Perché in fondo potresti essere mio fratello – Elisa Paperini
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Perché in fondo potresti essere mio fratello – Elisa Paperini
Perché, in fondo, potresti essere mio fratello Il perdono è “un gesto umanitario con cui, vincendo il rancore, si rinuncia a ogni forma di rivalsa di punizione o di vendetta nei confronti di un offensore”1; semplice definirlo a parole e oggettivamente. I sentimenti umani, però, sono spesso difficili da “dominare”: possiamo dedurlo anche dalle parole vincere e rinuncia, citate inizialmente, che implicano l’esistenza di un conflitto (interiore) al quale, secondo il significato di perdono, dobbiamo cercare di sopravvivere. A questo punto, è più opportuno combattere e riuscire a perdonare o è meglio lasciar agire le nostre emozioni e il senso di giustizia che fin da bambini i nostri genitori ci trasmettono attraverso il concetto di giustosbagliato e buono-cattivo? Combattere è la scelta migliore che si possa compiere. Anche gli animali, soprattutto i cani, riescono a perdonare l’uomo dopo essere stati maltrattati e abbandonati: amano incondizionatamente (l’agàpe). Alcuni studiosi sostengono che siano capaci di non provare rancore perché hanno una memoria a breve termine; altri negano questa teoria e affermano che “hanno un gran cuore”. In ogni caso rappresentano un esempio positivo per l’uomo. Perdonare è la scelta migliore perché ci conduce alla salvezza, alla pace interiore. Non è semplice da capire, forse queste parole ci possono aiutare: buttò la sua divisa per terra e si vestì in borghese e a quel punto buttò la sua pistola, praticamente ai miei piedi. In tutto quel tempo io mi ero nutrita di odio e di vendetta. Dal momento in cui avevo lasciato la mano di mio papà e dal momento in cui avevo capito dov’ero e sentito che non l’avrei mai più rivisto, mi ero nutrita di odio e di vendetta. Quel tremendo ufficiale SS lasciava la sua pistola ai miei piedi, mi sembrò un segnale. “Ecco – pensai per un attimo – raccolgo la pistola e lo uccido!” Mi sembrava assolutamente il giusto finale di quello che avevo vissuto fino a quel momento. Fu un attimo, un attimo importantissimo nella mia vita, devo dire forse il momento più importante in assoluto, moralmente, nella mia vita perché io capii che mai avrei potuto uccidere nessuno, per nessun motivo. Avevo scelto la vita e nella vita bisogna decidere: o l’odio uguale a morte o la vita. Io avevo scelto la vita e in quel momento dovevo scegliere, o l’odio o la vita. Ho scelto la vita! Da quel momento sono stata libera!2 La ripetizione della frase “mi ero nutrita di odio e di vendetta” sottolinea la rabbia presente nell’animo della persona che parla; nonostante questo, il finale del discorso è un colpo di scena: Liliana Segre perdona il carnefice e, come dice lei stessa in un’altra parte della testimonianza, non si abbassa al suo livello. Non sente più il bisogno di punirlo o avere giustizia: è LIBERA. 1 Wikipedia 2 Testimonianza di Liliana Segre Come lei, altre persone, anche con riferimenti a eventi storici diversi, hanno intrapreso la strada “meno battuta”: Nelson Mandela, ad esempio che nel film Invictus3 afferma che “il perdono libera l'anima e cancella la paura”; altresì al giorno d’oggi ragazze seviziate da ex fidanzati (e non solo) dichiarano di aver perdonato il molestatore. D’altra parte però è necessario un sistema di giustizia. Anche la fisica approva: ad ogni azione corrisponde una reazione! Se non esistessero le prigioni o le condanne ognuno si sentirebbe libero di compiere qualsiasi azione, anche uccidere. Sentiamo spesso in giro la frase “se potessi lo ucciderei”… Solo parole e forse, in fondo, non avremmo nemmeno il coraggio; ma non sono da sottovalutare. Soprattutto negli ultimi tempi i valori morali non sono più gli stessi e frequentemente “controlliamo” la nostra condotta solo per paura della legge e non per amore del prossimo. Proprio da quest’ultima riflessione possiamo avanzare una seconda ipotesi: perdonare non è sempre giusto. Dobbiamo lasciar agire i nostri istinti e seguire le emozioni legate ad un determinato evento. Abbiamo varie argomentazioni riguardo la suddetta teoria, prima fra tutte è la legge del taglione che possiamo addirittura leggere nella Bibbia4. Questione non proprio moderna, anzi, vari popoli l’hanno adottata per evitare conflitti tra gli individui. “Occhio per occhio e dente per dente” è una valida regola per porre fine al sentimento di rabbia che abbiamo dentro di noi. Semplice, no? Prima ci vendichiamo e sfoghiamo i nostri istinti e poi, se vogliamo possiamo decidere di perdonare. Ma stiamo attenti perché, come diceva Gandhi: “occhio per occhio e il mondo diventa cieco!” Non possiamo perdonare dopo la vendetta perché, se così fosse, creeremo un pretesto a favore del “nemico” attraverso il quale anche lui potrebbe pensare di redimersi dopo essersi a sua volta vendicato. Si forma un circolo vizioso dal quale riusciamo ad uscire solamente se un altro individuo, per restare in tema biblico, segue il “motto”: porgi l’altra guancia. Porgere l’altra guancia, però, non è semplice. Tornando alla seconda guerra mondiale è comprensibile leggere frasi di persone che hanno perso la fiducia in Dio (tra i più conosciuti Primo Levi: “C'è Auschwitz, quindi non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo”) e non sono state capaci di perdonare ne Lui né i loro carnefici. Non sono riusciti a trovare la pace e, forse, non si sono mai sentiti liberi anche con la morte. A questo proposito possiamo citare il verso del canto La canzone del bambino nel vento di Francesco Guccini: “è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento” che possiamo interpretare come una sorta di critica alla nostra società che non ha ancora smesso di provare rancore e non riesce a perdonare. 3 Si intende l’attore che interpreta il personaggio di Nelson Mandela 4 Levitico 24, 19-20 In conclusione possiamo ricordare una frase del Dhammapada5: “chi vince genera odio, chi è vinto soffre. Con serenità e gioia di si vive se si superano vittoria e sconfitta”. Evitare di cercare sempre un colpevole, provare a perdonare e non approfittarsi dell’altro sono azione che compiute anche nella vita quotidiana ci aiuterebbero a vivere, come dice il verso, con serenità e gioia. Perdonare non solo quando si tratta di offese più leggere; ma anche, ad esempio, nel caso dei Lager, dei Gulag etc. significa “dare un senso a qualcosa di inumano” e, come ci ricorda Liliana Segre trovare la libertà. Perché siamo tutti uguali e non occorre fare la guerra. Bisogna anche pensare che se Liliana avesse ucciso l’ufficiale avrebbe dovuto vivere il resto della propria con il pentimento di aver “tolto” la vita ad un essere umano. Forse è anche per questo che il perdono porta alla libertà. Come ultime frasi propongo una citazione dal libro “Niente di nuovo sul fronte occidentale” dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque: Compagno, io non ti volevo uccidere. Se tu saltassi un'altra volta qua dentro, io non ti ucciderei, purché anche tu fossi ragionevole. Ma prima tu eri per me solo un'idea, una formula di concetti nel mio cervello, che determinava quella risoluzione. Io ho pugnalato codesta formula. Soltanto ora vedo che sei un uomo come me. Allora pensai alle tue bombe a mano, alla tua baionetta, alle tue armi; ora vedo la tua donna, il tuo volto, e quanto ci somigliamo. Perdonami, compagno! Noi vediamo queste cose sempre troppo tardi. Perché non ci hanno mai detto che voi siete poveri cani al par di noi, che le vostre mamme sono in angoscia per voi, come per noi le nostre, e che abbiamo lo stesso terrore, e la stessa morte e lo stesso patire... Perdonami, compagno, come potevi tu essere mio nemico? Se gettiamo via queste armi e queste uniformi, potresti essere mio fratello. 5 Testo riferito alla filosofia Buddhista