ILARIA IMPOSIMATO 4^ O 19/2/2014 Sintesi della

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ILARIA IMPOSIMATO 4^ O 19/2/2014 Sintesi della
ILARIA IMPOSIMATO
4^ O
19/2/2014
Sintesi della
LEZIONE DELLA PROF.SSA MENGOLI
SULLE TRADUZIONI IN FRANCESE dell'ODE I, 11 di ORAZIO
(Seconda lezione del corso sulla traduzione “Babelreloaded”)
Le numerose opere di Orazio, autore latino vissuto fra del I secolo a.C. e I secolo d.C., sono state
oggetto di molte traduzioni nel corso della storia. Il poeta ha affascinato i traduttori nei secoli, non
solo per quanto riguarda le Odi, che nella storia delle traduzioni sono una costante, ma anche la
Poetica ha avuto un grande successo, in particolare fino alla fine XIX secolo. In primo luogo, la
varietà dei generi e l’uso di metri diversi hanno costituito una sorta di sfida, in quanto è stato
estremamente difficile per i traduttori rendere nella lingua di arrivo la molteplicità di forme e toni
(distici, quartine etc.).
Semplicemente studiando l’etimologia della parola traduzione, si può notare come nel corso della
storia il termine abbia assunto diversissime sfumature. In particolare in arabo significa
“definizione”, rimanda all’idea di “ombra” in sanscrito, mentre in cinese indica il rovescio del
ricamo.
Ma cosa pensavano della traduzione i romani e soprattutto Orazio?
Nell’antica Roma la figura del traduttore apparteneva alla categoria del mediatore economico,
quindi una persona meritevole di fiducia anche dal punto di vista morale. Inoltre la parola
traduzione, come riportato dal filologo Maurizio Bettini (“Vertere, antropologia della traduzione”
Einaudi 2012), è strettamente legata al termine vertere, cioè il verbo che indica la metamorfosi.
Secondo Orazio, invece, è indispensabile che il traduttore sia “fidelis”, cioè fedele al testo, non in
senso letterale ma figurato. Il traduttore ideale, quindi, deve essere capace di rendere il significato
del testo nella lingua di arrivo.
A partire dal Rinascimento, in particolare in Francia, Orazio diventa il riferimento letterario per
eccellenza. I poeti della Renaissance si ispirano alle Odi cercando di imitare quello che aveva fatto
Orazio che, attingendo alle forme greche, rese il verso in latino; cioè “decidono di incamminarsi per
fare del nuovo in un sentiero sconosciuto” (prof.ssa Mengoli). Gli scrittori iniziano così a
confrontarsi su diversi sistemi di traduzioni delle quartine, ad esempio riguardo alla cesura,
impossibile da rendere in francese.
A partire dal XVI secolo, i poeti della Pleiade, la prima scuola letteraria francese, tentano di
difendere e valorizzare la loro lingua e si rifanno ai temi affrontati da Orazio. Uno dei più noti
esponenti di questo movimento letterario è Pierre de Ronsard (1524-1585) che ha scritto 5 libri di
Odes, in cui si parla di amore: per la vita e per la natura.
L’Ode “Mignonne, allons voir...” richiama esplicitamente l’Ode I, 11 di Orazio, nota anche come
“Carpe diem”. Ronsard, inoltre, riprendendo la concezione petrarchesca del tempo, si sofferma sul
tema della fugacità della giovinezza e dell’incertezza del futuro. Esorta quindi la sua amata
Cassandre a cogliere il presente senza preoccuparsi del domani. Non si può non notare l’impronta
epicurea, riguardo alla ricerca del piacere come atarassia e aponia.
“Cueillez, cueillez votre jeunesse: comme à cette fleur la vieillesse fera ternir votre beauté”.
La bellezza del fiore, come quella della ragazza, è effimera e non fiorirà per sempre. Allo stesso
modo Orazio si rivolgeva a Leucònoe, invitandola a non avere timore del futuro poiché solo gli dei
conoscono il termine della nostra vita.
Cueille le jour sans croire au lendemain. / Carpe diem, quam minimum credula postero.
Inoltre è interessante studiare come nelle varie epoche siano cambiati molti termini nelle molteplici
traduzioni dell’Ode. Nelle traduzioni del Settecento i “calcoli babilonesi” (secondo verso dell'Ode
I,11) erano “vains calcules des Babyloniens”, mentre nell’Ottocento i babilonesi erano “mages
curieux”. Un altro esempio è il termine “speranza” (verso 6 ode I,11), che nel francese moderno si
traduce “espoir” mentre nei testi antichi veniva tradotto con “esperances”.
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Nel 1531 il latino fu vietato in tutti i tribunali francesi: questo influenzò fortemente la diffusione del
francese moderno. Inoltre la traduzione diventò un genere letterario e la figura del traduttore acquisì
sempre più considerazione, fino a diventare un mestiere (basti pensare alla notorietà di Baudelaire
all’inizio dell’Ottocento in Francia). Il Settecento è indubbiamente un secolo di grande successo per
Orazio. Infine, con la nascita del Lycée nel 1802, quando l’insegnamento fu sottratto ai religiosi, i
professori ripresero le traduzioni di Orazio che sono giunte a noi oggi.
LIVRE I ODE XI
Ne cherche pas à savoir, Leuconoé, quelle fin les dieux ont assignée à l'un ou à l'autre.
Cette connaissance nous est interdite.
N'interroge plus ces nombres magiques venus de Babylone.
Comme il est préférable d'accepter ce qui doit arriver, que Jupiter nous accorde encore bien d'autres
hivers, ou que notre dernier soit celui-ci qui voit maintenant la mer Tyrrhénienne déferler sur les
brisants du rivage.
Tu ferais bien mieux de remplir nos coupes de vin léger et de réduire tes lointaines espérances à la
mesure de notre courte durée.
Pendant que nous parlons, le temps jaloux a fui. Cueille donc le jour présent, sans trop te fier au
lendemain.
(dal sito di traduzioni francesi a cui ha fatto riferimento la
prof.ssa Mengoli http://www.espace-horace.org/)
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