La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera

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La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera
Gabriele D’Ottavio
La Westbindung: una parola chiave nella storia della politica estera tedesca
Chi vuol parlare della politica estera della Repubblica federale tedesca a partire
dalla fine della seconda guerra mondiale deve necessariamente confrontarsi con il
concetto di Westbindung. Si tratta di un concetto «empirico» o «osservativo»,
facilmente riconducibile alla politica del legame con l’Occidente della RFT. D’altra
parte, al cospetto del dibattito che ancora appassiona gli specialisti della materia, la
conoscenza e la comprensione di questa politica sono tutt’altro che scontate1.
In questa sede, ci proponiamo di discutere alcune questioni storiografiche, integrabili
l’una con l’altra, che ruotano intorno all’idea dell’ancoraggio della RFT all’Occidente e
che costituiscono una premessa fondamentale da cui partire per utilizzare il concetto di
Westbindung come strumento di analisi della politica estera tedesca. In particolare, si
affronterà il tema della periodizzazione della Westbindung, la valutazione della relativa
autonomia di questa politica e, infine, la questione del rapporto tra la Westbindung e le
precedenti tradizioni di politica estera.
Prima di entrare nel merito dei quesiti selezionati, è utile, tuttavia, fornire una qualche
definizione del referente empirico del concetto che si vuole esaminare, il che, peraltro,
ci permette di esplicitare, in via preliminare, l’ambito disciplinare in cui ci s’intende
muovere. L’idea di Westbindung (letteralmente: legame con l’Occidente) non si
riferisce, infatti, solamente ad un orientamento di politica estera. Recenti studi si sono,
per esempio, avvalsi del medesimo termine e di concetti affini, come Verwestlichung e
Westernisierung
(Occidentalizzazione),
per
ripercorrere
quel
processo
di
liberalizzazione che ha investito, su scala più ampia, i valori, i modelli e gli ideali
politici e sociali, così come la cultura politica della Germania nel suo complesso nel
secondo dopoguerra2. Tuttavia, scegliendo nell’area di ricerca della storia politica quel
1
Per il dibatitto storiografico si veda C. Mauch, Im Western angekommen. Ideengeschichtliche
Forschungen zur frühen Bundesrepublik, in: Historische Zeitschrift, 272, 2001, pp.107-114 e B. Stöver,
Kontroversen um die Geschichte. Die Bundesrepublik Deutschland, Wissenschaftliche Buchgesellschaft,
Darmstadt, 2002, pp. 30-40.
2
Cfr. A. Doering-Manteuffel, Wie westlich sind die Deutschen? Amerikanisierung und Westernisierung
im 20. Jahrhundert, Vadenhoeck &Ruprecht,Göttingen 1999.
1
settore specifico che è stato definito come “storia politica delle relazioni
internazionali”3, il concetto di Westbindung si definisce più chiaramente come una
«scelta di collocazione strategica» o, se preferiamo, una moderna politica delle
alleanze, che si concretizza, nella sua duplice prospettiva europea e atlantica, con la
partecipazione continuata della RFT alle varie forme del processo d’integrazione
europea e con la sua ammissione alla Nato. Si tratta di una definizione che, al di là delle
ragioni e dei vincoli di carattere metodologico, trova il suo fondamento storico nella
constatazione che sia le potenze occidentali che la maggioranza della classe dirigente
tedesca identificarono tale politica con una delle più importanti soluzioni strategiche per
il problema prioritario della sicurezza nel nuovo contesto della guerra fredda. Come è
stato ben sintetizzato da Hanrieder con la tesi del «doppio contenimento»4, da un lato,
Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, sia pure con i dovuti distinguo, ritennero
opportuno inserire la Germania Ovest in un sistema di alleanze che la proteggesse dalla
minaccia sovietica e da se stessa, dall’altro, la leadership tedesca considerò la politica di
piena integrazione nel sistema occidentale anche e soprattutto come una scelta razionale
particolarmente efficace per rispondere a tutti quei problemi che derivavano dalla
condizione speciale della Germania di paese sconfitto, occupato e diviso, a sovranità
limitata, situato lungo la linea di demarcazione del conflitto tra est e ovest.
Una prima questione di grande rilevanza sia storica che storiografica riguarda la
possibilità di individuare la data di inizio della Westbindung. Premettiamo che si tratta
di una questione di non facile soluzione. Per alcuni studiosi, l’inserimento della RFT nel
sistema occidentale ha inizio con il piano Marshall e si conclude con il trattato
dell’Eliseo5; altri sottolineano, invece, come i passi più importanti verso ovest siano
stati compiuti solo dopo la creazione della Rft, con riferimento particolare alla
partecipazione della Germania Ovest alla Ceca, alla poi fallita Ced e in particolare alla
Nato6. Il tipo di risposta che viene dato a questa domanda dipende, inevitabilmente, dal
3
Per un approfondimento sulla disciplina negli ultimi cinquant’anni si veda il contributo di E. Aga-Rossi,
La storia politica delle relazioni internazionali, in: G. Orsina (a cura di), Fare storia politica. Il problema
dello spazio pubblico nell’età contemporanea, Rubbettino Soveria Mannelli 2000.
4
Cfr. W. F. Hanrieder, Deutschland, Europa, America, Paderborn, Schöningh, 1995.
5
Cfr. L. Herbst, Option für den Westen. Vom Marshallplan bis zum deutsch-französischen Vertrag,
München ,1989 (1996 seconda versione).
6
Cfr. H-P. Schwarz, Die Ära Adenauer. Gründerjahre der Republik 1949-1957. Geschichte der
Bundesrepublik Deutschland. Vol 3, Stuttgart, Wiesbaden, 1981; dello stesso autore, Die Fünfziger Jahre
2
peso specifico che i diversi studiosi attribuiscono ai singoli eventi, il che solleva tutta
una serie di altre questioni tutt’altro che irrilevanti, ma che in questa sede non è
possibile approfondire. Mi limito alla considerazione che non si tratta di aspetti
secondari per la comprensione degli anni della transizione alla democrazia in Germania:
occorre, infatti, valutare il ruolo che ha avuto il piano Marshall in relazione al miracolo
economico degli anni’507 ovvero lo scoppio della guerra di Corea rispetto alla questione
del riarmo della Germania8, i motivi e le dinamiche che hanno portato al fallimento
della Ced e alla successiva integrazione delle forze armate tedesche nella Nato9 e, più in
generale, il legame tra la “prospettiva europea” e la “prospettiva atlantica”10.
Stabilire con precisione quale sia stata la prima tappa realmente determinante ai fini
dell’inserimento della Bundesrepublik all’interno del sistema occidentale ci sembra,
d’altra parte, un’impresa alquanto difficile, se non impossibile, anche e soprattutto in
considerazione del fatto che, come si dirà meglio più avanti, la RFT ancora oggi
continua a rinnovare sia le obbligazioni atlantiche che quelle europee. Ciò che invece si
può rilevare, sia pur ricorrendo ad una semplificazione metodologica che ci porta a
privilegiare il punto di vista della sola classe dirigente tedesca, è il momento in cui la
Westbindung si profila non solo come un orientamento di politica estera auspicabile,
bensì anche come un progetto politico concreto. Da questa prospettiva, è evidente che
l’attenzione deve essere focalizzata sul periodo immediatamente successivo alla nascita
della Bundesrepublik, che peraltro coincide con quello in cui iniziano a prendere forma
sia la prospettiva europea che quella atlantica.
Come è stato ormai da tempo acquisito dalla storiografia, Konrad Adenauer (e con lui
altri importanti personaggi politici dell’epoca) aveva elaborato il suo orientamento filooccidentale ed europeista già negli anni venti e comunque sicuramente prima della
als Epochenzäsur, in: J. Heideking, G. Hfnagel, F. Knipping (a cura di), Wege in die Zeitgeschichte,
Walter de Gruyter, Berlin-New York 1989, pp. 473-496 e C. Kleßmann, Die doppelte Staatsgründung.
Deutsche Geschichte 1945-1955, Bonn 1991.
7
Per un approfondimento si veda W. Link, Der Marshall-Plan und Deutschland, in: Aus Politik und
Zeitgeschichte, B 50/1980, pp. 3-18 e C. Maier e G. Bischof (a cura di), Deutschland und der MarshallPlan, Baden-Baden 1992.
8
Cfr. H-P.Schwarz 1982, R. Steininger, Wiederbewaffnung! Die Entscheidung für einen westdeutschen
Verteidigungsbeitrag: Adenauer und die Westmächte 1950, Erlangen 1989;
9
Militärgeschichtliches Forschungsamt (a cura di), Anfänge westdeutscher Sicherheitspolitik 1945-1956,
München 1982; F. Gauzy, Remilitarisation er affirmation du processus démocratique: le cas du second
réarmement allemand (1950-1955), in “Revue d’Allemagne et des pays de langue allemande”, avril-juin
1998, G.E.Rusconi Germania, Italia, Europa. Dallo stato di potenza alla «potenza civile», Einaudi,
Torino, 2003, pp. 240-265.
10
Cfr. P. Craveri e G. Quagliariello, Atlantismo ed Europeismo, Rubbettino, 2003.
3
nascita della Bundesrepublik11. Tuttavia, fu solo nel 1949, in seguito alla concreta
materializzazione della guerra fredda, alla divisione delle due Germanie e soprattutto
all’assunzione della carica di cancelliere della Repubblica Federale di Germania (e dal
marzo 1951 anche di quella di ministro degli Esteri), che la Westbindung poté assumere
ai suoi occhi la forma e il valore di un progetto politico concreto perseguibile nella sua
duplice prospettiva europea e atlantica; anche perché nel frattempo, a partire dalla
primavera dello stesso anno, stando alle memorie dell’allora segretario di Stato
americano Acheson, l’integrazione della Germania nel blocco occidentale era diventata
prioritaria anche per gli Stati Uniti12. A tale proposito, è utile ricordare una delle
interviste che il neo-eletto cancelliere rilasciò nel novembre 1949: in quell’occasione
Adenauer ventilò, per la prima volta dalla fine della guerra, l’ipotesi che nel caso gli
alleati avessero chiesto ai tedeschi di contribuire attivamente alla difesa dell’Europa, ciò
sarebbe potuto avvenire, eventualmente, anche attraverso la partecipazione di un
contingente militare tedesco all’interno di un esercito europeo. Dietro questa proposta di
integrazione, come rivelerà lo stesso Adenauer nelle sue memorie, il cancelliere
intravedeva, evidentemente sin da allora, la possibilità di perseguire i seguenti obiettivi:
«1. Il recupero di sovranità […]. 2. La sicurezza […]. 3. La realizzazione di una
federazione europea»13.
La sostanziale coincidenza degli interessi tra gli alleati e il cancelliere
renano e, soprattutto, i forti vincoli cui la Rft fu soggetta fino alla abolizione dello
11
Si veda per esempio H-P. Schwarz, Vom Reich zur Bundesrepublik. Deutschland im Widerstreit der
aussenpolitischen Konzeption in den Jahren der Besatzungsherrschaft 1945-1949, Neuvied, 1966, pp. 423
sgg. E H-J. Grabbe,Unionsparteien, Sozialdemokratie und Vereinigten Staaten von Amerika 1949-66,
Düsseldorf 1983, pp.25-44. Per quanto riguarda il periodo immediatamente successivo alla fine della
seconda guerra mondiale, molto citata è la lettera inviata da Adenauer al borgomastro di Duisburg, il 31
ottobre 1945, dalla quale emerge chiaramente come l’allora sindaco di Colonia avesse intuito, già
all’epoca, quale sarebbe stata l’evoluzione della politica internazionale e quali le conseguenze da trarre
per quella «parte della Germania che non [era] soggetta al dominio della Russia»:
12
Cfr. Dean Acheson, Present at Creation. My years in the State Department, New York, 1969, p. 291.
La convinzione del governo degli Stati Uniti che la Westbindung della RFT fosse la migliore garanzia per
raggiungere la sicurezza «per la Germania e dalla Germania» venne, tuttavia, esplicitata ufficialmente
solo nel novembre 1949, con la direttiva politica inviata all’Alto commissario americano McCloy. Cfr.
Policy Directive for the United States High Commissioner for Germany, 17.11.1949, FRUS, 1949, III,
pp.319-340 (p.319 sg), citata in H-J Grabbe, Unionsparteien, Sozialdemokratie und Vereinigten Staaten
von Amerika, Düsseldorf, op. cit. p. 181.
13
K. Adenauer Erinnerungen I, pp . 342 sg e 345 sgg. I tre punti li ritroviamo, sia pure in maniera non
così schematica, in una lettera privata indirizzata a Frau Wessels del 27 agosto 1949, StBKAH, 10.02. in:
Rudolph Morsey und Hans Peter Schwarz (Hrsg), Adenauer. Briefe 1949-1951 (=Rhöndorfer Ausgabe),
Berlin 1985, S.96 sgg.
4
statuto di occupazione sollevano d’altra parte il dubbio, se sia legittimo considerare la
Westbindung alla stregua di una libera scelta di politica estera della classe dirigente
tedesca ovvero se tale opzione politica sia stata semplicemente imposta dagli alleati14.
Lo studioso tedesco Ludolf Herbst15 ha provato a dare una risposta a questo quesito,
individuando nelle principali revisioni dello statuto di occupazione (che, come noto,
furono riferite ad imprese come la Ceca, la poi fallita Ced e l’ammissione della Rft alla
Nato) la cartina di tornasole per stabilire se il progressivo recupero di porzioni di
sovranità da parte della RFT debba essere ascritto esclusivamente alla volontà degli
Alleati ovvero fin quando e in che modo sia stato favorito dall’operato politico del
cancelliere. Dall’analisi, a nostro avviso molto convincente, si giunge alla conclusione
che i meriti che vengono generalmente riconosciuti a Konrad Adenauer, da una
letteratura forse fin troppo benevola nei suoi confronti, devono essere relativizzati alla
luce del fatto che fino all’entrata in vigore dei trattati di Parigi lo spazio e i margini di
manovra a disposizione della classe dirigente tedesca erano davvero molto limitati. Le
condizioni relative ai tempi e ai modi con cui si sarebbe dovuto realizzare, ed
effettivamente si concretizzò, l’inserimento della Germania Ovest all’interno del
sistema occidentale vennero, infatti, sempre dettate dalle potenze occidentali.
Tuttavia, sempre Herbst (e non è l’unico) mette, al contempo, in evidenza come lo
«stile» particolare di Adenauer nell’interpretare la sua parte di “cancelliere degli
Alleati” abbia senza dubbio contribuito a creare le premesse necessarie perché gli
Alleati si sentissero davvero garantiti nel proseguire sulla via della Westbindung. Più
precisamente, il suo atteggiamento di incondizionata disponibilità a rinunciare a
porzioni di sovranità (al punto da arrivare in alcuni casi a concedere più di quanto fosse
necessario secondo la logica del do ut des), così come la sua collaborazione costruttiva
14
Non ci sono dubbi invece per quanto riguarda il periodo compreso tra la fine della seconda guerra
mondiale e la nascita della RFT. Così Christian Hacke: «Deutsche Außenpolitik nach 1945 war keine
Frage von Möglichkeiten, denn Deutschland unterlag zunächst dem Diktat der Sieger». Cfr. C. Hacke,
Die Entscheidung für die politische Westbindung nach 1945, in: R. Zitelmann, K. H. Weissmann, M
Grossheim, Westbindung, op. cit., 129 sg. Tuttavia, non bisogna trascurare il fatto che proprio in questo
periodo si sviluppa una controversia tutta interna sulla futura prospettiva internazionale della Germania,
che vede in Konrad Adenauer, Kurt Schumacher e Jakob Kaiser i suoi principali interpreti e che si
protrarrà per tutto il corso degli anni’50. Cfr. H-P. Schwarz, Vom Reich zur Bundesrepublik. Deutschland
im Widerstreit der außenpolitischen Konzeptionen in den Jahren der Besatzungsherrschaft 1945-1949,
Stuttgart 1980 (seconda edizione).
15
Cfr. L.Herbst, Stil und Handlungsspielräume westdeutscher Integrationspolitik, in: L. Herbst, W.
Bührer Werner, H. Sowade, Vom Marshallplan zur EWG. Die Eingliederung der Bundesrepublik
Deutschland in die westliche Welt, München, Oldenbourg, 1990, pp. 3-18.
5
all’interno delle prime istituzioni europee comunitarie, avrebbero fatto sì che agli occhi
degli occidentali le intenzioni del governo tedesco apparissero credibili, incoraggiando
la scelta, niente affatto naturale e inevitabile a quell’epoca, di sostituire nei confronti
della Germania sconfitta il principio di subordinazione con quello di sopranazionalità.
Si tratta, d’altra parte, di una tesi che assume un valore ancor maggiore al cospetto di
quei personaggi politici di primissimo piano che, indipendentemente dall’effettiva
praticabilità delle loro alternative, adottarono nei primissimi anni di vita della
Repubblica Federale delle posizioni diverse, se non diametralmente opposte a quelle di
Adenauer16. La SPD di Kurt Schumacher, che pure non era pregiudizialmente ostile
alla politica di allineamento con l’occidente, come è noto criticò duramente il
meccanismo in base al quale la RFT si sarebbe dovuta integrare incondizionatamente
all’interno di una serie di strutture occidentali prima ancora di aver raggiunto la
sovranità e l’unità nazionale, finendo per votare contro tutte le principali tappe
integrazioniste della prima metà degli anni’ 50: dalla Ceca, alla Ced, all’ingresso della
RFT nella Nato. D’altra parte, anche tra i partiti dell’Unione e tra i liberali c’era chi non
condivideva pienamente il corso di politica estera intrapreso da Konrad Adenauer. Tra i
cristiano-democratici, il più noto concorrente del cancelliere renano era Jakob Kaiser,
che tra l’altro avrebbe fatto parte della compagine governativa nei primi anni ’50. Ancor
prima che la RFT vedesse la luce, Kaiser aveva espresso l’auspicio che la Germania
potesse restare al di fuori della contrapposizione tra i due blocchi, assumendo una
funzione di mediazione tra est e ovest17. Ciò che è rilevante è che gli “antagonisti” di
Adenauer esprimevano, in maniera più o meno diretta, un timore che era al contempo
molto diffuso anche tra la popolazione: ossia, che un inserimento prematuro e radicale
dell’elemento tedesco all’interno del «blocco occidentale» potesse compromettere
definitivamente l’obiettivo della riunificazione. Se l’idea della Westbindung finì dunque
per essere accettata dalla stragrande maggioranza della popolazione, ciò si deve, in
ultima analisi, anche alla tenacia e alla coerenza con cui Adenauer ha perseguito tale
16
Sulle controversie della fine degli anni’40 e dei primi anni’50 si veda H-P.Schwarz, Vom Reich zur
Bundesrepublik. Deutschland im Widerstreit der außenpolitischen Konzeptionen in den Jahren der
Bestazungsherrschaft 1945-1949, Stuttgart 1980; H-J. Grabbe, Unionsparteien, Sozialdemokratie und
Vereinigten Staaten von Amerika, Düsseldorf, Droste, 1983. Cfr. Helga Haftendorn, Deutsche
Aussenpolitik zwischen Selbstbeschränkung und Selbstbehauptung 1945-2000, Stuttgart München,
Deutsche Verlags-Anstalt, 2001, pp. 57 sg.
17
Cfr. Jakob Kaiser, Wir haben Brücke zu sein in: Christian Hacke (cura di), Reden, Äußerungen und
Aufsätze zur Deutschlandpolitik, Köln 1988.
6
politica. Alla luce di ciò riteniamo legittimo, sia da un punto di vista metodologico che
sul piano storico, attribuire grande rilievo al ruolo di Konrad Adenauer una figura che
risulta, a tutti gli effetti, imprescindibile per spiegare la politica di piena integrazione nel
sistema occidentale.
Queste considerazioni ci portano direttamente ad affrontare un’ultima questione,
che riguarda il rapporto tra la Westbindung e le precedenti tradizioni di politica estera
tedesca. Non c’è dubbio che la Westbindung rappresenta, nel complesso, una politica
assolutamente innovativa se non “rivoluzionaria” nella storia della politica estera
tedesca18. La stessa scelta degli alleati occidentali, con particolare attenzione ai due
principali partner strategici, Stati Uniti e Francia, costituisce un primo importante
elemento di novità. Se ripercorriamo la storia della politica estera tedesca negli ultimi
due secoli, constatiamo, infatti, che la tradizionale disputa tra «occidentalisti» e
«orientalisti» fino alla seconda guerra mondiale, dalla convenzione di Tauroggen del
generale Yorck del 1812 al Drei-Kaiser-Bund, dall’accordo Čičerin-Rathenau al patto
Molotov-Ribbentropp del 1939, è sempre stata vinta dai secondi, cioè da coloro che
privilegiavano le relazioni con i paesi orientali. Inoltre, l’aspetto sul quale vale la pena
soffermarsi riguarda il carattere squisitamente “moderno” della Westbindung. Esso
consiste, in primo luogo, nel fatto che la ragion d’essere di questa politica delle
alleanze, cioè il problema della sicurezza, in un contesto internazionale dominato dalla
contrapposizione tra due blocchi politicamente, ideologicamente ed economicamente
omogenei e incompatibili tra loro, non si limitava più alla sola sfera strategico-militare,
bensì comprendeva anche le prospettive di stabilità politica ed economica e di sicurezza
sociale19. Personaggi politici come Adenauer, ma anche come De Gasperi, furono tra i
primi a riconoscere questa più stretta compenetrazione tra le condizioni esterne e i
fattori interni che veniva imposta dalle logiche della guerra fredda. Questa precoce
presa d’atto fa di loro degli uomini assolutamente moderni. Al contempo, ci suggerisce
l’idea che la distinzione di cui sopra tra le due accezioni della Westbindung, da una
parte definita come una scelta di collocazione strategica, dall’altra come un fenomeno
18
Cfr. Besson 1970; Kaiser e Morgan 1970; Hacke 1997.
Per un’analisi approfondita del concetto di sicurezza come possibile paradigma interpretativo per
ripercorrere l’intera storia della Bundesrepublik si veda il prezioso contributo di E. Conze, Sicherheit al
Kultur. Überlegungen zu einer “modernen Politikgeschichte” der Bundesrepublik Deutschland, in VfZ 3
/2005, pp.357-380.
19
7
più ampio di interpretazione del mondo, sia in realtà sul piano storico molto sottile. In
secondo luogo, e questo è un aspetto strettamente connesso al primo punto, sono le
stesse modalità attraverso le quali quest’alleanza con l’Occidente prende corpo a
presentare dei tratti assolutamente moderni. Se è vero, come abbiamo visto, che la
Westbindung fu ispirata da classiche logiche di politica di potenza, sia pure riadattate al
cospetto dei mutamenti introdotti dalla guerra fredda, è altrettanto vero il fatto che la
sua realizzazione sia avvenuta attraverso l’impiego di strumenti inediti nella storia
diplomatica, come la cessione di sovranità o, se preferiamo, l’accettazione di vincoli
permanenti20. Strumenti che si sono rivelati tali da rendere improbabile un
allontanamento della RFT dallo schieramento occidentale, addirittura irrealistica
l’ipotesi di un ritorno alla politica dell’altalena (Schaukelstuhlpolitik) e sicuramente più
solidi e duraturi, se non inscindibili, i legami che si andavano progressivamente creando
tra Germania Ovest e i suoi nuovi alleati. E ciò appare tanto più evidente
dall’osservatorio privilegiato del dopo unificazione. In ultima analisi, la novità della
Westbindung consisteva nel fatto che quest’opzione strategica, al contrario delle
precedenti alleanze diplomatiche, comportava sin da principio dei forti vincoli, tali da
renderla una scelta che sarebbe stata, prevedibilmente, di lungo periodo. E non è certo
un caso, a mio avviso, che l’idea della “rivoluzione” in politica estera, associata alla
Westbindung, sia stata formulata per la prima volta nel 197021, cioè, proprio nel
momento in cui si poteva essere indotti, sia pure erroneamente, a pensare che con la
politica di normalizzazione dei rapporti con Mosca, con l’Europa Orientale e soprattutto
con l’altra Germania si stesse inaugurando in politica estera un “nuovo corso”
diametralmente opposto alla politica occidentale.
Non ci resta che trarre qualche conclusione sul metodo e sulla validità della
Westbindung come strumento di comprensione della politica estera nel lungo periodo.
Per quanto sia «ormai assodato che lo studio della storia non può prescindere dalla
conoscenza dei concetti»22, ci possono essere delle riserve rispetto ad un esplicito
20
Cfr. E. Conze, Percorsi verso la Comunità Atlantica. Americanizzazione, occidentalizzazione ed
europeizzazione nella politica internazionale della Repubblica Federale Tedesca, in: G. E. Rusconi e H.
Woller (a cura di), Italia e Germania 1945-2000. La costruzione dell’Europa, il Mulino, Bologna 2005.
21
Cfr. W. Besson, Der Streit der Traditionen. Über die historischen Grundlagen der westdeutschen
Außenpolitik, in: K. Kaiser und R. Morgan (a cura di), 1970.
22
F. Cammarano e M.S. Piretti (a cura di), Parole chiave della storia contemporanea, cit, p.7.
8
utilizzo di strumenti che, in diversa misura, appartengono anche ad altre discipline delle
scienze sociali. Il pericolo principale è che il loro impiego possa condurre ad
un’eccessiva semplificazione di una trama (come quella storica) che semplice non è.
Non c’è dubbio, infatti, che l’utilizzo dei concetti finisca, in un modo o nell’altro, per
modellare l’oggetto di analisi a seconda di quelle che sono le specifiche esigenze della
ricerca. Tuttavia, è opportuno distinguere tra quella che è un’arbitraria distorsione della
realtà e quello che è, invece, il tentativo di attribuire un rilievo preciso ai diversi
elementi del quadro e dell’oggetto che si vogliono esaminare. Perché questo tentativo
sia funzionale alla comprensione critica di ciò che è realmente accaduto, è, d’altra parte,
indispensabile che il risultato di questa sorta di «pulizia concettuale» non sia solo la
conseguenza di pure scelte teoriche o di preferenze metodologiche preconcette, ma
anche e soprattutto il prodotto di un’attenta analisi dei fatti. Su questo sfondo, la
Westbindung ci sembra un concetto fondamentale per capire la storia della politica
estera tedesca dalla fine della seconda guerra mondiale ai gironi nostri: essa, a ben
vedere, ha rappresentato il principale quadro di riferimento della politica estera tedesca
e di ogni sforzo per la riunificazione per tutti i cancellieri che si sono susseguiti da
Adenauer a Kohl. Si tratta di un concetto forte che ci aiuta a leggere le persistenze della
politica estera tedesca nel lungo periodo, ma anche i suoi cambiamenti strategici. Del
resto, come la guerra fredda non può essere considerata come un tempo unico, allo
stesso modo non si può negare che anche la storia della Westbindung, che di quel
paradigma storico è figlia, ha attraversato delle fasi molto diverse tra loro. La fase della
Ostpolitik, come abbiamo detto, è una di queste e sicuramente una delle più importanti.
Ciononostante, ci sentiamo autorizzati a sostenere che la RFT sia rimasta fedele al suo
ruolo in Europa e nell’alleanza atlantica per tutto il periodo considerato: nella funzione
di avamposto dell’Impero Occidentale nella contrapposizione tra est e ovest, in quella di
snodo all'interno del fronte occidentale, che ha visto la classe dirigente tedesca,
soprattutto durante il lungo decennio gollista, mediare le istanze antagonistiche emerse
tra Francia e Stati Uniti, così con l’avvio della Neue Ostpolitik nella fase della
«distensione». La riunificazione del paese, infine, per le modalità con cui è avvenuta (la
decisione di procedere all’estensione delle strutture politiche e legali della RFT ai
territori della RDT piuttosto che alla fusione delle due entità in un nuovo organismo
statale e all’elaborazione di una nuova Costituzione) e per le sue conseguenze (il trattato
9
di Maastricht e l’ingresso della Germania unita nella Nato) ha finito per rinnovare e per
estendere sia le “obbligazioni” atlantiche che quelle europee della Germania unita. E’
invece indubitato, sia pure nel contesto di un mutamento complessivo di paradigma
storico reso evidente dall’11 settembre 2001, che la decisione dell’ex-cancelliere
Schröder di opporsi all’intervento militare americano in Iraq nel marzo 2003 abbia
rappresentato un’importante svolta nell’ambito di quella che fino a quel momento era
stata considerata un’alleanza indefettibile. E’, tuttavia, ancora troppo presto per
azzardare l’ipotesi che si sia trattato di un vero punto di non ritorno nella storia della
Westbindung, anche perché gli allarmismi per un possibile ritorno al Sonderweg della
Germania del secondo dopoguerra si sono finora rivelati infondati.
10