Shabbat Pappamondo - Ristorante Re Salomone

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Shabbat Pappamondo - Ristorante Re Salomone
Lo Shabbat di Re Salomone - Sara Ragusa - TERRE di MEZZO - BLOG
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Grazie al nostro peregrinare per ristoranti etnici, che ci
porta ad assaggiare le cucine del mondo da anni,
abbiamo avuto l'occasione di gustare diverse volte i piatti
della tradizione ebraica, rubando un minuto ai camerieri o
ai ristoratori per farci dire che piatto è, come si chiama,
quando si mangia.
Ma questo non basta. Per entrare di un passo, non dico
certo capire, nella ricchissima tradizione ebraica, bisogna
che qualcuno si prenda la briga di spiegarti, di farti
vedere e assaggiare.
I proprietari del ristorante Re Salomone hanno creato
l'occasione perfetta per raccontare una delle feste
ebraiche principali: lo Shabbat, il sabato. Hanno
organizzato una serie di cene, che probabilmente
ritroveremo in autunno con anche altri temi, in cui un
gruppo persone che non si conoscono si ritrova intorno
alla tavola come fosse in famiglia, con un rabbino che
spiega in termini semplici e immediati cosa è lo Shabbat,
mentre si mangiano le pietanze tipiche della festa.
Impariamo subito che lo Shabbat non può essere definito
solo dall'aspetto religioso, ma bisogna considerare anche
quello culturale, psicologico, gastronomico...
Le giornate, per gli ebrei, iniziano con il tramonto, e
terminano al tramonto successivo: il sabato comincia
quindi con il tramonto del venerdì. Appena il sole scende,
è il tempo della festa, e durante la festa non si possono
compiere azioni creative. Questo significa che non si può
lavorare, usare l'auto, ma perfino accendere la luce, la tv
o altri apparecchi elettronici. E neanche cucinare. Ma
abbiamo detto che l'aspetto gastronomico è importante, e
quindi? Si devono preparare tutti i piatti che allieteranno
la cena del venerdì, la colazione e il pranzo del sabato
entro il tramonto de venerdì, e devono essere pietanze
http://blog.terre.it/pappamondo/rubrica/0/post/21/lo-shabbat-di-re-salomone[22/01/2013 10:13:29]
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che diventano più buone con il passare del tempo, che
non si rovinano appena preparate, ma che possono
essere lasciate sulla piastra elettrica che li tiene in caldo
anche 20 ore di seguito.
Il tempo dello Shabbat è sottratto alle occupazioni
quotidiane con il divieto di compiere azioni creative e
donato alla famiglia, con l'invito a stare insieme, parlarsi,
farsi compagnia e pregare.
Prima del buio, la padrona di casa accende le candele,
dice una preghiera e accoglie lo Shabbat, la regina che
viene a trovare la famiglia.
Attorno alla tavola si intona (senza l'aiuto della musica,
perché non si può neanche accendere lo stereo) un canto
di invito agli angeli: Shalòm 'alekhèm. Ogni persona,
nella tradizione ebraica, è accompagnata da un angelo
buono, che svolazza alla sua destra, e uno cattivo, alla
sinistra - proprio come nell'immaginario che ci hanno
regalato i cartoni animati dell'infanzia. Gli angeli iniziano
il turno di lavoro il sabato, e staranno a vegliare tutta la
settimana. Se si parte con il piede sbagliato durante lo
Shabbat la settimana è destinata a seguire il cattivo
esempio. Il canto invita quindi a prevalere l'angelo
buono.
Un secondo canto, Eshet Khàyil, in onore della padrona di
casa, introduce al rito della benedizione del vino, il
Kiddush. Si beve il vino come prima cosa perché è
pregiato, e lo si beve da un bicchiere d'argento per
sottolineare l'importanza della festa. Spesso viene servito
ai commensali attraverso una sorta di fontanella, che fa
scendere il vino da un bicchiere centrale verso i
bicchierini più piccoli.
Un'attenzione particolare è rivolta al pane intrecciato
Hallah che viene coperto all'inizio della cena affinché non
si offenda di non essere il primo a essere mangiato.
Gli antipasti sono quelli della tradizione ebraica, ma non
sono legati in particolar modo alla festa.
È importante invece che i piatti forti siano bilanciati,
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perché bisogna mangiar di gusto senza uscire troppo
appesantiti dalla cena. Durante la sera dello Shabbat,
infatti, sono ben visti i rapporti intimi tra i coniugi, e chi
ce la fa se ha mangiato troppo?
Arriva a tavola un piatto di pesce, che ha un elemento
freddo dell'acqua e può così equilibrare l'elemento caldo
della carne, che arriva subito dopo.
Abbiamo
assaggiato dell'ottimo Haruf be Zebib, agnello in salsa
agrodolce con cipolle di Tropea e uvetta, e delle Mafrùm
con Ros be Batates, polpette di carne ripiene di patate in
salsa tripolina, accompagnate da carciofi.
Non ci si fa mancare una nota dolce, un caffè turco o un
tè alla menta e pinoli, per finire.
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Attendiamo le prossime cene esplicative e, dopo l'estate,
i sabati di Falafel e mojito: serate open bar in cui si può
scegliere tra due menu degustazione e apprezzare la
bella veranda stellata.
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Ringraziamo Christian T. per le foto.
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