenere conto delle vedove, degli orfani e dei cacciatori meno fortunati o meno abili. Si racconta che il celebre Cavallo Pazzo, quando la selvaggina scarseggiava, digiunasse anche per diversi giorni per consentire ad altri di avere qualcosa in più da mangiare: una concezione del potere diametralmente opposta, nei fatti, a quella occidentale. Anche il medico e scrittore Dakota Ohiyesa (Charles Alexander Eastman) scriveva: “quand’ero bambino capivo di dare e di dividere, io vivevo una vita naturale, ora ne vivo una artificiale...” I nativi americani univano alla sua fierezza un’eccezionale umiltà; la superbia era estranea al loro essere e ai loro insegnamenti. Non si può essere saggi senza umiltà e senza pietà e senza possedere il potere sacro (wakan) che si può ottenere solo attraverso un contat- to con il mondo spirituale. Per avere tale contatto, uno dei riti più importanti è quello della purificazione: l’Inipi, il più antico rito indiano (e, probabilmente, tra i più antichi rituali che a memoria d’uomo si possano ricordare); una sorta di “sauna spirituale” compiuta in un’apposita capanna sudatoria che purifica il fisico e la psiche. Altra qualità importante del guerriero Sioux era il coraggio, che veniva inteso come autocontrollo e lodevole desiderio di superare il naturale istinto di sopravvivenza a vantaggio del proprio popolo. A questo proposito è bene ricordare che le “guerre indiane” differivano sostanzialmente, prima dell’arrivo degli europei, dalle sanguinose guerre dei bianchi. Negli scontri inter-tribali l’essenziale era dimostrare coraggio, non uccidere; importante, per un guerriero, era “contare un colpo”, avvicinarsi cioè tanto al nemico da toccarlo con il bastone ricurvo o con la lancia senza sferrare il colpo, dimostrando, in tal modo, il dominio della propria passionalità. Presso gli abitanti delle praterie non esistevano ruoli imposti: se, ad esempio, non ci si sentiva all’altezza di fare il guerriero, ci si poteva limitare all’esercizio della caccia o ritagliare in altro modo un proprio ruolo all’interno del clan, senza timore di essere messi al bando della vita sociale. Dice una anonima preghiera indiana: “Wakan Tanka, il Tuo respiro dà vita a tutte le cose. Ascoltami! Io sono una creatura minuscola e debole. Ho bisogno della Tua forza e della Tua Saggezza. Lasciami camminare nella Bellezza. Consentimi di osservare fino in fondo il rosso porpora del tramonto. Fa in modo che le mie mani rispettino le cose che tu hai creato, che le mie orecchie affinino l’udito fino ad udire la Tua Voce... Dammi l’umiltà necessaria per imparare i messaggi che hai affidato ai venti, alle foglie, alle rocce. Io chiedo forza, non per superare in potenza gli altri uomini, ma per vincere il peggior nemico che abbia, me stesso. Fa che io sia sempre pronto, in qualsiasi momento, a raggiungerti con mani pulite e con occhi che non guardano in basso. Quando la mia vita, come la luce del tramonto, svanirà, fa che il mio spirito possa volare verso di Te senza ombre né vergogna”. Dalle virtù dei nativi americani possiamo trarre ispirazione per il nostro comportamento con gli ammalati: avere un atteggiamento di ascolto empatico, comunicare anche con il linguaggio non verbale, nostro e dell’altro, un sorriso che trasmetta vicinanza, coraggio e solidarietà. Terminiamo con un saluto rituale Lakota: Mitakuye oyasin, siamo tutti fratelli! 19