Como e Wau, il legame si rafforza

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Como e Wau, il legame si rafforza
Indipendenza Sud Sudan
la preghiera
per il nuovo stato
In vista
dell’indipendenza L
la Chiesa
ha lanciato
un’iniziativa
di preghiera
a Chiesa cattolica sudanese ha
lanciato dal mese di maggio una nuova
campagna di preghiera in preparazione
al giorno dell’indipendenza dal titolo
“Republic of South Sudan - One nation
from every tribe, tongue and people” (Una
nazione da ogni tribù, lingua e popolo).
La campagna riflette la posizione che la
Conferenza episcopale ha assunto sin
dal referendum, rivolta a promuovere
la pace e la riconciliazione per creare
uno stato unico, senza lotte interne tra
gruppi etnici. La Chiesa in Sudan non è
nuova a queste iniziative.
Durante tutto il periodo di transizione
– iniziato nel 2005 – ha accompagnato
il processo di pace con costanti
iniziative di preghiera per il dialogo
e la pace. Un impegno che ha portato
all’apertura, in tutte le diocesi, di un
ufficio “Giustizia e pace” impegnato
Caritas diocesana
voice of hope
Continua il lavoro per la
costruzione della nuova
radio della diocesi di Wau
Io non mi sto preparando molto
coscientemente…da un lato c’è la
sensazione di stare per assistere
ad un avvenimento epocale,
dall’altro il lavoro di tutti i giorni e
le innumerevoli sfide quotidiane ti
distolgono da questa prospettiva.
Da khawaja, come chiamano qui
gli stranieri, forse non mi rendo
conto davvero di cosa significhi il
9 luglio. Forse sono più propensa a
vedere le difficoltà che ci saranno
dopo l’indipendenza e che, anzi,
già da un po’ si fanno sentire. Ma
probabilmente se avessi vissuto
venti anni ininterrotti di guerra, in
un Paese che non sento casa mia,
dove sono considerato come uno
schiavo o un cittadino inferiore,
forse ragionerei diversamente.
Le relazioni con il Nord hanno
infatti subito una drastica
interruzione e, praticamente dalla
proclamazione dei risultati del
nella promozione di iniziative per
la riconciliazione tra le comunità,
l’educazione civica e la promozione dei
diritti umani. Un impegno notevole era
stato profuso in vista del referendum
del 9 gennaio scorso, preceduto
da veglie di preghiera e incontri di
formazione. Alla supplica a Dio per
un futuro pacifico per il Paese si è
associata anche la Chiesa italiana che,
su invito della Caritas, ha invitato le
comunità a inserire il Sud Sudan tra le
intenzioni di preghiera.
“Al lavoro per far
crescere la Chiesa”
A festeggiare insieme ai sudanesi per
le strade di Wau non ci sarà Matteo
Perotti, della parrocchia di Sant’Agata
a Como, nuovo volontario comasco
arrivato in Sud Sudan a gennaio. Dopo
i primi sei mesi, infatti, è rientrato in
Italia per un breve periodo, lasciando la
città nel bel mezzo dei preparativi per la
grande festa.
Attualmente sono due i volontari
comaschi presenti in Sud Sudan
C
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Una prospettiva
Como e Wau,
il legame
si rafforza
ontinua a rafforzarsi il filo che unisce
la diocesi di Como a quella di Wau.
Da circa sei mesi, infatti, un altro
volontario laico di Como, Matteo Perotti,
si è aggiunto a Enrica Valentini, volontaria
della Caritas di Como, da due anni in
Sud Sudan. Quello tra le due diocesi è
un legame nato all’indomani della firma
degli accordi di Pace del 2005. “In quel
periodo – spiega Massimiliano Cossa,
responsabile dell’area internazionale
della Caritas diocesana – volevamo
iniziare un percorso di solidarietà
internazionale come Caritas di Como
e la realtà del Sudan, appena uscita da
una guerra durata oltre vent’anni, ci
sembrava particolarmente bisognosa
d’aiuto. E’ così che con l’allora direttore,
don Daniele Denti, ci siamo recati nella
capitale sudanese per capire come
avremmo potuto dare il nostro piccolo
crontributo alla pace. Fu il provinciale dei
Sabato, 9 luglio 2011
missionari comboniani a Khartoum ad
indirizzarci verso Wau una realtà rimasta
ai margini degli aiuti perché aveva avuto,
in tempo di guerra, meno contatti con
le realtà internazionali”. Fu così che, nel
2006, Cossa partì alla volta di Wau. Ad
accompagnarlo c’era Matteo Perotti,
originario di Sant’Agata, parrocchia a
cui era legato da anni il Vescovo di Wau,
mons. Rudolf Deng Majak. “Il colloquio
con il Vescovo - spiega Cossa - ci colpì
molto perché non ci chiese, come ci
aspettavamo, soldi o finanziamenti per
opere, ma espresse il desiderio che la
Chiesa di Como mettesse a disposizione
della sua diocesi non cose, ma persone;
uomini e donne disposti a condividere
con loro un cammino, a trasmettere
competenze e capacità vivendo sul luogo.
Un’idea di cooperazione certamente più
arricchente e stimolante per entrambi”.
Questo non impedì, però, alla Caritas
Il progetto della radio procede ai lenti ritmi africani.
Innumerevoli ritardi si sono accumulati durante
questo anno e mezzo di attività. L’assenza di
infrastrutture adeguate rende estremamente difficili
i trasporti di tutto il materiale necessario per il
progetto (costruzione, attrezzatura, operai,…).
Considerando che praticamente niente è prodotto
in Sud Sudan e che tutto va importato, non si può
fare a meno di spendere molto denaro e molto
tempo per far arrivare tutto quanto è necessario.
Aggiungiamo poi che le piogge deteriorano le
condizioni delle strade e che quindi percorrere 100
km richiede un paio di giorni. Aggiungiamo poi che
la diffusione di internet e telefono, per quanto in
crescita, è ancora scarsa, quindi pianificare di far
arrivare un prodotto da un altro Paese implica spesso
che qualcuno deve fisicamente andare sul posto e
scegliere, trattare, ecc. E che spesso poi quando
arriva il momento di concludere l’acquisto, magari
il prodotto che volevi è esaurito, e quindi bisogna
ricominciare da capo un’altra volta. Tutto questo
di finanziare alcuni progetti come la
ristrutturazione delle scuole nella città
di Raja dove operava padre Eugenio
Caligari, originario della Valtellina. Nel
2009 il desiderio del vescovo Rudolf,
si è concretizzato con la partenza di
Enrica Valentini, che ha preso le redini
dell’Ufficio Comunicazioni della diocesi
sudanese con l’obiettivo di aprire “Voice
of Hope” la nuova radio diocesana.
“Oggi, alla vigilia di questa tappa così
importante per il Sud Sudan – spiega
Roberto Bernasconi, direttore della
Caritas di Como – vorremmo rilanciare e
valorizzare il nostro legame con la Chiesa
di Wau. In particolare ci piacerebbe che
questa non rimanesse una questione di
pochi, ma potesse acquisire sempre più
una dimensione diocesana, stimolando
le nostre comunità ad una maggiore
apertura al mondo”.
MICHELE LUPPI
per farvi capire come qualcosa che in Italia sarebbe
stato possibile completare in 6 mesi, qui richiede
un tempo imprevedibile. Comunque noi non siamo
stati qui con le mani in mano. La ristrutturazione
dell’edificio è finita e dai primi di marzo abbiamo
preso possesso degli spazi. Con calma abbiamo
arredato gli uffici e una sala che abbiamo cominciato
subito ad utilizzare e piano piano, man mano che
l’attrezzatura arriva, finiremo di arredare anche il
resto. Mentre aspettavamo, e ancora aspettiamo,
con ansia l’arrivo del container con l’attrezzatura
per gli studi e per installare le antenne, siamo
andati avanti con la formazione del personale. Ad
un gruppo di una decina di ragazzi è stato insegnato
come registrare, come presentare, come strutturare
un programma radiofonico. Con loro abbiamo
cominciato a produrre alcuni programmi, che poi
verranno trasmessi una volta che cominceremo
ad andare in onda. A breve dovremmo ricevere
l’equipaggiamento mancante e una volta arrivato,
pianificheremo le fasi per l’installazione. (E.V.)
✎ il racconto |
“Quando ho acquistato il biglietto
aereo – racconta – non era ancora stata
fissata la data della proclamazione
e quindi sono costretto a seguire le
celebrazioni da qui”. Approfittando della
sua breve sosta a Como, cerchiamo
di fare il punto su questi primi mesi
sudanesi e sui progetti che lo vedranno
impegnato al suo rientro, previsto per i
primi di agosto. “Per il momento sono
ospite di missionari comboniani e sono
a disposizione della diocesi - racconta
-. In questi mesi ho fatto un po’ da
tappa buchi, anche perché i problemi
e le cose da fare sono tante. Oltre alla
radio con cui collaboro con Enrica per
la parte tecnica, è in costruzione la
seconda parte del Comboni Hospital,
realizzato dalla diocesi. In futuro mi
piacerebbe occuparmi di istruzione,
una delle questioni più urgenti perché
il Sud Sudan possa ripartire”. Oltre alla
collaborazione a progetti concreti c’è
una prospettiva più ampio che Matteo
vorrebbe vedere crescere: “Credo sia
importante aiutare le comunità a
far maturare la propria dimensione
ecclesiale. In una realtà come quella
del Sud Sudan i laici, inseriti nelle
comunità, devono essere aiutati a
formarsi e a diventare corresponsabili
della pastorale. Per questo, accanto ai
sacerdoti e religosi, la presenza di laici
diventa centrale nel tentativo di far
crescere la Chiesa locale e la società”.
di Enrica Valentini
Il “mio” Indipendence day
referendum è stata adottata una
politica del tipo: “Avete voluto
l’indipendenza…allora non
aspettatevi alcun supporto da noi”.
Nonostante fino alla settimana
prossima ci sia ancora un solo
Sudan, i rifornimenti sono stati
interrotti, molte vie commerciali
sono state chiuse e, di conseguenza,
i mercati del Sud si sono svuotati.
Come le nostre tasche. Per comprare
le poche cose disponibili, bisogna
pagare prezzi salatissimi. Nel giro
di pochi giorni il prezzo di alcuni
prodotti è triplicato. Benzina
e gasolio sono praticamente
introvabili e prendere un mezzo
pubblico per spostarsi è diventato
un lusso che pochi possono
permettersi.
Cosa farò il 9 luglio non lo so
ancora, qui è ancora tutto top
secret, ci sarà qualcosa di ufficiale
allo stadio e qualcosa d’altro al
centro culturale dei giovani, ma
davvero non si sa molto. Io so
solo che caricherò le batterie della
macchina fotografica e cercherò di
andare a curiosare nei vari posti.
L’aria che si respira in giro è quella
delle grandi pulizie di primavera.
Stamattina sono andata a fare la
spesa al mercato e l’odore della
vernice fresca aleggiava dovunque.
Tutti i negozianti stanno pitturando
le facciate dei loro negozi e
sistemando tutta la merce in ordine.
In molti posti, non senza errori,
compaiono scritte “Republic of
South Sudan” pitturate di fresco.
Negli ultimi giorni, passando vicino
ad alcune scuole, mi è capitato di
vedere spesso orde di ragazzi in
divisa, armati di scope e zappe,
intenti a ripulire da sporcizia ed
erbacce le strade attorno al muro di
cinta delle loro scuole.
Da una settimana a questa parte
poi il tormentone musicale è il
nuovo inno nazionale. Tutti lo
stanno imparando, dai ministri ai
bambini dell’asilo. Una speciale
“missione” è stata inviata da
Juba per insegnare l’inno. Alcune
delegazioni ufficiali stanno
visitando i vari stati, insegnano
l’inno ad alcune persone chiave, e
queste, a loro volta, lo insegnano
agli altri. Non è semplicemente
una questione di canto, le persone
imparano la musica, il testo, ma
anche il suo significato. L’inno
infatti è in inglese, ma l’inglese lo
parlano e lo capiscono ancora in
pochi. Ma questa non è ancora la
fine, c’è anche da insegnare che
mentre si canta bisogna assumere
una posizione eretta, con la mano
destra sul cuore.