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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Tesi di laurea in Geografia
LA CONTESA DELL’ACQUA
NELL’AREA ISRAELO-PALESTINESE
ABSTRACT
LAUREANDO
Mirko Montecchiani
RELATORE
Prof. Carlo Pongetti
Anno Accademico 2005-2006
1
Contenuto dell’intero lavoro
Quanto alla morfologia del territorio, Il bacino del Giordano è lʹunica risorsa idrica di superficie presente nella regione, mentre ad ovest dei rilievi montuosi di Galilea, Samaria e Giudea, cioè nella pianura costiera, la Palestina è quasi completamente desertica. Questa grande risorsa idrica è però condivisa da varie entità politiche, tra cui ‐ le più importanti ‐ Giordania, Territori palestinesi Occupati e Stato di Israele. Le prime due occupano la maggior parte del corso del fiume che segna il confine con la Giordania, mentre Israele occupa la parte nord che comprende il lago di Tiberiade o Mare di Galilea. Si noti che la maggior parte del territorio israeliano occupa invece la pianura costiera, il deserto del Negev e le altre zone aride della Palestina Storica. ........................................................................ 4
Oltre al bacino del Giordano, che comprende il fiume Giordano ed i suoi affluenti, vi sono risorse idriche sotterranee, come il Mountain Aquifer, il Coastal Aquifer ed il Gaza Aquifer, i cui nomi ci introducono grossomodo alla loro collocazione. .............................................................................................. 5
Dalla tabella emerge che le risorse idriche di tutta la Palestina Storica soffrono una situazione di stress e che Israele consuma circa sei volte e mezza la quantità di acqua rispetto ai palestinesi. Poi cʹè la Giordania che utilizza le acque del Bacino, ma questo dato è difficile da determinare a causa della discordanza delle fonti............................................................................................ 5
I palestinesi non possono attingere equamente alle risorse idriche comuni con Israele poiché dopo la Guerra dei Sei Giorni, lo stato ebraico ha imposto tutta una serie di normative civili e militari (dettagliatamente descritte nella tesi) che limitano l’uso delle acque nei Territori Occupati, ma anche perché i palestinesi non dispongono della tecnologia necessaria per competere con Israele. ........................................................................................................................ 5
Bibliografia.............................................................................................................................................. 10
2
Con questo lavoro mi sono posto l’obiettivo di mettere in luce i principali aspetti geopolitici e geostrategici relativi alla difficile situazione idrica nella regione oggi più infiammata del Vicino Oriente, ovvero, l’area Israelo‐
palestinese: un territorio che dal 1948 ad oggi ha visto il succedersi di numerosi conflitti armati tra le cui cause, oltre a note questioni di carattere politico e culturale, lʹacqua ha assunto un ruolo decisamente rilevante. Prima di iniziare la trattazione vera e propria del soggetto, ho ritenuto doveroso pormi una domanda: l’acqua è oggi un bene comune? Sarei veramente ingenuo se pensassi di dare una risposta nuova a questo quesito: la scienza ha dimostrato come lʹacqua sia fondamentale per il funzionamento dellʹintero ecosistema, ma secondo il Rapporto Mondiale sulla Valorizzazione delle risorse idriche pubblicato dallʹUNESCU nel 2003 (anno internazionale dellʹacqua), in questi ultimi anni il divario idrico tra i paesi ricchi e i paesi sottosviluppati, sta aumentando in maniera esponensiale. Nel 1950, circa 20 milioni di persone non disponevano di acqua potabile e nel 1995 erano già salite a 300 milioni. Ai nostri giorni, sono circa un miliardo e quattrocento milioni le persone che non hanno acqua da bere, quasi un quarto della popolazione globale odierna e per il 2050 le persone senza acqua potabile saliranno a circa due miliardi in 48 Paesi, oppure, nella peggiore delle ipotesi potrebbero arrivare a circa sette miliardi in 60 Paesi: una cifra assurda che se malauguratamente dovesse verificarsi potrebbe corrispondere al 65% circa della popolazione totale stimata, dallo stesso rapporto, per l’anno 2050. Questi pochi, ma significativi dati, non soltanto ci confermano che l’acqua, ai nostri dì, non è un bene a disposizione di tutti, ma soprattutto questo quadro ci fa comprendere come alcune dispute tra Stati per il controllo delle acque possono divenire un casus belli e come in certe determinate situazioni, dove il conflitto sia già in atto per altre ragioni, l’acqua può divenire vero e proprio oggetto di ricatto od obiettivo strategico. Addirittura è opinione diffusa che l’acqua diverrà una sorta di oro blu come lo è stato il petrolio nella seconda metà del secolo scorso. 3
Il problema sta crescendo a tal punto che di recente alcuni studiosi hanno addirittura proposto di dare un nome alla disciplina che si occupa di studiare l’importanza dell’acqua a livello geopolitico, ovvero l’idropolitica (scienza che studia i problemi politici legati alle risorse idriche) che naturalmente non va confusa con la politica delle acque, in quanto la prima si occupa del fattore acqua come causa o conseguenza di piccole e grandi tensioni tra Stati a livello planetario, mentre la seconda mira ad un miglioramento dello sfruttamento e della distribuzione delle acque presenti su un determinato territorio a seconda delle esigienze civili, agricole ed industriali della popolazione. Nel mondo vi sono purtroppo molteplici piccoli e grandi contenziosi, ma è soprattutto il Vicino Oriente l’esempio di regione in cui l’approvvigionamento idrico ha avuto chiare implicazioni strategiche. È però doveroso precisare che prima ancora della politica, sono il clima e la morfologia del territorio i maggiori responsabili della scarsità di acqua nella regione. Il clima può essere classificato in gran parte arido o semiarido. Le scarse piogge si verificano con un tasso annuale molto incostante, dando origine a lunghi periodi di siccità e cadono quasi esclusivamente durante la breve stagione invernale. Le temperature medie della regione, elevate per gran parte dell’anno, raggiungono valori massimi in estate (34/35 gradi in luglio ed agosto), quando il tasso di precipitazione è più ridotto o addirittura assente, provocando una significativa evaporazione dell’acqua presente nel suolo. Quanto alla morfologia del territorio, Il bacino del Giordano è lʹunica risorsa idrica di superficie presente nella regione, mentre ad ovest dei rilievi montuosi di Galilea, Samaria e Giudea, cioè nella pianura costiera, la Palestina è quasi completamente desertica. Questa grande risorsa idrica è però condivisa da varie entità politiche, tra cui ‐ le più importanti ‐ Giordania, Territori palestinesi Occupati e Stato di Israele. Le prime due occupano la maggior parte del corso del fiume che segna il confine con la Giordania, mentre Israele occupa la parte nord che comprende il lago di Tiberiade o Mare di Galilea. Si noti che la 4
maggior parte del territorio israeliano occupa invece la pianura costiera, il deserto del Negev e le altre zone aride della Palestina Storica. Oltre al bacino del Giordano, che comprende il fiume Giordano ed i suoi affluenti, vi sono risorse idriche sotterranee, come il Mountain Aquifer, il Coastal Aquifer ed il Gaza Aquifer, i cui nomi ci introducono grossomodo alla loro collocazione. RICARICA
USO DA
PARTE DEI
COLONI
EBREI
USO
ANNUALE ISRAELIANO
USO
USO
PALESTINESE TOTALE
Mountain
Aquifer
Western
362
344
10
22
376
Northeastern 145
103
5
30
138
Eastern
172
40
35-50
69
144159
Coastal
Aquifer
250
260
0
0
260
Gaza
65
0
5-10
110
120
Jordan
River
1311
685
10-20
0
13341340
Dalla tabella emerge che le risorse idriche di tutta la Palestina Storica soffrono una situazione di stress e che Israele consuma circa sei volte e mezza la quantità di acqua rispetto ai palestinesi. Poi cʹè la Giordania che utilizza le acque del Bacino, ma questo dato è difficile da determinare a causa della discordanza delle fonti. I palestinesi non possono attingere equamente alle risorse idriche comuni con Israele poiché dopo la Guerra dei Sei Giorni, lo stato ebraico ha imposto tutta una serie di normative civili e militari (dettagliatamente descritte nella tesi) che limitano l’uso delle acque nei Territori Occupati, ma anche perché i palestinesi non dispongono della tecnologia necessaria per competere con Israele. 5
A partire dagli anni Cinquanta, numerose sono state le iniziative attuate da Israele per compensare il proprio deficit idrico, tra cui: •
Attuazione di una politica di riciclaggio delle acque di scarico a scopi agricoli ed industriali, attraverso la costruzione di grandi e potenti depuratori ed acquedotti specifici. •
Incremento della raccolta e dell’uso delle acque di piena di torrenti stagionali per ricaricare l’acquifera costiera e di acque salmastre per l’irrigazione di colture che tollerano Sali. •
Costruzione di strutture ed impianti per la desalinizzazione delle acque per il cui settore Israele è sicuramente lo Stato più avanzato al mondo. •
Attuazione di tagli in agricoltura a favore del consumo domestico con conseguente riduzione delle coltivazioni che richiedono massicce irrigazioni come il cotone e gli agrumi. •
Introduzione di tasse progressive per l’utilizzo dell’acqua oltre una determinata soglia a carico degli agricoltori. Il completamento della National Water Carrier (lʹacquedotto nazionale israeliano), avvenuto nel 1964, costituì per Israele il culmine di un processo continuo di sviluppo per lo sfruttamento delle risorse idriche. Nel mio lavoro ho ritenuto molto importante studiare la struttura, le funzionalità, ma soprattutto la storia di questo acquedotto, sicuramente inquadrabile tra i protagonisti della contesa dell’acqua nell’area Israelo‐palestinese, sia come mezzo di sfruttamento vero e proprio, sia perché la NWC è lo specchio concreto dei problemi idrici naturali sul territorio dello Stato di Israele e soprattutto della politica idrica adottata dalle sue istituzioni pubbliche e private. Per mezzo di questo acquedotto, Israele ha in sostanza deviato lʹacqua dal lago di tiberiade, verso lʹarida pianura costiera. Tale operazione ha sottratto circa 685 mmc annui dʹacqua al fiume giordano che riceveva dal lago di Tiberiade, inoltre, alcune sorgenti che immettevano acqua salata nel lago, sono 6
state deviate a valle di esso ed ora immettono le loro acque direttamente nel fiume Giordano. Le conseguenze sono evidenti: il fiume Giordano vede compromessa la propria portata idrica, sia a livello quantitativo che qualitativo con notevoli danni geologici tra cui il restringimento del letto del fiume a causa del deposito di detriti. Ecco perché Israele può contare su una così notevole quantità dʹacqua in un territorio così arido. Tramite unʹindagine condotta personalmente, ho voluto costatare quantʹacqua israele spende per il mantenimento di piscine allʹinterno di strutture turistiche e soprattutto Quanto questa quantità incide sulla situazione idrica di tutta la Palestina. Ho scelto un settore importante dell’economia israeliana e soprattutto di quella palestinese, dove il consumo di acqua assume un aspetto rappresentativo a livello di bisogni terziari, vale a dire il settore alberghiero, poiché ci è sembrato un ottimo ed attendibile indice sul divario idrico tra ebrei e palestinesi che vivono nella stessa regione e che si contendono da decenni parte delle risorse idriche presenti nel territorio. L’opinione pubblica palestinese, supportata dal parere di esperti arabi nel settore idrico, sostiene che Israele faccia un uso vizioso dell’acqua per piscine ed altre strutture turistiche. Dall’indagine è emerso che a tale scopo in Israele si consumano circa 233.700mc d’acqua, pari alla disponibilità idrica annuale di circa 21.800 palestinesi (cifra corrispondente grossomodo agli abitanti di Betlemme), mentre nei territori palestinesi circa 21.800mc, pari alla disponibilità idrica annuale di circa 107 israeliani. Da tala indagine, dunque, emerge che nonostante gli israeliani abbiano a disposizione il 90% circa dell’acqua di tutta la Palestina, il consumo idrico israeliano relativo al funzionamento di piscine nelle strutture turistiche è pari a circa lo 0,05% di quello totale del Paese. Secondo fonti ministeriali Israeliane, sarebbe invece l’agricoltura il settore nel quale Israele impiega la maggiore quantità di acqua: circa il 60% e tenuto conto che l’agricoltura influisce nel PIL israeliano per solo il 2/3%, Israele 7
potrebbe aumentare l’importazione di cibo che costituirebbe una sorta di acqua virtuale. La riduzione, da parte israeliana, al 30% dell’acqua destinata ad usi irrigui, contribuirebbe in modo determinante a togliere circa 500.000 palestinesi della Striscia di Gaza dall’attuale condizione di semi‐assetamento. Lʹacqua è stata spesso causa di conflitto nellʹarea Israelo‐palestinese: dal 1948, sino ai nostri giorni, ma in questo lavoro ho voluto chiedermi quanto ha influito l’acqua nei passati conflitti arabo‐israeliani e soprattutto quale importanza assume l’acqua a livello dei negoziati di pace. La guerra dei Sei Giorni del Giugno 1967, fu il più importante conflitto per l’acqua in Palestina, dalle cui conseguenze ebbe origine tutta una serie di negoziati (conosciuti dalla cronaca degli ultimi decenni) in cui la questione idrica fu affrontata più volte e mai risolta. Ariel Sharon sosteneva che malgrado gli storici indicano il 6 Giugno 1967 come data di inizio della Guerra dei Sei Giorni, essa iniziò qualche anno prima, quando le entità politiche confinanti con lo Stato si opposero alla deviazione del giordano da parte israeliana. Lʹespansione israeliana in seguito alla guerra dei Sei Giorni fu notevole: Israele conquistò in soli sei giorni la penisola del Sinai (riconquistata poi nel 1973, durante la cosiddetta vittoria araba), la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, e le alture del Golan. Questa guerra fece di Israele la massima potenza in termini di capacità militare e fruttò al Paese una notevole espansione territoriale, sostanziali vantaggi strategici e – ciò che ci interessa di più ‐ il dominio di gran parte delle risorse idriche della Palestina storica. Malgrado i numerosi negoziati, tra cui i trattati di Oslo, attualmente la situazione è bloccata, infatti la forte dipendenza israeliana dall’acqua dei Territori Occupati si scontra con il diritto storico‐geografico della popolazione palestinese che reclama per sé l’utilizzo delle acque del bacino. Nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania, l’afflusso di profughi ha causato una concentrazione demografica, da decenni insostenibile e 8
naturalmente questa condizione genera un malcontento che si riverbera inevitabilmente nei rapporti politici tra Israele ed il nascente Stato Palestinese. Se mai un giorno questi due stati dovessero conoscere la vera pace, sarà grazie a due realtà: una geografica, l’altra socio‐culturale. Pur augurandoci di sbagliare, all’attuale stato delle cose, l’instaurazione di una pace duratura non sembra far parte dell’immediato futuro. Se la crescita culturale della nuova generazione avverrà in maniera responsabile e nel rispetto dei diritti umani, tra i quali il diritto all’acqua – bene universale – allora veramente potremo aspettarci che qualcosa cambierà in meglio, altrimenti la situazione resterà ancora irrisolta, proprio come adesso. 9
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