Lo Stroke Epidemiologia,Patofisiologia,Classificazione

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Lo Stroke Epidemiologia,Patofisiologia,Classificazione
Lo Stroke
Epidemiologia,Patofisiologia,Classificazione
Molinelli Febbraio 2007
Introduzione
Una patologia molto frequente nella popolazione geriatrica e che comporta una lunga
e difficile riabilitazione è rappresentata dall’ICTUS.
L’Ictus o Stroke è un accidente cerebrovascolare che l’OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità) definisce come “un segno clinico a rapida evoluzione di un
deficit focale della funzione cerebrale di probabile origine vascolare”. E’ di durata
superiore alle 24 ore.
Al di sotto delle 24 ore si parla di TIA (Attacco ischemico transitorio).
Il TIA è comunque a sua volta un fattore prognostico negativo, dal momento che
circa il 10% dei casi che sviluppano un TIA, andranno incontro ad uno stroke
completo.
Epidemiologia
Le malattie cerebrovascolari costituiscono la terza principale causa di morte nei paesi
sviluppati dopo le malattie di cuore e le neoplasie. Recenti dati fanno inoltre ritenere
che l’ictus sia già diventato, addirittura, la seconda causa di decesso nel mondo.
(Hachinski V.)
Il 5% della popolazione sopra i 65 anni va incontro a un ictus una volta nella vita.
L’esclusione di questi soggetti dalla forza lavorativa e le prolungate degenze a cui
devono ricorrere, rendono le conseguenze economiche di questa malattia, tra le più
gravi in medicina ed in riabilitazione.
Secondo un recente studio Nazionale della SIRN la Società Italiana di Riabilitazione
Neurologica (VI Congresso della SIRN svoltosi a Venezia nel 2006), l'Ictus è la
principale causa di neurodisabilità in Italia con una prevalenza di 200 emiplegici ogni
centomila abitanti.
Un altro studio della ILSA (Italian Longitudinal study on Ageing), mostra come nella
fascia di età tra i 65 e 84 anni il Tasso di prevalenza nella popolazione italiana sia del
6,5%. Nello specifico, i soggetti maschi mostrano un tasso leggermente maggiore
rispetto alle donne (M = 7,4% e F = 5,9%)
I dati di ictus in Italia, di prevalenza generale, che si basano sui dati ILSA per le età
comprese tra 65 e 84 anni, su altri studi di popolazione italiana per le altre fasce di età
e sui dati di popolazione dell’ultimo censimento 2001 (dati ISTAT), sono riassunti
nelle tabelle di seguito riportate.
A cura di Dott. FT Simone Molinelli
1
Età
0-44
45-54
55-64
65-74
75-84
>85
TOTALI
Popolazione
Totale
31.970.899
7.589.261
6.789.729
5.883.460
3.522.093
1.240.321
56.995.744
%
Prevalenza di ictus
Valori percentuali
56,1 0,065
13,3 0,410
11,9 1,275
10,3 4,500
6,2
8,796
2,2
16,185
100% 1,603
Soggetti con ictus
20.781
31.116
86.569
264.756
309.803
2007.46
913.771
Tabella 1 – Prevalenza di ictus in Italia
Dati di popolazione basati sui risultati definitivi del censimento 2001(Studio ILSA)
L’incidenza varia molto da studio a studio e comunque aumenta con l’età
raggiungendo il massimo negli ultra ottantacinquenni.
Eccetto che in questa ultima fascia d’età, l’incidenza è più alta nei maschi che nelle
femmine.
Risulta pertanto che il 75% degli ictus colpisce l’età geriatrica (dai 65 anni in poi)
(Ricci S, Celani MG, et coll.) (D'Alessandro G, Bottacchi E et coll.).
Negli anziani di 85 anni ed oltre l’incidenza è tra 20‰ e 35‰ circa, con alta
preponderanza di ictus ischemici e prognosi peggiore in termini di mortalità rispetto
ai malati più giovani. (Marini C, Baldassarre et coll.)
Età(anni)
65-69
70-74
75-79
4,54
9,53
20,0
Uomini
1,39-7,68
4,86-14,20
12,59-27,41
IC 95
4,58
8,10
12,72
Donne
1,41-7,75
3,52-12,69
6,67-18,76
IC 95
4,56
8,86
16,44
Totale
2,32-6,79
5,58-12,14
11,64-21,25
IC 95
* tassi sono standardizzati sulla popolazione del 1995
80-84
Totali*
15,27
8,41-22,14
11,67
8,59-14,38
13,46
6,87-20,06
9,21
6,73-11,69
14,39
9,62-19,16
10,47
8,63-12,32
Tabella 2 – Studio ILSA - Incidenza di primo ictus in Italia nei soggetti
di età compresa tra 65 e 84 anni in rapporto al sesso
Facendo riferimento alla popolazione italiana del 2001 (censimento ISTAT 2001) è
stata ipotizzata una distribuzione dell’incidenza per fasce di età, applicando i dati
dello studio ILSA, per quanto riguarda i soggetti in età compresa tra i 65 e gli 84 anni
ed i dati di altri studi per le altre classi di età, i cui valori sono espressi nella Tabella 3
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Ogni anno vi sarebbero quindi, circa 196.000 nuovi ictus in Italia, di cui una
minoranza (circa il 20%) decede nel primo mese successivo all’evento e circa il 30%
sopravvive con esiti gravemente invalidanti. Di questi 196.000 nuovi ictus, l’80% è
rappresentato da primi episodi pari a circa 157.000 casi ed il 20% da recidive, pari a
circa 39.000 casi.
Età
0-44
45-54
55-64
65-74
75-84
>85
TOTALI
Popolazione
Totale
31.970.899
7.589.261
6.789.729
5.883.460
3.522.093
1.240.321
56.995.744
%
Incidenza di ictus
Valori percentuali
56,1 0,013
13,3 0,082
11,9 0,255
10,3 0,845
6,2
2,224
2,2
3,237
100% 0,344
Nuovi Ictus
4.156
6.223
17.314
49.715
78.331
40.149
913.771
Tabella 3 – Incidenza di ictus in Italia. Dati definitivi del censimento 2001
Altri dati importanti sono quelli riguardanti l’incidenza delle varie tipologie di ictus.
Solo pochi studi epidemiologici forniscono dati dettagliati.
Vari studi fatti in diverse città italiane mostra i seguenti dati riassunti nella tabella 4.
Studio
Trasimeno
Ischemia Emorragia
cerebrale cerebrale
1,70
0.40
Emorragia
Eventi non
subaracnoidea definiti
0,17
0,23
1,50
0,30
0,05
0,40
1,50
0,43
0,05
0,23
2,38
0,30
0,12
0,08
2,21
0,41
0,08
0,05
1,31
0,35
0,06
0,07
(Ricci S., Celani M.G.)
Aosta
(D’Alessandro G., Di Giovanni)
Belluno
(Lauria G., Gentile M. et coll.)
Aosta II
(D'Alessandro G.,Bottacchi et coll)
L’Aquila
(Carolei A., Marini C.)
Vibo Valentia
(Di Carlo A., Inzitari D. et coll.)
Tabella 4
Da questi studi di popolazione, si può desumere che circa l’80% dei soggetti con ictus
è affetto da forme di tipo ischemico, mentre le emorragie intraparenchimali
rappresentano circa il 15% - 20% dei casi e le emorragie subaracnoidee non superano
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il 3% del totale. Un certo grado di incertezza deriva dal fatto che una quota non
trascurabile di casi rientra nella categoria degli ictus non classificabili per mancanza
di documentazione strumentale o autoptica.
Altri studi di metanalisi, anche se meno recenti come quello Sudlow e Warlow del
1997, mostrano come la proporzione delle diverse tipologie di ictus varia dal 72%
all’86% per gli ictus ischemici, tra l’8% ed il 15% per le emorragie intraparenchimali,
e tra l’1% ed il 5% per le emorragie subaracnoidee.
La percentuale di ictus non classificabili, varia negli 8 studi considerati da 0% al
15%. La mortalità in fase acuta è del 30% circa con invalidità grave residua nel 40%
dei sopravvissuti
In Italia il tasso di mortalità è pari a 100 casi per 100.000 abitanti. I dati relativi alla
mortalità sono comunque un indice impreciso della realtà della malattia
cerebrovascolare, dato che risentono molto del livello assistenziale, dell’affidabilità
della certificazione di morte, della struttura della popolazione studiata.
Entro l’anno 2020 la mortalità per ictus sarà raddoppiata a causa dell’aumento dei
soggetti nelle classi più avanzate di età e della persistenza dell’abitudine al fumo nei
paesi in via di sviluppo. (Warlow C., Sudlow C. et coll.)
Cenni di anatomia: l’anatomia dell’encefalo
L’encefalo è suddiviso in due emisferi connessi attraverso una commessura detta
corpo calloso.
Ogni emisfero è suddiviso da delle scissure principali in 6 lobi, a loro volta suddivisi
da dei solchi secondari in molte circonvoluzioni.
Tale forma deriva dalla particolare evoluzione del cervello dei primati, nel corso della
quale il volume della corteccia cerebrale è aumentato più rapidamente del volume del
cranio; quindi a causa di tale disparità di sviluppo sulla superficie della corteccia si
sono formati moltissimi solchi suddividendola in circonvoluzioni e tutta la corteccia
si è ripiegata su se stessa.
La corteccia presenta moltissime aree che sono implicate in funzioni diverse.
Molte di tali aree elaborano informazioni sensoriali oppure integrano i segnali
afferenti per il controllo motorio; ma alcune di queste regioni sono più specializzate
in queste funzioni e quindi vengono dette Aree sensoriali o Motorie primarie
secondarie e terziarie o di ordine superiore.
Queste ultime due, sono disposte attorno alle aree primarie corrispondenti e mentre le
sensoriali di ordine superiore integrano le informazioni provenienti dalle primarie, le
motorie di ordine superiore inviano alla corteccia primaria informazioni necessarie
per l’esecuzione degli atti motori.
Oltre alle aree sensoriali e motorie la corteccia cerebrale presenta tre vaste regioni
dette aree associative che hanno la funzione di integrare informazioni di diversa
natura, necessarie per l’esecuzione di azioni dirette verso scopi specifici. Esse
partecipano alle tre principali funzioni del sistema nervoso: la percezione il
movimento e la motivazione.
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La Vascolarizzazione dell’encefalo
Il metabolismo cerebrale è aerobio, quindi i neuroni dipendono da un continuo
apporto di sangue.
Se l’encefalo viene privato di tale apporto si ha una rapida perdita di coscienza ed un
danno permanente in pochi minuti.
L’encefalo è altamente vascolarizzato ed il sangue vi arriva attraverso alcune arterie
principali.
Nel circolo cerebrale possiamo suddividere:
Arterie portanti: carotidi interne, cerebrali anteriori, cerebrali medie, vertebrali,
basilare, cerebrali posteriori, cerebellari.
Arterie perforanti: arterie per le strutture mediane, arterie per la corteccia cerebrale,
arterie per la sostanza bianca, le quali nascono dalle arterie portanti.
Esiste un complesso sistema di anastomosi tra le arterie cerebrali (Fig. 1). Questo
sistema salvaguarda il cervello dalle conseguenze delle stenosi e delle occlusioni
arteriose delle arterie portanti. In condizioni di assoluta simmetria delle arterie e di
perfetto funzionamento dell’apparato cardiovascolare, non vi sono circoli collaterali.
Quando il lume di un’arteria si riduce o si chiude, si stabilisce, attraverso le
anastomosi, un circolo collaterale. Quindi, si desume che l’infarto cerebrale non è
dovuto tanto all’occlusione di un’arteria cerebrale, quanto al cattivo funzionamento
dei circoli collaterali (es:malformazione congenita delle anastomosi, lesione acquisita
delle arterie del circolo collaterale).
Fig 1 L’encefalo: L’irrorazione e la suddivisione in Lobi.
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Le principali anastomosi sono:
Poligono di Willis: costituito da comunicante anteriore che collega le arterie
cerebrali anteriori e comunicanti posteriori che collegano le arterie cerebrali
posteriori con l’arteria carotide interna;
Anastomosi fra i rami dell’arteria oftalmica, collaterale della carotide interna ed i
rami orbitotemporali e meningei della carotide esterna;
Anastomosi fra la corioidea anteriore e la corioidea posteriore;
Anastomosi fra le arterie cerebrali anteriori, medie, posteriori e cerebellari attraverso
rami meningocorticali.
La corteccia rolandica è irrorata dalla cerebrale media ed anteriore. La cerebrale
media stacca un ramo per l’irrorazione dei due terzi inferiori della circonvoluzione
rolandica (centri per i movimenti della faccia, della lingua e dell’arto superiore) la cui
occlusione determina paralisi dei muscoli facio-linguali e dell’arto superiore. La
cerebrale anteriore irrora la parte superiore della circonvoluzione rolandica e il lobulo
paracentrale, la cui occlusione determina paralisi dell’arto inferiore.
Il ginocchio e il braccio posteriore della capsula interna sono irrorati dalla arterie
corioidea anteriore la cui occlusione determina emiplegia completa, e cerebrale media
e posteriore. Tuttavia sia nelle lesioni corticali che in quelle capsulari c’è la costante
incompletezza della paralisi facciale, che riguarda solo la sua metà inferiore. Anche i
muscoli laringei e masticatori hanno doppia innervazione per cui non sono mai
colpiti.
Vediamo adesso il decorso ed i rami collaterali e terminali delle principali arterie
che vascolarizzano l’encefalo:
• ARTERIE CAROTIDI INTERNE (2)
Sono 2 dx e sx e provengono dalla arteria carotide comune; penetrano all’interno
della scatola cranica attraverso il foro carotico interno. Presentano dei rami collaterali
e dei rami terminali.
I rami collaterali a sua volta si suddividono in:
Rami del canale caroticotimpanico
Rami della cavità cranica
I rami terminali sono:
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ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE (2)
ARTERIA CEREBRALE MEDIA (2)
ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE (1)
ARTERIA COMUNICANTE POSTERIORE (2)
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• ARTERIE VERTEBRALI (2)
Tali arterie originano dalla succlavia e passando attraverso il forame vertebrale delle
vertebre cervicali si uniscono a livello del solco bulbo pontino a formare la
ARTERIA BASILARE grosso vaso che a sua volta presenta dei rami collaterali e
terminali.
I rami collaterali sono :
I rami terminali sono:
ARTERIA CEREBELLARE ANTERIORE
INFERIORE
ARTERIA UDITIVA INTERNA
ARTERIA CEREBELLARE SUPERIORE
ARTERIE CEREBRALI POSTERIORI
E’ possibile evidenziare come la circolazione cerebrale sia molto complessa ed
ovviamente il deficit che consegue allo stroke, sia esso sensitivo, motorio o cognitivo
sarà in funzione della sede della lesione; cioè da quale vaso è stato occluso (se si
parla di stroke ischemico) o da quale vaso si è rotto (se si parla di stroke emorragico)
ed ecco perché è importante che il neuroriabilitatore conosca molto bene l’anatomofisiologia dell’encefalo ed anche la sua vascolarizzazione.
Vediamo nel dettaglio questa complessa vascolarizzazione:
ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE: questa arteria nasce a livello della scissura
laterale e si porta in avanti passando sopra al nervo ottico.
I suoi rami collaterali sono:
le arterie centrali che irrorano il corpo calloso il setto pellucido e lo striato;
le arterie corticali che si suddividono in A. Interne Anteriori; A. Interne Inferiori; A.
Interne Media.
Questa arteria si distribuisce anche alla zona orbitaria superiore dei lobi frontali e
temporali.
Quindi questa arteria, irrorando la parte mesiale del lobo frontale ed una parte della
corteccia parasagittale, occludendosi, potrà dar luogo ad una monoplegia crurale
controlaterale, ad un deficit della sensibilità talvolta ad anomalie comportamentali
associate al danno del lobo frontale.
ARTERIA CEREBRALE MEDIA: decorre nella scissura laterale fino all’insula.
I suoi rami sono:
le arterie centrali che si distribuiscono ad i nuclei della base.
le arterie corticali per gran parte delle circonvoluzioni pre e post centrali (area 4 e 1
di Brodmann) rispettivamente area motoria e sensitiva primaria.
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Questa arteria si distribuisce anche alle zone laterali dei lobi frontali parietali e metà
dei temporali.
Questa arteria irrora la maggior parte della convessità dell’emisfero cerebrale e di
importanti strutture profonde; pertanto la sua occlusione potrà dar luogo ad una
forte emiplegia controlaterale che interessa faccia arto superiore ed inferiore.
Anche la radiazione ottica e spesso interessata determinando un’emianopsia laterale
omonima, oltre ad un deficit sensitivo.
ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE: si distribuisce al plesso corioideo dx, al ventricolo
laterale, al diencefalo, alle vie ottiche, al talamo alla capsula interna e a parte dei
nuclei della base.
si distribuisce al chiasma
all’ippocampo, al peduncolo cerebrale alla capsula interna ed al talamo.
ARTERIA
COMUNICANTE
POSTERIORE:
ottico,
ARTERIA VERTEBRALI: si distribuisce al midollo cervicale al bulbo al cervelletto alla
dura madre della fossa cerebellare.
ARTERIA CEREBELLARE INFERIORE ANTERIORE: si distribuisce alla faccia inferiore
degli emisferi cerebellari ed al 4° ventricolo
ARTERIA UDITIVA INTERNA: si distribuisce all’orecchio interno
ARTERIA CEREBELLARE SUPERIORE: si distribuisce alla faccia superiore del
cervelletto ed al 3° ventricolo.
RAMI PONTINI: per il ponte.
ARTERIA CEREBRALE POSTERIORE: questa arteria termina nella regione del cuneo
col nome di arteria calcarina.
I suoi rami sono:
le arterie centrali che si distribuiscono alle pareti del 3° ventricolo, al talamo
all’ipotalamo ed al mesencefalo.
le arterie corticali che si distribuiscono ad i lobi temporali ed occipitali.
Un occlusione dall’arterie vertebrali o di quella basilare e delle sue branche, è
potenzialmente molto pericolosa , poiché irrorano il tronco encefalico che contiene
centri che controllano funzioni vitali come la respirazione e la pressione sanguigna.
Inoltre il tronco encefalico raggruppa i nuclei dei nervi cranici ed è attraversato dai
fasci cortico spinali motori e sensitivi. Quindi un danno a questi vasi può costituire
un pericolo per la vita e se il pz sopravvive potrà avere una tetraplegia spastica
deficit sensitivi nonché una paralisi dei nervi cranici.
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I rami terminali delle carotidi interne (arteria comunicante anteriore, le arterie
cerebrali medie e le arterie comunicanti posteriori) ed i rami terminali della arteria
basilare (arterie cerebrali posteriori) si anastomizzano a formare un poligono detto
“poligono di Willis” (Fig 2).
Fig. 2 Il Poligono di Willis
Attraverso questi rami anastomotici si attua il regolare passaggio del sangue in varie
direzioni. Questo realizza un conguaglio di pressioni fra le carotidi interne e le
vertebrali con una uniforme distribuzione di sangue a tutto l’encefalo.
Sistema Cortico-Spinale
Costituito da:
o fibre corticospinali che originano dall’area 4 di Brodman circonvoluzione
frontale ascendente, discendono attraverso la corona radiata, convergono
nei due terzi anteriori del braccio posteriore della capsula interna, passano
attraverso il peduncolo cerebrale alla porzione basale del ponte ed alle
piramidi bulbari ed è per tale motivo che il tratto cortico spinale viene
chiamato anche tratto piramidale anche se tale definizione non è esatta. A
livello delle piramidi la maggior parte delle fibre si incrocia (decussatio
piramidum), e decorre nel cordone laterale del midollo spinato costituendo
il fascio corticospinale crociato mentre solo una piccola parte continua
invariata non incrociando e decorrendo nel cordone anteriore ipsilaterale
costituendo il corticospinale diretto.
o fibre cortico-bulbari che discendono attraverso la corona radiata, passano
nel ginocchio della capsula interna, giungono nel peduncolo cerebrale e
terminano nei nuclei motori dei nervi cranici del tronco encefalico.
Il fascio cortico spinale è costituito da circa un milone di fibre. Circa 1/3 origina dalla
corteccia motoria primaria (area 4 di Brodman) situata nella circonvoluzione
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precentrale del lobo frontale; 1/3 origina dalle aree premotorie (area 4 e 6) localizzate
sempre nel lobo frontale dietro l’area 4; ed 1/3 origina dalle aree 3,2,1 della corteccia
somatosensitiva localizzate nel lobo parietale. Il fascio cortico spinale è la via della
motilità volontaria, somatica, cosciente, deputata ad inviare gli impulsi motori
volontari a tutti i muscoli scheletrici e pellicciai del corpo, così da determinarne la
contrazione volontaria. Come già detto circa 1/3 di tale fascio nasce dalla corteccia
cerebrale della circonvoluzione frontale ascendente del lobo frontale dell’emisfero
cerebrale; qui ha sede l’area motrice primaria o area 4, la quale è caratterizzata da una
rappresentazione somatotopica, tale per cui la metà eterolaterale del corpo vi si
proietta capovolta. Le cellule piramidali di tale corteccia, che rappresentano i
protoneuroni motori della via piramidale, danno luogo a fibre nervose che formano il
fascio cortico spinale. Questo discende nel centro semiovale dell’emisfero cerebrale
ed entra poi nella capsula interna, occupandone il ginocchio e la metà anteriore del
braccio posteriore. La sua parte che trovasi nel ginocchio della capsula interna, è il
fascio genicolato. Questo fascio è destinato ai nuclei somatomotori dei nervi
encefalici. Oltrepassata la capsula interna il fascio piramidale entra nel piede del
peduncolo cerebrale. Il fascio piramidale prosegue in basso decorrendo il piede del
ponte e poi nella piramide del midollo allungato. Nella parte inferiore del midollo
allungato, in corrispondenza delle decussazioni delle piramidi, la maggior parte delle
fibre del fascio piramidale si incrocia e prosegue poi nel cordone laterale eterolaterale
del midollo spinale, costituendo il fascio piramidale crociato; le altre fibre del fascio
piramidale proseguono invece dirette ed entrano nel cordone anteriore omolaterale
del midollo spinale, formando il fascio piramidale diretto. Il fascio crociato discende
per tutta la lunghezza del midollo spinale ed emette via via fibre che entrano nel
corno anteriore del midollo spinale dal lato in cui il fascio sta decorrendo. Il fascio
piramidale diretto che termina ai primi segmenti toracici del midollo spinale, emette
fibre che si incrociano nella commessura bianca del midollo spinale e raggiungono
così il corno anteriore eterolaterale del midollo spinale. Le fibre del fascio piramidale
siano esse giunte ai nuclei somatomotori dei nervi encefalici o al corno anteriore del
midollo spinale, terminando contraendo rapporti sinaptici con i motoneuroni, i quali
rappresentano i secondi neuroni della via piramidale. Le fibre nervose nate dai
motoneuroni escono dal nevrasse con i nervi encefalici o con le radici anteriori dei
nervi spinali e vanno ai muscoli somatici, dove le loro ultime ramificazioni terminano
con le placche motrici sulle fibre muscolari scheletriche.
Come gia detto le aree della corteccia cerebrale molteplici e ciascuna assolve
determinate funzioni.
In questo articolo verrano trattate principalmente le aree deputate al controllo del
moviemento poiché tale funzione è quella che più concerne la valutazione ed il
trattamento fisioterapico.
Aree Motorie
Area 4 o Area Motoria Primaria
Area 4 gamma: Area motoria primaria vera e propria; occupa la circonvoluzione
frontale ascendente, inclusa la zona che sconfina nel lobulo paracentrale sulla faccia
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mediale dell’emisfero cerebrale. Da qui nascono impulsi motori volontari a tutti i
muscoli della metà eterolaterale del corpo, fatta eccezione per i muscoli estrinseci
dell’occhio. Nell’area 4 sono identificabili vari territori dai quali originano gli
impulsi motori volontari per i diversi gruppi muscolari. Detti territori sono distribuiti
in modo tale da aversi sull’area 4, una rappresentazione motrice somatotopica detta
omuncolo motorio, la quale è tale per cui la metà eterolaterale del corpo si proietta
capovolta sull’area medesima; infatti a cominciare dal basso si hanno dapprima i
centri della motilità della testa, poi quelli del collo, poi quelli dell’arto superiore, indi
quelli del tronco, quelli dell’arto inferiore, infine quelli della motilità dei muscoli del
perineo che sono sulla faccia mediale dell’emisfero cerebrale.
Le sue lesioni principalmente causano paresi.
Area 4 alfa: Funzioni sconosciute.
Area 4 s: Area soppressoria, sottile striscia che si estende longitudinalmente davanti
all’area 4 gamma, effetto inibitorio sulle risposte motorie ottenute mediante
stimolazione dell’area 4 gamma.
Area 6 o area motrice supplementare
Occupa la parte posteriore delle circonvoluzioni frontali inferiori (media, superiore,
interna), trovandosi al davanti dell’area 4 s. Questa area non invia fibre al fascio
corticospinale direttamente ma le sue connessioni avvengono attraverso strutture
sottocorticali, come nuclei della base, sostanza nera, … La sua stimolazione provoca
movimenti più grossolani e globali dell’emicorpo controlaterale. Da qui originano le
vie extrapiramidali, vie che sono deputate al controllo ed alla regolazione dei
movimenti volontari e che sono preposte al tono posturale ed ai movimenti
semivolontari ed automatici che si associano ai movimenti volontari.
Ma la sua funzione fondamentale è senza dubbio quella di programmare piuttosto che
eseguire complesse sequenze di movimenti(Roland et coll.).
E stato inoltre evidenziato come per evocare stimolazioni di questa area siano
necessari treni di impulsi più intensi e di maggior durata rispetto alla stimolazione
dell’area motrice primaria
Le sue lesioni riducono la capacità di sviluppare strategie adeguate ai movimenti da
eseguire.
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Le tipologie di stroke
Lo stroke può essere suddiviso in tre grosse branche:
ICTUS ISCHEMICO
ICTUS CON
EMORRAGIA
SUBARACNOIDEA
ICTUS
EMORRAGICO
intraparenchimale
ICTUS ISCHEMICO:è
la causa più comune di stroke. Le arterie più colpite sono le tre
cerebrali maggiori mentre le vertebrale e la basilare sono meno colpite.
Recenti studi (2001) mostrano che l’ictus ischemico ha un’incidenza maggiore negli
uomini e soprattutto dopo i 70 anni.
L’80% degli stroke sono dovuti ad occlusioni (Bamford) e da embolizzazioni di
placche ateromatose con partenza dai vasi del collo oppure dal cuore.
Il paziente può non perdere conoscenza ma può lamentare cefalea, i sintomi della
emiplegia evolvono velocemente.
Lo stroke ischemico è una cerebrovasculopatia ischemiche definite anche come
sindrome neurologica dovuta a riduzione del flusso ematico cerebrale con
conseguenti alterazioni funzionali, biochimiche e strutturali del parenchima che
possono condurre rapidamente alla morte neuronale.
Il valore soglia del flusso al di sotto del quale il tessuto cerebrale è da considerare
ischemico è attorno ai 20 ml/100 mg min.
L’Ictus ischemico può essere altresì suddiviso sulla base:
A. della durata dei sintomi
B. dell’eziopatogenesi
C. della localizzazione
A . Sulla base della durata dei sintomi possiamo distinguere:
TIA: (Transient Ischaemic Attack) improvvisa comparsa di segni e/o sintomi
riferibili a deficit focale cerebrale attribuibile ad insufficiente apporto di sangue
completamente reversibili entro le 24 ore. Dal 50 al 90% dei casi un episodio di TIA
è correlato ad Aterosclerosi della corrispondente arteria con una certa variabilità che
dipende dalle caratteristiche cliniche e dal territorio arterioso interessato. Il TIA in un
certo qual modo è “Utile” Permette di individuare stenosi arteriose sintomatiche e
permette la prevenzione dello stroke. Il rischio di ictus in soggetti con TIA o minor
stroke è di oltre 10 volte più alto rispetto alla popolazione generale di pari età e sesso
nel primo anno seguente all’episodio iniziale (Koudstaal PJ; Dennis MS).
A cura di Dott. FT Simone Molinelli
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È inoltre presente un aumentato rischio per eventi vascolari importanti anche in altri
distretti vascolari (coronarie, arti inferiori, morte improvvisa, etc.). Il rischio assoluto
di ictus nei soggetti con TIA o minor stroke varia da 7% a 12% il primo anno e da 4%
a 7% per anno nei primi 5 anni dopo l’evento iniziale (Warlow CP).
Ischemia cerebrale: comparsa acuta di segni e/o sintomi neurologici focali persistenti
oltre le 24 ore con riscontro radiologico di lesioni ischemiche congrue con la
sintomatologia.
B. Si possono invece classificare 3 meccanismi eziopatogenetici:
1. Meccanismi steno-occlusivi: - tromboembolia atero-sclerotica dei grossi vasi
- embolia cardiogena
- trombosi di piccole arterie cerebrali
- tromboembolia da altre malattie arteriose(es. arteriti)
- malattie ematologiche
Tra questi casi vediamo più nello specifico la tromboembolia atero-sclerotica (1) dei
grossi vasi e le embolie cardiogene (2).
(1) La progressiva riduzione del lume con conseguente compromissione del flusso
distale. Distacco ed embolizzazione dei frammenti di un trombo localizzato sulla
placca che si arrestano nei rami distali dell’arteria colpita. Si verifica una formazione
IN SITU di un coagulo con occlusione totale dell’arteria interessata.
La sede più frequente è rappresentata dalle arterie di grosso calibro, in
corrispondenza delle biforcazioni. Nell’ictus ATS vi è una scarsità di sintomi clinici
associati, all’esordio. Per esempio la cefalea e il vomito sono presenti solo nel 10%
dei pazienti mentre le crisi epilettiche sono praticamente assenti.
(2) Esistono molte affezioni cardiache potenzialmente embolizzanti che possono
causare l’occlusione di un vaso cerebrale, con conseguente ictus ischemico.
Qui di sotto elenco alcune fra le principali:
• Trombo ventricolare sn.
• FA non isolata
• Mixoma atriale
• Protesi valvolare meccanica
• Endocardite infettiva
• Stenosi mitralica con FA
• Trombosi dell’atrio e/o dell’auricola sn • Cardiomiopatia dilatativa
• Acinesia di parete ventricolo sn.
• Sindrome del nodo del seno
• IMA recente (< 4 sett.)
Una volta raggiunta la sede definitiva dell’occlusione il materiale embolico rimane
instabile dal punto di vista meccanico e può andare incontro a frammentazione
oppure a dissoluzione spontanea (sistema fibrinolitico) con ricanalizzazione parziale
o totale. Le sedi più colpite sono tipicamente le arterie intracraniche: ramo prossimale
del poligono di Willis e rami distali corticali. Le occlusioni dei rami intracranici sono
virtualmente patognomoniche dell’embolia. Nell’ictus di origine embolia, invece
abbiamo un improvviso deficit neurologico focale già di massima gravità all’esordio.
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Il paziente è tipicamente sveglio e attivo ed i sintomi associati frequenti sono la
Cefalea oltre il 10% e le Crisi epilettiche 5-7% dei casi.
2. meccanismi emodinamici:
- deficit di pompa cardiaca
- “ furto”
3. Metaboliche:
- crisi ipoglicemica
C. Sede della Lesione (Bamford, Sandercock, Warlov e coll, Lancet 1991)
Infarti lacunari (LACI): sono determinati dall’occlusione di una singola arteria
perforante profonda (10–25%) con interessamento di braccio posteriore di capsula
interna, di putamen, ponte. Clinicamente le sindromi lacunari (LACS) possono
causare: un Ictus motorio puro, un Ictus sensitivo puro, una Emiparesi atassica
oppure un Ictus sensitivo motorio.
I soggetti che presentano un infarto lacunare, presentano una prognosi a lungo
termine peggiore rispetto alla popolazione generale, anche se non più grave rispetto ai
pazienti con TIA o altri tipi di ictus con lievi esiti. La mortalità acuta è d’altra parte
molto bassa (Gandolfo C., Moretti C.).
Infarti del circolo posteriore (POCI): sono determinati dall’occlusione delle arterie
vertebrali e basilari con interessamento di lobo occipitale, talamo, cervelletto, tronco
encefalo. Le sindromi del circolo posteriore (POCS) possono causare la paralisi di
almeno un nervo cranico omolaterale con deficit motorio e/o sensitivo controlaterale.
Oppure un deficit motorio e/o sensitivo bilaterale o un disturbo coniugato di sguardo
o una disfunzione cerebellare (senza deficit delle vie lunghe) o una emianopsia
isolata o cecità corticale.
Infarti completi del circolo anteriore (TACI): coinvolgono l’arteria cerebrale media
prossimalmente, prima della sua divisione con interessamento di strutture cerebrali
profonde e superficiali. Le sindromi complete del circolo anteriore (TACS) causano:
una emiplegia controlaterale alla lesione una emianopsia controlaterale alla lesione,
un disturbo di una funzione corticale superiore (es. afasia o disturbi visuo-spaziali).
Infarti parziali del circolo anteriore (PACI): coinvolgono la cerebrale media
distalmente dopo la sua divisione, con l’interessamento di zone più circoscritte e
corticali. Le sindromi parziali del circolo anteriore (PACS) possono causare uno dei
seguenti deficit: sensitivo/motorio+emianopsia, sensitivo/motorio+compromissione
di funzione corticale superiore, compromissione di una funzione corticale superiore +
emianopsia, sensitivo/motorio puro meno esteso di una sindrome lacunare (es.
monoparesi) oppure un deficit di funzione corticale superiore isolata.
ICTUS EMORRAGICO: circa
il 9% di tutti gli stroke è causato da una emorragia nei vasi
profondi del cervello (Bamford 1988). Può anche essere definito come sindrome
neurologica dovuta a rottura di un vaso arterioso, non traumatica, con conseguente
stravaso di sangue nel parenchima cerebrale.
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Solitamente il paziente presenta un quadro di ipertensione; tale condizione causa una
degenerazione delle arterie perforanti del cervello.
Le pareti dei vasi si indeboliscono causando così lo sviluppo di piccole erniazioni o
microaneurismi che possono andare incontro a rottura. L’esordio è drammatico, con
severa cefalea vomito e circa nel 50% dei casi, perdita di coscienza.
La normale autoregolazione viene persa in vicinanza dell’ematoma che causa anche
un aumento repentino della pressione intracranica.
Nel caso di un ictus emorragico la prognosi iniziale è molto grave, ma coloro che
recuperano lo fanno in maniera ottimale via via che l’ematoma si riassorbe.
Questo è dovuto al fatto che, presumibilmente, vengono distrutti molti meno neuroni.
L’emorragia cerebrale si può localizzare in sede tipica: si localizza cioè a livello delle
strutture profonde (nucleo lenticolare, talamo, capsula interna), e in genere si ha nei
pazienti ipertesi.(Fig. 3-4)
Fig. 3 –Localizzazione tipica della
emorragia cerebrale
Fig. 4 – Sede tipica
dell’emorragia
cerebrale
Oppure in sede atipica : si localizza a livello di lobo frontale, temporale, parietale od
occipitale; in genere secondarie a rottura di aneurismi,malformazioni vascolari,
sanguinamento di tumori cerebrali, trasformazione emorragica di ictus ischemico.
Fig. 5 Localizzazione
atipica della
emorragia cerebrale
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L’emorragia cerebrale parenchimale comporta una mortalità acuta (50% circa ad 1
mese) nettamente più alta rispetto alle forme ischemiche globalmente considerate,
simile, peraltro, a quella che è presente negli infarti totali del circolo anteriore (39% a
30 giorni). La mortalità acuta è pertanto molto più precoce nelle forme emorragiche.
Nella prima settimana, infatti, circa il 40% dei soggetti con emorragia cerebrale
decede contro il 17% degli infarti totali anteriori (Dennis MS, Burn JP).
ICTUS CON EMORRAGIA SUBARACNOIDEA:
versamento di sangue nello spazio
subaracnoideo in genere dovuta a rottura di aneurismi (85%), di malformazioni
vascolari o a traumi (Fig. 6).
Fig 6 - Emorragia subaracnoidea dovuta a rottura di un’ aneurisma della arteria cerebrale media
La sede più comune è una regione dell’arteria comunicante anteriore, ma rotture delle
arterie cerebrali posteriore e media sono altrettanto molto frequenti. Il paziente
lamenta una violenta cefalea spesso associata a rigidità nucale e vomito.Si può avere
perdita di coscienza.
L’emorragia subaracnoidea, pur rappresentando solo il 3% di tutti gli ictus è
responsabile del 5% degli esiti fatali. (Johnston SC, Selvin S)
La mortalità acuta ad un mese è simile a quella dell’emorragia intraparenchimale,
attestandosi a circa il 34%. (Hop JW, Rinkel GJ)
Anche per le emorragie sub-aracnoidee, il tasso di fatalità acuta riguarda soprattutto
la prima settimana, periodo in cui si verifica circa il 75% dei decessi del primo mese.
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Conclusioni
Nel 35% dei pazienti colpiti da ictus, globalmente considerati, residua una grave
invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana (Di Carlo A.,
Baldereschi M. et coll.).
Proporzioni analoghe di disabilità residua si riscontrano tra i soggetti sopravvissuti
con lesioni emorragiche e con emorragia sub-aracnoidea.
Vista l’elevata incidenza nonché l’altrettanto elevata disabilità residua è evidente che
la riabilitazione post-ictus sia, senza togliere niente agli altri settori, sia una delle
branche più importanti della fisioterapia
Il trattamento riabilitativo del paziente ictato è forse uno dei più difficoltosi in cui si
può trovare un fisioterapista, non solo per le mille problematiche correlate alla
malattia stessa ma proprio anche per la scelta del tipo di trattamento.
Negli ultimi anni si sono affermate alcune scuole di pensiero per il trattamento degli
esiti delle patologie cerebrovascolari,ed anche se tutte valide allo stato attuale
nessuna mostra,almeno allo stato attuale dei fatti, di avere evidenze scientifiche
superiori delle altre.
L’unica cosa certa è l’importanza della precocità dell’intervento riabilitativo poichè
tutte le evidenze dimostrano che tutti i fenomeni di neuroplasticita dell’encefalo
(strutturale e funzionale) sono maggiori nei primo 90-120 giorni post ictus.
Glossario
Tasso d’Incidenza:in statistica l’incidenza indica il rapporto fra il numero di nuovi
casi di una data patologia insorti in un determinato periodo di tempo ed il numero
totale delle persone presenti durante lo stesso periodo ,usualmente un anno.
Tasso di Prevalenza: in statistica la prevalenza indica il rapporto fra il numero di
casi di una data patologia in una data popolazione in determinato momento ed il
numero totale delle persone di quella popolazione in quel momento.
Prevalenza: In termini generali, la prevalenza misura la proporzione di "eventi"
presenti in una popolazione in un dato momento.
Incidenza: In termini generali, l'incidenza misura la proporzione di "nuovi eventi" che
si verificano in una popolazione in un dato lasso di tempo. Anche in questo caso, per
"evento" si può intendere la comparsa di un qualsiasi carattere. Tuttavia, quasi
sempre l'incidenza si utilizza per misurare la comparsa di nuovi casi di malattia.
Rischio Relativo:compara l’incidenza fra i gruppi di soggetti sottoposti ad esposizioni
differenti. E’ la misura del ruolo eziologico di un fattore di rischio.
In altre parole è il rapporto fra l’incidenza di una data patologia fra un gruppo
esposto ad un dato fattore di rischio per la suddetta e l’incidenza di un altro gruppo di
non esposti a quel fattore di rischio.
Se è maggiore di uno allora il fattore di rischio aumenta la probabilità di sviluppare
quella data patologia.
A cura di Dott. FT Simone Molinelli
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Documenti Internet:
Molinelli S. “Meccanismi fisiopatologici della spasticità” 2006,www.fisiobrain.it
A cura di Dott. FT Simone Molinelli
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