Voci di speranza - Diocesi di Como

Transcript

Voci di speranza - Diocesi di Como
Reportage
Sabato, 8 settembre 2012
9
Radio di pace. A colloquio con Enrica Valentini e suor Elena Balatti
O
gni mattina i microfoni
di Radio Voice of
Hope si aprono
per raccogliere le
telefonate degli ascoltatori.
Ed è allora che il Sud Sudan,
con i suoi problemi e le sue
opportunità, entra negli studi
dell’emittente della diocesi di
Wau per rimbalzare in migliaia
di case e capanne attraverso i
telefonini che quasi ogni sud
sudanese tiene nelle tasche. Si
parla di problemi sociali come
l’alcolismo o l’analfabetismo,
ma anche di sanità, sviluppo
della città e lotta alla corruzione.
I conduttori raccolgono le
telefonate, in arabo o inglese (le
due lingue utilizzate in Radio),
moderano gli interventi, ma
senza intervenire troppo perché
questo – ogni mattina attorno
alle 8 – è lo spazio dei cittadini.
Un osservatorio privilegiato
sulla realtà del Sud Sudan.
“Questa è una delle trasmissioni
più seguite perché dopo anni
di guerra la gente ha voglia di
partecipare e dire la propria”,
racconta Enrica Valentini,
volontaria della Caritas di
Como, presente nella diocesi
sud sudanese dall’agosto 2009
e, attualmente, direttore della
radio che raggiunge un bacino
di circa 500 mila ascoltatori.
La incontriamo nella sede
dell’emittente dove lavorano
una ventina di giovani, molti
dei quali studenti universitari.
Radio Voice of Hope è in onda
dall’ottobre 2011 e fa parte del
Catholic Radio Network, la rete
della Conferenza Episcopale
Sudanese, nata nel 2007
grazie alla collaborazione dei
missionari comboniani.
Quali sono le specificità di
Radio Voice of Hope?
“A Wau la radio rappresenta
l’unica fonte di informazione
per la gente. Non esistono
giornali e la televisione è
presente solo nelle case
dei ricchi o in alcuni bar e
ristoranti. Al momento la
nostra è una delle tre radio in
funzione insieme alla radio
statale e all’emittente della
Chiesa protestante. La nostra
è una radio comunitaria e tutti
i programmi devono essere
a beneficio della comunità,
dando informazioni utili alla
gente da un punto di vista
sociale, spirituale, sanitario e
morale. Attualmente ci stiamo
concentrando su tematiche
sociali particolarmente sentite.
NELLA FOTO ENRICA VALENTINI
E SUOR ELENA BALATTI
✎ Malakal
a diocesi di Malakal è una delle più
Lquestioni
“calde” del Sud Sudan e non per
climatiche. Tutt’altro, perché
Voci di
speranza
“Per anni a causa
delle guerra le
comunità sono
rimaste isolate.
Noi le aiutiamo
ad aprirsi all’altro
e al mondo”
Lo facciamo partendo da notizie
e iniziative di attualità e creando
attorno ad esse talk show e
dibattiti”.
Ascoltando la voce della gente
quale immagine del Sud Sudan
emerge?
“La gente sembra avere le
idee chiare su quali siano le
priorità in materia di servizi –
soprattutto educazione e sanità
– e traspare ancora la voglia di
lavorare per costruire qualcosa
di buono. Dall’altra parte però
la gente è consapevole di quali
siano gli attori in gioco e di
quello che dovrebbe essere
il loro compito. Purtroppo
però questa consapevolezza si
scontra con la realtà di uno Stato
che può fare poco a causa della
mancanza di risorse e, forse
ancora di più, della carenza di
competenze”.
Quale ruolo può giocare una
radio come la vostra?
“Il compito primario è far sapere
alla gente quello che succede,
ma con spirito critico e non
semplicemente raccontando gli
eventi. Purtroppo spesso le radio
governative tendono ad essere
autoreferenziali, raccontando
solo una faccia della medaglia.
Noi cerchiamo invece di far
crescere la consapevolezza delle
comunità”.
Il Sud Sudan è agli ultimi
posti in tutte le statistiche
relative agli indici di sviluppo.
Parliamo di mortalità
infantile, accesso ai servizi
sanitari, reddito pro capite,
alfabetizzazione. In una realtà
come questa che senso ha
investire in una radio?
“Certamente di fronte alla gente
che muore per mancanza di
medicine o di un’ adeguata
alimentazione, l’apertura di una
radio non è certamente una
priorità. Ma credo che molto
dipenda dalla prospettiva con
cui si guarda alla realtà. Certo
se non ci sono gli ospedali le
persone non hanno possibilità
di ricevere cure adeguate e
possono anche morire, ma se
tramite la radio riusciamo a
fare una corretta educazione
sanitaria nei villaggi possiamo
evitare che tante persone
abbiano bisogno dell’ospedale.
Le cose non si escludono.
Dall’altra parte oggi in Sud
Sudan la gente ha bisogno di
sapere cosa succede intorno
a loro e nel mondo. Per troppi
anni a causa della guerra le
comunità sono state chiuse
nel loro piccolo mondo senza
possibilità di comunicare
all’esterno. Ora si stanno
aprendo lentamente, anche
grazie alla costruzione di
infrastrutture fisiche come
le strade, ed è importante
accompagnarle in questo
cammino”.
durante la stagione delle piogge la
città, vicino al confine con il Sudan, è
completamente ricoperta di fango. A
riscaldare l’ambiente sono la crisi tra
Sudan e Sud Sudan che qui più che in
ogni altro luogo ha pesanti ricadute
sulle realtà sociale. Non solo per la
presenza dei profughi in fuga dalla
violenze nel Sud del Sudan: circa 100
mila persone nei campi allestiti nello
stato dell’Upper Nile di cui Malakal è
la capitale. Ma anche perché il blocco
dei commerci con il Nord ha provocato
un aumento improvviso e insostenibile
dell’inflazione. Il tutto nella regione del
Sud Sudan più ricca di petrolio. A queste
difficoltà, legate al conflitto con il Nord,
si sommano i problemi interni legati
alle tensioni etniche mai sopite. L’Upper
Nile, fin dagli accordi di pace del 2005,
è stato al centro di ribellioni interne che
hanno visto protagoniste diverse milizie
che si opponevano al governo di Juba e
alla leadership dell’SPLM (l’esercito sud
sudanese), potendo contare sul sostegno più o meno velato - di Khartoum. L’ultimo
attacco di un gruppo ribelle alla città
risale all’aprile scorso. Ed è in questo
contesto che essere una radio di comunità
diventa ancora più importante, ma allo
stesso tempo difficile. Lo sa bene suor
Elena Balatti, missionaria comboniana
originaria di Samolaco San Pietro in
provincia di Sondrio, che dal 4 agosto
2009, data della sua fondazione, dirige
la radio diocesana (“Voce di Carità”),
legata al Catholic Radio Network. “La
nostra è l’unica radio realmente locale
che trasmette in zona – racconta suor
Elena – per questo siamo consapevoli
dell’importanza del nostro ruolo per
costruire la pace. Cerchiamo di far capire
alla gente che il futuro non può essere
costruito con le logiche del tribalismo.
Lo facciamo però senza intervenire di
petto nelle questioni politiche, evitando
lo scontro aperto con il governo e le
autorità locali perché rischieremmo solo
di essere chiusi, privando le comunità di
un punto di riferimento. Non per questo
però rinunciamo a dire che un’alternativa
alla guerra è possibile”. A mettere a rischio
il futuro della radio è però l’aumento
incredibile del costo del carburante,
necessario per il funzionamento del
generatore. “E’ paradossale – spiega il
direttore – ma nello stato più ricco di
petrolio di tutto il Sud Sudan non si trova
il gasolio. Il prezzo è aumento nell’ultimo
anno di quattro o cinque volte. Per il
momento riusciamo ad andare avanti con
dei fondi che avevamo messo da parte ma,
se continua così, non so quanto potremo
andare avanti”.
Agricoltura. L’impegno di Matteo Perotti da S. Agata all’Università Cattolica del Sud Sudan
Cresce il legame tra Como e il Sud Sudan
C
MATTEO PEROTTI
ontinua a crescere e a rafforzarsi
il legame della diocesi di Como
con il Sud Sudan ed in particolare la diocesi di Wau, capitale del Western Bahr al Ghazal. Un legame iniziato nel 2006 con la prima visita dei
responsabili della Caritas di Como alla
diocesi. Erano gli anni dell’immediato
dopo guerra e fu proprio la Conferenza
episcopale sudanese ad indicare quella
di Wau come una delle diocesi più bisognose di aiuto. Coincidenza ha voluto che, proprio in quella diocesi, fosse
vescovo mons. Rudolf Deng Majak, che
da giovane seminarista era stato accolto dalla parrocchia di S. Agata a Como.
Dal 2006 il legame è diventato sempre
più stretto tanto che nel 2009 la Caritas
ha deciso di inviare una volontaria, Enrica Valentini, che dopo aver lavorato
all’ufficio comunicazione della diocesi
ha seguito i lavori per l’apertura della
Radio diocesana di cui è attualmente
direttore. Da circa un anno anche un
altro comasco, tra i primi a recarsi a
Wau nell’immediato dopoguerra, vive
stabilmente a Wau. Si tratta di Matteo
Perotti, ingegnere con un passato al
politecnico di Milano e collaboratore
dell’area internazionale della Caritas
diocesana. Attualmente Matteo insegna matematica alla facoltà di agraria
dell’Università Cattolica del Sud Sudan che ha una sede proprio a Wau. è
lui stesso ad accompagnarci nei locali
dell’Università, una costruzione ancora segnata dagli anni della guerra nel
quartiere “Nazareth” – dal nome della
parrocchia che vi si trova – sulla collina
alle spalle della città. “Quella dell’agricoltura – racconta Perotti – è una delle
grandi potenzialità inespresse del Sud
Sudan. è sufficiente uscire dalla città
e percorrere pochi chilometri per ren-
dersi conto di quanto terreno coltivabile ci sia e di come i metodi spesso utilizzati siano legati ad un’agricoltura di
pura sussistenza. Per questo avere una
facoltà di agraria rappresenta una grande potenzialità per il territorio anche se
ha bisogno di crescere ancora molto”.
In questi giorni è partito il terzo anno
di corsi che ha attirato in città studenti
da diverse aree del Sud Sudan. “Purtroppo – continua Perotti – sono tanti
gli studenti che frequentano l’università di agraria non tanto con l’idea di
avviare un’attività agricola, ma con la
speranza di ottenere un lavoro da impiegati al ministero dell’agricoltura. Per
questo speriamo di riuscire ad avviare
presto qualche progetto agricolo per
far capire ai giovani quali opportunità
per il futuro possano aprirsi in questo
campo. Non solo per loro, ma per le loro comunità”.