Contratto di agenzia, cessa

Transcript

Contratto di agenzia, cessa
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
1 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
Quotidiano d'informazione giuridica - n.2758 del 31.01.2010 - Direttore Alessandro Buralli - Note legali Pubblicità - Aiuto
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 19.06.2007 n° 14189
Stampa |
Contratto di agenzia – cessazione – inadempimento imputabile all’agente – condizioni – sussistenza
[art. 1751 c.c.]
In tema di cessazione del rapporto di agenzia, la contrazione degli ordini, pur non essendo di per sè indice
sicuro di inadempimento dell'agente, quando è legata causalmente al venir meno delle visite dei clienti,
può determinare un inadempimento imputabile a carico dell’agente.
(Fonte: Altalex Massimario 21/2007)
| contratto di agenzia | cessazione | inadempimento imputabile all’agente |
SUPREMA CORTE DI CASSAZIO/E
SEZIO/E LAVORO
Sentenza 19 giugno 2007, n. 14189
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Roma, F.F. riassumeva (a seguito di declaratoria di incompetenza per territorio
del Pretore di Cosenza) il giudizio intrapreso nei confronti della X. Spa per il pagamento delle competenze
di fine rapporto d'agenzia, durato 11 anni dal 15/3/78 al 14/6/89.
Il Pretore, in parziale accoglimento della domanda, condannava la X. Spa alla restituzione della somma di
L. 15, 000.000 quale differenza dello star del credere e L. 9.690.568 per indennità di fine rapporto;
rigettava invece le richieste di indennità sostituiva del preavviso e suppletiva di clientela, ritenendo
sussistente una giusta causa di risoluzione immediata, essendosi verificato nel mese di maggio 1989 un
consistente calo degli ordini imputabile all'agente e tale da rendere impossibile la prosecuzione del
rapporto; rigettava altresì la domanda riconvenzionale della X. per difetto di prova in ordine ai pretesi
danni.
Su appello di entrambe le parti, il Tribunale riconosceva al F. l'ulteriore somma di L. 7.892.021 per
provvigioni non corrisposte e confermava nel resto. La Cassazione, investita da entrambe le parti,
accoglieva soltanto il quinto motivo di ricorso principale dell'agente (con quale si lamentava omessa
pronuncia sulla imputabilità della risoluzione del rapporto, violazione degli artt. 1453 e ss. c.c. e vizio di
motivazione) in relazione alle indennità sostituiva del preavviso e suppletiva di clientela, e rigettava tutte
le altre censure; cassava la sentenza impugnata e rimetteva la causa alla Corte d'Appello di L'Aquila.
Riassunto il giudizio e ricostituito il contraddittorio, la Corte d'Appello, ferma restando la condanna
pronunciata dal Tribunale al pagamento della somma di L. 7.892.021, confermava nel resto la sentenza di
primo grado, sulla base delle seguenti considerazioni:
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
2 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
sebbene la contrazione degli ordini non costituiva di per sè indice di inadempimento dell'agente, nella
specie la stessa si ricollegava con nesso causale con il venir meno delle visite ai clienti, come risultava sia
dal telegramma del 10/9/89, col quale la società comunicava che la clientela si era rivolta direttamente alla
X. per inoltrare gli ordini "per non avere da tempo ricevuto la visita del sig. F.", sia dalla deposizione
dell'ispettore Ricci, che era stato mandato nella zona di competenza dell'agente ed aveva accertato che i
clienti non facevano più ordini da quattro-cinque settimane con la giustificazione che "l'agente della X.
non era più passato". I motivi di tale comportamento si evincevano dalla corrispondenza intercorsa nello
stesso periodo fra le parti: con lettera del 6/5/89 il F. rivendicava una serie di indennità e con la successiva
lettera del 22/5/89 comunicava alla mandante che, ai sensi dell'art. 8 della lettera di incarico, decorsi 30
giorni dal ricevimento della missiva, non avrebbe più espletato il servizio, stante l'elevato costo e la scarsa
remuneratività dello stesso; la X. con lettera del 23/5/89 negava la spettanza delle indennità rivendicate ed
invitava l'agente ad attenersi all'obbligo di diligenza e buona fede per tutta la durata della collaborazione,
che poteva venir meno nei modi e termini previsti dal contratto. Inoltre, il teste Ricci aveva riferito che,
alla domanda sulle ragioni per le quali egli non visitava più i clienti, il F. aveva risposto che aveva "dei
problemi con la X.", senza aggiungere altro.
Contemporaneamente, secondo i testi M. e C., nel periodo compreso fra aprile e giugno 1989, il F.
prendeva contatti con altra società, W. Srl, per la commercializzazione dei salumi di detta società, della
quale divenne agente nel luglio successivo.
Le mancate visite ai clienti, il rifiuto di indicare le ragioni della contrazione dell'attività, la scarsa
disponibilità verso gli ispettori della X. (documentata con telegrammi e lettere) e le deposizioni raccolte
(che facevano riferimento al medesimo arco temporale nel quale venivano avanzate le pretese
economiche non soddisfatte dalla società) e l'intenzione preannunciata dall'agente di voler risolvere il
rapporto, denotavano il disinteresse dello stesso a mantenere in vita un rapporto da lui giudicato troppo
oneroso e poco remunerativo, per cui prendeva contatti con altra società. Questo fatto di per sè legittimo
sotto il profilo giuridico, rilevava sotto il profilo dell'elemento soggettivo di insoddisfazione dell'agente,
che l'aveva indotto a trascurare gli impegni assunti; egli ben poteva cercare un diverso sbocco lavorativo
per lui più conveniente, ma fino a quando rimaneva in piedi il rapporto con la X. aveva l'obbligo di
adempiere puntualmente le obbligazioni da esso scaturenti ed in particolare quella principale di
promuovere la conclusione di contratti nella zona di assegnazione.
La diminuzione degli ordini, confermata da tutti i testi, era stata consistente, come era dimostrato dalla
mancata contestazione dell'assunto della società, secondo cui gli ordini pervenuti nel periodo in questione.
(51) erano la metà di quelli inviati dallo stesso in precedenza, nel medesimo arco temporale.
La progressione degli eventi ed in particolare l'inadempimento dell'obbligo principale di promuovere la
conclusione dei contratti, nonchè di quelli collaterali di dare assistenza agli ispettori e spiegare le ragioni
dell'improvviso calo degli ordini, nonchè la notizia giunta alta società X. dei contatti con altra società
concorrente, determinavano nella mandante uno stato di giustificato allarme, tale da incidere sul rapporto
fiduciario, spingendola a chiudere repentinamente il rapporto stesso, per contenere il danno;
si giustificava cosi il breve lasso di tempo fra l'evento negativo addebitato all'agente e la cessazione del
rapporto.
In tale contesto, la malattia del sub-agente, provata nella sua storicità, costituiva una mera coincidenza,
tanto che non era mai stata indicata in fase pregiudiziale e, nel corso del giudizio come causa, o concausa,
della fase negativa che attraversava il rapporto d'agenzia. Peraltro, il nome di F.A. quale sub-agente era
stato fatto per la prima volta nelle note finali del giudizio proposto avanti al giudice di Cosenza per
affermare che probabilmente i clienti, quando si erano lamentati delle mancate visite, si riferivano al
sub-agente; se invece tale malattia fosse stata l'effettiva ragione della situazione di crisi del rapporto, la
stessa, in base alla logica, nonchè alla correttezza e buona fede, doveva essere indicata immediatamente.
Inoltre, sussistevano delle perplessità sulla consistenza dell'apporto del sub-agente, in quanto non risultava
che la sua esistenza fosse stata portata a conoscenza della X., malgrado il beneficio che ne avrebbe tratto
l'agente, pagando una minore ritenuta d'acconto sulle provvigioni. L'appello quindi doveva essere
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
3 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
rigettato.
E' domandata ora la cassazione di detta pronuncia, con tre motivi:
col primo si lamenta violazione degli artt. 1749, 1750, 1751 e 2119 c.c. e vizio di motivazione in ordine al
primo dei punti indicati dalla sentenza rescindente relativo all'accertamento dell'entità dell'inadempimento,
sotto vari profili: illogicità della motivazione per avere il giudice del rinvio desunto "l'entità (non
quantificata) delle diminuite visite ai clienti dal calo (parimenti non accertato nell'entità) degli ordini,
senza null'altro aggiungere"; sotto il profilo logico il calo degli ordini non dipende necessariamente dalla
mancata visita ai clienti, in quanto vi possono influire vari fattori, come la momentanea stasi del mercato,
il cambiamento di gusti della clientela e l'affermazione di prodotti concorrenti o la modifica delle strategie
imprenditoriali e pubblicitarie e comunque non è provato a cura della X. (cui incombeva l'onere) il
collegamento fra detto calo e le mancate visite.
Sotto altro profilo, la sentenza è carente per insufficienza ed apoditticità della motivazione, perchè il
giudice, dopo avere affermato che risulta provato il "calo sensibile del numero degli ordini e della
diminuzione delle visite ai clienti, con proteste di questi ultimi a decorrere dalla metà di maggio 1989", ha
concluso che "tanto basta perchè la X. risolvesse il rapporto per colpa dell'agente", senza procedere ai
"necessari approfondimenti" richiesti dalla sentenza rescindente. Ripete così il giudice del rinvio
l'apoditticità della motivazione già censurata dalla Suprema Corte, non essendo all'uopo sufficiente il
richiamo al telegramma della X.. Il calo degli ordini nel mese di maggio non comportò una significativa
contrazione del volume della merce ordinata, perchè gli ordini più importanti li faceva direttamente il
ricorrente e solo quelli più piccoli erano affidati al sub-agente.
Infine, la sentenza è censurabile per violazione dell'art. 1750 c.c. che prevede il recesso con preavviso e
rende eccezionale la interruzione immediata del rapporto, per la quale la giurisprudenza ritiene applicabile
in via analogica l'art. 2110 c.c. sul recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro subordinato; a questo
fine è necessaria la presenza di comportamenti che non consentono la prosecuzione neanche temporanea
del rapporto d'agenzia per violazione degli obblighi fondamentali, tali da far venire meno il rapporto
fiduciario; tali requisiti nella specie non sussistono per il breve lasso di tempo in cui si è verificato il calo
degli ordini.
Col secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 1749, 1750, 1751 e 2119 c.c. e vizio di motivazione in
ordine al secondo dei punti indicati dalla sentenza rescindente relativo all'accertamento dell'incidenza del
disservizio sul recesso senza preavviso, sotto vari profili: il giudice del rinvio ha imputato il
comportamento inadempiente dell'agente alla sua insoddisfazione per il mancato accoglimento di alcune
sue rivendicazioni economiche; da questa apodittica premessa il giudice trae la conclusione del venir
meno del rapporto fiduciario con la X., sulla base di una lettera che non contiene alcuna contestazione di
inadempimento e che precede solo di 20 giorni la risoluzione del rapporto. Nessuna altra circostanza viene
addotta a sostegno della decisione, mentre viene completamente svalutato il fattore obiettivo della
malattia del sub-agente.
Inoltre, il giudice non ha valutato il fatto che gli inadempimenti volontari sono concentrati in appena 13
giorni lavorativi, mentre il rapporto durava da ben 11 anni, con reciproca soddisfazione; illogica e carente
è l'affermazione che un temporaneo calo degli ordini sia un fatto idoneo a determinare nella preponente
uno stato di giustificato allarme, che rende legittima la brusca interruzione del rapporto.
La sentenza d'appello era stata censurata dalla cassazione anche per avere affermato l'irrilevanza della
malattia del sub-agente. Il giudice del rinvio ha disatteso anche questa indicazione della sentenza
rescindente e quindi non ha valutato se in quel contesto già accertato siano ravvisagli elementi di colpa
dell'agente; anzi il giudice ha totalmente svuotato di significato tale evento degradandolo ad una "mera
coincidenza", introducendo una nuova e diversa causa di inadempimento nello stato di insoddisfazione del
ricorrente per il mancato accoglimento delle sue richieste economiche. La malattia del sub-agente è stata
introdotta nel giudizio nel momento in cui la X. ha tentato di dimostrare la colpa dell'istante nella
risoluzione del contratto. Il fatto però in precedenza era ben noto alla società tanto che l'ispettore R. si era
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
4 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
preoccupato di visitare in ospedale il sub-agente.
Col terzo motivo si deduce l'ammissibilità delle istanze istruttorie di produzione documentale da parte
della società, necessaria ai fini del calcolo sia dell'indennità suppletiva di clientela, che della indennità
sostitutiva del preavviso.
L'intimato non si è costituito.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Si rileva in proposito che questa Corte, con la sentenza rescindente n. 15661 del 2001, ha fissato il
principio di diritto, secondo cui la giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia costituisce
un'ipotesi normativa che è desumibile per analogia dalla norma sul licenziamento per giusta causa
nel lavoro subordinato (come confermato dall'art. 1751 cod. civ., che, nel testo di cui al D.Lgs. 10
settembre 1991, n. 303, art. 3, parla - ai fini dell'esclusione del diritto all'indennità di cessazione del
rapporto - di "inadempienza imputabile all'agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la
prosecuzione anche provvisoria del rapporto"), salva la necessità di tenere conto della specificità
delle varie situazioni. Detta ipotesi normativa è caratterizzata da una certa genericità e richiede di
essere adeguatamente interpretata in sede applicativa in correlazione allo specifico tipo di
situazione oggetto di esame, senza peraltro che in genere (e, particolarmente, se non sono in
questione fatti di evidente gravità o tenuità), il livello di specificazione interpretativa possa
consentire univocamente e, per così dire meccanicamente, la qualificazione giuridica della vicenda
oggetto di giudizio che sia stata accertata in termini puramente fattuali; ne consegue che il giudizio
di fatto, ai fini della sussunzione della fattispecie concreta nell'ipotesi normativa, si deve (in genere)
colorare di più o meno consistenti aspetti valutativi, funzionali alla sua qualificazione in termini
legali.
Tali valutazioni spettano al giudice di merito, ma, ai fini del loro controllo in sede di legittimità,
devono essere sorrette da un'adeguata motivazione, così che ne sia desumibile la congruità logica e
la correttezza giuridica, sulla base di un accertamento sufficientemente specifico degli elementi
strettamente fattuali della fattispecie, e della individuabilità dei criteri di carattere generale
ispiratori del giudizio di tipo valutativo. (così cit., Cass. n. 15661/2001).
Ha poi affrontato la Suprema Corte l'altra questione, di cui si dirà in seguito, relativa al rilievo che
può avere la presenza di un sub- agente nell'ambito del giudizio e della valutazione in ordine alle
eventuali responsabilità dell'agente nella risoluzione del rapporto.
Quanto alla prima questione il giudice del rinvio si è attenuto al principio sancito dalla sentenza
rescindente: parte dalla considerazione che la contrazione degli ordini, pur non essendo di per sè indice
sicuro di inadempimento dell'agente, è legata da nesso causale con il venir meno delle visite ai clienti,
come si evince dalla contestazione della società d'avere ricevuto ordini diretti da clienti che lamentavano
di "non avere da tempo ricevuto la visita del fig. F." e dalla deposizione dell'ispettore R. secondo cui, nella
zona di competenza dell'agente, i clienti non facevano più ordini da quattro-cinque settimane, con la
giustificazione che "l'agente della X. non era più passato".
Ricercando i motivi di tale comportamento, il giudice accerta (indicando la relativa prova documentale)
che l'agente aveva avanzato una serie di rivendicazioni economiche, disattese dalla società, e quindi aveva
comunicato che alla scadenza dei 30 giorni previsti dal contratto non avrebbe più espletato il servizio,
stante l'elevato costo e la scarsa remunerati vita dello stesso; accerta poi il giudice del rinvio che il F., alla
richiesta di chiarimenti fatta dall'ispettore, aveva evasivamente risposto di avere "dei problemi con la X.",
senza aggiungere altro, e che nel medesimo periodo prendeva contatti con una ditta concorrente, della
quale poi commercializzava i prodotti nel luglio successivo, subito dopo la scadenza del suddetto termine
di 30 giorni.
Riassume poi il giudice i fatti che valuta ai fini della addebitabilità dell'inadempimento (mancate visite ai
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
5 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
clienti; rifiuto di giustificare la contrazione delle vendite; scarsa disponibilità verso gli ispettori della
società; deposizioni raccolte; pretese economiche insoddisfatte; l'intenzione di risolvere il rapporto;
disinteresse a mantenere in vita un rapporto troppo costoso e poco remunerativo) e quindi giunge alla
conclusione che l'agente ha trascurato gli impegni assunti, pur avendo l'obbligo della diligenza
nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali (ed in particolare quella principale di promuovere
contratti) fino a quando rimaneva in piedi il rapporto; valuta poi l'entità della diminuzione degli ordini,
ridotti alla metà rispetto a quelli precedenti nel medesimo arco temporale, e quindi giunge alla conclusione
che la progressione degli eventi (inadempimento dell'obbligo principale e di quelli accessori di assistere gli
ispettori e spiegare la ragioni del calo di ordini) e la notizia dei contatti con società concorrente, hanno
determinato lo "stato di giustificato allarme" della società tale da incidere sul rapporto fiduciario e rendere
necessaria l'immediata chiusura del rapporto d'agenzia per contenere il danno, per cui risulta giustificato il
breve lasso di tempo fra il fatto addebitato e la risoluzione.
Risulta quindi pienamente rispettato il mandato¯ conferito da questa Corte al giudice del rinvio, di
individuare, ai fini della sussunzione della fattispecie concreta nell'ipotesi normativa, i fatti e gli aspetti
valutativi, funzionali alla qualificazione della fattispecie in termini legali con una adeguata motivazione,
così che ne sia desumibile la congruità logica e la correttezza giuridica, sulla base di un accertamento
sufficientemente specifico degli elementi strettamente fattuali della fattispecie, e della individuabilità dei
criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo.
Questa valutazione è di esclusiva competenza del giudice di merito, anche in sede di rinvio. In proposito la
Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui la riassunzione della causa davanti al giudice di
rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta alla
prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso, nel
quale, da un lato, è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove
(eccetto il giuramento decisorio), nonchè conclusioni diverse e, dall'altro, al giudice di rinvio competono
gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel caso in cui - come nella specie - la sentenza sia stata cassata per vizi di motivazione, il giudice del
rinvio conserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai
poteri di indagine e di valutazione della prova, nell'ambito dello specifico capo della sentenza di
annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento
secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di
esame della coerenza logica del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi
elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le
contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati (Cass. n. 4018/06). Il giudice del rinvio si è
attenuto a questo principio ed ha fatto le sue autonome valutazioni, nell'ambito delle direttive della
sentenza rescindente e quindi il primo motivo di ricorso va disatteso.
In ordine al secondo, si osserva che la sentenza rescindente ha affermato il principio, secondo cui nel
contratto di agenzia, quando è in questione non il diritto dell'agente al compenso, ma il corretto
adempimento delle sue obbligazioni e in particolare di quella principale di promuovere i contratti,
rileva il criterio della diligenza richiesta dalla natura dell'attività esercitata (e quindi sotto tale
profilo può parlarsi più di un'obbligazione di mezzi che di un'obbligazione di risultato); d'altra
parte, ai fini della legittimità di un recesso per giusta causa dell'impresa mandante, rilevano anche
le connotazioni soggettive dell'eventuale inadempimento dell'agente. /e consegue in particolare che
la riferibilità all'agente anche dell'attività del subagente, nel quadro dei rapporti del primo con la
impresa mandante, non è sufficiente, ai fini di un recesso per giusta causa di quest'ultima, a rendere
irrilevanti, sotto il profilo delle necessarie valutazoni soggettive, le ragioni specifiche degli
inadempimenti che si collegano alla collaborazione prestata all'agente dal subagente e in
particolare ad una malattia di quest'ultimo; al contrario, così come in ogni caso in cui l'agente
possa dimostrare la presenza di specifici fattori incidenti negativamente sulla sua organizzazione,
deve esaminarsi, nel quadro della portata oggettiva degli inadempimenti e della loro incidenza,
quali sono gli eventuali aspetti di colpa dell'agente quanto all'insorgenza di tali fattori e, se del caso,
alla loro non adeguata o tempestiva eliminazione.
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
6 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
Il giudice del rinvio, dopo l'accurato e minuzioso accertamento dei fatti sopra descritti che hanno portato
alla risoluzione del rapporto, è giunto alla conclusione che gli stessi siano da soli sufficienti a giustificare la
risoluzione per fatto addebitarle all'agente, per cui la malattia del sub-agente storicamente accertata, è una
mera coincidenza temporale con tutti i fatti e comportamenti dell'agente che voleva chiudere il rapporto
con la X., giudicato troppo oneroso e poco remunerativo; per questo motivo ha trascurato il suo dovere
principale di concludere affari nel residuo periodo di durata del rapporto e quelli accessori, sopra
specificati, tanto che in fase pregiudiziale e nel corso del giudizio non ha mai indicato, come causa o
concausa, della riduzione degli ordinala malattia del sub-agente; a questa ha poi tatto riferimento solo
quando si è reso conto che la risoluzione del contratto poteva essere addebitata a sua colpa per la mancata
visita ai clienti, come afferma il giudice del rinvio (secondo cui se la malattia fosse stata la causa della
situazione di crisi del rapporto sarebbe stata addotta dal F. già nella fase pregiudiziale per ragioni di ordine
logico, oltre che per i principi di correttezza e buona fede).
Questa motivazione non è adeguatamente censurata, ma viene in sostanza confermata dallo stesso
ricorrente, laddove precisa di avere introdotto la malattia del sub-agente nel giudizio solo per contrastare
la deduzione avversaria sulla sua colpa nella risoluzione del rapporto. Le ulteriori considerazioni ed i
dubbi sull'effettivo apporto del sub-agente sono meramente aggiuntivi e non inficiano il ragionamento del
giudice sulle cause dell'inadempimento dell'agente che ha determinato la risoluzione immediata del
rapporto. L'autonoma valutazione del giudice del rinvio è congruamente e logicamente motivata e quindi
anche il secondo motivo va disatteso.
Il rigetto dei primi due motivi comporta l'assorbimento del terzo e quindi il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese non avendo la X. espletato attività difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2007.
segretaria24.it
Annunci Google
Stampa | | (Torna su)
Contatti | Staff e Comitato scientifico
| Pubblicità | Servizi Free | Note legali | Aiuto
Altalex
Copyright © 2000-2009 - Tutti i diritti riservati
31/01/2010 22.54
Contratto di agenzia, cessazione, inadempimento imputabile all’agente
7 di 7
http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=38896
PI 01676450479
31/01/2010 22.54