Javier Grossutti, Università degli Studi di Trieste L

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Javier Grossutti, Università degli Studi di Trieste L
Javier Grossutti, Università degli Studi di Trieste
L’EMIGRAZIONE DAL FRIULI VENEZIA GIULIA IN CANADA
1. La nuova Francia. Il Canada, antica colonia francese: l’emigrazione tra
Ottocento e Novecento
Nel 1873 Gustave Bossange, agente del governo canadese e della linea di
navigazione Allan, pubblica a Parigi un libello propagandistico in lingua italiana: La
nuova Francia. Il Canada, antica colonia francese. Appello alle classi operaie1.
Bossange descrive il Canada come una enorme regione per gran parte di lingua e
civiltà francese, dove gli italiani possono trovare tutto quello che sperano di trovare
in Francia senza però la concorrenza degli operai francesi. L’affinità linguistica e
culturale è messa in grande evidenza perché la vicinanza etnica dovrebbe rassicurare i
potenziali emigranti italiani. Le maggiori garanzie che il Canada può presentare in
alternativa all’America Latina e la maggior brevità del tragitto in mare rispetto a
quest’ultima (10 o 12 giorni invece dei 25 o 30 giorni richiesti da Brasile e
Argentina) potrebbero, inoltre, costituire fattori determinanti nella scelta della meta
migratoria. Nel libello di Bossange, Parigi e Le Havre sono i due punti di raccolta
degli emigranti italiani. Si parte da Parigi, gare St. Lazare, alle 10.50 minuti della sera
di mercoledì, si arriva a Le Havre alle 6 della mattina. Philippe Winterter, locandiere,
rue de Percanville n. 20, accoglie gli emigranti al treno, li conduce al suo albergo, poi
all’Ufficio del Governo canadese, al numero 51 del Quai d’Orleans. Qui l’agente del
governo canadese si incarica di vidimare i contratti, di trasferire a bordo i bagagli.
Nel venerdì avviene l’imbarco a Le Havre per Liverpool dove si arriva la domenica
mentre, una decina di giorni dopo, si raggiunge finalmente territorio canadese.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, tuttavia, i friulani che si trasferiscono in Canada
sono pochissimi. Nel triennio 1876-1878, i cancellati per “la nuova Francia” segnalati
dalle autorità italiane (che aggregano emigranti “canadesi” e “statunitensi”) sono
soltanto quattordici, mentre nel (quasi) quarto di secolo che trascorre dal 1879 al
1
Cfr. Gustave Bossange, La nuova Francia. Il Canada, antica colonia francese. Appello alle classi operaie, Paris,
Allan Lines Agent, 1873.
1902 appena trentuno. Un anno prima, in occasione della visita a Udine del console
generale d’Italia nel Canada, il friulano Giuseppe Solimbergo, il quotidiano “La
Patria del Friuli” riporta alcune osservazioni del console circa caratteristiche e
consistenza della comunità italiana nel paese dell’America del Nord: “I nostri
emigranti sono generalmente poveri; a Montreal la colonia italiana stabile è di circa
2.000 individui; ve n’ha circa 600 a Toronto; qualche centinaio a Ottawa, meno a
Quebec. Vi hanno poi dei nuclei più o meno importanti sparsi nella provincia di
Ontario, a Winnipeg, nel Manitoba; e più numerosi e più densi nella Colombia
inglese e specialmente nell’isola di Vancouver, dove ne sono segnalati pare
erroneamente 8.000; certo però ve ne ha qualche migliaio. Impossibile determinare
con qualche precisione il numero complessivo”2.
Nei primi mesi del 1901 una numerosa serie di articoli apparsi sui quotidiani friulani
“Giornale di Udine” e “La Patria del Friuli” dissuadono i potenziali interessati a
trasferirsi nel paese dell’America del nord informandoli sulle “gravissime
conseguenze” originate dall’emigrazione in Canada3. Il “Giornale di Udine” riferisce
i primi risultati di un’indagine avviata nel febbraio 1901 dal “Corriere della Sera” su
una emigrazione numerosissima e misteriosa verso la frontiera
svizzera. Gli emigranti, quasi tutti uomini, erano concentrati a
Chiasso di dove poi proseguivano pel nord. A Chiasso, per conto
degli agenti di una misteriosa società, firmavano un contratto per
lavori da eseguirsi al Canada, dove si diceva fosse diretta quella
grossa [circa 2.500] fiumana di emigranti.
In effetti, contrariamente ai rumori che si erano diffusi a Chiasso (secondo i quali gli
emigranti sarebbero stati arruolati dall’Inghilterra per condurli nel Transvaal), il
giornale milanese poté effettivamente accertare destinazione e meccanismo
d’ingaggio dei lavoratori italiani: “Il corrispondente narra che gli emigranti, attratti da
2
Cfr. Gli italiani nel Canada, in “La Patria del Friuli”, 23 marzo 1901. Particolarmente interessante è la relazione del
console Solimbergo Il Canada sotto l’aspetto economico e politico. Rapporto del Comm. Giuseppe Solimbergo R.
Console Generale in Montreal, in “Bollettino del Ministero degli Affari Esteri”, marzo 1901, n. 190, pp. 169-205.
3
Cfr. L’emigrazione al Canada, in “Giornale di Udine” 9 maggio 1901.
promesse di grandi lavori e di lauti guadagni, pagarono ciascuno 200 lire per essere
ingaggiati, avendo diritto al viaggio da Chiasso e al vitto soltanto durante il viaggio
per mare”4. La vicenda, aggravata dallo scoppio di due casi di vaiolo tra i 250 italiani
a bordo di uno dei piroscafi in quarantena presso Quebec, suscita un’interrogazione
parlamentare degli onorevoli Morpurgo, Pozzo, Marco e Cottafavi5. Secondo il
giornale milanese, gli emigranti avrebbero dovuto essere mandati a lavorare
nell’ovest del paese, sulle ferrovie della British Columbia, anche se, in realtà, ben due
terzi sarebbe finito negli Stati Uniti6. Qualche mese più tarde il “Giornale di Udine”
torna sull’argomento debellando i veri obiettivi di chi aveva ingaggiato gli emigranti,
le cui condizione, secondo il giornale,
non sono ora affatto cattive. Infatti notizie pervenute al nostro
governo da Montreal recano che al Canada italiani disoccupati non
ce ne sono; anzi per causa dello sciopero dei braccianti impiegati
dalla Canadian Pacific Railway Co. c’è molta scarsità d’uomini,
tanto che questa società ferroviaria fa venire italiani dagli Stati
Uniti per conto proprio, facendosi responsabile delle violenze che
potrebbero commettere gli scioperanti contro gli italiani che vanno
a sostituirli7.
L’avvio di questo flusso di emigranti italiani, che avrebbero dovuto sostituire come
crumiri i lavoratori in sciopero della Canadian Pacific Railway (CPR), è risultato
dall’accordo tra la compagnia delle ferrovie e Antonio Cordasco, agente marittimo,
“banchista” e direttore di un’agenzia di collocamento nella città di Montreal. Questo
grosso “padrone” (boss) diventò, quindi, agente esclusivo della CPR e, insieme ad
Alberto Dini (che era, invece, al servizio della Grand Trunk Railway) si spartì il
reclutamento e l’organizzazione della manodopera italiana condotta nel Dominion,
dall’Italia, ma anche dalle “Little Italies” degli Stati Uniti. Questi mediatori tra forza
4
Cfr. L’emigrazione nel Canada, in “Giornale di Udine”, 10 maggio 1901.
Cfr. Per gli emigranti del Canada, in “Giornale di Udine”, 13 maggio 1901.
6
Cfr. Dolorose condizioni nel Canada degli emigranti italiani, in “La Patria del Friuli”, 7 maggio 1901.
7
Cfr. Gli italiani al Canada, in “Giornale di Udine”, 23 luglio 1901.
5
lavoro e capitale avevano il compito di ingaggiare della manodopera docile,
specialmente cinesi, galiziani e italiani per i lavori estivi della ferrovia: per questi
ultimi, Dini e Cordasco dovevano negoziare con gli agenti in Svizzera, che erano i
reclutatori diretti della manodopera. Nel 1901 i friulani non sembrano aver preso
parte a questo commercio dell’emigrazione. Solo nel 1903, quando la Canadian
Pacific Railway ingaggia, tramite Cordasco, più di tremilacinquecento italiani
(provenienti soprattutto dalle province meridionali, dal Veneto e dal Friuli), il
Ministero di Agricoltura Industria e Commercio segnala la cancellazione per il
Canada di duecentosei persone originarie dalla provincia di Udine. Il 10 marzo, per
esempio, la cronaca giornalistica segnala la partenza, via Chiasso, di 45 uomini
provenienti dal distretto di Codroipo, affatto poveri
perché tutti possedevano circa 400 lire, e lasciarono a Sedegliano
stabili, animali e campi, e si decisero a prendere la via del Canada
e non dell’Austria, perché alcuni di Sedegliano che già si trovano
al Canada, in pochi mesi mandarono a casa forti somme di denaro
e assicurarono per lettera che un manuale muratore nel Canada
guadagna circa 2 dollari e mezzo al giorno, cioè più di lire 14,508.
Due giorni dopo, lasciano Sedegliano per Chiasso e il Canada altri trentotto
emigranti9. Si tratta, in quasi tutti i casi, di emigranti stagionali o pluriennali, di
“target migrants”, secondo la definizione di Robert Harney, vale a dire, “di persone
che emigravano per raccogliere il denaro sufficiente per un determinato scopo e
quindi intendevano rimanere nel paese ospite solo per un periodo limitato di tempo,
in funzione dello scopo (“target”) che si erano prefissi. Non erano venuti nel Nord
America per stabilirvisi, ma per guadagnare abbastanza da cambiare le proprie
condizioni di vita nel vecchio mondo”. Come aggiunge Harney, “una sola campagna
di lavoro li metteva in condizione di risparmiare denaro da spedire a casa; e, restando
8
9
Cfr. Emigranti per il Canada. Da Codroipo, in “La Patria del Friuli”, 12 marzo 1903.
Cfr. Emigranti per il Canada, in “La Patria del Friuli”, 12 marzo 1903.
per più stagioni, potevano racimolare un gruzzolo tale da non dovere più ritornare”10.
Non a caso, infatti, nel periodo, la media delle rimesse provenienti dal Canada, pari a
221 lire, era la più alta tra quelle inviate dai paesi di emigrazione oltreoceano
maggiormente frequentati dagli italiani (Argentina 194 lire, Stati Uniti 185, Brasile
168)11. I vantaggi economici offerti dal lavoro in Canada sembrano attirare i quasi
ottocento friulani, in buona parte originari dal distretto di Codroipo, che raggiungono
il paese del nord America nel corso del 1904. L’11 febbraio, per esempio, il
quotidiano “La Patria del Friuli” anticipa l’emigrazione di una cinquantina di
lavoratori “attratti da coloro che li hanno preceduti nel Canada, da dove scrivono di
trovarsi bene e che percepiscono alti salari”12. Qualche settimana dopo, una ventina di
Codroipo, altri di Zompicchia, Bertiolo, Biauzzo e dei paesi vicini, in tutto
centocinquanta persone, muovono dalla stazione ferroviaria della città del medio
Friuli. “Ormai il Canada può chiamarsi la terra promessa per i nostri operai i quali a
centinaia partono per quella lontana destinazione”. Sono “provetti muratori,
falegnami, ecc. ecc. che qui trovano scarso lavoro”13. Venerdì 11 marzo il sindaco di
Sedegliano Bernardino Berghinz saluta e fornisce interessanti comunicazioni a quanti
si apprestano a realizzare la traversata atlantica. Alla volta del Canada, ventidue
operai della frazione di Gradisca e paesi vicini raggiungono la stazione ferroviaria di
Codroipo “sopra un carro, a suon di armonica e con la bandiera tricolore in testa”14. Il
corrispondente di San Vito al Tagliamento de “La Patria del Friuli” porge gli auguri
di buon viaggio ai compaesani, circa venti tra muratori, falegnami, scalpellini e
braccianti, che partono per il Canada il 14 marzo15. Nel pomeriggio del 5 aprile, il
piazzale della stazione di Codroipo è praticamente invaso da “frotte” di emigranti in
partenza per il Dominion. “Contai una lunga fila di carrette tirate da cavalli ed asini;
bandiera in testa e bandiera in coda. Gli emigranti attraversarono il paese cantando,
seguiti dai parenti ed amici”, osserva il corrispondente da Codroipo, che informa
10
Cfr. Robert Harney, Il re dei lavoratori italiani di Montreal: un caso esemplare di padronismo, in Id., Dalla frontiera
alle Little Itlalies. Gli italiani in Canada 1800-1945, Roma, Bonacci Editore, 1984, pp. 116-117.
11
Ibidem, pp. 145 e 284.
12
Cfr. Codroipo. Continua l’emigrazione per il Canada, in “La Patria del Friuli”, 11 febbraio 1904.
13
Cfr. Verso la terra promessa, in “La Patria del Friuli”, 7 marzo 1904.
14
Cfr. Emigrazione per il Canada, in “La Patria del Friuli”, 15 marzo 1904.
15
Cfr. Partenza pel Canada, in “La Patria del Friuli”, 17 marzo 1904.
anche della partenza di Giovanni Lunazzi, maestro delle scuole elementari di
Baracetto e di Nogaredo di Prato16. Il tono festivo della partenza si contrappone alle
prime notizie negative provenienti da oltreoceano che il quotidiano “La Patria del
Friuli” anticipa nei primi giorni di maggio e descrive, con dovizia di particolari, verso
la fine del mese. Il racconto sulla situazione degli emigranti friulani da poco arrivati
in Canada è affidata proprio ad uno di loro, Enrico Cengarle di Codroipo, un “bravo
operaio, fra gli ultimi partiti, e fra i più entusiasti nel decidersi a recarsi in quella
terra”. Quella del Cengarle sarebbe una tra le tante lettere sconfortanti pervenute da
oltreoceano: riferisce del “pessimo trattamento avuto durante il viaggio”, dell’arrivo a
Montreal accolti da “uno stuolo di figli d’Italia che imploravano pane e lavoro”,
dell’impossibilità di trovare lavoro. Enrico Cengarle punta il dito contro “gli assassini
degli operai tra i quali è quella buona lana di Antonio Cordasco il quale scrisse in
Italia al sig. Paretti di spedire dieci mila operai mentre qui ce ne sono anche troppi.
Egli per ogni operaio da occupare pretende 3 dollari eppoi chi sa quando il lavoro
verrà”. Nella primavera del 1904, infatti, la minore richiesta di lavoratori, il tardo
disgelo e la cupidigia di Cordasco, che aveva arruolato un numero eccessivo di
lavoratori, porta sull’orlo del fallimento il commercio dell’emigrazione gestito da
questo padrone. Tra giugno e luglio 1904, il vice ministro del lavoro canadese avvia
un’inchiesta su Antonio Cordasco cui segue un’ulteriore indagine promossa da una
commissione reale sulle pratiche d’affari fraudolente. La situazione dei nuovi
emigranti è insostenibile: “Qui non si fa che girare su e giù per la città inoperosi”
scrive Enrico Cengarle. E aggiunge: “Se le nostre bramazioni gioveranno, coloro che
dissero tanto bene di questa terra matrigna e Paretti che ci lusingò col dirci che
magari 50 mila operai avrebbero trovato lavoro e tante altre fandonie, non avranno
più bene, perché sentiranno il rimorso di avere gettato nella miseria e nel dolore tante
povere famiglie”17. Nella sua lettera, il Cengarle, getta allo scoperto il sistema di
intermediazione che lega padroni, agenti e sub-agenti da una parte all’altra
dell’Oceano. Il datore di lavoro canadese (in particolare le industrie a lavoro
16
Cfr. Codroipo. Un maestro partito per il Canada perché non ha più fiducia nei ministri della Pubblica Istruzione, in
“La Patria del Friuli”, 6 aprile 1904.
17
Cfr. Codroipo. Brutte campane dal Canada, in “La Patria del Friuli”, 29 maggio 1904. Sul numero del 10 maggio si
veda inoltre l’articolo Cose del Canada.
intensivo, come le ferrovie e le fonderie) era in stretto contatto con gli intermediari
locali come Antonio Cordasco e Alberto Dini che, a loro volta, erano coadiuvati da
agenti e sub-agenti che nelle diverse regioni italiane e a Chiasso controllavano il
reclutamento e il trasporto della manodopera. Antonio Paretti, agente della
compagnia di navigazione “La Veloce” a Udine, era uno dei tanti contatti di
Cordasco in Italia e numerose sono le lettere che intercorrono tra i due nel corso del
1904. In una di queste Cordasco ricorda a Paretti il profilo dei lavoratori richiesti
nelle ferrovie canadesi (manovali e non invece operai specializzati) e lamenta che
egli avesse mandato tagliapietre al posto di manovali18. Non è dato capire se sia
questa la situazione del Cengarle, vale a dire se anche egli come “bravo operaio”
rientrasse tra le categorie lavorative meno richieste. Il quotidiano udinese, tuttavia,
garantisce sulla buona fede di Paretti “uomo serio e di coscienza, e non di quelli che
spacciano «fandonie» pur di aumentare magari d’un solo il numero degli emigranti”.
Interpellato da “La Patria del Friuli”, Antonio Paretti sostiene di non aver mai
conosciuto il suo accusatore, il cui nome non figura nei registri degli emigranti della
sua agenzia. Il giornale udinese aggiunge, inoltre, che il signor Paretti “non ha però
mai dato a nessuno informazioni su quel che li attendeva nei paesi dove emigravano,
ma sempre li consigliò a rivolgersi al Segretariato della Emigrazione, che è istituito
appositamente a tale scopo e con il quale il signor Paretti si è sempre mantenuto in
ottimi rapporti”19. Nella primavera 1904, tramite il Segretariato dell’Emigrazione di
Udine, la “Società di protezione degli emigranti italiani di Boston” sconsiglia la
partenza per il Canada perché “la stagione di lavoro è quasi abortita e nell’inverno si
è costretti ad ozio forzato a causa del clima”. Secondo la “Società”, a causa
dell’esuberanza di braccia, i cantieri canadesi sarebbero “assediati da gente che si
offre di lavorare con paghe meschinissime”20.
La lettera inviata da Jackfish, piccolo villaggio a nord del Lago Superiore, da
Ferdinando Della Picca, nato a Pantianicco nel 1870 e partito alla volta del Canada
nel 1903, descrive tribolazioni e imbrogli cui sono oggetto gli emigranti
18
Cfr. Robert Harney, Il re dei lavoratori italiani di Montreal, op. cit., p. 124.
Cfr. A proposito di una lettera da Canada, in “La Patria del Friuli”, 30 maggio 1904.
20
Cfr. L’emigrazione al Canada, in “La Patria del Friuli”, 1 giugno 1904.
19
pantianicchesi, friulani e italiani in generale. Dall’arrivo al porto di New York, al
viaggio in treno fino a Montreal, al cambiavalute nella banca locale, all’iscrizione
presso il locale ufficio di collocamento (che il Della Picca definisce “magazzino delle
Braccia da lavoro”), fino al raggiungimento del posto di lavoro “a 200, 300
chilometri… dentro nei boschi… fra gli scioperi”, l’emigrante è sempre truffato. Nel
1903 partono da Pantianicco 48 persone per la nazione dell’America del nord: di
queste ben 21, rientrate dopo qualche anno in paese, raggiungeranno l’Argentina per
fare gli infermieri. Evidentemente le notizie sulle precarie condizioni dei
pantianicchesi in Canada raggiungono senza indugio i compaesani rimasti in patria.
Sono, tuttavia, le scarse possibilità di risparmio che sembra offrire il lavoro canadese
a trattenere eventuali nuovi emigranti e dopo il 1903 i registri anagrafici comunali
non segnalano altre partenze per il paese dell’America del Nord. Segnala Ferdinando
Della Picca:
Giunge il giorno ultimo del mese, il giorno della paga e fra una
spesa e l’altra, si ruba il denaro rimanente, ed il lavoratore è così
costretto a rimanerne sprovvisto. Ed allora?... Cose tristi, dolorose:
Si maledice… si impreca… si fanno complotti. Si maledice il
Sindaco che fece il passaporto… si maledice anche la patria nostra:
l’Italia… in somma scene rabbiose commoventi che fanno
strasciare il cuore ad ogni persona cosciente!... Che cosa si decide
in questi frangenti? Scappare… scappare… alla fortuna di Dio. Di
queste cose accadono tutti i giorni, tanto è vero che alla ferrovia
della Compagnia Crad Fruck Anor R [Grand Trunk Railway]
Canada Ontario si trovano più di 500 persone della nostra
provincia che sono rimaste senza vestiti, e ciò dopo che furono
sfruttati in tanto barbaro modo21.
21
Cfr. Dal Canada. Lettera di un nostro comprovinciale, in “La Patria del Friuli”, 30 luglio 1904.
Secondo il Della Picca gli emigranti friulani sarebbero originari della zona di
Bertiolo, Barazzetto, Coseano, Pantianicco, Codroipo, Camino di Codroipo e
Villaorba. Il 5 agosto 1904 lo stesso quotidiano pubblica ancora una Interessante
lettera di un comprovinciale dal Canada. Questa volta il messaggio che Daniele Iem
propone da New Rochelle, nello stato di New York, è del tutto esplicito: “Non venite
al Canada”. La lettera si articola in 12 paragrafi numerati che illustrano la precaria
situazione degli emigranti approdati in Canada dove “vi è grande scarsezza di lavoro,
anche perché la nuova linea ferroviaria che si doveva costruire è rimasta sospesa”. Il
discorso di Daniele Jem conferma, quindi, l’approdo lavorativo principale degli
italiani, ma anche il ruolo come crumiri svolto spesso dagli emigranti.
Finora gli immigrati venuti qui oltrepassano i 45 e 50 mila. Il
segretario dell’emigrazione si è messo d’accordo con le compagnie
ferroviarie per dare loro operai ad un prezzo misero: dalle quattro
alle cinque lire al giorno e i poveri emigranti devono accettare, per
fame. Si può immaginare. Per fame. Si può immaginare così ben
visti che sono questi emigranti italiani, che lavorano a metà prezzo
degli operai canadesi.
Le critiche del Jem non risparmiano i mediatori, sotto accusa anche da parte delle
autorità canadesi.
Qui fanno soldi i cosiddetti «corrispondenti» cioè quelli che
tengono accordo con le compagnie di fornire lavoratori. L’operaio
deve pagare due scudi per essere preso in nota. […] Fra i
«corrispondenti» che più si adoperarono a richiamare qui
emigranti, vi è un signor Antonio Cordaschi [sic]. Ma ve ne sono
parecchi altri, perché la «professione» è abbastanza lucrosa. Però
adesso questi tali li hanno dismessi perché hanno avuto causa con
gli operai italiani qui immigrati, e il Tribunale canadese li ha
condannati a pagare tutte le spese e una indennità a questa povera
gente22.
I guadagni che i lavori ferroviari garantiscono sembrano comunque superiori a quelli
offerti da una stagione di lavoro in Europa. Fino allo scoppio della grande guerra le
partenze dal Friuli verso il Canada seguono un andamento relativamente costante con
forti impennate nel 1906 e soprattutto nel biennio 1912-1913. Nel 1906, infatti, il
quotidiano “La Patria del Friuli” segnala che la costruzione di importanti linee
ferroviarie avrebbe richiesto un elevato numero di braccianti23. Due anni dopo, nel
1908, la situazione lavorativa peggiora a causa della crisi finanziaria che colpisce il
paese dal novembre 1907. “Le fattorie incominciarono a scarseggiare di lavori,
tantochè gli operai che vi erano occupati furono parte licenziati e parte lavorano 2 o 3
giorni la settimana”, scrive Giovanni Collavini da Sault Ste. Marie “dove si trovano
moltissimi nostri comprovinciali”. Secondo il Collavini, originario probabilmente di
Bertiolo, i più danneggiati sarebbero gli italiani che, a Sault Ste. Marie, sono la
maggioranza24. Negli stessi anni, i friulani sono anche nelle minieri di carbone del
British Columbia, nella zona di Fernie, Michel, Natal, Coleman. Il 13 aprile 1908,
nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Crown Nest [Crowsnest Pass] non
lontano da Michel, Giovanni Misson, operaio di San Lorenzo di Sedegliano, muore
schiacciato nel sotto suolo di una delle baracche di legno utilizzate come deposito di
calce. Mentre descrive l’ultimo saluto “al povero Misson”, il corrispondente del
quotidiano “La Patria del Friuli” conferma la numerosa presenza nella zona di
friulani e italiani:
Per iniziativa dei suoi paesani che qui si trovano in una ventina
circa, e principalmente degli operai Angelo Chiesa, Pietro Chiesa e
Giuseppe Zoratti che tutto diressero, fu ottenuto dalle autorità di
trasportare la salma qui in Michel B.C. località dove dimorano 500
22
Cfr. Dal Canada. Interessante lettera di un comprovinciale, in “La Patria del Friuli”, 5 agosto 1904.
Cfr. La mano d’opera nel Canada, in “La Patria del Friuli”, 28 aprile 1906.
24
Cfr. Italiani maltrattati negli Stati Uniti, in “La Patria del Friuli”, 23 aprile 1908.
23
operai italiani occupati nella miniere di carbone [Durante i
funerali] seguivano il feretro circa 200 persone d’ogni regione
d’Italia. Nel sacro recinto, l’operaio Pacifico Campana di Rodeano
pronunziò un pietoso discorso, dando l’estremo addio al caro
estinto25.
Le osservazioni sulla comunità italiana di Michel che invia il corrispondente de “La
Patria del Friuli” coincidono con i risultati dell’indagine che, a distanza di quasi
cent’anni, Gabriele Scardellato realizza negli archivi della “Crowsnest Pass Coal
Company”:
To the east of Trail, for example, in the Crowsnest Pass coalmining town of Michel, according to local employment records
from the first decade of this century, a large majority of the
roughly 470 Italians employed by one of the mining companies
gave addresses for their next of kin or for their previous residences
as «Udine» (probably referring to the province and not to the
provincial capital). Some of the other Friulian place-names noted
in these records include Codroipo, Sedegliano, Spilimbergo, San
Vito al Tagliamento, Flaibano, and Zoppola26.
I tredici pionieri che, nel 1905, giungono nella vicina cittadina di Trail, sono
originari, invece, da San Martino al Tagliamento: trovano una specie di villaggiofonderia abitato da circa 300 persone tra cui molti italiani, insediati nel quartiere di
“Gulch” [il burrone], un tempo “Dublin Gulch” e ora diventata “Little Italy”27.
Tabella 1 – Cancellati originari dalla provincia di Udine per anno e per area di destinazione estera
(1876-1925) e rimpatriati dal Canada nella provincia di Udine (1905-1925)
25
Cfr. La disgrazia mortale d’un friulano al Canada, in “La Patria del Friuli”, 5 maggio 1908.
Cfr. Gabriele Scardellato, Friulians in Trail, B.C.: Migration and Immigration in the Canadian Periphery, in Konrad
Eisenbichler (editor), An Italian Region in Canada. The Case of Friuli – Venezia Giulia, Toronto, Multicultural History
Society of Ontario, 1998, pp. 108-109.
27
Cfr. Ibidem pp. 107-108.
26
1876
1877
1878
1879
1880
1881
1882
1883
1884
1885
1886
1887
1888
1889
1890
1891
1892
1893
1894
1895
1896
1897
1898
1899
1900
1901
1902
1903
1904
1905
1906
1907
1908
1909
1910
1911
1912
1913
1914
1915
1916
1917
1918
1919
1920
1921
1922
Europa
Canada
17.561
16.769
15.395
15.194
16.538
19.439
20.292
25.987
25.387
23.699
25.744
29.292
31.422
34.186
38.001
36.480
38.754
42.121
47.550
42.866
41.398
44.706
50.571
55.485
43.256
49.448
45.069
49.251
23.660
35.567
30.943
31.531
30.247
26.911
30.751
33.270
35.763
33.473
42.208
1.665
283
122
0
2.993
20.902
11.231
28.699
2
9
3
0
6
0
0
0
0
0
0
8
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
0
0
7
3
5
206
791
877
1.112
856
530
793
710
716
1.898
2.023
995
84
37
3
0
380
1.588
1.208
442
Totale
emigranti
17.871
17.400
18.407
16.988
17.800
19.951
20.816
27.839
28.540
25.819
27.325
33.859
38.429
39.126
39.359
37.550
40.972
43.907
49.177
44.930
43.004
46.579
51.569
56.241
43.614
50.290
46.051
50.607
26.042
38.759
37.794
35.512
33.041
31.348
34.327
36.494
42.048
44.053
52.124
2.231
518
163
0
4.531
26.587
15.649
32.268
Rimpatriati
dal Canada
0
0
0
0
0
0
0
9
13
213
129
35
25
22
186
68
164
45
1923
1924
1925
28.026
30.941
23.139
1.151
437
291
35.867
36.811
27.356
9
19
33
Fonte: Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, Statistica dell’Emigrazione Italiana, anni
1876-1914; Commissariato Generale dell’Emigrazione, Annuario statistico dell’emigrazione
italiana dal 1876 al 1925, Roma, 1926, pp. 831-867.
N.B. I cancellati per il Canada nel triennio 1876-1878 sono aggregati a quelli verso gli Stati Uniti; i
dati sui rimpatri furono calcolati solo a partire dal 1905.
Nel 1909, Guido Picotti, ispettore dell’ufficio provinciale del lavoro, stima in oltre
35.000 (su un totale di 40.000) gli emigranti fornaciai e braccianti del circondario di
Udine che ogni primavera raggiungono le fornaci e i cantieri edili della Baviera, del
Württemberg e della Croazia28. Oltreoceano, osserva il Picotti: “L’America [del sud]
non ha più le grandi attrattive di anni addietro pei nostri operai, i quali in
quest’ultimo ventennio hanno man mano abbandonato quasi l’idea dell’emigrazione
transoceanica, ch’è andata sempre riducendosi per modo che oggi partono
pochissimi”. Nel circondario di Udine, solo i distretti di San Pietro al Natisone, San
Daniele, Codroipo e Latisana danno un flusso di emigranti transoceanici; negli altri
distretti, gli emigranti per le Americhe costituiscono un numero quasi trascurabile.
L’emigrazione nostra attuale – osserva Guido Picotti – è composta
in gran parte di minatori, braccianti, sterratori e preferiscono
l’America del Nord. Si occupano nei grandi lavori edilizii e
ferroviari, nelle colossali costruzioni americane di varia natura.
Specialmente il Canada è meta dei nostri emigranti transoceanici, i
quali non vanno però per restare laggiù, ma per rimpatriare, dopo un
periodo d’anni più o meno lungo, a seconda della fortuna e di altre
varie ragioni d’economia e d’interesse”29.
Prima della grande guerra, infatti, nell’immaginario paesano, l’emigrazione verso i
paesi europei è stagionale, pluriennale per quelli di oltreoceano, Argentina e Canada
28
29
Cfr. Guido Picotti, Le caratteristiche dell’emigrazione nel circondario di Udine, cit.
Cfr. ID., Il soggiorno lontano dei nostri emigranti, in “La Patria del Friuli”, 3 novembre 1909.
in specie; coinvolge soli i maschi e ha come scopo l’accumulazione di denaro da
utilizzare, in patria, per pagare debiti (tasse e ipoteche) o per l’acquisto di terra.
Giovanni Battista Fabris scrive che, nel distretto di Codroipo:
Col mezzo dell’ufficio postale, o delle banche mandarono alcuni, i
primi emigranti, alle loro famiglie i risparmi del lavoro, che poi
servivano per redimere il campo, o la casa dagli artigli di qualche
usuraio – oppure ad estendere, con acquisti nuovi, i piccoli possessi,
od anche a diventare censiti da nullatenenti. Questo bastò per
credere che l’America fosse per tutti un Eldorado30.
Si tratta, quindi, di un’emigrazione che cerca di massimizzare i benefici economici e
che nelle intenzioni dei protagonisti raramente prevede il trasferimento all’estero, in
pianta stabile, di tutta la famiglia perché gli anziani e le donne che rimangono in Friuli
“in attesa delle corone, dei marchi e dei dollari che verranno a consolarle durante il
periodo della loro forzata vedovanza”31 si occupano dei lavori agricoli, di una
campagna che non garantisce mai l’autosufficienza.
2. Friulani in Canada tra le due guerre mondiali
I resoconti di viaggio che il cappellano della motonave Vulcania, don Luigi Ridolfi,
pubblica nel 1931, descrivono in modo dettagliato le principali caratteristiche della
comunità friulana in Canada tra le due guerre mondiali. Vecchie e nuove ondate
migratorie, mestieri e attività lavorative più o meno diffuse, principali borghi e paesi
di provenienza e città e regioni di approdo più frequenti definiscono i contorni della
presenza friulana in terra canadese. Scrive il Ridolfi: “Facendo un po’ i conti
possiamo calcolare che i Friulani non sono meno di 3.200, piccoli compresi. Circa un
migliaio sono nella lontana Columbia Britannica. Mille e cinquecento sono
nell’Ontario. Il resto nell’Alberta, Manitoba e Saskatchewan. La maggior parte sono
30
Cfr. Giovanni Battista Fabris, Illustrazione del Distretto ora Mandamento di Codroipo, Udine, Tipografia di D. Del
Bianco, 1896, pp. 125-126.
31
Cfr. Emigrazione temporanea, in “La Patria del Friuli”, 7 marzo 1911.
nelle miniere e fabbriche; buona parte sono muratori e terrazzai; alcuni pochi fornaciai
e manovali”32. Benché sia estremamente difficile confermare o correggere le stime del
sacerdote friulano sulla consistenza dei friulani del Canada, le notizie raccolte da don
Ridolfi durante i suoi pellegrinaggi nelle città dell’America del Nord sono comunque
una specie di fotografia della comunità. I soggetti ritratti sono gli emigranti giunti in
Canada negli anni Venti, ma anche quegli che trasferitisi oltreoceano nel primo
Novecento hanno deciso di stabilirvisi e cha vantano ormai una permanenza di
qualche decennio. La città di Toronto è, fra tutte, quella che raccoglie il più alto
numero di friulani, circa cinquecento secondo don Ridolfi, il doppio secondo altre
stime33: “La maggior parte sono del Friuli centrale. Un gruppo saliente sono quelli di
Osoppo, Avasinis, Sedegliano, Gradisca di Sedegliano, Codroipo, Castions di Strada,
Bertiolo e Fagagna. Essi sono quasi tutti muratori. I terrazzieri, che ci sono, sono di
Sequals, Fanna, San Giorgio della Richinvelda e da Provesano”34. Ridolfi non segnala
il periodo di emigrazione dei diversi gruppi, vale a dire se muratori e terrazzieri
friulani siano arrivati prima o dopo della grande guerra. Tra i membri del primo
contingente vanno indicati, per esempio i fornaciai di Zompicchia:
Another group of friulani who had been in Toronto since about 1905
were the brickmakers from towns in southern Friuli. Many of them
had worked at the same trade in Bavaria, as labourers hauling clay,
or as firemen in the kilns. The largest employer in the city was the
Toronto Brick Company at Coxwell Avenue and Gerrard Street. A
small colony of brickmakers from the village of Zompicchia near
Codroipo, in Friuli, lived near the brickyard, on Seymour Avenue35.
32
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America del Nord, Udine, Arti Grafiche Cooperative Friulane, 1931, pp. 121-122.
Cfr. Angelo Principe – Olga Zorzi Pugliese, Rekindling Faded Memories: The Founding of the Famee Furlane of
Toronto and Its First Years (1933-1941). Ravvivare ricordi affievoliti: La fondazione e i primi anni della Famee
Furlane di Toronto (1933-1941), North York, Famee Furlane of Toronto, 1996, p. 17.
34
Ibidem, p. 119.
35
Cfr. John E. Zucchi, Italians in Toronto. Development of a National Identity 1875-1935, Kingston & Montreal,
McGill-Queen’s University Press, 1990, p. 85.
33
I muratori e fornaciai della zona di Codroipo, tuttavia, giungono a Toronto anche dopo
la prima guerra mondiale:
Bricklayers and builders from Friuli began arriving in the city at
about the same time as the brickmakers. The tradesmen were mostly
from Codroipo and its surrounding towns, or from San Giorgio della
Richinvelda […] By the 1920s, Codroipo, in Friuli, would become a
significant source of building tradesmen and brickmakers for
Toronto36.
Un capitolo a parte meritano, invece, mosaicisti e terrazzieri: originari della
pedemontana del Friuli occidentale, di Sequals, Fanna, Cavasso Nuovo, Meduno e
Arba, approdano a New York attorno al 1880. Da New York, i terrazzieri friulani
raggiungono ogni angolo degli Stati Uniti, del vicino Canada, ma anche delle isole dei
Caraibi. Terrazzieri e mosaicisti friulani, infatti, non giungono in Canada direttamente
dall’Italia, ma dagli Stati Uniti. In quest’ultimo paese, osserva don Luigi Ridolfi,
“quando si voglia trovare i Friulani in una città bisogna informarsi se ci sono imprese
di terrazzo e mosaico e rivolgersi ad esse. Molte volte l’impresario è un americano,
ma gli operai sono friulani [Nel Canada, invece] i muratori, minatori ed operai delle
fabbriche hanno preceduto i terrazzai e mosaicisti37. Nell’America del Nord, la
diffusione del terrazzo avviene con le stesse strategie già collaudate in Germania:
The contractors sent artisans to other urban centers to affix precut
and set mosaics. If these employees saw a possible market, they
often remained in the city to begin their own businesses. The first
Friulian mosaic company in North America, Ideal Mosaic Company,
began precisely in that manner […] This process was repeated
throughout the North American continent. When the De Spirt family
36
37
Ibidem, pp. 85 e 31-32.
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America, cit., p. 43.
of Buffalo sent employee Albino Pedron to Toronto in 1915, he
established the Art Mosaic and Terrazzo Company. From Buffalo,
the De Spirts did the work for the Cook County Courthouse in
Chicago, the pre-1906 San Francisco Post Office, and Toronto
General Hospital. Mosaic and terrazzo contractors eventually settled
in each of those cities; in fact, after Pedron began his business in
Toronto, one of the De Spirt sons opened a satellite firm for the
family in the growing Ontario city. From Toronto, the De Spirts and
Pedron sent employees to Ottawa, Hamilton, Timmins, Subdury,
Montreal, Halifax, and other cities. Their employees eventually
formed their own companies in each of these towns (another De
Spirt opened a Montreal branch). The Friulian mosaic workers
diffused their trade throughout North America between 1900 and
1903, just as they had done in Europe fifty years earlier38.
Nel 1925, per esempio, Edigio (Gid) De Spirt di Fanna – osserva John E. Zucchi controlla ormai il settore del terrazzo nella città di Toronto39. Assieme alla famiglia
De Spirt ci sono molti altri impresari edili e del terrazzo come per esempio Pietro
Rodaro e Andrea Ridolfi di Avasinis (Trasaghis), Leonardo Antonutti di Blessano
(Basiliano), Giacomo Tortolo di Bertiolo, Pietro Cantarutti di Castions di Strada,
Antonio Venchiarutti di Osoppo, i fratelli Bratis di San Giorgio della Richinvelda,
Beniamino Cignolini di Codroipo. I fratelli Colautti, invece, possiedono una impresa
edile, di terrazzo e mosaico a Windsor. La città dell’Ontario, tuttavia, accoglie molti
friulani “di cui alcuni occupati nella città di Detroit”40, importante centro industriale
dello stato statunitense del Michigan. Non è improbabile che, negli anni Venti e
Trenta, questa specie di pendolarismo transfrontaliero tra Stati Uniti e Canada dovuto
ai differenziali retributivi coinvolgesse anche un numero significativo di lavoratori
38
Cfr. J. E. ZUCCHI, Immigrant Friulani in North America, in Italian Immigrants in Rural and Small Town America,
cit., p. 65-66.
39
Cfr. J. E. Zucchi, Italians in Toronto. Development of a National Identità 1875-1935, Kingston e Montreal, McGillQueen’s University Press, 1988, p. 84-85.
40
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America, cit., p. 48.
friulani. “Un’altra volta ho dovuto constatare la differenza fra gli Stati Uniti ed il
dominio inglese. Anche gli emigrati ne conoscono la differenza nelle loro paghe. Un
muratore negli Stati Uniti si guadagna 12 dollari al giorno, nel mentre in Canada circa
8. La stessa proporzione negli altri mestieri. Di qui il loro differente tenore di vita”41.
Nell’immediato primo dopoguerra, gli emigranti che beneficiano delle agevolazioni
offerte dal governo canadese a coloro che intendono dedicarsi all’agricoltura non
sembrano molto numerosi. Grazie alla “Immigration Act”, un agricoltore canadese
poteva essere autorizzato dal governo a introdurre nel paese uno o più contadini che
accettavano di lavorare alle sue dipendenze almeno per un anno in cambio di vitto,
alloggio e un ridotto stipendio. Il contadino disposto a trasferirsi in Canada doveva,
tuttavia, approntare una lunga serie di documenti. Roberto Perin ricorda le “barriera
burocratica” (i “reticolati di carta” come li definì don Luigi Ridolfi) che dovette
superare il padre Valentino, partito sedicenne per il Canada nel 1924 grazie alla
richiesta di sponsorizzazione sottoscritta da Gustave Martin, un proprietario agricola
francese residente nello stato di Saskatchewan:
He [Valentino] had to present to the Canadian Immigration officer at
the port of departure a copy of the letter written by the Canadian
Department of Immigration accepting Martin’s request for
sponsorship. This letter also had to be approved by the Regio
Commissario d’Emigrazione in Ottawa. In order to obtain an Italian
passport, Valentino had to possess an Atto di Espatrio issued by the
consular agent of Italy in Winnipeg in which Furlan [un compaseano
di Valentino] guaranteed a return fare for Valentino should
circumstances warrant it. He had to have a statement from the
provincial court of Udine that he was without a criminal record, as
well as confirmation from a medical doctor at his place of birth the
he was indeed a farmer, of robust health, and free from contagious
diseases. In addition to an Italian passport, Valentino also had to
41
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America, cit., p. 105.
have a Canadian visa for which he had to pay $ 5. In applying for
this document he attested to being able to plough, attend horses, and
do farm work. He declared that he was in possession of 2,000 lire,
that he paid for his fare himself, and that he had a first cousin
already resident in Quebec. Finally, Valentino had to undergo a
Canadian medical inspection at the port of embarkation [Cherbourg].
On board ship, he was given an Immigration Identification Card that
he had to show on landing in Canada42.
Friulani e italiani traggono vantaggio anche delle nuove opportunità lavorative offerte
dall’industria: le grandi acciaierie di Sault Ste. Marie e Hamilton, per esempio,
accolgono un numeroso gruppo di emigranti. Nella “Birmingham del Canada”, come
veniva chiamata Hamilton, città adagiata sul lago Ontario, a sud di Toronto, i friulani
provengono soprattutto dalla zona di Codroipo e da Zompicchia in particolare. A Sault
Ste. Marie, ai confini con gli Stati Uniti, i friulani occupati presso la cartiera e gli
stabilimenti industriali sono originari di Bannia (Fiume Veneto), ma gruppi sparsi ci
sono un po’ da tutta la pianura udinese e pordenonese.
Da Sault Ste. Marie a Sudbury la ferrovia passa in mezzo a boschi,
ove i venti ne hanno schiantato od il fuoco carbonizzato gli alberi; in
mezzo ad elevazioni roccioso che sono state flagellate, screpolate e
scomposte dalle bufere. Di quando in quando s’incontrano dei miseri
casotti, delle segherie e delle fermate. Mi si stringe il cuore, quando
scorgo degli operai che lavorano lungo la linea o corrono a guardare
il treno nelle sue brevi fermate, poiché alcuni di essi sono friulani e
non mi è possibile, come vorrei, di recare loro il conforto ed il
sorriso di una parola della piccola patria lontana43.
42
Cfr. Roberto Perin, Perin Peregrinations, in Konrad Eisenbichler (editor), An Italian Region in Canada, cit., pp. 6667. Sui “reticolati di carta” che, nell’immediato primo dopoguerra, ostacolavano l’entrata in Francia degli emigranti
italiani e friulani si veda Luigi Ridolfi, L’emigrante friulano, Udine, Segretariato del Popolo, 1926, p. 16 e 77.
43
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America, cit., p. 107.
Così descrive don Luigi Ridolfi il suo viaggio da Sault Ste. Marie a Sudbury, città
mineraria che accolse molti emigranti friulani. I primi, i pionieri, erano arrivati tra
Ottocento e Novecento, ingaggiati dalla Canadian Pacific Railway per la costruzione
della ferrovia. La maggior parte tornò in Italia o si trasferì in altre zone del Canada,
ma altri rimasero nei dintorni di Sudbury, area di miniere e fonderie di nickel. A
Coniston, per esempio, la fonderia gestita dalla Mond Nickel Company occupa alcuni
friulani di Magnano in Riviera, San Daniele del Friuli, Rive d’Arcano e Fagagna. Il
villaggio di Creighton sorge nel 1900 quando la International Nickel Company
(INCO) comincia ad estrarre il nickel e il rame presenti nella zona. Alcune famiglie
friulane, come i Franceschini di San Daniele e i Cappelletti di Tomba di Mereto, o i
Cozzarini, i Fabris e i Manarin arrivati nel secondo dopoguerra, vivono a Creighton
fino ai primi anni 1970, quando l’INCO decide di chiudere la miniera e di abbattere
tutte le abitazioni del villaggio. Risale al 1886, invece, la fondazione di Copper Cliff,
campo minerario creato dalla Canadian Copper Company. Nella zona i friulani non
sono molto numerosi e alcuni gestiscono negozi di alimentari come Giuseppe
Topazzini di San Daniele del Friuli, proprietario di un rinomato panificio. La città di
Sudbury diventa importante luogo di emigrazione soprattutto nel secondo dopoguerra,
quando l’INCO riprende l’estrazione di nickel nelle miniere della zona44. A nord di
Sudbury, in mezzo al bosco, Timmins si trova al centro di una zona di miniere d’oro.
Scrive don Luigi Ridolfi:
Alcuni [pozzi d’oro] sono profondi 1.000 metri. L’oro è estratto allo
stato nativo in cristalli ed in filoni nella roccia quarzosa, mescolato a
piriti, solfuro di antimonio, minerali d’argento, rame, ferro, tellurio,
ecc. […] I pozzi dell’Holinger vomitano fino a 600 tonnellate di
roccia al giorno. Una tonnellata dà circa 20 dollari d’oro. Una media
di 12.000 dollari al giorno. Ma non si dimentichi che ci sono da 2 a 3
44
Sulla comunità friulana e italiana di Sudbury e dei paesi vicini cfr. Diana Iuele-Colilli, I Friulani di Sudbury, New
York-Toronto-Ontario, Legas, 1994 e della stessa autrice Creating an Identity: The Friulian Community of Sudbury, in
Konrad Eisenbichler (editor), An Italian Region in Canada, cit., pp. 85-101.
mila operai. Nell’anno precedente si ottennero un milione e mezzo
di oncie di puro oro, che si vendette per 30 milioni di dollari45.
A Timmins e, soprattutto nella vicina Schumacher, i friulani, famiglie e maschi da
soli, lavorano nei campi di estrazione d’oro MacIntyre e Hollinger46.
3. Vecchie e nuove catene migratorie: l’emigrazione nel secondo dopoguerra
La fine della seconda guerra mondiale prospetta nuovamente il ricorso
all’emigrazione. Riprende, quindi, il flusso verso i paesi di più antica emigrazione
come la Francia, il Belgio, l’Argentina e gli Stati Uniti, si allarga quello verso i paesi
che come il Canada e in minor misura la Svizzera accolsero già dagli ultimi anni del
Ottocento un numero non indifferente di friulani, si aprono infine altre nuove
destinazioni come il Venezuela, l’Australia e il Sud Africa. Nel secondo dopoguerra,
Il Canada è uno dei primi paesi a concludere accordi speciali con
l’Italia per il reclutamento di manovalanza. Ma nello spazio di
qualche anno, l’espansione senza precedenti dei mercati del lavoro
canadesi fa dell’Italia uno dei maggiori fornitori di popolazione e di
manodopera. A ciò contribuisce la politica canadese della
«sponsorizzazione», che facilita l’entrata di candidati che hanno un
parente che risiede legalmente in Canada e che si dichiara disposto
ad agire da «sponsor» e ad assumersi le responsabilità finanziarie dei
nuovi venuti durante il periodo di insediamento. Gli italiani sono il
gruppo che si avvale maggiormente di tale politica. Tra tutti gli
italiani che emigrano in Canada tra il 1948 e il 1967, infatti, circa il
90% è sponsorizzato da parenti canadesi47.
45
Cfr. Luigi Ridolfi, I Friulani nell’America, cit., pp. 112-113.
Cfr. James Louis Di Giacomo, They Live in the Moneta: an Overview of the History and Changes in Social
Organization of Italians in Timmins, in “Polyphony. The Bulletin of the Multicultural History Society of Ontario”,
1985, v. 7, n. 2, Italians in Toronto, p. 84.
47
Cfr. Bruno Ramirez, In Canada, in Piero Bevilacqua – Andreina De Clementi – Emilio Franzina, Storia
dell’emigrazione italiana. Arrivi, Roma, Donzelli editore, 2002, p. 93. Sulla politica migratoria canadese nel secondo
46
I friulani non si sottraggono a questo meccanismo che favorisce le comunità di più
antico insediamento. Nel periodo 1955-1980, dei più di 500.000 italiani emigrati in
Canada circa il 7% proveniva dal Friuli Venezia Giulia48. Nella città di Toronto, dove
già dal 1932/3 gli emigranti avevano costituito una “Famee Furlane”49 e partecipato
attivamente alla lotta antifascista50, i diversi gruppi paesani mettono nuovamente in
moto le catene migratorie interrotte dalla grande crisi e dalla seconda guerra mondiale.
Emergono, infine, nuove catene che diversificano e arricchiscono la componente
regionale. Dopo l’apertura all’immigrazione da parte del governo canadese e negli
anni Cinquanta “there were many routed into the country – family sponsorship,
refugee status, works permits, one year contracts in the bush, in the mines, on a farm,
or on the railroads”51. Un capitolo particolare merita, appunto, il caso dei profughi
giulano-dalmati approdati in Canada dopo la fine del conflitto. Effettivamente, se il
percorso migratorio dei friulani che raggiungono il Canada nel secondo dopoguerra,
tranne alcune poche eccezioni, si svolge all’interno delle reti sociali costruite
soprattutto da parenti e compaesani già emigrati oltreoceano (tramite gli “atti di
chiamata” per esempio), nel caso dei giuliani i meccanismi di reclutamento, le
modalità migratorie e l’inserimento nella nuova realtà sono molto diversi. La fine
della guerra e l’arretramento dei confini politici nella Venezia Giulia, mettono
nuovamente in moto le correnti migratorie rappresentate nel periodo 1946-1952 dai
circa 300.000 profughi istriani e dalmati. “Stati Uniti, Canada, Australia ed Argentina
furono le destinazioni estere maggiormente prescelte dai profughi, per l’esistenza di
dopoguerra cfr. Franc Sturino, Post-World War Two Canadian Immigration Policy towards Italians, in “Polyphony.
The Bulletin of the Multicultural History Society of Ontario”, 1985, v. 7, n. 2, Italians in Toronto, pp. 67-72.
48
Cfr. Clifford Jansen, Italians in a Multicultural Canada, Lewiston – New York, Edwin Mellen, 1988, p. 60.
49
Sulla storia ed evoluzione della “Famee Furlane” di Toronto, oltre al pregevole volume di Angelo Principe e Olga
Zorzi Pugliese cfr. per esempio Gianni Angelo Grohovaz (editor), 1932 – 1982 The First Half Century. Il primo mezzo
secolo, Toronto, Famee Furlane Club, 1982 e Gianni Angelo Grohovaz (editor), La nostra storia. Our Story, Toronto,
Società Femminile Friulana, 1988.
50
Giuseppe De Carli (Arba 21.12.1883 – Toronto 15.2.1964) e Dante Colussi-Corte (Frisanco 10.12.1890 – Toronto
13.3.1966), primo (1933-’35) e secondo presidente (1936-1940) della “Famee Furlane” di Toronto si distinsero per le
sue manifeste idee avverse al regime fascista. Il secondo “rimane una delle figure più interessanti ed enigmatiche
dell’antifascismo liberale italo-canadese, come testimonia la sua attività editoriale: prima come responsabile del
“Bollettino” del Comitato Intersociale [federazione delle associazioni italiane più importanti di Toronto], pubblicato
ogni settimana sul “Progresso italo-canadese”, e, poi, quale direttore del [settimanale antifascista] “Messaggero italocanadese”, cfr. Angelo Principe – Olga Zorzi Pugliese, Rekindling Faded Memories, cit., pp. 21, 47-56.
51
Cfr. John Zucchi, Furlans in Toronto and across Canada, in Landed. A Pictorial Mosaic of Friulani Immigration to
Canada, Toronto, Friuli Benevolent Corporation, 1992, p. 6.
canali migratori predisposti dalle organizzazioni internazionali (Catholic Relief
Service, IRO, CIME, ecc.) più che per una libera scelta dei profughi di trasferirsi in
quei paesi”52. I flussi che, con la cessione del Governo militare alleato, muovono da
Trieste dopo il 1955 sono risultato, invece, della difficile situazione economica che
colpisce la città e, in molti casi, seguono traiettorie migratorie avviate
precedentemente.
Un gran numero [di giuliano-dalmati] venne in Canada negli anni
Cinquanta, perché il Governo federale canadese, avendo bisogno di
gente, revocò tra il 1947 e il 1951 la denominazione enemy alien per
gli italiani e impose una politica di reclutamento attivo. Per alcuni il
viaggio in Canada venne pagato dall’International Refugee
Organization (IRO) o dalle ditte che li avevano assunti. Sebbene non
esistano dati precisi sull’immigrazione giuliano-dalmata in Canada
in questo periodo, dal Friuli Venezia Giulia e dal Trentino
arrivarono 71.200 immigrati tra il 1946-48 e tra il 1949-50 vennero
102.500 tra i quali si sa che c’erano molti giuliano-dalmati53.
Toronto e gli altri centri urbani del paese come ad esempio Montreal54 accolgono la
maggior parte dei nuovi arrivati friulani e giuliano-dalmati. L’Ontario (oltre all’area
metropolitana di Toronto, le città di Windsor, Hamilton, London, Ottawa, Sault Ste.
Marie, Oakville, Sudbury, St. Catherines, Port Colborne, Thunder Bay) è la provincia
più frequentata da friulani e giuliano-dalmati. Nel 1952, don Luigi Ridolfi scrive,
infatti, che “negli ultimi anni, Toronto ne ha assorbiti tanti di Friulani, che forse
52
Cfr. Giorgio Valussi, La comunità giuliana in Argentina. Analisi dei processi di mobilità geografica e sociale, in
Francesco Citarella, op. cit., p. 378. Sugli sloveni approdati in Argentina tra 1947 e 1950 cfr. Joseph Velikonja, Las
comunidades eslovenas en el Gran Buenos Aires, in “Estudios migratorios latinoamericanos”, I (1985), n. 1, pp. 48-61.
53
Cfr. Robert Buranello, Considerazioni storiche e prospettive moderne sui Giuliano-Dalmati Canadesi, in “Italian
Canadiana”, 1993, v. 9, p. 56; si veda inoltre Konrad Eisenbichler, I Giuliano-Dalmati in Canada, in Robert Buranello
(a cura di), I Giuliano-Dalmati in Canada: considerazioni ed immagini, New York-Ottawa-Toronto, Legas, 1995, pp.
103-105.
54
Sui friulani di Montreal cfr. Mauro Peressini, Migration, famille et communauté. Les Italiens du Frioul à Montréal,
Montreal, Comité pour les études italiennes – Université de Montréal, 1990.
nessuna altra città la supera”55. Friulani e italiani, tuttavia, si spingono anche nelle
province dell’ovest (Edmonton e Calgary nell’Alberta; Winnipeg nel Manitoba;
Vancouver nel British Columbia) e dell’est (Halifax nella Nova Scotia; Quebec City
nel Quebec) del paese. Paesi come Azzano Decimo, Cordenons, San Vito al
Tagliamento, San Quirino, Fiume Veneto e Codroipo per esempio, i cui abitanti
avevano raggiunto il Canada tra Ottocento e Novecento, ma anche nel primo
dopoguerra, riversano oltreoceano un ingente numero di emigranti. Negli anni
Cinquanta e Sessanta del Novecento, molte di queste comunità paesane, infatti, si
organizzano e creano associazioni o gruppi che si richiamano al proprio campanile
come il “Club Ricreativo Sanquirinese” nel 1957 o il gruppo “Nos de Cordenons”56.
L’associazionismo etnico friulano, ma anche il più recente giuliano-dalmata, cresce
man mano che la comunità consolida il suo ruolo nelle diverse zone del paese: oltre a
quelle di Toronto nascono, infatti, nuove organizzazioni comunitarie che non solo si
occupano di conservare il patrimonio culturale di partenza e di trasmetterlo alle nuove
generazioni nate e cresciute in Canada, ma offrono progressivamente una varietà di
servizi in settore come la salute, l’istruzione, l’informazione57. Il primo gruppo
informale di giuliano-dalmati e di istriani in specie nasce a Chatam nell’Ontario che
già dal 1962 organizza riunioni periodiche: “nel 1968 vide la luce il primo club, il
Club Giuliano-Dalmata di Toronto che pubblicò il primo periodico, El Boletin. Dopo
qualche anno il gruppo di Chatham formò la Lega Istriana. Con il successo del
55
Cfr. Luigi Ridolfi, Lacrime cristiane, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1952, p. 170.
Sull’emigrazione da San Quirino, Fiume Veneto, Cordenons, Azzano Decimo e San Vito al Tagliamento in Canada
cfr. rispettivamente Lidio D’Odorico, Emigrazione e immigrazione a San Quirino, in Paolo Goi (a cura di), San Quirino.
Storia del suo territorio, San Quirino, Comune di San Quirino, 2004, pp. 283-316; Giuseppe Bariviera, Per le strade del
mondo. 100 anni di emigrazione a Fiume Veneto, Pordenone, Comune di Fiume Veneto, 2001; Aa.Vv., L’emigrazione
friulana in Canada, catalogo della mostra fotografica del luglio 2000 nei comuni di Azzano Decimo, Cordenons e San
Vito al Tagliamento, Pordenone, Ente Friulano Assistenza Sociale Culturale Emigranti, 2001; Luigia e Bruno Sappa,
Immagini delle emigrazioni, in Aa.Vv., Azzano Decimo, v. II, Azzano Decimo, Comune di Azzano Decimo, 1986, pp.
269-301; Luigi Manfrin, Nos. Venticinque secoli di vita cordenonese, Fiume Veneto, Geap, 1992, pp. 263-274; Scuola
Media Statale “L. Da Vinci”, Quaderni cordenonesi. Emigrazione in Italia, in Friuli, a Cordenons, Cordenons, Scuola
Media Statale, 1976-1977, pp. nn.
57
Sulla nascita e sull’evoluzione delle diverse associazioni, famee e fogolârs canadesi, oltre alle interessanti notizie
apparse dal 1973 su “La Cisilute” (organo della “Federazione dei Fogolârs Furlans del Canada”) cfr. per esempio
Fogolârs ’89. A mare usque ad mare. Di un mâr a chel atri, 8vo Congresso Nazionale Halifax 6-9 Ottobre 1989,
Halifax, Federazion dai Fogolârs dal Canada, 1989; Fogolârs ’94. Percorsi friulani in Canada, 10mo Congresso
Nazionale – 20mo Anniversario Sudbury 7-10 Ottobre 1994, Sudbury, Fogolârs Federation of Canada, 1994. Sulla
“Federazione dei Fogolârs Furlans del Canada”, creata nell’ottobre 1974, cfr. Errepi [Rino Pellegrina], Federazione dei
Fogolârs del Canada. Tanto per non dimenticare, in Fogolârs ’94. Percorsi friulani in Canada, cit., pp. 1-4; Monica
Stellin, From Sea to Sea. An Illustrated History of the Fogolârs Federation of Canada, s. l., Fogolârs Federation of
Canada, 1999.
56
“Raduno ‘91”, i club giuliano-dalmati sono cominciati a sbocciare da Vancouver a
Montreal”58.
L’economia urbana canadese e i settori di maggiore concentrazione lavorativa di
friulani e italiani quali l’automobile, la siderurgia, ma soprattutto l’edilizia offrono
numerosi canali di ascesa sociale.
In the cities some Friulani, especially women, would work in
factories, but chances were that a Friulano would end up, like his
pre-war co-regionalist, in the building trades. Indeed in the
construction boom in Toronto in the 1960s and 70s thousands of
Friulani worked in carpentry, bricklaying, tile setting, terrazzo,
plastering and formworks59.
Il settore dell’edilizia, infatti, apre la strada ad una grande varietà di attività autonome:
alcuni emigranti costituiscono aziende di rilievo e danno vita ad un’importante ceto
imprenditoriale italo-canadese. I fratelli Angelo, Elvio e Leo Del Zotto (figli di Jack,
emigrato da Cordenons nella seconda metà degli anni Venti) e il codroipese Primo De
Luca, partito per il Canada nel 1954, rappresentano due esempi di affermati
imprenditori edili e di membri operosi nella vita associativa della comunità friulana e
italiana. Gli emigranti, inoltre, occupano un ruolo attivo anche nel movimento
sindacale canadese. Nei settori industriali dove più alta è la presenza di italiani e di
italo-canadesi “i tassi di partecipazione sono particolarmente elevati, e non di rado
essi adempiono funzioni di leadership durante scioperi e nella gestione dei sindacati
stessi”60. E’ il caso, per esempio, del dirigente sindacale edile Marino Toppan nato a
Basedo di Pordenone ed emigrato in Canada nel 1955. Tre anni dopo l’arrivo a
Toronto, Marino entra nel Sindacato dei Muratori Canadesi. Durante i tumultuosi
scioperi dei lavoratori edili che seguono la tragedia nel cantiere di Hogg’s Hollow, in
58
Cfr. Robert Buranello, Introduzione, in Id. (a cura di), I Giuliano-Dalmati in Canada, cit., p. 12; nello stesso volume
si veda inoltre Konrad Eisenbichler, I Giuliano-Dalmati in Canada, pp. 106-108.
59
Cfr. John Zucchi, Furlans in Toronto and across Canada, cit., p. 6.
60
Cfr. Bruno Ramirez, In Canada, cit., p. 95.
cui persero la vita cinque muratori italiani, Marino Toppan guida il Locale 40 del
Sindacato Internazionale dei Muratori. Ricorda il Toppan nelle sue memorie:
«The Immigrant Uprising», cioè l’insurrezione degli immigranti,
come venne pure definita quella nostra prima agitazione, fin dal
primo giorno si rivelò alquanto efficace nel far chiudere una buona
parte dei cantieri residenziali di Toronto e dintorni, che
interessavano circa ventimila operai. Le nostre squadre volanti,
ciascuna forte di non meno di dieci o quindici automobili,
piombavano sui cantieri in cui gli operai non avevano sospeso il
lavoro61.
Nel 1964, Marino organizza il Sindacato dei Lavoratori Calzaturieri e,
successivamente, entra a far parte del Locale 506 della “Labourers International Union
of North America” (il sindacato dei manovali), di cui viene eletto presidente. Negli
stessi anni, il Toppan avvia e conduce il popolare programma radiofonico sui
problemi dei lavoratori “La voce del lavoro”. Altri friulano-canadesi entrano nella vita
politica favoriti dalla concentrazione del “voto italiano” nelle circoscrizioni elettorali
con elevata densità residenziale: è il caso di Peter (Pietro) Bosa, nato a Bertiolo nel
1925, membro del parlamento federale e del più volte ministro del governo federale
Sergio Marchi, nato a Buenos Aires da una famiglia originaria di Domanins di San
Giorgio della Richinvelda successivamente emigrata in Canada62.
Questi pochi esempi illustrano la parabola ascendente percorsa da friulani e giulianodalmati in Canada, dall’economia alla politica, dalla vita culturale63 a quella
61
Cfr. Marino Toppan, La voce del lavoro. Una vita dedicata all’edilizia di Toronto, Pordenone, Amministrazione
Provinciale di Pordenone, 2004, p. 90.
62
Per un profilo di Peter Bosa e di Sergio Marchi cfr. rispettivamente Canadian Who’s who, Toronto, University of
Toronto Press Incorporated, 1993, p. 116 e 717.
63
La produzione letteraria dei friulani e giuliano-dalmati in Canada è ricchissima; per una visione d’insieme cfr. Monica
Stellin, Writers from Friuli Venezia Giulia in Italian Literature of Migration to North America, in Konrad Eisenbichler
(editor), An Italian Region in Canada, cit., pp. 121-135 e, soprattutto, i numerosi volumi pubblicati dal Centro di Cultura
Canadese dell’Università degli Studi di Udine (www.uniud.it/ccc/) per esempio Anna Pia De Luca – Jean-Paul Dufiet –
Alessandra Ferrero (a cura di), Palinsesti culturali. Gli apporti delle immigrazioni alla letteratura del Canada, Udine,
Forum, 1999; Anna Pia De Luca – Deborah Saidero (editors), Italy and Canadian Culture. Nationalisms in the New
Millenium, Udine, Forum, 2001; Anna Pia De Luca – Alessandra Ferraro (a cura di), Shaping History. L’identità italo-
associativa e indicano il grado di integrazione raggiunto nella società di accoglienza.
Friulani e giuliano-dalmati, tuttavia, hanno saputo mantenere un rapporto stretto con
la madrepatria e, nell’ambito del multiculturalismo, trasmettere il patrimonio culturale
di partenza alle nuove generazioni di canadesi di origine italiana64.
canadese nel Canada anglofono, Udine, Forum, 2005; Alessandra Ferrero – Anna Pia De Luca (a cura di), Parcours
Migrants au Québec. L’italianité de Marco Micone à Philippe Poloni, Udine, Forum, 2006.
64
Sul problema del mantenimento dell’identità nelle nuove generazioni friulane e giuliano-dalmate rispettivamente cfr.
per esempio Guido Barbina, La comunità friulana in Canada fra integrazione e assimilazione, in Maria Luisa
Gentileschi – Russell King (a cura di), Questioni di popolazione in Europa. Una prospettiva geografica, Bologna, Patron
Editore, 1996, pp. 11-21; Robert Buranello, I giovani giuliano-dalmati e la crisi d’identità, in Id. (a cura di), I GiulianoDalmati in Canada, cit., pp. 83-93. Sul mantenimento dell’uso della lingua friulana e italiana e dei dialetti parlati dalla
comunità giuliano-dalmata si veda per esempio Monica Stellin, Gruppi linguistici ed etnici e processo migratorio:
l’esperienza canadese, in Raffaella Bombi – Giorgio Graffi (a cura di), Ethnos e comunità linguistica: un confronto
metodologico interdisciplinare. Ethnicity and Language Community: An Interdisciplinary and Metodological
Comparison, Atti del convegno internazionale Udine 5-7 dicembre 1996, Udine, Forum, 1997, pp. 463-477; Gabriele
Erasmi, La question de la lingua dei Giuliano-Dalmati in Canada: possibilità e prospettive, in Robert Buranello (a cura
di), I Giuliano-Dalmati in Canada, cit., pp. 62-72.