Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015” Grande folla al festival di

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Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015” Grande folla al festival di
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1 settembre 2015
PABILLONIS. QUATTRO
GIORNI DI MANIFESTAZIONI CON LA SAGRA DELLA PECORA E DE SA MUNGETTA TAPPADA
Grande folla al festival di fuochi d’artificio
per la festa campestre di San Lussorio
S
ono stati organizzati quattro giorni di festa per l’antica sagra di San Lussorio. Il presidente Giorgio Oliva
insieme al comitato e ai volontari ha predisposto un ricco
programma di iniziative. Da mercoledì 19 agosto e fino a
sabato, l’area archeologica dove è costruita la chiesetta
ha accolto numerosi fedeli e turisti per partecipare alle funzioni religiose, alla Sagra della pecora, de Sa mungetta
tappada, ai vari spettacoli musicali e al festival di fuochi
d’artificio dove si sono cimentate ben tre ditte di cui una
di Salerno.La sagra si è svolta nella suggestiva località
dove, narra la leggenda, nella strada romana che collegava il porto di Neapolis (stagno di Marceddì) con le terme
Acque Neapolitane di Sardara, fosse passato il soldato
Lussorio con la sua legione. In questa zona un tempo sorgeva l’antico abitato di Pabillonis e ancora oggi sono visibili i resti di un’antica chiesa, dedicata al santo, un
nuraghe polilobato (1300 a.C) e un ponte romano nei
pressi del Flumini Mannu.
GONNOSFANADIGA. ORGANIZZATA
Il programma religioso è iniziato mercoledì 19 agosto
alle 7, con il pellegrinaggio a piedi verso la chiesetta
campestre distante 6 km dal paese. Giovedì alle 18.30 la
santa messa. Venerdì alle 10 si è svolta la suggestiva processione intorno al colle Santu Sciori, all’omonimo
nuraghe, il ponte romano e i ruderi dell’antica chiesetta
medievale. Sabato alle 20, il simulacro del santo è stato
riportato in processione, in paese.
Ricco il programma civile: mercoledì alle 22,30 serata
musicale con i Black Victor, e in seguito il festival dei
fuochi d’artificio con la ditta Contini Angela Maria di
Serdiana. Giovedì, alle 20 Sagra della Pecora,
degustazioni di prodotti locali; alle 22 spettacolo musicale con gli “Aro Band” di Cristian Cocco e la seconda
serata dei fuochi d’artificio con la “Ditta Albanese” di
Vallo della Lucania. Venerdì,alle 20, si è svolta la Sagra
de Sa Mungetta Tappada con degustazione delle
prelibate mungettas, tra gli odori caratteristici delle an-
DALL’ASSOCIAZIONE
NUOVA MONTE LINAS
guille, dei pesci e dei maialetti arrosto. Alle 22, serata
folk con i Duruna, e gran finale del festival di fuochi
d’artificio con la ditta Oliva Giorgio di Pabillonis. Sabato, in paese, presso la piazza di Fatima, al rientro del
santo, ballo di gruppo con la cantante “Simona” ed estrazione dei biglietti della sottoscrizione a premi. Durante
la festa è stato possibile visitare gli stand e i laboratori
degli artigiani locali.
Dario Frau
VILLANOVAFORRU
Letizia Ceroni espone le sue opere
nella sala delle mostre temporanee
Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015”
È stata un successo l’undicesima edizione di “Miss
Campidano”, una manifestazione organizzata alla perfezione dall’associazione culturale “Nuova Monte Linas”, che ha
visto la presenza di oltre 1500 persone. E ad aggiudicarsi la
fascia della più bella del Campidano è la giovane gonnese
Asia Sibiriu di 16 anni, che ha sbaragliato la concorrenza
delle agguerrite avversarie.
LA MISS «Sono felicissima per questo successo - racconta
la vincitrice Asia Sibiriu - sono una pittrice e faccio la modella da oltre un anno. Studio al liceo artistico di Cagliari e
sono arrivata alla finale nazionale di “Miss Mondo” ma ho
avuto un incidente con il bus il giorno prima della selezione
nazionale e non sono potuta partire. Per il futuro mi piacerebbe iscrivermi al design. Mi sono iscritta al concorso di
Gonnosfanadiga per gioco».
LA MAMMA Felicissima la mamma Sabrina Piras: «Mia
figlia ama il disegno, le piace la moda ma rimane sempre
con i piedi per terra. Ha frequentato corsi di portamento a
Capoterra e tutta la famiglia la incoraggia. Asia ha una sorella più grande e un fratello di 11. Siamo rimasti delusi per
Miss mondo».
LA SERATA La direzione artistica della bellissima serata è
stata affidata ad Arianna Sirigu, organizzatrice di eventi e
spettacoli in tutta la Sardegna, nonché presidente dell’associazione culturale e ricreativa Arilea Moda e Spettacolo.
Hanno presentato la kermesse Alessia Pinna e il giovane consigliere comunale Federico Isu. Sono state assegnate diverse
fasce sponsor: Anais Battista di Giba è miss “Planet Caffè”,
Alessia Uras di Quartu Sant’Elena è miss Slot Italia, la
sangavinese Marianna Mainas è miss Sorriso.
L’IDEATORE Il concorso di bellezza è stato ideato da Antonio Fenu, impiegato: «La manifestazione diventa ogni anno
più importante ed è molto attesa nel territorio». E proprio
Antonio Fenu è patron del concorso insieme ad Alessio Fenu
con l’associazione culturale Nuova Monte Linas.
LA GIURIA La serata è stata ripresa interamente da Patrick
Pinna, con le telecamere di Canale40, la tv del Sulcis e andrà
in onda nella stessa emittente. Tra i componenti della giuria
alcuni stilisti e fashion designer che tengono alto il nome
della Sardegna anche all’estero, come Maria Conte e Daniele Sitzia, e l’attore modello Emilio Puggioni, testimonial attualmente della campagna CLS e CESIL, in onda su Videolina
e del marchio Acqua di Sardegna in tutte le profumerie Limoni.
PROGETTO FOTOGRAFICO «Le miss che hanno partecipato a questo concorso - spiega Arianna Sirigu - e coloro
che parteciperanno a Miss 4 More, sempre a Gonnosfanadiga,
potrebbero venire selezionate per un progetto fotografico che
avrà come obiettivo la valorizzazione della Costa Verde, attraverso degli scatti che comporranno un calendario per
l’anno 2016».
Ora l’estate del paese sarà ravvivata da altre serate di animazione, karaoke e musica dal vivo anche a settembre.
Gian Luigi Pittau
Verrà presentata dal
maestro d’arte Antonio
Russo, il cinque settembre, nella sala delle mostre temporanee
di Villanovaforru, la
personale della pittrice
Letizia Ceroni.
L’artista, nativa di Novara, ma residente già
da parecchi anni a Tula
(SS), esporrà le sue Letizia Ceroni
opere dal cinque settembre all’undici ottobre. Un’occasione da non perdere per
gli estimatori d’arte e per i visitatori che potranno apprezzare
i capolavori di un’artista ormai stimata in tutta la Penisola.
Diverse le tematiche che vengono proposte nei suoi dipinti.
«Una magica pittrice della Verità il cui fascino trascende oltre
l’immagine quasi come un “Racconto figurativo”», dice di lei
l’illustre professor Ivano Biasetti, accademico di Modena, pittore e maestro della tecnica “lumigranulare” strumento espressivo che gli consente di ottenere
su imprimiture scure a sabbia
magiche e surreali sfumature.
Enigmatiche ma nello stesso
tempo vive, palpabili e tangibili appaiono le opere di Letizia
Ceroni, immagini che stimolano alla ricerca e alla scoperta
del mistero che esse trasmettono. «Le opere di Letizia ci accompagnano in un viaggio della conoscenza che è poesia del
fare, della tradizione, della storia di una terra umana e sono
profondamente onorato di avermi scelto come curatore e presentare la sua personale d’arte in questa occasione», afferma
a sua volta il maestro Antonio Russo, siciliano di nascita, ma
sardo di adozione, le cui opere sono state vendute e richieste
in tutto il mondo tra cui New York e Sidney. (d. f.)
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GUSPINI. NELLA BORGATA DI SA ZEPPARA
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Arbus – Guspini
Due pesi, due misure:
quel grande pasticcio di mezza estate
Rinnovata la devozione
alla Beata Vergine delle Grazie
Ancora una volta Guspini ha
riportato agli albori i festeggiamenti dedicati alla Beata
Vergine delle Grazie che, dalla chiesa della borgata di Sa
Zeppara, è stata accompagnata in processione dai fedeli grazie all’organizzazione dell’omonimo comitato e
alla collaborazione di associazioni e cittadini volontari
del territorio.
«È da due anni che non riuscivamo ad organizzare un
evento così - dice Marcello
Dessì, presidente del comitato Beata Vergine delle Grazie - e da oltre 25 anni non si
festeggiava la nostra madonna. L’abbiamo nuovamente
portata in processione con
l’aiuto di amici come Luisella Frau e Antonio Campus, ai
preziosi consigli e alla presenza di Roberto Maccioni,
presidente del gruppo folk
Antiche Tradizioni Popolari
Guspinese, oltre al gruppo
folk arcidanese, al coro di S.
G. Bosco Guspini e ai cavalieri Erika Casti, Orlando e
Ilaria. Le famiglie Dessì,
Frau e Campus hanno dato
un importante sostegno per la
preparazione del buffet. Molti gli amici di Guspini ma anche quegli provenienti da Arcidano, Pabillonis, Gonnostramatza, Villacidro e Montevecchio, che hanno parte-
cipato alla solenne messa e
processione. Tra essi, anche
il vicesindaco e l’assessore di
Pabillonis, Graziella Gambella e Roberto Piras».
L’antico rito della tradizione
guspinese quest’anno è stato
occasione anche per celebrare i 50 anni di sacerdozio del
parroco don Giuseppe Floris.
Marisa Putzolu
foto Stefano Murgia
Nei giorni scorsi, l’incrociarsi di una serie di eventi
ha dato origine a non poche polemiche. Attori e
interpreti, consapevoli o no, di questo trsie spettacolo, sono alcuni amministratori dei comuni di
Arbus e Guspini.
L’associazione culturale folkloristica Sant’Antonio di Arbus, nei primi giorni del mese di giugno,
protocolla formale richiesta al comune per la concessione del palco, di proprietà dello stesso comune, per la realizzazione della IX edizione della
“Festa dell’emigrato”. Concessione negata perché, a dire del vicesindaco di Arbus, il comune
non ha in organico dipendenti qualificati per il
trasporto ed il montaggio del palco. L’associazione, però, vogliosa di realizzare il proprio evento,
comunica verbalmente al vice sindaco di essere
in grado di trasportare e montare il palco, attraverso la collaborazione con una ditta regolarmente
certificata e senza costi per l’Ente. Anche in questo caso, inspiegabilmente, è arrivato un secco No.
Nei giorni seguenti però il comune di Arbus ufficializza il prestito del palco di sua proprietà ai vicini di casa di Guspini. Tale prestito pare sia stato
concordato attraverso le vie brevi (si ipotizzano
accordi presi telefonicamente) dagli assessori alla
cultura dei due comuni. Sin qui tutto potrebbe far
pensare a semplici rapporti di buon vicinato e,
per carità, nessuno dice il contrario. Ma entrando
nel merito, occorre fare alcune doverose precisazioni. Il comune di Guspini possiede il suo palco,
che in quello stesso giorno veniva utilizzato, nella piazza XX Settembre, dal gruppo folk di Guspini per la manifestazione “Ballus in pratz’e cresia”. Guspini chiede il palco ad Arbus per la realizzazione dell’evento musicale “Vasco Day”, patrocinato dal comune e che si è svolto negli spazi
dell’ex miniera di Montevecchio. Il comune di
Guspini ha in organico dipendenti qualificati o
per il trasporto e il montaggio del palco, quindi
per gli amministratori di Arbus non sussiste alcun
elemento ostativo al prestito. Veniamo ora ai due
pesi e alle due misure…
La manifestazione in programma ad Arbus era gratuita. Vasco Day invece era un concerto a pagamento ed il comune di Guspini ha utilizzato i propri dipendenti per il trasporto ed il montaggio del
palco destinato a tale evento. Ora mi chiedo e vi
chiedo: è normale che un Ente neghi le proprie
strutture ad un’associazione regolarmente iscritta
all’albo regionale e che persegue, gratuitamente,
un nobile scopo, per favorire un evento privato
organizzato a scopo di lucr? È normale invece che
un altro Ente, sempre per favorire la realizzazione
dello steso evento privato e a scopo di lucro, utilizzi i propri dipendenti, pagati con i soldi di tutti i
cittadini per il trasporto ed il montaggio del palco? A mio avviso si sono usati due pesi e due misure ed è da quei due pesi e da quelle due misure
che prende vita il principio della illegalità. Ed inoltre, ad Arbus si diniega un palco perché il comune
non è in grado di garantirne la sicurezza, a Guspini invece il Vasco Day ottiene via libera si tutti i
fronti grazie ad un patrocinio passepartout, di fatto una sovvenzione pubblica maschera, che concede gratuitamente spazi, attrezzature, affissioni
ed esonera da ogni altro genere di onere ad una
società che organizza eventi a pagamento. Se poi
è vero quel che si dice, che per il Vaasco Day a
Montevecchio mancassero le obbligatorie autorizzazioni in materia di sicurezza, appare ancora
più inspiegabile la condotta dei due comuni, se
non fosse che i due assessori alla cultura di Arbus
e di Guspini (casualmente appartenenti allo stesso partito) hanno agito in maniera diametralmente opposta ma in perfetta sintonia, giocando tra
loro una bella partita a tennis, mentre i rispettivi
sindaci stavano a guardare.
Se questo è l’Abc della politica che si affianca al
“valore della partecipazione” è meglio restare senza alfabetiere e non partecipare a queste tristi vicende.
Lucia Liscia
Collinas: i fumetti, una passione per sempre
C’è chi scrive, c’è chi suona, c’è chi dipinge e c’è chi disegna fumetti. Sì, perchè oggi disegnare fumetti è diventata una
vera e propria arte ricca di influenze e conmtaminazioni, come
ogni arte che si rispetti.
Nel piccolo paese di Collinas, dove i fumetti si è soliti leggerli e non disegnarli, incontriamo un ragazzo di vent’anni
che invece ha deciso di passare il suo tempo nella seconda
attività.
Francesco Scano, mi racconta la sua passione, quella che sicuramente ha affascinato tanti ragazzi in giovane età, ma che
in pochi hanno avuto la costanza e la forza di portare avanti.
La costanza è infatti l’argomento che più emerge dalla discussione che intraprendiamo col fumettista: - Disegnare è
un lavoro che occupa tanto tempo e tanto impegno, io impiego giorni a seconda delle tavole che devo realizzare, e non
lascio il tavolo fino a quando non sono riuscito a rendere
precisamente ciò che ho immaginato – dice Francesco. Il giovane collinese ha iniziato a disegnare da bambino e oggi,
spiega, l’attività è talmente connaturata alla sua persona che
è diventata un gesto istintivo di cui non riesce a privarsi. Disegnare è per Francesco, in primo luogo, uno sfogo personale, in seconda analisi, un modo di comunicare che ha scelto
come prediletto. - Perchè proprio il disegno? - chiediamo noi,
Francesco sorride e risponde che la domanda è estremamente difficile, poi con sincerità afferma: - Col tempo, il disegno
per me è diventato un gesto naturale, quasi irrazionale, io
provo la necessità di disegnare, io sento di poter comunicare
al massimo attraverso i tratti della matita, ma non mi soffermo
sui motivi della mia scelta ogni volta che inizio un nuovo
lavoro. Forse il disegno, almeno questo lo posso dire, è stata
in origine la forma da me prediletta per incanalare i miei pensieri, perchè offre infinite possibilità a chi lo pratica e allo
stesso tempo invece, almeno nel mio caso, incanala l’attenzione dello spettatore più facilmente rispetto ad altri tipologie
di espressioni artistiche. È come se io, da disegnatore, avessi
dei mezzi a disposizione che mi permettono di mettere dei
paletti ben precisi all’interpretazione della mia opera, per
quanto l’interpretazione possa essere condizionata, ovviamente.Francesco ha uno stile di disegno tutto suo, ci sono vari modi
di rappresentare i propri mondi immaginari o il mondo reale,
e nel suo caso possiamo parlare di una coesistenza si fantasia
e relismo nelle opere. Al fumettista piace disegnare scene
fantastiche, bizzarre, buffe, al limite tra il gioco e l’ironia,
tuttavia i soggetti vengono rappresentati con estrema cura
per i particolari, anche per quelli più minuti, dando quindi a
immagini propriamente irreali, una qualche parvenza di
iperrealismo.
Francesco ha vaste fonti di ispirazione, le sue letture sono
eterogenee, nel mondo dei fumetti come in quello della letteratura: - Mi piace variare molto nel leggere, non ho un genere
preferito, nè uno scrittore, potrei dire che i fantasy e la fantascienza tuttavia, almeno ultimamente hanno catturato il mio
interesse. Per quanto riguarda i fumetti in parrticolare, amo
leggerli in tutte le forme, sia quelli di stampo occidentale, i
made in U.S.A., sia quelli tipicamente orientali, i manga.
Tuttavia, c’è un mondo di fumettistica ignoto ai più, che
internet ha permesso di conoscere. Sul web, se si seguono
determinati portali, è possibile venire a conoscenza di autori
semisconosciuti che pubblicano le loro opere gratuitamente
in cerca di lettori e, magari, di qualche casa editrice che punti
su di loro.- Chiediamo se per caso questa possa essere una
strada per lui appropriata, strizza l’occhio: - Ora come ora,
sono impegnato con lo studio, ma certamente nel futuro, o
anche ora, non appena avessi del tempo, credo che pubblicare le mie opere sul web potrebbe darmi qualche possibilità di
farmi conoscere -.
Per ora Francesco ha collaborato a livello scolastico, nel liceo che frequentava, alla pubblicazione di alcune tavole
fumettistiche riportanti storie autoconclusive. Inoltre ha disegnato le illustrazioni di un libro su Giovanni Battista Tuveri,
sempre in collaborazione con la scuola e con il comune di
Collinas. Ha fornito poi le illustrazioni al libro di Ino Matta,
altro collinese, che racconta la storia della società bocciofila
“Sa Forresa”. Le opere di Francesco sono state esposte in
una mostra a Collinas, nella Biblioteca comunale e a
Gonnoscodina, sempre all’interno della biblioteca comunale, tale mostra, intitolata “Storie di inchiostro” dovrebbe a
breve continuare il suo percorso itinerante attraverso i comuni del Medio Campidano.
Il suo sogno nel cassetto è quello di poter, un giorno, realizzare un fumetto completo, originale e inventato da lui in ogni
sua parte, dalla storia alla sceneggiatura, fino ai disegni.
Speriamo di rimanere presto stupiti dalla sua originalità.
Paolo Onnis
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GUSPINI.
POLISPORTIVA
FORTITUDO
Calciando sotto le stelle
G
aleotto il successo di “Calciando sotto le stelle”, a partire
dalla prossima stagione sportiva la Fortitudo oratorio incrementerà la propria attività sportiva pianificando anche un
settore femminile. Se fino allo scorso anno le ragazze avevano
la possibilità di partecipare ai campionati giovanili misti, ma
solo nelle categorie Primi calci, Pulcini, Esordienti e Giovanissimi, da oggi invece anche le atlete di classe compresa tra il
1997 e il 2003 potranno prendere parte ai tornei, esclusivamente femminili, indetti dalla FIGC. «L’intenzione - spiegano dallo staff della polisportiva - è quella di consentire alle
ragazze di Guspini e dei paesi limitrofi di poter dare sfogo alla
propria passione per il calcio. La brevità e il particolare regolamento di questi tornei permette alle giovani, anche tesserate
per società diverse, di parteciparvi con la formula del prestito
mediante nulla osta. Il settore femminile della ASD Pol. Fortitudo Oratorio sarà completato da una prima squadra che parteciperà ai campionati di Categoria, siano essi a calcio a 5 o a
11».
La possibilità di costituire una squadra di calcio in rosa semi
professionale era stata avvallata alcuni mesi fa dai dirigenti
dell’associazione, all’indomani della massiccia partecipazione al triangolare femminile di “Calciando sotto le
stelle”, svoltasi il 13 uglio al
campo San Domenico Savio.
«Molte ragazze provenivano
da Cagliari, Arborea, San Nicolò d’Arcidano - riferiscono
Giuseppe Ariu e Fabio Zecchino, dirigenti - ed erano
molto contente perché non si
sono sentite tagliate fuori dai giochi e hanno potuto divertirsi
in libertà. In generale non potremmo essere più soddisfatti della riuscita del torneo, tanto degli spalti pieni quanto del comportamento tenuto in campo dai nostri ragazzi».
Sebbene, come si legge in locandina, questa fosse solo la seconda edizione di “Calciando sotto le stelle”, anche quest’anno sponsorizzata dai commercianti di Guspini, in realtà il torneo esisteva già da decenni e costituiva un appuntamento irrinunciabile per larga parte dei cittadini fino ai primi anni ‘90.
“Quindi è scomparso dalla programmazione estiva per circa
un decennio. Solo ultimamente si è creato un gruppo di volontari deciso a ripristinare questa realtà che, sebbene offuscata,
ha ritrovato nel corso delle due edizioni larga parte del suo
seguito originario”.
Dal 22 giugno al 17 luglio sul campo verde di Via Anna Frank,
otto squadre si sono giocate il lauto montepremi in palio. Il
torneo è andato ai “J&T Bar”, già vincitori della scorsa edizione, che si sono aggiudicati i 650 euro del primo premio e la
soddisfazione della riconferma con una finale 3 a 0. Medaglia
d’argento per la squadra Pittau Eden, che ha però potuto van-
Guspini: successo della mostra fotografica
Dalle sei del 14 Agosto a
mezzanotte di mercoledì 19
i locali attigui alla banca di
Sassari, nella centralissima
via Santa Maria, hanno ospitato la mostra fotografica di
Simone Zaugg, Antonello
Cocco, Rinaldo Ruggeri e
Massimo Cara. «È difficile
nascondere l’emozione che
ho provata in questi giorni: è
stato un susseguirsi di soddisfazioni, gioia, ma soprattutto meraviglia per la massiccia partecipazione del
pubblico. Una magnifica
esperienza, senza dubbio», è
il commento di Rinaldo Ruggeri, che da ormai diversi
anni si diletta di fotografia.
Confortanti i dati sull’affluenza all’ esposizione, che
sin dalla sua apertura nel primo pomeriggio della vigilia
di Ferragosto ha registrato
centinaia di presenze.
L’evento ha avuto ampia risonanza anche sui social
network, con i commenti entusiasti di tanti visitatori:
“Belle foto e serata piacevolissima: la mostra è aperta
fino al 19, visitatela!”, “Ne è
valsa la pena! “ “Non mancherò”- assicurano diversi
ospiti. Soddisfatti anche i
quattro fotografi: «Il piacere
della condivisione: questo mi
rende felice nel vedere le mie
foto esposte al pubblico -
tare tra le sue file il “Miglior giocatore del torneo”, Fabio Surano di Guspini, vincitore del premio individuale. Terzo posto
per la squadra del “Caffè Novecento” e premio “Miglior Portiere” per il giovanissimo Federico Uccheddu di Gonnosfanadiga. Ultimi, i “Panificio Piras e Tony Bar”, con primo capocannoniere del torneo il sangavinese Fabio Sanna. “ La giornata di giovedì 16 ha visto in campo i piccoli calciatori dai 5 ai
15 anni: inutile dire che è stato un successo. I bambini erano
entusiasti, ma, incredibile a dirsi, abbiamo riscontrato un’allegria anche maggiore negli over 40 che si sono confrontati la
notte del 23!”. Infinita lista di ringraziamenti da parte del presidente della polisportiva Fortitudo Oratorio Tiziana Esu: «Grazie ai dirigenti collaboratori, che con gratuità dedicano gran
parte del loro tempo ai bambini e ai ragazzi che ogni anno ci
vengono affidati. Grazie ai giocatori e agli sponsor delle squadre, che hanno creduto in noi e in questo torneo. So quanto sia
difficile formare una squadra, sia a livello economico che per
quanto riguarda i giocatori. Grazie alla Volsoc Guspini, che si
è resa disponibile durante il torneo, per fortuna con pochi interventi. Grazie al Csi per i tesseramenti e per l’organizzazione dell’arbitraggio. Grazie a tutte quelle persone che ruotano
attorno alla società: attività commerciali, volontari che stanno
in campo e fuori dal campo, i ristoratori che ci preparavano i
nostri amati panini. Grazie a chi si è dedicato alla tracciatura
del campo, alle pulizie, al bar, tutte ugualmente importanti».
«Infine- conclude il presidente- forse il grazie più importante
va al pubblico, che ogni sera ha riempito le gradinate come non
accadeva da anni. Con il suo incitare, tifando per le persone a
lui care, ha reso il torneo un evento gioioso e piacevole. Approfitto della presenza dell’amministrazione comunale per lanciare un appello… il paese è vivo e questo torneo ne è la dimostrazione. Con poco si può fare tanto. Rilanciamo Guspini».
Francesca Virdis
VILLACIDRO
Donne in musica
precisa Simone Zaugg, 49
anni, originaria di Zurigo, ma
residente a Guspini da circa
11 anni, che ha trovato posto
all’interno della mostra fotografica con le sue sovrapposizione astratte di luce e ombra, in piacevole contrasto
con i maestosi rapaci di Antonello Cocco e Rinaldo
Ruggeri e l’umanità pensosa
di Massimo Cara. «Per la
maggior parte i visitatori
sembravano davvero interessati - soggiunge l’artista svizzera -e spesso hanno approfittato della nostra presenza
per discutere alcuni scatti.
Non sono mancate visite di
turisti provenienti dalla Francia e dalla penisola». Rincalza Antonello Cocco, 65 anni,
di Guspini: «Non avrei potuto sperare in una riuscita
migliore per questo evento:
venerdì, sabato e domenica
c’è stato quello che si suol
dire “il pienone”, ma anche
gli altri giorni i visitatori non
sono mancati. Sebbene io sia
solito organizzare mostre, mi
farebbe piacere riproporre un
appuntamento del genere anche la prossima estate. Delle
39 fotografie che ho esposto,
tutte hanno un qualcosa di diverso che me le rende, tuttavia, ugualmente care».
«La maggior parte dei visitatori non sa di fotografia e
ne percepisce solo la componente più superficiale: diciamo quella coincidente con l’
estetica - commenta Massi-
mo Cara - e c’è ancora molto da fare perchè le persone
imparino a capire che anche
attraverso le immagini si può
comunicare e “produrre”
cultura. Alla mostra ho portato solo 12 scatti: per la
maggioranza primi piani
stretti, relativi ai carnevali
tradizionali del centro Sardegna. Cerco sempre di immortalare l’attimo che vedo. Penso che qualsiasi attività in
qualche modo “creativa” sia
frutto della nostra intera cultura personale. E io ho 60
anni: tante cose, in questo
tempo, hanno contribuito a
formare la persona che sono
oggi. I miei scatti sono
espressione diretta di quello
che sono e che amo». (f. v.)
In occasione dei festeggiamenti di Sant’Antonio a Villacidro,
presso la piazza della chiesa della parrocchia dedicata allo stesso santo, l’associazione corale “Donne in Musica” di Villacidro
ha organizzato il concerto “Totus impari”. L’associazione corale “Donne in musica” è di nuova costituzione, ma nasce da un
progetto avviato anni fa fra l’allora circolo didattico “Giuseppe
Dessì” e l’associazione musicale “Santa Cecilia” di Villacidro.
Il gruppo, formato solo da donne, è composto da genitori e docenti della scuola dell’infanzia e primaria di Villacidro.
Il concerto rappresenta l’ultima tappa di una rassegna, nata qualche anno fa dal coro polifonico “Voci in musica” di Serri con lo
scopo di divulgare e far rivalorizzare la musica in Sardegna unendo diversi cori. Alla serata hanno partecipato i cori “Donne in
musica” di Villacidro, “Voci in musica” di Serri, “Santa Maria”
di Guasila, “Cantos e Melodias” di Villamar, “Santu Asili ‘e
Monti” di San Basilio, “Boxis Nodias” di Siliqua, e “In…cantu
de coru” di Guspini, tutti diretti magistralmente dal maestro
Massimo Atzori. I diversi cori si sono alternati nella magica atmosfera della piazza affollata con canti della tradizione popolare sarda e del pop italiano, presentati egregiamente da Emanuele
Garau, perfetto padrone della scena, che ha regalato al pubblico
un canto e alcune informazioni sui brani del tutto inedite.
La serata si è chiusa con un’esibizione del tutto particolare: tutti
i cori, accompagnati dal maestro Massimo Atzori e da Emanuele Garau hanno cantato insieme “Coros cantende”.
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GONNOSFANADIGA
Ricordando S’Acqua Durci
D
opo il bombardamento
del 17 Febbraio del
1943, in cui morirono 96 innocenti, Gonnosfanadiga diede un altro contributo di sangue nell’esplosione di una
mina vagante. Accadde il 3
agosto 1945, nella marina di
Arbus, in località S’acqua
Durci: le vittime furono sedici, la maggior parte ragazzi,
undici di Gonnosfanadiga,
cinque di Guspini. Decine di
persone rimasero gravemente ferite.
Doveva essere una giornata di
svago, invece fu di sangue.
La guerra era finita da alcuni
mesi. E molte famiglie cercavano pace e tranquillità nelle
spiagge del litorale di Arbus,
ancora contaminato da ordigni bellici. Furono diversi i
gruppi familiari di Gonnosfanadiga e Guspini, che scelsero, quel giorno, la bellissima
spiaggia di S’Acqua Durci.
Lo scoppio della mina fu improvviso e inaspettato. Una
tragedia che Gonnosfanadiga
non ha mai dimenticato e ha
voluto ricordarla dedicandole un monumento.
A seguito della costante richiesta dei parenti delle vittime, cinquant’anni dopo, il
primo sindaco donna Sandra
Piras, il 3 agosto del 1995,
inaugurò il monumento di
piazza Verdi, l’allora parroco della parrocchia della B.
V. di Lourdes don Tarsillo
Podda, dopo la funzione re-
“S’Acqua Durci”
ligiosa con la chiesa piena
fino all’inverosimile, benedisse il monumento voluto
dall’amministrazione comunale, che rappresenta un
bambino sofferente seduto
sulla roccia.
Il 3 agosto scorso il sindaco Fausto Orrù ha deposto
una lapide con i nomi dei
caduti di “S’acqua Durci” a
completamento del monumento (grazie alla ricerca di
Franco Meloni fratello di
Giovanni, vittima di quella
sciagura): Giovanni Conti
(anni 42), Francesco Garau
(19), Fausto Lai (10), Ignazio Mallica (anni 14), Giovanni Meloni (12), Giusep-
pe Pinna (anni 14), Mariano
Pinna (9), Antonio Sardu
(5), Giuseppe Sardu (26),
Salvatore Sardu (36), Antonio Sogus (19); i guspinesi:
Flavio Floris (anni 12), Severino Onidi (19), Livio Serpi (21), Nino Serpi (20), Livio Manca (19).
Francesco Zurru
Il ricordo di Rosa Floris, sorella di Flavio
«Mio padre Giuseppe, dice la signora Rosa, sorella del piccolo Flavio, partì nel 1936 in
Africa orientale, come civile e successivamente fu arruolato nell’esercito italiano. Fu fatto
prigioniero dagli inglesi durante la campagna d’Etiopia. Dopo 10 anni di prigionia in Kenia,
venne liberato nel 1946, al suo rientro, la famiglia lo portò a conoscenza della tragedia di
“S’acqua Durci” ove morì il fratello Flavio».
Notte di mare in tempesta
all’alba sorge il sole e tutto si desta
Onda su onda
in riva alla spiaggia si pose una bomba
Le mani dell’uomo incosciente
la portò in mezzo alla gente
Sul pesante fardello
colpo su colpo batté il martello
Fanciulli gioiosi
intorno curiosi
Crudele destino
esplose l’ordigno
Strage di vite innocenti
di tanti feriti e tanti lamenti
Grande il dolore del bambino morente
invoca la mamma non sempre presente
La mamma del cielo
di te piccolo angelo avrà cura in eterno.
Franco Meloni
Poesia dedicata ai bambini deceduti il 03 Agosto 1945:
Antonio anni 5, Mariano anni 9, Fausto anni 10, Flavio anni
12, Giovanni anni 12, Giuseppe anni 14, Ignazio anni 14.
Sa bomba de s’Aqua Dulci, 3 Agosto 1945
Su luttu de s’Aqua Dulci,
furriàda in arrùbia e marigòsa tottu paris su Tres
de Austu de Corantaxincu,
fudi stéttiu un spantu
mannu in Gonnos, ( sa
Guernica sarda giài in su
Dexasetti de Friàxu de su
Corantatresi cum plus de
ottanta vittimas in s’incursioni americana) e inde
fuèddat finzas s’Unioni
Sarda de insàras, una
quindixìna tra pippìus e
picciocchèddus mortus de
manu issòru manijendu
una bomba agattada inesplodia in sa spiaggia
minàda, pippìus e pippìas
de sa media borghesia e benestantis chi in cussus tempus si
podìant permìtti una vacanza in mari, mancai a sa garibaldina, a carrus de bòes, a carrettas e a barràccas, is famiglias
Lai, is Pinnas, is Melònis, Sennòra Peppinetta Devoto chi
habìat pérdiu dùus fillus, Garau, Manca, Onidi, Sogus, Serpi, Sardu e Mallica. De custas duas stràgis Gonnos no
s’ind’est scaréscia e mai s’ind’hat a scarèsci, Villa Pacis.
Ma s’assustu e su spantu mannu pro cussa bomba assassina
e traitòra appena apustis tres dies est sparéssiu de suncùnas
asutta de su spantu e su scramentu plus mannu e terribili chi
sa Paxi de sa Segunda Guerra happat lassàu a s’Humanidadi: sa bomba de Hiroshima, e avattu avattu un’altra puru,
no plus pro stèrri su Giapponi in genugu e pro s’affroddiu
de iddas incingiài, ma pro scramentài (pratica gesuita-spagnola chi bòlit nari a inde tirài sa pèddi bìa a arrògus a arrògus) e avvèrti sa Cina rivoluzionaria de Mao (1949 est s’annu
de Sa Repubblica popolare) e sa Russia vittoriosa e minettòsa de Stalin, e su Terzu Mundu in sumbùllu mannu (hanti
mortu a Gandhi su 30 Gennaiu de su 1948) e cum su Discursu de Churchill a Fulton su 15 de Marzu de su 1946
incumènzat sa Guerra Frida e sa Paxi in su Terròri.
Làstima sa Storia est
sempri andàda aici: si
vis pacem para bellum;
un Principe deve essere
più temuto che amato,
nàrat Machiavelli, e
s’idd’habìat imparau no
scétti Roma ma sa Grecia, Patria de sa Democrazia periclea e mamma de sa “Civiltàdi europea” chi hat partorìu
a Hitler, a Stalin e a
Mussolini puru, no scétti a Kant, a Rousseau e
a Tolstoj. Còntat Tucidide ca Atene in su 415
a.C. cum Nicia a una colonia ribelle de s’Asia
Minore alleàda de Sparta, apustis chi si fut arréndia
idd’hadi spérdia e tottu pro scramentu e pro exemplo
(exemplum in italianu diventat e-scempio) pro fai a timi
e arrèndi is altrus, scramentu fur ewig, for ever, eis aèi,
ca custas funti is fòrzas chi guvèrnant sa Storia de sempri e pro sempri: bìa e dèos, sa prepotenza, su terròri e
s’òdiu.
S’idea de su perdonu dèppit ancora lòmpi cum su Cristianesimu, ma scétti a fuèddus: mancu Gesugristu est
arrennésciu a mudài sa Storia! Aici, torrèndu a nos a is
tempus de hoy, hemus connottu in su terrori de Hiroshima custus provvisorius settantannus de Paxi (paxi pro
modu’e nari), e Papa Franciscu nàrat ca séus bivendu una
Terza Guerra Mondiali a arrògus e a mòssius.
Ma sa
Paxi àndat diféndia: si vis Pacem para Pacem naràt Paolo VI, e in su pitticcu cosa sua sa bidda de Gonnos fadendu su chi pòdit hat costruìu un monumentu de is vittimas
de s’incursioni, (Giunta democristiana) e dèu candu fìa
assessori su monumenteddu pro s’Aqua Dulci (Giunta de
Sinistra) ca sa Paxi no tènit colori y est bella pro tottus.
Toto Putzu
Custu sonettu cosa mia in memoriam de cuddus pippìus
innocentis de s’Aqua Dulci e sa Pubblica Commemorazioni
ancora hocannu, settantannus apustis, de is parentis chi
s’agàttant e de su Cumunu’e Gonnos, in su piticcu cosa nostra bòlint esse una pregadorìa comuna ma costanti pro sa
Paxi “in quest’atomo opaco del Male” (Giovanni Pascoli).
A is pippièddus mortus de s’Aqua Dulci
Unu tallu’e picciocchèddus innocentis
gonnèsus, chi mesànu e chi matuccu,
e chini ancora a launèddas de muccu,
prexàdus in vacanza, tra is parèntis,
in s’Aqua Dulci in su mesi’e Austu
cuntèntus ca sa Guerra fut finìda,
tres dies prima’e su sperdìtziu arrustu
a Hiroshima, hanti pérdidu sa vida:
no fìat atomica, ma cussa puru
fut bomba, arremasùlla farabutta
de sa Guerra, agattàda ingùni asutta
in sa spiaggia, e scoppiàdu est su silùru
tra is pippìus sperdendìndi una seixìna,
s’ultima e inutili carneficina.
Toto Putzu gonnensis
3 Agosto 2015
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16
1 settembre 2015
SAN GAVINO: RINNOVATA LA TRADIZIONE PER SANTA CHIARA VERGINE
C
ome ormai impone la
tradizione nel nostro
territorio, a metà
Agosto si celebrano le festività patronali nei vari comuni della zona. Fra questi San
Gavino, in cui le festività in
onore di Santa Chiara Vergine, a cui è intitolata la chiesa
parrocchiale del paese, vanno dal 9 al 13 Agosto. Un’attesa, quella per la festività
sangavinese, che rappresenta il culmine dell’estate del
paese e richiama, non solo
tutti i cittadini, ma anche tanti
emigrati e qualche turista.
La festa è cominciata Domenica 9, con la giornata dedicata alla famiglia, lunedì 10
poi le celebrazioni per anziani e malati. Festeggiamenti
civili ridotti nella giornata di
lunedì a causa del temporale che ha colpito il territorio. La serata di musica proposta dal duo “Marco e Mattia Pilloni” è stata interrotta
alle 23 circa, quando l’acquazzone non ha lasciato
scampo ne agli spettatori ne
agli artisti. La giornata di
martedì invece per i ragazzi
e i giovani, sono stati tanti
che hanno preso parte alla
celebraziona eucaristica delle 19. Alle 22 spettacolo di
cabaret in piazza Marconi
col famoso attore Jacopo
Cullin, accompagnato dal
I
comico Gabriele Cossu dei
Lapola. Tante risate con i
vari personaggi che hanno
reso celebre Cullin in una
serata molto partecipata.
Nella giornata di Mercoledì,
festa della comunità, la
grande festa. La Santa Messa del mattino e quella delle
diciotto alla presenza del Vescovo, Mons. Giovanni Dettori, e concelebrata dai parroci sangavinesi. Intorno
alle 19 la statua della santa
è uscita dalla Chiesa Parrocchiale per la processione
nelle vie del paese. Processione aperta, come al solito
dai cavalieri e da un’insolito Carlo Tomasi, sindaco del
paese, sopra un cavallo con
tanto di fascia tricolore. A
seguire la Banda Musicale e
il tradizionale suono di launeddas del maestro Bruno
Loi oltre ai tantissimi devoti che hanno accompagnato
la santa. In serata i festeggiamenti sono proseguiti
con lo spettacolo pirotecnico offerto dall’amministrazione comunale e lo spettacolo di liscio con “Stefania
e la sua orchestra” a cura del
Comitato per i festeggiamenti di Santa Chiara presieduto da Antonio Bandino.
Le festività si sono poi concluse giovedì 13 con la rituale festa dell’emigrato,
una serata offerta dalla Pro
Loco in cui i numerosissimi Sangavinesi, ormai lontani dal proprio paese che
in occasione delle feste ritornano, hanno potuto ritrovarsi. Un menù a base di tipicità sangavinesi e per finire tanta buona musica.
Anche quest’anno si sono
così concluse le celebrazioni in onore della Santa di
Assisi, celebrazioni che
hanno reso partecipe tutta
la comunità sangavinese
che in questi giorni si è unita nel cercare di abbattere
questo momento di apatia.
“Attrus Annus”
Lorenzo Argiolas
l culto per la Santa di Assisi, nel centro di San Gavino
Monreale, ha origini risalenti al XV secolo. È tra il 1574 e
il 1584 che venne edificata una chiesetta figliale intitolata a
Santa Chiara Vergine dell’Ordine Serafico. Ed è presumibilmente nel 1584 che fu eretta parrocchia. Da allora il baricentro del paese, che si estendeva intorno alla Chiesa di San
Gavino Martire, si spostò verso Ovest. La particolarità principale delle celebrazioni è che a San Gavino la festa in onore
di Santa Chiara Vergine ricorre il dodici di Agosto, non l’undici così come da calendario. Alcuni hanno ipotizzato che il
motivo sia
legato al voler far incastrare la ricorrenza con
le altre feste
del territorio,
San Lorenzo
a Sanluri il
10 di Agosto
e Santa Maria a Guspini
il 15.
Tuttavia
questa ipotesi non trova alcun riscontro. Più plausibile la spiegazione relativa al fatto che tempo fa il calendario liturgico
prevedesse le festività in memoria della santa il 12 di Agosto,
per questo sembrerebbe rimasta integra la tradizione nel paese. Oggi la Chiesa intitolata si trova in pieno centro abitato,
nella piazza Marconi, laddove si trova il fulcro dell’attività
politico-amministrativa e sociale di San Gavino.
Nel corso degli anni la Chiesa ha subito parecchi stravolgimenti. Innanzitutto relativi allo spostamento del campanile,
che nel corso degli anni ha subito parecchie modifiche anche
di recente, dalla sua sede originaria, che è da subito evidente
nella facciata.
Le festività del mese di Agosto sono da sempre molto sentite
nello spirito di ogni sangavinese devoto alla Santa di Assisi
che ogni anno partecipa con entusiasmo a quella che è la principale solennità della propria comunità.( l. a.)
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1 settembre 2015
17
DUE MOSTRE FOTOGRAFICHE PER RACCONTARE SAN GAVINO In esposizione le opere
D
degli artisti sangavinesi
ue mostre fotografiche hanno animato la festa di Santa
Chiara. Negli spazi della centrale Piazza della Resistenza i soci dell’associazione fotografica 21 DIN hanno messo
in piedi un’esposizione fotografica dal titolo “San Gavino”.
Un tema accattivante che ha cercato di descrivere la realtà
quotidiana del paese. Si possono trovare così fra i ritratti signor Giovanni Zucca, famoso maestro di calcio, Nanni
Murgia, intento nel riparare una bicicletta, il parroco, Don
Pierangelo Zedda, e il sindaco, il dottor Carlo Tomasi, mentre con uno stetoscopio cerca
di curare il malato, ossia San
Gavino.
C’è spazio anche per gli attimi, i momenti
che la comunità
sangavinese ha
vissuto negli
anni. L’ultimo
treno per Cagliari transitato nella vecchia stazione ne è solo un esempio. “E’ stato un intenso
mese di lavoro - ci dice uno dei soci, Andrea Marrocu- per
una mostra che richiede almeno due mesi di impegno. Attraverso questa mostra abbiamo voluto mostrare arti, mestieri,
personaggi e luoghi della nostra cittadina. È una piccola soddisfazione la nostra, sono state più di cinquecento le visite e
abbiamo ricevuto tantissimi complimenti”. Soddisfazione
espressa anche dal presidente dell’associazione, Gian Mario Batzella: “Siamo una ventina di soci, e hanno esposto i
propri lavori circa una dieci fotoamatori. All’interno della
mostra sono 48 le foto che si possono ammirare. Abbiamo
avuto un riscontro assolutamente positivo. Ora portiamo avanti i progetti dell’associazione cercando magari di sviluppare
questa mostra , per il momento abbiamo un progetto per la
sagra dello zafferano sul quale, però manteniamo il riserbo”.
“Il sogno è quello di sviluppare - conclude il vicepresidente,
Andrea Cominu - un polo culturale a San Gavino, considerato che ne abbiamo tutti i requisiti”. (l. a.)
“Un mondo in bianco e nero”
I locali del Civis, oltre alla mostra degli artisti sangavinesi,
hanno ospitato anche la mostra fotografica organizzata dalla
Stazione Fotografica, il circolo fotografico dell’associazione
Stazione Culturale. Una mostra particolare, dal titolo “Un
mondo in bianco e nero”, nella quale si sono potute ammirare sessanta foto scattate da ventiquattro soci del circolo. Una
sorta di viaggio fotografico al cui interno poter osservare varie
sfaccettature degli attimi proposti dai diversi fotoamatori: visi,
particolari, momenti di festa, di fede, momenti di lavoro e
scorci affascinanti della nostra terra. Il tutto proposto semplicemente in bianco e nero, un modo anche per dare più
risalto alle immagini. “Abbiamo voluto dare un tema specifico- ci spiega Jennifer Serra, coordinatrice del circolo- e differente dallo scorso anno. Quasi tutti i soci hanno partecipato, considerato che fanno parte del circolo più di quaranta
componenti provenienti non solo dal territorio del Medio
Campidano, ma da Iglesias, da Cagliari o da Oristano. C’è
voluto un mese e mezzo per poter organizzare il tutto, mentre
l’allestimento è durato cinque giorni. Doverosi i ringraziamenti, in primis a Silvia Altea, presidente della Stazione Culturale e al Fotostudio Altea per il prezioso supporto fornito”.
Ogni visitatore ha potuto votare tre foto preferite, un modo
per rendere più partecipi e attenti gli osservatori. Per la cronaca ha vinto la foto numero 25 di Viviana Marras, Capo
Pecora. (l. a.)
Sono stati tanti gli appuntamenti e le iniziative collaterali
organizzate in occasione delle festività dedicate alla Santa
Patrona di San Gavino. La centrale Via Roma, passerella del
paese, ha visto parecchie esposizioni di artisti e artigiani locali. Nei locali del Civis i numerosi sangavinesi, i turisti e gli
emigrati hanno avuto l’occasione di apprezzare le numerose
opere esposte dai componenti del Gruppo Artistico
Sangavinese in collaborazione con la Pro Loco. “Creatività
Sangavinese”, questo il titolo della mostra allestita presso la
galleria del Civis, è stata inaugurata sabato 8 Agosto è rimasta aperta per tutti i giorni della festa e ha chiuso i battenti
giovedì 13 registrando tantissime visite. Sono stati in tutto
trenta gli artisti locali che hanno preso parte alla mostra cercando di dare una visione a 360 gradi dell’esposizione artistica. Nell’ampio cortile del Civis hanno trovato spazio le
sculture di Giovanni Spanu, all’interno si sono potuti ammirare i ricami di Chiara Atzori, le caricature di Marco Pisu,
le opere del commediografo Antonio Contu così come gli
artefatti del famoso maestro della cartapesta Carlo Matzeu
oltre ai famosi dipinti dell’emigrato sangavinese Giorgio
Casu le rappresentazioni di Paolo Mazzucco “Mamblo” e
di tanti altri ancora. Immancabili le opere del nucleo del gruppo artistico sangavinese Fernando Marrocu, Antonino
Pilloni e Antonio Senis. Sono stati soddisfatti tutti i gusti e
le opere messe in mostra hanno rappresentato la vena artistica di tanti sangavinesi di cui non si conoscevano le doti nascoste. “Questa mia passione - ci dice Giacomo Putzu,
ritrattista, 24 anni il più giovane- nasce da quand’ero bambino. Tutto è nato come un gioco, sono un autodidatta non avendo portato avanti degli studi veri e propri. Certo, il sogno è
quello di poter diventare un vero e proprio artista un giorno”.
Anche Mariella Zurru fa parte del gruppo: “Ho frequentato
l’istituto d’arte. Ho sempre amato la creatività e i colori, poi
mi sono concentrata sulle riproduzioni, soprattutto dei visi.
Sono stata contattata per esporre le mie creazioni e mi ha
fatto un immenso piacere potermi rendere utile e dare qualcosa al mio paese”. (l. a.)
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1 settembre 2015
STORIA LOCALE
FASCIO E FASCISMO NEL VILLACIDRESE - GUSPINESE
VIII ZONA MILITARE DELLA SARDEGNA
di Augusto Tomasi
Seconda parte
AMORI, BANDIERE ROSSE E OPPOSIZIONE AL FASCISMO A GUSPINI
Nel ’39 l’Europa divampa sotto le guerre-lampo della
Wehrmach tedesca. Nel ’40 le truppe di Hitler aprono il fronte centro-orientale e tra maggio e giugno, su quello occidentale, aggirata e sfondata la linea Maginot passando a Nord
nella piana delle Ardenne in territorio belga, invadono il territorio francese. Le divisioni tedesche ne segnano così la disfatta. Alla Francia pressoché piegata e all’Inghilterra anche
Mussolini, il 10 giugno, dichiara guerra. Si mettono le premesse per un conflitto planetario.
A Gonnosfanadiga, il trentacinquenne capitano e avvocato
Giovanni Zurru ha sostituito l’arburese G. Battista Virdis in
qualità di Ispettore dell’VIII zona militare e si interessa, ad
esempio, di questi importantissimi fatti. Il 21 marzo 1940
scrive un dettagliato rapporto al segretario federale su questo
avvenimento di Guspini.
“La notte dal 12 al 13 corrente sul portabandiera del
Dopolavoro Comunale di Guspini è stato esposto un drappo
rosso; tale atto venne preavvisato circa due mesi prima a mezzo lettere anonime dirette a varie autorità. In tali anonimi si
accusavano varie persone che frequentavano l’esercizio pubblico di certo Saba Peppino, noto sovversivo ed iscritto nell’elenco delle persone pericolose in linea politica. Poiché le
persone indicate negli anonimi sono risultate estranee alla esposizione della bandiera rossa, sono state fatte delle indagini, da
parte dell’arma dei RR.CC., per accertare quali persone aves-
sero interesse a danneggiare i nominativi indicati negli anonimi; si è così accertato che tale Angelina Lixi, prostituta, nutriva un profondo rancore contro tale Montis Efisio, sarto, indicato negli anonimi come autore materiale dell’atto; il Montis
fu per vario tempo amante della Lixi, alla quale sembra abbia
spillato varie migliaia di lire e molti doni e poi abbia abbandonato la Lixi che tentava di farsi sposare. Il maresciallo comandante la stazione dei RR.CC., chiamata la Lixi, la interrogò
sugli anonimi. Questa in un primo tempo negò di esserne l’autrice, ma poi, messa di fronte ai gravi indizi risultanti a suo
carico, finì per confessare. La Lixi disse d’avere inviato gli
anonimi al solo scopo di staccare il Montis dalla compagnia
che frequentava e non per scopi politici. Invitata a firmare una
dichiarazione in tale senso, rispose che prima intendeva consigliarsi presso un avvocato. Infatti, nel pomeriggio dello stesso
giorno partì in auto per Cagliari insieme a Favella Ivo e Sireus
Giustino, entrambi amici intimi, che la notte dal 12 al 13 dormirono in casa della Lixi e che certamente non sono estranei
alla esposizione della bandiera rossa. La Lixi, rientrata da Cagliari, non ha più voluto firmare la dichiarazione dicendo che
l’avvocato l’aveva consigliata in tale senso. Aggiunse che aveva tutta la sua roba pronta per partire al confino, ove sicuramente sarebbe stata inviata in seguito a questo fatto.
Segnalo che la scrittura di Favella Ivo corrisponde a quella
delle lettere anonime, perciò è stata già ordinata una perizia
calligrafica dalla Stazione dei RR.CC. È da dubitare che il drappo rosso sia stato esposto dalla
stessa Lixi con i due nominati Favella e Sireus.
Il Favella è giovane fascista col grado di cadetto addetto all’inquadramento degli Avanguardisti, nipote della Lixi, con
la quale corre voce abbia
rapporti amorosi; il
Sireus è uno stagnino
che non ha mai dato motivo di lamentele per il suo comportamento; anche lui è in
rapporti con la Lixi.
Vi allego un anonimo pervenutomi il mattino del 20 corrente
e che è stato scritto dalla stessa mano degli altri anonimi; in
essa è stata annunciata l’esposizione di una dinamite per le
ore 20 della notte 19/20 corrente. Di tale dinamite non posso
dire ancora niente in quanto da informazioni assunte non risulta esplosa a Guspini alcuna dinamite in tale notte.
Vi riferirò in proposito. Firmato: L’Ispettore Federale G. B.
Zurru”
ATTENTATI A VILLACIDRO E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI A GUSPINI
Il 21 ottobre 1935 il segretario federale Avv. Enrico Endrich
invia una lettera riservata-urgente all’ispettore dell’VIII zona
G. B. Virdis. Continuano infatti gli attentati e desidera precise informazioni su quanto è accaduto a Villacidro qualche
sera addietro. Sono state ritrovate appunto due capsule di dinamite in prossimità dell’abitazione del Collocatore dell’Industria. Il Virdis è pregato di recarsi sul posto e di comunicare, concluse le indagini, quali cause si ritiene possano aver
determinato l’atto delittuoso.
Nella riservata-urgente pubblicata il mese scorso congiuntamente agli organi del Partito Nazionale Fascista si interessavano dell’esposizione delle bandiere rosse e degli attentati
anche i Regi Carabinieri. In occasione dell’attentato di
Villacidro non si fa alcun riferimento a interventi dell’Arma.
Il Partito, nella sua concezione e nel suo inquadramento
paramilitare, continua a prevedere e a provvedere ad azioni
di indagini tipiche di organi di polizia. Continua la confusione o, se si vuole, l’assorbimento di competenze separate.
Ma in questi anni il rafforzamento del Regime prosegue su
un doppio fronte: non solo contro avversari esterni, ma anche contro riottosi interni.
Il 13 febbraio 1936 il Comandante in seconda Dr. Giuseppe
Faggioli invia al giovane fascista Attilio Dessì, di Guspini,
una lettera in cui si richiedono giustificazioni per un avvenimento di cui è stato protagonista. Gli si contesta di essersi
astenuto, con altri cinquanta operai, e di non essersi presentato al lavoro il giorno 8 febbraio. Di essersi recato con gli
stessi, inoltre “a vivacemente protestare presso l’Ufficio di
Zona dei Sindacato dell’Industria.” Essendo stato aperto a
suo carico procedimento disciplinare, gli viene comunicato,
ove lo ritenga utile, di far pervenire al Comando Federale di
Cagliari, le sue giustificazioni in proposito entro otto giorni.
Il 1936, sempre a Guspini, è ricco anche di altri provvedimenti disciplinari. Il 5 ottobre interviene, con quattro provvedimenti diversi indirizzati al F.G.C. di Guspini e all’Ufficio Matricola, lo stesso Comandante Federale E. Endrich. Nel
primo documento si dispone la sospensione, fino a nuovo
ordine e in attesa di provvedimento definitivo, del giovane
fascista Montis Giuseppe. Si provveda, inoltre, al ritiro della
sua tessera, rivolgendosi alla famiglia.
Nella seconda viene sospeso per tre mesi da ogni attività il
giovane fascista Evaristo Saba con la seguente motivazione
“Insofferente e indisciplinato”. Con la stessa motivazione
viene sospeso, per sei mesi, il G.F. Demontis Libero. Il quarto provvedimento è quello più grave: il giovane fascista
Rinaldo Pittau viene radiato. “In data odierna - scrive Endrich
- ho ratificato la radiazione dai ranghi dei giovani fascisti
combattenti, il G.F. Pittau Rinaldo, con la seguente motivazione: insofferente e indisciplinato, privo del minimo attaccamento all’organizzazione, elemento di disordine nelle file
del F.G.C. Il Comandante provvederà al ritiro della tessera.”
Il malessere è diffuso non solo all’esterno. Ha profonde radici nelle stesse organizzazioni del fascio. Gli avvenimenti di
Guspini sono significativi.
ESPOSTI ANONIMI A VILLACIDRO
Analizzando il fascismo nelle sue minute manifestazioni di
provincia, incuriosisce il fatto di vedere i quadri dirigenti,
tutta la miriade di gerarchi gerarchini e gerarchetti, riprodurre una sorta di ordinamento a piramide di ascendenza medioevale, il cui tutto sembrava presentarsi come una macchina
spettacolare e da parata. Di fatto, il partito era sempre di più
investito da opprimenti funzioni burocratiche che nelle società democratiche nulla hanno da condividere con la funzione di mediazione che i partiti rappresentano tra la società
civile e lo stato. Ma il partito fascista assunse vieppiù nel
tempo questa sostanza coreografica di gestione del potere che
le diverse Zone e i Direttori paesani esercitavano congiuntamente alla gestione della repressione. Nello stesso tempo, la
carriera dell’un fascista sembrava dipendere da quella degli
altri, e viceversa; assidua e reciproca era la sorveglianza poliziesca, la delazione, la denuncia mediante lettera anonima,
il rimprovero e l’ammonizione gerarchica. Si metteva tutto
nel calderone, quasi ad assicurarsi non tanto l’esercizio del
potere quanto, piuttosto, che esso non venisse comunque
minacciato.
Così scriveva E. Endrich, nella riservata N. 2181 del 28 novembre 1936, all’ispettore dell’VIII zona: “Caro Virdis, con
preghiera di riferire e con carico di restituzione t’invio l’unita lettera (N.d.R. : anonima) contenente accuse a carico del
fascista dott. Fernando Cadeddu, Segretario del Fascio di
Villacidro.”
L’ispettore della VIII zona fa la sua efficiente inchiesta e invia questa relazione: “Prot. N. 1551 - In merito alla riservata
2181 del 28.11 u.s. mi pregio informare la S.V. ill.ma che
quanto esposto nell’allegato anonimo, corrisponde in parte a
verità. Da informazioni assunte sul posto, risulta che il dott.
Cadeddu Fernando, segretario del Fasci di Villacidro, à dei
conti aperti presso molti commercianti e sebbene quasi tutti
per piccole somme, assommano complessivamente a parecchie migliaia di lire. È vero però che fino a pochi mesi fa il
dott. Cadeddu ignorava completamente l’esistenza di tali debiti e che appena venutone a conoscenza, non solo li ha riconosciuti, ma ne ha iniziato il pagamento rateale. Anzi a tal
fine risulta che il dott. Cadeddu abbia richiesto e ottenuto un
prestito dal Banco di Napoli e impegnato un quinto del suo
stipendio.Sembra anche che nella maggior parte, tali debiti
siano stati contratti dalla moglie del dott. Cadeddu, che a
quanto mi si riferisce non è troppo buona amministratrice.
Dedita al lusso e con una numerosa famiglia, non può far
fronte con le mille lire di stipendio
mensile dell’esercizio professionale.
In quanto alle rappresaglie e alle prepotenze verso i commercianti, si
esclude in modo assoluto che il dott.
Cadeddu ne abbia compiuto e che sia
capace di compierne. È vero che il
dott. Cadeddu acquista dalle 150 alle
20 (N.d.R.: sic!) uova a prezzo di listino ogni settimana, per inviarle a
Cagliari alla propria famiglia e a
quella del proprio genitore, ivi residente. Nei riguardi della propria professione, risulta che a Villacidro,
come in quasi in tutti i paesi della
Sardegna, esistono degli allevatori
che pretendono di saperne più dei professionisti, ed il dott.
Cadeddu per le sue condizioni di famiglia poco si cura della
propaganda che si fa contro di lui. (...)” L’indagine del Virdis
è contraddittoria, poco precisa, al limite, in più punti, di dubbia comprensione. Ma tant’è: il partito fascista affidava a
questi individui la sorte del nostro territorio.
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1 settembre 2015
ARBUS. DALLE
19
CRONACHE DEL 1900
Incidente nella rada di Flumentorgiu:
un piroscafo finisce
nelle reti da pesca della tonnara
N
ella mattinata del 24 maggio 1900, la nave Etna rimase incastrata nelle reti da pesca della tonnara di Tunaria. Secondo la
denuncia presentata dai proprietari della tonnara, il piroscafo, in
servizio fra gli scali sud occidentali dell’isola, era andato ad
infilarsi “a tutta velocità” nel meandro delle reti per la pesca del
tonno, distruggendo la peschiera appositamente costruita e costringendo le ciurme provenienti dal porticciolo di Tunaria con
scialuppe sospinte a remi ad abbandonare velocemente il tratto
di mare.
Diversa la versione del comandante del piroscafo, secondo il
quale le reti lunghe diversi chilometri erano state spinte al largo
dal vento e dalla forte corrente sulla rotta della sua nave salpata
dal porto di Oristano alla volta di Buggerru e con destinazione
finale Cagliari. Le reti si impigliarono nelle pale delle eliche e
lui fu costretto a fermare immediatamente i motori, in attesa che
una squadra di sommozzatori le liberasse, non senza qualche
difficoltà. L’Etna poté quindi proseguire con evidente ritardo
verso la sua destinazione, ma i disagi per i passeggeri presenti a
bordo furono inevitabili.
Sul luogo intervennero anche gli uomini della Guardia Costiera, che provvidero a identificare i responsabili dell’accaduto, in
particolare il capitano della nave e il rais della tonnara.
All’arrivo del bastimento nel porto di Cagliari, al capitano fu
notificata una citazione per danni con una richiesta di risarcimento di 100mila lire, mentre la compagnia di navigazione fece
VILLACIDRO. LA
RICETTA DI
eseguire per scrupolo delle verifiche tecniche per avere la certezza che le reti non avessero creato danni strutturali alla nave.
Per risolvere la questione furono chiamati a testimoniare gli uomini della ciurma della tonnara che dichiararono che «…nella
giornata la visibilità era ottima, le reti non si sono mai mosse dai
luoghi in cui erano state ancorate e rese evidenti a pelo d’acqua
da drappi rossi visibili da lontano», facendo intendere che era
stato il comandante dell’Etna ad avvicinarsi al luogo dove si
svolgeva la mattanza del tonno.
Nel corso dell’incidente alcuni pescatori rimasero infortunati e
furono trasportati a terra distesi su assi di legno fino al magazzino dei pesci, dove i tonni venivano issati alle carrucole per togliergli il fegato e si riduceva la carne a strisce per metterla sotto
sale e dove i feriti ricevettero adeguate cure. Uno dei marinai
infortunati durante il processo dichiarò: «Ricordo che ero caduto in acqua a prua della barca del rais, tra le reti addugliate e
fradice di sangue dei tonni precedentemente pescati, sentivo le
urla di tutti i pescatori e rabbrividii per il frastuono che faceva il
rais mentre prendeva a mazzate il fianco della barca, come quando
si abbatte un albero, per farci allontanare dal posto, e l’odore
dolce del sangue che avevo addosso».
Nel 1902 ci fu la sentenza del tribunale: la compagnia di navigazione dell’Etna dovette pagare il risarcimento richiesto e le spese legali.
Mauro Serra
PIERPAOLO DELIGIA, PABLO CABRIOLU
E
ALBERTO MELONI
I “Marvintripp” suonano contro la noia e contro le droghe
Da quasi 10 anni suonano con passione nelle piazze
di tutta la Sardegna musica rock tra punk, grunge,
metal e pop. Sono tre giovani di Villacidro Pierpaolo
Deligia, Pablo Cabriolu, 25 anni e Alberto Meloni,
30 anni, che hanno dato vita al gruppo “Marvintripp”:
«Il nome spiegano i tre componenti - deriva - da un
personaggio immaginario dei nostri dischi che ci dà
pesante sull’ambiente ristretto e bigotto di ogni paese
e del mondo in generale».
TRIONFO AD OLBIA I successi non mancano e la
band villacidrese ha vinto un contest che ha permesso
ai tre giovani di suonare ad Olbia e di aprire il concerto dedicato al tema “Giovani e lavoro”. «Questo spiega Alberto Meloni - è stato possibile grazie ai tanti
amici che da anni ci seguono e ci danno una mano. È
un risultato importante, non il primo che abbiamo raggiunto nella nostra carriera, ce ne sono stati diversi e
pian piano la notorietà intorno a noi è cresciuta Abbiamo intenzione di portare la nostra musica al di fuori
della Sardegna anche se rimarremo sempre legati alla
nostra terra».
TEMI SOCIALI Tanti i temi sociali trattati come il video “Do you want a lemon?” che partecipa anche ad concorso si sensibilizzazione sulle dipendenze in cui Pablo
Cabrolu, voce e chitarrista del gruppo, interpreta il
classico tossicodipendente che ci lascia le penne a
causa del suo male.
«È un video contro la droga - aggiunge Alberto Meloni - in cui il trucco in volto richiama quello dei
Mamuthones presi come punto di riferimento per incutere terrore al solo pensiero di usare sostanze stupefacenti. Per molti ragazzi più piccoli siamo ormai
diventati un esempio. La musica è il solo modo in
cui riusciamo ad esprimerci al meglio e continueremo anche se il successo non dovesse mai arrivare.
Noi ci impegniamo per creare una scena musicale
fatta di buonsenso e voglia di fare elemento che
manca in molte band di questi tempi».
NO ALLE DROGHE E proprio Pablo Cabriolu ricorda l’incidenza delle droghe a Villacidro: «Nel nostro paese, come succede anche in atri, sono tanti i
giovani che vengono bruciati dagli stupefacenti e in
particolare dalle droghe sintetiche. Con la nostra musica
vogliamo lanciare un messaggio forte».
Gian Luigi Pittau
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20
1 settembre 2015
Su sadru chi seus pedrendu
Scracàlius
Su Manuncau
di Gigi Tatti
«Fillu miu téit u intelligenzia chi no si nd’agatat agualli - naràt sa mama- is méstas no
ddu cumprendint, funti tontas che s’arroca.» De scolla dd’iant penzionau, poita ca
fadìat duus o tres annus in donnia crassi. Fiuda, no dd’iat mandau mancu a imparai u
àti: «At’essi su xrebeddu suu a ddu conzillai, at a fai su chi dd’agradessit, e medas
ant’essi imbidiosus po su chi s’at a imbentai.» Ddu tenìat cument’e mellus bestia, e
issa trumentendu adedì e adenòti, po sa prenda sua. Candu tenìat bintiduus annus, sa
mama fiat mòta e cussu fut abarrau cun su cãisceddu, sen’e mama e, sen’e àti né pàti!
Po bivi si fiat depiu arrangiài e po cussu su xrebeddu suu, préu de intelligenzia, dd’iat
conzillau s’àti prus fazili: furài! Su cãi sempiri avatu, cument’e s’umbra sua. Fiat
abili in sa cassa a cuadùra, medas ddu scìant e ddi comporànt is pegus. Bendìat prus
petza cussu de su crannatzeri.
In monti, in mes’e su padenti, su Manuncau, connoscìat ua gruta cuada de frongias,
disconnota de totus. Ddoi fut capitau po casu: ua dìi fiat orbetendu u xrebu, acant’e
su latzu, e torrend’acou, pabas a su crachiri, si fut agatau aintru a francas in susu.
Cussu logu fut diventau sa seguresa sua. Ddoi cuàt is aías, sa cassa e, botas mèda
ddoi dromìat puru. Ua nòti dd’iant cùtu is padraxus: potat u lepiri cassau a fura, fut
arrennesciu a si cuai aintru lassendu a cuddus cun d’u pram’e nasu. «Parrit ca nce
dd’at ingutiu sa terra.» Iant nau andendusindi, sen’e s’acatai ca fut a u spudu de
cussus. Ua dìi, a mericeddu, cua cua, fut andau, sen’e su cãi, dd’ìat depiu acapiài in
domu, e iat paràu
latzus de mraxãi.
A pat’e chitzi fiat
torrau po controllai sa cassa e
dd’iat arregòtu:
chi si fessat fuiu
cuncu pegus apenas scapu, mancai no fètu mèda,
Petiatzu dd’iat’ai
aciapau. Iat cuncodrau ua dusía
de latzus de ferru,
acapiaus cun d’ua
cadena a ua màta.
In su primu no iat
agatau nudda, in
su segundu iat
agatu u mraxãi mòtu dissangrenàu, dd’iat liberàu e scavuàu ingúi e totu: mandiari po
atrus mraxãis. In su de tresi u lepiri mannu e grassu, via aintr’e sa musciglia. In su de
cuaturu nudda ma potat arrast’e sangúi, si bit ca s’arresi fiat arrennesciu a si liberai,
«Ma no at’essi atèsu mèda, acou ddu cicaus, berus Petiatzu?»
Ecus ca in su de cincu ddoi fut arresciu u xrebu giovunu, ancora biu, cun is arremus
de ananti cassaus in is dentis de sa tella. Dd’iat liberau ma s’arresi no si podìat fui. Su
cãi agiannitàt a su fragh’e su sangúi e a su Manuncau ddi fut traballosu a ddu fai citì.
Uantru lepiri in su de sesi, acabau in sa musciglia a fai cumpangìa a s’atru. Pois
nudda. Sa de noi puru potat arrast’e sangúi «Ecus uantru chi s’est fuìu, s’arrastu
parrit de sribõi, acou ddu cicaus, annoberus Petiatzu.» In su de dexi u atzidroxu e
dd’iat depiu acabai de boci cun s’arrasoia po ddu fai citì, pois nce dd’iat potau a sa
gruta cun su xrebu. «Notesta Petiatzu eus fatu cassa bona e s’ossu ti minescit cun
petza.» Iat nau a su cãi, currendu anant’e cussu, a controllai su latzu numuru undixi.
De tesu iat biu ca fut buidu e ancora paràu, po timorìa chi nc’essat ghetau is francas
su cãi, iat pistincau po nce ddu passai, ma tochendu terra iat imbruchionàu e tuvi tuvi
nc’iat ghetau sa mau manca a su latzu chi dd’iat serrau su bratzu me in is dentis.
Su cassadori fut abarrau cassau in su latzu suu e totu. S’erchidu chi nd’iat ghetau si
fut intendiu in totu su padenti. In d’u momentu iat biu is sa steddas de custu mundu e
de atrus puru, pois si fiat disimãiau. Candu fut torrau in sei potàt a Petiatzu acanta
lingendiddi sa faci. Iat cicau cun sa mãu ‘esta de aperri su latzu ma pois, stancu iat
nau a su cãi: «Curri a dom’e gopai Crispinu e potandedd’a innoi.» Petiatzu iat cumprendiu e fut cùtu. No si scit cumenti ma apustis mes’ora fiat torrau cun s’amigu. Issu
iat apetu su latzu boghendindi su bratzu maciullau. In bidda u amigu nce dd’iat potau
a su spidabi. Su bratzu fut tropu arrogàu e nde dd’iant depiu segai. De innoi su nominigiu. Is castiacassa iant serrau tot’a is duus ogus e no iant fatu denunzia contras a
custu poburu: iat pagau caru su no ai arrispetau sa lei. Ma depìat bivi e iat sighìu s’àti
de sempiri: cassa a cuadùra. Potat u furiteddu e andat a cassa de coíllus. Mancai
dd’essat abarrau ua mãu fèti ma, bella e longa… U chitzi dd’iat aciapau u pastori,
satendu de su medau a peis de monti, cun d’u angiõi a coddu: «Chi no scabas su
pegus ti ndi segu s’atru bratzu puru!» Su Manuncau iat ingutiu sa sabìa, scabau s’arresi e si ndi fut andau murrungendu intr’e sei “Gei mi dda pagas”!
Tres disi apustis iat aprontau “sa paga” po su pastori. Iat cuncodrau ua pariga de
mercias, longas su bastanti, e dd’as iat postas a tretu e a gir’a giru de su medau.
Apenas acabau su giru is primas iant inghitzau su traballu insòru, alluendu su fogu, e
avat’avatu is atras. Su entixeddu chi si fut pesàu iat agiudàu mèda s’opera de distruziõi de cussa coster’e monti. Su Manuncau fiat cuau a illargu, cun Petiatzu, castiendu
is ominis cutus a studài su fogu. Miràt s’opera sua prexau cument’e u pintori castìat
s’arretratu chi at fàtu. Ma su tiau, ddu scieus, fait is pingiadas e scarescit su crabetòri. Petiatzu iat cutu u lepiri stupàu de sa tana e dd’iat sighìu conc’a su fogu. Su
Manuncau ddoi fut andau avatu tzerriendu po ddu fai torrai acou. Si fut spintu tropu
ainnantis e fut abarrau cassau in su latzu suu etotu. Dd’iant agatau cument’e u munziõi, cun sa mãu ‘esta tendia po aferrai su cãi, a u passu de cussu. S’utima balentia de
su Manuncau fut cussa perr’e monti abruxada. Ua vida spedritziada e annus de traballu in fumu.
A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.
Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus
“scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus
passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu
pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca
cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni
scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia.
Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a
ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus.
Angelinu incontrat a Gigi, in su mentris est passendi in sa strada Paulu.
Gigi: La, est passendi Paulu. Ma poita tiaulu caminat aici scosciau? Ita dd’est sucèdiu?
Angelinu: No mi fatzas arrì. No scis nudda? Est totu sa bidda prena de ita dd’est capitau.
Gigi: Ge ddu scis ca seu traballendi foras e no seu prus agiornau de is pidus de bidda.
Angelinu: Insaras ti ddu contu deu de s’aventura de Paulu.
Gigi: Dai conta, ca ge ddu scis ca seu curiosu.
Angelinu: Totu po culpa de sa tirchieria. Ca ge ddu scis cantu Paulu est susuncu. Ma custa
borta incapas ddi passat s’arrispàrmiu.
Gigi: Ge ddu sciu ca Paulu no papat po non andai a su cèssu. Ma dai no mi lessis in pena
contamì totu.
Angelinu: Insaras ascurta beni. Paulu po nanca arrisparmiai de su comporai unu costumi de
bànniu nou, est andau a mari a Pixinas po si podi poni spllincu.
Gigi: At ai fatu arraratz’e figura spollincu che unu bremi. Cun cussa brent’e poddi chi s’agatat.
Dai sighi.
Angelinu: Insaras dd’ant fatu una tràpula. Calincunu chi ddu conosciàt, at fatu finta de perdi
cincu eurus. A Paulu no dd’est patu mancu berus de agatai cussu dinai. E non at fatu de
mancu de s’incruai.
Gigi: Epuru ddu sciriàt ca in logus aici est perigulosa cussa mossa.
Angelinu: E infati calincunu dd’at luegus aprofitau de s cussa positzioni e po cussu chi est
ancora tzopi tzopi, e ddi tocat a caminai aici scosciau.
Gigi: Scedau! Balla a ca a mei no mi frigant. Sa prossima borta po no sciri ne ligi e ne scrii
andu a mari a Camp’e Sali e mi fatzu su bànniu a cratzonis longus!
Angelinu: Insaras andaus impari e mancai ddoi siant centu eurus scavuaus, no mi incruu de
seguru!
Gigi . Ma dai e no seus a cratzoni longus.
Angelinu: Bai ca no. Cun totus is gioghitus e eletrònicus chi si usant oindì no fait a si fidai su
pròpiu!
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Geltrude in s’ospidali at partoriu unu pipieddu nieddu. Arribat su pobiddu Gregoriu infuriau.
Gregoriu: Balla! Custa no mi dda depiasta fai! Unu fillu nieddu, comenti mi ddu spiegas.
Custu non est fillu miu de seguru.
Geltrude: No t’arreneghis. Bai tranquillu, ca custu est fillu tuu. Ti ddu potzu garantì. Ddu bis
ca assimbillat a zietu tuu, ca est nieddu che sa petedda.
Gregoriu: Si, ma custu est prus nieddu meda de una petedda. No circhis de m’imbovai.
Geltrude: E poi est po culpa tua puru.
Gregoriu: Poita, ita nexi ndi tengu, cali est sa culpa mia?
Geltrude: Po culpa de su vìtziu chi tenis de papai sempri arregolìtzia!
Gregoriu: Si, ma custa mi parrit chi siat arregolìtzia de Senegalesu!
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Torquatu incontrat s’amigu Bernardu.
Bernardu: No po essi invadenti, ma tui cantu bortas a sa cida fais s’amori.
Torquatu: No po mi bantai. Ma mìnimu a su mancu quatru bortas e certas cidas de prus puru.
Bernardu: Biadu tui! Ma pobidda tua, est de acòrdiu?
Torquatu: Ma ita bolis chi ndi scìpia deu. Issa no nc’est!
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Tziu Franciscu est cristionendi cun Tziu Luiginu.
Tziu Luiginu: (Leggendo “Gazetta del Medio Campidano”) La ita funt scriendi!
Tziu Franciscu: Ita est sa nova?
Tziu Luiginu: Ca nanca de s’A.I.D.S si morrit!
Tziu Franciscu: Ma poita segundu tui, de I.N.P.S si bivit?
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Tzia Filomena est arrenneghendi cun su pobiddu Tziu Gionvanninu.
Tziu Giovanninu: Eja, nd’as a teni de pistighìngius.
Tzia Filomena: Certu candu a cust’edadi ti ndi papas ancora is ungas.
Tziu Giovanninu: E ita fastìdiu ti donat?
Tzia Filomena: Arratz’e vìtziu chi tenis. Ma ge ti ddu fatzu passai deu.
Tziu Giovanninu: No ddu creu: e poi comenti fais? No m’as a bolli miga pigai a nadiadas!
Tzia Filomena: E deu ti nau ca ti ddu fatzu passai custu vìtziu.
Tziu Giovanninu: No mi fatzas arrì? Dai, naramì comenti fais?
Tzia Filomena: Est fàcili. Bastat a ti cuai sa dentiera, e bollu biri comenti fais a ti papai is
ungas!
...............................................................................................................................................
In dd’una bidda Sarda s’intendit una boxi alta chi arribat de celu.
Sa boxi: Avisu a is abitantis. Totus, òminis e fèminas de custa bella bidda, ant essi aferraus a
is pilus e portaus a su celu. Si calincunu tenit cos’e nai ddu narit in pressi, prima chi cumentzit
sa cosa.
Tzia Mariuccia: Insaras, bollu scit comenti si fait po pobiddu miu, ca scedau, est spinniau e
no portat mancu unu pilu.
Sa boxi: Tui citiridda e lassa fai a mei, ca ge ddu sciu comenti fai po pobiddu tuu.
Tzia Mariuccia: Nerimì comenti fait. Poita no bollu chi pobiddu miu abarrit chene ci pesai a
celu
Sa boxi: Abarra tranquilla Mariuccia, a pobiddu tuu, po ce ddu pesai a celu, ge dd’aferru a is
corrus!
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1 settembre 2015
LA SARDEGNA NEL CUORE
21
di Sergio Portas
Franco Sanna
e l’importanza del cibo
al tempo dei Romani
N
on c’è bisogno di scomodare Eraclito e il suo “pantarei” (tutto scorre) per aver chiaro che se è impossibi
le bagnarsi due volte nello stesso fiume ( a tal proposito lo scrive Platone nel suo “Cratilo”) così è impossibile
per un coro cantare due volte la stessa canzone. Specie se nel
suo divenire cambia dei “pezzi” importanti, delle voci che
contano. Questo per dirvi che alla notizia che anche Franco
Sanna era intenzionato a lasciare il coro sardo dove insieme
cantiamo da anni (“Sa Oghe de su coro”, Maestro: Pino
Martini Obinu) sono stato preso da leggero mancamento. Lui
era il mio bastione destro, tenore e musicista, suonatore anche di chitarra. A sinistra, fino ad un anno fa avevo Eros Suà,
baritono musicista e suonatore di chitarra, rientrato in Sardegna emigrante di ritorno, con la moglie Nadia Balia, corista
pure lei, ora provano a ritagliarsi un lavoro in quel di Sant’
Antioco, qui a Milano i loro posti svaniti nel gorgo della crisi
nel giro di pochi mesi. Un uno-due da stendere per KO persino il Mohammed Alì dei tempi d’oro. Il coro (e il Maestro)
forse ce la faranno a sopravvivere, musicalmente parlando,
io “speriamo che me la cavo”, eterno indeciso su quale nota
entrare, dovrò giocoforza abituarmi al mio nuovo ruolo di
orfano di due babbi, e meno male che oggi ciò è politicamente corretto. Franco ci dice che non ce la fa più a seguire tutti
gli impegni che ha inanellato sin qui: sardo di ritorno, i suoi
di discendenza maschile sono di Monserrato, ha casa anche a
Castelsardo, magione che fu già dei Doria che si accasarono
con la stirpe d’Arborea, e infatti pure la grande Eleonora vi si
stabilì a lungo, mentre il marito Brancaleone era chiuso nella
torre di Cagliari. Qui a Milano è stato insegnante di greco e
latino nei licei, preside a fine carriera. Inevitabile non incaponirci in discussioni sulla “buona scuola” che Matteo va
inserendo nelle sue riforme atte a rottamare. Nobile intento
davvero visto le condizioni in cui il Paese è piombato dopo
due decenni di governi populisti: Ian Buruma, saggista e accademico olandese di fama internazionale che scrive di
“Trump e la politica del pagliaccio”, lo identifica come fenomeno esteso, osservabile in tutto il mondo democratico. Noi
in Italia abbiamo esagerato, col secondo partito nazionale a
guida di un comico di professione e col conferire il mandato
a governare per tre volte “a un primo ministro clownesco.
Silvio Berlusconi, un altro miliardario che ha fondato la pro-
pria fortuna nel settore edile e ha iniziato la carriera come
intrattenitore di navi da crociera, era persino più stravagante
di Trump… a molti (in particolare uomini) piaceva non “a
dispetto” delle sue sparate e dei suoi atteggiamenti stupefacenti, ma proprio grazie ad essi” (“Repubblica del 11 agosto
2015). Sempre Buruma: “Ma, poiché deteneva la maggioranza delle reti televisive del Paese, era anche padrone dei
mass media”.
In attesa che anche Matteo si accorga che i verbi che descrivono, ahimè, la patologia democratica italiana vanno ancora
declinati al presente e non all’imperfetto e che proceda quindi a una ineluttabile e vistosa rottamazione di tanto obbrobrio, ogni italiano che si rispetti ha da combattere la propria
battaglia per tentare di sgretolare una egemonia culturale
asfissiante, che nega e annega ogni possibilità di cambiamento
reale. Franco lo fa con un suo sito internet: “Latinamente”
(www.latinamente.it) e con le sue letture multimediali di classici latini e greci, in genere alla Mediateca di santa Tecla,
stavolta, sabato 27 di giugno, è al museo Archeologico di
Milano per “Aspetti culturali del cibo nella letteratura di Roma
antica”. L’idea di abbinare alla classica conferenza un supporto multimediale viene dall’esperienza didattica di Franco, che si era presto accorto quanto mutasse in meglio l’attenzione degli studenti per una qualsiasi lezione di greco o
latino se questa veniva supportata da un video proiettato,
magari accompagnato da una musica accortamente scelta. E
funziona davvero, perché come dice introducendo oggi: “Il
cibo è anche bello da vedere, fa parte dell’arredo, e un conto
è dire di un mosaico di Ostia antica (5° secolo dopo Cristo,
non ci sono già più i triclini), un conto è vederselo proiettato,
la fine di un banchetto con la stanza non ancora spazzata, a
terra ricci, una zampa di pollo, lische di pesce, un gatto che si
aggira beato tra tanti resti di cibo. I commensali accalcati
l’uno sull’altro, con la speranza che il vicino non si fosse
abbuffato di garum, una sorta di pasta d’acciughe molto in
voga nella Roma antica ma che, a dire di Marziale, conferiva
a chi ne abusava un alito pestilenziale. Apicio ( Marco Gavio,
25 a.C.- 37 d.C.), uno che ha scritto decine di libri in cui non
sono che ricette di cucina, una lettura poco amena in verità,
si preoccupava della sua conservazione.
Dice Franco che leggere Apicio è come leggere i menù dei
ristoranti di élite, oppure dei cuochi “da spettacolo” i grandi
chef di oggi. Nel suo “De re coquinaria” si incontrano difficoltà di comprensione dei termini, a partire dagli ingredienti,
perché il tempo ha scavato un solco profondo tra quella lingua tecnica e quella di oggi. Roma era stata per secoli una
repubblica molto frugale e questo si riversava nelle scelte del
cibo quotidiano del romano medio, il pane innanzitutto. Le
prime leggi frumentarie di Caio Gracco sono del 123 a.C.:
l’erario si faceva carico di acquistare in Sicilia del grano e ne
curava il trasporto fino al porto di Ostia. E veniva poi venduto a prezzo molto calmierato. Già allora il provvedimento non
piaceva a coloro che invocavano il “libero mercato” quale
unico fautore del prezzo. Come Roma si fece grande e imperiale, specie nelle classi agiate, si diffuse la pratica vegetariana. Di derivazione greca la filosofia che sottendeva questa
scelta, Pitagora il primo grande vegetariano, “Intorno al cibarsi di carne” di Plutarco è del secondo secolo dopo Cristo.
Mentre le ricette di cucina nel “De Agricoltura” di Catone
assomigliano più a formule magiche. Del resto che tra cucina
e medicina ci sia un legame profondo lo dimostra il fatto che
i medici di allora, come i nostri del resto, iniziassero a curare
i mali del tempo con diete rigorose. E comunque sempre è
stato alto il valore simbolico del cibo, in autori come Tibullo
e lo stesso Virgilio, nell’Eneide ad Enea si vaticina che troverà la nuova terra dove vivere e la riconoscerà dal tipo di pane
che vi si mangia. Petronio nella famosa cena di Trimalcione
nel suo “Satyricon”, per sottolineare quanto il padrone di casa
non fosse che un arricchito senza un briciolo di cultura, muta
in farsa l’arte di esibire il cibo, erano quelli i tempi di Nerone
imperatore. Di contraltare Ovidio nelle sue “Metamorfosi”,
pochi anni prima, scriveva di Filemone e Bauci, due anziani
coniugi a cui fanno una improvvisa visita Giove e Mercurio,
in rigido incognito e senza gli ammenicoli che li avrebbero
fatti riconoscere a dei dell’Olimpo. I padroni di casa offrono
di tutto quello che hanno, i frutti dell’orto innanzitutto, olive
verdi e nere in recipienti di coccio, cicoria, formaggi e uova
cotte a fuoco lento. Accanto alla tavola, lavata con acqua e
menta, un cratere di coccio e tazze di legno per mescere un
vino giovane. Un pezzo di prosciutto affumicato tagliato a
dadini e immerso nell’acqua bollente. Poi frutta a volontà:
ampi canestri di fichi secchi, di mele, noci, prugne, uva rossa
con al centro un favo di miele. L’oca che pure avrebbero sacrificata per i due ospiti inattesi si rifugia tra le gambe degli
dei che proibiscono di ucciderla.
La favola di Filemone e Bauci è così deliziosa che colpì la
fantasia di molteplici artisti di ogni tempo e la troviamo immortalata in numerosi quadri, che Franco Sanna ci proietta
oggi, i colori un po’ falsati da un proiettore che non dialoga
del tutto col computer di prammatica. Ma poco importa che
Franco in codesti frangenti dà il meglio di sé, capelli brizzolati e occhi d’azzurro chiaro, gli occhiali verdi appesi ad un
cordino che gli ballano sullo sparato bianco della camicia, un
vero showman. Quanto mi mancherà nel coro quando rivolgendosi a una “frisca Rosa” la implorava che gli aprisse la
porta, che era tremante come foglia di canna, e quella dura
come il sasso: “sa janna no l’aperio, no non l’aperio, finza
ch’essit su sole in artu mare...”.