Produzione di bioetanolo da polpa di carrube

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Produzione di bioetanolo da polpa di carrube
Produzione di bioetanolo da polpa di carrube
Studio di fattibilità di un impianto in Sicilia
Massimiliano Brugaletta
Emilio Minardo
Salvatore Zocco
Davide Brugaletta
Stefano La Malfa
Produzione di bioetanolo da polpa di carrube
Studio di fattibilità di un impianto in Sicilia
Brugaletta Massimiliano1, Minardo Emilio1, Zocco Salvatore1, Brugaletta Davide, La Malfa Stefano2
1
Associazione CAREX Carob Exploiters - Via Archimede 333, 97100 Ragusa, Italia - www.carexcarob.org
2
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari - Università degli Studi di Catania - Via
Valdisavoia 5, 95123 Catania, Italia
Parole chiave: Ceratonia siliqua, energie rinnovabili, Saccharomyces cerevisiae,
fermentazione alcolica, biocombustibile.
Abstract
L’abbattimento delle emissioni di gas serra e la riduzione del consumo di
energia di tipo fossile, in progressivo esaurimento, possono essere perseguiti con lo
sviluppo della ricerca di fonti di energia alternativa. In questo lavoro è stata studiata
la fattibilità di un impianto di produzione di bioetanolo da polpa di carrube
(Ceratonia siliqua L.) utilizzando il Saccharomyces cerevisiae. Il carrubo è un albero
sempreverde dalle molteplici funzioni, che trova ottime condizioni di crescita nelle
zone costiere dell’area mediterranea. A seguito di un’approfondita analisi della
bibliografia gli autori hanno individuato e proposto la migliore configurazione. In
particolare è stata presa in considerazione la produzione di carrube della Sicilia
Sud-Orientale, zona di maggiore produzione di carrube in Italia. I risultati dello
studio evidenziano la fattibilità dell’impianto da un punto di vista tecnico, ma l’alto
rischio di investimento da un punto di vista economico.
INTRODUZIONE
Oggigiorno, uno dei principali obiettivi che il genere umano è chiamato a
raggiungere nel breve termine è l’abbattimento delle emissioni di gas serra, causa
principale di un inarrestabile surriscaldamento globale nonché di preoccupanti mutamenti
climatici. Tale problema è la conseguenza di una sempre più crescente domanda di
energia sia da parte dei paesi occidentali sviluppati, sia da parte dei paesi in via di
sviluppo.
A questo problema va ad aggiungersi, contestualmente, il progressivo esaurimento
delle fonti energetiche fossili, che attualmente soddisfano circa l’86% del fabbisogno
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energetico mondiale. La soluzione che riesce a dare una giusta risposta a queste
problematiche e garantire uno sviluppo sostenibile, così come è stato sancito nel
Protocollo di Kyoto, è quella di diversificare le fonti energetiche impiegate, prevedendo
un utilizzo sempre più cospicuo delle fonti di energia rinnovabile, caratterizzate dalla loro
“inesauribilità” e dal loro basso impatto ambientale.
Una delle fonti di energia rinnovabile oggetto di particolari attenzioni a livello
scientifico e, soprattutto, a livello istituzionale, è il bioetanolo, cioè quel combustibile
prodotto mediante un processo di fermentazione delle biomasse, ovvero di prodotti
agricoli ricchi di zuccheri quali i cereali e le colture zuccherine, nonché da residui e
prodotti agroindustriali quali le vinacce.
In tutto il mondo la produzione di etanolo, tra il 2007 e il 2008 è stata di circa
45/49 miliardi di litri all'anno, e la previsione per il 2015 è quella di raggiungere i 115
miliardi di litri (Sánchez et al., 2010a). Recenti studi hanno dimostrato la possibilità di
sostituire la benzina e diesel con il bioetanolo quale fonte combustibile per i motori dei
veicoli, come confermano anche i risultati del progetto BEST, “Bioethanol for
Sustainable Transport”, supportato dalla Commissione Europea, terminato nel 2009.
L’interesse sempre più diffuso di ricercare migliori tipologie di biomassa
caratterizzate dall’alta quantità di carboidrati contenuti e quindi, di conseguenza, dalla
loro economicità e convenienza per ciò che riguarda la produzione di bioetanolo, ha
portato a considerare, come si evidenzia in questo lavoro, le prospettive presenti e future
dello sfruttamento della polpa di carruba come risorsa per la produzione di bioetanolo
attraverso l’utilizzo del Saccharomyces cerevisiae.
Il bioetanolo
Il bioetanolo è un combustibile prodotto dalla fermentazione delle biomasse, un
alcol a corta catena, noto anche come alcol etilico o spirito di vino, la sua formula
chimica bruta è CH3CH2OH e ha una massa molecolare di 46,07. A temperatura ambiente
si presenta come un liquido incolore dall'odore caratteristico, tendenzialmente volatile ed
estremamente infiammabile. Il bioetanolo è un combustibile ossigenato che contiene il
35% di ossigeno, caratteristica importante per la sua combustione in quanto ne aumenta
l’efficienza, riducendo al contempo sia la formazione di particolato che l’emissione di
composti NOx. Il bioetanolo presenta un alto numero di ottani: caratteristica molto
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apprezzata per ciò che riguarda i motori a combustione interna in quanto riduce in
maniera considerevole il classico problema della battitura in testa. Risulta poi molto
appropriato per essere miscelato alle benzine fossili in quanto il suo alto numero di ottani,
il contemporaneo basso numero di cetani e il suo alto valore del calore di vaporizzazione
impedisce l’auto-accensione nei motori diesel. È per tale motivo che spesso si parla di
E85 o di E10: sigle indicanti veicoli, chiamati anche “Flex Fuel Vehicle”, che utilizzano
l’85% di bioetanolo e il 15% di benzina, (come avviene in Brasile), o 10% bioetanolo e
90% benzina rispettivamente (come avviene in molti paesi degli Stati Uniti).
I vantaggi che il bioetanolo presenta rispetto alla benzina sono:
•
un più alto numero di ottani;
•
più ampi limiti di infiammabilità;
•
maggiore velocità di fiamma;
•
maggiore valore di calore di vaporizzazione.
Queste proprietà consentono:
•
un maggiore rapporto di compressione;
•
un minore tempo di consumo del combustibile;
•
una riduzione dei consumi del motore, che porta dei vantaggi dal punto di
vista dell’efficienza nei motori a combustione interna.
Gli svantaggi rispetto alla benzina sono:
•
minore densità di energia (1/3 in meno);
•
corrosività;
•
minore luminosità di fiamma;
•
minore pressione di vapore (che rende le accensioni del motore difficili);
•
miscibilità con l’acqua.
Il carrubo
Il carrubo (Ceratonia siliqua L.) appartiene alla famiglia delle Fabaceae. È un
albero tipicamente xerofitico, sempreverde, molto adattato a regioni aride, dove può
considerarsi emblematico. Cresce molto bene nelle zone con clima Mediterraneo
subtropicale con inverni non troppo rigidi. Risulta molto tollerante alla salinità e si adatta
facilmente ad una larga varietà di suoli, da quello povero e sabbioso, ai pendii rocciosi,
fino ai terreni fertili e profondi. In un ettaro si possono trovare 25 – 45 alberi (sesti
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d’impianto da 15x15 m fino a 20x20 m) e solitamente lo si trova in zone semi aride o
marginali rispetto ad aree dedicate all’agricoltura. Non necessità di particolari cure come
altri alberi da frutto: infatti non è necessaria una potatura annuale, né una costante
irrigazione, né un costante apporto di fertilizzanti.
La carruba
Il frutto del carrubo, la carruba, è un baccello cuoioso, lungo 10-20 cm, spesso 1-2
cm e largo 3-4 cm, dapprima di colore verde pallido e poi, a maturazione, marrone scuro.
Presenta una superficie esterna molto dura, con polpa carnosa e zuccherina. Dalla
lavorazione della carruba è possibile ottenere una vasta gamma di derivati. L’uso del
frutto intero è limitato, specialmente per consumo umano, per il suo alto livello di tannini
che causano astringenza, anche se per secoli, soprattutto in periodi di scarsa disponibilità
di cibo, ha costituito una delle fonti principali di nutrimento. La carruba è essenzialmente
costituita dalla polpa e dai semi. Nelle varietà coltivate queste parti rivestono
rispettivamente circa il 90% ed il 10% del peso totale del frutto (Brugaletta et al., 2010)
mentre nelle varietà selvatiche la resa in polpa può scendere sino al 70%.
Figura 1: Rappresentazione di una carruba, della sua sezione e del suo seme
(Zografakis N. et al., 2002)
I semi costituiscono, dal punto di vista economico, la parte più importante del
frutto, in quanto utilizzati per l’estrazione della preziosa farina di semi di carrube
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conosciuta nell’industria alimentare anche come E410. Trova utilizzo come addensante,
legante,
stabilizzante,
flocculante,
sospendente,
filmogene,
impermeabilizzante,
eccipiente, deflocculante, omogeneizzante, agente di sedimentazione, agente di
filtrazione. La polpa è considerata un sottoprodotto e, sotto forma di frantumato, viene
assorbita dall’industria mangimistica.
Figura 2: Principale area di produzione siciliana di carrube (Avallone R. et al., 1997)
In questo studio è stata presa in considerazione la produzione di carrube delle
province di Ragusa e Siracusa (tabella 1), produttrici di oltre il 90% delle carrube prodotte
in Italia (Pecorino, 2001; La Malfa et al,. 2008). Il fatto di trovare una tale produzione in
un’area relativamente poco estesa come quella delle due province ha permesso di
ipotizzare in questo studio la fattibilità di un impianto di produzione di bioetanolo. La
tabella 2 riporta alcuni dati sulla composizione delle carrube provenienti da diverse aree
di produzione siciliane dai quali si evince il buon contenuto in zuccheri.
Tabella 1: Evoluzione della produzione di carrube in Italia ed in Sicilia (Pecorino,
2001)
Anno
1988 - 91
1992 - 95
1996 - 99
t
%
t
%
t
%
t
%
t
Ragusa
40.800
70,0
36.400
72,8
23.200
62,7
29.500
69,9
25.400
Siracusa
10.500
18,0
8.900
17,8
9.600
25,9
9.100
21,6
1.800
3,1
700
1,4
600
1,6
500
53.100
91,1
46.000
92,0
33.400
90,3
5.200
8,9
4.000
8,0
4.000
58.300
100
50.000
100
37.000
Territorio
Altre province
Sicilia
Altre regioni
Italia
1980 - 83
1984 - 87
2000
t
%
69,0
24.500
63,6
7.700
20,9
10.500
27,3
1,2
500
1,4
400
1,0
39.100
92,7
33.600
91,3
35.400
91,9
10,8
3.100
7,3
3.200
8,7
3.100
8,1
100
42.200
100
36.800
100
38.500
100
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%
6
Tabella 2: Composizione della carruba siciliana (Avallone et al., 1997)
Umidità
Ceneri
Proteine
Grassi
%
%
%
%
%
%
%
%
Rosolini
6 ± 0,2
6 ± 0,3
5 ± 0,5
0,7 ± 0,1
27 ± 0,5
5 ± 0,1
6 ± 0,1
0,1 ± 0,02
Modica
6 ± 0,4
3 ± 0,1
4 ± 0,2
0,5 ± 0,1
35 ± 1,3
3 ± 0,1
4 ± 0,9
0,3 ± 0,07
Noto
10 ± 0,5
4 ± 0,1
4 ± 0,2
0,6 ± 0,1
33 ± 2,9
3 ± 0,1
3 ± 0,9
0,7 ± 0,01
Ispica
8 ± 0,1
2 ± 0,3
5 ± 0,1
0,8 ± 0,1
40 ± 0,7
4 ± 0,1
6 ± 0,1
1,1 ± 0,12
Pozzallo
6 ± 0,1
2 ± 0,1
2 ± 0,2
0,4 ± 0,1
35 ± 2,3
5 ± 1,5
7 ± 1,5
0,5 ± 0,04
Acate
6 ± 0,1
2 ± 0,1
1 ± 0,3
0,5 ± 0,1
35 ± 0,1
5 ± 0,1
7 ± 0,1
1,1 ± 0,08
Giarratana
7 ± 0,1
3 ± 0,1
1 ± 0,1
0,8 ± 0,1
35 ± 0,2
5 ± 0,1
7 ± 0,1
1,0 ± 0,09
Santa Croce
Camerina
8 ± 0,1
1 ± 0,1
1 ± 0,2
0,8 ± 0,1
33 ± 0,7
5 ± 0,2
8 ± 0,1
1,3 ± 0,09
Media
7±1
3±2
3±2
0,6 ± 0,1
34 ± 3,6
4±1
6±2
0,8 ± 0,4
Polpa
Germe
6 ± 0,1
4 ± 0,1
2 ± 0,1
6 ± 0,1
2 ± 0,2
1 ± 0,3
0,4 ± 0,1
2,8 ± 0,1
35 ± 2,3
4,5 ± 0,1
5 ± 1,5
0,2 ± 0,0
7 ± 1,5 0,5 ± 0,04
0,3 ± 0,0 0,0 ± 0,00
Seme
9 ± 0,1
1 ± 0,1
1 ± 0,1
1,1 ± 0,1
0,4 ± 0,2
0,1 ± 0,0
0,1 ± 0,0 0,1 ± 0,04
Provenienza
polpa
Saccarosio Glucosio Fruttosio
Amido
Materiale preso in considerazione
In passato Roukas (1993; 1995) ha analizzato la produzione di bioetanolo
dall’estratto di polpa di carruba per mezzo del Saccharomyces cerevisiae a celle libere o
immobilizzate. Dai lavori è emerso che la condizione ottimale per la fermentazione
dell'estratto di carruba si raggiunge ad un pH compreso tra i 3,5-6,5, ad una temperatura
di 30°C ed un'iniziale concentrazione di zucchero di 250 g/l. Nel fermentato è stata
trovata una concentrazione massima di etanolo di 64,5 g/l, con un’utilizzazione di
zucchero del 94%. In uno studio più recente (Sánchez et al., 2010a) si è analizzato il ciclo
di vita della produzione di bioetanolo da polpa di carrube. Tale studio ha evidenziato
come questo processo abbia una minore emissione di anidride carbonica, anche del 70%,
rispetto ad altre colture destinate allo stesso scopo. Si evidenzia anche un NER (Net
Energy Ratio), cioè un rapporto tra energia in uscita ed energia in entrata per produrre il
combustibile (tabella 3), molto simile ai valori delle tradizionali colture destinate alla
produzione di biocombustibile.
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Tabella 3: Confronto dei “Rapporti di energia netta” delle diverse colture destinate alla
produzione di bioetanolo (Sánchez et al., 2010a)
Feedstock
NER
Polpa di carruba
2,36
Grano
2,25
Canna da Zucchero
3,5
Barbabietola da Zucchero
3,0
Sorgo dolce
7,5
Miscanto
2,5
Il processo di produzione
La produzione di etanolo da sostanze zuccherine prevede quattro fasi:
1. l’estrazione degli zuccheri;
2. la fermentazione;
3. la distillazione azeotropica dell'etanolo;
4. la disidratazione dell'etanolo.
La figura 3 rappresenta il diagramma produttivo di etanolo a partire dalle carrube.
Raccolto
Carrube
Macinazione e separazione
Polpa
Estrazione degli zuccheri
Fermentazione
Distillazione
Disidratazione
Etanolo
99,95%
Figura 3: Diagramma a blocchi dell’intero processo
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Estrazione degli zuccheri
Il processo di estrazione degli zuccheri è un processo che deve essere realizzato
necessariamente per mezzo di acqua calda (80°C), perché nella sua forma naturale la
carruba si trova in forma quasi anidra (ca. 1,5% di acqua). Il processo prevede
l’immersione delle carrube per 1 ora di tempo, con un rapporto di diluizione di 1:4, con il
conseguente ottenimento di un brodo di fermentazione avente una concentrazione di
115,3 g/l di zuccheri.
Tale dato è derivato da uno studio (Turhan et al., 2010) condotto in Turchia
(tabella 4). Le condizioni di estrazione sono state determinate con il metodo di responso
superficiale Box-Behnken in modo da evidenziare le relazioni esistenti tra una o più
variabili. I vantaggi di questo metodo sono la riduzione del numero di campioni e di
ripetizioni.
Tabella 4: Risultati dell’analisi effettuata con il metodo di responso superficiale
(Turhan et al., 2010)
Campione
Temperatura
n°
°C
h
-
g/l
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
80
80
90
90
90
80
70
70
70
80
80
70
80
90
80
2
3
2
3
2
2
3
2
2
3
1
1
1
1
2
6,5
9,0
4,0
6,5
9,0
6,5
6,5
9,0
4,0
4,0
4,0
6,5
9,0
6,5
6,5
78,2 ± 4,31
54,9 ± 5,12
103,1 ± 3,16
62,5 ± 4,02
54,7 ± 3,23
86,8 ± 2,51
100,2 ± 3,16
63,7 ± 1,58
101,1 ± 4,52
110,2 ± 7,90
115,3 ± 9,64
46,2 ± 3,54
42,6 ± 2,65
83,2 ± 3,15
75,0 ± 2,93
Tempo Rapporto di diluizione Ammontare di zuccheri
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È interessante notare l’importanza della temperatura e del rapporto di diluizione.
Infatti, a parità di temperatura, se si aumentasse il rapporto di diluizione al valore 9,0 si
otterrebbe il risultato peggiore in assoluto.
La spesa energetica di questo processo prevede 6,4 x 106 kWh/anno e ciò per
effetto della necessità di scaldare l’acqua di processo fino ad una temperatura di 80°C.
Fermentazione
La fermentazione è un processo chimico che vede la formazione di etanolo per
effetto della scissione, da parte di lieviti, delle molecole degli zuccheri in biossido di
carbonio ed etanolo. Il lievito utilizzato nel processo di produzione di bioetanolo da polpa
di carrube è il Saccharomyces cerevisiae, un organismo unicellulare appartenente al regno
dei funghi, probabilmente il lievito più importante nell'ambito dell'alimentazione umana.
La fermentazione si svolge in due fasi: nella prima il lievito scinde, tramite
l'enzima invertasi, gli zuccheri complessi (come il saccarosio), mentre nella seconda
avviene la formazione di etanolo (o alcol etilico) a partire dagli zuccheri semplici. È un
processo che avviene all’interno di un reattore batch, in cui si introduce il brodo di
fermentazione, ricco di zuccheri, utile alla crescita dei microrganismi del lievito, e il
lievito. Nello studio di Turhan et al., (2010) è stato preso in considerazione un processo di
fermentazione all’interno di un bioreattore Sartorius Biostat B Plus (Allentown, PA) con
capacità pari a 2,5 litri (volume di lavoro di 1,5 litri). La temperatura è mantenuta a 30°C
e la velocità di agitazione è stata di 150 rpm senza areazione. Il pH è stato mantenuto a
5,5 usando un'aggiunta automatica di 4 N NaOH. Tutti gli inoculi della fermentazione
sono cresciuti per 24 ore a 30°C.
Dopo circa 30 ore di processo si ottiene un brodo fermentato avente al suo interno
una percentuale del 10% di etanolo. In questo studio è stato anche analizzato l’effetto del
pH sulla produzione di bioetanolo. Nello specifico si è valutato il processo con e senza
controllo del pH (valore di riferimento: 5,5). La figura 4 mostra l'ammontare di biomassa
sospesa (g/L) e di etanolo (g/L) nel brodo in fermentazione con e senza controllo del pH
5,5. Il risultato indica chiaramente che la più alta quantità di biomassa è stata ottenuta con
il pH controllato a 5,5, molto meglio rispetto al risultato senza controllo del pH.
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Figura 4: Concentrazione di etanolo e biomassa sospesa nel brodo di fermentazione,
con e senza controllo del pH (Turhan et al., 2010)
Tabella 5: Parametri cinetici della produzione di etanolo con e senza controllo del pH
(Turhan et al., 2010)
Valori
Parametri cinetici
Zucchero consumato (g/l)
Etanolo prodotto (g/l)
Resa processo (%)
Rapporto di massima trasformazione (-ds/dt)max
Rapporto di massima produttività (dp/dt)max
Massima velocità di sviluppo (dx/dt)max (g/l/h)
Rapporto di sviluppo specifico (h-1)
Doubling time (h)
Con controllo
del pH
94,97
42,60
44,86
5,35
3,37
0,54
0,16
4,29
Senza controllo
del pH
96,48
40,17
41,63
4,07
3,26
0,12
0,10
6,88
Il risultato indica chiaramente che i migliori risultati sono stati ottenuti con un
processo a pH controllato al valore di 5,5.
Anche l’effetto della percentuale di inoculo è stato analizzato. Per determinare
l'effetto della differente percentuale di inoculo sui parametri cinetici della fermentazione
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di etanolo dall'estratto di carruba, è stato fatto fermentare l’estratto con 1%, 3% e 5% di
inoculo.
Figura 5: Relazione tra concentrazione di etanolo e rapporto di produzione con
differenti taglie iniziali di inoculo (Turhan et al.,2010)
Tabella 6: Parametri cinetici della produzione di etanolo relativi alla percentuale
iniziale di inoculum da utilizzare (Turhan et al.,2010)
Valori
Parametri Cinetici
1%
3%
5%
Glucosio trasformato (g/L)
94,97
93,47
94,18
Etanolo prodotto (g/L)
42,60
42,90
38,55
Efficienza (%)
44,86
45,90
40,94
Rapporto di massima produttività (g/L/h)
3,37
3,70
3,19
Rapporto di massima trasformazione (ds/dt)max
(g/L/h)
5,35
5,91
7,10
Massima velocità di sviluppo (dx/dt)max (g/L/h)
0,54
0,65
0,73
Rapporto di sviluppo specifico (h-1)
0,16
0,16
0,19
Doubling time (h)
4,29
4,28
3,63
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La massima concentrazione di etanolo (42,90 g/L), la massima produttività di
etanolo (3,7 g/L/h), e la massima resa di etanolo (45,9%) sono stati ottenuti con un
inoculo iniziale del 3%.
La spesa energetica di questo processo, come è riportato in letteratura (Progetto
Sweethanol, 2011), ammonta a 40 MJ/t di materia prima. Considerando il quantitativo di
polpa di carruba prodotta annualmente nelle province di Ragusa e Siracusa (circa il 90%
di 35.000 tonnellate di carrube) si prevede una spesa energetica annuale di:
40 MJ/t x 31.500 t = 1.260.000 MJ = 1,26 x 109 kJ =
= (1,26 x 109 kJ) / (3.600 kWh/kJ) =
= 0,35 x 106 kWh/anno.
Distillazione
La distillazione è quel processo fisico e chimico che consente di ottenere la
separazione dell’alcool dal brodo fermentato, per effetto del diverso punto di ebollizione
dei componenti di quest’ultimo, e di portare la concentrazione dell’alcol al 95% in peso.
È una tecnica che si basa sulla diversa distribuzione dei vari componenti di una miscela in
una fase liquida ed in una fase vapore in equilibrio dinamico tra di loro.
Dopo la fermentazione dunque il prodotto viene mandato in colonna di
distillazione. La colonna di distillazione è costituita principalmente da due sezioni, la
“sezione di rettifica” o di arricchimento, in cui si ha la formazione di vapore ricco della
componente più volatile della miscela in ingresso. Il vapore giunge poi ad un
condensatore a superficie e qui seguirà due direzioni: una parte verrà reintrodotta in forma
ormai condensata all'interno della colonna; un'altra parte costituirà uno dei nostri prodotti
di separazione e verrà indicata come distillato.
Nella parte opposta, sul fondo della colonna, si ha invece la zona di strippaggio o
di esaurimento, sotto il punto di ingresso di alimentazione, dove si produce il cosiddetto
residuo, composto dalla componente meno volatile dell’alimentazione. È in questa zona
che il residuo viene asportato. Nella zona inferiore a quella di strippaggio si ha un
ribollitore che ha il compito di vaporizzare il liquido all’interno del sistema di separazione
(figura 6).
Solitamente, il flusso di alimentazione proveniente dal fermentatore contiene
acqua, etanolo e circa il 5% di diversi componenti come metanolo, acetaldeide e alcol
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“fusel” (1-propanolo, 2-propanolo, 1-butanolo, 3-metil-1-butanolo e 2-pentanolo). La
composizione esatta dipende dalla materia prima utilizzata e dalle condizioni dei processi
di estrazione e di fermentazione.
La distillazione è il processo più dispendioso di tutto l’impianto. La spesa
energetica ammonta a 8,5 x 106 kWh/anno (Sánchez et al., 2010a).
Figura 6: Esempio di colonna di distillazione (Sánchez et al., 2010a)
Disidratazione
La disidratazione è quel processo che permette di concentrare ulteriormente il
distillato in uscita dal condensatore, contenente il 95% in peso di etanolo, ad un livello
adatto all’impiego nei motori a combustione interna, cioè ad un livello di purezza del
99,95%, definito livello “fuel grade”. Si considera a tale scopo un processo di
assorbimento con setacci molecolari a salti di pressione, chiamato PSA (Pressure Swing
Adsorption). Questa nuova tecnologia è caratterizzata da un minore consumo energetico
rispetto alle tecnologie precedentemente utilizzate e da un piccolo capitale
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d’investimento. La disidratazione per assorbimento con setacci molecolari in fase vapore
presenta vantaggi per diversi aspetti, quali:
•
l’eliminazione dal processo di distillazione dell’uso di cicloesano o benzene,
scoperti essere cancerogeni;
•
l’eliminazione della seconda colonna di distillazione, con un notevole risparmio di
costi di installazione;
•
l’alta produttività e l’alto grado di purezza del prodotto;
•
i buoni margini di risparmio di energia rispetto alla classica distillazione
eteroazeotropica;
•
la tecnologia consolidata.
I setacci molecolari utilizzati in questo processo sono chiamati zeoliti 3A e non
sono altro che delle piccolissime sfere di diametro medio di 3,3 mm, con dimensioni dei
pori così ridotte da non essere penetrate dalle molecole di etanolo, ma solo da quelle di
acqua.
La spesa energetica di questo processo, come riportato in letteratura (Sánchez et
al., 2010a), in funzione della quantità di carrube prodotte annualmente nelle province di
Ragusa e Siracusa, ammonta a 2,1 x 106 kWh/anno.
Costo dell’impianto
L’ammontare del costo dell’impianto si può calcolare considerando il costo di
un impianto di produzione di bioetanolo con una capacità di produzione di 32 x 106
litri/anno. Bisogna considerare che il costo delle singole componenti dell’impianto non è
legato alla taglia delle stesse in maniera direttamente proporzionale, bensì il costo unitario
si riduce all’aumentare delle dimensioni. La relazione che lega i costi di impianto e le
taglie è di seguito riportata:
CostiA/CostiB = (TagliaA/TagliaB)R
dove R è un fattore di scala che varia tra 0,6 e 0,8.
Fissando il valore R a 0,75 e, sulla base di un’indagine di mercato, stimando il
valore dell’impianto pari a 16 M€ + 5 M€ per costi di ingegneria, è possibile calcolare il
costo di investimento:
CostiA = 21 M€ (7.837.500/32.000.000)0,75 = 7.000.000 € (costo dell’impianto)
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Considerando la necessità dell’impianto di una struttura ospitante macchinari e
componenti dell’impianto stesso, e di una superficie non inferiore ai 7000 m2, si stima un
ulteriore costo di € 1.000.000.
Si considerano ulteriori costi per: opere civili, sistema di movimentazione,
interfacciamento alla rete elettrica, per un totale di € 500.000.
Tabella 7: Resoconto dei costi di realizzazione totale dell’impianto
Immobilizzazione
Costo
Impianto
€ 7.000.000
Terreno + struttura
€ 1.000.000
Opere civili
€ 500.000
Totale
€ 8.500.000
Risultati
Lo studio effettuato prende in considerazione l’impiego della totalità di polpa di
carrube prodotta nelle province di Ragusa e Siracusa che ammonta a 31.500 tonnellate
considerata una resa in polpa del 90% sul totale prodotto in questo areale (35.000 t).
L’analisi del processo di produzione di bioetanolo prevede una produzione annuale di
biocombustibile di 7,5 milioni di litri circa, corrispondente a 6200 tonnellate, e l’utilizzo
della polpa di scarto per la produzione di mangimi, chiamati DDGS, ad alto valore
proteico, per un totale di 17.600 tonnellate. Considerando la vendita dell’etanolo prodotto
a 670 €/tonnellata, la vendita degli scarti, chiamati DDGS, a 110 €/tonnellata, un costo
dell’impianto di 8,5 M€ e l’acquisto della polpa di carrube a 100 €/tonnellata è possibile
ipotizzare il bilancio economico riportato nelle tabelle 8 e 9.
Tabella 8: Entrate di cassa
Voce
Quantità
€/anno
Etanolo
6.200 t/anno
4.150.000
DDGS
17.600 t/anno
1.950.000
€
6.100.000
Totale Entrate di Cassa
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Tabella 9: Uscite di cassa + Utile lordo
Voce
Quantità
Polpa di carrube
31.500 t/anno
€/anno
3.150.000
Lievito
Potassio solfato
400.000
Magnesio solfato
Ammonio monofosfato
Manodopera
3 operai
90.000
Ammortamenti
Su 10 anni
850.000
Manutenzione
2% sul costo impianto
130.000
0,05 €/kWh
900.000
Energia
Totale Uscite di Cassa
€
5.520.000
Utile lordo
€
580.000
Totale a bilancio
€
6.100.000
All’Utile lordo andranno sottratte le tasse, corrispondenti al 35% dell’Utile lordo
stesso, ed ammontanti a € 203.000.
€ 580.000 - € 203.000 = € 377.000 (Utile netto)
Valutazione Economica
La valutazione economica di un investimento non è altro che l’analisi dei flussi di
cassa intesi come introiti ed esborsi, tradotti poi in una serie di indici che rendano
possibile un confronto e quindi una scelta sulla maggiore o minore convenienza di un
investimento. A tale scopo è possibile calcolare l’indice di ritorno economico
dell’investimento o Pay Back Period (PBP) e l’indice del valore attuale netto o Net
Present Value (NPV) a 25 anni, periodo di tempo considerato pari alla vita utile
dell’impianto. Come è possibile notare dal grafico sottostante, considerando un valore
dell’indice di attualizzazione del 5%, si ottiene un ritorno economico dell’investimento di
16 anni e un VAN a 25 anni di 3,1 M€ (figura 7).
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NP V + P B P
Milioni €i
4
2
0
-2
1
3
5
7
9 11 13 15 17 19 21 23 25
-4
-6
Anno
Figura 7: Analisi del ritorno economico e del valore attuale netto dell’investimento in
funzione del prezzo della materia prima pari a 0,10 €/kg
Se la polpa di carruba costasse 90 €/t, quindi 0,01 €/kg in meno, si avrebbero
risultati abbastanza differenti (figura 8).
NP V + P B P
8
Milioni €i
6
4
2
0
-2 1
3
5
7
9 11 13 15 17 19 21 23 25
-4
-6
Anno
Figura 8: Analisi del ritorno economico e del valore attuale netto dell’investimento in
funzione del prezzo della materia prima pari a 0,09 €/kg
Allo stesso modo, se la materia prima assumesse un costo di 110 €/t, cioè 0,01
€/kg in più rispetto al caso base considerato, si prospetterebbe una situazione per nulla
conveniente (figura 9):
CAREX Carob Exploiters – Produzione di Bioetanolo da polpa di carrube
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NP V + P B P
0
Milioni €i
-1 1
3
5
7
9 11 13 15 17 19 21 23 25
-2
-3
-4
-5
-6
-7
Anno
Figura 9: Analisi del ritorno economico e del valore attuale netto dell’investimento in
funzione del prezzo della materia prima pari a 0,11 €/kg
Conclusioni
Il presente lavoro ha analizzato il processo di produzione del bioetanolo a partire
da polpa di carrube da un punto di vista tecnico e da un punto di vista economico.
L’analisi ha preso in considerazione gli studi effettuati da Turhan et al. (2010), e
da Sánchez et al., (2010a; 2010b). Facendo riferimento al contesto siciliano, è possibile
affermare che la produzione di bioetanolo dalla polpa di carruba è ad oggi una soluzione
di assoluta fattibilità, potendo raggiungere quantitativi di produzione alla stregua delle
altre colture tipicamente utilizzate al medesimo scopo (tabella 10).
Tabella 10: Confronto della produttività della polpa di carruba con le altre colture
tipiche per la produzione di bioetanolo (Sànchez et al., 2010a)
Feedstock
Produttività di bioetanolo (l/kg)
Mais
Grano
0,409
0,360
Polpa di carrube
Barbabietola da zucchero
Cassava
0,320
0,200
0,182
Sorgo dolce
Canna da zucchero
0,140
0,085
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Rispetto a queste infatti il carrubo presenta ulteriori vantaggi di notevole
importanza, primo tra tutti il fatto di non essere soggetto alla competizione tra l’uso per
l’alimentazione umana e quello per l’ottenimento di bioetanolo. Il carrubo poi non
necessita di essere irrigato, non ha bisogno di fertilizzanti né di particolari cure ed
attenzioni. È un albero che si adatta a svariate condizioni pedoclimatiche e non entra in
competizione con le principali colture dedicate all’alimentazione, in quanto cresce
facilmente anche in aree marginali.
Dal punto di vista economico il progetto presenta una certa vulnerabilità dovuta
all’aleatorietà del prezzo della materia prima: può infatti passare da una assoluta
convenienza nel momento in cui diminuisce il prezzo della materia prima di un solo
centesimo di euro dal valore di riferimento, ad una assoluta infattibilità dal momento in
cui la polpa di carruba costi un solo centesimo di euro al kg in più.
È indubbio che l’attivazione della filiera produttiva a livello locale porterebbe
considerevoli vantaggi in termini occupazionali, ma soprattutto in termini ambientali. In
questi termini si potrebbe prospettare un aumento delle coltivazioni di carrubo, con un
maggior sfruttamento di tutti quei terreni abbandonati nel tempo per mancanza di
convenienza produttiva che ad oggi presentano seri rischi di desertificazione o di dissesto
per l’abbandono. Altro aspetto da considerare riguarda la riduzione delle emissioni di
CO2, aspetto che permetterebbe di dare un contributo al raggiungimento dei limiti imposti
dal Protocollo di Kyoto. È inoltre da sottolineare che se la filiera del bioetanolo si
sviluppasse, si creerebbe la possibilità di ridurre i costi di produzione e di svincolare
l’agricoltura dai contributi e i sussidi statali e comunitari, permettendo anche in questo
caso un notevole vantaggio economico per la collettività.
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Finanziato dall’A.P.Q. “Giovani protagonisti di sé e del territorio”.
Organismo responsabile dell’informazione: Associazione CAREX Carob Exploiters
CAREX Carob Exploiters è un’associazione senza fini di lucro che persegue i seguenti
scopi: sviluppare la ricerca di base, la ricerca industriale e sperimentale sul carrubo
(Ceratonia siliqua L.), diffondere ed accrescere la conoscenza sulle varietà e sulle loro
caratteristiche specifiche, tutelare, promuoverne e valorizzarne la biodiversità
intraspecifica, sviluppare la ricerca sulla produzione, sulle applicazioni e la
trasformazione del carrubo e dei prodotti derivati, sviluppare l’industria e la
trasformazione del carrubo, potenziare il mercato, la commercializzazione e
l’esportazione, studiare e diffondere le innovazioni tecnologiche nella produzione e
nell’industria di trasformazione, attrarre investimenti nazionali e stranieri e incentivare la
creazione di impresa ed occupazione nei settori della produzione e dell’industria di
trasformazione, diffondere presso gli agricoltori e le imprese le conoscenze scientifiche e
le
innovazioni
tecnologiche
per
la
produzione,
la
trasformazione
e
la
commercializzazione del carrubo, fornire agli agricoltori e alle imprese formazione,
consulenza e assistenza per la produzione, la trasformazione e la commercializzazione.
ISBN: 978-88-906611-0-5
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