capitolo i - Affari Italiani
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capitolo i - Affari Italiani
CAPITOLO I ASCESA A CADUTA DI UN MITO E NOSTRADAMUS DISSE: UN GIORNO ARRIVERÀ UN BOSSIT… Pizza e Coca Cola: due cose a cui l’ex leader della Lega Nord Umberto Bossi non ha mai rinunciato negli anni della sua vita politica. Alle sagre del Carroccio, o allo storico Hotel Mirella di Ponte di Legno dove passava l’estate prima dei litigi con la famiglia Caparini1, lo si può vedere spesso mentre addenta una margherita e trangugia la storica bibita di Atlanta, i cui grattacieli sono lontani migliaia di chilometri dalle Alpi padane. Spesso accade a notte fonda, mentre stringe tra i denti l’immancabile sigaro toscano. Certo, poi in questi anni ci sono state le donne, le battaglie politiche e le risate con Silvio Berlusconi nella villa San Martino di Arcore, dove a cena spesso e volentieri non disprezzava i piatti senz’aglio del fidato cuoco Michele. Ma la pizza e la Coca Cola sono davvero i due ingredienti che hanno tenuto in piedi il Senatùr in tutti questi anni. Persino la sera del 1 luglio del 2012, dopo il congresso federale di Assago che ha incoronato Roberto Maroni nuovo segretario federale, Bossi ha chiamato a raccolta gli ultimi suoi fedelissimi in pizzeria. Che qualcuno, a pensarci, potrebbe costruirci sopra un saggio di gastronomia politica nello stile di Filippo Ceccarelli, editorialista del quotidiano la Repubblica, nel vedere l’indiscusso leader per la secessione della Padania e per l’autonomia del popoli, che a un brasato di cervo valtellinese preferisce un piatto tipico di Napoli. E che all’amaro Braulio della Val Camonica, predilige la bibita simbolo del capitalismo e delle multinazionali, che la Lega Nord nel suo tifo per le autonomie locali e le piccole e medie imprese ha sempre combattuto. Ma così è stato. Così succede anche adesso. 1 Il deputato leghista Davide Caparini ha presentato querela ritenendo diffamatorio quanto postato su Facebook da Renzo Bossi in risposta a un quesito “Ma Renzo Bossi si è dimesso anche dalla Lega, oltre che dal consiglio regionale?”. “Caro Davide – era stato il post di risposta del Trota – vorrei ricordarti, visto che hai la memoria corta che dalle intercettazioni (pubblicate sull’Espresso ) risulta che tu abbia chiesto 850.000 euro alla Lega per la questione Frigerio in tribunale, quando il titolo delle rate da pagare, che il giudice ha deciso, sono di 400.000 euro... Gli altri 450.000? Quindi confido anch’io nelle tue dimissioni”. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 11 Proprio in una pizzeria di Milano, in viale Zara, periferia nord est del capoluogo lombardo, a breve distanza dall’inizio di quella Tangentopoli che avrebbe spazzato via la repubblica del pentapartito2, Bossi rivelò a due giornalisti3 un dettaglio sulla sua vita di cui era probabilmente convinto: «Nostradamus lo aveva scritto: arriverà un Bossit...». Inutile aggiungere che nelle Centuries del famoso astrologo francese non c’è traccia del nome del fondatore della Lega. E all’affermazione del Senatùr non diedero peso nemmeno i due giornalisti. Uno come Bossi, che aveva fondato la Lega Lombarda dieci anni prima (10 marzo 1982) e frequentava i palazzi romani da quattro (diventò senatore il 14 giugno del 1988), era solito a spacconate del genere. E poi c’era la moglie Manuela Marrone, siciliana, una che si scoprirà vent’anni4 dopo avere una mansarda a Gemonio con libri di magia e manuali per il malocchio. Insomma, una boutade alla Nostradamus poteva pure starci. Il cerchio magico arriverà molto dopo. Quando la malattia lo coglierà in una fredda notte di fine inverno, l’11 marzo del 2004. Ma in quella primavera del 1992, quando Bettino Craxi diede del “mariuolo” al presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa, Bossi aveva capito che bisognava iniziare davvero a fare gli spacconi per conquistare un elettorato all’affannosa ricerca di nuovi volti. Nostradamus, in fin dei conti, faceva parte della storia. Di una storia che durerà a lungo e che in un modo o nell’altro ha determinato gli ultimi due decenni di politica italiana, nell’inganno perpetuo per i cittadini settentrionali di vedersi ridurre le tasse o di non destinare soldi pubblici per colmare il buco di bilancio del comune di Catania o della Sanità del Lazio: tutte cose avvenute sotto l’alleanza Bossi-Berlusconi. 2 3 4 12 Si tratta della coalizione di partiti (Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli) che governò l’Italia dal 1980 al 1992. Guido Passalacqua di Repubblica e Gianluigi Da Rold del Corriere della Sera. Intercettazione di un colloquio telefonico tra Nadia Dagrada e Francesco Belsito. Informativa preliminare del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente Nucleo Operativo Ecologico di Roma, 30 marzo 2012. ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Spaccone lo era sin da giovane Umberto, il bullo di Cassano Magnago5, e lo sarà anche dopo, quando fingerà per due volte di laurearsi in medicina. Nato a Cassano Magnago il 19 settembre 1941, sono ancora in molti, in provincia di Varese, a ricordarlo a bordo di una decappottabile rossa a caccia di belle ragazze. Un tipo con la stoffa da leader già allora, l’Umberto. E se qualcuno lo contraddiceva – racconta il sindaco di Macherio, Giancarlo Porta, espulso dalla Lega nel gennaio 2012 – era solito rispondere: «Stai zitto, sei solo un frullato di merda!». È una volgarità che il Capo padano si è portato dietro in tutti questi anni. Che ha modificato per le uscite pubbliche con pernacchie, bordate gratuite contro alleati politici o dispregiativi per il malcapitato di turno. E che in privato, durante le solenni assembee nella sede del Carroccio in via Arbe, prima, e in via Bellerio, poi, ha continuato a ripetere. Persino durante lo storico consiglio federale del 29 aprile 1995. Roberto Maroni, all’epoca ministro degli Interni, si era opposto pochi mesi prima alla caduta del primo governo Berlusconi. Il Capo lo accolse con un poco onorevole: «Hai fatto bene a ritornare, ora ti mangerai con il cucchiaino fino all’ultimo boccone di merda...»6. È un’espressione che, più di mille altre, dà l’idea del rapporto conflittuale esistente tra Bobo e l’Umberto. Che ha segnato il primo, considerato – da tanti leghisti – come l’eterno traditore per non aver voluto lasciare il Cavaliere. Ma che di fatto ha caratterizzato il biennio 2010-2012, con l’avanzata della nuova Lega 2.0 dei barbari sognanti proprio di Maroni. Comunque sia, prima di incrociare la propria strada con la politica, il Senatùr, che aveva lasciato la scuola per aiutare la famiglia, trova un impiego all’Aci di Varese, poi ottiene il diploma di perito elettronico alla scuola per corrispondenza “Radio Elettra”, 5 6 L’espressione è di Daniele Vimercati, coautore assieme a Umberto Bossi del libro “Tutta la verità. Perché ho partecipato al governo Berlusconi. Perché l’ho fatto cadere e dove voglio arrivare”. DA ROLD, ALESSANDRO, “Io, epurato da Bossi”, in “Lettera43.it”, 19 agosto 2011. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 13 lavora come operaio, perito tecnico e informatico. A vent’anni, con scarso successo, tenta la scalata al mondo della musica col nome d’arte di Donato. Incide un quarantacinque giri (Ebbro e Sconforto, i titoli dei brani) e partecipa al Festival di Castrocaro. Il primo contatto con la politica avviene invece sotto le insegne della falce e del martello7, nel 1975, a Verghera, frazione di Samarate, in provincia di Varese. Nostradamus. Il 1992. Tangentopoli. Una pizza con due giornalisti. Mentre l’Italia cambiava, Bossi ebbe l’intuito di costruire un progetto politico fondato sulla questione settentrionale, che gli ha permesso di governare in Italia per quasi vent’anni. Alle politiche del 1987, la Lega portò a casa 186.255 voti alla Camera e 137.276 voti al Senato. Cinque anni dopo, per l’elezione a Montecitorio i nipotini di Alberto da Giussano conquistarono 3.394.917 voti, mentre a palazzo Madama ci arrivarono con 2.720.138 preferenze. A conti fatti, scrive Giuseppe Baiocchi, ex direttore della Padania, «alle elezioni del 1992 (le ultime svoltesi con il metodo proporzionale) la Lega Nord ottiene più dell’8 per cento di consensi a livello nazionale, conquistando 55 deputati e 25 senatori»8. Sono gli anni del boom della Lega. Anche se il governo durerà solo qualche mese. Il tempo di un avviso di garanzia a Silvio Berlusconi durante il G7 di Napoli e il famoso patto delle sardine nella casa di Bossi a Roma con D’Alema e Buttiglione. La Lega c’è insomma. Esiste. Si rafforza. Indro Montanelli, in quegli anni direttore del quotidiano “il Giornale” lo va dicendo in redazione e in particolare a Gianluca Savoini, che seguiva il Carroccio e poi diventerà portavoce di Maroni: «Sto con Bossi, con le sue rodomontate mi è pure simpatico»9. 7 8 9 14 Il nome di Umberto Bossi compare tra gli iscritti dell’anno 1975 alla sezione del Pci di Verghera, frazione di Samarate. Il documento è stato pubblicato nell’edizione on line del settimanale l’Espresso del 2 dicembre 2010. BAIOCCHI, GIUSEPPE, Bossi - Storia di uno che (a modo suo) ha fatto la storia, Milano, 1992. “Sto’ Bossi mi è pure simpatico”, in “la Padania”, 11 dicembre 2009. ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA La Lega viene toccata di striscio da Tangentopoli per la famosa tangente Enimont incassata al bar Doney di Roma da Alessandro Patelli, el Trumbè, l’idraulico diplomato geometra ex tesoriere del partito, accusato «d’aver violato la legge sul finanziamento pubblico dei partiti e falsificazione di contabilità in concorso con altre persone». Si tratta di 200 milioni di lire: l’obolo della Ferruzzi ai leghisti per le elezioni del 1992, che porterà Patelli a soggiornare per due notti al Grand Hotel San Vittore10, vero e proprio incubo per politici, manager e faccendieri della prima Repubblica. Comunque sia, a differenza degli altri partiti – Dc e Psi, in prima battuta – Bossi e il Carroccio usciranno completamente puliti dall’affaire Enimont, tanto che tra i banchi di Montecitorio è ancora viva l’immagine di Luca Leoni Orsenigo che, il 16 marzo 1993, ostentava un cappio all’indirizzo dei socialisti di Craxi. Per la cronaca, Orsenigo fu beccato, qualche ora dopo, da Umberto Pizzi, il fotografo e paparazzo di “Dagospia”, mentre festeggiava in un night club romano, avvinghiato a quattro donne. Cosa significa? I poteri forti non temono Bossi & co? O hanno deciso di salvarli, come insinua il portale di Roberto D’Agostino, vent’anni dopo? Comunque sia, quella tangente, che uno come lo storico autista del leader Pino Babbini sostiene sia stata data come aiuto «perchè la moglie di Sama (ex Enimont) era leghista», è comunque il segnale che qualcosa non va, come – successivamente –dimostreranno gli scandali dei rimborsi elettorali dirottati dal tesoriere Francesco Belsito in Tanzania e nelle lavanderie di denaro della criminalità organizzata di Cipro. È la storia di un “incidente” culminato con l’avviso di garanzia a Bossi e a due dei figli, per truffa ai danni dello Stato (loro, che quello Stato volevano distruggere), con l’ingombrante compagnia della ‘ndrangheta. 10 DI FEO, GIANLUCA, Patelli confessa e torna subito a casa, in “Corriere della Sera”, 9 dicembre 1993. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 15 «Bossi è l’emblema dell’italianità, questa è stata forse la sua forza», mi confidava il 7 luglio 2012 l’europarlamentare Mario Borghezio, in un bar vicino alla sede del Carroccio in via Bellerio. E pensare che Francesco Speroni – un altro che in Lega c’è da sempre – durante il matrimonio tra la Manuela e il Capo si mise una cravatta dove Bossi mangiava Craxi. E oggi è il Senatùr a temere di fare la stessa fine del leader socialista. Semmai “mangiato” da qualcun altro. Del resto, la lottizzazione – intesa come occupazione chirurgica dei posti di potere nelle municipalizzate e negli enti istituzionali (o nelle fondazioni bancarie) nelle regioni settentrionali da parte dei partiti – di cui si è fatta “attenta” sostenitrice la Lega in questi anni, non poteva che portare a una paradossale nemesi con il Psi. Così, se nel 1991 furono i leghisti i primi a criticare la presenza di Vittorio “Bobo” Craxi, il figlio di Bettino, nel consiglio comunale di Milano, nel 2010 i “padani” ebbero la sgradita sorpresa di avere tra gli eletti al consiglio regionale della Lombardia un tale di nome Renzo Bossi, figlio del più famoso Umberto. «Tutta colpa di Garibaldi» sono andati ripetendo in questi anni i padani che hanno accompagnato Bossi nel suo lungo cammino per dividere in due l’Italia. La Lega, Bossi, i leghisti, le ampolle del Dio Po. La Padania. Il pratone di Pontida. Sono immagini e suggestioni entrate di prepotenza nella storia del partito del Nord e, più in generale, in quella italiana. Non solo nei palazzi della politica, ma anche nei bar. Il Senatùr è stato sbeffeggiato in ogni modo, i suoi figli sono stati irrisi, con barzellette di ogni tipo sul Trota, nomignolo che gli riserverà proprio il padre quando un cronista gli chiese sul Monviso durante il consueto rito dell’ampolla, se sarebbe stato il suo “delfino”. Vimercati e il Senatùr nel libro “Tutta la verità”, raccontarono di come la Lega staccò la spina al primo governo Berlusconi. «Questa è la storia di una partita a scacchi, di una spietata e immorale partita a scacchi. La Lega da una parte, il regime dall’altro». Il regime era chiamato «il Nero», che ora, dopo gli scandali, ha sopraffatto Bossi in tutto e per tutto. Senza più il ruolo di leader, 16 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA a Bossi non è rimasto altro che scendere a patti con Maroni, allo scopo di strappare almeno un vitalizio. Amara consolazione.11 Della Lega la definizione migliore l’ha data il teorico del federalismo Gianfranco Miglio, che dopo la rottura con il Senatùr fu cacciato dal movimento e definito da Bossi «una scoreggia nello spazio». «Sono stato dentro la Lega per quattro anni e, ti confesso – afferma Miglio, rivolto ad Augusto Barbera – ho fatto una fatica d’inferno a capire la sostanza del fenomeno leghista»12. LA NOTTE DEL CERCHIO MAGICO «Il giorno della fine coincide con quello di nascita del cerchio magico». Nell’affermazione di Attilio Fontana, sindaco “eretico” di Varese, fatta pochi giorni prima del congresso nazionale della Lega Lombarda ai primi di giugno 2012, traspare tutto il dramma causato dallo stroke e dalla conseguente disabilità del Capo. Non a caso fu proprio Fontana, l’11 marzo 2004, a ricevere la telefonata dall’ospedale di Circolo di Varese che lo avvertiva del ricovero dell’Umberto. Di quella notte si è molto discusso. Ne hanno scritto e parlato in tanti. Anche un infermiere che, prima che sparisse dal web, aveva raccontato la “sua” versione dei fatti13. Certo è che quella 11 DA ROLD, ALESSANDRO, «La tentazione di Bossi? Farsi una nuova Lega salva famiglia», in “linkiesta.it”, 25 maggio 2012. 12 GIANFRANCO MIGLIO – AUGUSTO BARBERA, Federalismo e Secessione, un dialogo, Milano 1997. 13 Questo il resoconto della testimonianza apparsa sul network di giornalisti indipendenti “Indymedia”. «Bossi e Luisa Corna stavano tirando coca e facendo probabilmente anche altro... Il senatùr si è sentito male per l’eccessivo sforzo che stava facendo, gli si è alzata notevolmente la pressione provocando un inizio di emorragia cerebrale. Luisa Corna non ha chiamato subito un’ambulanza perchè temeva che la vicenda finisse sulla stampa, ma ha avvertito alcuni leghisti molto vicini a Bossi che gli hanno detto di non fare niente perchè sarebbero arrivati loro a gestire la faccenda. Ciò ha provocato il peggioramento dell’emorragia che si è evoluta in un vero e proprio ictus. Solo dopo parecchio tempo, con Bossi ormai grave, è stato trasportato all’ospedale. Oggi Bossi ha tutta la parte sinistra del corpo semi-paralizzata». Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 17 notte la storia della Lega cambia. «Troppo forte – scrivono Alessandro Trocino e Adalberto Signore nel libro “Razza Padana” – è l’identificazione tra il leader e il movimento, troppo articolata e istrionica la strategia politica che ha segnato per anni i successi del Carroccio. E al di là di quella sorte di codice d’onore che, in casi come questi, impone alla politica di non affrettare giudizi e non precipitare gli eventi, negli occhi di tutti i dirigenti della Lega, che nel giro di poche ore piombano all’ospedale di Varese, c’è la consapevolezza della svolta»14. È dunque Fontana a ricevere la prima telefonata. Sarà lui, poi, ad avvisare tutti gli altri dirigenti, tra cui anche Bobo Maroni. Il sindaco di Varese non è un uomo di poco conto nel Carroccio. Fino a quella maledetta notte è stato uno dei custodi del focolare di Gemonio. Di conti ne capisce. È un avvocato in gamba e capace. Anche per questo motivo Manuela Marrone, la moglie dell’Umberto, gli ha dato la presidenza della scuola Bosina15, un istituto scolastico che la sciura del Bossi ha creato anche per tutelare i suoi figli che a scuola vengono sempre bocciati16. Se Fontana glissa su molti dei particolari che hanno fatto da sfondo a quella notte di fine inverno, altrettanto non fa Marco Reguzzoni autore del libro Gente del Nord. In quattro pagine, l’ex presidente della Provincia di Varese ed ex capogruppo alla Camera, sintetizza la genesi del cerchio magico17. Giovedì 11 marzo 2004. «Rosy Mauro mi chiama, quel mattino, e mi dice che il Capo si è sentito male18 ed è ricoverato all’o- 14 TROCINO, ALESSANDRO – SIGNORE, ADALBERTO, Razza Padana, Milano, 2008. 15 Attilio Fontana lascerà la presidenza della scuola Bosina nel 2006. A succedergli sarà Dario Galli, futuro presidente leghista della Provincia di Varese, successivamente cooptato nel cda di Finmeccanica. 16 TROCINO, ALESSANDRO – SIGNORE, ADALBERTO, cit.. 17 REGUZZONI, MARCO, Gente del Nord, Milano, 2011. Pp. 57-60. 18 Lo stroke sarebbe avvenuto intono alle 6,30, secondo quanto riferito da Manuela Marrone al cronista di Repubblica [PONTE, MEO, “Crisi cardiaca per Bossi, è grave” in “la Repubblica”, 12 marzo 2004]. 18 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA spedale. […] Bossi giace incosciente sul lettino, mentre attorno a lui decine di persone si affannano a guardare e a farsi guardare».19 Reguzzoni è il primo ad allontanare «scorte e portaborse, sottosegretari e autorità disparate».20 Poi interviene Manuela «che con piglio deciso fa sgombrare tutti dalla stanza e prende in mano la situazione»21. In quelle ore così concitate – rivela l’ex presidente del gruppo leghista a Montecitorio – con il Senatùr che lotta tra la vita e la morte, si forma uno schermo inossidabile tra il cosiddetto clan di Gemonio (Rosy Mauro prenderà casa lì pochi anni dopo) e il resto della Lega. Non è un caso che proprio Reguzzoni ometta volutamente Maroni22; oppure Matteo Salvini, il “Pierino” della Lega Nord, che va spesso a gonfie vele durante le elezioni. Mette fuori dal libro pure tutto il resto del Carroccio. Il capogruppo alla Camera cita Renzo Bossi «quindici anni e uomo di colpo»23, che durante quei giorni si farà vedere spesso in ospedale a Varese. Sul rapporto tra Maroni e lo schermo protettivo di questo gruppetto familistico si è soffermata pure Rosy Mauro in un’intervista con Alfonso Signorini, direttore del settimanale “Chi”. Nel corso del colloquio per la prima volta rivela un dettaglio non da poco. La rabbia di Maroni nei suoi confronti deriverebbe dal fatto che non dissero all’amico storico del Senatùr del suo spostamento in Svizzera, agli inizi di maggio24. Sarà anche per questo che anni dopo Bobo gliela farà pagare chiedendone l’espulsione dopo che le procure avevano acceso i riflettori su un investimento di 250mila euro in diamanti. 19 20 21 22 REGUZZONI, MARCO, cit.. REGUZZONI, MARCO, cit.. REGUZZONI, MARCO, cit.. SETTI, PAOLA, E Reguzzoni revisionista padano cancella il nemico Maroni, in “il Giornale”, 28 novembre 2011. 23 REGUZZONI, MARCO, cit.. 24 SIGNORINI, ALFONSO, Con Maroni e Calderoli il Carroccio è finito, in “Chi”, 22/29 maggio 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 19 Ma torniamo al “cerchio magico”; un’espressione dietro cui si cela «la consapevolezza di essere fragili e facili vittime degli attacchi del male, in tutti i suoi molteplici aspetti». Che conduce l’uomo «a elaborare un sistema protettivo per difendersi», ricorda l’antropologo Massimo Centini25. Il circolo magico che sta intorno a Umberto, quindi, lo protegge. Ne custodisce i segreti. Filtra la comunicazione. I grandi amici storici di Bossi si lamentano che non possono parlare con lui al telefono; «mi dicevano – ricorda Erminio Boso, l’Obelix del Trentino Alto Adige – che era sempre occupato».26 Ma perché questo muro di silenzio intorno al Capo? C’è chi sospetta che la moglie, proprietaria delle insegne elettorali del movimento e con partecipazioni nelle società Pontida Fin e Fin group, casse finanziarie del movimento, abbia il timore che i colonnelli vogliano prendersi la Lega. Ma si sussurra anche che tutto ruoti attorno alle maldicenze sul malore di Bossi. Dov’era il Senatùr quella notte? A casa a Gemonio, come racconta la moglie Manuela che è stata la prima a chiamare il 118, o da qualche altra parte? A tentare di svelare l’arcano sono in tanti. Certamente Giorgio Michieletto e Valentina Fumagalli, autori del libro “The Family”, che ricostruiscono la disperata corsa in ospedale, lungo le strade ingombre di ghiacchio e neve. Manuela vorrebbe puntare su Varese. Ma l’autista, Aurelio Locatelli, è costretto a ripiegare su Cittiglio, a poco più di tre chilometri da casa Bossi. «Nel piccolo ospedale di provincia, Bossi riceve le prime cure d’urgenza che lo strappano alla morte. Poi si può ripartire verso Varese, verso l’unità coronarica del più grande Ospedale di Circolo, attrezzato per un’emergenza del genere»27. In quei minuti si capisce anche che, se non si fossero persi minuti preziosi prima di soccorrerlo, lo stroke non avrebbe avuto il grave decorso che tutti conosciamo. 25 CENTINI, MASSIMO, Malocchio e iettatura, Roma, 2002, pag 105. 26 DA ROLD, ALESSANDRO, Bossiani nell’angolo, Maroni ha pronta la lista per “la purga”, in “linkiesta.it”, 7 aprile 2012. 27 MICHIELETTO, GIORGIO – FUMAGALLI, VALENTINA, The Family, Milano, 2012. 20 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Se non sono le inchieste giornalistiche a far luce sui misteri che avvolgono quella notte, di più facile presa sono i pettegolezzi interni al movimento. Gli stessi che per un certo periodo rimbalzeranno sui giornali e sul web. Bossi – sostiene più di uno – non era a casa sua quando si è sentito male. E non era nemmeno solo, aggiunge qualcun altro. Si sarebbe sentito male in una località imprecisata nel quadrilatero fra Milano, Bergamo, Brescia e Cremona. Poi arrivano anche altri particolari: era assieme all’attrice Luisa Corna28 che, in precedenza, aveva presentato qualche concorso di Miss Padania. Dove? In un motel? Chissà! A fare cosa? Indovinate voi… Lui si sarebbe sentito male. Sarebbe anche svenuto. E lei – preoccupata – avrebbe contattato un uomo della scorta.29 La storia, a metà tra la tragedia e una sceneggiatura a luci rosse, diventerà anche il filo conduttore di un articolo che, anni dopo, farà imbufalire mezza Lega Nord. «Una sera per provare i suoi doni sessuali, Bossi andò con una ragazza in uno degli innumerevoli alberghi che decorano i paesotti e le cittadine della Pianura Padana», scrive dalle colonne di Repubblica, Pietro Citati, che aggiunge: «Per accrescere la propria forza, ingoiò non una ma due pasticche di Viagra. Gli venne un colpo; e di notte, segretamente, venne portato in una clinica svizzera»30. Che sia vero o no ciò che racconta il giornalista di Repubblica, difficilmente riusciremo a saperlo. Certo invece è che in Svizzera Bossi ci arriverà non il giorno del malore, ma solo alcuni mesi più tardi.31 Difficile quindi credere che il “cerchio magico” veda la luce al solo scopo di proteggere la privacy del Capo. A questo punto 28 Luisa Corna ha sempre smentito la circostanza, ma secondo alcuni leghisti avrebbe fatto meglio a tacere. 29 MICHIELETTO, GIORGIO – FUMAGALLI, VALENTINA, cit.. 30 CITATI, PIETRO, Le bretelle della Repubblica ai tempi del viagra, in “la Repubblica”, 27 aprile 2010. 31 Umberto Bossi ricoverato in una clinica svizzera, in “la Repubblica”, 19 giugno 2004. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 21 bisogna prendere in considerazione anche l’altra ipotesi. Quella che rimanda al business generato da un movimento politico che dal 1989 ad oggi ha visto finire nelle sue casse 168.561.690 milioni di euro di rimborsi elettorali, secondo i calcoli effettuati da Paolo Bracalini nel suo documentatissimo libro-inchiesta32. Dopo la malattia, la paura di molte persone è di scomparire dall’organigramma del Carroccio, di essere messe da parte – sia dal punto di vista politico che finanziario – dalle nuove leve della Lega. Giovani rampanti che vogliono cambiare le cose, a cominciare dal decentramento dei poteri decisionali. I timori maggiori sono della moglie Manuela Marrone. La donna può certamente contare sull’aiuto di Giuseppe Leoni, il Cappellano, uno dei fondatori del Carroccio, che assieme a lei è proprietario del simbolo. Poi c’è il solito Speroni, uno che in Lega c’è stato sempre. E infine Reguzzoni, che di Speroni ha sposato la figlia Enrica. La prima mossa della Marrone è quella di spedire Franco e Riccardo Bossi, il fratello e il primo figlio di Umberto, a Strasburgo. L’incarico – retribuito con uno stipendio di 24 milioni e 687 mila lire – è quello di portaborse degli europarlamentari Matteo Salvini e Francesco Speroni.33 La maggiore delle preoccupazioni di Manuela è, in quel momento, che il nome Bossi possa scomparire dalle istituzioni. Su chi consiglia il Senatùr. Su chi gli sta intorno. Su chi gli suggerisce cosa dire e cosa fare ne iniziano ad avere le scatole piene in molti. A condizionare le decisioni del Capo non ci sono solo i pretoriani del “cerchio” ma anche altre persone. Come Aldo Brancher34, l’uomo del sottobosco come ebbe a definirlo l’ex ministro all’Agricoltura Giancarlo Galan. Deputato del Pdl, con alle spalle una condanna a due anni per 32 PAOLO BRACALINI, Partiti Spa, Milano, 2012. 33 STELLA, GIAN ANTONIO, Bossi, in Europa il fratello e il figlio del Senatùr, in: “Corriere della Sera”, 11 novembre 2004. 34 DA ROLD, ALESSANDRO, Non sarà ministro ma Brancher è più forte che mai, in: “Il Riformista”, 16 novembre 2010. 22 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA appropriazione indebita nella scalata Antonveneta di Giampiero Fiorani, Brancher sarà l’artefice della nuova alleanza politica tra Berlusconi e Bossi nel 2001. Un’alleanza cementata da un assegno di due miliardi di lire, che Forza Italia verserà alle casse della Lega. Altro volto noto è quello di Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia35, da sempre confidente economico del Capo. Ma soprattutto garante del patto tra Bossi e Berlusconi. E ancora, il procuratore generale della Padania, l’avvocato Matteo Brigandì, che è tornato a frequentare gli uffici del Carroccio dopo esserne stato allontanato perchè iscritto alla massoneria. Ex senatore e deputato della Lega Nord, Brigandì ha l’ufficio accanto a quello di Bossi. E del Senatùr è il legale di fiducia. Infine, Francesco Belsito, il tesoriere, braccio destro dello storico amministratore Maurizio Balocchi, curatore dei conti della famiglia Bossi e delle casse del Carroccio. Anche lui, come Brigandì, ha un ufficio tutto suo in via Bellerio. I primi due, Tremonti e Brancher, oltre ad avere accesso alle stanze di Gemonio senza passare per il filtro della Marrone, sono custodi dell’alleanza con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che nella Lega ha interessi politici (di sostegno all’asse del Nord) e non solo. Brigandì e Belsito, sono invece sempre a contatto con la famiglia, per questioni legali o di cassa. Ed è su questo ristretto gruppo di persone che, in più occasioni, ha puntato l’indice accusatore il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ritenendole responsabili di «mal consigliare» il Capo. Espulsioni sommarie, una gestione poco chiara dei conti e un leader sempre più ombra di se stesso, sono molto di più che una spia. Bossi arriva in via Bellerio. Discute con gli altri quadri del partito: Maroni, Giorgetti, Calderoli… Ma poi la sera torna a casa. A Gemonio. «Lì – fa notare qualcuno – c’è chi gli fa il lavaggio del cervello». La villetta del Capo diventa così anche il quartier generale del magico cerchio. 35 PORRO, NICOLA, Io, Silvio, Bossi e il patto di amicizia, in “il Giornale”, 19 dicembre 2009. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 23 Uno dei primi a venire allo scoperto è Alessandro Vedani, ex sindaco leghista di Buguggiate, tra i protagonisti del congresso provinciale del 17 ottobre del 2011, in cui fu eletto il candidato unico e “cerchiomagista” Maurilio Canton. «C’è una distinzione fondamentale tra capi e capetti. I capi uniscono, mentre i capetti dividono. Per me – attaccò Vedani, in un applaudito intervento – Bossi ha intorno troppi capetti». E non ancora soddisfatto del j’accuse, aggiunse: «Come mi ha insegnato Bossi, per fare politica servono cervello, cuore e i coglioni, nel senso di coraggio. Io non vedo nessuna di queste tre cose in questo momento. Io vedo delle lobby interne che portano avanti interessi di bottega, il candidato unico Maurilio Canton, non ho capito perché è stato lui il candidato. Non so cosa sia stato detto al grande capo. C’è una difficoltà di comunicazione»36. La stessa “difficoltà” denunciata da Erminio Bosso sette anni prima, quando il Senatùr era ricoverato in una clinica elvetica. «Quando lui (Bossi, ndA) era in Svizzera, c’è stata una riunione ufficiale del segretario provinciale di Varese Leonardo Tarantino, con la convocazione in ufficio di presidenza dove è stata data l’estrema unzione per Bossi. L’avevano già messo via. A salvarlo sono stati Leonardo Tarantino e Giancarlo Giorgetti. Quella è stata la storia. Ora c’è gente che si proclama più bossiana di Bossi, ci sono carnefici che si proclamano salvatori. Questa è la verità». A chi si riferisce Vedani senza fare nomi? Dalla platea parte un urlo rivelatore: «Bugiardo». È quello di Paola Reguzzoni, sorella di Marco, membro di spicco della famiglia Reguzzoni da Busto Arsizio. Paradigma esemplificativo di quel sistema di lottizzazione e occupazione del potere da parte dei partiti. In questi anni, infatti, non ha avuto successo solo Marco, passato dalla provincia di Varese a un ruolo nel consiglio di amministrazione di Fondazione Fiera Milano fino alla Camera dei Deputati. Pure la sorella Paola da qualche anno amministra una delle più importanti aziende municipalizzate di Busto Arsizio, l’Agesp. 36 Bossi contestato: le parole dei militanti, in: “Libero tv”, 17 novembre 2011. 24 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Troppi affari per questi capetti. Troppi affari e poca politica. Tanto che Reguzzoni dopo aver perso il posto da capogruppo il 20 gennaio del 2012 – al suo posto il veneto Giampaolo Dozzo – non si farà praticamente più vedere a Montecitorio. ROSY, MANUELA E IL PATTO TERRONICO Una vera e propria iattura il cerchio di Gemonio, che da magico si è trasformato in tragico. Non solo per la crisi di credibilità, con la quale i barbari sognanti di Maroni sono subito chiamati a confrontarsi, ma anche per la tempesta (non solo giudiziaria) che – improvvisa – si abbatte su alcuni dei più fidati pretoriani di Bossi. I suoi protettori, i guardiani che tutto hanno controllato e metabolizzato tutto. Dalla Marrone a Rosy Mauro, passando per Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, Monica Rizzi, Giangiacomo Longoni e Giuseppe Leoni. Tacciati tutti di tradimento. O, più propriamente, di ingombrante vicinanza all’Umberto dopo la malattia. La base leghista, quella delle sagre e dei riti celtici, dei militanti e dei barbari sognanti, è disorientata. Così, tra figli segreti e amanti della prima e ultima ora, il partito che si faceva beffa di Roma, la “ladrona”, si scopre uguale, se non peggiore, agli altri. Montano i sospetti. E così anche i pettegolezzi e le maldicenze. Mentre qualcuno comincia a mettere il naso tra le carte e i conti delle due “terrone” dentro il Carroccio: la Manuela e la Rosy. Manuela, la moglie del Senatùr, è nata a Varese il 21 maggio 1953 da padre siciliano. Nel 1992, non ancora quarantenne, è andata in pensione da insegnante. L’assegno è a due soli zeri (766 euro mensili, come segnala Mario Giordano37), ma per quello che ha fatto per averne diritto può anche bastare. La donna gestisce la scuola Bosina, istituto scolastico elementari e medie di Varese. La seconda, Rosy Mauro, controlla il Sin.Pa, il sindacato Padano, con i galloni di segretario generale, titolo acquisito nel novembre 1999. 37 GIORDANO, MARIO, Sanguisughe, Milano, 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 25 Lavoro e studio vengono così idealmente a fondersi nel movimento che vuole conquistare il nord del Paese. Scuola & sindacato. Bosina e Sin.Pa sono finiti negli atti dell’indagine di tre procure, Milano, Napoli e Reggio Calabria, sull’uso dei fondi elettorali confluiti nelle casse della Lega Nord. Sia l’istituto scolastico di via Stadio 48, capolinea dei bonifici targati via Bellerio38, che il sindacato padano hanno avuto più di un problema, anche giudiziario, ben prima dell’arrivo di Belsito. La scuola Bosina era balzata agli onori delle cronache nel gennaio 200539, a seguito di un’indagine della Guardia di Finanza su alcune autorizzazioni che l’assessorato all’Urbanistica del Comune di Varese non aveva ancora concesso. Per quanto invece concerne i finanziamenti destinati all’organizzazione capitanata da Rosy Mauro sarebbero arrivati già all’epoca del Sindacato Autonomista Lombardo, secondo Alessandro Patelli, il primo amministratore del Carroccio. «Staccai, se non sbaglio, una cedola di 50 milioni di vecchie lire»40 destinata all’organizzazione della Rosy, sostiene Patelli in un caldo pomeriggio di fine luglio, all’uscita del ristorante “Bontà Nascoste” dove si è appena incontrato con Bobo Maroni. Ma non solo. Mai chiarito è anche il giallo dei reali iscritti al Sinpa. «Oltre 350 mila lavoratori dipendenti», secondo quanto sostengono Lorenzo Bodega e Roberto Cota in una interrogazione parlamentare del 2006. Per la cronaca, Bodega è uscito dalla Lega per seguire la Mauro (espulsa il 12 aprile 2012) nell’avventura del “Siamo la Gente Comune”, movimento politico che ama ritrovarsi nel bar di Lecco “Bodega Art Cafè” (sic). Mentre Cota, chiamato anche il “democristiano sognante”, è finito nella lista nera per l’eccessiva 38 «[…] un mutuo da un milione e mezzo di euro fatto con la Pondida Fin (Pontida Fin srl società finanziaria della Lega Nord con sede in via Bellerio, 41 a Milano) per la Scuola Bosina. E di 200mila/300mila euro dati ogni anno al Sinpa e dei bilanci truccati del Sinpa». Intercettazioni Nadia Dagrada e Francesco Belsito. 39 DEL FRATE, CLAUDIO, “È stata aperta senza permessi” Inchiesta sulla scuola padana, in “Corriere della Sera”, 21 gennaio 2005. 40 Alessandro Patelli, primo amministratore della Lega Nord [Intervista del 26 luglio 2012]. 26 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA vicinanza al cerchio di Gemonio, dove – sostengono, irridendolo, i barbari pro Maroni – avrebbe assunto “la delega al posacenere di Bossi”. Stando perlomeno a ciò che si vede in alcune fotografie scattate nella prefettura di Vicenza il 10 novembre 2010. Comunque sia, a occuparsi di scuole e sindacati sono sempre amici di famiglia. Semmai all’insegna di un patto “terronico”, come nel caso di Manuela Marrone e Rosy Mauro, la «brava tusa». La stessa che faceva da messo pontificio nelle regioni dove i leghisti iniziavano a scalpitare contro l’impero romano e centralista di Gemonio. Lo schema tra le due è assodato. Quello che decidono si riflette sui meccanismi interni del partito. Alla Camera dei Deputati, come capogruppo, a inizio legislatura nel 2008, ci va proprio Cota. Poi, a metà del 2010, quando la Lega vince le regionali in Piemonte, ci arriva Reguzzoni, quello che nel libro “Gente del Nord” definirà la Marrone «molto di più che una semplice militante». Al Senato, invece, viene scelto come capogruppo Federico Bricolo, altro fedelissimo delle due. In sostanza, palazzo Madama e Montecitorio per la Lega diventano la riproposizione a Roma di quello che viene stabilito a Gemonio, nella cucina della villetta dei Bossi. Ma quando nasce il patto “terronico” e in cosa consiste? Prima, però, bisogna fare un piccolo passo indietro. Bossi e la Marrone si sono conosciuti nel 1982 a Varese. Si incontrano alla Famiglia Bosina, dove si trova il Circolo filologico, un’associazione culturale che si fa promotrice di custodire le tradizioni dialettali della zona. Per entrambi fu un colpo di fulmine. Piero Chiambretti, storico showman, che seguiva spesso Bossi nelle sue peripezie, prima del matrimonio tra i due nel 1994, fece intendere che il focolaio famigliare, anche se erano già nati i due figli Renzo e Roberto Libertà, non era poi così tranquillo. Chiambretti disse ironicamente che quello tra Umberto e Manuela «è sicuramente un matrimonio d’amore. Capirà, con tutto quello che lui le fa passare, la signora deve volergli un gran bene»41. 41 DARIA, GORODISKY, “Bossi, sono cintura nera di danza”, in “Corriere della Sera”, 3 novembre 1993. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 27 Già all’epoca la signora Bossi si dimostra gelosa della sua vita familiare. E, soprattutto, del “suo” Umberto. Rifiuta caparbiamente interviste (ne concederà solo una al settimanale “Oggi”, in quasi vent’anni di regno). Detesta, si dice, di fare la first lady. Dalle stanze di Gemonio non trapela nulla. Lei si fa immortalare qualche volta alle feste del Carroccio insieme con le sorelle. Non parla mai. Non dice una parola. In questo campo, Umberto Bossi è un “orso sentimentale”. Non vuole storie intorno alla sua famiglia. Evita qualsiasi cosa. Non è un caso che nelle settimane che precedono il fatidico “sì” tutto il quartier generale leghista sia mobilitato per depistare fotografi e giornalisti. E anche coloro che non sono in grado di mantenere il segreto. «Forse – scrive Gianluigi Da Rold sul Corriere della Sera del 22 gennaio 1994 – sull’ora e sul giorno aveva dei dubbi anche l’ideologo della Lega lombarda, il professor Gianfranco Miglio. Umberto Bossi, ancora una volta, ha preso tutti in contropiede. Dopo aver “mentito per la gola” fino a giovedì notte: “Ma sì, succederà mercoledì prossimo”, si è sposato ieri pomeriggio, alle 15 e 55 a Palazzo Marino, con la sua compagna Manuela Marrone»42. È una giornata di festa nel Comune di Milano, conquistato pochi mesi prima da Formentini contro lo sfidante appoggiato dal centrosinistra Nando Dalla Chiesa, figlio del generale dei carabinieri ucciso dalla mafia a Palermo dodici anni prima. «Il “duro” capo della Lega – prosegue nel suo racconto il cronista del quotidiano di via Solferino – era emozionato. E più ancora di lui era emozionato Marco Formentini, il sindaco officiante. Qualche lacrima è spuntata dagli occhi di Gipo Farassino, di altri lumbard che hanno conosciuto in questi anni l’Umberto e la Manuela: “Undici anni insieme, due bei bambini, una vita dedicata a un impegno politico tra momenti durissimi prima della notorietà e del successo, marito e moglie da sempre”. L’impeccabile Vito Gnutti, depu42 DA ROLD, GIANLUIGI, Bossi ha detto “sì”, ma solo alla moglie, in “Corriere della Sera”, 22 gennaio 1994. 28 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA tato leghista, ha l’aria serena e svicola, per vincere l’emozione, in un discorso sulle alleanze del “centro”. Roberto Maroni è solamente felice e “non ha proprio voglia di parlare delle trattative sul polo liberaldemocratico”. Francesco Speroni, l’uomo dalle incredibili cravatte (ieri ne aveva una con Bossi che “mangia” Craxi), dice solamente: “Sì, è vero, mi sono commosso anche io”»43. Un matrimonio, quello tra l’Umberto e la Manuela, che diventa anche un’occasione per rimpinguare le casse della Lega. A caratterizzare l’operazione di marketing sono mille videocassette,, messe in vendita durante il congresso di Bologna di febbraio, al prezzo di 20mila lire l’una. Diciotto minuti di immagini e di inediti particolari: «dalla commozione della coppia, al perché delle nozze, alle interviste ai commossi sposini e alcune “chicche” da dietro le quinte»44. Dopo il viaggio di nozze in Corsica, il Senatùr sbarcato a Genova raccontò di aver mangiato «molte ostriche». Casse del movimento e ostriche: pessimo parallelismo se visto con gli occhi di adesso, dopo le indagini. Mentre Manuela veglia sul focolare domestico, l’Umberto viene immancabilmente pizzicato in scorribande sentimentali. Silenziosa testimone di qualche misfatto – sussurrano le solite malelingue – lo è anche la stanzetta che il Senatùr si è fatto costruire dietro il suo ufficio in via Bellerio. Ma va anche detto che Bossi è un instancabile politico: si alza spesso alle 4 del mattino per perlustrare la “sua” Padania e mettere a punto gli interventi. E quando torna a notte fonda, accompagnato dai suoi autisti, più di qualche volta si ferma a dormire nella sede milanese della Lega Nord. Nel lungo elenco di amanti vere o presunte, attribuite al numero uno dei lumbard, figura anche Rosy Mauro45, che – è bene ricordarlo – è amica di Manuela, la moglie del Capo. Nonostante 43 DA ROLD, GIANLUIGI, cit.. 44 Cassetta ricordo a ventimila lire, in “Corriere della Sera”, 4 febbraio 1994. 45 La diretta interessata ha sempre smentito l’esistenza di un qualsivoglia rapporto sentimentale con Umberto Bossi. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 29 tutto sulla leader del Sin.Pa circolano numerosi aneddoti. Come quello che vede la Rosy arrivare in via Bellerio vestita con il solo impermeabile. O, molto più dimostrabile, le foto pubblicate (e subito dopo ritirate) dal settimanale “Epoca” nell’estate del 1994, che immortalano il Senatùr mentre dà una spintarella in acqua all’amica, mettendole – però – la mano tra le gambe46. Originaria della provincia di Brindisi (è nata a San Pietro Vernotico il 21 luglio 1962), diplomata in ragioneria, si trasferisce a Milano poco più che ventenne. Nel capoluogo lombardo ha inizio la sua avventura nel sindacato (Uil). Nel 1990 viene eletta segretario organizzativo del Sindacato Autonomista Lombardo. Tre anni dopo entra in consiglio comunale a Milano tra gli scranni della Lega Nord, assumendo l’incarico di presidente della Commissione lavoro. La sua è una carriera tutta in discesa. L’11 novembre 1999 è nominata Segretario Generale del Sindacato Padano. A contestarle la nomina è solo l’ex segretario del Sindacato Autonomista, Antonio Magri (che però rimarrà nell’organigramma del Carroccio con l’incarico di responsabile del lavoro). Nell’aprile 2005 sotto le insegne della Lega viene inserita nel listino del candidato governatore del Pdl. Formigoni vince e lei diventa consigliere regionale. Alle politiche del 2008 viene candidata dalla Lega al Senato. Il suo ingresso a palazzo Madama viene premiato, il 6 maggio 2008, con l’incarico di vicepresidente vicario. Ma restiamo in tema di amori. A raccontare il nuovo capitolo sono i documenti contenuti nella carpetta rinvenuta nella cassetta di sicurezza di Francesco Belsito a Montecitorio. La famosa cartellina che il tesoriere della Lega aveva riservato alla “Family” più famosa d’Italia. Dalle carte finite sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati risulterebbe che ad aver beneficiato dei contributi della Lega c’è anche Pier Moscagiuro, nome d’arte Pier Mosca, poliziotto in aspettativa e “fidanzato” di Rosy Mauro. «È il suo 46 L’episodio è stato ripreso da molti giornali e la stessa Mauro ne ha parlato in più occasioni, sostenendo che si era trattato di un innocente gioco d’acqua, anche perché quel giorno era con il marito. 30 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA amante», ha raccontato ai pm la dirigente amministrativa e responsabile dell’ufficio gadget del Carroccio Nadia Dagrada. Tra i benefit pagati dalla Lega, infatti, ci sarebbero anche il diploma e la laurea, pare conseguiti in Svizzera, di Rosy Mauro e del suo compagno. La segretaria del sindacato padano e il suo presunto amante avrebbero ricevuto un totale di 130mila euro. «Belsito – chiarisce nel corso di un interrogatorio davanti ai pm di Napoli e Milano, Nadia Dagrada – mi ha riferito che sono stati dati soldi in contanti a Pier Moscagiuro, compagno di Rosy Mauro», per i costi delle «rate […] della scuola privata per conseguire il diploma, la laurea, credo ottenuti entrambi in Svizzera. Inoltre mi ha detto anche di aver pagato le rate per il diploma e poi la laurea della stessa Rosy Mauro»47, sembra conseguiti anche da lei oltreconfine, cioè in Albania, all’Università Kristal di Tirana. Manuela e Rosy. Una coppia che, ogni giorno di più, tende a confondersi con la figura stessa del leader padano. Fino a diventarne un tutt’uno. Soprattutto la Rosy, sempre lì a mettere a posto il microfono del Senatùr nelle occasioni ufficiali e a dar man forte all’amica quando si tratta di difendere la scuola Bosina. Ma la Mauro ha anche potere decisionale. Licenzia l’autista Aurelio, quello che guidava nella notte in cui Bossi si è sentito male. E sceglie la sicurezza del Capo come pure quella per il Trota Renzo Bossi, che – sia Rosy che Manuela – considerano il prossimo leader. Esemplificativa di un certo stato di cose è la testimonianza dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, ora europarlamentare del Pdl, fatta dai microfoni della trasmissione radiofonica Un Giorno da Pecora il 24 aprile 2012. Siamo nel maggio del 2006, al Teatro Nuovo di Milano, durante l’ultimo comizio della campagna elettorale di Letizia Moratti, che poi diventerà sindaco di Milano «Ci sono tutti i grandi big di partito: Fini, Casini, Berlusconi, Formigoni. Bossi, che parlerà per ultimo – racconta l’ex sindaco meneghino – aveva da poco 47 Lega, soldi anche per il compagno di Rosy Mauro, in “Il Secolo XIX”, 7 aprile 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 31 avuto il suo incidente. Io, che avevo già fatto il mio discorso, ero tra Rosy Mauro e Tremonti». L’intervento di Bossi parve ad Albertini «un po’ impacciato, poverino, lui era ancora convalescente. Parlava, ma le cose andavano un po’ per le lunghe...». È a questo punto che Tremonti, che si trovava tra Albertini e la Mauro, si avvicina alla donna. «Giulio le disse: Rosy, vallo a prendere, perché sta sbarellando». Quindi la «badante politica» del Senatùr, «dopo uno sguardo d’intesa, si recò vicino al podio, prese strettamente per l’avambraccio Bossi, che stava ancora parlando. Lo guardò con uno sguardo allusivo al fatto che doveva concludere, e dopo pochi secondi, Bossi concluse l’intervento e lei lo riportò al posto. La Mauro – commenta Albertini – aveva già cominciato ad avere la sua influenza». Nel suo nuovo ruolo di badante, la vicepresidente del Senato assume sempre più potere politico, al punto di essere tra gli invitati di rango ai summit di governo di Arcore. Impegni che comunque non le impediranno di seguire assai da vicino anche le sorti della scuola della Bosina. Come quando, il 29 novembre 2006, alla sciura del Bossi viene recapitata la Rosa Camuna, premio dedicato alle donne che, con il loro contributo di eccellenza, rappresentano l’importanza decisiva della presenza femminile nella vita sociale, economica e culturale della regione. Un premio «che coniuga i programmi ministeriali con le esigenze del tessuto sociale e locale»48. E che, guarda caso, arriva a pochi mesi di distanza dalla visita della Guardia di Finanza nell’istituto di proprietà della moglie del Capo. Visita che, certamente, ne aveva danneggiato l’immagine. Ma non solo. Il sottile confine tra interessi pubblici e interesse privato è stato spesso violato nella trentennale storia della Lega, come hanno dimostrato le recenti vicende giudiziarie. Sarà anche per questo che al partito di Bossi e alle iniziative promosse in sede parlamentare gli avversari politici hanno sempre riservato particolare 48 “Aiuta gli immigrati”. La Regione premia la moglie di Bossi, in “Corriere della Sera”, 29 novembre 2006. 32 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA attenzione. Anche venerdì 20 aprile 2012, quando un’interrogazione parlamentare49 a firma dei deputati Manuela Ghizzoni, Antonino Russo, Rosa De Pasquale e Maria Coscia chiede al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca notizie in merito ad un contributo statale di 250.000 euro attribuito «per lavori di ampliamento e di ristrutturazione» alla scuola Bosina. Mezzo miliardo delle vecchie lire «destinate» all’istituto della moglie di Bossi, ma formalmente «assegnate» ad un ente pubblico: la Provincia di Varese. Non era la prima volta. Tra il 2009 e il 2010 la scuola Bosina si è portata a casa un totale di 800 mila euro (300mila per il 2009, 500mila per il 2010). BALOCCHI, BELSITO E I MISTERI DI VIA BELLERIO Mentre di Bossi non si sa ancora se riuscirà o meno a superare l’ictus che lo ha portato a un passo dalla fossa, con gli italiani “distratti” dalle immagini dell’attentato terroristico alla stazione Atocha di Madrid, comincia a stare male anche Maurizio Balocchi, il tesoriere della Lega Nord, succeduto ad Alessandro Patelli, silurato e affondato dallo scandalo della tangente Enimont. Deputato dal 1992 al 2001, sottosegretario al ministero dell’Interno nel secondo e nel terzo governo Berlusconi, fondatore dell’Aiaci, l’associazione degli amministratori di condominio, Maurizio Balocchi aveva creato da zero la Lega Nord in Liguria. Tra le sue (non molte, a dire il vero) iniziative parlamentari, vanno segnalate ben tre proposte di legge per aumentare i rimborsi elettorali ai partiti. «Tre leggi in 14 anni, firmate da tutte le formazioni. Ho dato trasparenza al finanziamento – spiega al cronista del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti –, obbligando i partiti alla partita doppia»50. 49 Interrogazione a risposta in Commissione 5-06664 del 12 aprile 2012 (seduta 625). Primo firmatario Manuela Ghizzoni. 50 Il cassiere della Lega che al Viminale fa il capo dei pompieri, in “il Giornale”, 12 dicembre 2005. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 33 Oltre a rimpinguare le casse di tutti i partiti italiani (Lega compresa), la sua permanenza in via Bellerio51 è scandita da numerosi infortuni52, tra disastri finanziari, operazioni imprenditoriali e immobiliari che si riveleranno oltremodo fallimentari. Nonostante tutto, dal 1993 al 2010, sarà lui a gestire la cassa. E anche gli interessi della famiglia Bossi, dal momento che proprio Manuela Marrone investirà diversi soldi – circa 40 milioni di vecchie lire – nelle avventure imprenditoriali di Balocchi, tra cui il fallimento del villaggio in Croazia53. Va sottolineato, però, che questo leghista ligure, nato a Firenze il 24 novembre del 1942, non ha avuto una vita facile. Ha perso il figlio per un overdose da eroina nel 199654, quando il ragazzo appena trentenne, per cercare di sfuggire all’arresto, inghiottì due bustine di droga. Balocchi, poi, è stato malato di diabete. La malattia contrassegnerà tutti i suoi anni in Lega, fino alla morte nel 2010. Spesso ha bisogno di cure. Nell’estate del 2005 gli devono persino amputare l’indice di un piede dopo una setticemia alla gamba. È costretto a girare con un bastone. Insomma è un instancabile lavoratore (come lo definiscono tanti leghisti il giorno della scomparsa con le lacrime agli occhi) ma è spesso lontano dalla gestione dei conti, che già nel 2004 vengono affidati a Francesco Belsito, suo ex autista e assistente che poi si scoprirà durante le indagini del Tanzaniagate avere contatti con la ‘ndrangheta. Francesco Belsito, un nome destinato a segnare nel profondo la storia del partito padano. Ex buttafuori di discoteche, trova fortuna nel 1996 presso il senatore di Forza Italia ed ex ministro Guar51 Quando Maurizio Balocchi assume l’incarico di segretario amministrativo della Lega gli uffici del partito sono ancora domiciliati al civico 63 di via Arbe. Il trasferimento in via Bellerio avverrà solo nel settembre 1993. 52 «Dissi a Bossi che Balocchi non mi convinceva. Se si vuole bene a Umberto bisogna saper dire dei no. Io non mi sono mai prestato a certe cose», rivelerà molti anni dopo Alessandro Patelli, parlando del suo successore nella gestione delle casse della Lega [Intervista del 26 luglio 2012]. 53 DA ROLD, ALESSANDRO, Lega, paradisi pericolosi, in “Lettera43.it”, 9 gennaio 2012. 54 Overdose per sfuggire all’arresto, in “la Repubblica”, 19 novembre 1996. 34 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA dasigilli, Alfredo Biondi. Quest’ultimo è un amico di vecchia data di Balocchi, avendo militato assieme nel Pli, di cui il più volte ministro era stato segretario nazionale nel biennio 1985/86. Quando Balocchi tra il 2000 e il 2001 lo chiamerà a Genova come «addetto stampa del presidente leghista del consiglio regionale della Liguria», Biondi gli disse «Ti pagano? …E allora vai»55. Ma perché la Lega, un partito politico in ascesa, ha bisogno di uno come Belsito a Genova e in Liguria? Una regione che, tra l’altro, sta dimostrandosi permeabile alle mafie del Sud56, come confermeranno le indagini che porteranno allo scioglimento dei Comuni di Bordighera (10 marzo 2011) e di Ventimiglia (3 febbraio 2012) per presunte infiltrazioni ‘ndranghetiste. Perché affidare le casse del partito a un trentenne senza titoli accademici (le due lauree sono oggetto di un’inchiesta della magistratura), che Bobo Maroni, su Facebook, paragonerà al boss di Cosa Nostra Al Capone? Interrogativi, questi, a cui cercheranno di dare risposta i pm titolari delle indagini. Comunque sia, resta il fatto che tra il 2004 e il 2005, mentre il Senatùr sta male e i leghisti si stringono intorno al loro capo; mentre Balocchi lotta contro il diabete e i fantasmi del passato, a iniziare a occuparsi dei conti è proprio lui: Francesco Belsito. Nel non proprio facile incarico lo affianca una contabile arrivata in via Bellerio diversi anni prima, Nadia Dagrada. Una signora poco più che quarantenne, con qualche chilo di troppo, le cui rivelazioni contribuiranno a scrivere la prima pagina del “Tanzaniagate”, primo capitolo del più articolato racconto che narra dell’uso disinvolto dei finanziamenti pubblici alla Lega. Balocchi, fino a quel momento, non ha certo spiccato per brillantezza imprenditoriale. Tra i fallimenti più noti, un capitolo a sé è quello del crack CredieuroNord – la banca del Carroccio voluta 55 TORTORELLA, MAURIZIO, Francesco Belsito, da autista a sottosegretario, il ricordo dell’ex ministro Alfredo Biondi, in “Panorama”, 3 aprile 2012. 56 PICOLLO, PAOLA, Da Bordighera a Ventimiglia: come la mafia è penetrata in Liguria, in “OltreGomorra.it”, 11 febbraio 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 35 da Bossi che aveva uno sportello in via Bellerio ora nascosto da una mano di intonaco – di cui Balocchi fu amministratore insieme a Stefano Stefani, l’attuale tesoriere del partito. A più di dodici anni di distanza, la vicenda può dirsi tutt’altro che archiviata. Secondo i magistrati che hanno coordinato le indagini, nella sua breve vita, l’istituto di credito padano avrebbe bruciato circa 15 milioni di euro, tra quote e aumenti di capitale, lasciando poi almeno 3.400 creditori in mutande57. Nel lungo e impietoso elenco di fallimenti e crack finanziari targati Balocchi, ve ne è uno che conduce in Croazia. È la storia del “Residence Skipper”, un villaggio vacanze, dove anche la moglie di Bossi, ci ha rimesso un bel po’ di milioni di lire. Una storia di ordinaria speculazione su un’area di 14 ettari, tra le più belle dell’Istria, che prende il via a giugno 2000, quando la “Kemco” (società controllata al 100 per cento dalla “Ceit”58, una srl di Montegrotto Terme in provincia di Padova), inizia la costruzione di un complesso turistico in località Alberi a Umago-Salvore, la lingua di mare che si allunga sullo splendido golfo di Pirano: sei palazzine, 180 appartamenti, piscine, ristoranti, campo da golf, porticciolo privato59. Valore stimato dell’intera operazione immobiliare: 100 miliardi di lire. Un villaggio che qualcuno subito ribattezza il “paradiso” di Bossi. A garantire il finanziamento sono una serie di mutui (valore complessivo 12 milioni di euro) accesi presso la filiale croata della “Hypo Alpe Adria Bank”, il maggiore istituto di credito della Carinzia. Le difficoltà nascono quando la società amministrata da Baloc- 57 I primi risarcimenti sono arrivati dopo l’addio di Belsito, nell’aprile 2012. 58 Fra i 114 azionisti della “Ceit”, oltre a Maurizio Balocchi figuravano anche la moglie di Bossi, Manuela Marrone, l’ex capogruppo alla Camera della Lega Nord Padania, Giancarlo Pagliarini, il commercialista svizzero ed ex segretario amministrativo del partito, Eduard Ballaman, l’ex senatore Massimo Dolazza, e gli allora deputati Diego Alborghetti, Piergiorgio Martinelli, Flavio Rodeghiero, Daniela Santandrea, Stefano Stefani e Silvestro Terzi. 59 BARBACETTO, GIANNI, La Lega gioca alla roulette, in “Diario”, 18/24 aprile 2003. 36 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA chi deve restituire i soldi presi in prestito. I finanziamenti si bloccano, e così anche i cantieri. Ne nasce una controversia giudiziaria, all’interno della quale si inserisce anche Jorg Haider, il defunto governatore della Carinzia, che con disprezzo e sarcasmo bolla l’investimento leghista in Croazia, come una «patacca». E rivolto a Bossi aggiunge: è «il capo di una banda di imbroglioni all’assalto delle spiagge croate»60. La procura di Udine apre un fascicolo. Arrivano anche dieci avvisi di garanzia, uno dei quali all’indirizzo di Balocchi. Il buco è di 10 miliardi di lire, ma la posizione dell’amministratore della “Kemco” e della Lega Nord viene “archiviata”, causa l’aggravarsi del suo stato di salute. Un personaggio amante del brivido, Balocchi. E a saperlo sono in tanti. Certamente Alessandro Cè, ex capogruppo della Lega Nord alla Camera ed ex assessore in Regione Lombardia (silurato per essersi opposto allo strapotere ciellino sulla sanità di Roberto Formigoni nel 2006). «Uscivamo dal caos su CredieuroNord, una banca – spiega in un’intervista rilasciata prima che esplodesse lo scandalo dei rimborsi elettorali – che non aveva senso di esistere, ed è infatti fallita. Avevamo chiesto insieme con altri, tra cui Giancarlo Pagliarini e Guido Rossi, di togliere il marciume dal partito. Volevamo fare pulizia»61. È in quel contesto di eventi che, sul finire del 2006, prende forma un progetto finalizzato alla nascita di quello che, con il senno del poi, potremmo chiamare “cerchio sano”. Pagliarini, insieme con altri leghisti storici come Gilberto Oneto dà vita al “Progetto Ducario” (dal nome del guerriero celta che uccise il console Gaio Flaminio nel 217 a.C.). L’idea è quella di affidare a sette militanti il compito di relazionare a Bossi le principali problematiche del movimento. Non se ne fa niente. Anche perché proprio Maroni – la stessa persona che ora chiede pulizia 60 Ceit: una storia tutta padana, in “Pol”, forum di politica, attualità e cronaca. 61 DA ROLD, ALESSANDRO, Cè:“Denunciai il comitato d’affari leghista e mi hanno cacciato”, in “linkiesta.it”, 7 marzo 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 37 e ordine nei conti – dapprima appoggia le istanze di Cè e Pagliarini, ma poi si riallinea alle indicazioni della triplice, formata da Roberto Calderoli, Roberto Castelli e, appunto, Balocchi. A gettare ombre sull’operato dell’amministratore della Lega è anche un colloquio telefonico62 intercorso tra Enzo Flego, ex deputato e consigliere del Carroccio veronese, ed Enrico Cavaliere, ex presidente del consiglio regionale del Veneto ed ex vice capogruppo padano alla Camera, uno dei protagonisti dello scandalo legato al villaggio turistico in Croazia. «Conosci Balocchi?», chiede Flego a Cavaliere; «…è un bastardo… tira per il culo anche me…», gli risponde l’uomo. «Guai però toccargli Balocchi a Bossi…», incalza Flengo, che ignaro di essere intercettato, aggiunge: «…quel mafioso si è fatto i soldi con i soldi della Lega, quel pezzo di merda lì…». Dal 1997 al 2004 sono molte le cose a non quadrare nei libri contabili del partito, come ricorda Cè. Di soldi ne sono arrivati molti nelle casse di via Bellerio, a differenza della forzata dieta a cui erano sottoposti gli organismi periferici della Lega. Una contraddizione che suscita le ire di molti militanti, che vogliono capire perché non ci sono soldi per volantini, manifesti e gazebo elettorali. Cari Calderoli e Bossi, «cosa ne facciamo di tutti quei soldi?», domanda in una lettera dai toni incandescenti Paglierini. «Nel novembre di quell’anno – aggiunge l’ex ministro al Bilancio del primo governo Berlusconi – presentai alla segreteria politica un documento in 10 punti per altrettanti problemi irrisolti del movimento. Il punto 8 riguardava i conti: il bilancio chiuso al 31 dicembre 2005 parlava di 9 milioni di euro a disposizione della Lega. Chiesi se quel dato fosse veritiero. Chiesi perché, nonostante quel fiume di denaro, alle sezioni non arrivasse un centesimo e, quindi, come fossero impiegati tutti quei soldi». Ma non solo. Da 62 L’intercettazione, allegata agli atti delle inchieste del procuratore di Verona, Guido Papalia, sulle camicie verdi della Guardia Padana, è stata pubblicata dall’editore e giornalista Leonardo Facco, dissidente leghista e autore del libro “Umberto Magno”. 38 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA giustificare ci sono anche i soldi che Balocchi ha incassato qualche anno prima da Forza Italia per risanare i conti del movimento, in cambio del patto d’allenza. La storia, come molte altre, è poco nota. Siamo nel 2001 e le casse del Carroccio sono a pezzi. Anche in casa Bossi si fa fatica a far quadrare i conti a fine mese. Sullo stipendio da parlamentare del Senatùr grava da tempo il costo di una cambiale da 400 e passa milioni di lire63, che i giudici della corte d’appello di Brescia gli hanno imposto di pagare per quel inopportuno: «Gli raddrizzeremo la schiena», rivolto nel corso di un comizio al pm Agostino Abate. Storia che tra i leghisti è considerata una sorta di spartiacque nella gestione delle finanze del partito. Perché quella condanna portò al pignoramento dello stipendio di Bossi64 e anche al potenziamento economico delle società finanziarie Pontida Fin e Fin group. Il motivo della nuova gestione dei conti è presto detto. La Lega non vuole addossarsi la responsabilità di ciò che dice il Capo. Che, sotto quest’aspetto, è un vero e proprio collezionista di denunce. Alcune delle quali fattegli recapitare da Berlusconi, sentitosi diffamato dopo essere stato chiamato «nano», «piduista», «Berluscaz», «brutto mafioso che guadagna i soldi con l’eroina e la cocaina», «suino», «cornuto», «mostro antidemocratico», «delinquente» e, a corto di altri epiteti, anche «perónista» e «nazista». In questo clima da tragedia padana, tra soldi che mancano e pignoramenti che azzerano anche le ultime riserve di ossigeno, Balocchi decide che è giunto il momento di contattare Giovanni Dell’Elce, la chiave per aprire la cassaforte di Forza Italia. Non solo in senso metaforico, ovviamente. 63 VALLINI, NUNZIA, Diffamò un pm disabile: a Bossi cinque mesi e 400 milioni di “multa”, in “Corriere della Sera”, 24 marzo 1998. 64 A partire dal novembre 2000, la Tesoreria della Camera ha mensilmente decurtato dalla busta paga di Umberto Bossi circa 30 milioni di lire (fino al raggiungimento dell’indennizzo stabilito dai giudici: 403 milioni di lire). Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 39 MA GUARDA! ICARO ERA UN LUMBARD Più che il sole delle alpi o lo spadone del vincitore della battaglia di Legnano, dovrebbe essere Icaro, la mitica figura greca con le ali, il simbolo della Lega. Potrebbe infatti esserci qualcosa di segreto e misterioso a legare l’antico desiderio di imitare il librarsi nell’aria degli uccelli e le aspirazioni di molti lumbard. Volare. Volare più in alto del sole, non è solo il motivo di una famosa canzone degli anni Sessanta, ma anche l’inconscio desiderio di molti leghisti. Della prima e anche dell’ultima ora. Se si escludono le aspirazioni sportive del primogenito del Senatùr, Riccardo (pilota di rally anche lui indagato per truffa ai danni dello Stato nell’inchiesta sui rimborsi elettorali della Lega Nord, espulso dal team che l’aveva ingaggiato per aver distrutto una macchina65), come altrimenti interpretare la presenza di così tanti onorevoli ed ex onorevoli padani (famigliari compresi) nei consigli di amministrazione di Fondazioni, associazioni o aziende statali legate al mondo di Icaro? Non appaia quindi una boutade affermare che il volo, rappresenta una parte importante dello spoil system padano. Che poi, nella pratica, è coinciso con l’occupazione di tante, tantissime poltrone nelle municipalizzate, negli enti parastatali e perfino in Rai. Sarà perché aziende come Finmeccanica sono state sempre considerate “cosa nostra” dal popolo leghista. Sarà perché dei 70 stabilimenti italiani del colosso aerospaziale, i più importanti sono domiciliati in provincia di Varese (dall’Alenia Aermacchi, che ha la sede legale a Venegono superiore, all’AgustaWestland di Cascina Costa a Samarate, passando per la bresciana Oto Melara e la Selex di Nerviano, nel milanese). Sarà perché 7.109 dipendenti dei circa quarantamila occupati nell’intero settore in Italia vivono e lavorano nella regione del mitico Alberto da Giussano. 65 CASTALDO, ANTONIO, Riccardo Bossi lasciato a piedi dalla sua scuderia, in “Corriere della Sera”, 11 aprile 2012. 40 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA Vivono, lavorano. Ma più spesso comandano. Come Dario Galli, presidente leghista della Provincia di Varese e della scuola Bosina (quella della moglie di Bossi), che siede nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica. Marco Reguzzoni è, invece, presidente della Fondazione Museo dell’Aeronautica di Vizzola Ticino, a un tiro di schioppo dall’aeroporto di Malpensa. Il senatore Giuseppe Leoni, il Cappellano della Lega Nord, è invece commissario dell’Aero Club d’Italia (AeCI), un ente di diritto pubblico che «riunisce in organismo federativo nazionale Associazioni ed Enti italiani che si interessano allo sviluppo dell’Aviazione nei suoi aspetti didattici, sportivi, turistico-promozionali, culturali, di utilità sociale e civile e attività collegate»66. Commissario straordinario, poi presidente, poi ancora commissario (incarico prorogato nell’aprile 2012). In pratica, Giuseppe Leoni governa dal 2002 l’AeCI. Sua, in particolare, è stata l’idea di battezzare con i nomi di esponenti leghisti parte della flotta dell’Aero Club (I-Rmar per Maroni; I-Cald per Calderoli, I-Gtr per Tremonti, e I-Noel, Leoni al contrario, per celebrare se stesso)67. Vista da questa prospettiva, la questione Leoni non riguarda solo l’incompatibilità tra il ruolo di onorevole e quello di gestore di un ente pubblico, ma ha scatenato polemiche di ogni tipo dopo i casi di «assunzione senza concorsi», «spese azzardate», «iscritti che non sono iscritti» o «contenziosi con l’Agenzia delle entrate» registrati in casa del “Club” nel corso di questi anni. Particolare scalpore destò il regalo di un orologio da 3.700 euro all’attore di fiction Luca Ward per avere presenziato alla cena del “Galà del Volo”. Non a caso sugli sprechi di Leoni in Aero Club indagano le corti dei conti di Bologna e Firenze e persino le procure di Vicenza e Roma.68 E stando sempre in tema di voli e aerei, nel comitato scientifico del museo dell’aeronautica di Reguzzoni, accanto al nome 66 Statuto dell’Aero Club d’Italia, Titolo I, Art. 1. 67 CREMONESI, MARCO, Da Aermacchi al museo degli aerei. Tutti gli intrecci del Carroccio volante, in “Corriere della Sera”, 25 aprile 2012. 68 DA ROLD, ALESSANDRO, Sembra Lombardo, ma è un lumbard: la Lega proroga il senatore Leoni in Aero Club, in “linkiesta.it”, 27 luglio 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 41 dell’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, spicca quello di Francesco Enrico Speroni, esponente di primo piano del cerchio magico. Partner del più articolato progetto che si cela alle spalle della struttura sorta sull’area delle ex Officine Caproni di Vizzola Ticino è la Regione Lombardia e la Provincia di Varese, con la quale la Fondazione Museo Aeronautica ha stipulato un accordo di programma nell’aprile 2006. Il budget complessivo dell’intera operazione (Parco e Museo del Volo – Volandia) ammontava a circa 20 milioni di euro, dei quali la metà destinati all’acquisizione dell’area ex Caproni da Finmeccanica, mentre l’altra metà alla riconversione del sito industriale a parco e museo, agli allestimenti ed ai restauri dei velivoli. Ma nel tempo la collaborazione con il Pirellone è continuata. Tanto che nel 2011 Formigoni si è impegnato a presentare un nuovo padiglione nel museo69, con Reguzzoni e il consigliere regionale Renzo Bossi immortalati al suo fianco. Ma anche a Montecitorio, dove Reguzzoni è stato capogruppo per la Lega Nord, ci si è spesso prodigati per elargire risorse alla Fondazione di Vizzola Ticino70. Ma il problema vero di questa passione per il volo dei leghisti si esaurisce appunto nelle diverse controllate di Finmeccanica. Un’occupazione dei posti nelle aziende pubbliche71 che se durante il governo Berlusconi poteva essere considerato un vanto, è diventato un incubo durante l’esplosione del Tanzaniagate e delle inchieste sulle commesse milionarie di AgustaWestland all’estero. Quando la Lega Nord arrivò a Roma nel 1994, a gestire la partita delle nomine era il tesoriere Alessandro Patelli. Il testimone è successivamente passato al potente ex segretario nazionale lombardo Giancarlo Giorgetti, il cui nome compare in uno dei cable 69 Malpensa, ampliamento Volandia rilancio aerospaziale, in “Lombardia Notizie”, 4 giugno 2011. 70 Progetto per la valorizzazione storica, culturale, turistica e ambientale di Volandia - Museo dell’aeronautica in Vizzola Ticino, in “Bollettino delle Giunte e delle Commissioni Parlamentari - Cultura, scienza e istruzione (VII)”, 10 marzo 2010. 71 COLAPRICO, PIERO, Da Alitalia a Finmeccanica è l’ ora dei boiardi lumbard, in “la Repubblica”, 4 maggio 2003. 42 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA di Wikileaks72. E dell’ex sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti del secondo governo Berlusconi e del suo collega di partito, Reguzzoni, parla anche il fascicolo contenente gli atti delle indagini su Finmeccanica e AgustaWestland su cui si è concentrata l’attenzione dei pm napoletani Vincenzo Piscitelli e Francesco Curcio, prima che l’inchiesta fosse spostata per competenza alla procura di Busto Arsizio73, nel luglio 2012. A tirare in ballo Giorgetti e Reguzzoni è stato Lorenzo Borgogni, per diciassette anni capo relazioni esterne in Finmeccanica, estromesso dall’azienda assieme all’ex amministratore delegato Pier Francesco Guarguaglini. «Per il sostegno alla nomina di Orsi ai vertici di Finmeccanica – confesserà all’inviato del quotidiano diretto da Mario Calabresi – sono stati dati 10 milioni di euro alla Lega. Questo è quanto ho appreso da fonti la cui identità ho rivelato ai magistrati di Napoli. Se, dopo cinque, sei mesi di tempo, Orsi è stato indagato per riciclaggio e corruzione internazionale, vuol dire che sono state fatte delle verifiche. E il loro esito è stato positivo, evidentemente». E continuando nel racconto, aggiunge: «Ho detto dell’assunzione nell’interesse di Giorgetti, ma anche del figlio del senatore Pd Nicola Latorre o della figlia del banchiere Ponzellini all’AgustaWestland. Ripeto: ho risposto a domande molto precise dei pm. E poi ho parlato dell’ex capogruppo della Lega, Reguzzoni»74. Una settimana prima AgustaWestland aveva diffuso una nota nella quale si chiariva che la società non aveva «mai acquistato capannoni industriali di proprietà dell’onorevole Marco Reguzzoni o comunque da società a lui riconducibili»75. 72 GIANBARTOLOMEI, ANDREA, Lega, il profilo del possibile successore di Bossi nei cablogrammi di Wikileaks, in “Il Fatto Quotidiano”, 25 ottobre 2011. 73 DEL PORTO, DARIO, Finmeccanica, va a Busto Arsizio l’inchiesta di Napoli sulle tangenti, in “la Repubblica”, 24 luglio 2012. 74 RUOTOLO, GUIDO, Finmeccanica, il grande accusatore: “Orsi, 10 milioni per scalare il vertice”, in “La Stampa”, 25 aprile 2012. 75 Finmeccanica: mai acquistato capannoni da Marco Reguzzoni, in “Milano Finanza”, 18 aprile 2012. Capitolo I – ASCESA A CADUTA DI UN MITO 43 «L’unico legame con Reguzzoni è un altro», chiarirà qualche giorno dopo, dalle colonne del Fatto Quotidiano, Marco Lillo: «i capannoni che precedentemente ospitavano gli stabilimenti sono finiti alla Fondazione del Museo dell’Aeronautica presieduta da Marco Reguzzoni e finanziata da Finmeccanica e dagli enti locali della provincia di Varese. Un intreccio tra politica e impresa pubblica che magari è discutibile, ma che non ha nulla a che fare con il losco affare immobiliare ipotizzato da Borgogni»76. In ogni caso, c’è un esponente della Lega Nord che ha quasi finito la sua carriera politica dopo aver denunciato più di dieci anni fa il presunto “sistema Finmeccanica”. Si chiama Massimo Dolazza e fu sospeso dal Carroccio perché chiese chiarimenti sui rapporti tra la politica italiana e una delle aziende leader nel mondo per l’Aeronautica militare. Nei ruggenti anni Novanta, Dolazza era il bodyguard e autista di Bossi. Poi diventò senatore del Carroccio per due legislature, dal 1994 fino al 2001, con una poltrona in commissione Difesa. «Mi paragonarono al cavallo di Caligola», confesserà dieci e più anni dopo. E a sentire chi l’ha conosciuto, non ne faceva passare una alla holding di piazza Monte Grappa e alle sue controllate. Interpellanze, interrogazioni. Poi un libro, dal significativo titolo: «Nemici a nord, sud, est e ovest», con un esplosivo capitolo sulla Aermacchi dove – guarda caso – lavora come dirigente del personale Emilia Macchi, la moglie di Roberto Maroni. «Ho già detto tutto, di aprire vecchie ruggini non ne ho proprio voglia. Hanno già provato a denunciarmi due volte. Le multinazionali hanno giocatori che sanno giocare su più tavoli»77, ribadisce Dolazza, ricordando che, dopo che «Bobo e Umberto» presero le distanze dalle sue iniziative, fu Roberto Castelli a spostarlo in Commissione lavoro. Ora è un semplice consigliere comunale nella bergamasca. 76 LILLO, MARCO, Borgogni ai pm: Quel generale informava Guarguaglini su Orsi, in “il Fatto Quotidiano”, 8 maggio 2012, pag. 17. 77 DA ROLD, ALESSANDRO, “Denunciai Finmeccanica, e la mia Lega mi mise in un angolo”, in “linkiesta.it”, 25 aprile 2012. 44 ALESSANDRO DA ROLD – LEGA SpA