Etica e pubblica amministrazione

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Etica e pubblica amministrazione
Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze Etica e pubblica amministrazione Come i principi di legalità, trasparenza e integrità vengono applicati e coniugati nel Ministero dell’Economia e delle Finanze Tesina di Michele Soldovieri Anno 2010/2011 1 Indice Prefazione pagina 3 Trasparenza nelle procedure di consultazione pubblica del pagina 5 Dipartimento del Tesoro Principio di legalità, normativa antiriciclaggio e scudo fiscale pagina 8 Principio di legalità e trasparenza nelle procedure di pagina 11 conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a funzionari del MEF Sistema di valutazione sperimentale nel Dipartimento pagina 12 del Tesoro per il personale appartenente alle qualifiche e sistema di valutazione definitivo per i dirigenti del MEF Codice etico e di comportamento del MEF pagina 16 Legalità, trasparenza e integrità nell’attività ispettiva pagina 19 svolta dall’UIC del Dipartimento del Tesoro Postfazione pagina 27 Appendice pagina 30 Nuovo sistema di valutazione della performance nel MEF 2 Prefazione Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha subito, nel corso del tempo, modificazioni, talvolta anche radicali, sia nella denominazione sia nella struttura organizzativa sia, infine, nelle attribuzioni istituzionali. L’ultima riforma, approvata con DPR n.43 del 2008, costituisce l’approdo finale raggiunto, non senza il sacrificio della scomparsa d’importanti partizioni amministrative, localizzate in sede periferica che, tradizionalmente, e da sempre hanno costituito l’ossatura di un tessuto sociale verso il quale anche i cittadini italiano non appartenenti all’Amministrazione del Tesoro si rivolgevano con quell’atteggiamento sereno di chi spera che lo Sato abbia a cuore le aspettative dei meno fortunati. In tale contesto, si veniva a rinnovare la pubblica amministrazione con le riforme ideate e poi realizzate dal Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che hanno avuto un impatto mediatico di enorme rilevanza, salvo poi esaurire tutte le proprie potenzialità innovative mercé il depauperamento delle risorse finanziarie, determinato dalle esigenze dei risparmi di spese derivanti dai vincoli di bilancio. Purtuttavia, non tutto è rimasto fermo all’interno dell’Amministrazione del Tesoro e se nel Dipartimento del Tesoro è stata tentata una riforma che indirizzasse la struttura burocratica a servirsi con maggiore flessibilità e intelligenza delle risorse umane presenti al suo interno, la soluzione trovata (sistema sperimentale di valutazione) non è riuscita ad ottenere i risultati sperati. Certo è difficile, se non impossibile, cercare all’interno del MEF una cultura condivisa dell’organizzazione, laddove è presente tuttora una fortissima parcellizzazione sia delle competenze sia delle mansioni effettivamente svolte; inoltre non può non rilevarsi l’assenza di una comune percezione delle problematiche e di un comune sentire alla ricerca delle soluzioni condivise di tali problemi. Anche nel sistema di valutazione predisposto dalla CIVIT, sembra assente quell’anima, quel nucleo essenziale, quel dato culturale che solo può dare credibilità e modificare quelle forti convinzioni che il tutto si esaurisca nell’adempimento formale di un compito predisposto dalla norma. Di seguito, saranno esemplificati alcuni schemi di organizzazione valutativa che, avviati sperimentalmente nelle singole strutture amministrative e non senza qualche difficoltà operativa, non hanno raggiunto l’obiettivo prefissato. 3 Per quanto concerne le attività finanziarie, recenti leggi (vedi c.d. scudo fiscale) hanno poi fatto sorgere più di qualche perplessità agli attenti osservatori che hanno a cuore il rispetto del principio di legalità. Sotto quest’aspetto, si è ritenuto di inserire un paragrafo dedicato alle implicazioni che una legge discussa e discutibile come quella del rimpatrio dei capitali e della regolarizzazione delle operazioni effettuate all’estero, potrebbe avere in relazione alle attività della criminalità organizzata, usualmente finalizzate alla ripulitura del denaro di provenienza illecita, atteso che presso il Dipartimento del Tesoro opera una Direzione che si caratterizza sia per l’opera di prevenzione nella lotta al riciclaggio del denaro di provenienza illecita sia mercé un’attività sanzionatoria conseguente all’infrazione alla normativa antiriciclaggio, con particolare riferimento alla segnalazione di operazioni sospette. Una disamina particolare sarà, poi, dedicata alle procedure di consultazione pubblica adottate dal Dipartimento del Tesoro, che, in ossequio al principio della trasparenza, ha inteso raccogliere le opinioni degli operatori finanziari con riferimento a un emanando regolamento ministeriale di attuazione dell’art. 62 della L. 133/08 concernente la disciplina delle modalità informative finalizzate alla trasparenza dei contratti derivati sottoscritti dalle regioni, dagli enti locali e dai consorzi di enti territoriali. In tale contesto, saranno esaminati, anche, i contributi offerti dalle varie istituzioni interessate al miglioramento tecnico di vari provvedimenti normativi anche di recepimento di direttive comunitarie, sia sotto il profilo di una maggiore comprensione del contenuto delle disposizioni attuative sia sotto l’aspetto metodologico. Si è ritenuto, infine, di affrontare l’argomento o meglio gli argomenti afferenti la legalità, la trasparenza e l’integrità, come declinati dal sottoscritto, nel corso dell’attività ispettiva istituzionalmente svolta presso la struttura di appartenenza. In tale paragrafo, si è ritenuto di inserire anche un commento alla disposizione del codice etico del MEF, che regola la materia dei regali e degli omaggi. Infine, saranno trattati, peraltro in maniera generale e generica, anche argomenti particolarmente importanti come il sistema di valutazione della performance e la trasparenza delle procedure finalizzate all’individuazione dei funzionari interni a cui conferire funzioni dirigenziali; si è ritenuto, infine, di aggiungere un capitolo sulle novità emerse in materia di valutazione della performance, atteso che, in corso d’opera, è stato approvato, nel MEF, il nuovo sistema di valutazione della performance. 4 Trasparenza nelle procedure di consultazione pubblica del Dipartimento del Tesoro Il Dipartimento del Tesoro ha sottoposto, nel corso del tempo, a consultazione pubblica, in osservanza al principio della massima trasparenza delle decisioni da adottare numerosi provvedimenti, sia di recepimento di direttive comunitarie sia di modifiche di regolamenti attuativi di provvedimenti legislativi. I documenti di consultazione sono finalizzati a raccogliere i contributi e le osservazioni dei soggetti interessati, che saranno tenuti in conto nella predisposizione del testo finale del decreto ministeriale o del regolamento. Il Dipartimento del Tesoro fissa un termine per l’invio delle osservazioni da inoltrare con lo strumento della posta elettronica. I commenti pervenuti sono resi pubblici al termine della consultazione, salvo espressa richiesta di non divulgarli da parte dei soggetti interessati. Il Dipartimento del Tesoro ha sottoposto a consultazione pubblica, ad esempio, un’ipotesi di recepimento della direttiva europea finalizzata a semplificare e rendere più corrette e trasparenti le condizioni di accesso al credito finalizzati ad atti di consumo. Nel sito internet del MEF sono stati pubblicati, inoltre, i documenti contenenti le osservazioni pervenute ai competenti Uffici delle Direzioni II^ e IV^ e V^ del Dipartimento del Tesoro, dagli enti per i quali non è stato negato il consenso alla pubblicazione relativamente ai contratti derivati, ai contratti di credito ai consumatori ed alle attività finanziarie gestite dagli intermediari. Trattasi di osservazioni puntuali e circostanziate riguardanti sia il testo dell’emanando regolamento ministeriale di attuazione della L. 133/08 sia il recepimento della direttiva europea sui contratti di credito sia infine l’attuazione della delega in materia di attività finanziarie. Tali progetti sono stati sottoposti a consultazione pubblica al fine di poter acquisire gli orientamenti dei soggetti interessati sia in riferimento alle operazioni ritenute ammissibili comprensive delle caratteristiche che tali operazioni devono possedere sia in riferimento al contenuto della dichiarazione rilasciata dalla persona incaricata della sottoscrizione del contratto sia infine in relazione alla necessità di pubblicare in 5 bilancio una nota informativa nella quale dovranno essere riportate tutte le informazioni relative ai contratti derivati sottoscritti dall’ente. Le osservazioni pervenute al MEF riguardano i contributi offerti dall’Associazione Bancaria Italiana, dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, dall’Unione delle Province Italiane, dall’Associazione dei consulenti finanziari, dalla Cassa Depositi e Prestiti ed anche da Studi Professionali. Tali contributi, offerti nella massima trasparenza possibile sono stati pubblicati nel sito internet del MEF e possono essere consultati liberamente per la formazione di un proprio convincimento personale anche se relativo a questioni di particolare impegno e comprensione. In particolare chi scrive ritiene opportuno soffermarsi sulla disposizione contenuta nell’art. 3 del regolamento de quo, laddove è previsto che le operazioni in derivati sono informate alla massima trasparenza. Tale esigenza è sentita ed avvertita dall’Amministrazione del Tesoro che ha provveduto non solo ad inserirne formalmente il principio ma anche a supportarne l’effettiva declinazione per il tramite delle istruzioni metodologiche appositamente allegate al predetto regolamento. Tutti i contributi pervenuti dagli organismi interessati sono stati pubblicati sul sito web del Dipartimento del Tesoro, saranno oggetto di una puntuale analisi da parte dei competenti Uffici del Tesoro che valuteranno le metodologie alternative proposte, che vanno incontro proprio alle obiezioni avanzate, con un'attenzione speciale mirata proprio alla massima trasparenza, dato che le perplessità emerse dalla consultazione pubblica hanno evidenziato problematiche non di poco momento relativamente alla trasparenza. Nel sito del MEF sono stati pubblicati anche gli articolati riguardanti la revisione della disciplina della trasparenza, contenuta nel testo unico bancario e che già nell’intitolazione aggiunge accanto al principio della trasparenza delle operazioni bancarie anche la correttezza dei rapporti tra intermediari e clienti. Una pluralità di enti e di associazioni di rappresentanza di interessi nel settore delle attività di carattere finanziario ha trasmesso i propri contributi al MEF che ha provveduto ad inserirli nel sito internet. In buona sostanza, il Mef ha predisposto un procedimento di consultazione finalizzato all’acquisizione delle valutazioni dei soggetti che operano sui mercati finanziari e che hanno interesse ad esprimere il proprio parere in ordine alle modificazioni introdotte nel nostro ordinamento giuridico su tutti gli argomenti 6 precedentemente riferiti nonché sul credito al consumo (carte di pagamento e carte di credito destinate al pubblico dei consumatori). Le istituzioni interessate, i cui contributi sono stati pubblicati sul sito del MEF, hanno mostrato di confidare che il proprio apporto possa essere recepito nell’articolato dei singoli provvedimenti, anche se l’Amministrazione del Tesoro non ha alcun obbligo nel tenere conto delle osservazioni pervenute, dovendo peraltro sottoporre taluni regolamenti al parere della Consob e della Banca d’Italia. 7 Principio di legalità, normativa antiriciclaggio e scudo fiscale Il Dipartimento del Tesoro, in una delle sue articolazioni, svolge un’attenta opera di prevenzione nella lotta al riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Accanto ad un’attività normativa concretantesi nella predisposizione di schemi di provvedimenti, necessari per dare attuazione alla normativa antiriciclaggio, la Direzione V^ del Dipartimento del Tesoro esercita anche un’attività sanzionatoria, collegata alla violazione di talune disposizioni poste a tutela e presidio di un corretto utilizzo del denaro. In particolare, la normativa antiriciclaggio contiene una specifica disposizione volta a sanzionare i comportamenti di taluni soggetti (intermediari finanziari e professionisti) che, indebitamente, omettono di segnalare operazioni sospette. In un passato relativamente recente, si è discusso se l’infrazione riguardante l’omessa segnalazione potesse o dovesse esser considerata fattispecie avente riflessi penalistici, ma si è sempre ritenuto di non gravare, con la potenziale soggezione o condizionamento penale, gli intermediari finanziari di compiti particolarmente delicati che avrebbero potuto condizionarne o paralizzarne l’attività. Purtuttavia, il dibattito instauratosi tra gli addetti ai lavori, è stato utile per ricalibrare al meglio la normativa antiriciclaggio, anche sul versante delle segnalazioni di operazioni sospette. A tal riguardo, il Dipartimento del Tesoro ha provveduto ad emanare circolari interpretative utili per la comprensione, ad esempio, di quegli elementi specifici quali le caratteristiche dell’operazione e la specificità del cliente, che le categorie interessate devono valutare ai fini delle predette segnalazioni. In tale contesto, per esigenze di politica economica contingente, il Governo della Repubblica Italiano ha ritenuto di approvare un provvedimento legislativo che, oggettivamente, è sembrato andare in controtendenza con la normativa antiriciclaggio attualmente vigente. Nondimeno, va osservato, obiettivamente, che le disposizioni contenute nella legge concernente il c.d. rimpatrio o regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero, non escludono l’applicazione, per dette operazioni, della normativa antiriciclaggio, con particolare riferimento alla segnalazione di operazioni sospette. 8 E’ ben vero che il c.d. scudo fiscale sancisce che i rimpatri e le regolarizzazioni non comportano, per gli intermediari, tout court, l’obbligo di segnalazioni sospette, limitatamente ai casi le cui attività oggetto delle procedure indicate siano frutto dei reati coperti dallo scudo. Ed in tal senso anche il Dipartimento del Tesoro si è espresso, sostenendo che, quand’anche le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione non possano costituire di per sé elemento o indice di operazione sospetta, ai sensi della normativa antiriciclaggio, non per questo lo scudo fa venir meno l’obbligo per gli intermediari di svolgere attenti controlli, sia su dette operazioni, sia sui clienti che le effettuano. Nondimeno, va rilevato che più di una voce si è levata contro tale forma di operazioni che, se da un lato consentono di recuperare al pubblico erario notevoli somme di denaro, destinate agli investimenti all’estero, dall’altro, possono costituire, anche grazie all’elevato grado di segretezza delle operazioni, lo strumento, per la criminalità organizzata, di lavare il denaro di provenienza illecita, utilizzandolo anche per acquisire legalmente aziende in difficoltà economica. Tutte le banche hanno mostrato interesse allo scudo fiscale, tranne la Banca Etica che ha sempre sostenuto che accettare capitali scudati costituisse una violazione del proprio DNA di istituto di credito, tra cui rientra il principio della massima trasparenza, ed una contraddizione del principio dell’uso responsabile del denaro. I rappresentanti della Banca Etica sostengono che tutto quello che stride con il principio di legalità connaturato ai propri valori di riferimento, da loro perseguiti, non può essere accettato sol perché si aumenterebbero i volumi della raccolta del risparmio. Ricordo che, anche per le precedenti versioni dello scudo fiscale, avvenute nel 2001 e nel 2002, si levarono forti grida contro una sanatoria, di fatto, delle illiceità, anche di carattere penale, e in particolare, rammento che un magistrato di grande levatura morale disse che il rientro dei capitali dall’estero era una legge che gridava vendetta al cospetto del mondo e di Dio e che la battaglia per la legalità veniva oggettivamente frenata con provvedimenti che, di fatto, agevolavano la criminalità organizzata. Nondimeno, non può essere sottaciuto che, anche in base agli intendimenti espressi dal Dipartimento del Tesoro con la circolare interpretava della legge sullo scudo fiscale, sia gli intermediari finanziari sia i professionisti, ciascuno nel proprio ambito, hanno il dovere di segnalare le operazioni sospette, atteso che la normativa antiriciclaggio italiana del 2007, esecutiva di una direttiva europea, è da ritenersi 9 sopraordinata rispetto alla normativa nazionale e pertanto da applicare senza alcuna forma di deroga per le operazioni ritenute sospette. Ritengo sia cura, pertanto, della Banca d’Italia, istituzione deputata al controllo delle segnalazioni, recepire il principio di gerarchia delle fonti, informando gli intermediari finanziari che la legge antiriciclaggio del 2007 non consente deroghe, meno che mai da fonti normative di grado inferiore, in materia di segnalazione di operazioni sospette. E’ questo un punto che non tutti gli osservatori e gli operatori attenti alle sensibilità dei mercati finanziari hanno inteso e intendono nella reale e giusta portata. Per chi opera, infatti, negli Uffici del MEF che si occupano degli adempimenti concernenti la normativa antiriciclaggio, può sembrare quasi una beffa che si debba tentare di svuotare una cisterna dell’acqua putrida ivi presente, quando poi vi sono soggetti che potrebbero continuare a riempirla di liquido infetto. E’ ben vero, pertanto, che il pubblico funzionario non può che applicare la normativa vigente in relazione alle attribuzioni di sua competenza, ma è altrettanto vero che le istituzioni, nella specie Mef e Bankitalia, potrebbero rendere un servizio al paese, mercè un raccordo sinergico che li porti ad individuare comunque una soglia, la cui asticella non va mai superata, e che consiste nell’applicare prioritariamente la normativa europea recepita nel territorio Italiano, a scapito della normativa formale italiana. 10 Principio di legalità e trasparenza nelle procedure per il conferimento d’incarichi dirigenziali a funzionari del MEF L’art. 97 comma 3 della costituzione stabilisce che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. Il principio di legalità, costituzionalmente previsto per il reclutamento del personale appartenente alle amministrazioni pubbliche, prevede, nondimeno, una deroga espressamente sancita dalla costituzione e regolata dalla legge ordinaria. Nella specie, oltre alle consuete modalità di reclutamento di personale, tramite concorso pubblico per esami, per esami e titoli, e per titoli, una speciale disposizione normativa prevede la possibilità di conferire incarichi di funzioni dirigenziali di seconda fascia, a tempo determinato, anche a funzionari appartenenti alle pubbliche amministrazioni. Tale sistema di reclutamento, apparentemente legittimo, dal punto di vista formale, sconta un’evidente e pacifica violazione del principio della trasparenza, nella misura in cui, le amministrazioni pubbliche, nella specie anche il MEF, non prevedono alcuna forma di pubblicità per i funzionari interessati alla partecipazione di detta procedura, con la presentazione agli Uffici del Personale dei loro curricula, unico strumento che possa consentire all’Amministrazione la scelta migliore per ricoprire un determinato incarico dirigenziale. Il principio di trasparenza, che deve caratterizzare tutte le procedure amministrative, al fine di consentire che l’imparzialità sia assicurata nei confronti di tutti i soggetti potenzialmente interessati alla definizione del procedimento, non viene attuato per questa particolare modalità di reperimento delle professionalità dirigenziali. Il dato che emerge e che non può essere sottaciuto, anche perché ne consegue una mortificazione oggettiva delle professionalità presenti all’interno dei vari Dipartimenti, è l’inosservanza dei principi etici contenuti nel codice approvato, con particolare riferimento alla violazione del principio delle pari opportunità, in relazione alla valorizzazione di tutte le risorse umane presenti nel MEF. Tale modalità di reclutamento, adottata in assenza di criteri di trasparenza, non assicura, peraltro, la scelta del migliore dirigente possibile; al più, può esser considerata una forma atipica di cooptazione della classe dirigenziale pubblica. 11 Sistema di valutazione sperimentale nel Dipartimento del Tesoro per il personale appartenente alle qualifiche e sistema di valutazione definitivo per i dirigenti del MEF Il Dipartimento del Tesoro si è dotato, sin dal 2007, anche se in via sperimentale, di uno strumento di verifica delle prestazioni lavorative dei dipendenti ivi in servizio. Con una circolare del Direttore Generale del Tesoro del 2006, è stata infatti avviata all’interno del predetto Dipartimento la sperimentazione del sistema di valutazione del personale non dirigenziale. Secondo gli intendimenti dei competenti Uffici del Dipartimento del Tesoro, previamente concordati con le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative, il sistema doveva mirare ad affermare il principio della misurazione della performance individuale, introducendo nuovi criteri di riparto delle risorse del fondo di produttività di sede rispetto all’usuale esclusivo riferimento dell’assiduità partecipativa, misurata dalle presenze in servizio. Il sistema di valutazione, pur non avendo alcuna incidenza sul trattamento economico accessorio del personale, prevedeva che ciascun dipendente fosse valutato, con un orizzonte temporale annuale, sui risultati conseguiti nello svolgimento dei compiti assegnati e sulle competenze organizzative manifestate. In particolare, veniva attribuito al Dirigente il compito di individuare, per ciascun impiegato, i compiti da svolgere e le competenze organizzative attese tra quelle riportate nelle linee guida predisposte provvedendo ad assegnare i compiti stessi a ciascun dipendente nel corso di un apposito colloquio teso a chiarire e condividere i termini della valutazione. Al termine del periodo di riferimento, i dirigenti avrebbero proceduto alla valutazione, adeguatamente motivata del proprio personale individuando il grado di raggiungimento dei risultati ottenuti nelle prestazioni ed il livello di competenze organizzative manifestate ed attribuendo i relativi punteggi. Lo svolgimento delle procedure di valutazione la comunicazione dei risultati al dipendente valutato e la gestione delle conflittualità erano compiutamente previste in un manuale operativo. 12 Gli attori del sistema di valutazione sono il valutatore e il valutato, i quali svolgono, ciascuno nel proprio ruolo, le rispettive funzioni di soggetto decisorio e di soggetto che partecipa, apponendo una firma al documento iniziale ed a quello finale, al procedimento di valutazione. Cosa accade se il dipendente non condivide in tutto o in parte la valutazione ricevuta? Le risposte sono contenute nell’intranet del DT e sono le seguenti. È prevista l’attivazione di una procedura per la gestione delle conflittualità. Il dipendente può richiedere al dirigente una revisione del giudizio sulla base di ulteriori elementi, redigendo una nota nella quale dovrà indicare i motivi del disaccordo ed individuare gli elementi che possono contribuire alla revisione della valutazione. Qualora non ricorrano i presupposti per la revisione della valutazione da parte del dirigente, il dipendente può richiedere espressamente, tramite il dirigente, l'attivazione del Nucleo di Valutazione. Il Nucleo di valutazione, la cui composizione è contenuta nel predetto manuale operativo, non è mai stato attivato, all’interno del Dipartimento del Tesoro. Il giudizio sulla sperimentazione di tale sistema di valutazione della performance è fortemente critico per varie ragioni. Un primo elemento di criticità è derivante dall’atteggiamento delle rappresentanze sindacali che sono sembrate aver subìto una riforma che a tutti è sembrata formalmente spregiudicata ma di fatto conservativa nella realtà fattuale. Il secondo elemento di criticità è determinato dall’assenza di una vera politica di condivisione del sistema di valutazione. In altri termini, è sembrato che il rapporto tra valutatore e valutato fosse sbilanciato a netto favore del valutatore, nella misura in cui al valutato non veniva chiesto, se non formalmente, un mero adempimento, nella modalità della presa visione, in guisa di condivisione delle scelte e delle conseguenti valutazioni finali. Terzo elemento di criticità può esser ravvisato nell’assenza di una previsione di fatto delle emergenze e delle conseguenti politiche decisorie, laddove il valutato dovesse non condividere le scelte e le decisioni del valutatore, e la successiva fase conflittuale dovesse essere demandata al nucleo di valutazione appositamente costituito. Nel caso de quo, l’Amministrazione del Dipartimento del Tesoro ha mostrato tutta la sua inadeguatezza e incapacità nella risoluzione delle controversie sorte nei casi in cui il dissenso tra valutatore e valutato dovesse manifestarsi attualmente. 13 La fase sperimentale, durata due anni, non ha determinato quel cambiamento che ci si sarebbe aspettato e il rapporto tra valutatore e valutato è sembrato improntato a un mero adempimento formale delle procedure. Il cambiamento culturale generalmente incontra forti se non fortissime resistenze e il nuovo modello organizzativo generato dalla sperimentazione del sistema di valutazione è stato interpretato come una mera rappresentazione di una realtà che si supponeva già irrealizzabile. E’ mancata una strategia ed una regia nella ricerca continua del modello condiviso, le convinzioni comuni hanno lasciato il posto alle convinzioni individuali, alla realizzazione del proprio particulare, ci si è atteggiati nella posizione di una autoreferenzialità che non lasciasse scampo alle dialettiche condivise. Il sistema di valutazione sperimentale ha evidenziato e portato in luce i soli aspetti connaturati alle logiche dell’adempimento normativo, alla conformità all’obbligo imposto dalle disposizioni regolamentari, ad una doverosità priva di qualsivoglia carattere morale od etico. Chi scrive non è lontano dal condividere ciò che dice P. Micheli laddove sostiene che la p.a. è dominata da altre logiche che si riassumono in tre parole: adempimento, norma e reportistica e che il pericolo consiste nel potenziale fagocitamento del significato di trasparenza misurazione e meritocrazia che perciò renderebbero tali parole e logiche completamente vuote di significato. Se non si vuole, pertanto, limitarsi ad annunciare riforme di là da venire, occorre avere prima di tutto una visione lungimirante e non di corto respiro, conferire il massimo di autonomia ai soggetti che operano all’interno dell’amministrazione e motivare sia il personale appartenente alle qualifiche sia il personale dirigente che è l’interesse pubblico e non quello personale che deve permeare l’attività amministrativa. Per il personale del Dipartimento del Tesoro avente qualifica dirigenziale di seconda fascia, diversamente dal personale appartenente alle qualifiche, al termine del periodo di sperimentazione, si è proceduto alla valutazione finale delle prestazioni, con decorrenza 2007. La retribuzione di risultato dovrà essere interamente corrisposta, applicando il sistema di valutazione adottato in via definitiva. Nella specie, ciascun dirigente trasmetterà al valutatore i propri contributi sia con riferimento agli obiettivi di risultato sia all’autovalutazione dei comportamenti organizzativi; il valutatore provvederà poi a formulare il giudizio complessivo sia sotto l’aspetto quantitativo sia sotto il profilo qualitativo della prestazione. 14 Sulla scheda sintetica finale verrà riportato il punteggio complessivo ottenuto dal dirigente che avrà titolo ad inserire, se del caso, eventuali osservazioni. Quali sono gli indicatori da utilizzare per la misurazione di ciascun obiettivo? Cosa fare se il dirigente valutato non condivide in tutto o in parte la valutazione ricevuta? Nel sito intranet del DT, sono contenuta le risposte che di seguito si espongono. 1. Laddove possibile e in relazione all'attività da valutare, è preferibile fare ricorso ad indicatori di natura quantitativa, che consentono una verifica certa ed oggettiva dei risultati raggiunti. Per gli aspetti di natura qualitativa e nel caso di obiettivi non direttamente misurabili (o per i quali non esistono dati certi e/o significativi), è possibile ricorrere ad un'apposita scheda di valutazione, la scheda della qualità dell'azione dirigenziale, nella quale sono stati inseriti degli elementi di valutazione predefiniti, rispetto ai quali il valutatore definisce dei pesi ed esplicita le proprie aspettative, con riferimento all'obiettivo cui la scheda è associata. Per gli obiettivi riconducibili a iniziative progettuali, si può adottare come indicatore la percentuale di completamento del progetto, misurata sulla base di quanto contenuto in uno specifico piano d'azione (scheda del Piano d'azione). 2. Il Dirigente valutato può utilizzare la procedura per la gestione della conflittualità, rivolgendosi al Comitato di Valutazione del MEF appositamente costituito. Il Comitato di valutazione dei dirigenti di seconda fascia del MEF è stato costituito con decreto ministeriale in data 6 agosto 2009 ed è composto da quattro membri titolari e quattro membri supplenti per ciascun Dipartimento e da un quinto membro (Capo del Dipartimento del Personale) che lo presiede. Per i dirigenti di prima fascia, il Comitato di valutazione è composto dai quattro Capi dei Dipartimenti del MEF e presieduto a turno da ciascuno di essi. 15 Codice etico e di comportamento del MEF In conformità di quanto previsto dall’art. 54 comma 5 del D.lgs. 165/01 è stato approvato con decreto ministeriale 18.3.2009 e poi stato pubblicato nel sito internet del MEF, il codice etico e di comportamento dei dipendenti del predetto Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nell’introduzione al codice etico, il sottosegretario Giorgetti, pone l’accento sul valore e il significato morale delle disposizioni contenute nel codice etico, collegando la necessità dell’emanazione formale di norme etiche e comportamentali alle vicende connesse al fenomeno emerso nel corso della prima metà degli anni novanta denominato “tangentopoli” ovvero “mani pulite”. Ad avviso del sottosegretario Giorgetti, le regole contenute nel codice etico esulando dalla coercizione, incidono, non tanto sul risultato dei comportamenti, quanto sull’intenzione delle azioni. E’ questo un punto non secondario che, spesso, viene sottovalutato dagli operatori e misconosciuto dagli stessi destinatari delle disposizioni e cioè che le norme etiche debbono essere sentite ed interiorizzate dai pubblici funzionari, al di là di ogni considerazione sui risultati prodotti da ogni singola azione amministrativa. Accanto all’art. 98 comma 1 (gli impiegati sono al servizio esclusivo della nazione) della costituzione, citato dal sottosegretario Giorgetti nella sua introduzione, chi scrive ritiene opportuno aggiungere l’art. 54 comma 2 che così recita: “ i cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Solo in tal modo può essere spiegato il carattere di doverosità tipico delle norme etiche e comportamentali di ogni codice etico. Gli obiettivi e le finalità del codice sono finalizzati tout court al perfezionamento delle scelte, che dovranno, poi, condurre il pubblico funzionario alla migliore decisione possibile, tra le distinte opzioni rappresentabili, in modo da indirizzare il soggetto agente non solo a migliorare la prestazione lavorativa ma anche a perseguire un risultato conforme alle aspettative. Il codice etico si compone di principi, valori e norme comportamentali; per quanto concerne i valori, non v’è chi non veda come un buon funzionario, per esser considerato tale, non deve limitarsi ad applicare le leggi e i regolamenti tout court, bensì aggiungere un quid connaturato, sia alla posizione che riveste, sia al carico di responsabilità connesso all’esercizio del potere amministrativo. 16 Per quanto attiene alle norme comportamentali, come detto in precedenza, queste sono caratterizzate dalla natura giuridica della doverosità e cioè dall’attesa di un comportamento del funzionario, che sia di totale adesione e conformità al dettato normativo e regolamentare proprio dell’amministrazione di appartenenza. Il punto 4 del codice del MEF, ne regola la pubblicità dello stesso, che deve avvenire con i consueti mezzi previsti dall’ordinamento ministeriale e cioè con la pubblicazione del documento sul Bollettino Ufficiale nonché sul sito internet accessibile a tutti indistintamente i fruitori del web ed inoltre sulle intranet dipartimentali, accessibili ai soli dipendenti del MEF. Al punto 5 del codice, sono elencati i principi generali e le norme di comportamento, che si riassumono nell’integrità, nell’indipendenza, nell’obiettività ed imparzialità, nell’assenza di conflitti d’interesse, nella riservatezza, nella correttezza, nella valorizzazione e competenza delle risorse umane, nella protezione della salute, nella morigeratezza nell’accettare regali ed omaggi ed infine nella diligenza d’uso delle risorse e dei beni del MEF. Ai fini dello svolgimento di tutta una serie di attività elencata al punto 6 del codice, è stato istituito il Comitato etico del MEF, composto da cinque membri, uno per ciascuno dei quattro dipartimenti nonché da un rappresentante dei Monopoli di Stato. Competono, tra l’altro, al Comitato etico, funzioni di consulenza in merito alla revisione delle politiche e delle procedure amministrative nonché la funzione di accertare l’applicazione del codice tramite l’attività di ethical auditing, svolta dalle strutture di controllo interno. E’ previsto un sistema sanzionatorio, atteso che, nel codice, sono presenti talune statuizioni e disposizioni comportamentali, che non hanno solo un rilievo etico, bensì una valenza giuridica che, come tale, può ben essere oggetto di violazione. Le sanzioni sono comminate direttamente dai dirigenti o dall’ufficio competente, in ragione della tipologia di infrazione commessa, mentre l’accertamento e la valutazione delle violazioni può essere svolto anche attraverso il Comitato etico. Qualora il Comitato etico riceva segnalazioni di comportamenti violativi dei principi contenuti nel codice, ha l’obbligo di inviare al dirigente ovvero all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari tutte le informazioni in suo possesso eventualmente accompagnate dalle proprie valutazioni. Anche per le violazioni del codice etico vale il principio garantistico della previa contestazione scritta degli addebiti nonché il diritto per il dipendente di far valere le 17 proprie ragioni difensive, sia direttamente, sia per il tramite di un proprio rappresentante, quale un legale o un dirigente sindacale. Non secondaria appare la disposizione di chiusura del codice, laddove viene precisato che le segnalazioni di violazione o sospetto di violazione dei principi etici e di comportamento, inviate in forma anonima al Comitato etico, non saranno prese in considerazione da tale organismo. All’eventuale segnalante sarà, comunque, garantita la riservatezza della sua identità. Il codice sancisce, inoltre, con una norma di chiusura, la salvaguardia dei conflitti d’interesse, per gli incarichi autorizzati prima dell’entrata in vigore del codice stesso. Un insigne teologo scrive che, in alcune industrie tedesche, ogni collaboratore con funzioni direttive deve firmare un documento dal titolo la legalità, in cui si legge che l’impresa osserva il principio della stretta legalità per tutte le azioni, le misure, i contratti del gruppo e dei suoi collaboratori (H.Kung in onestà, perché l’economia ha bisogno di un’etica). Perché non far sottoscrivere il codice etico ad ogni dirigente e quadro direttivo del MEF? Secondo Kung, capacità di prendere ed imporre decisioni, atteggiamento, carattere e personalità sono le qualità che un buon dirigente deve possedere per poter dirigere con la testa e con il cuore. Sapere orientatore, criteri etici, bussola interiore, aggiunge Kung, sono tutti elementi strutturali dell’ethos in quanto comportamento morale; se possiede questi strumenti, un dirigente o un quadro direttivo intraprende la rotta giusta non solo nella professione, ma anche nella vita in generale. Il non tenete conto di un comportamento non etico significa, per Kung, anzitutto infrangere il comandamento della correttezza e se integrità significa onestà ed affidabilità, la conformità a norme e prescrizioni potrebbe generare fiducia. Ci vuole, continua Kung, la cultura della fiducia, grazie ad una motivazione intrinseca, diretta all’integrità interiore; a tal riguardo è indispensabile l’autodeterminazione del funzionario da cui ci si attende un comportamento dettato dalla coscienza della propria responsabilità, solo così un codice etico che si rispetti può avere un senso o meglio le norme e i principi ivi contenuti hanno qualche speranza di poter essere interiorizzati. 18 Trasparenza, legalità e integrità nell’attività ispettiva svolta dall’UIC del Dipartimento del Tesoro Chi scrive è un ispettore che opera all’interno dell’Ufficio di Staff del Direttore Generale del Tesoro, denominato Ufficio Ispettivo Centrale. L’Ufficio Ispettivo è Ufficio servente del Capo del Dipartimento del Tesoro. La vigente fonte normativa che disciplina le attività dell’Ufficio Ispettivo è contenuta nel regolamento di riorganizzazione del MEF approvato con DPR 43/2008 e nel decreto ministeriale di attuazione, che descrivono scheletricamente e sinteticamente le attribuzioni di tale organismo di controllo. Il Capo dell’Ufficio Ispettivo è il Direttore Generale del Tesoro che, nello svolgimento delle sue funzioni, si avvale di un Dirigente Generale, espressamente delegato al coordinamento e alla programmazione delle attività ispettive. La struttura lavorativa si articola in un corpo d’ispettori, al quale sono conferite funzioni di vigilanza e di controllo, che si estrinsecano nello svolgimento delle verifiche ispettive ed in un Ufficio di Segreteria, deputato allo svolgimento dell’attività di supporto amministrativo. Le funzioni che svolge un ispettore non richiedono semplicemente quello che si chiama, tout court, professionalità e competenza. Per esercitare in modo corretto e imparziale l’attività ispettiva, è necessario possedere un bagaglio culturale sufficientemente adeguato al compito istituzionale nonché un’attitudine ed un approccio alle relazioni interpersonali affatto particolari. Eseguire una verifica ispettiva non significa, infatti, predisporsi unicamente alla lettura di una ponderosa e sterminata serie di documenti contabili e/o amministrativi e alla conseguente decodificazione, per il tramite delle proprie conoscenze specifiche, degli elaborati, onde poterne gestire il successivo trasferimento del contenuto delle evidenze in un documento interno denominato relazione illustrativa. Quello che si chiede all’ispettore non è, pertanto, un semplice riferire al Direttore Generale del Tesoro le risultanze che emergono dagli accertamenti effettuati sulla base della documentazione amministrativo contabile, fornita dall’ente ispezionato. Se così fosse, non vi sarebbe necessità di svolgere sul campo quegli accertamenti che, realizzati all’interno della struttura amministrativa, sulla scorta della 19 documentazione inviata dall’ente ispezionato, comporterebbero certamente un risparmio di spesa per le trasferte e l’attenuazione del disagio psicologico che sovente si affronta quando si è fuori sede, disagio da interpretare come vero e proprio contraltare ad una serena e tranquilla attività lavorativa, svolta all’interno della propria unità amministrativa. Importante è, quindi, per l’ispettore, non solo l’interlocuzione con i soggetti appartenenti all’Ufficio interno ovvero alla Direzione che richiede l’attivazione delle verifiche ispettive, bensì anche il confronto diretto con i soggetti che hanno la responsabilità di gestire fondi che sono stati loro assegnati per finalità di pubblico interesse. Anche il Coordinatore dell’Ufficio Ispettivo svolge un ruolo importante, è pubblico funzionario che legge e interpreta il linguaggio degli ispettori, e pur essendo a loro sovraordinato gerarchicamente non ne menoma l’autonomia. Il Coordinatore è il punto di riferimento costante di ogni ispettore, svolge un ruolo non solo di mero coordinamento, bensì anche d’impulso nell’attivazione dei necessari e opportuni procedimenti e di ausilio nella risoluzione delle situazioni maggiormente problematiche. Il Coordinatore dell’Ufficio Ispettivo Centrale del Dipartimento del Tesoro non soggiace alle medesime regole comportamentali del Coordinatore o Capo Settore dei Servizi Ispettivi di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato. Quest’ultimo, infatti, ha un maggior potere d’incidenza nelle verifiche espletate dagli ispettori, potendone valutare e modificare, se del caso, le risultanze emerse, qualora non condivise. Tali distinzioni sono maggiormente enfatizzate laddove, mentre per gli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato, le segnalazioni per ipotesi di danno erariale, da inoltrare alle Procure Regionali della Corte dei Conti competenti territorialmente, sono sottoscritte dal Ragioniere Generale dello Stato, quelle degli ispettori dell’Ufficio Ispettivo del Dipartimento del Tesoro sono firmate e trasmesse alla Corte dei Conti direttamente dal soggetto che ha svolto la verifica ispettiva. Nondimeno, va osservato che il Coordinatore dell’Ufficio Ispettivo ha il dovere di conformarsi ai principi di legalità, correttezza e trasparenza, sia quando svolge l’attività di programmazione annuale delle visite ispettive sia nel momento in cui dopo aver visionato la relazione predisposta, a fine verifica, dall’ispettore, ne appone il visto. A differenza dei Servizi Ispettivi di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato che hanno quale punto di riferimento, oltre al codice di comportamento degli 20 appartenenti al MEF, anche un codice etico specifico, il quadro di riferimento degli ispettori dell’Ufficio Ispettivo Centrale è quello che hanno tutti i dipendenti del Dipartimento del Tesoro. Come rilevato nel precedente capitolo, per i dipendenti del MEF, il codice etico e di comportamento, contiene non solo principi etici bensì anche puntuali disposizioni, che impiegati, funzionari, dirigenti e personale non appartenente organicamente al Ministero stesso hanno il dovere di osservare. Si è detto in precedenza, che compito dell’ispettore dell’UIC è anche quello di sforzarsi di avere un punto di vista e un approccio che si vuole essere il più asettico e neutrale nei confronti del referente dell’ente ispezionato. Ciò, però, non vuol dire che l’ispettore, nel chiedere la collaborazione del destinatario della visita ispettiva nello svolgimento degli accertamenti da compiere, questi deve sentirsi condizionato o all’opposto, completamente libero nel comportamento da osservare. E’ da rilevare, infatti, che, per le visite ispettive programmate annualmente dal Direttore Generale del Tesoro, l’ispettore, infatti, si muove in assenza di un quadro normativo di riferimento che imporrebbe all’ente ispezionato un comportamento di totale soggezione agli accertamenti ispettivi, laddove invece il principio di legalità opera nella misura in cui l’ente si configura come gestore di fondi pubblici. Ecco, quindi, un primo aspetto che deve essere valutato nel corso delle verifiche ispettive e cioè quando un ispettore si presenta presso la sede dell’ente, come deve atteggiarsi al momento del primo accesso? Come primo atto da compiere, l’ispettore ha il dovere giuridico di esibire la lettera di credenziali firmata dal Direttore Generale del Tesoro, che lo legittima ufficialmente come soggetto incaricato di effettuare gli accertamenti ispettivi e lo autorizza formalmente ad esperire tutti i controlli utili per la conoscenza e la conoscibilità dell’attività svolta dall’ente oggetto d’ispezione. Se la lettera d’incarico rappresenta null’altro che il portato della conformità della propria attività al principio di legalità che lo legittima alla susseguente attività di accertamento ispettivo, ciò non autorizza poi l’ispettore a modificare sia la propria funzione sia il proprio ruolo mostrandosi poi ostile, aggressivo e intimidatorio verso il controllato, con ciò venendo meno sia ai principi non scritti di fair play sia a quelli contenuti nel codice etico genericamente enucleabile nel concetto di correttezza. L’attività di vigilanza sulla corretta gestione dei fondi pubblici, in cui si sostanziano le funzioni conferite all’ispettore appartenente all’Ufficio Ispettivo del Dipartimento 21 del Tesoro, è svolta sulla base di norme giuridiche scritte, di norme non scritte e dei principi generali dell’ordinamento giuridico italiano. In particolare, va rilevato che il procedimento amministrativo che di seguito s’illustra, pur non essendo espressamente codificato, si articola in segmenti o passaggi che, in buona sostanza, rappresentano la declinazione dei principi di legalità, trasparenza ed integrità. a) Segnalazione della necessità di attivare una verifica ispettiva; b) Programmazione dell’attività ispettiva; c) Formalizzazione della lettera d’incarico; d) Svolgimento della verifica ispettiva; e) Comunicazione esiti della verifica ispettiva all’ente ispezionato; f) Risultanze patologiche della verifica ispettiva (denunce alle Magistrature Ordinaria e Contabile); g) Predisposizione relazione finale al Direttore Generale; h) Comunicazione esiti verifica ispettiva all’Ufficio o Direzione segnalante. Il principio di trasparenza deve essere osservato sia nel momento antecedente l’attivazione della verifica ispettiva sia nel corso dell’ispezione medesima sia, infine nell’atto conclusivo dell’ispezione. Com’è noto, nessuna ispezione può essere attivata motu proprio, occorrendo necessariamente un prius, in guisa di richiesta o segnalazione di un Ufficio interno o Direzione del Dipartimento del Tesoro. La legge vigente (DPR 43/2008) stabilisce che all’Ufficio Ispettivo Centrale sono attribuite le ispezioni sulle materie di competenza del Dipartimento del Tesoro. Ciò significa che al predetto Ufficio sono sottratte le sole attività di vigilanza che attengono alle materie di esclusiva pertinenza della Ragioneria Generale dello Stato, del Dipartimento del Personale e del Dipartimento delle Finanze. I singoli Uffici delle Direzione in cui si articola il Dipartimento del Tesoro possono, se ne sussistono le condizioni e se ve n’è la necessità, attivare, con richiesta espressa, il procedimento ispettivo. Si ravvisa, pertanto, come prima esigenza, che la richiesta d’intervento ispettivo sia formulata con la massima trasparenza possibile. In altri termini, l’Ufficio che dà impulso all’attività di vigilanza, ha il dovere giuridico di essere, nella segnalazione, il più trasparente possibile e non deve omettere alcunché all’ispettore, men che meno se, in ipotesi, la segnalazione dovesse riguardare una situazione avente possibili riflessi di carattere penalistico. 22 In sede d’ispezione, il principio di trasparenza è coniugato sia dall’ispettore sia dalla struttura ispezionata con la massima correttezza possibile. Di talché, laddove l’ispettore sarà tenuto, nel corso dell’attività di controllo, a essere autorevole nel render conto all’ente ispezionato della propria potestà d’intervento, dovrà necessariamente rendere edotta la struttura soggetta a controllo delle reali ed effettive motivazioni della verifica. In altri termini, è doveroso e opportuno che l’ente sappia che l’ispezione è a campione ovvero mirata ovvero ancora conseguente a un’indagine che la polizia giudiziaria sta svolgendo nei suoi confronti. L’ente soggetto a controllo ha il diritto di poter esser messo nelle condizioni di prestare tutta la propria collaborazione, al fine di consentire al controllore di esercitare compiutamente la sua attività. Se l’ente controllato percepisce che l’ispettore omette, consciamente o inconsciamente, di riferire qualcosa d’importante, che avrebbe avuto il dovere di far conoscere, non ne consegue solo il disdoro della pubblica amministrazione tout court, bensì anche conseguenze non positive riguardo agli indicatori di efficienza ed efficacia della verifica ispettiva. In altri termini, la mancata trasparenza nella gestione delle verifiche ispettive può riverberarsi negativamente negli esiti e nelle conclusioni, laddove l’insufficiente comunicazione tra controllore ed ente controllato generi un risultato qualitativamente al di sotto delle attese. E’ per questo che la comunicazione degli esiti dell’attività ispettiva risulta doverosa, nella misura in cui l’ente ispezionato ha il diritto di conoscere quali sono state le anomalie, le distorsioni ovvero le irregolarità accertate nel corso dell’ispezione. Chi scrive ha la consuetudine di stabilire con l’ente ispezionato un rapporto franco e leale, non solo sotto il profilo umano bensì anche sotto l’aspetto formale, poiché la forma spesso è sostanza. Ebbene, il principio della trasparenza non si esaurisce nel momento della consegna ai confidi e/o fondazioni (enti soggetti a verifiche) e alle banche convenzionate, della lettera d’incarico in cui si comunica sostanzialmente che la verifica è finalizzata alla risoluzione delle problematiche che potrebbero rendere difficoltosa l’utilizzazione dei contributi antiusura, bensì anche nella successiva e conseguente instaurazione un rapporto di collaborazione che ha da durare per tutta la durata dell’ispezione. Se è vero che i procedimenti ispettivi si distinguono dagli altri procedimenti amministrativi, in quanto l’ispettore è tenuto all’obbligo della riservatezza, non è men vero che, chi svolge l’attività ispettiva, in ossequio al principio del 23 contraddittorio, ha il dovere non solo morale bensì anche giuridico di consentire all’ente ispezionato di partecipare, con memorie ed altri atti conoscitivi, al procedimento di controllo. Le modalità che l’ispettore usa sono quelle tipiche della trasparenza amministrativa che si sostanziano nell’invio di comunicazioni scritte, in cui si contestano all’ente talune anomalie amministrativo contabili che, se prontamente regolarizzate, possono determinare come esito conclusivo dell’attività di controllo, quello di una efficace collaborazione tra ufficio di controllo e struttura ispezionata. Nella specie, chi scrive rispetta sostanzialmente le disposizioni normative contenute nella L. 241/90, sia comunicando formalmente l’attivazione del procedimento ispettivo all’ente ispezionato, sia rendendo noto allo stesso il nominativo del responsabile del procedimento, sia, infine, informando l’ente medesimo, in fase istruttoria, sulla possibilità di partecipare al procedimento di controllo. Integrità è termine che la nostra costituzione coniuga nell’art. 54, usando le parole disciplina e onore, che dovrebbero costituire la bussola verso cui il pubblico funzionario orienta l’esercizio delle proprie funzioni. Integrità è anche l’abito che l’ispettore indossa nel corso delle verifiche ispettive; quest’abito, naturalmente, non ha da essere né troppo vistoso, né eccessivamente liso, poiché, com’è noto, un pubblico funzionario non deve solo essere, ma anche apparire onesto e corretto nel suo agire. Non v’è chi non veda come, qualche volta, si può esser oggetto di piccoli tentativi di ingraziarsi la benevolenza del controllore e tale benevolenza mai dev’esser ripagata poi con atteggiamenti di indulgenza nei confronti del soggetto controllato. Bene, l’ispettore ha da essere sì integerrimo e incorruttibile, ma non fino al punto di sembrare affatto insensibile alle richieste di chiarimento dell’ente ispezionato sulle situazioni sfavorevoli, laddove eventuali irregolarità possano essere sanate e regolarizzate mediante attività ex post. Il già richiamato codice etico del MEF, impone a chi svolge, tra l’altro, funzioni sensibili, quali l’attività di vigilanza, di non accettare incarichi conferiti dagli enti o dalle amministrazioni controllate. Questa norma di chiusura ha da essere rigida e cogente, poiché una sua eventuale interpretazione flessibile, potrebbe ingenerare situazioni di potenziale conflitto di interessi, dannosi per l’interesse pubblico. Il codice etico impone, inoltre, di non accettare regali o omaggi che eccedano il valore di 150 euro. Regali di valore superiore sono restituiti ovvero devoluti al MEF. I regali e gli omaggi ricevuti, non devono comunque compromettere I'indipendenza di 24 giudizio, la correttezza operativa, l’integrità e la reputazione del dipendente e in ogni caso devono essere tali da non poter essere interpretati, da un osservatore imparziale, come finalizzati ad acquisire vantaggi in modo improprio. Per i regali e gli omaggi, l’organo di gestione amministrativa ha adottato, invece, flessibilità e ragionevolezza, che non sempre sono principi adatti alle situazioni in cui si confrontano controllore e controllato. E’ questo un punto particolarmente delicato, poiché il codice etico non proibisce, tout court, al funzionario del MEF di apprezzare il gesto di bon ton proveniente dall’ente controllato, pur se tale gesto è suscettibile di valutazione economica, anche se di lieve entità, purché non superiore a 149 euro. Il codice etico ha ritenuto, pertanto, di stabilire un confine, uno spartiacque, monetariamente valutabile, che, se superato, costituisce infrazione eticamente valutabile e se del caso sanzionabile. Teoricamente, qualsivoglia ispettore, potrebbe, a termini di codice etico, accettare, per ogni singola ispezione, un regalo od un omaggio del valore di 149 euro, senza minimamente sentirsi condizionato ad assumere, nei confronti del controllato, un atteggiamento diverso rispetto a quello che potrebbe, astrattamente, avere verso chi non si perita di sostenere questo cortese omaggio. Siamo certi che consentire di accettare regali od omaggi del valore di 149 euro, per ogni ispezione effettuata, sia un agire corretto che non possa poi indurre nella c.d. tentazione di assumere un atteggiamento più morbido di quello, invece, astrattamente assumibile, nei confronti di chi questo omaggio non si sogna di farlo? E’ evidente che non c’è un’unica risposta, poiché la risposta è nella sensibilità dell’ispettore, che potrebbe essere tetragono a qualsivoglia condizionamento ovvero assertivo ma indulgente nei comportamenti conseguenti. Si ritiene, pertanto, il limite quantitativo stabilito nel codice etico del MEF una specificazione ultronea, nella misura in cui la stessa può apparire come una forma di ricompensa non dovuta a un pubblico funzionario che già riceve, a fronte della sua prestazione lavorativa, la retribuzione contrattualmente stabilita. D’altro canto, in Bankitalia e in Consob, il massimale consentito per l’accettazione di regali e omaggi è stabilito in 200 euro mentre nell’ENI ed in Confindustria o il limite non è stabilito o l’indicazione risulta genericamente individuata nel modico valore dell’omaggio. Chi scrive esercita le proprie funzioni ispettive nei confronti degli enti destinatari dei contributi antiusura assegnati da una Commissione appositamente costituita all’interno del MEF. 25 Gli enti assegnatari che gestiscono, per conto dello Stato, i fondi pubblici, destinati a garantire gli istituti di credito che concedono finanziamenti alle piccole e medie imprese ad alto rischio finanziario a favore delle aziende socie per l’attività di prevenzione del fenomeno dell’usura sono i confidi (consorzi di garanzia collettiva fidi) nonché le associazioni e le fondazione per la prevenzione del fenomeno dell’usura che, invece, con i predetti fondi rilasciano garanzie per i prestiti concessi dalle banche alle famiglie ed alle persone fisiche. Ora, tenuto conto che le fondazioni antiusura sono in massima parte di ispirazione religiosa e nella specie di confessione cattolica, non v’è chi non veda come, l’attività di controllo nei confronti di questi enti, assume una configurazione affatto diversa da quella esercitata nei confronti dei confidi. In altri termini, l’ispettore incaricato di ispezionare una fondazione religiosa, trovasi, talvolta, nella condizione di dover contemperare opposte esigenze, quali, ad esempio, quella dell’osservanza del dovere d’ufficio, proprio della funzione da svolgere e che, astrattamente, non può né deve venir meno alle regole tipiche dell’esercizio dell’azione amministrativa, a fronte di situazioni che, qualora dovessero esser valutate anomale o irregolari, potrebbero comportare una dolorosa sanzione a soggetti che, per statuto, operano a favore degli svantaggiati e di coloro ai quali è inibito l’ordinario accesso al credito. In tali casi, il principio d’integrità del pubblico ufficiale va declinato non formalmente bensì con humanitas, e cioè con quello spirito di comprensione per situazioni estreme, che non dovrebbe mancare mai, tantomeno al pubblico ufficiale tenuto deputato al controllo di legalità amministrativa. Nondimeno, tale atteggiamento non deve esser confuso con la benevolenza o l’indulgenza, tipico delle istituzioni caritative e va declinato solo ove ne sussistano le condizioni e se l’agire dell’ispettore non violi patentemente i principi etici e le regole deontologiche contenute nel codice etico. L’integrità dell’ispettore va, pertanto, declinata, secondo un antico adagio, cum grano salis, in modo da non dover poi esser interpretata come rigida applicazione di norme giuridiche, dannose per la comunità dei consociati. Come sostiene Andrè Zund, il controllore non deve chiudere entrambi gli occhi, quando si trova di fronte ad un comportamento non etico, ma deve analizzare le circostanze che hanno determinato tale comportamento e farne rapporto, altrimenti postulati come l’integrità, la qualità della prestazione, l’accuratezza e l’affidabilità restano parole vuote. 26 Postfazione Ritengo sia utile, a conclusione di un lavoro che ha riguardato quasi esclusivamente l’interno di una struttura chiusa qual è il MEF, esporre qualche personale valutazione, anche sulla realtà esistente nel nostro paese, verso la quale siamo chiamati a confrontarci, tutti, nessuno escluso, ciascuno nel proprio ambito, nell’esercizio quotidiano, a svolgere la nostra opera di uomini e di donne. Tutti abbiamo un compito, anche se non sempre ne siamo coscienti, e questo compito possiamo svolgerlo, sia rispettando l’altrui persona con la quale veniamo a contatto, sia conformandoci alle regole che presiedono alla convivenza civile, e quando ci imbattiamo in episodi di malversazione o di vera e propria corruzione, non sempre ne rimaniamo sgomenti e indignati, anzi il più delle volte si resta in attesa che qualcuno intervenga e, nella migliore delle ipotesi, deleghiamo idealmente il compito alle autorità di controllo della legalità, limitandoci ad una mera rampogna morale o al peggio, facendoci inondare dallo spirito di assuefazione che imbriglia ineluttabilmente la coscienza civile ed il senso critico. La corruzione è il vero volto della mafia in Italia, ha detto Don Ciotti a Potenza il 19 marzo scorso, ed è una vergogna, ha aggiunto, che l’Italia non abbia inserito nel codice penale i contenuti del trattato di Strasburgo del 1999, contro la corruzione. In Italia, ha concluso Don Ciotti, si perdono 60 miliardi di euro per la corruzione; i soldi ci sono, ma bisogna prenderli ai corrotti. Le parole di Don Ciotti sono dure ma veritiere e costituiscono un monito per chi ha il potere, ma anche il dovere di aiutare il nostro paese ad uscire da una condizione di minorità morale, in cui sembra essere ricaduto dopo la stagione di Tangentopoli della prima metà degli anni ’90. Non tutti in Italia combattono contro la corruzione, e questo è un dato incontrovertibile, se, nella classifica del barometro di corruzione globale (Gcb) stilato da Transparency International (dicembre 2010), in Italia, la percentuale di coloro che sono stati concussi o che hanno pagato tangenti si attesta sul 3,8% e ciò significa che oltre un milione di persone sarebbe coinvolto in fatti corruttivi. Per alcuni è sufficiente sventolare un vessillo meramente nominalistico, al quale, peraltro non fanno seguire azioni concrete o almeno comunicare un’immagine che possa dare una sensazione che si lotti contro il fenomeno corruttivo che mina le basi non solo della nostra democrazia ma anche della libera attività economica. 27 E’ probabile che l’invettiva Don Ciotti sia rivolta alla politica, ed è questa che deve fare la sua parte e non lasciare tutto l’onere sulle spalle della magistratura, delle forze dell’ordine e della parte buona della società, costituita dal mondo del volontariato e dall’associazionismo civile. Anche l’etica non gode di buona fama in Italia, chi fa politica attualmente, considera l’etica una disciplina o una scienza che ha da essere considerata autonoma dalla morale, anche alla luce degli insegnamenti consegnatici, come lascito politico, dagli studiosi, intellettuali e letterati rinascimentali. Sia Machiavelli sia Guicciardini hanno, infatti, nelle loro opere, teorizzato l’autonomia della politica dalla scienza morale, autorizzando e legittimando in tal modo le peggiori nefandezze che l’uomo, nel corso del tempo, ha compiuto nei confronti dell’uomo (homo homini lupus). Se oggi viene chiesto alla Chiesa di essere meno prudente nella denuncia delle ingiustizie e del disfacimento etico (Don Ciotti in Repubblica del 18.03.2011), questo significa che stiamo attraversando un momento di regressione culturale molto profondo. Un grande studioso di scienza della politica riteneva che fosse impresa ardua costruire una teoria fondativa dell’etica laica che potesse contrapporsi con paro dignità all’etica religiosa. Questi riteneva che fosse importante stabilire dei principi morali in guisa di cornice che ogni società che volesse dichiararsi degna di tal nome, ma che fosse ancor più importante l’osservanza di tali principi (N. Bobbio in etica e libertà). Chiunque abbia anche solo una volta in vita sua, sentito un’azione, un gesto, una posizione, come un dovere, e acconsentire a questo dovere, vede che era impossibile acconsentirvi senza avvertire il disvalore che avrebbe rappresentato non compierlo – a volte lo si sente attraverso la vergogna che proviamo al solo pensiero di non compierlo, quasi un tradimento di quello che noi chiamiamo le ragioni della nostra vita. E dunque un tradimento nei confronti di noi stessi, della persona che siamo – o più plausibilmente che vogliamo essere (R. De Monticelli in La questione morale). Questo non significa che l’etica è da ricercare solo all’interno della nostra interiorità; l’uomo e la donna non nascono con un codice etico, in guisa di organo vitale che, al pari degli altri organi, in mancanza, renda insostenibile l’esistenza. La costruzione dell’uomo etico è cosa diversa dall’edificazione di un sistema che delinei uno spazio all’interno del quale vigano regole che non consentano all’individuo altro comportamento che non sia quello del conformarsi a tali regole. 28 La corruzione è un tumore maligno contro il quale non ci sono anticorpi nella pubblica amministrazione; se non c’è senso etico nell’agire, non bastano mai i giudici, i carabinieri o le altre forze dell’ordine a combattere il male della corruzione (Tullio Lazzaro ex Presidente della Corte dei Conti ‐ febbraio 2010). Queste dell’ex Presidente della Corte dei Conti sono affermazioni che, da sole, costituiscono una pietra tombale sulle speranze che da un autorevole figura istituzionale, che ha ricoperto un ruolo di primo piano nella lotta contro il malaffare insidiato all’interno della p.a., suonano come una campana a morto. La speranza è che il pubblico funzionario sia guidato e orientato, nelle sue scelte, dal senso etico che, necessariamente, deve accompagnare, congiuntamente al senso di responsabilità, l’azione amministrativa dei soggetti che hanno il potere di agire in nome e per conto dell’interesse pubblico. Nel 1907, J. Pulitzer sosteneva che l’etica dovesse essere insegnata ai giornalisti, ritenendo che, senza un alto ideale etico, un giornale si sarebbe potuto trasformare in un vero e proprio pericolo per la comunità. Ideali, tempra morale, standard professionali sono valori ai quali il giornalista non dovrà mai venire meno senza provare vergogna e un senso dell’onore che vive una macchia come una ferita (J. Pulitzer sul giornalismo). Trasferire questi concetti nella pubblica amministrazione non credo sia opera che richieda un grande sforzo, ben più difficile è trovare le persone che, chiuse nel loro anonimato pubblico, nel pressapochismo e nella deresponsabilizzazione de facto, assumano il coraggio di farle proprie, rendendole vive con la quotidiana e diuturna applicazione. Se si vuole evitare che lo Stato faccia altre leggi e relative sanzioni, si deve fare in modo che l’etica diventi effettiva ed il rafforzamento dell’etica è nell’interesse di una concezione liberale dello Stato (Andrè Zund). Una condotta di base etica può contribuire a creare quella che un sociologo di fama mondiale ha indicato come le tre qualità del personalità in ambito dirigenziale: passione nel senso di dedizione appassionata ad una causa, senso di responsabilità e lungimiranza (Max Weber in il lavoro intellettuale come professione). 29 Appendice: nuovo sistema di valutazione della performance nel MEF Nella fase di stesura della presente tesina, è stato adottato, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, il nuovo sistema di misurazione e valutazione della performance per il personale non dirigenziale, predisposto dall’Organismo Indipendente di Valutazione della performance del MEF. All’interno del documento sono illustrate, inoltre, le metodologie attualmente utilizzate nell’ambito del MEF, per la valutazione della performance individuale dei dirigenti apicali e dei dirigenti non apicali. Il predetto documento, predisposto dall’OIV del MEF, sarà pubblicato sul sito istituzionale del dicastero medesimo a cura del Dipartimento del Personale. Chi scrive ha ricevuto il testo, come tutti gli altri dipendenti appartenenti al Dipartimento del Tesoro, tramite il canale della posta elettronica, con la contestuale informativa che, non appena verrà definito, con il Dipartimento del Personale, un piano programmatico delle iniziative da adottarsi, il sistema sarà adottato, a tutto il personale delle aree, in via sperimentale, dal 1° luglio 2011 e a tutti gli effetti dal 1° gennaio 2012. I passaggi procedurali per giungere alla stesura definitiva del sistema di valutazione sono noti e regolati dall’art. 30 del d.lgs 150/09; in breve sintesi, la CIVIT fornisce gli indirizzi all’OIV che provvede a definire il sistema di misurazione e valutazione che viene sancito con apposito provvedimento ministeriale; alla CIVIT stessa compete il monitoraggio sui parametri e i modelli di riferimento prescelti dalla singola Amministrazione. Nel documento elaborato dall’OIV, è evidenziato che la maggior parte dei processi lavorativi trattati all’interno del MEF, con cui si realizzano le funzioni svolte dai quattro dipartimenti, non genera al termine del procedimento un prodotto finale misurabile dal punto di vista quantitativo, ma piuttosto riguarda un’attività principalmente intellettuale e di studio, per la quale è possibile applicare un tipo di misurazione che dia rilevanza all’aspetto qualitativo. Tale premessa, pur non costituendo di per sé un vulnus al nucleo vitale del documento, potrebbe attenuarne fortemente l’impatto innovativo, nella misura in cui, nelle situazioni lavorative di oggettiva indecifrabilità quantitativa, si dovessero determinare criticità nell’espressione del giudizio di valutazione, con inevitabili 30 conseguenze negative nella gestione delle eventuali conflittualità che, se mal gestite, potrebbero comportare una proliferazione del contenzioso giurisdizionale amministrativo. Il sistema di valutazione per i dirigenti non apicali ed apicali del MEF ricalca sostanzialmente quello attualmente in essere nel dicastero di Via XX Settembre e ritengo pertanto superfluo esaminarne accuratamente i singoli punti. Per quanto concerne, invece, il sistema di valutazione del personale appartenente alle aree, non può non osservarsi che il modello di valutazione non tiene nell’obiettivo conto l’autonomia di quelle situazioni lavorative degli appartenenti alla categoria dei c.d. quadri ovvero dei funzionari non dirigenti, aventi elevate professionalità, a cui consegue una diretta responsabilità, sia negli obiettivi prefissati sia nei risultati raggiunti, assimilabile a quella della dirigenza non apicale. Di talchè, appare irrazionale, discutibile e quanto meno opinabile, valutare il contributo individuale di un funzionario apicale con autonomi poteri amministrativi, pari a quelli del dirigente non apicale, attribuendone il relativo punteggio con riferimento alla struttura di appartenenza, ed in una misura percentuale che non può dirsi meramente residuale (40%). In altri termini, il modello di valutazione dei funzionari apicali, appartenenti alle aree, anziché corrispondere a un corretto principio di assunzione della responsabilità, per la parte relativa ai risultati della struttura, al solo soggetto che ne è il responsabile e cioè il dirigente, risulta invece frazionato per una pluralità di soggetti, tra cui il funzionario apicale, che hanno il solo merito o demerito, nell’ipotesi sfavorevole di risultati negativi, di appartenere a detta struttura. Appare, pertanto, a chi scrive, ingiusto ed anche improprio far ricadere eventuali penalizzazioni, nell’ipotesi di mancato raggiungimento dei risultati, anziché sul dirigente che gestisce la struttura dirigenziale apicale o non apicale, indistintamente su quei componenti della struttura stessa, a cui viene conferito un potere autonomo, a prescindere dall’apporto quantitativo e qualitativo degli stessi. E’ questo un punto che può oggettivamente essere foriero di conflittualità che non saranno certamente di facile soluzione, stante la rigidità del modello di valutazione proposto dall’OIV. Infine, come non condividere le parole di chi sostiene che la qualità del contributo, le competenze dimostrate, i comportamenti professionali e organizzativi non sembrano prestarsi a una misurazione oggettiva e scientifica, se non con il rischio di sottoporre così la performance individuale ad un’attività valutativa assai discrezionale (Avv. Maurizio Danza). 31 32