Introduzione - egea editore

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Introduzione - egea editore
Introduzione
Da alcuni anni il tema del family business attira l’interesse di numerosi studiosi
e ricercatori, impegnati a descrivere, sia a livello locale che internazionale, i tratti
del fenomeno “impresa familiare”.
L’interesse alle dinamiche di sviluppo e di crescita di tali imprese si fonda
essenzialmente su due ragioni. La prima è legata alla massiccia diffusione del
modello family business in tutti i paesi industrializzati e in quelli emergenti. La
seconda è dovuta al gap conoscitivo che tuttora l’impresa familiare presenta rispetto alla più indagata impresa manageriale: per molti anni l’impresa moderna,
fondata sulla separazione tra proprietà e controllo e organizzata con team manageriali professionali, è stata interpretata dai critici come la realtà più innovativa
ed efficiente dal punto di vista gestionale, tralasciando le potenzialità dell’idealtipo familiare e la sua possibile evoluzione alla luce del cambiamento dei mercati.
Progressivamente gli studiosi d’impresa hanno preso coscienza dell’evidenza
che le imprese familiari rappresentano de facto un perno per la realtà economicosociale di moltissimi Paesi, ostentando taluni caratteri determinanti e distintivi rispetto all’impresa manageriale classica. Governare un’impresa familiare e assicurarle una certa continuità nel tempo non è compito agevole: in Italia meno di un
terzo delle imprese familiari sopravvive alla seconda generazione e solo il 15% la
supera. Ciò nonostante, le imprese familiari rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana, costituendone, in quanto tipologia aziendale più diffusa, le maglie di un tessuto economico fitto di microimprese. Che siano di piccole, medie o
grandi dimensioni, i family business raffigurano la diretta manifestazione della libertà d’iniziativa economica e forniscono un contributo fondamentale per l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese.
Un errore banale in cui talvolta s’incorre consiste nell’associare la realtà di impresa familiare alla piccola impresa: tale prospettiva parte dal veritiero assunto
che le piccole e medie imprese hanno in prevalenza l’assetto di family business.
In realtà esistono molte imprese a conduzione familiare di grandi dimensioni.
Nel nostro Paese il 92% del tessuto imprenditoriale è costituito da imprese familiari, quarantaseimila delle quali hanno più di cinquanta dipendenti laddove
sessantacinquemila ne hanno più di venti. Come detto, si tratta di aziende non so-
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lo di piccole, ma anche di medie e grandi dimensioni: e, difatti, il 45% delle centocinquanta imprese più grandi operanti in Italia appartiene al capitalismo familiare: nomi, per intendersi, come Benetton, Luxottica, Versace, Mediaset, FIat,
Barilla, Ferrero, Damiani, Lavazza.
In generale, dunque, le imprese familiari rivestono un ruolo primario, facendo leva su caratteristiche peculiari quali flessibilità, rapidità di risposta, orientamento di lungo respiro, condivisione di valori: sono questi solo alcuni dei punti di
forza di una logica imprenditoriale, in molti casi, sorprendentemente home based.
Governance, passaggio generazionale, risorse umane e finanziarie rappresentano, al tempo stesso, i fattori chiave e le criticità che le imprese familiari, nei
prossimi anni, dovranno gestire per ipotecare, nel breve termine, la loro sopravvivenza e sviluppare capacità di crescita nel medio-lungo periodo.
In un momento congiunturalmente avverso alla crescita delle imprese viene
spontaneo chiedersi quali siano le strategie che un family business debba realizzare per avviare processi di sviluppo e ricominciare a crescere; quali le fonti del
vantaggio competitivo o quali le leve da attivare affinché, nonostante la crisi internazionale dei mercati finanziari e la diffusa sensazione di recessione, le imprese familiari sostengano il loro successo. Internazionalizzazione, apertura del
capitale ai terzi e managerializzazione dell’impresa sono state ipotizzate come alcune delle strategie di way out dalla crisi e, al contempo, come punti di sostegno
per il riavvio di un processo di creazione di valore per l’impresa: prediligendo un
simile punto di vista e pur conservando una matrice ancorché familiare nella gestione, il family business non apparirebbe un modello inadeguato o superato, ma
al contrario andrebbe rivalutato alla luce di un processo generale di condivisione
della conoscenza che, a maggior ragione in una simile tipologia imprenditoriale,
riuscirebbe a dare i suoi frutti migliori.
Integrando i fattori propri del sistema familiare – come, per esempio, tradizione, valori familiari, orientamento al lungo periodo e stabilità – con i capisaldi dell’impresa post-moderna, quali competitività, apertura al mercato, rapida reazione al cambiamento e dinamismo del sistema aziendale, sarà possibile ottenere
un’impresa familiare in grado di crescere e perdurare nel tempo.
In una prospettiva sistemica, la ricerca verso un’equilibrata interazione tra i
due sub-sistemi caratterizzanti le imprese in questione, l’azienda e la famiglia,
crea le premesse per le condizioni di successo delle imprese familiari rappresentando una sfida per il tessuto imprenditoriale italiano.
La natura familiare presenta in molti casi un indiscutibile punto di forza, come
fonte di vantaggio competitivo, consentendo all’azienda di sviluppare risorse uniche, laddove una proprietà e una gestione responsabile può recare benefici tangibili in termini di continuità e di sviluppo.
Dunque, il legame tra sistema famiglia e sistema impresa può essere letto in
accezione positiva, in un’ottica di empowerment: l’impresa dà potere alla famiglia
e la famiglia, a sua volta, potenzia e rende più solida e forte l’impresa al fine di
generare valore. Anche perché si parla sempre e comunque di “affari di famiglia”.
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Su tale scia, del resto, s’incardinano i contributi di matrice funzionalista presenti nella letteratura manageriale, focalizzati essenzialmente sugli assetti istituzionali, sul tema della corporate governance e sulla distinzione dei ruoli assunti da membri family e non family. a essi hanno fatto eco, qualche decennio dopo,
anzitutto le ricerche sulla sovrapposizione istituzionale tra famiglia e impresa e le
teorie sistemiche, che hanno evidenziato la dipendenza dell’impresa dalle risorse,
umane e patrimoniali, apportate dalla famiglia. E naturalmente, anche gli studi
influenzati dalla contingency theory, che hanno voluto individuare, nelle reciproche interazioni tra sistema impresa e sistema famiglia, assetti istituzionali idealtipici, ricorrenti in funzione dell’adattamento dell’azienda al macroambiente di riferimento.
I caratteri fondanti dell’impresa familiare, i suoi punti di forza e di debolezza,
i sistemi di controllo e di gestione, l’approccio valoriale, i modelli e i metodi di finanziamento sono alcuni dei temi trattati nel presente lavoro, idealmente articolato in due parti: nella prima, si discute in merito all’oggetto di studio, esplorando
i concetti di maggiore rilievo sul tema, quali le difficoltà nel tracciare una netta
separazione tra il sistema famiglia e il sistema impresa, i conflitti e le potenziali conseguenze negli assetti familiari e di affari, la definizione dei limiti al coinvolgimento fisico ed emotivo nell’impresa da parte dei componenti della famiglia;
nella seconda parte, invece, vengono presentate le tematiche più innovative di studio sul tema, tra cui la pink entrepreneurship, il rapporto tra banca e family business, il ruolo del Ceo e la managerializzazione dell’impresa familiare.
L’analisi parte dall’evidenza che inquadrare l’oggetto di studio è un proposito
non proprio semplicistico anche se comune è l’idea che il family business nasca
dall’intersezione di due istituti sociali differenti – l’impresa e la famiglia – che,
come tali, presentano strutture e regole di comportamento proprie e relativamente
dinamiche. Le difficoltà che le imprese a conduzione familiare devono affrontare sono principalmente riconducibili al cosiddetto fenomeno della sovrapposizione istituzionale, ossia agli effetti della commistione tra l’ambito aziendale e la sfera familiare. I pericoli nei quali possono incorrere tali categorie d’imprese sono,
dunque, riconducibili al fatto che l’istituto-azienda venga sottomesso alle logiche
tipicamente familiari, o viceversa che la famiglia sottenda a logiche prettamente aziendali. Per affrontare al meglio tale tipologia di problemi si rende necessario operare una netta separazione tra la gestione familiare e la gestione aziendale, evitando così i rischi del predetto fenomeno. Senza trascurare l’evidenza che
l’analisi della ìcomponente famiglia” non può essere affrontata con sole visioni
qualificative/quantitative, ma richiede approcci relazionali dettati da visioni socio-psicologiche che non necessariamente trovano applicazione nel ìbusiness tradizionale”. La necessità di definire comunque le regole, sia nell’ambito della gestione che della proprietà, impone di non lasciare al caso i comportamenti e tanto
meno le decisioni dei singoli, in quanto i problemi e le relazioni tra soci-familiari potrebbero pericolosamente evolvere all’ombra della propria visione del concetto di famiglia (dalla visione originaria di famiglia, condivisa con il padre e i fra-
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telli, a una visione di ìnuova” famiglia, generata, per esempio, successivamente al
matrimonio).
Le interdipendenze, le sovrapposizioni e i nessi tra i sistemi famiglia e impresa rappresentano, in ogni caso, la base sostanziale attraverso cui è possibile analizzare il valore della formula imprenditoriale del family business; ogni impresa
familiare, al pari di ogni altra azienda, mostrerà un suo determinato assetto istituzionale, un suo modello organizzativo, un suo orientamento strategico di fondo;
ma tutto l’insieme di valori, atteggiamenti, idee, convinzioni e decisioni strategiche saranno sempre il risultato del vissuto storico della famiglia e dell’impresa,
avendola caratterizzata nel passato, denotandola nel presente e aiutandola a sopravvivere nel futuro.
In un simile contesto elettivo aziendale, la visione dei problemi di governo è
strettamente legata alla natura dell’uomo e ai suoi valori familiari; in tale contesto, l’influenza della sfera soggettiva è spesso tanto più forte quanto più la figura
del fondatore s’identifichi in un pater familias, che incentri solo nella sua persona
le doti e il rilievo di ìgestore”, e che possa essere poco propenso ad accettare che
altri familiari intervengano nei processi di governance o, addirittura, in una eventuale successione generazionale.
Risulta, dunque, innegabile il rilievo della componente emozionale, in quanto
i valori riconducibili alla natura umana forgiano costantemente l’etica dell’operato aziendale e contribuiscono all’idea di sviluppo dell’impresa, intesa come sintesi delle molteplici funzioni assolte, intorno alla quale dovrebbero convergere gli
orientamenti di imprenditori e manager superando la logica del compromesso familiare degli interessi in gioco.
Affari di famiglia è, però, anche un lavoro monografico sul governo dei family
business: la corporate governance esprime la capacità di analizzare le relazioni
di coerenza tra le scelte strategiche e gli obiettivi dichiarati dall’assetto proprietario familiare, individuandone i punti di forza e le criticità e la stessa tematica assume connotati particolarmente complessi in quanto caratterizzata dalle prerogative dell’azienda familiare alla quale non sarebbe fruttuoso applicare schemi,
regolamenti e strumenti tipici delle imprese managerializzate o a capitale diffuso.
La governance viene, però, trattata in modo più ampio: da una parte, infatti, si
cerca lo sviluppo di nozioni base relative alle componenti del governo dell’impresa, sia in termini generali che con particolare riferimento al caso italiano, ponendo l’accento sui meccanismi di governo che caratterizzano la forma societaria per
azioni, inclusi particolari assetti proprietari come, per esempio, il gruppo piramidale. Dall’altra, si approfondiscono le tematiche legate alla relazione tra assetti
proprietari familiari, governo aziendale, strategie e competitività in una prospettiva diacronica e comparativa, che sintetizza il dibattito corrente sulla convergenza
o divergenza dei sistemi di governo d’impresa determinati dal processo di globalizzazione economica e d’integrazione dei mercati finanziari.
Emerge, dunque, dalla presente trattazione, che la progettazione di un modello
di corporate governance per un family business, prima ancora di affrontare tec-
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nicamente le formule e gli strumenti da applicare, richiede un’attenta analisi delle
numerose relazioni tipiche per queste imprese:
• azienda/familiari (caratteristiche, attese di performance, coerenze strategiche,
accettabilità del rischio);
• management esterno/familiari (rapporti, deleghe e controllo, remunerazione);
• familiari/compagine azionaria (articolazione, coesione, rapporti di forza, regole e patti).
tale analisi è resa più complessa proprio dalla prevalente ìcomponente famiglia”
che condiziona, limita o esalta l’azienda, la sua gestione, il management e la compagine azionaria.
Dalle questioni fondanti dell’impresa familiare e dai rapporti di governance il
focus del lavoro si sposta, poi, su una serie di approfondimenti tematici attraverso
i quali vengono presi in considerazione, perseguendo un approccio innovativo, argomenti emergenti negli studi sul family business.
Il primo filone considerato prende in esame la c.d. pink entrepreneurship: nelle imprese familiari le donne rivestono da sempre ruoli (moglie, genitore, family
leader) più adiacenti alla sfera familiare che non a quella imprenditoriale. Ciò nonostante, questa tendenza sembrerebbe aver avuto un’inversione negli ultimi anni,
in quanto un numero sempre crescente di donne si sta caratterizzando per la decisione di entrare nel business world, intraprendendo carriere professionali e sentendosi maggiormente legittimate ai ruoli di leadership.
Considerando, allora, la presenza femminile nei family business come elemento oramai consolidato nel tessuto imprenditoriale considerato, la ricerca ha scelto la strada dell’esplorazione qualitativa, mirando a mettere in luce le tendenze e
identificando i comportamenti portanti di un tale, nuovo modello d’impresa familiare. Il che ha fatto riflettere, come spunto per ricerche future, sulla necessità, negli studi di economia d’impresa, di una sistematica indagine volta a comprendere
i fattori individuali e quelli di contesto che sostengono le donne nelle posizioni di
leadership, nei loro obiettivi di performance in termini di family and business dimension, o negli stili manageriali da loro adottati. In mancanza di tali modelli, sinora, troppo spesso gli aneddoti sono divenuti il punto di partenza per conclusioni di tipo generalista.
L’analisi condotta prende, pertanto, in esame racconti d’impresa in cui le donne hanno lasciato la loro impronta e condizionato l’esistenza dell’azienda stessa,
reimpostando, in un processo in continua evoluzione, le pur difficili e complesse relazioni tra utile e identità, di individui e imprese, tra investimenti strumentali e ineludibili bisogni di riproduzione dei valori della famiglia nelle family firm.
Emergono dalle pagine personaggi noti e meno noti, che sembrano però apparire
sempre con un volto nuovo e in un’inedita collocazione: non più donne isolate, da
sempre ritratte nella posa di ìangelo del focolare”, ma unite dal fatto di cimentarsi nell’ìimpresa”, di trascendere il sistema dei generi, vincendo le resistenze del
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glass ceiling, incarnando la soluzione di un conflitto sociale, la conquista di un
nuovo ìmodo d’essere”.
Il secondo filone di studi preso in considerazione ha affrontato la spinosa questione della gestione dell’azienda di famiglia: family o non family? Alle difficoltà ricorrenti nella separazione della proprietà e del controllo tra i sistemi impresa
e famiglia, si aggiungono le problematiche inerenti l’inserimento della figura del
non family Ceo nel governo e nella gestione dell’impresa familiare.
L’analisi concerne le dinamiche organizzative e il valore dell’impresa familiare guidata da un Chief Executive Officer non appartenente alla famiglia proprietaria: in particolare, dopo avere inquadrato la nomina del non family Ceo nel più
ampio processo di managerializzazione dell’impresa familiare, vengono descritte
le politiche volte a selezionare gli individui più idonei a ricoprire tale ruolo, i criteri per facilitare la loro integrazione con la famiglia proprietaria, e i sistemi di ricompensa prevedibili. La gestione aziendale del business di famiglia e il suo successo guadagna, così, nuove variabili di studio: le caratteristiche personali e la
bravura del manager esterno, le quali possono alternativamente accrescere il valore dell’impresa familiare oppure comprometterlo, il tutto dipendendo, spesso,
anche dalle modalità di ingresso del soggetto in azienda e dal grado di accoglienza del sistema azienda-famiglia nei suoi confronti.
Last but not least, il tema della recente crisi economica mondiale fa da apripista per l’esame del rapporto tra il sistema creditizio e le imprese familiari, terzo
filone emergente di studio considerato.
L’analisi della crisi richiede l’attenta valutazione dell’evoluzione negli ultimi
anni del sistema creditizio e di quello imprenditoriale. In particolare, il caso italiano esige l’approfondimento dell’evoluzione del rapporto creditizio tra un sistema bancario caratterizzato da istituti di sempre maggiori dimensioni e un tessuto imprenditoriale formato in netta prevalenza da family business. Il ìgigantismo”
bancario e il ìnanismo” delle imprese familiari sembrano aver allontanato questi due soggetti economici, con inevitabili difficoltà di sopravvivenza delle aziende familiari.
La frattura creatasi fra le esigenze di credito del sistema imprenditoriale familiare e le modalità di erogazione dei finanziamenti bancari, risiede nelle dicotomiche traiettorie di sviluppo seguite da questi due importanti attori dell’economia. Occorre trovare un punto d’incontro tra un sistema d’imprese familiari
sempre più difficile da valutare in modo rigoroso, a causa dell’emergere dell’importanza del capitale umano, relazionale e sociale nella strategia competitiva, e
un sistema bancario sempre più concentrato e distante dai territori locali e dalle
imprese da finanziare. L’attenzione del lavoro, pertanto, si è andata a focalizzare
sull’esigenza di delineare le evoluzioni strutturali delle imprese familiari e delle
banche con lo scopo di evidenziare dove si sia creata quella distanza culturale tra
questi due importanti attori dell’economia, che in questo momento storico sta affliggendo il nostro sistema-paese.
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Questo libro, nel suo complesso, è il frutto dell’evoluzione degli studi sviluppati in materia dal nostro gruppo di ricerca, per la cui stesura corre l’obbligo, non
disgiunto da un elevato piacere, di rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che si sono prodigati per la sua realizzazione.
anzitutto i colleghi e gli imprenditori con i quali, in più circostanze, è stato
possibile scambiare fruttuose impressioni, in occasioni sia istituzionali che informali: il vero valore aggiunto nello scrivere il presente lavoro è stato proprio il poter attingere informazioni direttamente dalle fonti dell’imprenditorialità familiare, deducendone preziosi momenti di riflessione e di verifica empirica.
In secondo luogo le nostre dottorande e collaboratrici di Cattedra, in particolare le dott.sse Veronica Scuotto, Chiara Nespoli e Valeria Vittozzi, per il paziente lavoro di revisione delle bozze e per aver sempre animato, con quell’entusiasmo
e quella vitalità tipici dei più giovani, la costruzione dei vari capitoli e i momenti
di ricognizione bibliografica.
Infine, un ringraziamento speciale va, come sempre, ai nostri familiari: Theodore Roosevelt, anni fa, disse che ìè impossibile vincere le grandi scommesse
della vita senza correre dei rischi, e le più grandi scommesse sono quelle relative
alla casa e alla famiglia”. La nostra più grande scommessa, probabilmente, è stata proprio quella di riuscire a non intaccare irreparabilmente i nostri family business, mentre eravamo tutti intenti a scrivere di quelli degli altri.
Vincenzo Maggioni
Manlio Del Giudice