La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera
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La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera
Gabriele D’Ottavio La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera tedesca Chi vuol parlare della politica estera della Repubblica federale tedesca a partire dalla fine della seconda guerra mondiale deve necessariamente confrontarsi con il concetto di Westbindung. Si tratta di un concetto «empirico» o «osservativo», facilmente riconducibile alla politica del legame con l’Occidente della RFT. D’altra parte, al cospetto del dibattito che ancora appassiona gli specialisti della materia, la conoscenza e la comprensione di questa politica sono tutt’altro che scontate1. In questa sede, ci proponiamo di discutere alcune questioni storiografiche, integrabili l’una con l’altra, che ruotano intorno all’idea dell’ancoraggio della RFT all’Occidente e che costituiscono una premessa fondamentale da cui partire per utilizzare il concetto di Westbindung come strumento di analisi della politica estera tedesca. In particolare, si affronterà il tema della periodizzazione della Westbindung, la valutazione della relativa autonomia di questa politica e, infine, la questione del rapporto tra la Westbindung e le precedenti tradizioni di politica estera. Prima di entrare nel merito dei quesiti selezionati, è utile, tuttavia, fornire una qualche definizione del referente empirico del concetto che si vuole esaminare, il che, peraltro, ci permette di esplicitare, in via preliminare, l’ambito disciplinare in cui ci s’intende muovere. L’idea di Westbindung (letteralmente: legame con l’Occidente) non si riferisce, infatti, solamente ad un orientamento di politica estera. Recenti studi si sono, per esempio, avvalsi del medesimo termine e di concetti affini, come Verwestlichung e Westernisierung (Occidentalizzazione), per ripercorrere quel processo di liberalizzazione che ha investito, su scala più ampia, i valori, i modelli e gli ideali politici e sociali, così come la cultura politica della Germania nel suo complesso nel secondo dopoguerra2. Tuttavia, scegliendo nell’area di ricerca della storia politica quel 1 Per il dibatitto storiografico si veda C. Mauch, Im Western angekommen. Ideengeschichtliche Forschungen zur frühen Bundesrepublik, in: Historische Zeitschrift, 272, 2001, pp.107-114 e B. Stöver, Kontroversen um die Geschichte. Die Bundesrepublik Deutschland, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 2002, pp. 30-40. 2 Cfr. A. Doering-Manteuffel, Wie westlich sind die Deutschen? Amerikanisierung und Westernisierung im 20. Jahrhundert, Vadenhoeck &Ruprecht,Göttingen 1999. 1 settore specifico che è stato definito come “storia politica delle relazioni internazionali”3, il concetto di Westbindung si definisce più chiaramente come una «scelta di collocazione strategica» o, se preferiamo, una moderna politica delle alleanze, che si concretizza, nella sua duplice prospettiva europea e atlantica, con la partecipazione continuata della RFT alle varie forme del processo d’integrazione europea e con la sua ammissione alla Nato. Si tratta di una definizione che, al di là delle ragioni e dei vincoli di carattere metodologico, trova il suo fondamento storico nella constatazione che sia le potenze occidentali che la maggioranza della classe dirigente tedesca identificarono tale politica con una delle più importanti soluzioni strategiche per il problema prioritario della sicurezza nel nuovo contesto della guerra fredda. Come è stato ben sintetizzato da Hanrieder con la tesi del «doppio contenimento»4, da un lato, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, sia pure con i dovuti distinguo, ritennero opportuno inserire la Germania Ovest in un sistema di alleanze che la proteggesse dalla minaccia sovietica e da se stessa, dall’altro, la leadership tedesca considerò la politica di piena integrazione nel sistema occidentale anche e soprattutto come una scelta razionale particolarmente efficace per rispondere a tutti quei problemi che derivavano dalla condizione speciale della Germania di paese sconfitto, occupato e diviso, a sovranità limitata, situato lungo la linea di demarcazione del conflitto tra est e ovest. Una prima questione di grande rilevanza sia storica che storiografica riguarda la possibilità di individuare la data di inizio della Westbindung. Premettiamo che si tratta di una questione di non facile soluzione. Per alcuni studiosi, l’inserimento della RFT nel sistema occidentale ha inizio con il piano Marshall e si conclude con il trattato dell’Eliseo5; altri sottolineano, invece, come i passi più importanti verso ovest siano stati compiuti solo dopo la creazione della Rft, con riferimento particolare alla partecipazione della Germania Ovest alla Ceca, alla poi fallita Ced e in particolare alla Nato6. Il tipo di risposta che viene dato a questa domanda dipende, inevitabilmente, dal 3 Per un approfondimento sulla disciplina negli ultimi cinquant’anni si veda il contributo di E. Aga-Rossi, La storia politica delle relazioni internazionali, in: G. Orsina (a cura di), Fare storia politica. Il problema dello spazio pubblico nell’età contemporanea, Rubbettino Soveria Mannelli 2000. 4 Cfr. W. F. Hanrieder, Deutschland, Europa, America, Paderborn, Schöningh, 1995. 5 Cfr. L. Herbst, Option für den Westen. Vom Marshallplan bis zum deutsch-französischen Vertrag, München ,1989 (1996 seconda versione). 6 Cfr. H-P. Schwarz, Die Ära Adenauer. Gründerjahre der Republik 1949-1957. Geschichte der Bundesrepublik Deutschland. Vol 3, Stuttgart, Wiesbaden, 1981; dello stesso autore, Die Fünfziger Jahre 2 peso specifico che i diversi studiosi attribuiscono ai singoli eventi, il che solleva tutta una serie di altre questioni tutt’altro che irrilevanti, ma che in questa sede non è possibile approfondire. Mi limito alla considerazione che non si tratta di aspetti secondari per la comprensione degli anni della transizione alla democrazia in Germania: occorre, infatti, valutare il ruolo che ha avuto il piano Marshall in relazione al miracolo economico degli anni’507 ovvero lo scoppio della guerra di Corea rispetto alla questione del riarmo della Germania8, i motivi e le dinamiche che hanno portato al fallimento della Ced e alla successiva integrazione delle forze armate tedesche nella Nato9 e, più in generale, il legame tra la “prospettiva europea” e la “prospettiva atlantica”10. Stabilire con precisione quale sia stata la prima tappa realmente determinante ai fini dell’inserimento della Bundesrepublik all’interno del sistema occidentale ci sembra, d’altra parte, un’impresa alquanto difficile, se non impossibile, anche e soprattutto in considerazione del fatto che, come si dirà meglio più avanti, la RFT ancora oggi continua a rinnovare sia le obbligazioni atlantiche che quelle europee. Ciò che invece si può rilevare, sia pur ricorrendo ad una semplificazione metodologica che ci porta a privilegiare il punto di vista della sola classe dirigente tedesca, è il momento in cui la Westbindung si profila non solo come un orientamento di politica estera auspicabile, bensì anche come un progetto politico concreto. Da questa prospettiva, è evidente che l’attenzione deve essere focalizzata sul periodo immediatamente successivo alla nascita della Bundesrepublik, che peraltro coincide con quello in cui iniziano a prendere forma sia la prospettiva europea che quella atlantica. Come è stato ormai da tempo acquisito dalla storiografia, Konrad Adenauer (e con lui altri importanti personaggi politici dell’epoca) aveva elaborato il suo orientamento filooccidentale ed europeista già negli anni venti e comunque sicuramente prima della als Epochenzäsur, in: J. Heideking, G. Hfnagel, F. Knipping (a cura di), Wege in die Zeitgeschichte, Walter de Gruyter, Berlin-New York 1989, pp. 473-496 e C. Kleßmann, Die doppelte Staatsgründung. Deutsche Geschichte 1945-1955, Bonn 1991. 7 Per un approfondimento si veda W. Link, Der Marshall-Plan und Deutschland, in: Aus Politik und Zeitgeschichte, B 50/1980, pp. 3-18 e C. Maier e G. Bischof (a cura di), Deutschland und der MarshallPlan, Baden-Baden 1992. 8 Cfr. H-P.Schwarz 1982, R. Steininger, Wiederbewaffnung! Die Entscheidung für einen westdeutschen Verteidigungsbeitrag: Adenauer und die Westmächte 1950, Erlangen 1989; 9 Militärgeschichtliches Forschungsamt (a cura di), Anfänge westdeutscher Sicherheitspolitik 1945-1956, München 1982; F. Gauzy, Remilitarisation er affirmation du processus démocratique: le cas du second réarmement allemand (1950-1955), in “Revue d’Allemagne et des pays de langue allemande”, avril-juin 1998, G.E.Rusconi Germania, Italia, Europa. Dallo stato di potenza alla «potenza civile», Einaudi, Torino, 2003, pp. 240-265. 10 Cfr. P. Craveri e G. Quagliariello, Atlantismo ed Europeismo, Rubbettino, 2003. 3 nascita della Bundesrepublik11. Tuttavia, fu solo nel 1949, in seguito alla concreta materializzazione della guerra fredda, alla divisione delle due Germanie e soprattutto all’assunzione della carica di cancelliere della Repubblica Federale di Germania (e dal marzo 1951 anche di quella di ministro degli Esteri), che la Westbindung poté assumere ai suoi occhi la forma e il valore di un progetto politico concreto perseguibile nella sua duplice prospettiva europea e atlantica; anche perché nel frattempo, a partire dalla primavera dello stesso anno, stando alle memorie dell’allora segretario di Stato americano Acheson, l’integrazione della Germania nel blocco occidentale era diventata prioritaria anche per gli Stati Uniti12. A tale proposito, è utile ricordare una delle interviste che il neo-eletto cancelliere rilasciò nel novembre 1949: in quell’occasione Adenauer ventilò, per la prima volta dalla fine della guerra, l’ipotesi che nel caso gli alleati avessero chiesto ai tedeschi di contribuire attivamente alla difesa dell’Europa, ciò sarebbe potuto avvenire, eventualmente, anche attraverso la partecipazione di un contingente militare tedesco all’interno di un esercito europeo. Dietro questa proposta di integrazione, come rivelerà lo stesso Adenauer nelle sue memorie, il cancelliere intravedeva, evidentemente sin da allora, la possibilità di perseguire i seguenti obiettivi: «1. Il recupero di sovranità […]. 2. La sicurezza […]. 3. La realizzazione di una federazione europea»13. La sostanziale coincidenza degli interessi tra gli alleati e il cancelliere renano e, soprattutto, i forti vincoli cui la Rft fu soggetta fino alla abolizione dello 11 Si veda per esempio H-P. Schwarz, Vom Reich zur Bundesrepublik. Deutschland im Widerstreit der aussenpolitischen Konzeption in den Jahren der Besatzungsherrschaft 1945-1949, Neuvied, 1966, pp. 423 sgg. E H-J. Grabbe,Unionsparteien, Sozialdemokratie und Vereinigten Staaten von Amerika 1949-66, Düsseldorf 1983, pp.25-44. Per quanto riguarda il periodo immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale, molto citata è la lettera inviata da Adenauer al borgomastro di Duisburg, il 31 ottobre 1945, dalla quale emerge chiaramente come l’allora sindaco di Colonia avesse intuito, già all’epoca, quale sarebbe stata l’evoluzione della politica internazionale e quali le conseguenze da trarre per quella «parte della Germania che non [era] soggetta al dominio della Russia»: 12 Cfr. Dean Acheson, Present at Creation. My years in the State Department, New York, 1969, p. 291. La convinzione del governo degli Stati Uniti che la Westbindung della RFT fosse la migliore garanzia per raggiungere la sicurezza «per la Germania e dalla Germania» venne, tuttavia, esplicitata ufficialmente solo nel novembre 1949, con la direttiva politica inviata all’Alto commissario americano McCloy. Cfr. Policy Directive for the United States High Commissioner for Germany, 17.11.1949, FRUS, 1949, III, pp.319-340 (p.319 sg), citata in H-J Grabbe, Unionsparteien, Sozialdemokratie und Vereinigten Staaten von Amerika, Düsseldorf, op. cit. p. 181. 13 K. Adenauer Erinnerungen I, pp . 342 sg e 345 sgg. I tre punti li ritroviamo, sia pure in maniera non così schematica, in una lettera privata indirizzata a Frau Wessels del 27 agosto 1949, StBKAH, 10.02. in: Rudolph Morsey und Hans Peter Schwarz (Hrsg), Adenauer. Briefe 1949-1951 (=Rhöndorfer Ausgabe), Berlin 1985, S.96 sgg. 4 statuto di occupazione sollevano d’altra parte il dubbio, se sia legittimo considerare la Westbindung alla stregua di una libera scelta di politica estera della classe dirigente tedesca ovvero se tale opzione politica sia stata semplicemente imposta dagli alleati14. Lo studioso tedesco Ludolf Herbst15 ha provato a dare una risposta a questo quesito, individuando nelle principali revisioni dello statuto di occupazione (che, come noto, furono riferite ad imprese come la Ceca, la poi fallita Ced e l’ammissione della Rft alla Nato) la cartina di tornasole per stabilire se il progressivo recupero di porzioni di sovranità da parte della RFT debba essere ascritto esclusivamente alla volontà degli Alleati ovvero fin quando e in che modo sia stato favorito dall’operato politico del cancelliere. Dall’analisi, a nostro avviso molto convincente, si giunge alla conclusione che i meriti che vengono generalmente riconosciuti a Konrad Adenauer, da una letteratura forse fin troppo benevola nei suoi confronti, devono essere relativizzati alla luce del fatto che fino all’entrata in vigore dei trattati di Parigi lo spazio e i margini di manovra a disposizione della classe dirigente tedesca erano davvero molto limitati. Le condizioni relative ai tempi e ai modi con cui si sarebbe dovuto realizzare, ed effettivamente si concretizzò, l’inserimento della Germania Ovest all’interno del sistema occidentale vennero, infatti, sempre dettate dalle potenze occidentali. Tuttavia, sempre Herbst (e non è l’unico) mette, al contempo, in evidenza come lo «stile» particolare di Adenauer nell’interpretare la sua parte di “cancelliere degli Alleati” abbia senza dubbio contribuito a creare le premesse necessarie perché gli Alleati si sentissero davvero garantiti nel proseguire sulla via della Westbindung. Più precisamente, il suo atteggiamento di incondizionata disponibilità a rinunciare a porzioni di sovranità (al punto da arrivare in alcuni casi a concedere più di quanto fosse necessario secondo la logica del do ut des), così come la sua collaborazione costruttiva 14 Non ci sono dubbi invece per quanto riguarda il periodo compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e la nascita della RFT. Così Christian Hacke: «Deutsche Außenpolitik nach 1945 war keine Frage von Möglichkeiten, denn Deutschland unterlag zunächst dem Diktat der Sieger». Cfr. C. Hacke, Die Entscheidung für die politische Westbindung nach 1945, in: R. Zitelmann, K. H. Weissmann, M Grossheim, Westbindung, op. cit., 129 sg. Tuttavia, non bisogna trascurare il fatto che proprio in questo periodo si sviluppa una controversia tutta interna sulla futura prospettiva internazionale della Germania, che vede in Konrad Adenauer, Kurt Schumacher e Jakob Kaiser i suoi principali interpreti e che si protrarrà per tutto il corso degli anni’50. Cfr. H-P. Schwarz, Vom Reich zur Bundesrepublik. Deutschland im Widerstreit der außenpolitischen Konzeptionen in den Jahren der Besatzungsherrschaft 1945-1949, Stuttgart 1980 (seconda edizione). 15 Cfr. L.Herbst, Stil und Handlungsspielräume westdeutscher Integrationspolitik, in: L. Herbst, W. Bührer Werner, H. Sowade, Vom Marshallplan zur EWG. Die Eingliederung der Bundesrepublik Deutschland in die westliche Welt, München, Oldenbourg, 1990, pp. 3-18. 5 all’interno delle prime istituzioni europee comunitarie, avrebbero fatto sì che agli occhi degli occidentali le intenzioni del governo tedesco apparissero credibili, incoraggiando la scelta, niente affatto naturale e inevitabile a quell’epoca, di sostituire nei confronti della Germania sconfitta il principio di subordinazione con quello di sopranazionalità. Si tratta, d’altra parte, di una tesi che assume un valore ancor maggiore al cospetto di quei personaggi politici di primissimo piano che, indipendentemente dall’effettiva praticabilità delle loro alternative, adottarono nei primissimi anni di vita della Repubblica Federale delle posizioni diverse, se non diametralmente opposte a quelle di Adenauer16. La SPD di Kurt Schumacher, che pure non era pregiudizialmente ostile alla politica di allineamento con l’occidente, come è noto criticò duramente il meccanismo in base al quale la RFT si sarebbe dovuta integrare incondizionatamente all’interno di una serie di strutture occidentali prima ancora di aver raggiunto la sovranità e l’unità nazionale, finendo per votare contro tutte le principali tappe integrazioniste della prima metà degli anni’ 50: dalla Ceca, alla Ced, all’ingresso della RFT nella Nato. D’altra parte, anche tra i partiti dell’Unione e tra i liberali c’era chi non condivideva pienamente il corso di politica estera intrapreso da Konrad Adenauer. Tra i cristiano-democratici, il più noto concorrente del cancelliere renano era Jakob Kaiser, che tra l’altro avrebbe fatto parte della compagine governativa nei primi anni ’50. Ancor prima che la RFT vedesse la luce, Kaiser aveva espresso l’auspicio che la Germania potesse restare al di fuori della contrapposizione tra i due blocchi, assumendo una funzione di mediazione tra est e ovest17. Ciò che è rilevante è che gli “antagonisti” di Adenauer esprimevano, in maniera più o meno diretta, un timore che era al contempo molto diffuso anche tra la popolazione: ossia, che un inserimento prematuro e radicale dell’elemento tedesco all’interno del «blocco occidentale» potesse compromettere definitivamente l’obiettivo della riunificazione. Se l’idea della Westbindung finì dunque per essere accettata dalla stragrande maggioranza della popolazione, ciò si deve, in ultima analisi, anche alla tenacia e alla coerenza con cui Adenauer ha perseguito tale 16 Sulle controversie della fine degli anni’40 e dei primi anni’50 si veda H-P.Schwarz, Vom Reich zur Bundesrepublik. Deutschland im Widerstreit der außenpolitischen Konzeptionen in den Jahren der Bestazungsherrschaft 1945-1949, Stuttgart 1980; H-J. Grabbe, Unionsparteien, Sozialdemokratie und Vereinigten Staaten von Amerika, Düsseldorf, Droste, 1983. Cfr. Helga Haftendorn, Deutsche Aussenpolitik zwischen Selbstbeschränkung und Selbstbehauptung 1945-2000, Stuttgart München, Deutsche Verlags-Anstalt, 2001, pp. 57 sg. 17 Cfr. Jakob Kaiser, Wir haben Brücke zu sein in: Christian Hacke (cura di), Reden, Äußerungen und Aufsätze zur Deutschlandpolitik, Köln 1988. 6 politica. Alla luce di ciò riteniamo legittimo, sia da un punto di vista metodologico che sul piano storico, attribuire grande rilievo al ruolo di Konrad Adenauer una figura che risulta, a tutti gli effetti, imprescindibile per spiegare la politica di piena integrazione nel sistema occidentale. Queste considerazioni ci portano direttamente ad affrontare un’ultima questione, che riguarda il rapporto tra la Westbindung e le precedenti tradizioni di politica estera tedesca. Non c’è dubbio che la Westbindung rappresenta, nel complesso, una politica assolutamente innovativa se non “rivoluzionaria” nella storia della politica estera tedesca18. La stessa scelta degli alleati occidentali, con particolare attenzione ai due principali partner strategici, Stati Uniti e Francia, costituisce un primo importante elemento di novità. Se ripercorriamo la storia della politica estera tedesca negli ultimi due secoli, constatiamo, infatti, che la tradizionale disputa tra «occidentalisti» e «orientalisti» fino alla seconda guerra mondiale, dalla convenzione di Tauroggen del generale Yorck del 1812 al Drei-Kaiser-Bund, dall’accordo Čičerin-Rathenau al patto Molotov-Ribbentropp del 1939, è sempre stata vinta dai secondi, cioè da coloro che privilegiavano le relazioni con i paesi orientali. Inoltre, l’aspetto sul quale vale la pena soffermarsi riguarda il carattere squisitamente “moderno” della Westbindung. Esso consiste, in primo luogo, nel fatto che la ragion d’essere di questa politica delle alleanze, cioè il problema della sicurezza, in un contesto internazionale dominato dalla contrapposizione tra due blocchi politicamente, ideologicamente ed economicamente omogenei e incompatibili tra loro, non si limitava più alla sola sfera strategico-militare, bensì comprendeva anche le prospettive di stabilità politica ed economica e di sicurezza sociale19. Personaggi politici come Adenauer, ma anche come De Gasperi, furono tra i primi a riconoscere questa più stretta compenetrazione tra le condizioni esterne e i fattori interni che veniva imposta dalle logiche della guerra fredda. Questa precoce presa d’atto fa di loro degli uomini assolutamente moderni. Al contempo, ci suggerisce l’idea che la distinzione di cui sopra tra le due accezioni della Westbindung, da una parte definita come una scelta di collocazione strategica, dall’altra come un fenomeno 18 Cfr. Besson 1970; Kaiser e Morgan 1970; Hacke 1997. Per un’analisi approfondita del concetto di sicurezza come possibile paradigma interpretativo per ripercorrere l’intera storia della Bundesrepublik si veda il prezioso contributo di E. Conze, Sicherheit al Kultur. Überlegungen zu einer “modernen Politikgeschichte” der Bundesrepublik Deutschland, in VfZ 3 /2005, pp.357-380. 19 7 più ampio di interpretazione del mondo, sia in realtà sul piano storico molto sottile. In secondo luogo, e questo è un aspetto strettamente connesso al primo punto, sono le stesse modalità attraverso le quali quest’alleanza con l’Occidente prende corpo a presentare dei tratti assolutamente moderni. Se è vero, come abbiamo visto, che la Westbindung fu ispirata da classiche logiche di politica di potenza, sia pure riadattate al cospetto dei mutamenti introdotti dalla guerra fredda, è altrettanto vero il fatto che la sua realizzazione sia avvenuta attraverso l’impiego di strumenti inediti nella storia diplomatica, come la cessione di sovranità o, se preferiamo, l’accettazione di vincoli permanenti20. Strumenti che si sono rivelati tali da rendere improbabile un allontanamento della RFT dallo schieramento occidentale, addirittura irrealistica l’ipotesi di un ritorno alla politica dell’altalena (Schaukelstuhlpolitik) e sicuramente più solidi e duraturi, se non inscindibili, i legami che si andavano progressivamente creando tra Germania Ovest e i suoi nuovi alleati. E ciò appare tanto più evidente dall’osservatorio privilegiato del dopo unificazione. In ultima analisi, la novità della Westbindung consisteva nel fatto che quest’opzione strategica, al contrario delle precedenti alleanze diplomatiche, comportava sin da principio dei forti vincoli, tali da renderla una scelta che sarebbe stata, prevedibilmente, di lungo periodo. E non è certo un caso, a mio avviso, che l’idea della “rivoluzione” in politica estera, associata alla Westbindung, sia stata formulata per la prima volta nel 197021, cioè, proprio nel momento in cui si poteva essere indotti, sia pure erroneamente, a pensare che con la politica di normalizzazione dei rapporti con Mosca, con l’Europa Orientale e soprattutto con l’altra Germania si stesse inaugurando in politica estera un “nuovo corso” diametralmente opposto alla politica occidentale. Non ci resta che trarre qualche conclusione sul metodo e sulla validità della Westbindung come strumento di comprensione della politica estera nel lungo periodo. Per quanto sia «ormai assodato che lo studio della storia non può prescindere dalla conoscenza dei concetti»22, ci possono essere delle riserve rispetto ad un esplicito 20 Cfr. E. Conze, Percorsi verso la Comunità Atlantica. Americanizzazione, occidentalizzazione ed europeizzazione nella politica internazionale della Repubblica Federale Tedesca, in: G. E. Rusconi e H. Woller (a cura di), Italia e Germania 1945-2000. La costruzione dell’Europa, il Mulino, Bologna 2005. 21 Cfr. W. Besson, Der Streit der Traditionen. Über die historischen Grundlagen der westdeutschen Außenpolitik, in: K. Kaiser und R. Morgan (a cura di), 1970. 22 F. Cammarano e M.S. Piretti (a cura di), Parole chiave della storia contemporanea, cit, p.7. 8 utilizzo di strumenti che, in diversa misura, appartengono anche ad altre discipline delle scienze sociali. Il pericolo principale è che il loro impiego possa condurre ad un’eccessiva semplificazione di una trama (come quella storica) che semplice non è. Non c’è dubbio, infatti, che l’utilizzo dei concetti finisca, in un modo o nell’altro, per modellare l’oggetto di analisi a seconda di quelle che sono le specifiche esigenze della ricerca. Tuttavia, è opportuno distinguere tra quella che è un’arbitraria distorsione della realtà e quello che è, invece, il tentativo di attribuire un rilievo preciso ai diversi elementi del quadro e dell’oggetto che si vogliono esaminare. Perché questo tentativo sia funzionale alla comprensione critica di ciò che è realmente accaduto, è, d’altra parte, indispensabile che il risultato di questa sorta di «pulizia concettuale» non sia solo la conseguenza di pure scelte teoriche o di preferenze metodologiche preconcette, ma anche e soprattutto il prodotto di un’attenta analisi dei fatti. Su questo sfondo, la Westbindung ci sembra un concetto fondamentale per capire la storia della politica estera tedesca dalla fine della seconda guerra mondiale ai gironi nostri: essa, a ben vedere, ha rappresentato il principale quadro di riferimento della politica estera tedesca e di ogni sforzo per la riunificazione per tutti i cancellieri che si sono susseguiti da Adenauer a Kohl. Si tratta di un concetto forte che ci aiuta a leggere le persistenze della politica estera tedesca nel lungo periodo, ma anche i suoi cambiamenti strategici. Del resto, come la guerra fredda non può essere considerata come un tempo unico, allo stesso modo non si può negare che anche la storia della Westbindung, che di quel paradigma storico è figlia, ha attraversato delle fasi molto diverse tra loro. La fase della Ostpolitik, come abbiamo detto, è una di queste e sicuramente una delle più importanti. Ciononostante, ci sentiamo autorizzati a sostenere che la RFT sia rimasta fedele al suo ruolo in Europa e nell’alleanza atlantica per tutto il periodo considerato: nella funzione di avamposto dell’Impero Occidentale nella contrapposizione tra est e ovest, in quella di snodo all'interno del fronte occidentale, che ha visto la classe dirigente tedesca, soprattutto durante il lungo decennio gollista, mediare le istanze antagonistiche emerse tra Francia e Stati Uniti, così con l’avvio della Neue Ostpolitik nella fase della «distensione». La riunificazione del paese, infine, per le modalità con cui è avvenuta (la decisione di procedere all’estensione delle strutture politiche e legali della RFT ai territori della RDT piuttosto che alla fusione delle due entità in un nuovo organismo statale e all’elaborazione di una nuova Costituzione) e per le sue conseguenze (il trattato 9 di Maastricht e l’ingresso della Germania unita nella Nato) ha finito per rinnovare e per estendere sia le “obbligazioni” atlantiche che quelle europee della Germania unita. E’ invece indubitato, sia pure nel contesto di un mutamento complessivo di paradigma storico reso evidente dall’11 settembre 2001, che la decisione dell’ex-cancelliere Schröder di opporsi all’intervento militare americano in Iraq nel marzo 2003 abbia rappresentato un’importante svolta nell’ambito di quella che fino a quel momento era stata considerata un’alleanza indefettibile. E’, tuttavia, ancora troppo presto per azzardare l’ipotesi che si sia trattato di un vero punto di non ritorno nella storia della Westbindung, anche perché gli allarmismi per un possibile ritorno al Sonderweg della Germania del secondo dopoguerra si sono finora rivelati infondati. 10