Il 18 ottobre 2016 si è tenuto il convegno “L`Europa nel messaggio

Transcript

Il 18 ottobre 2016 si è tenuto il convegno “L`Europa nel messaggio
Il 18 ottobre 2016 si è tenuto il convegno “L’Europa nel messaggio di Giovanni Paolo II”, un evento
organizzato dalla Pontificia Università Lateranense e dalla fondazione Fede e Scienza che ha visto la
partecipazione di S.E. Mons. Enrico dal Covolo (Rettore Magnifico Università Lateranense), Rocco
Buttiglione (titolare della cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee), Giorgio Napolitano
(Presidente emerito della Repubblica).
Qui di seguito l’intervento del professor Rocco Buttiglione
NARCISIMO ED EGOISMO
Il vero miracolo laico di Giovanni Paolo II fu il modo in cui il comunismo cadde
Molti legano il nome di Giovanni Paolo II alla caduta del comunismo e alla riunificazione dell'Europa.
Questo è certamente giusto ma rischia di essere inteso in un modo sbagliato. Certo, il comunismo è caduto
davanti a una grande testimonianza intellettuale, morale e religiosa il cui oggettivo punto di riferimento, di
ispirazione e di guida era Giovanni Paolo II. Sarebbe, però, sbagliato porre l'accento sulla caduta del
comunismo piuttosto che sulla testimonianza davanti alla quale il comunismo è caduto. Il comunismo forse
sarebbe caduto lo stesso, anche senza Giovanni Paolo II. Il vero miracolo laico e storico del Papa fu il modo
in cui il comunismo cadde: senza sangue. Vi erano tutte le condizioni perché il crollo del comunismo
scatenasse odi e rancori, in parte recenti ed in parte secolari, tali da provocare in tutto l'arco che va dal mar
Baltico al mar Adriatico una guerra civile di dimensioni e proporzioni simili a quella che ha travolto la ex
Jugoslavia. Giovanni Paolo II, con la sua predicazione e il suo esempio, ha incanalato le energie dei popoli
verso il perdono, la riconciliazione, la pace, la ricostruzione materiale e morale.
Ricordiamo in questa occasione anche un altro grande europeo, Helmut Kohl. Fu lui a sviluppare (o a
tentare di sviluppare) un progetto politico che corrispondesse, almeno parzialmente, all’ispirazione
spirituale di Giovanni Paolo II. Abbiamo così avuto la riunificazione della Germania. Abbiamo avuto l'euro,
che non è una moneta ma la garanzia che la Germania mai più cercherà un suo cammino particolare contro
l'Europa. Abbiamo avuto l'allargamento dell’Unione Europea che ha consentito ai paesi dell'Europa centrale
di imboccare il cammino dello sviluppo economico nella pace.
Dopo molte vittorie, però, quel progetto culturale e politico è stato sconfitto e ha dovuto subire una penosa
battuta d'arresto. Volevamo i valori cristiani nella Costituzione Europea e non abbiamo avuto né i valori
cristiani né la Costituzione. Volevamo la riunificazione dell'Europa e abbiamo avuto solo l'allargamento.
Non è la stessa cosa. Riunificazione dell'Europa significava che i paesi dell’Europa Centrale ed Orientale
avrebbero dovuto rientrare nella comunità dei popoli europei portando con se l'eredità dei grandi valori
della nostra cultura europea riscoperti nella lotta contro il totalitarismo: valori cristiani ma anche e
inseparabilmente valori della tradizione classica greca e romana e quelli dell'illuminismo, del liberalismo e
del socialismo che ne sono derivati. Valori, certo, in parte in conflitto e anche in lotta alla ricerca del giusto
equilibrio fra loro. Proprio dalla loro "concordia discors" nasce la vitalità e lo slancio della nostra comune
cultura europea. Il grande movimento, la grande rivoluzione pacifica dalla quale è nata la nuova Europa è
stata sbrigativamente messa da parte. Non abbiamo avuto la riunificazione dell'Europa ma solo
l'allargamento. Allargamento significa che la cultura consumistica ed il materialismo volgare dell'Occidente
hanno inglobato i paesi ex comunisti. Non abbiamo bisogno di valori o di radici comuni per vivere insieme.
Ci basta un vago umanitarismo e l'utile economico. Per vivere l'Unione non ha bisogno di altro.
Non solo i valori cristiani, ma i valori in generale, sono rimasti fuori dalla Costituzione. Invitata a dire cosa è
e in che cosa crede l'Unione Europea non è stata capace di definire la propria identità. Il Trattato dì Lisbona
ha messo una toppa e ha dettato alcune regole di funzionamento, l'Europa, però, é rimasta senz'anima.
Abbiamo una moneta comune ma non abbiamo una statualità comune e nemmeno regole per un esercizio
comune della sovranità che la sostenga.
L'Unione somiglia oggi a un palazzo bellissimo: l'architettura è elegante, i saloni bellissimi, dalle pareti
pendono quadri che sono capolavori dell'arte, tappezzerie e statue antiche adornano i corridoi. Tutto è
perfetto. Ma manca il tetto e, quando piove, ci piove dentro e tutto va rapidamente in malora. Fuor di
metafora: l'interesse basta a tenere insieme un corpo politico quando tutto va bene, quando ogni anno
cresce la ricchezza e c'è n'è abbastanza per tutti. Quando è arrivato il tempo della difficoltà abbiamo capito
di non avere voglia di fare sacrifici gli uni per gli altri e neppure per noi stessi. Un’Europa fondata sul
narcisismo e sull'egoismo presentati come diritti ha scoperto di essere fragile ed in balia degli eventi.
Avevamo bisogno di solidarietà ma non ne avevamo perché avevamo disabituato e diseducato i popoli alla
solidarietà.
Un’ondata di populismo si rivolge adesso contro questa Europa. Sono stato questa estate a Cirencester,
all'undicesimo Vanenburg Meeting dove ho tenuto una delle due relazioni principali (l'altra la ha tenuta
Roger Scruton). Ho capito una cosa: i britannici sanno benissimo che la Gran Bretagna da sola non è in
grado di navigare nelle acque tempestose del secolo XXI ma non sentono questa Europa come una patria.
Preferiscono allora tornare alla vecchia Inghilterra che non può offrire né protezione né difesa ma in cui
almeno di ha l'impressione di vivere in qualcosa che somiglia ad una casa. Ma dobbiamo proprio scegliere
fra un freddo impero burocratico e la calda illusione del ritorno ad un passato che è ormai trascorso per
sempre?
La cattedra che abbiamo istituito presso la Pontificia Università Lateranense vuole lanciare un grido di
allarme, risuscitare una speranza, indicare un cammino. È possibile, è necessario tornare al grande progetto
che abbiamo lasciato incompiuto. Bisogna ritrovare un linguaggio che parli all'anima delle nazioni
convincendole che l'Europa non nasce dalla loro dissoluzione e dal loro abbandono ma dal riconoscimento
della origine comune ed é lo spazio in cui esse possono fiorire e proiettarsi verso il futuro. I populismi
danno risposte sbagliate a problemi veri. Per superarli è necessario recuperare il senso dell'Europa come
comunità di nazioni al servizio di ciascuna di esse e, in ultima istanza, al servizio della persona umana in
ciascuno dei cittadini dell'Europa. Vogliamo costruire un ponte fra cultura e politica, ritrovare la forma e
l'anima che da coerenza e vita alle istituzioni europee, ricostruire la logica del loro sviluppo ed aiutare a
pensare il modo in cui possono e debbono essere proiettate verso il futuro. Abbiamo bisogno di riscoprire
le ragioni della solidarietà ed insieme con esse le radici della unità dei popoli europei.
Giovanni Paolo II non è stato solo il Papa dell'Europa. È stato il Papa della Chiesa Universale. Lasciate che io
oggi ricordi in modo particolare che è stato il Papa dell’America Latina. In America Latina non c'era il
comunismo ma le dittature di sicurezza nazionale. Anche esse sono crollate senza sangue davanti ad un
grande movimento per la difesa dei diritti dell'uomo in cui decisiva è stata la presenza dei cattolici e la
guida spirituale di GIovanni Paolo II. Nel suo pellegrinaggio a Puebla, nei primi mesi del suo pontificato,
Giovanni Paolo II disse che l'America Latina non aveva bisogno della rivoluzione comunista ma aveva
bisogno di una rivoluzione della dignità dell'uomo e dei suoi diritti naturali, ispirata alla immagine cristiana
della persona umana. Fra coloro che allora hanno iniziato questo cammino si è progressivamente affermata
la guida di Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco.
Prof. Rocco Buttiglione,
cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee