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VALERIA FEDELI - Vice Presidente del Senato
Lotta alla contraffazione - convegno Indicam - Milano 7 ottobre 2013
VALERIA FEDELI - Lotta alla contraffazione - Milano 7 ottobre 2013
DATI
DIMENSIONE MONDIALE CONTRAFFAZIONE
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Tra 7 e 9%: quota di vendite di merci contraffatte sull’intero commercio mondiale.
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1.850%: stima dell’incremento mondiale della contraffazione dei prodotti 1994/2011.
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270.000: stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni (125.000 in UE).
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50% della produzione mondiale proviene dal Sud-Est asiatico, 35% dal bacino
mediterraneo (Italia, Spagna, Turchia, Marocco).
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60% smercio in UE, 40% nel resto del mondo.
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Entro il 2015 il valore totale della contraffazione raggiungerà 1.700 miliardi di dollari.
STIMA DIMENSIONE ECONOMIA SOMMERSA IN ITALIA
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250 miliardi di euro (circa 15% del PIL).
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Oltre 100 miliardi di euro di perdita di gettito fiscale e contributivo.
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3.000.000 persone in condizione lavorativa irregolare (12% totale occupati).
STIMA DIMENSIONE CONTRAFFAZIONE IN ITALIA
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7 miliardi di euro di valore annuo.
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5 miliardi di gettito fiscale perso.
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130mila addetti.
DATI AZIONE GdF 2012
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Oltre 105 milioni di prodotti contraffatti sequestrati, per un valore di 2 milioni di euro:
✦ abbigliamento e moda (oltre 23 milioni)
✦ articoli per casa e scuola, cosmetici, farmaci, pezzi di ricambio (oltre 38 milioni)
✦ giocattoli (oltre 21,5 milioni)
✦ prodottid hi-tech (quasi 22 milioni, dato più che raddoppiato rispetto al 2011).
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10.572 falsari denunciati, di cui 248 affiliati ad organizzazioni criminali.
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13.000 interventi, con una media di 3 fabbriche o depositi clandestini chiusi al giorno .
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45 piattaforme web illecite bloccate (lo smercio sul web cresce sempre più).
ITALIAN SOUNDING
Per “Italian Sounding” si intende l’utilizzo di denominazioni, colori, immagini e marchi che
evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro
Paese. È la forma più eclatante di concorrenza sleale e truffa dei consumatori.
✦ 2 prodotti su 3 commercializzati all’estero si riconducono falsamente all’Italia.
✦ 54 miliardi di euro: valore annuo dell’Italian Sounding (147 milioni di euro al giorno).
✦ 23 miliardi di euro: valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari.
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AZIONI ISTITUZIONALI
Alto Commissario contro la contraffazione
Creato nel 2005 (da Siniscalco) e abolito nel 2008 (da Tremonti).
Piano nazionale anti contraffazione (novembre 2012)
Il Piano Nazionale Anticontraffazione si inserisce nell’azione del Consiglio Nazionale
Anticontraffazione, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico dalla legge 23
luglio 2009 n. 99 (c.d. Legge Sviluppo), con compiti di coordinamento dei soggetti e
indirizzo delle azioni contro la contraffazione.
Il Piano Nazionale Anticontraffazione si organizza con 6 macro-priorità:
✦ comunicazione/informazione destinata ai consumatori, per sensibilizzare e rafforzare
la cultura della proprietà intellettuale
✦ rafforzamento del presidio territoriale delle Forze dell’Ordine e formazione
✦ lotta alla contraffazione via Internet
✦ formazione alle imprese in tema di tutela della proprietà intellettuale, in una prospettiva
nazionale e internazionale (con coordinamento ICE)
✦ tutela del Made in Italy da fenomeni di usurpazione all’estero e dall'Italian Sounding
✦ enforcement: preservazione della specializzazione dei giudici civili e obiettivo della
specializzazione dei giudici penali.
Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione - 25 settembre 2013
Proposta di legge presentata a prima firma di Colomba Mongiello (PD) e approvata alla
Camera il 25 settembre 2013.
Obiettivi: studiare il fenomeno, analizzare i flussi commerciali, creare alleanze in Italia e
UE. Tutto per poter così realizzare nome efficaci e sanzioni adeguate.
Sub-emendamento al ddl Severino sulle depenalizzazioni - 11 settembre 2013
L’emendamento vuole introdurre i reati che concernono la proprietà intellettuale e
industriale tra le materie cui applicare una deroga alla depenalizzazione prevista dal ddl
Severino di Delega al governo sulle depenalizzazioni. Secondo la nuova legge, infatti,
questi reati dovrebbero essere ridotti a illeciti amministrativi, con conseguenze devastanti
per imprese, lavoratori e consumatori, oltre che per l’erario. È invece fondamentale
salvaguardare imprese e copyright intellettuale (come ad esempio la pirateria digitale).
A livello europeo
Il Parlamento europeo, anche per l’impegno della delegazione democratica e socialista
italiana, si è battuto per chiedere che la Ue «renda obbligatorio l'uso del marchio
d'origine per i beni importati da paesi terzi». La Commissione, però, ha confermato
anche per il 2013 il ritiro della proposta di regolamento sul «made in» che proprio dal
Parlamento era partita nel 2010.
L’Europa non solo ha rinunciato finora a difendere gli interessi dell’Unione e degli stati
membri, ma ha rinunciato anche a svolgere quel ruolo di guida per nuove e più etiche
regole per la competizione internazionale.
È positivo invece che negli scorsi mesi la Commissione si sia attivata per un nuovo
regolamento, con migliori strumenti di vigilanza e rilancia l’etichettatura made in.
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IL FENOMENO DELLA LA CONTRAFFAZIONE
La presenza di contraffazioni implica e richiama in tutto il mercato globale il tema
della legalità delle produzioni, della lealtà della competizione, della qualità e
sicurezza dei prodotti, della tutela della salute pubblica e del benessere dei
cittadini.
La contraffazione provoca un danno economico per l’impresa legale che può
essere misurato dalle mancate vendite, e poi perdita di immagine e di credibilità
del marchio, spese legali per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, riduzione
della redditività degli investimenti in ricerca, innovazione del prodotto e marketing.
Ma la contraffazione danneggia anche il lavoratore che in molti casi è assoldato
attraverso un racket del lavoro nero, che impone condizioni prive di diritti e tutele.
La contraffazione determina inoltre un inganno ai danni dei consumatori, in quanto
viene svilita la funzione tipica del marchio che è quella di garantire un segno di
riconoscibilità attraverso il quale l’acquirente misura caratteristiche e qualità del
prodotto. I prodotti contraffatti e pirata sono infatti fabbricati solitamente nel più
completo disprezzo delle norme a tutela di salute e sicurezza, mettendo in questo
modo in pericolo chi consuma. Non solo i prodotti farmaceutici e alimentari, ma
anche i prodotti moda, o i cosmetici, dove la composizione e l’utilizzo delle
sostanze chimiche nocive tipiche delle merci contraffatte può provocare tumori
alla pelle, allergie, danni da tossicità. O ancora i giocattoli, con materiali non
controllati che finiscono in bocca ai bambini.
La contraffazione è una realtà complessa e purtroppo molto estesa, che riguarda
paesi di nuova industrializzazione ma anche, in modo sempre più diffuso, paesi
che normalmente vengono definiti avanzati. Alcune analisi ci descrivono infatti una
geografia del fenomeno che coinvolge l’estremo oriente assieme a importanti
paesi comunitari, tra i quali l’Italia sembra essere l’area più esposta.
Il falso è ormai, per quantità, un effettivo comparto industriale, e non può essere
più considerato un fenomeno marginale dell’economia mondiale.
Ovviamente non possiamo pensare che la responsabilità di questi volumi possa
essere attribuita solo ad imprese marginali. Certo una parte della contraffazione è
senza dubbio da ricondurre a quelle imprese nascoste negli scantinati che, oltre a
non pagare le tasse, sfruttano il lavoro senza rispettare neanche le più elementari
regole di sicurezza. Ma ci sono anche imprese ben radicate che combinano una
attività regolare con la produzione di beni contraffatti, e spesso sono gli stessi subfornitori cui è affidata la fabbricazione di prodotti di marca che realizzano quantità
in eccedenza, non autorizzate, per poi venderle illegalmente. In molti casi queste
imprese organizzano il processo produttivo adottando il modello a rete tipico delle
imprese regolari, sia per esigenze di riduzione dei costi, magari utilizzando anche
le rotte delle navi per sfruttare tempi e lavoratori, che per realizzare una forte
dispersione operativa tale da rendere difficoltosa la ricostruzione e dunque la
repressione dell'intero sistema.
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Anche dall’analisi dei canali di distribuzione il quadro si conferma molto articolato.
Esistono infatti almeno tre canali a cui bisogna guardare per calibrare gli interventi:
il primo è costituito dai canali di vendita al dettaglio, dove il prodotto contraffatto
viene venduto assieme agli articoli originali; il secondo è quello dei più diversi
canali ambulanti, spesso controllati da vere e proprie organizzazioni criminali che
sfruttano cittadini extracomunitari; il terzo, in fase di espansione, è quello del
commercio elettronico che garantisce anonimato ed elevata capacità di
transazione.
Il fenomeno è aggravato dal fatto che la contraffazione è per una sua parte
importante controllata dagli ambienti criminali che sfruttano i lavoratori, ricattandoli
sia rispetto alla condizione di illegalità quando immigrati, sia rispetto al guadagno
veloce e facile.
Un dato particolarmente allarmante è quello relativo ai medicinali, in vertiginoso
aumento. L’organizzazione mondiale della Salute stima che il 10% dei
medicamenti consumati nel mondo siano contraffatti, con punte del 60% in alcuni
stati africani.
La contraffazione farmaceutica provoca, oltre a quelli economici e occupazionali,
danni alla salute particolarmente gravi, con i consumatori che devono considerarsi
fortunati se si trovano ad essere in quel 51% di casi in cui la contraffazione si
traduce nella semplice assenza di qualsiasi principio attivo nel medicinale.
Perché purtroppo c’è di peggio, basti pensare ai casi della Cambogia, dove
decine di persone sono morte per aver assunto antiasmatici falsi, o del Niger,
dove, secondo l’OMS, i morti a seguito della distribuzione di falsi vaccini contro la
meningite sarebbero stati migliaia. O ancora del Bangladesh, dove 300 bambini
hanno perso la vita perché uno sciroppo anziché acqua presentava tracce di
kerosene.
E la contraffazione di medicinali non è un problema che riguarda solo i Paesi in via
di sviluppo. In Europa e Nord America ci sono segnali insistenti di una crescita del
fenomeno: gli uffici doganali della UE stimano che nel 2001 siano state
sequestrate circa 4 milioni di scatole e confezioni contraffatte pari a circa il 10%
degli oltre 42 milioni di oggetti falsi bloccati alle frontiere a livello mondiale.
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COME AGIRE
La lotta alla contraffazione deve essere parte integrante delle politiche di sviluppo
e di crescita del Paese e dell’Europa, e parte integrante di una più generale
politica di apertura dei mercati che interpreta la globalizzazione come processo
che offre straordinarie opportunità quando basato su regole, reciprocità,
trasparenza.
La contraffazione è un fenomeno grave, che interessa molti settori e di portata
globale.
Un fenomeno che ha conseguenze pesanti sul piano economico, occupazionale,
fiscale, sociale, della sicurezza.
Un fenomeno di cui si parla e contro cui si fa ancora troppo poco.
Ci sono anzi, storicamente, anche atteggiamenti di complicità, o di indifferenza per
il largo mercato di falsi che abbiamo intorno.
Da quando si parla anche di medicinali, di prodotti alimentari, di pezzi di ricambio
delle auto qualcosa sta cambiando, perché il rischio per la salute è più evidente
per l’opinione pubblica che, ad esempio, per la moda (nonostante i rischi per la
salute siano invece gravi in tutti i settori).
L’indifferenza è sbagliata, come ogni attitudine a giustificare il falso, o a
considerare innocenti comportamenti che lo incoraggiano.
La cultura e la pratica della legalità deve essere a 360 gradi, senza giustificazioni,
con reazioni e contrasto da parte di tutti i soggetti in campo.
Legalità e lotta alla contraffazione devono essere parte fondamentale di una
strategia di competitività: che non è né protezione né autosufficienza del mercato,
ma una strategia di sviluppo sostenibile, fondata su qualità, sostenibilità
ambientale, rispetto dei diritti dei lavoratori, regole e legalità.
In questi anni molti in Italia, di fronte alla globalizzazione e poi alla crisi, hanno
reagito privilegiando una chiusura difensiva, come se il nostro Paese - ed ogni
micro comunità locale - potesse avere maggiori possibilità isolandosi e
difendendosi da un mondo globale denso di pericoli.
È una visione errata. Quelli che sembrano pericoli sono invece sfide, che sta a noi
affrontare e trasformare in opportunità.
Dobbiamo saper anticipare i cambiamenti e lanciare una politica industriale
italiana ed europea sostenibile, che rilanci la manifattura nell’idea di una
produzione pulita, sicura, civile, che rispetta le regole, che tutela diritti, che elimina
le disuguaglianze, che lavora per la parità di genere.
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Dobbiamo essere protagonisti di un rilancio dell’economia mondiale sulla base di
un nuovo modello di sviluppo, sostenibile e fondato sulla qualità, sul capitale
umano, sulle competenze, sull’innovazione, sulla green economy.
Le Istituzioni devono assumersi la responsabilità di guidare le scelte di politica
industriale del paese, di definire indirizzi strategici cui collegare misure di stimolo
e incentivo, per rilanciare la manifattura e tutti i settori del made in Italy: dalla
moda all’agricoltura e all’agroindustria, dalla cultura al turismo, dalla tutela del
patrimonio artistico ai paesaggi e alle bellezze naturali del paese.
In questo senso la lotta alla contraffazione è una sfida di legalità, di sicurezza, di
valori, di crescita.
Lotta alla contraffazione significa agire su due piani.
Uno diretto e concreto, a livello legislativo e di controllo, italiano ed europeo: la
tracciabilità, il sostegno all’aggregazione imprenditoriale, perché la
frammentazione del processo produttivo facilita l’industria del falso, il
rafforzamento dei controlli e delle pene, in un quadro di più incisivo contrasto ad
ogni forma di illegalità.
C’è poi un piano informativo e culturale: per far conoscere, fin dalle scuole, il
danno, economico, sociale e alla salute che la contraffazione produce, e per
invertire la tendenza che orienta il senso comune a tollerare - se non incoraggiare il consumo di prodotti falsi, piuttosto che stigmatizzarli come negativi. E per
restituire a tutta la comunità il senso condiviso del valore e del modello del made
in Italy.
competitività italiana e made in Italy
Se guardiamo agli indicatori Imd di Losanna o a quello del World Economic
Forum, che rappresentano l’attrattività del sistema paese, l’Italia in questi anni è
apparsa molto poco competitiva, per le cause note: illegalità, corruzione, tempi
abnormi della giustizia, poca concorrenza e poche liberalizzazioni, assenza di
politica industriale e di riforme.
Ma c’è un altro indice interessante, il Trade Performance Index (Tpi) dell'Unctad/
Wto, che guarda ai risultati concreti ottenuti sui mercati: da questo indice
scopriamo che nel 2010 il nostro Paese, nonostante l'ambiente sfavorevole in cui si
trovano ad operare le imprese, è risultato secondo per competitività dietro la
Germania.
Mentre l’Italia dal 2005 ha perso 20 punti di produzione industriale, l’esport e il
made in Italy, anche negli anni più neri della crisi, sono riusciti a resistere e a
rilanciarsi, e sono l’unica componente dinamica della domanda, con un volume
aumentato del 5,6 per cento (Istat 2011).
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La moda, di cui mi sono a lungo occupata, è un esempio. Nonostante la crisi
l’Italia nel 2011 era ancora secondo esportatore mondiale nei settori
abbigliamento-pelli-calzature, terzo nei prodotti tessili ((dati Istat). In Cina, dove la
domanda di prodotti di moda continua a crescere, abbiamo il 20% di mercato
nell’abbigliamento e il 25% nelle calzature.
L’ho visto con i miei occhi: quando sono stata in Cina con la delegazione ufficiale
della Cgil, i funzionari, appena saputo che ero del sindacato tessile, mi
mostravano i vestiti firmati, originali, e mi chiedevano se conoscevo gli stilisti.
Anche nella crisi quello che non ha subito arretramenti è proprio il brand Italia: il
riconoscimento di cittadini, consumatori e turisti di ogni parte del mondo dei valori
che esprimiamo, della qualità della vita e della qualità delle nostre produzioni.
Il made in Italy non è qualcosa che riguarda pochi marchi, né tantomeno un’idea
elitaria di lusso.
Il made in Italy è la cornice che definisce il nostro passato e dentro la quale
possiamo ritrovare il filo per raccontare e costruire il futuro, per ritrovare il senso di
noi stessi e il nostro posto nel mondo.
Carlo Cipolla scriveva che: "La missione dell'Italia è produrre all'ombra dei
campanili cose belle che piacciono al mondo".
Il made in Italy è un modello di qualità dei processi produttivi fatto di competenze
diffuse, operaie e artigiane, di stile e creatività, di gusto e passione
imprenditoriale, di tradizione e innovazione. È un modello di sviluppo etico e
sostenibile, rispetto dei diritti e della salute dei lavoratori e delle persone, ricerca,
innovazione, green economy, valorizzazione dei beni culturali e naturali.
Chi osserva, consuma, acquista un prodotto made in Italy sceglie di condividere
con noi un pezzo di noi stessi, sceglie un po’ di Italia per arricchire la sua vita.
Dobbiamo valorizzare questa straordinaria risorsa, la nostra più straordinaria carta
di identità nel mondo, e per farlo occorre una seria lotta alla contraffazione e la
difesa invece delle produzioni di qualità made in.
tracciabilità e filiere
La tracciabilità e l’etichettatura obbligatoria a garanzia che il made in sia riferito
all’intero processo produttivo sono azioni essenziali per valorizzare le filiere del
made in Italy.
Le nostre filiere esprimono una cultura fondata su qualità, inventiva e stile. Sono
caratterizzate dalla forte presenza di piccole e medie imprese, da spirito
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innovativo, fine capacità artigianale e alta professionalità di lavoratrici e lavoratori.
Sono filiere dove si investe sulla ricerca e sulla sicurezza. Sono filiere che non
potrebbero essere vincenti se non puntando sulla sostenibilità ambientale ed
etica.
Dobbiamo valorizzare i modelli produttivi di qualità, quelli che hanno la capacità di
creare un prodotto inimitabile, esclusivo, che racchiude idee brillanti, tradizione,
lavoro esperto.
Quelli che rendono forte il modello di sviluppo italiano fondato sulle economie di
territorio, sulla capacità manifatturiera, su filiere in cui l'artigianato è intrecciato con
la piccola impresa industriale e i saperi si conservano e innovano, senza mai
abbandonare la qualità.
Hegel diceva che "il vero è l'intero".
Il valore del made in Italy è l’interezza della qualità di tutta la filiera produttiva e
distributiva. L’interezza dell’accessibilità diffusa ai diritti e alla tutela di lavoratori e
consumatori. L’interezza dei valori di responsabilità sociale ed etica.
É questo il senso certificato che vogliamo rappresenti l’etichetta made in Italy.
Abbiamo una grande patrimonio ma non riusciamo a proteggerlo e valorizzarlo.
Perché oggi non esistono normative efficaci per garantire davvero l’etichettatura
dei prodotti del made in Italy.
E l’Europa ha in questo senso mostrato incertezze e ritardi, come nelle posizioni
che hanno bloccato il percorso di approvazione del marchio d’origine.
È una battaglia da riprendere.
La tracciabilità deve essere una sfida da vincere, per informare e garantire la
sicurezza di lavoratori e consumatori e valorizzare le filiere e le tante piccole
imprese che producono italiano.
E la tracciabilità è anche uno degli strumenti di contrasto alla contraffazione.
Europa della crescita e della legalità
Deve essere chiaro che l’unico modo per tornare a crescere, anche nella
competizione globale, è scegliere la dimensione europea come nostra dimensione
naturale, puntare sulla costruzione degli Stati Uniti d'Europa, per competere
portando nel mondo crescita, buona occupazione, sviluppo sostenibile, rispetto
delle regole e dei diritti sociali, ambientali, del lavoro, umani.
L’UE è l’unico ente sovranazionale che ha la storia, la credibilità, la forza
diplomatica e politica per proporsi come modello e guida etica per i percorsi
dell’economia globale, modello dentro il quale rilanciare anche il made in Italy.
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Ma in Europa l’Italia deve essere presente con un rinnovato protagonismo - come
ha finora fatto il Governo Letta.
Un protagonismo che deve essere finalizzato, nell’ottica generale di un’Europa
della crescita, anche a svolgere una funzione di regolatore etico dei mercati
internazionali, con azioni di tutela delle produzioni di qualità e di contrasto ad
illegalità e contraffazione.
Il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo è un’appuntamento
decisivo, che dobbiamo saper vivere come occasione storica per l'Italia e per
l'Europa.
In quel semestre ci saranno le elezioni europee, il cambio del presidente, della
Commissione e del Parlamento.
Sarà una fase determinante per far vincere quell’idea di un’Europa della crescita,
che torna agli investimenti produttivi e per il lavoro, un’Europa più integrata e forte
nelle dinamiche globali.
E l'Italia, per l’occasione della Presidenza e per la nostra tradizione europeista,
può giocare un ruolo fondamentale, con benefici concreti per la ripresa e il rilancio
della crescita anche da noi.
Il consiglio europeo di febbraio 2014, in particolare, sarà dedicato alla
competitività e alla politica industriale, nell’idea di arrivare ad una condivisione
concreta di quel Patto industriale che serve all’Europa.
Dobbiamo arrivare pronti, portando in dote il nostro modello migliore, quello del
made in Italy.
i valori della lotta alla contraffazione: etica, libertà, legalità
L’etica è una scelta culturale e industriale, fondamentale nell’impostare l’intreccio
tra valori e regole per il commercio internazionale, che deve essere fatta propria
da governi e istituzioni che determinano le regole del gioco, e che deve essere
condivisa anche dalle imprese, le quali devono trovare condizioni di vantaggio in
una produzione pulita e rispettosa dei diritti, delle persone e dell’ambiente in cui si
vive.
Nel mondo che cambia, con trasformazioni continue che chiedono di essere
governate, etica è una parola che deve risuonare concreta in tutti i nostri discorsi,
un valore che deve condizionare tutte le nostre azioni.
Dobbiamo oggi intrecciare qualità competitiva e qualità etica, assumere
pienamente e quotidianamente come obiettivo e motore della nostra azione uno
sviluppo eticamente sostenibile.
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Lo spiega bene una frase di Rita Levi Montalcini: “il nostro modo di vivere e di
pensare, il nostro modo di produrre, di consumare e di sprecare non sono
compatibili con i diritti dei popoli dell’intero globo. I meccanismi perversi
dell’attuale modello di sviluppo provocano l’impoverimento, i depredamento degli
ecosistemi, la negazione delle soggettività e delle differenze”.
Parlare di etica significa parlare di democrazia, che non è questione di una parte,
ma è tema di tutti, è la condizione dove ciascuno può esercitare la propria libertà.
Significa anche parlare di legalità. Un’approccio etico allo sviluppo e al futuro ci
impone di qualificarci per il contrasto ad ogni forma di discriminazione e di
illegalità, contro ogni negazione dei diritti di uno o di tutti.
Ecco perchè la lotta all’illegalità, alla criminalità organizzata, alla violenza che
opprime aree larghe del paese, alla contraffazione è una scelta decisiva per il
futuro, a partire dall’azione di Governo e Parlamento.
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