Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015” Grande folla al festival di
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Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015” Grande folla al festival di
PDF Compressor Pro 12 1 settembre 2015 PABILLONIS. QUATTRO GIORNI DI MANIFESTAZIONI CON LA SAGRA DELLA PECORA E DE SA MUNGETTA TAPPADA Grande folla al festival di fuochi d’artificio per la festa campestre di San Lussorio S ono stati organizzati quattro giorni di festa per l’antica sagra di San Lussorio. Il presidente Giorgio Oliva insieme al comitato e ai volontari ha predisposto un ricco programma di iniziative. Da mercoledì 19 agosto e fino a sabato, l’area archeologica dove è costruita la chiesetta ha accolto numerosi fedeli e turisti per partecipare alle funzioni religiose, alla Sagra della pecora, de Sa mungetta tappada, ai vari spettacoli musicali e al festival di fuochi d’artificio dove si sono cimentate ben tre ditte di cui una di Salerno.La sagra si è svolta nella suggestiva località dove, narra la leggenda, nella strada romana che collegava il porto di Neapolis (stagno di Marceddì) con le terme Acque Neapolitane di Sardara, fosse passato il soldato Lussorio con la sua legione. In questa zona un tempo sorgeva l’antico abitato di Pabillonis e ancora oggi sono visibili i resti di un’antica chiesa, dedicata al santo, un nuraghe polilobato (1300 a.C) e un ponte romano nei pressi del Flumini Mannu. GONNOSFANADIGA. ORGANIZZATA Il programma religioso è iniziato mercoledì 19 agosto alle 7, con il pellegrinaggio a piedi verso la chiesetta campestre distante 6 km dal paese. Giovedì alle 18.30 la santa messa. Venerdì alle 10 si è svolta la suggestiva processione intorno al colle Santu Sciori, all’omonimo nuraghe, il ponte romano e i ruderi dell’antica chiesetta medievale. Sabato alle 20, il simulacro del santo è stato riportato in processione, in paese. Ricco il programma civile: mercoledì alle 22,30 serata musicale con i Black Victor, e in seguito il festival dei fuochi d’artificio con la ditta Contini Angela Maria di Serdiana. Giovedì, alle 20 Sagra della Pecora, degustazioni di prodotti locali; alle 22 spettacolo musicale con gli “Aro Band” di Cristian Cocco e la seconda serata dei fuochi d’artificio con la “Ditta Albanese” di Vallo della Lucania. Venerdì,alle 20, si è svolta la Sagra de Sa Mungetta Tappada con degustazione delle prelibate mungettas, tra gli odori caratteristici delle an- DALL’ASSOCIAZIONE NUOVA MONTE LINAS guille, dei pesci e dei maialetti arrosto. Alle 22, serata folk con i Duruna, e gran finale del festival di fuochi d’artificio con la ditta Oliva Giorgio di Pabillonis. Sabato, in paese, presso la piazza di Fatima, al rientro del santo, ballo di gruppo con la cantante “Simona” ed estrazione dei biglietti della sottoscrizione a premi. Durante la festa è stato possibile visitare gli stand e i laboratori degli artigiani locali. Dario Frau VILLANOVAFORRU Letizia Ceroni espone le sue opere nella sala delle mostre temporanee Asia Sibiriu eletta “Miss Campidano 2015” È stata un successo l’undicesima edizione di “Miss Campidano”, una manifestazione organizzata alla perfezione dall’associazione culturale “Nuova Monte Linas”, che ha visto la presenza di oltre 1500 persone. E ad aggiudicarsi la fascia della più bella del Campidano è la giovane gonnese Asia Sibiriu di 16 anni, che ha sbaragliato la concorrenza delle agguerrite avversarie. LA MISS «Sono felicissima per questo successo - racconta la vincitrice Asia Sibiriu - sono una pittrice e faccio la modella da oltre un anno. Studio al liceo artistico di Cagliari e sono arrivata alla finale nazionale di “Miss Mondo” ma ho avuto un incidente con il bus il giorno prima della selezione nazionale e non sono potuta partire. Per il futuro mi piacerebbe iscrivermi al design. Mi sono iscritta al concorso di Gonnosfanadiga per gioco». LA MAMMA Felicissima la mamma Sabrina Piras: «Mia figlia ama il disegno, le piace la moda ma rimane sempre con i piedi per terra. Ha frequentato corsi di portamento a Capoterra e tutta la famiglia la incoraggia. Asia ha una sorella più grande e un fratello di 11. Siamo rimasti delusi per Miss mondo». LA SERATA La direzione artistica della bellissima serata è stata affidata ad Arianna Sirigu, organizzatrice di eventi e spettacoli in tutta la Sardegna, nonché presidente dell’associazione culturale e ricreativa Arilea Moda e Spettacolo. Hanno presentato la kermesse Alessia Pinna e il giovane consigliere comunale Federico Isu. Sono state assegnate diverse fasce sponsor: Anais Battista di Giba è miss “Planet Caffè”, Alessia Uras di Quartu Sant’Elena è miss Slot Italia, la sangavinese Marianna Mainas è miss Sorriso. L’IDEATORE Il concorso di bellezza è stato ideato da Antonio Fenu, impiegato: «La manifestazione diventa ogni anno più importante ed è molto attesa nel territorio». E proprio Antonio Fenu è patron del concorso insieme ad Alessio Fenu con l’associazione culturale Nuova Monte Linas. LA GIURIA La serata è stata ripresa interamente da Patrick Pinna, con le telecamere di Canale40, la tv del Sulcis e andrà in onda nella stessa emittente. Tra i componenti della giuria alcuni stilisti e fashion designer che tengono alto il nome della Sardegna anche all’estero, come Maria Conte e Daniele Sitzia, e l’attore modello Emilio Puggioni, testimonial attualmente della campagna CLS e CESIL, in onda su Videolina e del marchio Acqua di Sardegna in tutte le profumerie Limoni. PROGETTO FOTOGRAFICO «Le miss che hanno partecipato a questo concorso - spiega Arianna Sirigu - e coloro che parteciperanno a Miss 4 More, sempre a Gonnosfanadiga, potrebbero venire selezionate per un progetto fotografico che avrà come obiettivo la valorizzazione della Costa Verde, attraverso degli scatti che comporranno un calendario per l’anno 2016». Ora l’estate del paese sarà ravvivata da altre serate di animazione, karaoke e musica dal vivo anche a settembre. Gian Luigi Pittau Verrà presentata dal maestro d’arte Antonio Russo, il cinque settembre, nella sala delle mostre temporanee di Villanovaforru, la personale della pittrice Letizia Ceroni. L’artista, nativa di Novara, ma residente già da parecchi anni a Tula (SS), esporrà le sue Letizia Ceroni opere dal cinque settembre all’undici ottobre. Un’occasione da non perdere per gli estimatori d’arte e per i visitatori che potranno apprezzare i capolavori di un’artista ormai stimata in tutta la Penisola. Diverse le tematiche che vengono proposte nei suoi dipinti. «Una magica pittrice della Verità il cui fascino trascende oltre l’immagine quasi come un “Racconto figurativo”», dice di lei l’illustre professor Ivano Biasetti, accademico di Modena, pittore e maestro della tecnica “lumigranulare” strumento espressivo che gli consente di ottenere su imprimiture scure a sabbia magiche e surreali sfumature. Enigmatiche ma nello stesso tempo vive, palpabili e tangibili appaiono le opere di Letizia Ceroni, immagini che stimolano alla ricerca e alla scoperta del mistero che esse trasmettono. «Le opere di Letizia ci accompagnano in un viaggio della conoscenza che è poesia del fare, della tradizione, della storia di una terra umana e sono profondamente onorato di avermi scelto come curatore e presentare la sua personale d’arte in questa occasione», afferma a sua volta il maestro Antonio Russo, siciliano di nascita, ma sardo di adozione, le cui opere sono state vendute e richieste in tutto il mondo tra cui New York e Sidney. (d. f.) PDF Compressor Pro 1 settembre 2015 GUSPINI. NELLA BORGATA DI SA ZEPPARA 13 Arbus – Guspini Due pesi, due misure: quel grande pasticcio di mezza estate Rinnovata la devozione alla Beata Vergine delle Grazie Ancora una volta Guspini ha riportato agli albori i festeggiamenti dedicati alla Beata Vergine delle Grazie che, dalla chiesa della borgata di Sa Zeppara, è stata accompagnata in processione dai fedeli grazie all’organizzazione dell’omonimo comitato e alla collaborazione di associazioni e cittadini volontari del territorio. «È da due anni che non riuscivamo ad organizzare un evento così - dice Marcello Dessì, presidente del comitato Beata Vergine delle Grazie - e da oltre 25 anni non si festeggiava la nostra madonna. L’abbiamo nuovamente portata in processione con l’aiuto di amici come Luisella Frau e Antonio Campus, ai preziosi consigli e alla presenza di Roberto Maccioni, presidente del gruppo folk Antiche Tradizioni Popolari Guspinese, oltre al gruppo folk arcidanese, al coro di S. G. Bosco Guspini e ai cavalieri Erika Casti, Orlando e Ilaria. Le famiglie Dessì, Frau e Campus hanno dato un importante sostegno per la preparazione del buffet. Molti gli amici di Guspini ma anche quegli provenienti da Arcidano, Pabillonis, Gonnostramatza, Villacidro e Montevecchio, che hanno parte- cipato alla solenne messa e processione. Tra essi, anche il vicesindaco e l’assessore di Pabillonis, Graziella Gambella e Roberto Piras». L’antico rito della tradizione guspinese quest’anno è stato occasione anche per celebrare i 50 anni di sacerdozio del parroco don Giuseppe Floris. Marisa Putzolu foto Stefano Murgia Nei giorni scorsi, l’incrociarsi di una serie di eventi ha dato origine a non poche polemiche. Attori e interpreti, consapevoli o no, di questo trsie spettacolo, sono alcuni amministratori dei comuni di Arbus e Guspini. L’associazione culturale folkloristica Sant’Antonio di Arbus, nei primi giorni del mese di giugno, protocolla formale richiesta al comune per la concessione del palco, di proprietà dello stesso comune, per la realizzazione della IX edizione della “Festa dell’emigrato”. Concessione negata perché, a dire del vicesindaco di Arbus, il comune non ha in organico dipendenti qualificati per il trasporto ed il montaggio del palco. L’associazione, però, vogliosa di realizzare il proprio evento, comunica verbalmente al vice sindaco di essere in grado di trasportare e montare il palco, attraverso la collaborazione con una ditta regolarmente certificata e senza costi per l’Ente. Anche in questo caso, inspiegabilmente, è arrivato un secco No. Nei giorni seguenti però il comune di Arbus ufficializza il prestito del palco di sua proprietà ai vicini di casa di Guspini. Tale prestito pare sia stato concordato attraverso le vie brevi (si ipotizzano accordi presi telefonicamente) dagli assessori alla cultura dei due comuni. Sin qui tutto potrebbe far pensare a semplici rapporti di buon vicinato e, per carità, nessuno dice il contrario. Ma entrando nel merito, occorre fare alcune doverose precisazioni. Il comune di Guspini possiede il suo palco, che in quello stesso giorno veniva utilizzato, nella piazza XX Settembre, dal gruppo folk di Guspini per la manifestazione “Ballus in pratz’e cresia”. Guspini chiede il palco ad Arbus per la realizzazione dell’evento musicale “Vasco Day”, patrocinato dal comune e che si è svolto negli spazi dell’ex miniera di Montevecchio. Il comune di Guspini ha in organico dipendenti qualificati o per il trasporto e il montaggio del palco, quindi per gli amministratori di Arbus non sussiste alcun elemento ostativo al prestito. Veniamo ora ai due pesi e alle due misure… La manifestazione in programma ad Arbus era gratuita. Vasco Day invece era un concerto a pagamento ed il comune di Guspini ha utilizzato i propri dipendenti per il trasporto ed il montaggio del palco destinato a tale evento. Ora mi chiedo e vi chiedo: è normale che un Ente neghi le proprie strutture ad un’associazione regolarmente iscritta all’albo regionale e che persegue, gratuitamente, un nobile scopo, per favorire un evento privato organizzato a scopo di lucr? È normale invece che un altro Ente, sempre per favorire la realizzazione dello steso evento privato e a scopo di lucro, utilizzi i propri dipendenti, pagati con i soldi di tutti i cittadini per il trasporto ed il montaggio del palco? A mio avviso si sono usati due pesi e due misure ed è da quei due pesi e da quelle due misure che prende vita il principio della illegalità. Ed inoltre, ad Arbus si diniega un palco perché il comune non è in grado di garantirne la sicurezza, a Guspini invece il Vasco Day ottiene via libera si tutti i fronti grazie ad un patrocinio passepartout, di fatto una sovvenzione pubblica maschera, che concede gratuitamente spazi, attrezzature, affissioni ed esonera da ogni altro genere di onere ad una società che organizza eventi a pagamento. Se poi è vero quel che si dice, che per il Vaasco Day a Montevecchio mancassero le obbligatorie autorizzazioni in materia di sicurezza, appare ancora più inspiegabile la condotta dei due comuni, se non fosse che i due assessori alla cultura di Arbus e di Guspini (casualmente appartenenti allo stesso partito) hanno agito in maniera diametralmente opposta ma in perfetta sintonia, giocando tra loro una bella partita a tennis, mentre i rispettivi sindaci stavano a guardare. Se questo è l’Abc della politica che si affianca al “valore della partecipazione” è meglio restare senza alfabetiere e non partecipare a queste tristi vicende. Lucia Liscia Collinas: i fumetti, una passione per sempre C’è chi scrive, c’è chi suona, c’è chi dipinge e c’è chi disegna fumetti. Sì, perchè oggi disegnare fumetti è diventata una vera e propria arte ricca di influenze e conmtaminazioni, come ogni arte che si rispetti. Nel piccolo paese di Collinas, dove i fumetti si è soliti leggerli e non disegnarli, incontriamo un ragazzo di vent’anni che invece ha deciso di passare il suo tempo nella seconda attività. Francesco Scano, mi racconta la sua passione, quella che sicuramente ha affascinato tanti ragazzi in giovane età, ma che in pochi hanno avuto la costanza e la forza di portare avanti. La costanza è infatti l’argomento che più emerge dalla discussione che intraprendiamo col fumettista: - Disegnare è un lavoro che occupa tanto tempo e tanto impegno, io impiego giorni a seconda delle tavole che devo realizzare, e non lascio il tavolo fino a quando non sono riuscito a rendere precisamente ciò che ho immaginato – dice Francesco. Il giovane collinese ha iniziato a disegnare da bambino e oggi, spiega, l’attività è talmente connaturata alla sua persona che è diventata un gesto istintivo di cui non riesce a privarsi. Disegnare è per Francesco, in primo luogo, uno sfogo personale, in seconda analisi, un modo di comunicare che ha scelto come prediletto. - Perchè proprio il disegno? - chiediamo noi, Francesco sorride e risponde che la domanda è estremamente difficile, poi con sincerità afferma: - Col tempo, il disegno per me è diventato un gesto naturale, quasi irrazionale, io provo la necessità di disegnare, io sento di poter comunicare al massimo attraverso i tratti della matita, ma non mi soffermo sui motivi della mia scelta ogni volta che inizio un nuovo lavoro. Forse il disegno, almeno questo lo posso dire, è stata in origine la forma da me prediletta per incanalare i miei pensieri, perchè offre infinite possibilità a chi lo pratica e allo stesso tempo invece, almeno nel mio caso, incanala l’attenzione dello spettatore più facilmente rispetto ad altri tipologie di espressioni artistiche. È come se io, da disegnatore, avessi dei mezzi a disposizione che mi permettono di mettere dei paletti ben precisi all’interpretazione della mia opera, per quanto l’interpretazione possa essere condizionata, ovviamente.Francesco ha uno stile di disegno tutto suo, ci sono vari modi di rappresentare i propri mondi immaginari o il mondo reale, e nel suo caso possiamo parlare di una coesistenza si fantasia e relismo nelle opere. Al fumettista piace disegnare scene fantastiche, bizzarre, buffe, al limite tra il gioco e l’ironia, tuttavia i soggetti vengono rappresentati con estrema cura per i particolari, anche per quelli più minuti, dando quindi a immagini propriamente irreali, una qualche parvenza di iperrealismo. Francesco ha vaste fonti di ispirazione, le sue letture sono eterogenee, nel mondo dei fumetti come in quello della letteratura: - Mi piace variare molto nel leggere, non ho un genere preferito, nè uno scrittore, potrei dire che i fantasy e la fantascienza tuttavia, almeno ultimamente hanno catturato il mio interesse. Per quanto riguarda i fumetti in parrticolare, amo leggerli in tutte le forme, sia quelli di stampo occidentale, i made in U.S.A., sia quelli tipicamente orientali, i manga. Tuttavia, c’è un mondo di fumettistica ignoto ai più, che internet ha permesso di conoscere. Sul web, se si seguono determinati portali, è possibile venire a conoscenza di autori semisconosciuti che pubblicano le loro opere gratuitamente in cerca di lettori e, magari, di qualche casa editrice che punti su di loro.- Chiediamo se per caso questa possa essere una strada per lui appropriata, strizza l’occhio: - Ora come ora, sono impegnato con lo studio, ma certamente nel futuro, o anche ora, non appena avessi del tempo, credo che pubblicare le mie opere sul web potrebbe darmi qualche possibilità di farmi conoscere -. Per ora Francesco ha collaborato a livello scolastico, nel liceo che frequentava, alla pubblicazione di alcune tavole fumettistiche riportanti storie autoconclusive. Inoltre ha disegnato le illustrazioni di un libro su Giovanni Battista Tuveri, sempre in collaborazione con la scuola e con il comune di Collinas. Ha fornito poi le illustrazioni al libro di Ino Matta, altro collinese, che racconta la storia della società bocciofila “Sa Forresa”. Le opere di Francesco sono state esposte in una mostra a Collinas, nella Biblioteca comunale e a Gonnoscodina, sempre all’interno della biblioteca comunale, tale mostra, intitolata “Storie di inchiostro” dovrebbe a breve continuare il suo percorso itinerante attraverso i comuni del Medio Campidano. Il suo sogno nel cassetto è quello di poter, un giorno, realizzare un fumetto completo, originale e inventato da lui in ogni sua parte, dalla storia alla sceneggiatura, fino ai disegni. Speriamo di rimanere presto stupiti dalla sua originalità. Paolo Onnis PDF Compressor Pro 14 1 settembre 2015 GUSPINI. POLISPORTIVA FORTITUDO Calciando sotto le stelle G aleotto il successo di “Calciando sotto le stelle”, a partire dalla prossima stagione sportiva la Fortitudo oratorio incrementerà la propria attività sportiva pianificando anche un settore femminile. Se fino allo scorso anno le ragazze avevano la possibilità di partecipare ai campionati giovanili misti, ma solo nelle categorie Primi calci, Pulcini, Esordienti e Giovanissimi, da oggi invece anche le atlete di classe compresa tra il 1997 e il 2003 potranno prendere parte ai tornei, esclusivamente femminili, indetti dalla FIGC. «L’intenzione - spiegano dallo staff della polisportiva - è quella di consentire alle ragazze di Guspini e dei paesi limitrofi di poter dare sfogo alla propria passione per il calcio. La brevità e il particolare regolamento di questi tornei permette alle giovani, anche tesserate per società diverse, di parteciparvi con la formula del prestito mediante nulla osta. Il settore femminile della ASD Pol. Fortitudo Oratorio sarà completato da una prima squadra che parteciperà ai campionati di Categoria, siano essi a calcio a 5 o a 11». La possibilità di costituire una squadra di calcio in rosa semi professionale era stata avvallata alcuni mesi fa dai dirigenti dell’associazione, all’indomani della massiccia partecipazione al triangolare femminile di “Calciando sotto le stelle”, svoltasi il 13 uglio al campo San Domenico Savio. «Molte ragazze provenivano da Cagliari, Arborea, San Nicolò d’Arcidano - riferiscono Giuseppe Ariu e Fabio Zecchino, dirigenti - ed erano molto contente perché non si sono sentite tagliate fuori dai giochi e hanno potuto divertirsi in libertà. In generale non potremmo essere più soddisfatti della riuscita del torneo, tanto degli spalti pieni quanto del comportamento tenuto in campo dai nostri ragazzi». Sebbene, come si legge in locandina, questa fosse solo la seconda edizione di “Calciando sotto le stelle”, anche quest’anno sponsorizzata dai commercianti di Guspini, in realtà il torneo esisteva già da decenni e costituiva un appuntamento irrinunciabile per larga parte dei cittadini fino ai primi anni ‘90. “Quindi è scomparso dalla programmazione estiva per circa un decennio. Solo ultimamente si è creato un gruppo di volontari deciso a ripristinare questa realtà che, sebbene offuscata, ha ritrovato nel corso delle due edizioni larga parte del suo seguito originario”. Dal 22 giugno al 17 luglio sul campo verde di Via Anna Frank, otto squadre si sono giocate il lauto montepremi in palio. Il torneo è andato ai “J&T Bar”, già vincitori della scorsa edizione, che si sono aggiudicati i 650 euro del primo premio e la soddisfazione della riconferma con una finale 3 a 0. Medaglia d’argento per la squadra Pittau Eden, che ha però potuto van- Guspini: successo della mostra fotografica Dalle sei del 14 Agosto a mezzanotte di mercoledì 19 i locali attigui alla banca di Sassari, nella centralissima via Santa Maria, hanno ospitato la mostra fotografica di Simone Zaugg, Antonello Cocco, Rinaldo Ruggeri e Massimo Cara. «È difficile nascondere l’emozione che ho provata in questi giorni: è stato un susseguirsi di soddisfazioni, gioia, ma soprattutto meraviglia per la massiccia partecipazione del pubblico. Una magnifica esperienza, senza dubbio», è il commento di Rinaldo Ruggeri, che da ormai diversi anni si diletta di fotografia. Confortanti i dati sull’affluenza all’ esposizione, che sin dalla sua apertura nel primo pomeriggio della vigilia di Ferragosto ha registrato centinaia di presenze. L’evento ha avuto ampia risonanza anche sui social network, con i commenti entusiasti di tanti visitatori: “Belle foto e serata piacevolissima: la mostra è aperta fino al 19, visitatela!”, “Ne è valsa la pena! “ “Non mancherò”- assicurano diversi ospiti. Soddisfatti anche i quattro fotografi: «Il piacere della condivisione: questo mi rende felice nel vedere le mie foto esposte al pubblico - tare tra le sue file il “Miglior giocatore del torneo”, Fabio Surano di Guspini, vincitore del premio individuale. Terzo posto per la squadra del “Caffè Novecento” e premio “Miglior Portiere” per il giovanissimo Federico Uccheddu di Gonnosfanadiga. Ultimi, i “Panificio Piras e Tony Bar”, con primo capocannoniere del torneo il sangavinese Fabio Sanna. “ La giornata di giovedì 16 ha visto in campo i piccoli calciatori dai 5 ai 15 anni: inutile dire che è stato un successo. I bambini erano entusiasti, ma, incredibile a dirsi, abbiamo riscontrato un’allegria anche maggiore negli over 40 che si sono confrontati la notte del 23!”. Infinita lista di ringraziamenti da parte del presidente della polisportiva Fortitudo Oratorio Tiziana Esu: «Grazie ai dirigenti collaboratori, che con gratuità dedicano gran parte del loro tempo ai bambini e ai ragazzi che ogni anno ci vengono affidati. Grazie ai giocatori e agli sponsor delle squadre, che hanno creduto in noi e in questo torneo. So quanto sia difficile formare una squadra, sia a livello economico che per quanto riguarda i giocatori. Grazie alla Volsoc Guspini, che si è resa disponibile durante il torneo, per fortuna con pochi interventi. Grazie al Csi per i tesseramenti e per l’organizzazione dell’arbitraggio. Grazie a tutte quelle persone che ruotano attorno alla società: attività commerciali, volontari che stanno in campo e fuori dal campo, i ristoratori che ci preparavano i nostri amati panini. Grazie a chi si è dedicato alla tracciatura del campo, alle pulizie, al bar, tutte ugualmente importanti». «Infine- conclude il presidente- forse il grazie più importante va al pubblico, che ogni sera ha riempito le gradinate come non accadeva da anni. Con il suo incitare, tifando per le persone a lui care, ha reso il torneo un evento gioioso e piacevole. Approfitto della presenza dell’amministrazione comunale per lanciare un appello… il paese è vivo e questo torneo ne è la dimostrazione. Con poco si può fare tanto. Rilanciamo Guspini». Francesca Virdis VILLACIDRO Donne in musica precisa Simone Zaugg, 49 anni, originaria di Zurigo, ma residente a Guspini da circa 11 anni, che ha trovato posto all’interno della mostra fotografica con le sue sovrapposizione astratte di luce e ombra, in piacevole contrasto con i maestosi rapaci di Antonello Cocco e Rinaldo Ruggeri e l’umanità pensosa di Massimo Cara. «Per la maggior parte i visitatori sembravano davvero interessati - soggiunge l’artista svizzera -e spesso hanno approfittato della nostra presenza per discutere alcuni scatti. Non sono mancate visite di turisti provenienti dalla Francia e dalla penisola». Rincalza Antonello Cocco, 65 anni, di Guspini: «Non avrei potuto sperare in una riuscita migliore per questo evento: venerdì, sabato e domenica c’è stato quello che si suol dire “il pienone”, ma anche gli altri giorni i visitatori non sono mancati. Sebbene io sia solito organizzare mostre, mi farebbe piacere riproporre un appuntamento del genere anche la prossima estate. Delle 39 fotografie che ho esposto, tutte hanno un qualcosa di diverso che me le rende, tuttavia, ugualmente care». «La maggior parte dei visitatori non sa di fotografia e ne percepisce solo la componente più superficiale: diciamo quella coincidente con l’ estetica - commenta Massi- mo Cara - e c’è ancora molto da fare perchè le persone imparino a capire che anche attraverso le immagini si può comunicare e “produrre” cultura. Alla mostra ho portato solo 12 scatti: per la maggioranza primi piani stretti, relativi ai carnevali tradizionali del centro Sardegna. Cerco sempre di immortalare l’attimo che vedo. Penso che qualsiasi attività in qualche modo “creativa” sia frutto della nostra intera cultura personale. E io ho 60 anni: tante cose, in questo tempo, hanno contribuito a formare la persona che sono oggi. I miei scatti sono espressione diretta di quello che sono e che amo». (f. v.) In occasione dei festeggiamenti di Sant’Antonio a Villacidro, presso la piazza della chiesa della parrocchia dedicata allo stesso santo, l’associazione corale “Donne in Musica” di Villacidro ha organizzato il concerto “Totus impari”. L’associazione corale “Donne in musica” è di nuova costituzione, ma nasce da un progetto avviato anni fa fra l’allora circolo didattico “Giuseppe Dessì” e l’associazione musicale “Santa Cecilia” di Villacidro. Il gruppo, formato solo da donne, è composto da genitori e docenti della scuola dell’infanzia e primaria di Villacidro. Il concerto rappresenta l’ultima tappa di una rassegna, nata qualche anno fa dal coro polifonico “Voci in musica” di Serri con lo scopo di divulgare e far rivalorizzare la musica in Sardegna unendo diversi cori. Alla serata hanno partecipato i cori “Donne in musica” di Villacidro, “Voci in musica” di Serri, “Santa Maria” di Guasila, “Cantos e Melodias” di Villamar, “Santu Asili ‘e Monti” di San Basilio, “Boxis Nodias” di Siliqua, e “In…cantu de coru” di Guspini, tutti diretti magistralmente dal maestro Massimo Atzori. I diversi cori si sono alternati nella magica atmosfera della piazza affollata con canti della tradizione popolare sarda e del pop italiano, presentati egregiamente da Emanuele Garau, perfetto padrone della scena, che ha regalato al pubblico un canto e alcune informazioni sui brani del tutto inedite. La serata si è chiusa con un’esibizione del tutto particolare: tutti i cori, accompagnati dal maestro Massimo Atzori e da Emanuele Garau hanno cantato insieme “Coros cantende”. PDF Compressor Pro 1 settembre 2015 15 GONNOSFANADIGA Ricordando S’Acqua Durci D opo il bombardamento del 17 Febbraio del 1943, in cui morirono 96 innocenti, Gonnosfanadiga diede un altro contributo di sangue nell’esplosione di una mina vagante. Accadde il 3 agosto 1945, nella marina di Arbus, in località S’acqua Durci: le vittime furono sedici, la maggior parte ragazzi, undici di Gonnosfanadiga, cinque di Guspini. Decine di persone rimasero gravemente ferite. Doveva essere una giornata di svago, invece fu di sangue. La guerra era finita da alcuni mesi. E molte famiglie cercavano pace e tranquillità nelle spiagge del litorale di Arbus, ancora contaminato da ordigni bellici. Furono diversi i gruppi familiari di Gonnosfanadiga e Guspini, che scelsero, quel giorno, la bellissima spiaggia di S’Acqua Durci. Lo scoppio della mina fu improvviso e inaspettato. Una tragedia che Gonnosfanadiga non ha mai dimenticato e ha voluto ricordarla dedicandole un monumento. A seguito della costante richiesta dei parenti delle vittime, cinquant’anni dopo, il primo sindaco donna Sandra Piras, il 3 agosto del 1995, inaugurò il monumento di piazza Verdi, l’allora parroco della parrocchia della B. V. di Lourdes don Tarsillo Podda, dopo la funzione re- “S’Acqua Durci” ligiosa con la chiesa piena fino all’inverosimile, benedisse il monumento voluto dall’amministrazione comunale, che rappresenta un bambino sofferente seduto sulla roccia. Il 3 agosto scorso il sindaco Fausto Orrù ha deposto una lapide con i nomi dei caduti di “S’acqua Durci” a completamento del monumento (grazie alla ricerca di Franco Meloni fratello di Giovanni, vittima di quella sciagura): Giovanni Conti (anni 42), Francesco Garau (19), Fausto Lai (10), Ignazio Mallica (anni 14), Giovanni Meloni (12), Giusep- pe Pinna (anni 14), Mariano Pinna (9), Antonio Sardu (5), Giuseppe Sardu (26), Salvatore Sardu (36), Antonio Sogus (19); i guspinesi: Flavio Floris (anni 12), Severino Onidi (19), Livio Serpi (21), Nino Serpi (20), Livio Manca (19). Francesco Zurru Il ricordo di Rosa Floris, sorella di Flavio «Mio padre Giuseppe, dice la signora Rosa, sorella del piccolo Flavio, partì nel 1936 in Africa orientale, come civile e successivamente fu arruolato nell’esercito italiano. Fu fatto prigioniero dagli inglesi durante la campagna d’Etiopia. Dopo 10 anni di prigionia in Kenia, venne liberato nel 1946, al suo rientro, la famiglia lo portò a conoscenza della tragedia di “S’acqua Durci” ove morì il fratello Flavio». Notte di mare in tempesta all’alba sorge il sole e tutto si desta Onda su onda in riva alla spiaggia si pose una bomba Le mani dell’uomo incosciente la portò in mezzo alla gente Sul pesante fardello colpo su colpo batté il martello Fanciulli gioiosi intorno curiosi Crudele destino esplose l’ordigno Strage di vite innocenti di tanti feriti e tanti lamenti Grande il dolore del bambino morente invoca la mamma non sempre presente La mamma del cielo di te piccolo angelo avrà cura in eterno. Franco Meloni Poesia dedicata ai bambini deceduti il 03 Agosto 1945: Antonio anni 5, Mariano anni 9, Fausto anni 10, Flavio anni 12, Giovanni anni 12, Giuseppe anni 14, Ignazio anni 14. Sa bomba de s’Aqua Dulci, 3 Agosto 1945 Su luttu de s’Aqua Dulci, furriàda in arrùbia e marigòsa tottu paris su Tres de Austu de Corantaxincu, fudi stéttiu un spantu mannu in Gonnos, ( sa Guernica sarda giài in su Dexasetti de Friàxu de su Corantatresi cum plus de ottanta vittimas in s’incursioni americana) e inde fuèddat finzas s’Unioni Sarda de insàras, una quindixìna tra pippìus e picciocchèddus mortus de manu issòru manijendu una bomba agattada inesplodia in sa spiaggia minàda, pippìus e pippìas de sa media borghesia e benestantis chi in cussus tempus si podìant permìtti una vacanza in mari, mancai a sa garibaldina, a carrus de bòes, a carrettas e a barràccas, is famiglias Lai, is Pinnas, is Melònis, Sennòra Peppinetta Devoto chi habìat pérdiu dùus fillus, Garau, Manca, Onidi, Sogus, Serpi, Sardu e Mallica. De custas duas stràgis Gonnos no s’ind’est scaréscia e mai s’ind’hat a scarèsci, Villa Pacis. Ma s’assustu e su spantu mannu pro cussa bomba assassina e traitòra appena apustis tres dies est sparéssiu de suncùnas asutta de su spantu e su scramentu plus mannu e terribili chi sa Paxi de sa Segunda Guerra happat lassàu a s’Humanidadi: sa bomba de Hiroshima, e avattu avattu un’altra puru, no plus pro stèrri su Giapponi in genugu e pro s’affroddiu de iddas incingiài, ma pro scramentài (pratica gesuita-spagnola chi bòlit nari a inde tirài sa pèddi bìa a arrògus a arrògus) e avvèrti sa Cina rivoluzionaria de Mao (1949 est s’annu de Sa Repubblica popolare) e sa Russia vittoriosa e minettòsa de Stalin, e su Terzu Mundu in sumbùllu mannu (hanti mortu a Gandhi su 30 Gennaiu de su 1948) e cum su Discursu de Churchill a Fulton su 15 de Marzu de su 1946 incumènzat sa Guerra Frida e sa Paxi in su Terròri. Làstima sa Storia est sempri andàda aici: si vis pacem para bellum; un Principe deve essere più temuto che amato, nàrat Machiavelli, e s’idd’habìat imparau no scétti Roma ma sa Grecia, Patria de sa Democrazia periclea e mamma de sa “Civiltàdi europea” chi hat partorìu a Hitler, a Stalin e a Mussolini puru, no scétti a Kant, a Rousseau e a Tolstoj. Còntat Tucidide ca Atene in su 415 a.C. cum Nicia a una colonia ribelle de s’Asia Minore alleàda de Sparta, apustis chi si fut arréndia idd’hadi spérdia e tottu pro scramentu e pro exemplo (exemplum in italianu diventat e-scempio) pro fai a timi e arrèndi is altrus, scramentu fur ewig, for ever, eis aèi, ca custas funti is fòrzas chi guvèrnant sa Storia de sempri e pro sempri: bìa e dèos, sa prepotenza, su terròri e s’òdiu. S’idea de su perdonu dèppit ancora lòmpi cum su Cristianesimu, ma scétti a fuèddus: mancu Gesugristu est arrennésciu a mudài sa Storia! Aici, torrèndu a nos a is tempus de hoy, hemus connottu in su terrori de Hiroshima custus provvisorius settantannus de Paxi (paxi pro modu’e nari), e Papa Franciscu nàrat ca séus bivendu una Terza Guerra Mondiali a arrògus e a mòssius. Ma sa Paxi àndat diféndia: si vis Pacem para Pacem naràt Paolo VI, e in su pitticcu cosa sua sa bidda de Gonnos fadendu su chi pòdit hat costruìu un monumentu de is vittimas de s’incursioni, (Giunta democristiana) e dèu candu fìa assessori su monumenteddu pro s’Aqua Dulci (Giunta de Sinistra) ca sa Paxi no tènit colori y est bella pro tottus. Toto Putzu Custu sonettu cosa mia in memoriam de cuddus pippìus innocentis de s’Aqua Dulci e sa Pubblica Commemorazioni ancora hocannu, settantannus apustis, de is parentis chi s’agàttant e de su Cumunu’e Gonnos, in su piticcu cosa nostra bòlint esse una pregadorìa comuna ma costanti pro sa Paxi “in quest’atomo opaco del Male” (Giovanni Pascoli). A is pippièddus mortus de s’Aqua Dulci Unu tallu’e picciocchèddus innocentis gonnèsus, chi mesànu e chi matuccu, e chini ancora a launèddas de muccu, prexàdus in vacanza, tra is parèntis, in s’Aqua Dulci in su mesi’e Austu cuntèntus ca sa Guerra fut finìda, tres dies prima’e su sperdìtziu arrustu a Hiroshima, hanti pérdidu sa vida: no fìat atomica, ma cussa puru fut bomba, arremasùlla farabutta de sa Guerra, agattàda ingùni asutta in sa spiaggia, e scoppiàdu est su silùru tra is pippìus sperdendìndi una seixìna, s’ultima e inutili carneficina. Toto Putzu gonnensis 3 Agosto 2015 PDF Compressor Pro 16 1 settembre 2015 SAN GAVINO: RINNOVATA LA TRADIZIONE PER SANTA CHIARA VERGINE C ome ormai impone la tradizione nel nostro territorio, a metà Agosto si celebrano le festività patronali nei vari comuni della zona. Fra questi San Gavino, in cui le festività in onore di Santa Chiara Vergine, a cui è intitolata la chiesa parrocchiale del paese, vanno dal 9 al 13 Agosto. Un’attesa, quella per la festività sangavinese, che rappresenta il culmine dell’estate del paese e richiama, non solo tutti i cittadini, ma anche tanti emigrati e qualche turista. La festa è cominciata Domenica 9, con la giornata dedicata alla famiglia, lunedì 10 poi le celebrazioni per anziani e malati. Festeggiamenti civili ridotti nella giornata di lunedì a causa del temporale che ha colpito il territorio. La serata di musica proposta dal duo “Marco e Mattia Pilloni” è stata interrotta alle 23 circa, quando l’acquazzone non ha lasciato scampo ne agli spettatori ne agli artisti. La giornata di martedì invece per i ragazzi e i giovani, sono stati tanti che hanno preso parte alla celebraziona eucaristica delle 19. Alle 22 spettacolo di cabaret in piazza Marconi col famoso attore Jacopo Cullin, accompagnato dal I comico Gabriele Cossu dei Lapola. Tante risate con i vari personaggi che hanno reso celebre Cullin in una serata molto partecipata. Nella giornata di Mercoledì, festa della comunità, la grande festa. La Santa Messa del mattino e quella delle diciotto alla presenza del Vescovo, Mons. Giovanni Dettori, e concelebrata dai parroci sangavinesi. Intorno alle 19 la statua della santa è uscita dalla Chiesa Parrocchiale per la processione nelle vie del paese. Processione aperta, come al solito dai cavalieri e da un’insolito Carlo Tomasi, sindaco del paese, sopra un cavallo con tanto di fascia tricolore. A seguire la Banda Musicale e il tradizionale suono di launeddas del maestro Bruno Loi oltre ai tantissimi devoti che hanno accompagnato la santa. In serata i festeggiamenti sono proseguiti con lo spettacolo pirotecnico offerto dall’amministrazione comunale e lo spettacolo di liscio con “Stefania e la sua orchestra” a cura del Comitato per i festeggiamenti di Santa Chiara presieduto da Antonio Bandino. Le festività si sono poi concluse giovedì 13 con la rituale festa dell’emigrato, una serata offerta dalla Pro Loco in cui i numerosissimi Sangavinesi, ormai lontani dal proprio paese che in occasione delle feste ritornano, hanno potuto ritrovarsi. Un menù a base di tipicità sangavinesi e per finire tanta buona musica. Anche quest’anno si sono così concluse le celebrazioni in onore della Santa di Assisi, celebrazioni che hanno reso partecipe tutta la comunità sangavinese che in questi giorni si è unita nel cercare di abbattere questo momento di apatia. “Attrus Annus” Lorenzo Argiolas l culto per la Santa di Assisi, nel centro di San Gavino Monreale, ha origini risalenti al XV secolo. È tra il 1574 e il 1584 che venne edificata una chiesetta figliale intitolata a Santa Chiara Vergine dell’Ordine Serafico. Ed è presumibilmente nel 1584 che fu eretta parrocchia. Da allora il baricentro del paese, che si estendeva intorno alla Chiesa di San Gavino Martire, si spostò verso Ovest. La particolarità principale delle celebrazioni è che a San Gavino la festa in onore di Santa Chiara Vergine ricorre il dodici di Agosto, non l’undici così come da calendario. Alcuni hanno ipotizzato che il motivo sia legato al voler far incastrare la ricorrenza con le altre feste del territorio, San Lorenzo a Sanluri il 10 di Agosto e Santa Maria a Guspini il 15. Tuttavia questa ipotesi non trova alcun riscontro. Più plausibile la spiegazione relativa al fatto che tempo fa il calendario liturgico prevedesse le festività in memoria della santa il 12 di Agosto, per questo sembrerebbe rimasta integra la tradizione nel paese. Oggi la Chiesa intitolata si trova in pieno centro abitato, nella piazza Marconi, laddove si trova il fulcro dell’attività politico-amministrativa e sociale di San Gavino. Nel corso degli anni la Chiesa ha subito parecchi stravolgimenti. Innanzitutto relativi allo spostamento del campanile, che nel corso degli anni ha subito parecchie modifiche anche di recente, dalla sua sede originaria, che è da subito evidente nella facciata. Le festività del mese di Agosto sono da sempre molto sentite nello spirito di ogni sangavinese devoto alla Santa di Assisi che ogni anno partecipa con entusiasmo a quella che è la principale solennità della propria comunità.( l. a.) PDF Compressor Pro 1 settembre 2015 17 DUE MOSTRE FOTOGRAFICHE PER RACCONTARE SAN GAVINO In esposizione le opere D degli artisti sangavinesi ue mostre fotografiche hanno animato la festa di Santa Chiara. Negli spazi della centrale Piazza della Resistenza i soci dell’associazione fotografica 21 DIN hanno messo in piedi un’esposizione fotografica dal titolo “San Gavino”. Un tema accattivante che ha cercato di descrivere la realtà quotidiana del paese. Si possono trovare così fra i ritratti signor Giovanni Zucca, famoso maestro di calcio, Nanni Murgia, intento nel riparare una bicicletta, il parroco, Don Pierangelo Zedda, e il sindaco, il dottor Carlo Tomasi, mentre con uno stetoscopio cerca di curare il malato, ossia San Gavino. C’è spazio anche per gli attimi, i momenti che la comunità sangavinese ha vissuto negli anni. L’ultimo treno per Cagliari transitato nella vecchia stazione ne è solo un esempio. “E’ stato un intenso mese di lavoro - ci dice uno dei soci, Andrea Marrocu- per una mostra che richiede almeno due mesi di impegno. Attraverso questa mostra abbiamo voluto mostrare arti, mestieri, personaggi e luoghi della nostra cittadina. È una piccola soddisfazione la nostra, sono state più di cinquecento le visite e abbiamo ricevuto tantissimi complimenti”. Soddisfazione espressa anche dal presidente dell’associazione, Gian Mario Batzella: “Siamo una ventina di soci, e hanno esposto i propri lavori circa una dieci fotoamatori. All’interno della mostra sono 48 le foto che si possono ammirare. Abbiamo avuto un riscontro assolutamente positivo. Ora portiamo avanti i progetti dell’associazione cercando magari di sviluppare questa mostra , per il momento abbiamo un progetto per la sagra dello zafferano sul quale, però manteniamo il riserbo”. “Il sogno è quello di sviluppare - conclude il vicepresidente, Andrea Cominu - un polo culturale a San Gavino, considerato che ne abbiamo tutti i requisiti”. (l. a.) “Un mondo in bianco e nero” I locali del Civis, oltre alla mostra degli artisti sangavinesi, hanno ospitato anche la mostra fotografica organizzata dalla Stazione Fotografica, il circolo fotografico dell’associazione Stazione Culturale. Una mostra particolare, dal titolo “Un mondo in bianco e nero”, nella quale si sono potute ammirare sessanta foto scattate da ventiquattro soci del circolo. Una sorta di viaggio fotografico al cui interno poter osservare varie sfaccettature degli attimi proposti dai diversi fotoamatori: visi, particolari, momenti di festa, di fede, momenti di lavoro e scorci affascinanti della nostra terra. Il tutto proposto semplicemente in bianco e nero, un modo anche per dare più risalto alle immagini. “Abbiamo voluto dare un tema specifico- ci spiega Jennifer Serra, coordinatrice del circolo- e differente dallo scorso anno. Quasi tutti i soci hanno partecipato, considerato che fanno parte del circolo più di quaranta componenti provenienti non solo dal territorio del Medio Campidano, ma da Iglesias, da Cagliari o da Oristano. C’è voluto un mese e mezzo per poter organizzare il tutto, mentre l’allestimento è durato cinque giorni. Doverosi i ringraziamenti, in primis a Silvia Altea, presidente della Stazione Culturale e al Fotostudio Altea per il prezioso supporto fornito”. Ogni visitatore ha potuto votare tre foto preferite, un modo per rendere più partecipi e attenti gli osservatori. Per la cronaca ha vinto la foto numero 25 di Viviana Marras, Capo Pecora. (l. a.) Sono stati tanti gli appuntamenti e le iniziative collaterali organizzate in occasione delle festività dedicate alla Santa Patrona di San Gavino. La centrale Via Roma, passerella del paese, ha visto parecchie esposizioni di artisti e artigiani locali. Nei locali del Civis i numerosi sangavinesi, i turisti e gli emigrati hanno avuto l’occasione di apprezzare le numerose opere esposte dai componenti del Gruppo Artistico Sangavinese in collaborazione con la Pro Loco. “Creatività Sangavinese”, questo il titolo della mostra allestita presso la galleria del Civis, è stata inaugurata sabato 8 Agosto è rimasta aperta per tutti i giorni della festa e ha chiuso i battenti giovedì 13 registrando tantissime visite. Sono stati in tutto trenta gli artisti locali che hanno preso parte alla mostra cercando di dare una visione a 360 gradi dell’esposizione artistica. Nell’ampio cortile del Civis hanno trovato spazio le sculture di Giovanni Spanu, all’interno si sono potuti ammirare i ricami di Chiara Atzori, le caricature di Marco Pisu, le opere del commediografo Antonio Contu così come gli artefatti del famoso maestro della cartapesta Carlo Matzeu oltre ai famosi dipinti dell’emigrato sangavinese Giorgio Casu le rappresentazioni di Paolo Mazzucco “Mamblo” e di tanti altri ancora. Immancabili le opere del nucleo del gruppo artistico sangavinese Fernando Marrocu, Antonino Pilloni e Antonio Senis. Sono stati soddisfatti tutti i gusti e le opere messe in mostra hanno rappresentato la vena artistica di tanti sangavinesi di cui non si conoscevano le doti nascoste. “Questa mia passione - ci dice Giacomo Putzu, ritrattista, 24 anni il più giovane- nasce da quand’ero bambino. Tutto è nato come un gioco, sono un autodidatta non avendo portato avanti degli studi veri e propri. Certo, il sogno è quello di poter diventare un vero e proprio artista un giorno”. Anche Mariella Zurru fa parte del gruppo: “Ho frequentato l’istituto d’arte. Ho sempre amato la creatività e i colori, poi mi sono concentrata sulle riproduzioni, soprattutto dei visi. Sono stata contattata per esporre le mie creazioni e mi ha fatto un immenso piacere potermi rendere utile e dare qualcosa al mio paese”. (l. a.) PDF Compressor Pro 18 1 settembre 2015 STORIA LOCALE FASCIO E FASCISMO NEL VILLACIDRESE - GUSPINESE VIII ZONA MILITARE DELLA SARDEGNA di Augusto Tomasi Seconda parte AMORI, BANDIERE ROSSE E OPPOSIZIONE AL FASCISMO A GUSPINI Nel ’39 l’Europa divampa sotto le guerre-lampo della Wehrmach tedesca. Nel ’40 le truppe di Hitler aprono il fronte centro-orientale e tra maggio e giugno, su quello occidentale, aggirata e sfondata la linea Maginot passando a Nord nella piana delle Ardenne in territorio belga, invadono il territorio francese. Le divisioni tedesche ne segnano così la disfatta. Alla Francia pressoché piegata e all’Inghilterra anche Mussolini, il 10 giugno, dichiara guerra. Si mettono le premesse per un conflitto planetario. A Gonnosfanadiga, il trentacinquenne capitano e avvocato Giovanni Zurru ha sostituito l’arburese G. Battista Virdis in qualità di Ispettore dell’VIII zona militare e si interessa, ad esempio, di questi importantissimi fatti. Il 21 marzo 1940 scrive un dettagliato rapporto al segretario federale su questo avvenimento di Guspini. “La notte dal 12 al 13 corrente sul portabandiera del Dopolavoro Comunale di Guspini è stato esposto un drappo rosso; tale atto venne preavvisato circa due mesi prima a mezzo lettere anonime dirette a varie autorità. In tali anonimi si accusavano varie persone che frequentavano l’esercizio pubblico di certo Saba Peppino, noto sovversivo ed iscritto nell’elenco delle persone pericolose in linea politica. Poiché le persone indicate negli anonimi sono risultate estranee alla esposizione della bandiera rossa, sono state fatte delle indagini, da parte dell’arma dei RR.CC., per accertare quali persone aves- sero interesse a danneggiare i nominativi indicati negli anonimi; si è così accertato che tale Angelina Lixi, prostituta, nutriva un profondo rancore contro tale Montis Efisio, sarto, indicato negli anonimi come autore materiale dell’atto; il Montis fu per vario tempo amante della Lixi, alla quale sembra abbia spillato varie migliaia di lire e molti doni e poi abbia abbandonato la Lixi che tentava di farsi sposare. Il maresciallo comandante la stazione dei RR.CC., chiamata la Lixi, la interrogò sugli anonimi. Questa in un primo tempo negò di esserne l’autrice, ma poi, messa di fronte ai gravi indizi risultanti a suo carico, finì per confessare. La Lixi disse d’avere inviato gli anonimi al solo scopo di staccare il Montis dalla compagnia che frequentava e non per scopi politici. Invitata a firmare una dichiarazione in tale senso, rispose che prima intendeva consigliarsi presso un avvocato. Infatti, nel pomeriggio dello stesso giorno partì in auto per Cagliari insieme a Favella Ivo e Sireus Giustino, entrambi amici intimi, che la notte dal 12 al 13 dormirono in casa della Lixi e che certamente non sono estranei alla esposizione della bandiera rossa. La Lixi, rientrata da Cagliari, non ha più voluto firmare la dichiarazione dicendo che l’avvocato l’aveva consigliata in tale senso. Aggiunse che aveva tutta la sua roba pronta per partire al confino, ove sicuramente sarebbe stata inviata in seguito a questo fatto. Segnalo che la scrittura di Favella Ivo corrisponde a quella delle lettere anonime, perciò è stata già ordinata una perizia calligrafica dalla Stazione dei RR.CC. È da dubitare che il drappo rosso sia stato esposto dalla stessa Lixi con i due nominati Favella e Sireus. Il Favella è giovane fascista col grado di cadetto addetto all’inquadramento degli Avanguardisti, nipote della Lixi, con la quale corre voce abbia rapporti amorosi; il Sireus è uno stagnino che non ha mai dato motivo di lamentele per il suo comportamento; anche lui è in rapporti con la Lixi. Vi allego un anonimo pervenutomi il mattino del 20 corrente e che è stato scritto dalla stessa mano degli altri anonimi; in essa è stata annunciata l’esposizione di una dinamite per le ore 20 della notte 19/20 corrente. Di tale dinamite non posso dire ancora niente in quanto da informazioni assunte non risulta esplosa a Guspini alcuna dinamite in tale notte. Vi riferirò in proposito. Firmato: L’Ispettore Federale G. B. Zurru” ATTENTATI A VILLACIDRO E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI A GUSPINI Il 21 ottobre 1935 il segretario federale Avv. Enrico Endrich invia una lettera riservata-urgente all’ispettore dell’VIII zona G. B. Virdis. Continuano infatti gli attentati e desidera precise informazioni su quanto è accaduto a Villacidro qualche sera addietro. Sono state ritrovate appunto due capsule di dinamite in prossimità dell’abitazione del Collocatore dell’Industria. Il Virdis è pregato di recarsi sul posto e di comunicare, concluse le indagini, quali cause si ritiene possano aver determinato l’atto delittuoso. Nella riservata-urgente pubblicata il mese scorso congiuntamente agli organi del Partito Nazionale Fascista si interessavano dell’esposizione delle bandiere rosse e degli attentati anche i Regi Carabinieri. In occasione dell’attentato di Villacidro non si fa alcun riferimento a interventi dell’Arma. Il Partito, nella sua concezione e nel suo inquadramento paramilitare, continua a prevedere e a provvedere ad azioni di indagini tipiche di organi di polizia. Continua la confusione o, se si vuole, l’assorbimento di competenze separate. Ma in questi anni il rafforzamento del Regime prosegue su un doppio fronte: non solo contro avversari esterni, ma anche contro riottosi interni. Il 13 febbraio 1936 il Comandante in seconda Dr. Giuseppe Faggioli invia al giovane fascista Attilio Dessì, di Guspini, una lettera in cui si richiedono giustificazioni per un avvenimento di cui è stato protagonista. Gli si contesta di essersi astenuto, con altri cinquanta operai, e di non essersi presentato al lavoro il giorno 8 febbraio. Di essersi recato con gli stessi, inoltre “a vivacemente protestare presso l’Ufficio di Zona dei Sindacato dell’Industria.” Essendo stato aperto a suo carico procedimento disciplinare, gli viene comunicato, ove lo ritenga utile, di far pervenire al Comando Federale di Cagliari, le sue giustificazioni in proposito entro otto giorni. Il 1936, sempre a Guspini, è ricco anche di altri provvedimenti disciplinari. Il 5 ottobre interviene, con quattro provvedimenti diversi indirizzati al F.G.C. di Guspini e all’Ufficio Matricola, lo stesso Comandante Federale E. Endrich. Nel primo documento si dispone la sospensione, fino a nuovo ordine e in attesa di provvedimento definitivo, del giovane fascista Montis Giuseppe. Si provveda, inoltre, al ritiro della sua tessera, rivolgendosi alla famiglia. Nella seconda viene sospeso per tre mesi da ogni attività il giovane fascista Evaristo Saba con la seguente motivazione “Insofferente e indisciplinato”. Con la stessa motivazione viene sospeso, per sei mesi, il G.F. Demontis Libero. Il quarto provvedimento è quello più grave: il giovane fascista Rinaldo Pittau viene radiato. “In data odierna - scrive Endrich - ho ratificato la radiazione dai ranghi dei giovani fascisti combattenti, il G.F. Pittau Rinaldo, con la seguente motivazione: insofferente e indisciplinato, privo del minimo attaccamento all’organizzazione, elemento di disordine nelle file del F.G.C. Il Comandante provvederà al ritiro della tessera.” Il malessere è diffuso non solo all’esterno. Ha profonde radici nelle stesse organizzazioni del fascio. Gli avvenimenti di Guspini sono significativi. ESPOSTI ANONIMI A VILLACIDRO Analizzando il fascismo nelle sue minute manifestazioni di provincia, incuriosisce il fatto di vedere i quadri dirigenti, tutta la miriade di gerarchi gerarchini e gerarchetti, riprodurre una sorta di ordinamento a piramide di ascendenza medioevale, il cui tutto sembrava presentarsi come una macchina spettacolare e da parata. Di fatto, il partito era sempre di più investito da opprimenti funzioni burocratiche che nelle società democratiche nulla hanno da condividere con la funzione di mediazione che i partiti rappresentano tra la società civile e lo stato. Ma il partito fascista assunse vieppiù nel tempo questa sostanza coreografica di gestione del potere che le diverse Zone e i Direttori paesani esercitavano congiuntamente alla gestione della repressione. Nello stesso tempo, la carriera dell’un fascista sembrava dipendere da quella degli altri, e viceversa; assidua e reciproca era la sorveglianza poliziesca, la delazione, la denuncia mediante lettera anonima, il rimprovero e l’ammonizione gerarchica. Si metteva tutto nel calderone, quasi ad assicurarsi non tanto l’esercizio del potere quanto, piuttosto, che esso non venisse comunque minacciato. Così scriveva E. Endrich, nella riservata N. 2181 del 28 novembre 1936, all’ispettore dell’VIII zona: “Caro Virdis, con preghiera di riferire e con carico di restituzione t’invio l’unita lettera (N.d.R. : anonima) contenente accuse a carico del fascista dott. Fernando Cadeddu, Segretario del Fascio di Villacidro.” L’ispettore della VIII zona fa la sua efficiente inchiesta e invia questa relazione: “Prot. N. 1551 - In merito alla riservata 2181 del 28.11 u.s. mi pregio informare la S.V. ill.ma che quanto esposto nell’allegato anonimo, corrisponde in parte a verità. Da informazioni assunte sul posto, risulta che il dott. Cadeddu Fernando, segretario del Fasci di Villacidro, à dei conti aperti presso molti commercianti e sebbene quasi tutti per piccole somme, assommano complessivamente a parecchie migliaia di lire. È vero però che fino a pochi mesi fa il dott. Cadeddu ignorava completamente l’esistenza di tali debiti e che appena venutone a conoscenza, non solo li ha riconosciuti, ma ne ha iniziato il pagamento rateale. Anzi a tal fine risulta che il dott. Cadeddu abbia richiesto e ottenuto un prestito dal Banco di Napoli e impegnato un quinto del suo stipendio.Sembra anche che nella maggior parte, tali debiti siano stati contratti dalla moglie del dott. Cadeddu, che a quanto mi si riferisce non è troppo buona amministratrice. Dedita al lusso e con una numerosa famiglia, non può far fronte con le mille lire di stipendio mensile dell’esercizio professionale. In quanto alle rappresaglie e alle prepotenze verso i commercianti, si esclude in modo assoluto che il dott. Cadeddu ne abbia compiuto e che sia capace di compierne. È vero che il dott. Cadeddu acquista dalle 150 alle 20 (N.d.R.: sic!) uova a prezzo di listino ogni settimana, per inviarle a Cagliari alla propria famiglia e a quella del proprio genitore, ivi residente. Nei riguardi della propria professione, risulta che a Villacidro, come in quasi in tutti i paesi della Sardegna, esistono degli allevatori che pretendono di saperne più dei professionisti, ed il dott. Cadeddu per le sue condizioni di famiglia poco si cura della propaganda che si fa contro di lui. (...)” L’indagine del Virdis è contraddittoria, poco precisa, al limite, in più punti, di dubbia comprensione. Ma tant’è: il partito fascista affidava a questi individui la sorte del nostro territorio. PDF Compressor Pro 1 settembre 2015 ARBUS. DALLE 19 CRONACHE DEL 1900 Incidente nella rada di Flumentorgiu: un piroscafo finisce nelle reti da pesca della tonnara N ella mattinata del 24 maggio 1900, la nave Etna rimase incastrata nelle reti da pesca della tonnara di Tunaria. Secondo la denuncia presentata dai proprietari della tonnara, il piroscafo, in servizio fra gli scali sud occidentali dell’isola, era andato ad infilarsi “a tutta velocità” nel meandro delle reti per la pesca del tonno, distruggendo la peschiera appositamente costruita e costringendo le ciurme provenienti dal porticciolo di Tunaria con scialuppe sospinte a remi ad abbandonare velocemente il tratto di mare. Diversa la versione del comandante del piroscafo, secondo il quale le reti lunghe diversi chilometri erano state spinte al largo dal vento e dalla forte corrente sulla rotta della sua nave salpata dal porto di Oristano alla volta di Buggerru e con destinazione finale Cagliari. Le reti si impigliarono nelle pale delle eliche e lui fu costretto a fermare immediatamente i motori, in attesa che una squadra di sommozzatori le liberasse, non senza qualche difficoltà. L’Etna poté quindi proseguire con evidente ritardo verso la sua destinazione, ma i disagi per i passeggeri presenti a bordo furono inevitabili. Sul luogo intervennero anche gli uomini della Guardia Costiera, che provvidero a identificare i responsabili dell’accaduto, in particolare il capitano della nave e il rais della tonnara. All’arrivo del bastimento nel porto di Cagliari, al capitano fu notificata una citazione per danni con una richiesta di risarcimento di 100mila lire, mentre la compagnia di navigazione fece VILLACIDRO. LA RICETTA DI eseguire per scrupolo delle verifiche tecniche per avere la certezza che le reti non avessero creato danni strutturali alla nave. Per risolvere la questione furono chiamati a testimoniare gli uomini della ciurma della tonnara che dichiararono che «…nella giornata la visibilità era ottima, le reti non si sono mai mosse dai luoghi in cui erano state ancorate e rese evidenti a pelo d’acqua da drappi rossi visibili da lontano», facendo intendere che era stato il comandante dell’Etna ad avvicinarsi al luogo dove si svolgeva la mattanza del tonno. Nel corso dell’incidente alcuni pescatori rimasero infortunati e furono trasportati a terra distesi su assi di legno fino al magazzino dei pesci, dove i tonni venivano issati alle carrucole per togliergli il fegato e si riduceva la carne a strisce per metterla sotto sale e dove i feriti ricevettero adeguate cure. Uno dei marinai infortunati durante il processo dichiarò: «Ricordo che ero caduto in acqua a prua della barca del rais, tra le reti addugliate e fradice di sangue dei tonni precedentemente pescati, sentivo le urla di tutti i pescatori e rabbrividii per il frastuono che faceva il rais mentre prendeva a mazzate il fianco della barca, come quando si abbatte un albero, per farci allontanare dal posto, e l’odore dolce del sangue che avevo addosso». Nel 1902 ci fu la sentenza del tribunale: la compagnia di navigazione dell’Etna dovette pagare il risarcimento richiesto e le spese legali. Mauro Serra PIERPAOLO DELIGIA, PABLO CABRIOLU E ALBERTO MELONI I “Marvintripp” suonano contro la noia e contro le droghe Da quasi 10 anni suonano con passione nelle piazze di tutta la Sardegna musica rock tra punk, grunge, metal e pop. Sono tre giovani di Villacidro Pierpaolo Deligia, Pablo Cabriolu, 25 anni e Alberto Meloni, 30 anni, che hanno dato vita al gruppo “Marvintripp”: «Il nome spiegano i tre componenti - deriva - da un personaggio immaginario dei nostri dischi che ci dà pesante sull’ambiente ristretto e bigotto di ogni paese e del mondo in generale». TRIONFO AD OLBIA I successi non mancano e la band villacidrese ha vinto un contest che ha permesso ai tre giovani di suonare ad Olbia e di aprire il concerto dedicato al tema “Giovani e lavoro”. «Questo spiega Alberto Meloni - è stato possibile grazie ai tanti amici che da anni ci seguono e ci danno una mano. È un risultato importante, non il primo che abbiamo raggiunto nella nostra carriera, ce ne sono stati diversi e pian piano la notorietà intorno a noi è cresciuta Abbiamo intenzione di portare la nostra musica al di fuori della Sardegna anche se rimarremo sempre legati alla nostra terra». TEMI SOCIALI Tanti i temi sociali trattati come il video “Do you want a lemon?” che partecipa anche ad concorso si sensibilizzazione sulle dipendenze in cui Pablo Cabrolu, voce e chitarrista del gruppo, interpreta il classico tossicodipendente che ci lascia le penne a causa del suo male. «È un video contro la droga - aggiunge Alberto Meloni - in cui il trucco in volto richiama quello dei Mamuthones presi come punto di riferimento per incutere terrore al solo pensiero di usare sostanze stupefacenti. Per molti ragazzi più piccoli siamo ormai diventati un esempio. La musica è il solo modo in cui riusciamo ad esprimerci al meglio e continueremo anche se il successo non dovesse mai arrivare. Noi ci impegniamo per creare una scena musicale fatta di buonsenso e voglia di fare elemento che manca in molte band di questi tempi». NO ALLE DROGHE E proprio Pablo Cabriolu ricorda l’incidenza delle droghe a Villacidro: «Nel nostro paese, come succede anche in atri, sono tanti i giovani che vengono bruciati dagli stupefacenti e in particolare dalle droghe sintetiche. Con la nostra musica vogliamo lanciare un messaggio forte». Gian Luigi Pittau PDF Compressor Pro 20 1 settembre 2015 Su sadru chi seus pedrendu Scracàlius Su Manuncau di Gigi Tatti «Fillu miu téit u intelligenzia chi no si nd’agatat agualli - naràt sa mama- is méstas no ddu cumprendint, funti tontas che s’arroca.» De scolla dd’iant penzionau, poita ca fadìat duus o tres annus in donnia crassi. Fiuda, no dd’iat mandau mancu a imparai u àti: «At’essi su xrebeddu suu a ddu conzillai, at a fai su chi dd’agradessit, e medas ant’essi imbidiosus po su chi s’at a imbentai.» Ddu tenìat cument’e mellus bestia, e issa trumentendu adedì e adenòti, po sa prenda sua. Candu tenìat bintiduus annus, sa mama fiat mòta e cussu fut abarrau cun su cãisceddu, sen’e mama e, sen’e àti né pàti! Po bivi si fiat depiu arrangiài e po cussu su xrebeddu suu, préu de intelligenzia, dd’iat conzillau s’àti prus fazili: furài! Su cãi sempiri avatu, cument’e s’umbra sua. Fiat abili in sa cassa a cuadùra, medas ddu scìant e ddi comporànt is pegus. Bendìat prus petza cussu de su crannatzeri. In monti, in mes’e su padenti, su Manuncau, connoscìat ua gruta cuada de frongias, disconnota de totus. Ddoi fut capitau po casu: ua dìi fiat orbetendu u xrebu, acant’e su latzu, e torrend’acou, pabas a su crachiri, si fut agatau aintru a francas in susu. Cussu logu fut diventau sa seguresa sua. Ddoi cuàt is aías, sa cassa e, botas mèda ddoi dromìat puru. Ua nòti dd’iant cùtu is padraxus: potat u lepiri cassau a fura, fut arrennesciu a si cuai aintru lassendu a cuddus cun d’u pram’e nasu. «Parrit ca nce dd’at ingutiu sa terra.» Iant nau andendusindi, sen’e s’acatai ca fut a u spudu de cussus. Ua dìi, a mericeddu, cua cua, fut andau, sen’e su cãi, dd’ìat depiu acapiài in domu, e iat paràu latzus de mraxãi. A pat’e chitzi fiat torrau po controllai sa cassa e dd’iat arregòtu: chi si fessat fuiu cuncu pegus apenas scapu, mancai no fètu mèda, Petiatzu dd’iat’ai aciapau. Iat cuncodrau ua dusía de latzus de ferru, acapiaus cun d’ua cadena a ua màta. In su primu no iat agatau nudda, in su segundu iat agatu u mraxãi mòtu dissangrenàu, dd’iat liberàu e scavuàu ingúi e totu: mandiari po atrus mraxãis. In su de tresi u lepiri mannu e grassu, via aintr’e sa musciglia. In su de cuaturu nudda ma potat arrast’e sangúi, si bit ca s’arresi fiat arrennesciu a si liberai, «Ma no at’essi atèsu mèda, acou ddu cicaus, berus Petiatzu?» Ecus ca in su de cincu ddoi fut arresciu u xrebu giovunu, ancora biu, cun is arremus de ananti cassaus in is dentis de sa tella. Dd’iat liberau ma s’arresi no si podìat fui. Su cãi agiannitàt a su fragh’e su sangúi e a su Manuncau ddi fut traballosu a ddu fai citì. Uantru lepiri in su de sesi, acabau in sa musciglia a fai cumpangìa a s’atru. Pois nudda. Sa de noi puru potat arrast’e sangúi «Ecus uantru chi s’est fuìu, s’arrastu parrit de sribõi, acou ddu cicaus, annoberus Petiatzu.» In su de dexi u atzidroxu e dd’iat depiu acabai de boci cun s’arrasoia po ddu fai citì, pois nce dd’iat potau a sa gruta cun su xrebu. «Notesta Petiatzu eus fatu cassa bona e s’ossu ti minescit cun petza.» Iat nau a su cãi, currendu anant’e cussu, a controllai su latzu numuru undixi. De tesu iat biu ca fut buidu e ancora paràu, po timorìa chi nc’essat ghetau is francas su cãi, iat pistincau po nce ddu passai, ma tochendu terra iat imbruchionàu e tuvi tuvi nc’iat ghetau sa mau manca a su latzu chi dd’iat serrau su bratzu me in is dentis. Su cassadori fut abarrau cassau in su latzu suu e totu. S’erchidu chi nd’iat ghetau si fut intendiu in totu su padenti. In d’u momentu iat biu is sa steddas de custu mundu e de atrus puru, pois si fiat disimãiau. Candu fut torrau in sei potàt a Petiatzu acanta lingendiddi sa faci. Iat cicau cun sa mãu ‘esta de aperri su latzu ma pois, stancu iat nau a su cãi: «Curri a dom’e gopai Crispinu e potandedd’a innoi.» Petiatzu iat cumprendiu e fut cùtu. No si scit cumenti ma apustis mes’ora fiat torrau cun s’amigu. Issu iat apetu su latzu boghendindi su bratzu maciullau. In bidda u amigu nce dd’iat potau a su spidabi. Su bratzu fut tropu arrogàu e nde dd’iant depiu segai. De innoi su nominigiu. Is castiacassa iant serrau tot’a is duus ogus e no iant fatu denunzia contras a custu poburu: iat pagau caru su no ai arrispetau sa lei. Ma depìat bivi e iat sighìu s’àti de sempiri: cassa a cuadùra. Potat u furiteddu e andat a cassa de coíllus. Mancai dd’essat abarrau ua mãu fèti ma, bella e longa… U chitzi dd’iat aciapau u pastori, satendu de su medau a peis de monti, cun d’u angiõi a coddu: «Chi no scabas su pegus ti ndi segu s’atru bratzu puru!» Su Manuncau iat ingutiu sa sabìa, scabau s’arresi e si ndi fut andau murrungendu intr’e sei “Gei mi dda pagas”! Tres disi apustis iat aprontau “sa paga” po su pastori. Iat cuncodrau ua pariga de mercias, longas su bastanti, e dd’as iat postas a tretu e a gir’a giru de su medau. Apenas acabau su giru is primas iant inghitzau su traballu insòru, alluendu su fogu, e avat’avatu is atras. Su entixeddu chi si fut pesàu iat agiudàu mèda s’opera de distruziõi de cussa coster’e monti. Su Manuncau fiat cuau a illargu, cun Petiatzu, castiendu is ominis cutus a studài su fogu. Miràt s’opera sua prexau cument’e u pintori castìat s’arretratu chi at fàtu. Ma su tiau, ddu scieus, fait is pingiadas e scarescit su crabetòri. Petiatzu iat cutu u lepiri stupàu de sa tana e dd’iat sighìu conc’a su fogu. Su Manuncau ddoi fut andau avatu tzerriendu po ddu fai torrai acou. Si fut spintu tropu ainnantis e fut abarrau cassau in su latzu suu etotu. Dd’iant agatau cument’e u munziõi, cun sa mãu ‘esta tendia po aferrai su cãi, a u passu de cussu. S’utima balentia de su Manuncau fut cussa perr’e monti abruxada. Ua vida spedritziada e annus de traballu in fumu. A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu. Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus. Angelinu incontrat a Gigi, in su mentris est passendi in sa strada Paulu. Gigi: La, est passendi Paulu. Ma poita tiaulu caminat aici scosciau? Ita dd’est sucèdiu? Angelinu: No mi fatzas arrì. No scis nudda? Est totu sa bidda prena de ita dd’est capitau. Gigi: Ge ddu scis ca seu traballendi foras e no seu prus agiornau de is pidus de bidda. Angelinu: Insaras ti ddu contu deu de s’aventura de Paulu. Gigi: Dai conta, ca ge ddu scis ca seu curiosu. Angelinu: Totu po culpa de sa tirchieria. Ca ge ddu scis cantu Paulu est susuncu. Ma custa borta incapas ddi passat s’arrispàrmiu. Gigi: Ge ddu sciu ca Paulu no papat po non andai a su cèssu. Ma dai no mi lessis in pena contamì totu. Angelinu: Insaras ascurta beni. Paulu po nanca arrisparmiai de su comporai unu costumi de bànniu nou, est andau a mari a Pixinas po si podi poni spllincu. Gigi: At ai fatu arraratz’e figura spollincu che unu bremi. Cun cussa brent’e poddi chi s’agatat. Dai sighi. Angelinu: Insaras dd’ant fatu una tràpula. Calincunu chi ddu conosciàt, at fatu finta de perdi cincu eurus. A Paulu no dd’est patu mancu berus de agatai cussu dinai. E non at fatu de mancu de s’incruai. Gigi: Epuru ddu sciriàt ca in logus aici est perigulosa cussa mossa. Angelinu: E infati calincunu dd’at luegus aprofitau de s cussa positzioni e po cussu chi est ancora tzopi tzopi, e ddi tocat a caminai aici scosciau. Gigi: Scedau! Balla a ca a mei no mi frigant. Sa prossima borta po no sciri ne ligi e ne scrii andu a mari a Camp’e Sali e mi fatzu su bànniu a cratzonis longus! Angelinu: Insaras andaus impari e mancai ddoi siant centu eurus scavuaus, no mi incruu de seguru! Gigi . Ma dai e no seus a cratzoni longus. Angelinu: Bai ca no. Cun totus is gioghitus e eletrònicus chi si usant oindì no fait a si fidai su pròpiu! ............................................................................................................................................................ Geltrude in s’ospidali at partoriu unu pipieddu nieddu. Arribat su pobiddu Gregoriu infuriau. Gregoriu: Balla! Custa no mi dda depiasta fai! Unu fillu nieddu, comenti mi ddu spiegas. Custu non est fillu miu de seguru. Geltrude: No t’arreneghis. Bai tranquillu, ca custu est fillu tuu. Ti ddu potzu garantì. Ddu bis ca assimbillat a zietu tuu, ca est nieddu che sa petedda. Gregoriu: Si, ma custu est prus nieddu meda de una petedda. No circhis de m’imbovai. Geltrude: E poi est po culpa tua puru. Gregoriu: Poita, ita nexi ndi tengu, cali est sa culpa mia? Geltrude: Po culpa de su vìtziu chi tenis de papai sempri arregolìtzia! Gregoriu: Si, ma custa mi parrit chi siat arregolìtzia de Senegalesu! ........................................................................................................................................................... Torquatu incontrat s’amigu Bernardu. Bernardu: No po essi invadenti, ma tui cantu bortas a sa cida fais s’amori. Torquatu: No po mi bantai. Ma mìnimu a su mancu quatru bortas e certas cidas de prus puru. Bernardu: Biadu tui! Ma pobidda tua, est de acòrdiu? Torquatu: Ma ita bolis chi ndi scìpia deu. Issa no nc’est! ................................................................................................................................................................ Tziu Franciscu est cristionendi cun Tziu Luiginu. Tziu Luiginu: (Leggendo “Gazetta del Medio Campidano”) La ita funt scriendi! Tziu Franciscu: Ita est sa nova? Tziu Luiginu: Ca nanca de s’A.I.D.S si morrit! Tziu Franciscu: Ma poita segundu tui, de I.N.P.S si bivit? ........................................................................................................................................................ Tzia Filomena est arrenneghendi cun su pobiddu Tziu Gionvanninu. Tziu Giovanninu: Eja, nd’as a teni de pistighìngius. Tzia Filomena: Certu candu a cust’edadi ti ndi papas ancora is ungas. Tziu Giovanninu: E ita fastìdiu ti donat? Tzia Filomena: Arratz’e vìtziu chi tenis. Ma ge ti ddu fatzu passai deu. Tziu Giovanninu: No ddu creu: e poi comenti fais? No m’as a bolli miga pigai a nadiadas! Tzia Filomena: E deu ti nau ca ti ddu fatzu passai custu vìtziu. Tziu Giovanninu: No mi fatzas arrì? Dai, naramì comenti fais? Tzia Filomena: Est fàcili. Bastat a ti cuai sa dentiera, e bollu biri comenti fais a ti papai is ungas! ............................................................................................................................................... In dd’una bidda Sarda s’intendit una boxi alta chi arribat de celu. Sa boxi: Avisu a is abitantis. Totus, òminis e fèminas de custa bella bidda, ant essi aferraus a is pilus e portaus a su celu. Si calincunu tenit cos’e nai ddu narit in pressi, prima chi cumentzit sa cosa. Tzia Mariuccia: Insaras, bollu scit comenti si fait po pobiddu miu, ca scedau, est spinniau e no portat mancu unu pilu. Sa boxi: Tui citiridda e lassa fai a mei, ca ge ddu sciu comenti fai po pobiddu tuu. Tzia Mariuccia: Nerimì comenti fait. Poita no bollu chi pobiddu miu abarrit chene ci pesai a celu Sa boxi: Abarra tranquilla Mariuccia, a pobiddu tuu, po ce ddu pesai a celu, ge dd’aferru a is corrus! PDF Compressor Pro 1 settembre 2015 LA SARDEGNA NEL CUORE 21 di Sergio Portas Franco Sanna e l’importanza del cibo al tempo dei Romani N on c’è bisogno di scomodare Eraclito e il suo “pantarei” (tutto scorre) per aver chiaro che se è impossibi le bagnarsi due volte nello stesso fiume ( a tal proposito lo scrive Platone nel suo “Cratilo”) così è impossibile per un coro cantare due volte la stessa canzone. Specie se nel suo divenire cambia dei “pezzi” importanti, delle voci che contano. Questo per dirvi che alla notizia che anche Franco Sanna era intenzionato a lasciare il coro sardo dove insieme cantiamo da anni (“Sa Oghe de su coro”, Maestro: Pino Martini Obinu) sono stato preso da leggero mancamento. Lui era il mio bastione destro, tenore e musicista, suonatore anche di chitarra. A sinistra, fino ad un anno fa avevo Eros Suà, baritono musicista e suonatore di chitarra, rientrato in Sardegna emigrante di ritorno, con la moglie Nadia Balia, corista pure lei, ora provano a ritagliarsi un lavoro in quel di Sant’ Antioco, qui a Milano i loro posti svaniti nel gorgo della crisi nel giro di pochi mesi. Un uno-due da stendere per KO persino il Mohammed Alì dei tempi d’oro. Il coro (e il Maestro) forse ce la faranno a sopravvivere, musicalmente parlando, io “speriamo che me la cavo”, eterno indeciso su quale nota entrare, dovrò giocoforza abituarmi al mio nuovo ruolo di orfano di due babbi, e meno male che oggi ciò è politicamente corretto. Franco ci dice che non ce la fa più a seguire tutti gli impegni che ha inanellato sin qui: sardo di ritorno, i suoi di discendenza maschile sono di Monserrato, ha casa anche a Castelsardo, magione che fu già dei Doria che si accasarono con la stirpe d’Arborea, e infatti pure la grande Eleonora vi si stabilì a lungo, mentre il marito Brancaleone era chiuso nella torre di Cagliari. Qui a Milano è stato insegnante di greco e latino nei licei, preside a fine carriera. Inevitabile non incaponirci in discussioni sulla “buona scuola” che Matteo va inserendo nelle sue riforme atte a rottamare. Nobile intento davvero visto le condizioni in cui il Paese è piombato dopo due decenni di governi populisti: Ian Buruma, saggista e accademico olandese di fama internazionale che scrive di “Trump e la politica del pagliaccio”, lo identifica come fenomeno esteso, osservabile in tutto il mondo democratico. Noi in Italia abbiamo esagerato, col secondo partito nazionale a guida di un comico di professione e col conferire il mandato a governare per tre volte “a un primo ministro clownesco. Silvio Berlusconi, un altro miliardario che ha fondato la pro- pria fortuna nel settore edile e ha iniziato la carriera come intrattenitore di navi da crociera, era persino più stravagante di Trump… a molti (in particolare uomini) piaceva non “a dispetto” delle sue sparate e dei suoi atteggiamenti stupefacenti, ma proprio grazie ad essi” (“Repubblica del 11 agosto 2015). Sempre Buruma: “Ma, poiché deteneva la maggioranza delle reti televisive del Paese, era anche padrone dei mass media”. In attesa che anche Matteo si accorga che i verbi che descrivono, ahimè, la patologia democratica italiana vanno ancora declinati al presente e non all’imperfetto e che proceda quindi a una ineluttabile e vistosa rottamazione di tanto obbrobrio, ogni italiano che si rispetti ha da combattere la propria battaglia per tentare di sgretolare una egemonia culturale asfissiante, che nega e annega ogni possibilità di cambiamento reale. Franco lo fa con un suo sito internet: “Latinamente” (www.latinamente.it) e con le sue letture multimediali di classici latini e greci, in genere alla Mediateca di santa Tecla, stavolta, sabato 27 di giugno, è al museo Archeologico di Milano per “Aspetti culturali del cibo nella letteratura di Roma antica”. L’idea di abbinare alla classica conferenza un supporto multimediale viene dall’esperienza didattica di Franco, che si era presto accorto quanto mutasse in meglio l’attenzione degli studenti per una qualsiasi lezione di greco o latino se questa veniva supportata da un video proiettato, magari accompagnato da una musica accortamente scelta. E funziona davvero, perché come dice introducendo oggi: “Il cibo è anche bello da vedere, fa parte dell’arredo, e un conto è dire di un mosaico di Ostia antica (5° secolo dopo Cristo, non ci sono già più i triclini), un conto è vederselo proiettato, la fine di un banchetto con la stanza non ancora spazzata, a terra ricci, una zampa di pollo, lische di pesce, un gatto che si aggira beato tra tanti resti di cibo. I commensali accalcati l’uno sull’altro, con la speranza che il vicino non si fosse abbuffato di garum, una sorta di pasta d’acciughe molto in voga nella Roma antica ma che, a dire di Marziale, conferiva a chi ne abusava un alito pestilenziale. Apicio ( Marco Gavio, 25 a.C.- 37 d.C.), uno che ha scritto decine di libri in cui non sono che ricette di cucina, una lettura poco amena in verità, si preoccupava della sua conservazione. Dice Franco che leggere Apicio è come leggere i menù dei ristoranti di élite, oppure dei cuochi “da spettacolo” i grandi chef di oggi. Nel suo “De re coquinaria” si incontrano difficoltà di comprensione dei termini, a partire dagli ingredienti, perché il tempo ha scavato un solco profondo tra quella lingua tecnica e quella di oggi. Roma era stata per secoli una repubblica molto frugale e questo si riversava nelle scelte del cibo quotidiano del romano medio, il pane innanzitutto. Le prime leggi frumentarie di Caio Gracco sono del 123 a.C.: l’erario si faceva carico di acquistare in Sicilia del grano e ne curava il trasporto fino al porto di Ostia. E veniva poi venduto a prezzo molto calmierato. Già allora il provvedimento non piaceva a coloro che invocavano il “libero mercato” quale unico fautore del prezzo. Come Roma si fece grande e imperiale, specie nelle classi agiate, si diffuse la pratica vegetariana. Di derivazione greca la filosofia che sottendeva questa scelta, Pitagora il primo grande vegetariano, “Intorno al cibarsi di carne” di Plutarco è del secondo secolo dopo Cristo. Mentre le ricette di cucina nel “De Agricoltura” di Catone assomigliano più a formule magiche. Del resto che tra cucina e medicina ci sia un legame profondo lo dimostra il fatto che i medici di allora, come i nostri del resto, iniziassero a curare i mali del tempo con diete rigorose. E comunque sempre è stato alto il valore simbolico del cibo, in autori come Tibullo e lo stesso Virgilio, nell’Eneide ad Enea si vaticina che troverà la nuova terra dove vivere e la riconoscerà dal tipo di pane che vi si mangia. Petronio nella famosa cena di Trimalcione nel suo “Satyricon”, per sottolineare quanto il padrone di casa non fosse che un arricchito senza un briciolo di cultura, muta in farsa l’arte di esibire il cibo, erano quelli i tempi di Nerone imperatore. Di contraltare Ovidio nelle sue “Metamorfosi”, pochi anni prima, scriveva di Filemone e Bauci, due anziani coniugi a cui fanno una improvvisa visita Giove e Mercurio, in rigido incognito e senza gli ammenicoli che li avrebbero fatti riconoscere a dei dell’Olimpo. I padroni di casa offrono di tutto quello che hanno, i frutti dell’orto innanzitutto, olive verdi e nere in recipienti di coccio, cicoria, formaggi e uova cotte a fuoco lento. Accanto alla tavola, lavata con acqua e menta, un cratere di coccio e tazze di legno per mescere un vino giovane. Un pezzo di prosciutto affumicato tagliato a dadini e immerso nell’acqua bollente. Poi frutta a volontà: ampi canestri di fichi secchi, di mele, noci, prugne, uva rossa con al centro un favo di miele. L’oca che pure avrebbero sacrificata per i due ospiti inattesi si rifugia tra le gambe degli dei che proibiscono di ucciderla. La favola di Filemone e Bauci è così deliziosa che colpì la fantasia di molteplici artisti di ogni tempo e la troviamo immortalata in numerosi quadri, che Franco Sanna ci proietta oggi, i colori un po’ falsati da un proiettore che non dialoga del tutto col computer di prammatica. Ma poco importa che Franco in codesti frangenti dà il meglio di sé, capelli brizzolati e occhi d’azzurro chiaro, gli occhiali verdi appesi ad un cordino che gli ballano sullo sparato bianco della camicia, un vero showman. Quanto mi mancherà nel coro quando rivolgendosi a una “frisca Rosa” la implorava che gli aprisse la porta, che era tremante come foglia di canna, e quella dura come il sasso: “sa janna no l’aperio, no non l’aperio, finza ch’essit su sole in artu mare...”.