yu gi oh ultra carta rara

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yu gi oh ultra carta rara
Sanremo, il vigile che timbrò il cartellino in mutande ora fa l’artigiano. Prima
che passi la legge Madia anti-assenteisti, farà in tempo ad andare in pensione
Venerdì 10 giugno 2016 – Anno 8 – n° 159
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a 1,50 - Arretrati: a 3,00 - a 12 e
con1,50
il libro
“Il Fatto Personale”
– Arretrati:
e 3,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
PROBLEMI Il leader ha perso il tocco magico, sotto elezioni DIVISI ALLA META Senza candidati, alla ricerca di posti
Malpassotu e Tiradrittu
Renzi, coperto di fischi Napoli, mezzo Pd
e smentito dal Viminale è tentato di votare FI Q
» MARCO TRAVAGLIO
p Ai commercianti non
piace l’ennesimo spot sugli 80 euro. Dopo le polemiche sui dati diffusi dal
Cattaneo ecco quanti voti
ha perso realmente il Pd
q CAPORALE, MARRA E PALOMBI
A PAG. 2
LaPresse
IL LANCIAFIAMME
CHE BRUCERÀ
LA DIGNITÀ
DEI DEMOCRATICI
p Parte del comitato elettorale della sconfitta Valente pronto a dare una mano
a Lettieri, ma diversi dirigenti cittadini del partito
dicono: “Voto De Magistris”
q ANTONIO PADELLARO
A PAG. 3
q IURILLO
A PAG. 6 - 7
TUTTI I KILLER
STALINISTI
(E DEMOCRISTIANI)
SOTTO IL VESUVIO
Ansa
q PAOLO ISOTTA
A PAG. 6
LEGGI VERGOGNA E, nel decreto Ilva, condono ai compratori con licenza d’inquinare
Invece di salvare la gente truffata
fanno un altro regalo alle banche
p Gli istituti di credito potranno espropriare gli immobili ai morosi. Non solo:
se il prezzo di vendita è più
basso, saranno ancora debitori della differenza. E meno male che il decreto era
per i risparmiatori
Mannelli
INCIDENTI Dal Sudan sul volo di Stato
“Il governo sequestra
lo scafista sbagliato”
q IACCARINO E MASSARI A PAG. 20
q CASULA E DI FOGGIA
A PAG. 18 - 19
“POTEVA MORIRE”
B. sarà operato
al cuore. Lite
Marina-Rossi
q DE CAROLIS E D’ESPOSITO
A PAG. 5
TRATTATIVA STATO-MAFIA
La cattiveria
Tragico equivoco a Napoli.
Il Pd aspettava
un commissario: sono
arrivati i carabinieri
Martelli: “Io e Scotti
fatti fuori per il 41 bis”
p Clamoroso scambio di
persona: credono di
aver portato in Italia il re
dei trafficanti, ma si tratta di un rifugiato eritreo.
Aperta un’inchiesta
q RIZZA A PAG. 9
BUONO! Lo chef di Aviano consiglia
IL NUOVO LIBRO
EUROPEI 1968
Giacomello cucina
con gli scienziati
Michela Murgia: “Poveri azzurri,
la monetina
“Senza i sogni
e senza il Web” non vi salva più”
q DA PAG. 11 A PAG. 14
q A PAG. 22
q ORMEZZANO A PAG. 21
uando si prende un buco perché un altro giornale ha lo scoop, non resta che inchinarsi all’altrui bravura. Chapeau a Repubblica,
che ieri sparava in prima un notizione coi fiocchi: “Lega e
M5S, pronto l’accordo per i ballottaggi”. Wow!, quel diavolo di
Grillo deve aver incontrato in
gran segreto Salvini dopo averlo sfanculato per anni. Voltiamo voracemente pagina in cerca di particolari. E la cronaca
non tradisce le attese: pregna di
fatti e testimonianze inoppugnabili, da manuale del provetto giornalista: “Ecco il patto Lega-M5S per i ballottaggi”. Ed
ecco le prove. 1) “È la storia di
un lungo corteggiamento,
quella tra Lega e M5S... fatta di
appelli non raccolti (Salvini
chiede da tempo un incontro a
Grillo) ma nemmeno smentiti”. Ecco, Salvini vuole vedere
Grillo, Grillo non vuole vedere
Salvini, ma zero smentite (non
si sa bene di cosa, ma fa niente).
2) “Piccole intese locali”(dove?
quando? boh) e “un lavoro di
opposizione comune in Parlamento” allo “stesso nemico:
Renzi” (se le opposizioni si oppongono al governo, ci dev’essere sotto qualcosa). 3) “‘Sulle
riforme costituzionali abbiamo lavorato benissimo con Lega e Calderoli’, racconta un senatore 5Stelle” (quale non si sa,
anche perché Calderoli era relatore del ddl Boschi, mentre i
5Stelle protestavano sui tetti).
4) “Sui Rom la Raggi ha parlato con durezza: ‘I campi vanno superati’” (o forse era Giachetti che il 3 giugno ha detto “I
campi rom vanno smantellati”?
Anche lui inciucia con Salvini?). 5) “A Bologna Di Maio è
andato a dire: ‘Il fenomeno migratorio è una cosa enorme’”
(cosa che ripete, in Italia e in
Europa, anche il noto leghista
Renzi). 6) “In Lombardia Maroni è riuscito a far passare un
referendum sull’autono mia
grazie ai voti dei 5Stelle, appoggiando una loro proposta”
(questa è forte: i 5Stelle votano
una loro proposta, che Maroni
fa passare). 7)“A Cattolica sono
i leghisti a voler appoggiare il
grillino” (ecco: a Cattolica).
8)“Anche se Fico dice ‘Non faremo accordi con la Lega’, Di
Maio non ha mai usato toni tanto netti: ‘Chi ci vuole votare ci
potrà votare’” (invece Giachetti, Sala, Merola e Fassino non
fanno che ripetere: “Chi ci vuole votare non ci potrà votare”).
9) “Salvini ha fatto l’endorsement per Appendino e Raggi” e
Corrado, a Milano, ha rifiutato
di dare indicazioni di voto, ma
ha notato che “alcuni dei nostri
voteranno Parisi per punire
Renzi” (è così in tutti i ballottaggi del mondo: più che pro, si
vota contro e le opposizioni si
ritrovano contro il governo: per
informazioni, chiedere a chi ha
scritto l’Italicum).
SEGUE A PAGINA 24
2 » PRIMO PIANO
Lo sberleffo
IN TV COME AI SEGGI:
MATTEO NON TIRA PIÙ
» FQ
CAMPAGNE
» WANDA MARRA
Q
ualcosa per abbassare
le tasse oggettivamente abbiamo fatto”. A stento riprende
fiato Matteo Renzi, mentre
motiva la sua affermazione,
citando uno dei suoi cavalli di
battaglia preferiti, gli 80 euro.
Non fa neanche in tempo a finire di parlare che viene sovrastato dai fischi. Interviene, per la prima volta da quando è a Palazzo Chigi, all’Assemblea annuale di Confcommercio a Roma. Platea spesso
ostile ai governi. “Conosco
persone che non arrivavano a
guadagnare 1.500 euro al mese e si sono permesse uno zainetto in più, una cena in più,
quindi gli 80 euro li ritengo una misura di giustizia sociale”, dice Renzi. Neanche questo basta a zittire la sala. Evidentemente i commercianti
reputano che non è stato fatto
abbastanza per far ripartire i
consumi. A quel punto, il premier prova ad andare all’attacco: “Che non fossero apprezzati da voi lo sapevamo
da tempo, ma io li rivendico
con forza”. Insiste: “È stato il
primo atto, forse il più simbolico”. Richiamo ai fasti dell’esordio a Palazzo Chigi che
suona stonato, tanto è cambiato il contesto in poco più di
due anni.
,
OLTRE A SCARTABELLARE i
risultati elettori delle comunali
di domenica scorsa, per capire il declino del renzismo, e dunque della figura
di Matteo Renzi, è sufficiente esaminare i dati di ascolto che ogni giorno fornisce
l’Auditel. Il presidente del Consiglio, mercoledì,
è andato a Otto e Mezzo su La7 e ha raccolto il
6,23 per cento di share (1,48 milioni di italiani).
Per il programma di Lilli Gruber è la conferma che questa ancora in corso è un’ottima stagione, ma per Renzi è un segnale
d’allarme, perché sia martedì con Alessandro Di Battista (7% di share) e sia lunedì per il commento a caldo del voto (6,3%)
Otto e Mezzo è andato meglio. Non è un caso
isolato, per il fiorentino. Perché la scorsa settimana Virus ha chiuso i battenti e Nicola Porro
ha fatto gli “scatoloni” (citazione del conduttore, ndr) con un modesto 4,3 per cento di share,
a causa di un Renzi non più in forma come un
tempo, che dunque non ha conquistato il pubblico di Rai2. Gli esempi di quest’anno sono tanti. Qualche mese fa pure Domenica Live di Barbara D’Uso (Canale 5), con Renzi in studio fra
selfie e complicità, ha perso clamorosamente ascolti.
Renzi parla degli 80 euro
Confcommercio lo fischia
Tra dieci giorni si vota nelle città e il premier è un problema, più che un aiuto ai candidati
Fatto a mano
La scheda
PLATEA
Renzi ha
scelto per la
prima volta
di andare
a parlare
davanti
all’Assemblea
annuale della
Confcommercio. In passato
sono stati
fischiati anche
Silvio
Berlusconi e
Romano Prodi
n
Sfide
L’intervento
del presidente
del Consiglio
all’Auditorium
di via della
Conciliazione
a Roma
LaPresse
VA DETTO che Confcommercio ha fischiato molti presidenti del Consiglio e Prodi su
tutti. Ma se voleva provare a
testarsi davanti a una nuova
platea, ieri non è andata bene
per Renzi. Prima dei ballottaggi l’ostilità non è certo un
buon viatico. “Politici, tagliatevi i vostri stipendi”, gli urla
L’INTERVISTA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
un contestatore. E lui, mentre
partono i fischi: “Guadagno
5.000 euro netti al mese che
sono tanti. Ma si può parlare di
stipendi, mica mi spavento, ho
fatto l’arbitro in Garfagnana”
(citazione che evoca la battuta
di Nanni Moretti in Il Portaborse: “Io ho fatto l’arbitro in
serie C”). Poi cita il tetto agli
stipendi dei manager pubblici
(240mila euro): pure peggio,
tanto che in altri passaggi
Renzi prova a blandire la platea. Esiti incerti.
L’intervento del presidente
di Confcommercio, Carlo
Sangalli non era stato particolarmente benevolo: “Siamo di
fronte a una ripresa senza
slancio e senza intensità”. I
passi in avanti “mossi in materia fiscale” rischiano di essere “poco incisivi”. E poi la richiesta, che si appoggia a una
promessa del governo di non
far scattare le clausole di salvaguardia nel 2017 e quindi di
non toccare l’Iva. Renzi ribadisce l’impegno. Ma nonostante le dichiarazioni distensive di entrambe le parti a incontro finito e l’immancabile
selfie finale, quando va via
Matteo Renzi è visibilmente
urtato.
Oggi gli toccano i giovani
Confindustriali a Santa Margherita Ligure e non è detto
che vada meglio. A ridosso di
un voto molto rischioso, neanche una campagna elettorale
ELEZIONI
Al Nazareno si
guarda con
ansia
all’intervento
al cuore di
Berlusconi:
può essere
il fattore
decisivo a
favore di Parisi
a Milano.
E la carta
Olimpiadi
non basta
a Giachetti
n
tutta giocata nel ruolo di capo
del governo e non di segretario funziona. Rispetto alle Regionali dell’anno scorso molto
è cambiato: allora Renzi scelse di presentarsi soprattutto
come premier e di evitare di
mettere la faccia sui candidati
considerati perdenti, per separare la sua immagine dalla
loro. Stavolta, la sua presenza
pare controproducente: gli aspiranti sindaci preferiscono
che non si faccia vedere.
I SONDAGGI che girano al Pd
vedono la vittoria a Bologna e
a Torino, mentre Milano è imprevedibile (anche alla luce
delle condizioni di salute di
Silvio Berlusconi). Mentre
Roberto Giachetti non si avvicina neanche lontanamente
alla vittoria, anche se cresce
un po’. Sarebbe questo l'effetto della massiccia campagna
dello stesso candidato e del
premier sulle Olimpiadi. Evocare il volume di soldi, di affari
e di posti di lavoro, connesso
alla manifestazione sportiva,
insieme alla speranza di incassare l'endorsement di
qualche campione, dopo
quello di Totti sembra l'unica
carta da giocare nella Capitale. Ma non basta. Alla ricerca
di un paracadute post-voto,
Renzi mercoledì ha fatto anche un lungo pranzo con Giorgio Napolitano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Marino Niola L’antropologo napoletano: “Il premier vive troppo sui social network: gli farà bene”
“La contestazione lo inchioda alla realtà”
» ANTONELLO CAPORALE
S
Il ritorno
del fischio
come
censura è
una grande
prova
di civiltà:
il materiale
che dunque
sconfigge
il digitale
ui fischi e le pernacchie
c’è un’unica autorità in Italia titolata a trattarne con
compitezza: Marino Niola,
antropologo napoletano, illustratore dei talenti del
corpo e delle prove sonore
che il corpo può dare.
“È una bellissima notizia
quella che mi dà. Il ritorno
del fischio come censura e
disapprovazione è una
grande prova di civiltà, è la
rivincita della storia e della
memoria, la supremazia del
materiale sul digitale. Il fischio ha anche una capacità
maieutica e Matteo Renzi
potrà trarne persino giovamento”.
Il premier era abituato ai like, ai troll, al massimo a
connettersi con qualche emoticon.
È salutare questa breve ma
inattesa scorpacciatina di
fischi. Lo inchioda alla real-
tà delle cose, al faccia a faccia (face to face) e non solo al
rito del continuo esercizio
virtuale (face to facebook).
Gli impone un suono, che lui
spesso non ha udito, e la forza di gravità che quell’impellenza esercita. Il fischio
lo conduce a riflettere, a dubitare, a prendere
in esame l’osservazione.
Sugli 80 euro
i c o m m e rcianti hanno
dato fiato alle
trombe.
Professore
Marino Niola,
classe 1943,
docente di Antropologia dei
simboli e delle
arti all’Università Suor Orsola Benincasa
Non erano dei centri sociali
questi nuovi fischiatori, o
giovanetti di strada accorsi
per fare caciara, ma borghesi che magari sanno anche
utilizzare il digitale. Hanno
scelto la forza del fischio, e
hanno fatto tombola.
Però il premier non è abituato a queste sonorità,
viaggia in compagnia dei
megabyte.
Finalmente atterra nel
mondo reale. Uomini in
giacca e cravatta, come detto anche borghesi, che gli infilano il loro fischio tra
i piedi. È un grandissimo e civilissimo
mezzo di disapprovazione, speculare all’a ff ettuoso ma spesso
troppo familistico clap
clap.
Il fischio ha
il fastidio di
essere pla-
teale. Matteo risponde su
Facebook dove tutto è silenzioso.
Ogni manifestazione corporea ha bisogno di un segno distintivo: la sonorità
del fischio non ha eguali.
Professore, sul tema la
pernacchia ha un suo irraggiungibile fascino.
Con la pernacchia saltiamo i
secoli e arriviamo al Settecento, alla commedia napoletana. La pernacchia è la
genitrice dell’emoticon, e ha
una capacità espansiva ineguagliabile. Come sa la pernacchia può essere modulabile, e l’apertura o la chiusura del palmo a imbuto adagiato sulla bocca rende densa o esile, acuta o grave, la
carica contestatrice.
Siamo dunque davanti a un
grande ritorno al passato?
Renzi deve temere il Novecento e i fischi sindacalizzati, le interruzioni, le riprovazioni verbali? E non
sarà una percezione funesta dell’avvenire?
Penso all’opposto che è finalmente la prova della supremazia dell’uomo sulla
macchina, del corpo
sull ’immaterialità. Renzi
abbia rispetto dei fischi, forse se ne piglierà altri...
Ha invece risposto con vitalità, non indietreggiando.
Mossa giusta.
Secondo lei sarà stato comunque turbato?
Il fischio effettivamente ha
qualcosa di definitivo. L’uomo cerca dentro di sé quel
che non trova sui social network.
E se, mettiamo, dovesse il
prossimo futuro metterlo
di fronte a delle gravissime
pernacchie?
Mi richiama e tenteremo di
inquadrare il peggioramento del quadro delle sonorità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PRIMO PIANO
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
CARLO CONTI ALLA RADIO
Rai, polemica del M5S
e mistero assoluto
sul contratto di Merlo
IERI CARLO CONTI, volto di Rai1 e già
conduttore del Festival di Sanremo, è
stato nominato direttore artistico di Radio Rai.
C’è stata anche la presentazione alla stampa, e
l’ad Antonio Campo Dall’Orto ha annunciato il
rinnovo del contratto di Conti: “Siccome si vede che Conti è fortemente legato a questa azienda, ho approfittato dell’occasione per rinnovare il suo contratto che scadeva nel 2017 e
q
adesso scadrà nel giugno 2019”. Ma è polemica sull’ingaggio: Conti già aveva uno stipendio
milionario, è aumentato oppure no? La Rai non
risponde sulle cifre delle sue star, ma neanche
in Cda sulla consulenza fatta a Francesco Merlo, editorialista di Repubblica, che sarà il vice di
Carlo Verdelli nella struttura interna che si occupa del controllo dell’informazione. Furiosa la
reazione del M5S: “Il pensionato d’oro Merlo a
quanto apprendiamo sarebbe stato assunto a
cifre faraoniche come consulente dalla Rai ma
impiega il proprio tempo – dice il senatore Airola – a offendere il fondatore della prima forza
politica in Italia, paragonandolo a un mafioso
(riferimento ad un articolo su Repubblica, ndr).
Auspichiamo un immediato intervento da parte dell’azienda”. La Rai è stata costretta a fare
un comunicato.
CALMA E GESSO “I numeri quelli sono”
STOCCATA E FUGA
Che ci fanno
Bersani Staino
e Guccini col
lanciafiamme?
» MARCO PALOMBI
S
ui voti del Pd in quest’ultima tornata elettorale c’è stato parecchio dibattito. Il motivo, però, non è chiaro: i numeri
– quelli del ministero dell’Interno che oggi pubblichiamo
in questa pagina – sono chiari:
nei 24 comuni capoluogo al
voto (nel 25esimo, Villacidro,
c’erano solo liste civiche non
attribuibili a schieramenti nazionali) il Pd perde 200 mila
voti reali sulle sue liste rispetto alle precedenti comunali,
solo in parte recuperati (+35
mila) dalle liste civiche a cui
ha dato in franchising la gestione dei territori in questo
turno amministrativo.
Il calcolo è semplice e può
farla chiunque: il Partito democratico sommando i voti di
Roma, Milano, Napoli a quelli
di centri meno importanti come Novara, Carbonia eccetera aveva oltre 900mila voti nel
2011 mentre supera di poco i
700mila oggi. I risultati sono
tutti negativi, eccetto che in
tre Comuni: Varese, Rimini e
Caserta (duemila voti in più in
totale). Le liste civiche – escluse dal conteggio quelle
palesemente di centrodestra
(verdiniani, alfaniani, etc.) – a
sostegno dei candidati del Pd
nei 24 capoluoghi portarono
273mila voti cinque anni fa e
308 mila oggi: 35 mila in più.
PONDERATE per le diverse affluenze registrate nel 2011 e
2016 – gli aventi diritto al voto
sono circa 6,6 milioni di persone, la metà della platea coinvolta nel voto di domenica – il
risultato percentuale all’ingrosso dice questo: le liste del
Pd cinque anni fa valevano il
21% circa dei voti, cui andava
aggiunto il 6% abbondante
delle civiche; domenica le liste
del Pd invece hanno preso il
18% dei voti nei 24 capoluoghi
e le liste civiche quasi l’8%.
Tradotto: giù di oltre un punto
percentuale.
Nota bene: nel 2011 i democratici avevano attorno, oltre
alle civiche, una coalizione
fatta da partiti (tanto alla loro
sinistra che al centro) che oggi
sono scomparsi o non stanno
più col Pd o entrambe le cose;
oggi il Pd – che si pensa ancora
come partito del 40% (quello
delle Europee 2014) – è solo,
naviga nel vuoto del rapporto
con le liste territoriali, che però non sono partiti e non rispondono a logiche nazionali.
Va segnalato il caso di Salerno,
feudo del presidente della
Campania Enzo De Luca: per
la seconda volta il Pd ha rinunciato a presentare il suo simbolo alle Comunali per lasciare spazio alle liste “Progressisti”, che non sono del partito,
ma dello stesso De Luca.
Curioso, poi, una volta verificati i dati, il paragone con le
Politiche 2013 (i risultati li trovate nella terza colonna del
grafico) utilizzato dall’Istituto
Cattaneo – Fondazione bolognese con multipli rapporti
»3
» ANTONIO PADELLARO
Q
La parola ai dati del Viminale:
il Pd perde oltre 200 mila voti
Nei 24 capoluoghi al voto rispetto al 2011: le liste civiche ne recuperano solo 35 mila
me si vede, dunque, i democratici hanno perso un punto percentuale anche rispetto alle
Politiche di Bersani (contando, ovviamente, le civiche).
QUANTO AI 5 STELLE, si sono
Al Nazareno Renzi lunedì ammetteva: il Pd è andato male Ansa
Il paragone col 2013
Anche con le Politiche
il segno è negativo:
un punto in meno pure
contando gli alleati
con Regione Emilia Romagna,
ministero e Partito democratico –per dire che in realtà il Pd
aveva sì perso rispetto alle Comunali del 2011, ma aveva guadagnato un punto sul risultato
del 2013, quello della “non vittoria” di Pier Luigi Bersani: il
vero sconfitto, si intuiva dal report del Cattaneo era il Movi-
mento 5 Stelle, che perdeva 4
punti rispetto alle Politiche (lo
studio si basava su 18 capoluoghi in tre dei quali il M5s non
era presente). È appena il caso
di ricordare che sarebbe bastato usare il dato delle Europee 2014 per rovesciare il risultato tra Pd e liste di Grillo: in
ogni caso si tratta di paragoni
solo indicativi, visto che un voto nazionale non è comparabile con una elezione locale.
Come che sia, nelle 24 città
capoluogo in cui si è votato domenica, nel 2013 (con un affluenza di 13 punti più alta) le
liste del Pd avevano raccolto
quasi 1 milione e 300mila voti
e il 27% di quelli espressi. Co-
presentati in 18 dei 24 capoluoghi considerati (assente a
Salerno, Caserta, Latina, Rimini, Ravenna e Varese) e hanno raccolto in tutto 703.855
voti, cioè più o meno quelli che
hanno preso le liste del Pd in
tutti e 24 i Comuni. È altrettanto vero che, se i consensi grillini aumentano di oltre tre volte rispetto al 2011, calano rispetto alle Politiche 2013 e alle
Europee 2014. Le amministrative, però, sono elezioni in cui
il M5s ha sempre sofferto: il
problema vero è il dato a macchia di leopardo, che indica un
insediamento del Movimento
solo episodico e legato in qualche caso (vedi Roma, da cui ricavano il 58% dei loro voti) più
a colpe altrui che a meriti loro.
Quando gli si fanno notare le
performance negative, i partiti
(e i Movimenti) si innervosiscono, ma –come ha detto Bersani – “i voti quelli sono”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
INUMERI
18%
Questo valgono le liste del Pd in
tutto nei 24 comuni capoluogo
che hanno votato il 5 giugno.
Alle Comunali 2011 erano al 21%
8%
Il risultato delle liste civiche
(che comunque non sono il Pd)
che sostengono i sindaci dem,
escluse quelle di centrodestra
1%
Il calo percentuale rispetto alle
Politiche 2013 (27%) delle liste
democratiche più le civiche di
area centrosinistra
uando ho letto che
Matteo Renzi vuole usare “il lanciafiamme” contro la “guerriglia interna”, ho subito pensato alla lettera, pubblicata
ieri e firmata da Sergio Staino, Francesco Guccini e da
altri nomi della cultura di sinistra nella
quale si chiede
al leader del Pd
“un grande segnale di pacificazione”e di “mostrare a
tutti un volto umano, gioioso e disponibile”. In quelle
parole ho ritrovato lo spirito di un mondo appassionato e generoso che ho conosciuto negli anni dell’Unità
con Furio Colombo, quando giravamo l’Italia per incontrare i nostri lettori e
con essi discutevamo, anche in maniera forte, ma
sempre nel rispetto delle idee e delle persone. A Staino (e a Bobo), a Guccini e agli altri vorrei perciò semplicemente chiedere: ditemi, per cortesia, che cosa ha
da spartire con quel mondo,
con il vostro mondo Matteo
Renzi?
Non è una domanda polemica ma una constatazione che prescinde dal giudizio politico per affrontare
un tema più profondo:
quello della trasformazione antropologica del vertice Pd. Per togliere qualsiasi
connotazione insultante
alla definizione ricorderò
(non certo a Sergio che
quella storia la conosce)
che di “mutazione antropol o gi c a ” parlò Riccardo
Lombardi quando, a metà
degli anni 70, il Psi fu scalato da Bettino Craxi che arrivò a mutare perfino il nome del partito, battezzato
Garofano. Più o meno come, quarant’anni più tardi,
Renzi scalerà il Pd per poi
scalare (come fece Craxi) il
governo. L’espress ione
“scalare” si addice a una
conquista dall’esterno che
mette gli sconfitti dinanzi a
un bivio: mangiare la minestra o saltare dalla finestra.
Bisogna riconoscere che
Renzi e il suo clan non hanno mai nascosto l’intenzione di fare piazza pulita di ogni dissenso. E che se oggi
egli evoca il lanciafiamme
non fa altro che estremizzare, con un’espressione
volutamente violenta, una
pulizia etnica tecnicamente fascista. La vera domanda allora è: come possono
Staino e Guccini, ma anche
Bersani e Cuperlo sperare
ancora in un leader “d al
volto umano e disponibile”,
tecnicamente impossibile?
4 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
Lo sberleffo
GIACHETTI E LA FOTO
CON L’IGNARO GERE
» FQ
NEL DISPERATO tentativo di recuperare voti per ribaltare il risultato del primo turno e superare Virginia Raggi
al ballottaggio, il candidato dem a Roma,
Roberto Giachetti, fa campagna ovunque e
con chiunque. L’altra sera è andato a Villa Taverna,
residenza privata dell’ambasciatore americano, per
un evento – c’era anche la rivale del Movimento Cinque Stelle – in occasione della proiezione di un film di
Richard Gere. Non potendo forse conquistare
un selfie con il famoso attore, Giachetti s’è accontentato di una fotografia che lo ritrae di
spalle con davanti unperplesso Gere. Il Partito
democratico ha sfruttato l’immagine – pubblicata su Twitter - per far intendere una qualche intesa tra il protagonista di Pretty Womane l’ex radicale
diventato renziano. Chissà se Giachetti, per fare colpo, gli ha detto che si fa chiamare “Jeeg Robè”.
Ciriaco De Mita Il segretario Dc ebbe il doppio incarico negli anni 80
e i suoi lo crocifissero: “Non giova neanche a Renzi, qualche difficoltà c’è”
L’INTERVISTA
» GIANLUCA ROSELLI
F
,
are allo stesso tempo il
presidente del Consiglio e
il segretario di partito è
impossibile, a meno di
non avere il dono dell’ubiquità”.
Ciriaco De Mita, 88 anni, ex premier ed ex leader della Democrazia cristiana, politicamente parlando è ancora molto lucido.
All’Istituto Luigi Sturzo, ha tenuto per venti minuti il pubblico appeso alla linearità del suo ragionare, poi fa una breve chiacchierata col Fatto Quotidiano: “Il risultato elettorale per Matteo
Renzi non è stato esaltante, anche
se bisogna attendere, come sempre, i ballottaggi, che possono
cambiare molto il quadro. Sicuramente non gli giova stare a Palazzo Chigi e al contempo fare il
segretario del partito”.
“È impossibile fare assieme
il premier e il segretario Pd”
con l’elezione al Colle di Sergio
Mattarella. Insomma, chiediamo,
il premier farebbe bene a lasciare
il Pd a qualcun altro? “Esercitare
I due ruoli
i due ruoli contemporaneamente
sono diversi è impossibile anche per un’incompatibilità sostanziale: al gonella
verno si gestisce, al partito si prosostanza:
gramma. Tra i due ruoli occorre
al governo
una dialettica positiva ma, se sono
si gestisce,
esercitati dalla stessa persona, c’è
al partito si il rischio di una paralisi totale. Del
programma. governo e del partito”. Una paraFare le due
lisi che sta attanagliando premier
e Pd? De Mita svicola, sussurrancose porta
alla paralisi do: “Mi pare evidente che una situazione di sofferenza ci sia…”.
LA PAGELLA
Non ci siamo
mai capiti
De Mita e l’ex
craxiano Ferrara insieme
per un libro su
Sturzo. Il primo fu la bestia
nera del Psi
Eni
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DETTO DA UN UOMO che per quel
doppio incarico, premier e segretario Dc per quasi un anno, ebbe
parecchi problemi fa un certo effetto. “Nell’aprile del 1988 assunsi
l’incarico di presidente del Consiglio e fino al febbraio 1989 restai
anche segretario Dc, ma questo
secondo incarico in pratica non
l’ho mai esercitato, lasciando la
gestione del partito ad altri”, racconta De Mita: “I nemici interni
mi attaccarono, ne fecero un problema politico, ma erano accuse
pretestuose perché volevano portare Andreotti a Palazzo Chigi.
Poi, a fine febbraio, ci fu il congresso che portò alla segreteria
Forlani. E con lui fu il diluvio…”.
Nel 2014 De Mita è stato eletto
sindaco di Nusco, il suo paese, con
il 77,3% dei voti, un plebiscito.
L’anno scorso si è schierato con
Vincenzo De Luca (suo ex nemico
storico) alle Regionali campane.
Diventando, così, renziano. Ma
un feeling col giovane leader si era
già avviato qualche mese prima,
Compari
centristi
Agazio Loiero
e Francesco
D’Onofrio
ancora rendono omaggio
al vecchio,
grande capo
“Ciriaco”
Per quei
due
incarichi
fui
attaccato
dai nemici
interni:
alla fine
arrivò
Forlani. E
fu il diluvio
Eloquio
tipico
Il tipico gesto
di De Mita,
dall’eloquio
complesso e
indecifrabile.
Un cult nel regime dc
L’Eni ieri ha comunicato
di aver fatto una nuova
importante scoperta:
nell’area del delta del Nilo,
dove ha la licenza di
estrarre, ha trovato ricchi
giacimenti di gas. È l’Egitto
che ancora non ha scoperto
– sebbene abbia ogni licenza
–gli assassini di Giulio
Regeni. Ma tutto si tiene.
ANTONELLO CAPORALE
La vita è
fatta a scale
Si sale sempre, nonostante l’età: una catena fraterna, puntellata dagli ombrelli
» A CURA DI FD’E, FOTO DI UMBERTO PIZZI
I “mister preferenze” di Torino, figli del vecchio potere
» ANDREA GIAMBARTOLOMEI
S
e Piero Fassino è riuscito a
limitare i danni lo deve a loro. Ai “mister preferenza” di
Torino, candidati che fanno
riferimento a padrini politici
rottamati, volti giovani sorretti da politici più scafati. Come diceva dopo il voto Giusi
La Ganga, ex reggente di Bettino Craxi a Torino, non rieletto nel consiglio comunale,
“è la fine del voto d’opinione,
resiste solo chi raccoglie il voto strutturato”. Basta vedere i
candidati più votati, lista per
lista, e appare il sistema del
centrosinistra torinese. Partiamo dal Pd. Il più votato è
Stefano Lo Russo, ex assessore all’urbanistica e creatura di
Fassino: a lui sono andati 2.541
voti. A ruota, con 1.893 preferenze, segue Enzo Lavolta, ex
I dem cambiano pelle Parola dell’ex Psi La Ganga: “È la fine
del voto d’opinione, resiste chi raccoglie quello strutturato”
assessore all’innovazione, esponente della sinistra dem
dei “giovani turchi” vicino a
Stefano Esposito, figlio di Cosimo Lavolta, segretario
dell’Uil Commercio.
ARRIVA poi un tandem con
quasi 1.600 voti ciascuno:
Mimmo Carretta e Maria Grazia Grippo, sponsorizzati dal
presidente del Consiglio regionale del Piemonte Mauro
Laus, politico molto apprezzato dalla comunità lucana e
non solo. Per anni ha comandato la Rear, potente coop criticata da Ken Loach per lo
sfruttamento dei suoi dipendenti al Museo del cinema. Se-
gue a 1.506 preferenze Claudio
Lubatti, ex assessore ai trasporti, che raccoglierebbe
parte dei suoi consensi tra i dipendenti di Gtt, azienda dei
trasporti pubblici, bacino di riferimento del suo ex “padrino” Davide Gariglio. C’è poi una outsider, Chiara Foglietta
(1.503 voti), sostenuta da ReteDem, “postcivatiani” come
l’ex assessore Ilda Curti, l’eurodeputato Daniele Viotti e il
deputato vicino a don Luigi
Ciotti Davide Mattiello. “Chi è
questa Foglietta?”, si chiedevano alcuni in Sala Rossa durante lo spoglio. Destinatario
della domanda era Deodato
Scanderebech, politico passa-
Piero Fassino Ansa
to da Udc a Futuro e libertà, padre di Federica, che ha seguito
le sue orme per poi approdare
al Pd e ricevere il suo pacchetto di voi (1.209). Nei Moderati
di Mimmo Portas troviamo un
altro “mister preferenza”, con
ben 2.319 schede, il secondo
preferito dai torinesi. È Silvio
Magliano, già vicepresidente
del consiglio comunale per Ncd, giovane legato a Cl che ha
potuto contare anche sull’appoggio di Enzo Ghigo e Michele Vietti. Dietro di lui c’è l’ex
presidente dell’assemblea cittadina Giovanni Andrea Porcino, figlio dell’ex parlamentare Idv Gaetano. Da segnalare
il possibile ritorno di Paolo
Chiavarino, consigliere comunale Dc per 21 anni di fila
ora eletto nella “Lista civica
per Fassino” dopo esperienze
in FI, Udeur e Moderati.
IN QUESTI nove giorni al bal-
lottaggio i sostenitori di Fassino dovranno mobilitare qualche voto di più di quelli “strut-
turati”se vorranno resistere al
“Tutti tranne Fassino”, diffuso
anche nei ceti medi e non solo
in periferia. Intanto il candidato dem incassa il sostegno di
due vecchi politici e banchieri
come Nerio Nesi ed Enrico
Salza, padrino del “sistema
Torino” nato nel 1993 a favore
di Valentino Castellani e in
chiave anticomunista contro
la candidatura di Diego Novelli. Oggi l’avversario si chiama
Chiara Appendino e contro di
lei cominciano a girare i dossier. Le vengono contestati i
rimborsi dati al suo datore di
lavoro, la Lavatelli srl, ditta del
marito, per le ore di lavoro saltate perché dedicate al consiglio comunale. Lei si difende;
“Sono previsti per legge. Ho rinunciato a gettoni di presenza
per oltre 100 mila euro”.
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POLITICA
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
INSIDER
RAI E FIGC, STORIA
DI UN’AUTOCENSURA
» INSIDER.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
,
SEGNATEVI questo nome: Michele Uva, direttore generale della
Federazione italiana gioco calcio. E adesso leggete una storia che incrocia la Figc,
la Rai e, come sempre, la politica. Per il
programma di Rai1 sugli Europei di Francia, viale Mazzini contatta Antonello Valentini,
predecessore di Uva in Federcalcio, che ha lasciato via Allegri da campione del mondo in
Germania durante la gestione Giancarlo
Abete/Marcello Lippi. Valentini accetta
l’offerta e la presenza in studio, da opinionista, a titolo gratuito. Quando l’accordo è
ormai siglato, Gabriele Romagnoli, il direttore di Rai Sport, fa sapere a Valentini
che non è gradito dalla Federcalcio e che dunque, per le solite “ragioni di rapporti”, è meglio
annullare tutto. Ma chi, in Figc, ha chiesto la
»5
censura di Valentini nel servizio pubblico? Sarà
mica il presidente, Carlo Tavecchio? Il ragioniere di Ponte Lambro smentisce, allora Romagnoli
s’inventa un’altra e imbarazzante scusa con Valentini per motivare la sua scelta. In realtà, Romagnoli era sincero, perché davvero in Federcalcio c’è chi ha posto il veto su Valentini. Il suo
nome è Michele Uva, il vero capo della Federcalcio.
PERICOLO Sabato notte Berlusconi si era sentito male a Roma, ma si è presentato al San Raffaele
di Milano solo domenica in condizioni “preoccupanti”. Ora gli cambieranno la valvola aortica
» LUCA DE CAROLIS
N
on era “un esame
programmato”, come avevano provato
a sminuire da Forza
Italia. E neppure un disturbo
passeggero. “Silvio Berlusconi ha rischiato di morire”
scandisce il medico personale
del capo di Forza Italia, il professore Alberto Zangrillo, di
fronte a una selva telecamere
nella pancia dell’ospedale San
Raffaele di Milano.
“Silvio ha rischiato la vita,
adesso operazione al cuore”
non ha sentito ragioni. È rimasto a Roma, per votare. E si è
presentato nell’ospedale milanese solo in serata.
UNA LEGGEREZZA che poteva
costargli la vita. “Quando è arrivato era in condizioni molto
severe e preoccupanti, e lui ne
era consapevole” am m e t t e
Zangrillo. Dopo le prime cure,
Berlusconi è stato rimandato a
casa, sempre sotto la stretta
sorveglianza del medico. Poi
martedì l’hanno ricoverato. “È
molto affaticato” spiega Fedele Confalonieri, che ieri è pas-
È IN QUESTA struttura di ec-
cellenza che domenica sera Berlusconi è stato salvato da un grave scompenso
cardiaco, dopo i primi sintomi nella
notte tra sabato e
domenica. Ed è
sempre al San
Raffaele che la
prossima settimana il patron
di Mediaset
verrà operato
al cuore. Serviranno quattro
ore di intervento, per sostituire la
valvola aortica a un
uomo che a settembre
compirà 80 anni, e che
dal 2006 vive con un
pacemaker al cuore,
impiantatogli negli
Stati Uniti e sostituito
l’anno scorso. Nel
1997 Berlusconi era
già stato operato per
un tumore alla prostata.
E in questi anni aveva
IL CORPO DI B.
Il medico personale
Zangrillo: “Rischio
di mortalità del 2%. Gli
sconsiglio di tornare
a fare il leader”
dovuto subire altri interventi compreso
quello alla mascella,
lesionata dalla statuetta del Duomo lanciatagli contro da Massimo
Tartaglia nel 2009. Ma
l’intervento al cuore
proprio non si può evitare. Tra sabato e domenica Berlusconi si era
Diagnosi
Alberto
Zangrillo. A lato Berlusconi,
che verrà operato la prossima settimana
Ansa
sentito male nella sua casa di
Roma, con i primi sintomi di
scompenso cardiaco. Non riusciva a respirare. Ha telefonato a Zangrillo: il suo medico
personale da anni, genovese,
direttore dell’Unità di anestesia e rianimazione del San Raffaele. “Presidente, deve subito
ricoverarsi” gli aveva intimato
lo specialista. Ma Berlusconi
sato a trovarlo. Ora dovranno
cercare di rimetterlo minimamente in forze, per un’operazione a cuore aperto. “Il rischio di mortalità in questi interventi è del 2 per cento, e facciamo finta che non si faccia
qui” spiega Zangrillo. Tradotto, nel suo ospedale “la media
scende sotto l’1 per cento”. Al
Fatto aggiunge: “Per noi è un
intervento di routine, ne facciamo centinaia all’anno. Nel
caso di Berlusconi non sono
presenti co-patologie. E a operarlo sarà un cardiochirurgo di
fama mondiale”. Ovvero Ottavio Alfieri, 69 anni, il primo a
realizzare nel 2014 un impianto della valvola aortica senza
suture, cioè senza punti.
SARÀ LUI , con un’equipe di
cinque persone, a sostituire la
valvola: quella che lascia passare il sangue nell’aorta quando il ventricolo sinistro si contrae, e che poi si richiude per
impedire che ritorni nel ventricolo. La sostituiranno con
una valvola di origine animale.
Un’operazione delicata. A circa metà intervento, il cuore
verrà fermato. Ed entrerà in
funzione una macchina per la
circolazione del sangue extracorporea, a cui è addetto un
“perfusionista”. Zangrillo vede positivo: “Dopo l’intervento Berlusconi resterà in rianimazione per uno o due giorni,
poi ci sarà circa un mese di riabilitazione”. E dopo? L’attività
politica? “Teoricamente potrà
fare tutto, meglio di prima. Ma
io gli sconsiglio di tornare a fare il leader”. Dipenderà sempre da lui, da Berlusconi. E dal
suo cuore.
Precedenti
NEL 1997
Berlusconi è
stato operato
per un
tumore
alla prostata
n
NEL 2006
gli è stato
impiantato
un
pacemaker
negli Stati
Uniti,
sostituitogli
lo scorso
anno
n
NEL 2011
si è operato
alla mascella
lesionata
dalla
statuetta
del Duomo
sferrata
da Tartaglia
n
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Contro il cerchio magico La primogenita infuriata per gli sforzi del padre prima del voto
Lo sfogo di Marina: “Tutta colpa vostra”
» FABRIZIO D’ESPOSITO
Q
uando si evoca la morte,
come ha fatto Alberto
Zangrillo, medico personale
di Silvio Berlusconi, tutto diventa più cupo, tragico, umanamente delicato. L’ex premier ha rischiato tantissimo
ed è per questo che per cinque lunghi giorni, da domenica a ieri, nella composita
corte di B. c’è stato un surreale clima “sovietico”, modello
Cernenko, l’ex capo del Pcus
che sparì a causa di un “raffreddore” e infine morì.
Un clima “sovietico” che
ha quindi generato litigi e polemiche, finito di alterare i
fragili equilibri tra la famiglia
e il cosiddetto cerchio magico che fa capo alle due donne
campane, la fidanzata Francesca Pascale e la badante
Mariarosaria Rossi. Già lunedì, quando l’ex Cavaliere è ritornato ad Arcore, prima del
ricovero al San Raffaele di
Milano, la primogenita Marina ha capito la gravità della situazione e fatto la prima sfuriata contro il cerchio magico. In particolare contro Rossi. L’accusa: aver sequestrato
il corpo del padre per scopi
politici nell’ultima settimana
di campagna elettorale, senza accertarsi seriamente dei
sintomi di affaticamento di
B., ormai alla soglia degli ottanta anni. “Stava morendo
per colpa vostra”, queste le
rabbiose e dolorose parole di
Marina. “Com ’è possibile
che è andato in giro in queste
condizioni?”.
IL FILM dell’ultimo, pauroso
fine settimana di Berlusconi
comincia a Ostia, venerdì sera, per il comizio di chiusura
di Alfio Marchini a Roma. B.
arriva tardi, dopo le 19 anziché alle 18.30, e perde altro
tempo perché si deve collegare telefonicamente con Milano, per la manifestazione
Arrabbiata Marina B. Ansa
conclusiva di Stefano Parisi.
Con lui ci sono Pascale, Rossi
e Deborah Bergamini, la portavoce. Poi sale sul palco e appare più gonfio del solito. Suda tanto, e non solo per il caldo
estivo. Lo “scompenso cardiaco” poco più di un giorno
dopo, nella domenica del voto
del primo turno. B. è un elettore iscritto a Roma e va ai
seggi. Ieri Zangrillo ha detto
pubblicamente di averglielo
sconsigliato. Ma lui è andato
lo stesso, probabilmente sostenuto in questo dal cerchio
magico.
Perché questo è il punto
centrale della drammatica vicenda del cuore berlusconiana, che culminerà nell’intervento chirurgico. Quali sono
le cause della presunta “superficialità” delle donne che
lo circondano? Sono mesi ormai, per esempio, che dentro
Forza Italia accusano apertamente il cerchio magico di esercitare il potere facendosi
scudo del corpo berlusconiano. La scissione di Denis Verdini nasce in questo quadro.
Non solo. Le ultime fratture
riguardano Giovanni Toti e
Mariastella Gelmini, un tempo legatissimi alla fidanzata e
alla badante. Quest’ultima,
Rossi, sarebbe anche al cen-
tro di una silenziosa rivolta non è apparso in conferenza
tra gli ultimi collaboratori ri- stampa e ha dato forma e somasti fedeli a Berlusconi. Di stanza alle previsioni peggioqui gli sbigottiti quesiti di Ma- ri: “Berlusconi ha rischiato la
rina: “Com’è
vita”. Il medico
possibile che
ha pure aggiunto
non vi siete acche dovrebbe finire di fare policorte che stava
tica.
male?”; “Perché Il tragico film
lo avete manda- Venerdì sera
Il resto, al moto al seggio samento, è tutto
p e n d o c h e r i- a Ostia, gonfio
chiacchiericcio
schiava?”.
parlamentare in
e affaticato
quel che resta di
IN OGNI caso, il Due giorni dopo
un partito caricerchio magico è andato
smatico. Sul
ha gestito questi
campo ci sarà ug i o r n i a l S a n lo stesso al seggio na transizione
Raffaele, facenprovvisoria di aldo da filtro a fameno un mese. Il
miliari e amici. Ghedini, Letta girotondo “sovietico” attore Confalonieri sono entrati. no al capezzale di B. è iniziato
Verdini, invece, pare di no. lunedì. I nomi che ambiscono
Anche il carattere “sovietico” a vario titolo sono vari: Toti,
della degenza rientra tra le Gelmini, Carfagna, Brunetta,
accuse familiari, derubricata Polverini. Ma il primo nodo
per giorni a “malore”e ad “ac- riguarda il cerchio magico.
certamenti di routine”. Fin Nulla sarà come prima?
quando lo stesso Zangrillo
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6 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
DA DOMANI IL “FIRMA DAY”
Anpi, Arci e Comitato
ballano per il No
nelle piazze d’Italia
MANCANO QUATTRO MESI al referendum sulla riforma costituzionale, ma la campagna per il “No” inizia a fare
davvero sul serio. Dopo le ormai numerose
apparizioni (da ultimo quella al Festival
dell’Economia di Trento) della ministro Boschi, principale ambasciatrice della riforma, domani e dopodomani il Comitato per il
No scende in piazza in oltre cento città. Die-
q
tro il “Firma Day” vi è la volontà di fare un
gran passo avanti nella raccolta delle
500.000 firme necessarie per indire due
referendum abrogativi sull'Italicum, la riforma elettorale voluta dal governo Renzi, e
quello sulla riforma costituzionale. In questa occasione saranno anche Arci ed Anpi
(questi ultimi i famosi “partigiani” non “veri”della Boschi) a mobilitarsi con un’inizia-
tiva a sostegno della raccolta firme. In 16
capoluoghi di provincia si terrà l'iniziativa
“Ballando sotto le firme”. In un’atmosfera di
festa, condita da canti e balli, le due organizzazioni cercheranno di dare anch’esse il
loro apporto alla raccolta firme. Tra le città
coinvolte nell’evento targato Arci-Anpi vi
saranno anche Milano e Firenze, roccaforte
renziana.
SPACCATI Renziani e Turchi per Lettieri, attesa decisione di Bassolino
» VINCENZO IURILLO
L
Napoli
a posizione ufficiale
resta quella illustrata
da Valeria Valente il
giorno dopo la sconfitta e ribadita da Lorenzo Guerini in un’intervista al Mattino:“Il Pd non darà indicazioni
di voto al ballottaggio di Napoli”. Rimarrà inalterata, salvo clamorose sorprese dall’assemblea provinciale fissata
per oggi alle 17 all’Hotel Ramada, la resa dei conti sulle responsabilità del disastro. Ma
si è già avviata la corsa ai riposizionamenti dei dem tra
Luigi de Magistris e Gianni
Lettieri.
Ballottaggio, la sinistra dem
si schiera con De Magistris
La sfida
n
SCONTRI di correnti, gruppi e
sottogruppi di un Pd balcanizzato dove c’è chi esce allo scoperto e chi lavora sotto traccia.
Area Riformista e la Sinistra
dem stanno facendo endorsement per De Magistris. L’area
vicina ad Andrea Cozzolino,
uno dei leader dei Giovani
Turchi, sarebbe orientata verso un appoggio sotterraneo a
Lettieri e con Cozzolino ci sono pezzi importanti del comitato elettorale di Valente alle
primarie. Non solo: tra chi nutre simpatie per l’imprenditore partenopeo ci sarebbe anche un’area intellettuale che
ieri ha partecipato a Napoli alla presentazione del libro Europa, politica e passionescritto
dal presidente emerito Giorgio Napolitano, che da capo
dello Stato e presidente del
Csm assunse posizioni
molto dure sul lavoro di De
Magistris da pm a Catanzaro.
Al tavolo erano seduti Napolitano, il filosofo Biagio De
Giovanni, l’ex sottosegretario
Umberto Ranieri, che però
cinque anni fa appoggiò De
Magistris al ballottaggio e
quando ha provato a candidarsi alle primarie di Napoli aveva
tra i suoi più stretti collaboratori un sostenitore dell’attuale
sindaco. Nel suo intervento
Napolitano ha detto di non
condividere le tesi di chi sostiene “che ad un populismo di
destra debba opporsi un populismo di sinistra”. Si riferiva a
come rilanciare le politiche
dell’Europa.
SONO con De Magistris senza
se e senza ma coloro che nella
frastagliata galassia piddina
ruotano intorno a Guglielmo
Epifani e al mondo Cgil. Ovvero gran parte di quell’Area Riformista di cui è uno dei capi il
consigliere regionale Gianluca Daniele, fino al 2015 segretario Cgil di Napoli. Daniele è
stato il primo a dichiararlo
pubblicamente: “La cosa principale è battere Lettieri e quel
bel pezzo di destra ideologica
proveniente da An e Msi che
Lettieri ha raccolto intorno a
ANCORA
TU Quello
di domenica
19 giugno
è il secondo
ballottaggio
che si tiene
tra Luigi De
Magistris e
Gianni Lettieri
(centrodestra).
La volta
scorsa
prevalse il
magistrato
e non di poco:
65,3% contro
34,6%.
Al primo
turno Lettieri
conduceva
38,5 a 27,5.
sé”. Secondo Daniele “tra le ragioni del risultato così negativo c’è l’aver smarrito l’identità
del Pd, per questo che siamo
contrari al commissariamento
di Napoli, ci vorrebbe invece
un Congresso per ascoltare la
base, disegnare una linea. Mi
pare assurdo e fuori dal mondo
che in un partito come il nostro
ci siano persino dei dubbi su
chi votare tra un candidato di
sinistra e uno di destra”.
In corsa
Il sindaco
di Napoli Luigi De Magistri
cerca la riconferma contro
Gianni Lettieri di Forza Italia LaPresse
IL COMMENTO
I DUBBI possono venire se il Pd
si allea con Denis Verdini e a
Napoli Ala forma una lista alleata. “Per prendere il loro
l’1,5% chissà quanti voti di opinione abbiamo perso, un saldo negativissimo… E ancora
non ho capito in che sede è stata decisa questa alleanza nefasta”. Area riformista alle primarie del Pd ha messo in pista
il terzo incomodo tra Valente e
Bassolino, il leader dei Giovani
democratrici Marco Sarracino che a il Fatto Quotidiano si
lascia andare a una mezza ammissione: “Sicuramente andrò a votare, sicuramente non
voterò Lettieri. Per ora non
posso dire di più”. È un fronte
significativo quello che intorno a Daniele e Sarracino sta
per accorrere in soccorso a De
Magistris: ne fanno parte i
candidati al Consiglio comunale Diego Venanzoni, Carlo
Migliaccio, 3123 preferenze in
tre. Il più interessato al successo di De Magistris è Venanzoni, che così entrerebbe in Consiglio, con la vittoria di Lettieri
rischia di rimanere inchiodato
allo scranno fantasma di primo dei non eletti. Si è schierato
con De Magistris il capogruppo Pd uscente e rieletto in consiglio, Aniello Esposito: “Non
posso votare Lettieri, la mia
storia mi porta verso una direzione precisa”, ed anche lui,
collocato in un’altra corrente,
ricorda però il suo impegno in
Cgil. Un sindacato che è in
qualche modo radicato nella
giunta De Magistris. Ne fa parte da anni Enrico Panini, un
curriculum di peso nella Cgil
dell’Emilia e in segreteria nazionale, il pontiere – insieme
all’altro assessore proveniente dal Pd, Nino Daniele – dei
rapporti e del dialogo tra l’amministrazione arancione e
pezzi di dem napoletani.
POTREBBE però risultare deci-
sivo un cenno del Pd più influente di Napoli: Antonio
Bassolino. Che finora non si è
pronunciato in prima persona.
Ieri ha chiesto a Renzi di rifondare i dem napoletani dalla base azzerando tutto. Il Mattino
scrive che i suoi stanno pensando di sostenere Lettieri.
TOMTOM
D
06/03/2016
PRIMARIE DEL PD
Valeria Valente (46%) sconfigge Antonio Bassolino (40%),
già sindaco di Napoli tra il 1993
e il 2000. A scatenare la polemica, però, è un video pubblicato da Fanpage che mostra
scambi di denaro fuori dai seggi. Bassolino fa tre ricorsi che gli
sono tutti respinti dal partito.
D
21/05/2016
LA LISTA DI VERDINI
Denis Verdini decide di sostenere la candidata del Pd, facendo correre la propria lista di Ala
nella coalizione della Valente.
D
05/06/2016
RISULTATO ELEZIONI
La coalizione a favore di Valeria
Valente raccoglie solamente il
21.13% dei voti. La candidata
del Pd finisce terza e viene
esclusa dal ballottaggio al quale
vanno il sindaco uscente De
Magistris e il forzista Lettieri:
un vero flop. L’entità della sconfitta risulta ancora più chiara se
si considerano i risultati di ciascun partito. Il Pd si ferma
all’11.6% mentre l’apporto di
Ala si limita a 1.42%.
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Le scuse Per il partito che sarà commissariato, è tutta colpa di Bassolino
VALENTE E I SICARI STALINISTI E DC
» PAOLO ISOTTA
V
aleria Valente è quella
immortalata nelle fotografie mentre a Napoli
cinguetta con Denis Verdini,
venuto a soccorrerle alle elezioni comunali di domenica. Ed è
anche quella spedita a Napoli
da Renzi per vincere contro Antonio Bassolino le celebri primarie truccate e perdere queste
elezioni: com’è avvenuto. Chissà che cosa le è stato promesso
per accettare un ruolo siffatto:
non posso credere che una donna, parlamentare e con esperienza politica, credesse a sua
volta di avere qualche minima
possibilità. Se così fosse farebbe
tenerezza e la paragonerei al
grande Ugo D’Alessio che interpreta Decio Cavallo in Totò
truffa e compra la fontana di
Trevi dal “Cavalier Ufficiale
Antonio Trevi, proprietario
dell’omonima fontana”. Dopo
che Decio ha sborsato la cifra
arrivano i mastrogiorgio (gl’in-
Che coppia
Valeria Valente con Denis
Verdini.
Il gruppo di
Ala ha fatto una lista con il
Pd Ansa
fermieri del manicomio)
coll’ambulanza a sirene spiegate e se lo portano.
A Napoli giungerà invece un
terribile Godot a commissariare il locale Partito democratico: quello che i cretini chiamano democrat; e sono gli stessi che dicono mission impossibile. La Valente (leggo sul Corriere del Mezzogiorno di oggi) sostiene di aver perso le elezioni perché Antonio Bassolino, dopo le primarie truccate
ai suoi danni, ha fatto ricorso.
In una conferenza stampa di
martedì Bassolino ha accusato
il Pd napoletano di “stalinismo
democristiano”, e pare difficile
contestare questa definizione
brillante insieme e profonda.
Egli sostiene che il commissariamento ha da essere non solo
provinciale ma anche regionale; e che deve preludere a veri
congressi. Anche qui, come
dargli torto?
Ma Assunta Tartaglione,
segretario regionale, strilla come una lavandaia al lavatoio.
Accusa Bassolino di leso segretario del partito e leso presi-
dente del Consiglio. Come osa loro, per restare in Samuel
dargli lezioni? Come osa soste- Beckett, ci sarà addirittura il
nere ch’è stato mal consiglia- Finale di partita? ne dubito) si
to? Se si sono perse le elezioni è sorprendono della loro sorte:
sempre colpa di Bassolino che essi non hanno fatto altro che
ha denigrato il Partito, non ha servire con zelo Matteo Renzi,
attuarne gli oraiutato la
dini e interprecampagna etarne il pensielettorale, ha
ro. Non sanno
remato conche i sicarî,
tro e (questo
mandati di notnon lo dice ma I dirigenti locali non
forse lo pensa)
te ai crocicchi
per assassinare
ha capitanato hanno fatto altro che
l’a s t en s i on e servire con zelo
il re in viaggio,
massiccia.
verranno a loro
C e r t o è c h e Renzi, attuarne gli
volta fatti as(leggo dallo ordini e interpretarne sassinare dal
stesso quotimandante e codiano) i voti il pensiero
sì sarà dei loro
andati al Pd in
assassini. Ma
queste elezioche dico? la Vani a Napoli sono così pochi da lente e la Tartaglione hanno
essere addirittura il 28.6 % di letto Eschilo e Sofocle nel testo
quelli avuti dal Partito alle e- della Bibliotheca scriptorum
lezioni politiche del 2013.
greacorum et romanorum
I personaggi destinati a es- Teubneriana….
sere spazzati via dall’arrivo
www.paoloisotta.it
del Godot-commissario (per
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POLITICA
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
LECCALECCA
DE LUCA, IL FIGLIO
E SALERNOGRAD
» FQ
,
NELLA CITTADINA di Salernograd
il candidato proposto da Vincenzo
De Luca, storico capopopolo eletto per lustri con suffragi bulgari, ha stravinto. In una
tornata che non è stata lieta per il Pd in tutta
Italia, la cittadina di Salernograd, con la propria
lista elettorale senza simboli di partito, ha eletto con oltre il 70 per cento Enzo Napoli, il delfino prescelto dall’attuale presidente della
Campania Vincenzo De Luca. Enzo Napoli
era il vice sindaco del sindaco De Luca, e
quindi a tutti è parsa la scelta ereditaria in
perfetto stile sovietico. Ma i legami di sangue,
a Salernograd, valgono molto di più. Così, non
presentatosi direttamente alle elezioni, il figlio
di Vincenzo, Roberto, è stato nominato di imperio assessore. Roberto è commercialista, ha
già una consulenza alla Provincia di Salerno di
»7
cui è “consigliere economico”. Che assessorato
avrà il rampollo? Ovviamente quello più pesante che ci fosse in giunta: assessore al Bilancio.
Solo? No, gli hanno dato anche la delega allo
Sviluppo. Praticamente fa quasi il sindaco, ma
senza essere passato dalle urne. Del resto, si
dice in città, se De Luca vinceva con un altro uno
per cento in più, poteva nominare al governo
della sua città anche un cavallo.
Napoli, troppe carte d’identità
nel circolo della candidata Pd
I pm e i sospetti che servissero per ottenere assunzioni nel programma Garanzia giovani
S
ono saltati fuori gli elenchi del presunto zioni pubbliche o aziende private, pagato dalla
“voto di scambio” messo in piedi dalle Regione Campania con fondi europei, che sedue candidate del Pd di Napoli. Fanno condo l’accusa rappresentava la “merce”da ofparte del materiale sequestrato dai cara- frire per ottenere il voto. Promesse di mediabinieri su mandato dei magistrati della Procu- zioni con gli imprenditori beneficiati dal prora: due computer nella disponibilità della can- gramma, rassicurazioni su un futuro impiego, o
didata Pd al consiglio comunale di Napoli Anna qualcosa in più, il confine tra lecito e illecito è
Ulleto, quasi certa dell’elesottile e gli accertamenti in corso
zione a Palazzo San Giacomirano a fare chiarezza sul punmo con 2263 preferenze; le La difesa
to. Al momento solo una persona
fotocopie di carte d’identi- “Quei documenti
di quegli elenchi risulta poi aver
tà conservate nella sede
ottenuto l’assunzione temporadella candidata dem della erano per il Banco
nea, ma i controlli proseguono e
dall’analisi di quanto rinvenuto si
Municipalità di Mercato Alimentare: noi
capirà la sostanza dell’inchiesta
Pendino, Rosaria Giugliaper associazione a delinquere fino, 297 preferenze e man- aiutiamo la gente”
cata rielezione; gli elenchi
nalizzata alla corruzione elettodi nomi e cognomi ritrovati
rale. È questa l’accusa contestata
nei comitati elettorali delle due esponenti Pd. a Ulleto, Giugliano e almeno altre tre persone,
Si tratterebbe di liste di ragazzi e ragazze “un- tra le quali uno che ha fatto parte dello staff delder 29” in possesso dei requisiti di accesso al le candidate impegnato in campagna elettoraprogramma “Garanzia Giovani”, il tirocinio da le. Indaga il pm Francesco Raffaele con la su500 euro al mese per sei mesi in amministra- pervisione del procuratore aggiunto Alfonso
D’Avino, capo del pool Mani
Pulite che ieri ha aperto un altro fascicolo conoscitivo sui
nuovi video di Fanpageriguardanti scambi di denaro nei
pressi dei seggi delle amministrative, dopo quello già aperto dopo le immagini degli euro
regalati durante le primarie
Pd del 6 marzo.
Eletta a Palazzo San Giacomo con 2.263 preferenze, Anna Ulleto Ansa
GLI INQUIRENTI cercano conferme allo schema
che avrebbe animato la campagna di Ulleto e
Giugliano: voti per favorire l’ingresso in “Garanzia Giovani”. Negli elenchi sequestrati potrebbe esserci parte del “corpo elettorale” del
Pd napoletano. Ragazzi in cerca di un’opportunità di lavoro che si sarebbero affidati a procacciatori di consenso. Si difende con veemenza la signora Giugliano: “Le carte d’identità che
hanno trovato nella mia sede sono carte d’identità di persone che si rivolgono al Banco Alimentare e che grazie a me e alla signora Ulleto hanno
trovato aiuto. Sono 20 anni che studio i bandi e
le domande pubbliche per aiutare le persone del
mio territorio, lavorativamente e nel sociale”.
Ed aggiunge: “Sono diplomata in ragioneria,
preparo pratiche, mi appoggio al Caf di fronte
alla mia municipalità e ne stavo per aprire uno
mio. Assurdo poi accusarmi di voto di scambio,
io che non sono stata rieletta dopo 20 anni…”. La
Ulleto si è autosospesa dal Pd “fino a quando
questa vicenda, che ha segnato in negativo la
mia vita, sarà definitivamente chiusa”.
VIN. IUR.
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8 » CRONACA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
L’APPELLO DELLE ONG
“Almeno 10 mila
stranieri in Italia
senza assistenza”
“SI STIMA che siano almeno 10.000
in Italia i rifugiati e richiedenti asilo che
vivono in insediamenti informali (stazioni ferroviarie, palazzi occupati, campi spontanei),
in condizioni umanitarie critiche, con uno
scarso o del tutto assente accesso alle cure
mediche e privi di qualsiasi forma di assistenza. La cronica mancanza di posti nel sistema di
accoglienza per richiedenti asilo e la mancata
q
previsione di strutture per i migranti in transito, rischiano di incrementare il numero degli
insediamenti informali e la popolazione all’interno degli stessi”. È quanto si legge in un appello congiunto sottoscritto da Medici senza
Frontiere, Intersos, Oxafam e altre 11 organizzazioni non governative. “Gli insediamenti
spontanei a Ventimiglia e quello a Roma in via
Cupa –si legge nel documento –costituiscono
soltanto due degli esempi più recenti e più evidenti. In questi casi, a fronte degli sforzi della
società civile di assistere i migranti riguardo
alle necessità primarie (cibo, servizi igienici,
orientamento socio-sanitario di base), le istituzioni hanno reagito con sgomberi forzati, espulsioni, trasferimenti di migranti da una
parte all’altra dell’Italia”. Da qui l’appello “alle
istituzioni competenti, nazionali e locali”.
IN CALABRIA Cartelli per le strade di San Ferdinando, i migranti africani accusano: “Ci sparano
come agli animali. Erano sette carabinieri contro il fratello Kesine”. La tendopoli ha le ore contate
» LUCIO MUSOLINO
S. Ferdinando-Rosarno (R. Calabria)
V
ogliamo giustizia. Hanno
ammazzato il fratello
K es in e”. Momenti di
tensione ieri mattina a
San Ferdinando e di nuovo la paura che si potessero rivivere i giorni tremendi dei “fatti” del 2010
con la caccia al nero per strade di
Rosarno. Un centinaio di migranti sono scesi in piazza per protestare dopo quanto avvenuto alla
tendopoli due giorni fa quando un
carabiniere, per sedare una rissa,
ha sparato e ucciso un ragazzo di
27 anni proveniente dal Mali. Un
corteo che dalla baraccopoli è arrivato fino al Comune dove una
delegazione dei migranti, accompagnati dalla Flai Cgil e da alcuni
volontari, ha incontrato il commissario prefettizio che guida
l’amministrazione dopo lo scioglimento per mafia.
FUORI DAL PALAZZO gli animi so-
no rimasti accesi. Il questore Raffaele Grassi ha ordinato prudenza
e una sorveglianza discreta. Gli agenti antisommossa sono rimasti
distanti e questo ha consentito alla rabbia dei migranti di non trasformarsi in violenza. Lo spettro
della rivolta del 2010 si leggeva
negli occhi di tutti i poliziotti in
borghese. Il pericolo che la situazione potesse degenerare si è avvertito ma fortunatamente la protesta si è limitata ad alcuni striscioni e cori contro i carabinieri
(“razzisti”) e contro uno Stato che
ha abbandonato i migranti al loro
destino (“Governo italiano, governo di merda”). Ed è proprio
LA STORIA
Dopo il morto, le proteste
E il prefetto li sgombera
di tutti. Purtroppo molti politici
hanno fatto passerella sulle spalle
dei migranti”. Nel pomeriggio il
prefetto Claudio Sammartino ha
convocato a Reggio Calabria il Comitato per la sicurezza pubblica
durante il quale ha stabilito le
priorità tra cui “il graduale superamento e lo smantellamento della tendopoli di San Ferdinando”.
LA SETTIMANA prossima dovreb-
In piazza Ieri mattina a San Ferdinando la protesta dei migranti dopo il dramma del giorno precedente
questo il punto. Se per il carabiniere è stata legittima difesa, come sostiene il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza, per lo Stato è
“omissione di soccorso”. Non ci
sono scuse per le istituzioni che da
anni fanno finta di non vedere cosa succede tra il porto di Gioia
Tauro e la zona industriale.
La baraccopoli è un inferno dove tutti sono vittime. Lo è Kesine
Traore, arrivato a febbraio con un
barcone, che ha perso la testa e
con un coltello ha ferito un carabiniere all’occhio destro. E lo è pure il brigadiere che ha reagito sparando e uccidendo il giovane mi-
grante del Mali. L’indagine della
Procura accerterà se sono stati
commessi errori e se “non si poteva fare altrimenti”. Intanto ha iscritto nel registro degli indagati il
militare in attesa dell’autopsia.
“PORTEREMO la salma in Africa
ma vogliamo giustizia – urlano i
migranti – Come fanno a sparare
le persone così, come animali? Erano sette carabinieri contro uno.
Non vogliamo vedere più un carabiniere che viene alla tendopoli
e ci spara. Non è giusto. Loro dovevano garantire la nostra sicurezza”. “È una situazione che de-
La politica
La Regione: “Il ministero
dell’Interno adesso
per cambiare le cose deve
commissariare l’area”
nunciamo da tempo – commenta
Celeste Logiacco della Flai-Cgil –
Di anno in anno ribadiamo che bisogna andare oltre i ghetti, oltre la
tendopoli. Si poteva evitare questa tragedia. Se dal 2010 non è
cambiato nulla, la responsabilità è
bero iniziare i lavori per la realizzazione di un’altra tendopoli con
circa 500 posti. Dovrebbe essere
attuato, in sostanza, il protocollo
firmato sei mesi fa in Prefettura e
bloccato dalla lentezza della burocrazia. Un protocollo che dovrebbe restituire un minimo di dignità ai migranti costretti a vivere
senza acqua ed energia elettrica.
Giovanni Mannoccio, ex sindaco
di Acquaformosa (paese simbolo
dell’accoglienza) e oggi delegato
della Regione per i temi dell’immigrazione attacca: “Il ministero
dell’Interno dovrebbe commissariare l’area. Ci deve essere una
persona che può decidere tutto
senza cavilli amministrativi. Altrimenti tra se mesi saremo ancora in questo stato con i soldi della
Regione (350 mila euro) che sono
stati stanziati ma che diventeranno avanzo di amministrazione e
quindi dovranno essere riprogrammati”.
La scheda
UN 27ENNE
maliano è
stato ucciso,
mercoledì nel
campo di San
Ferdinando
(Rosarno), da
un carabiniere
intervenuto
con i suoi
colleghi
e agenti
di polizia
per sedare
una rissa
n
IL
GIOVANE
l’aveva
aggredito e
ferito con un
coltello.
Il militare è
indagato ma
la Procura
di Palmi
propende per
la legittima
difesa
n
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Terra promessa I racconti dell’orrore dei lavoratori stagionali nei campi della Bassa Mantovana
“Laggiù trattati da bestie, al Nord da schiavi”
» FERRUCCIO SANSA
inviato a Mantova
I
o lavoro nei campi quindici
ore al giorno. D’estate sotto
un sole terribile e d’inverno
con un freddo che mi sembra
di gelare. E alla fine, se va bene, mi metto in tasca 600 euro
al mese. Lordi”. Hamed non si
ricorda nemmeno più da
quanti anni vada avanti. Deve
contare le stagioni, sulle punte delle dita: “Sei anni. Credo”.
Non siamo a Rosarno, ma nella ricca Mantova. E non sono
pomodori, ma meloni. La sostanza, però, cambia poco.
NELLA BASSA mantovana sono circa 4.200 gli stranieri costretti a campare così, tra paghe da fame, caporalato e il ricatto di perdere il permesso di
soggiorno. È tutto scritto nel
rapporto curato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della
Flai Cgil. Decine di pagine di
dati, testimonianze. Sembra
impossibile che accada in pae- “ma grazie ai contratti stagiosi come Sermide, Viadana, A- nali per l’agricoltura non desola, Canneto e Guidazzolo, a vono essere assunti dopo trendue passi dal Po, nella Bassa di tasei mesi, come accadrebbe
Giovanni Guareschi. Dove la con i normali contratti a temterra è scura, viva, e fa nascere po determinato”. Il guaio sono
cibi tra i migliori del mondo. soprattutto gli orari di lavoro:
Ma quel benessere lo si deve dalle cinque di mattina fino al
anche a loro, ai migranti. Cor- tramonto. Dodici, quindici ore divise in due o
rendo lungo i viali di pioppi li vedi
tre contratti. Per
piegati nei campi
aziende diverse.
Racconta Aziz,
sotto il sole: marocchini, india- Sotto al sole
arrivato dal Marocco: “Io in queni, senegalesi, Migliaia
romeni e bulgari.
sto periodo ho
due contratti, ma
Sono migliaia, di senegalesi,
ma vivono in un bulgari, indiani
nel mese scorso
ne avevo tre. Siamondo a parte.
L a c a p i t a l e e marocchini
mo in molti in
questa situaziodella raccolta dei al lavoro per 600
meloni è Sermine. Il primo conde. Soltanto qui i euro lordi al mese tratto prevede
lavoratori sarebche la mattina
dalle cinque fino
bero 1.700. “Lavorano nove, dieci mesi l’an- a mezzogiorno devo andare a
no. A volte per molti anni di se- lavorare per un’azienda. Poi,
guito”, spiega Giovanni Gera- giusto il tempo di correre da
ce della Flai Cgil di Mantova, un’altra parte, e dalle due di
dall’Africa o dall’Est Europa.
Carichi di povera gente.
QUALCUNO ci ha provato a ri-
Migranti al lavoro nei campi Ansa
pomeriggio lavoro per un’altra azienda in un campo diverso. Fino alle sette di sera”. Finito? Nemmeno per sogno. “I
due campi possono essere distanti anche trenta chilometri”, aggiunge Aziz, “ma capita
sovente che dopo le sette di sera mi tocca tornare nel primo
campo per controllare l’irrigazione”.
LA VITA di Aziz e di questi
quattromila forzati è tutta qui,
nel confine di un campo.
Dall’alba alla sera. Ma quanto
gli rimane in tasca? “I più fortunati, pochi, sfiorano gli 800
euro lordi. Gli altri navigano
tra i 400 e i 600”, assicura Geraci. E non basta: “Una parte
del guadagno, fino a un euro e
mezzo l’ora, può finire in mano ai caporali”. Che a volte sono dei singoli, ma spesso sono
cooperative, magari bulgare.
Provvedono a viaggi organizzati, pullman che arrivano
bellarsi. A far valere i propri
diritti quando, come capita
spesso, le giornate non vengono conteggiate. Ma è quasi impossibile: c’è sempre il ricatto
del permesso di soggiorno.
Senza il contratto – che dovrebbe essere una garanzia,
ma finisce per essere quasi una
minaccia – te ne torni a casa.
“Qui è un poco meglio che a
Rosarno. Laggiù sono bestie,
noi siamo schiavi”, scrolla le
spalle Seyoum, uno dei pochi
etiopi. E si piega di nuovo a lavorare. Fino a sera. Poi a casa,
se si può chiamare così: alloggi
ai limiti della decenza offerti
dal “padrone” che te li scala
sulla paga. Appartamenti condivisi con cinque, fino a dieci
connazionali. Giusto un letto
per dormire, una sedia per
metterci i vestiti.
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CRONACA
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
PRIMO TRIMESTRE
L’Istat: 242 mila
occupati in più
Soprattutto over 50
PALERMO
» SANDRA RIZZA
Palermo
P
er cacciare Claudio
Martelli dal ministero della Giustizia,
a ll ’indomani della
strage di Capaci, l’ex capo
dello Stato Oscar Luigi Scalfaro avrebbe architettato
quello che Marco Pannella
tra le più grasse risate ebbe a
definire “uno scherzo da
prete”: far credere a Bettino
Craxi che il suo “delfino”
voleva scalzarlo, autocandidandosi alla poltrona di
Palazzo Chigi. Risultato? Il
leader del Psi ci cascò in pieno e non parlò mai più con il
suo vice: Martelli restò in
via Arenula del tutto isolato
e pochi mesi dopo, il 9 febbraio ‘93, trascinato da Licio
Gelli e Silvano Larini nello
scandalo del “conto Protezione”, dovette dare le dimissioni.
NEL PRIMO trimestre del 2016 si registra una crescita di occupati rispetto
all’anno scorso. Il tasso di occupazione, ha certificato ieri l’Istat, è in aumento dello 0,8%,
mentre gli occupati in valore assoluto sono saliti di 242mila unità, pari all’1,1% in più sui primi
tre mesi del 2015. Sul dato influisce la crescita
del tempo indeterminato, che registra 341mila
dipendenti in più, anche se nel 2016, dopo il di-
q
mezzamento degli sgravi contributivi, le assunzioni hanno registrato una brusca frenata.
Ma a trascinare verso l’alto l’occupazione sono
soprattutto gli over 50 al lavoro, che aumentano di 335mila unità, mentre crollano gli occupati tra i 35 e i 50 anni. La spiegazione l’ha
data l’Istat in diversi comunicati: L’inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione,
decisi dall’ultima riforma di Mario Monti ed El-
L’ex Guardasigilli al processo Trattativa: “Scotti e io troppo duri contro la mafia”
no scherzo da prete, va dicendo che vuoi candidarti al
posto del tuo segretario”. La
conclusione? “Craxi si infuriò, Amato mi disse che dovevo rinunciare alla Giustizia, io mi impuntai ma restai
in carica per pochi mesi, del
tutto delegittimato. Volevano toglierci di mezzo”.
E NON È TUTTO. Martelli ha
L'EPISODIO, finora inedito,
lo ha raccontato lo stesso ex
Guardasigilli che ieri
nell’aula bunker di Palermo,
rispondendo alle domande
dei pm del pool Stato-mafia,
ha confermato ancora una
volta il ruolo di “dominus”
attribuito a Scalfaro nelle
manovre per rimuovere sia
lui che l’ex ministro degli Interni Vincenzo Scotti dalla
compagine governativa tra
Capaci e via D’Amelio. Il
motivo? “Avevamo esagerato – ha detto il politico – nel
contrasto a Cosa nostra”.
È una deposizione-fiume,
quella di Martelli, che ricostruisce l'estate degli attentati a Falcone e Borsellino e i
torridi mesi che seguirono:
la dura opposizione scatenata in Parlamento contro il
“decreto antimafia”che istituiva il 41 bis (carcere duro),
il tentativo di impedirne la
conversione in legge, e nelle
settimane successive gli
sa Fornero, ha infatti generato le mancate uscite dal lavoro da parte dei dipendenti più anziani. Quindi per forza di cose devono rimanere
al lavoro. “I numeri dell’Istat riguardano soprattutto i posti a tempo indeterminato, c’è un
record storico – ha commentato il premier
Matteo Renzi – Ma contemporaneamente i lavoratori autonomi e le piccole medie imprese
sono ancora in sofferenza”.
Martelli: “Ci fecero fuori
per il carcere duro”
1992
I protagonisti
di allora: Claudio Martelli,
Oscar L. Scalfaro e il boss
Totò Riina
“Scherzo da prete”
“Scalfaro raccontò
che volevo scalzare
Craxi: lui ci credette e
mi isolò al ministero”
Non solo i carabinieri
“Se un ministro, Conso,
toglie il 41 bis per dare
segnali di distensione,
quali dubbi ci sono?”
scontri con Craxi, le accuse
della P2, fino all’allontanamento da via Arenula e a
quella che ha definito “la sistematica distruzione” di
tutte le iniziative messe in
campo contro la mafia. “Dopo che me ne andai – ha raccontato Martelli – ho visto
giorno dopo giorno smantellare tutte le azioni studiate con Falcone che si erano
rivelate efficaci fino alla cat-
tura di Totò Riina”.
Ma il tema al centro
de ll ’esame è il 41 bis (“lo
scrivemmo a casa mia io e
Loris D’Ambrosio”, ha ricordato l’ex numero due del
Psi), attorno al quale, secondo i pm di Palermo, ruota la
seconda parte della trattativa tra boss e istituzioni nella
stagione che conduce vorticosamente a quello che lo
stesso ex Guardasigilli ha
definito il “cedimento” dello Stato. Tra i primi a manifestare dubbi sul carcere duro, già a pochi giorni dal botto di Capaci, è proprio l’ex
presidente Scalfaro. “Alla
vigilia del varo del decreto
antimafia, il 7 giugno del ‘92,
mi recai al Quirinale con
Scotti – ricorda Martelli –
per spiegare che la norma era urgente e costituzionale.
Ma il presidente si mise a
parlare di politica, chiedendo consigli sul nuovo presidente del consiglio: parlò di
Craxi, di Giuliano Amato e
più volte fece il mio nome,
sembrava volesse darmi
l’incarico”.
Fu poco dopo che lo raggiunse la telefonata di Pannella: “Scalfaro ti ha fatto u-
raccontato le resistenze della Dc, del Pds, e di gran parte
del Parlamento, al 41 bis
(“Non c’era uno che dicesse:
teniamo duro”), ricordando
che senza la strage Borsellino il decreto antimafia non
sarebbe mai stato convertito
in legge. “Se passò – ha spiegato – è perché al Senato imposi la fiducia”.
Ma la linea dura dello Stato ha durata breve. Ed ecco
che il nuovo Guardasigilli
Giovanni Conso fa dietrofront: il 21 febbraio ‘93, fresco di nomina, revoca il carcere duro a Poggioreale e Secondigliano, e alla fine
dell’anno rifiuta di prorogare centinaia di 41 bis per altrettanti boss. E qui Martelli
è sbottato: “La commissione
Pisanu ha escluso la responsabilità politica nella trattativa e si è concentrato su
quella dei carabinieri, ma io
credo che le responsabilità
politiche sono conclamate.
Quando un ministro della
Giustizia dichiara di aver levato il 41 bis a centinaia di
detenuti per dare un segnale
di distensione, che dubbio
c’è?”.
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Sgarbi esalta Corleone per la gioia dei Riina
» GIUSEPPE GIUSTOLISI
Catania
V
a bene che l’antimafia di
questi tempi è un po’ in ribasso, complici le cronache
che raccontano di suoi illustri
esponenti finiti nel mirino dei
giudici, ma Vittorio Sgarbi che
difende l’onore di Corleone (e
della famiglia Riina), paese ingiustamente diffamato, a suo
dire, dai giornali, è un po’troppo. L’ultima intemerata di
Sgarbi è un video su Facebook,
modello Sgarbi Quotidiani
con tanta nostalgia del tubo
catodico, in cui il professore se
la prende con Attilio Bolzoni,
reo di avere raccontato su Repubblica l’inchino del santo, in
processione a Corleone la settimana scorsa, davanti alla casa di Ninetta Bagarella, moglie
del boss Totò Riina. “Bolzoni
Su Facebook “Sull’inchino alla processione diffamata la città”
Il video è condiviso dalla figlia del boss e anche dalla sindaca
sfrutta la mafia facendo il finto
antimafioso e diffama un’intera città, Corleone, che era
sfuggita dall’impronta antimafiosa”, tuona Sgarbi . E giù
contumelie varie.
PER LA VERITÀ Sgarbi ha da
tempo il dente avvelenato con
Bolzoni e lo sottolinea lui stesso ricordando un articolo di
quattro anni fa in cui il giornalista scriveva di uno Sgarbi fresco esule dall’esperienza di
sindaco del Comune di Salemi,
sciolto per mafia, eppure già
pronto a ricandidarsi a sindaco di Cefalù, con la sponsorizzazione di un imprenditore
condannato per mafia. Quel
role c’è una frase sottovalutata
di Riina che dice ciò che io sostengo da sempre e cioè che
Messina Denaro ha fatto i picciuli con le pale eoliche”.
LA PERFORMANCE di Sgarbi
Maria Concetta Riina e, a destra, Vittorio Sgarbi Ansa/LaPresse
Giusi Farinella, detto “Oro colato” e condannato per associazione mafiosa a 4 anni, esponente di una famiglia di rispetto della zona. “Farinella? –
si difende nel video Sgarbi –Era stato in carcere anni prima,
ma nessuno sapeva che avesse
a che fare con la mafia”.
Già la mafia. “La parola ma-
fia serve ad umiliare la Sicilia”,
grida Sgarbi nel video e aggiunge: “La vera mafia è quella
dell’eolico”.
E qui Sgarbi cita come fonte
autorevole del suo assunto
nientemeno che Totò Riina e
l’intercettazione in cui il padrino parlava di un attentato al
pm Di Matteo. “In quelle pa-
»9
ha ricevuto alcune centinaia di
condivisioni. Tra queste quelle della sindaca di Corleone
Lea Savona e di Maria Concetta Riina, che dalle foto pubblicate e dalle info pubblicate sul
suo matrimonio con Tony Ciavarello (anche lui tra gli entusiasti del video che secondo i
pm palermitani avrebbe tentato qualche anno fa di incontrare Matteo Messina Denaro)
sembra proprio la figlia del più
noto Totò. Un assist, quello di
Sgarbi, che la coppia, da qualche anno trasferitasi nel Brindisino, non si è fatta sfuggire.
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LA STORIA
Sanremo,
il vigile
in mutande
fa l’artigiano
I
l vigile in mutande.
Quella fotografia
mentre timbra il cartellino in tenuta non proprio di ordinanza ha fatto
il giro d’Italia. È diventata il simbolo
dell’inchiesta sui
“fu r be tt i
d e l c a rtellino”di
Sanremo.
Ma, dopo
gli arresti domiciliari e il licenziamento, adesso Alberto
M u r a g l i a d e v e r i c ostruirsi una nuova vita. A
cinquantaquattro anni.
E l’inizio si chiama
“Aggiustatutto”, una piccola bottega di artigiano
al piano terra di via Martiri. Siamo nel quartiere
multietnico di Sanremo,
così diverso dal corso del
teatro Ariston. Dal casino.
Qui Muraglia ripara
piccoli elettrodomestici
di ogni tipo, dal tostapane alle affettatrici. “Fare
questi lavoretti è sempre
stata la mia passione. Cosa credete, che mi piacesse andare in giro a fare
mu lte ?”, ha raccontato
Muraglia al Secolo XIX.
In effetti i pm di Sanremo
erano convinti che andare in giro a fare multe non
gli piacesse molto. E anche il Comune che alla fine lo ha licenziato. Ma
Muraglia e il suo avvocato Alessandro Moroni
sono convinti di poter
spiegare tutto: “Chiarirò
ogni cosa. Non ho fatto
nulla di illecito”.
Ma intanto bisogna
pur campare, perché
Muraglia oltre al lavoro è
uno dei pochi che ha perso anche la casa (viveva e
lavorava in un immobile
del Comune, proprio dove fu fotografato a timbrare): “Ho una famiglia
da mantenere e sono otto
mesi che non prendo lo
s t ip e n di o ”, racconta
mentre si mette al tornio
del suo laboratorio artigiano.
“Aggiustatutto, perché buttarlo invece di ripararlo?”, è lo slogan della bottega dell’ex vigile.
Oltre ad aggiustare gli elettrodomestici ora deve
provare a rimettere insieme i pezzi della sua vita.
Intanto l’indagine disciplinare del Comune si
è conclusa: 32 licenziamenti, 98 sospensioni
(da alcune settimane a
sei mesi), 21 sanzioni, 19
rimproveri e 28 archiviazioni.
F.SA.
10 » ESTERI
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
USA ALI, IL SALUTO DEI MUSULMANI
Migliaia di persone si sono radunate ieri a Louisville
per il funerale con rito musulmano di Muhammad Ali, morto il 3 giugno. Fra la folla il reverendo Jesse Jackson; si sono radunate 18 mila persone. La cerimonia
si è tenuta alla Freedom Hall, la stessa struttura in cui
Ali battè Willi Besmanoff nel 1961. Oggi si terrà invece una cerimonia interreligiosa, a cui è attesa la
partecipazione dell’ex presidente Bill Clinton. Ansa
IL CASO
» VALERIA PACELLI
E WANDA MARRA
N
ella faida interna ai
servizi segreti egiziani, da una parte
quelli Militari vicini
al presidente Al Sisi, dall’altra
la Sicurezza Nazionale, non
ci è finito solo Giulio Regeni,
vittima ignara di uno scontro
per il potere. Questo tritacarne sta inghiottendo tutta la
verità, che la famiglia pretende da mesi.
Ieri Repubblica ha rivelato
il contenuto di un lettera anonima che spiega come Regeni, durante la permanenza al
Cairo, sia stato seguito dai
servizi segreti. L’anonimo (il
secondo in questa storia) è arrivato un mese fa anche alla
procura di Roma: il pm Sergio
Colaiocco che indaga sull’omicidio ha aperto un fascicolo a parte. Nella lettera ci sono
dettagli sui pedinamenti di
Giulio riscontrati anche dalle
indagini italiane. Esiste an-
L’arma diplomatica
Roma tiene fermo
il nuovo ambasciatore
per non avallare
la politica di Al Sisi
che un dato politico non secondario: la ricostruzione
dell’anonimo ieri non è stata
smentita da Al Sisi. Con tanto
di conseguenza sui rapporti
Italia-Egitto, già incrinati.
Come dimostra la situazione
dell'Ambasciatore. Dopo che
Maurizio Massari (richiamato per consultazioni) è stato
mandato a Bruxelles per sostituire Carlo Calenda, ora diventato ministro, è stato nominato nuovo ambasciatore,
Carlo Cantini. Che però non
si è insediato. Infatti, la Farnesina non ha neanche avvia-
LA STORIA
Anche la verità su Regeni
vittima della faida tra 007
Nuove rivelazioni su come i servizi del Cairo ostacolano le indagini sulla morte dell’italiano
to le procedure di accreditamento, quelle che, secondo la
prassi, prevedono il gradimento da parte di un governo
straniero. Così, l’Italia mantiene la posizione espressa
con il ritiro di Massari.
Dall’anonimo pubblicato
da Repubblica, emergono altre novità: su Regeni esisteva
un fascicolo della Sicurezza
Nazionale, numero
“333/01/2015” che contiene i
risultati dei servizi di osservazione sul giovane. “Il dettaglio sul numero è troppo
preciso: chi ha scritto o è un
brillante scrittore di gialli o è
qualcuno che le cose le sa davvero”, commenta un investigatore.
NEL FASCICOLO sa re bb er o
state anche formalizzate le
accuse al ricercatore, tra le
quali “spionaggio per conto di
Italia e Gran Bretagna. Istigazione ad assassinare il presidente della Repubblica e autorevoli personalità dello Stato. Istigazione al sabotaggio”.
Nel fascicolo si appunta anche il nome di Whalid, “uno
dei ragazzi conosciuti come i
‘Giovani della Rivoluzione
del 25 gennaio 2011’”, amico
di Regeni. I due si sarebbero
incontrati a pranzo al “Koshary Abou Tarek”. Incontro che
trova conferma anche incrociando i tabulati consegnati
dal Cairo. Sono elementi sui
quali gli investigatori italiani
lavorano da mesi. Il sospetto
tutto da verificare però è sempre lo stesso: ossia che qualcuno abbia tradito Giulio, facendolo passare per la spia
che non era. Senza che questo
debba gettare un’ombra su
Londra: nessuna nuova pista
investigativa nasce dal fatto
che vi siano stati contatti tra
utenze inglesi e egiziane nelle
zone dove Giulio è scomparso
e dove è stato ritrovato. Si trattava solo di messaggi generati
da società informatiche per
l’attivazione di servizi per
smartphone.
Manifestazione davanti all’ambasciata egiziana a Roma LaPresse
USA Il presidente allo scoperto: “In campo per Hillary”
Obama si schiera con Clinton, Sanders:
“Non mi ritiro ma voglio fermare Trump”
“FARÒ TUTTO il possibile per
confermato che guarda a una collaboevitare che Donald Trump divenrazione con Hillary Clinton per sconfigti presidente”. Lo ha detto ieri il candigere Donald Trump, che “sarebbe un didato per la nomination democratica
sastro come presidente”. Sanders ha
Bernie Sanders dopo l'incontro con il
detto di aver parlato con Hillary martepresidente Barack Obama alla Casa
dì, di essersi congratulato con lei per la
Bianca, senza tuttavia annunciare un
sua campagna e di guardare “a come posuo ritiro, insistendo al contrario che
tremo lavorare insieme per sconfiggere
resta in corsa per le primarie a
Donald Trump”. Per Sanders,
Washington DC martedì, le ulTrump “sarebbe un disastro
time, con cui si conclude il procome presidente. È incredibile,
cesso delle primarie. Poche ore
e lo dico con sincerità, che i Redopo il presidente ha dichiarapubblicani abbiano un candito: “Non vedo l’ora di scendere
dato a presidente che nell’anno
in campo e fare campagna per
2016 fa dell’intolleranza e della
Hillary Clinton. Non credo ci sia
discriminazione le pietre miliamai stato nessuno altrettanto
ri della sua campagna. Un canqualificato per quel posto”. Sanders
didato che insulta messicani e
Durante il colloquio Sanders ha e Obama Ansa
latini, donne, islamici”.
q
Londra
opo le bugie e i depistaggi, il fumo di Londra. O meglio di
Cambridge. Perché la professoressa della prestigiosa università
britannica, che aveva mandato
Giulio Regeni al Cairo per una ricerca sui sindacati e il mondo
dell’opposizione ad Al Sisi, si è rifiutata di rispondere alle domande
degli inquirenti italiani e di collaborare con la famiglia? Non è chiaro. La portavoce di Cambridge intanto ha smentito categoricamente quanto denunciato dalla famiglia e dei pm romani che indagano
sulla morte del ricercatore, e cioè
che la professoressa e altri tre docenti si siano rifiutati di rispondere e di collaborare con la magistratura italiana. “Quanto scritto dalla
stampa italiana semplicemente
non è vero. L’università supporta
Fumo di Londra: le domande senza risposta
e l’anno sabbatico della tutor di Giulio
le autorità investigative italiane su questo
fatto orrendo, siamo aperti a ogni collaborazione e vogliamo aiutare le autorità a cercare la verità per Giulio
Regeni e la sua famiglia”.
rispondere o meno alle
domande degli inquirenti italiani. Se l’è fatte
mandare e solo in seguito ha deciso di non
incontrare i magistrati.
Il Times ha parlato anche con un’altra fonte
(sempre anonima) secondo la quale è stata
l’Università di CamL’UNICA cosa certa, al Maha Abdelrahman
bridge su indicazione
momento, è che l’egiziana Maha Abdelrahman, tutor di dei suoi legali a decidere di aspetRegeni per il suo PhD, nota per es- tare una richiesta formale, probasere una oppositrice del regime di bilmente una rogatoria internaAl Sisi, si è presa un periodo sab- zionale, prima di acconsentire a ubatico. Pare un anno, ma la fonte na testimonianza formale. E ha aguniversitaria che ha dato la notizia giunto che “Maha e Giulio erano
al Times non l’ha specificato. La molto vicini e lei ha aiutato la fastessa fonte (anonima) ha anche miglia fin dall’inizio”. Inoltre, didetto che all’inizio era indecisa se cono, Cambridge non è stata poco
MA TORNIAMO all’anonimo.
Ad un certo punto, stando a
quanto dice il quotidiano, il
fascicolo su Regeni sarebbe
stato “trasferito dalla Sicurezza Nazionale ai servizi segreti Militari” perchè il generale che precedentemente lo
seguiva era parente alla lontana di quel Whalid. Il nuovo
supervisore sarebbe quindi
un generale denominato “il
Boia”.
Si acuisce così lo scontro
tra i due servizi di intelligence, con il giovane come ostaggio inconsapevole. Finchè
“all’alba del 3 febbraio - riporta l’anonimo – i servizi militari consegnano il cadavere di
Regeni alla Sicurezza Nazionale ordinando di affrettarsi a
seppellirlo nella quartiere 6
ottobre”. Ordine non eseguito: Regeni viene trovato senza
vita lungo l’autostrada per di
più con un indizio, una coperta militare. L’Egitto a questo
punto cerca di chiudere il caso addossando la colpa ad una
banda criminale uccisa durante un conflitto a fuoco. Ennesimo depistaggio che non
ha mai convinto Roma.
Le date
Giulio Regeni
arriva al Cairo
da
Cambridge
nel settembre
2015 per una
ricerca su
lavoratori
e sindacati
25
gennaio
La sera
del 5°
anniversario
delle rivolte
contro
Mubarak il
28enne viene
sequestrato
mentre si
reca a un
appuntamento
3
febbraio
Il corpo
torturato
del giovane
friulano
viene
ritrovato
lungo
la strada
Il CairoAlessandria
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cambridge Fonte anonima al Times smentisce la “mancata collaborazione”
» CATERINA SOFFICI
D
LIBIA JIHADISTI ISIS CIRCONDATI A SIRTE
Le forze navali libiche hanno il “pieno controllo della
zona costiera di Sirte”, e i jihadisti dell’Isis “non potranno fuggire via mare”. Lo annuncia il comandante della Marina, Rida Issa. L’offensiva è stata affiancata da una serie di bombardamenti aerei che hanno centrato il quartier generale dell’Isis. Secondo
alcune fonti i miliziani si stanno ritirando dopo che
le forze fedeli al governo hanno sfondato le difese.
collaborativa, tant’è che i genitori
di Regeni sono stati ospiti lo scorso
fine settimana proprio al Girton
College (dove Giulio studiava) durante “una visita privata per partecipare a una commemorazione
tenuta in suo onore”.
Basta questo per mettersi la coscienza a posto? Basta invitare i genitori per una cerimonia in memoria di uno studente mandato in un
paese pericoloso, senza troppe
precauzioni? È solo un diverso approccio, in stile britannico, per cui
le procedure sono più importanti
della sostanza? Oppure questo
comportamento da parte di Cambridge è omertoso e vuole nascondere qualcosa? Troppe domande
rimangono senza riposta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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CRONACA
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
IL DELITTO NEL VERONESE
Uccide la ex compagna
a pugnalate:
terzo caso in 48 ore
AVEVA 46 ANNI, Alessandra
Maffezzoli, la maestra elementare,
uccisa la notte scorsa dal suo ex convivente, di 53 anni, di Caprino Veronese. L’omicidio è avvenuto a Pastrengo, in provincia
di Verona. La donna, secondo la ricostruzione dei carabinieri, è stata pugnalata ripetutamente dall’uomo e colpita alla testa
con un vaso. È la terza donna uccisa in Italia
q
in appena 48 ore. Dopo aver compiuto l’omicidio, Maffezzoli, barista, si è allontanato in macchina. Mentre le pattuglie dei carabinieri lo stavano già cercando è arrivata
alla centrale la segnalazione del portiere di
un albergo di Castelnuovo che ha riferito
della presenza di un uomo che si aggirava
con fare sospetto nella struttura turistica.
Sembra che prima di essere bloccato dai
Il Corpo forestale
toglie a Roma
la Riserva violata
di Castel Fusano: stop al cemento del resort Capitol
» GIAMPIERO CALAPÀ
V
ittoria per gli ambientalisti. Il ministero dell’Ambiente ha commissariato
l’oasi sotto tutela di 26 ettari di Castel Fusano, violata per
costruire tra i pini un mega villaggio turistico con bungalow per
cinquemila posti letto, bar, ristorante e centro commerciale. Cemento sul verde della Riserva naturale del litorale romano, a pochi
chilometri da Ostia, con l’assenso
di dirigenti di Campidoglio e Re-
gione Lazio coinvolti in inchieste
della magistratura e l’ombra di
Mafia Capitale. Tutto denunciato
dal leader dei Verdi Angelo Bonelli con un esposto in Procura (i
pm hanno aperto un’inchiesta). E
raccontato dal Fatto il 28 maggio,
la stessa data delle minacce ricevute sul pianerottolo della sua casa di Ostia proprio da Bonelli, con
un pacco contente un fegato di animale.
È il 2003 quando la Sil Campeggi di Salò chiede di poter realizzare una struttura imponente nel-
militari Maffezzoli abbia tentato di suicidarsi gettandosi nel lago. Portato in caserma dopo essere stato rintracciato, Maffezzoli ha confessato l’omicidio: “La discussione è degenerata e ho perso il lume
della ragione per un attimo. È come un interruttore acceso che si è staccato per pochi minuti”, ha detto davanti ai magistrati.
La scheda
LA STORIA
Comincia nel
1996 con la
tutela posta
dal ministero
sulla Riserva
del Litorale
romano. Con
una serie di
discutibili iter
amministrativi
Campidoglio e
Regione Lazio
consentono le
costruzioni.
Il “Fatto” ne
scrive il 28
maggio:
ora lo stop
del ministero
n
Il ministero dell’Ambiente commissaria l’oasi protetta
L’oasi violata Il 1° giugno il servizio di Agorà su Rai3
la pineta di Castel Fusano, sotto
tutela per decreto del ministero
dell’Ambiente dal 1996. I lavori
del “C a p i t ol ” cominciano nel
2007: 4.430 metri quadri costruiti
in più rispetto alla possibile riqualificazione delle strutture leggere
già esistenti, il 250 per cento in
più. Dopo un sopralluogo dei vigili
urbani viene tutto sequestrato,
ma nel 2008 arriva il parere favorevole del Dipartimento Ambiente del Campidoglio. Nel 2012 si riparte con i lavori grazie a Roma
Capitale che accoglie la perizia
della Sil: le cubature in eccesso –
accetta il Comune – erano dovute
alla “realizzazione di servizi igienici” per i 5 mila possibili clienti.
NEL 2011 arriva anche la Valutazione d’impatto ambientale della
Regione Lazio: rimangano in vigore le misure di salvaguardia
dettate dal decreto del Ministero
dell’Ambiente, “tuttavia secondo
il disposto della Giunta comunale
del 10 novembre 2000 l’area del
Capitol è classificata con un livello di tutela orientata alla promo-
» 15
zione economica e sociale, che
prevede un minor livello di tutela”. Qui c’è il paradosso della Regione che preferisce illegittimamente riferirsi a
un dispositivo
del Campidoglio e non al decreto del ministero dell’A mbiente.
NEL 2013 è il Municipio di Ostia a
sottoscrivere nero su bianco:
“Non sono stati rilevati lavori edilizi in corso, né è emerso nulla
di rilevante da riscontrare”. Come se la colata di cemento per il
mega-resort non esistesse. Alla
vigilia dell’estate 2016 il Capitol è
ormai quasi completato e accetta
le prenotazioni, ma con l’azione
della Procura di Roma le cose
cambiano e il 28 maggio – giorno
dell’articolo del Fatto Quotidiano
e del pacco-minaccia a Bonelli –il
Municipio di Ostia, commissariato per mafia, blocca i lavori edili ancora in esecuzione. Adesso, a vent’anni dal decreto che imponeva la tutela massima per la
Riserva, si ridesta anche il ministero dell’Ambiente commissariando l’oasi protetta e consegnandone la gestione al Corpo forestale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16 »
P G
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
iazza rande
Un sistema che incita
a studiare una tantum
Sono un professore di liceo ed ecco
quanto ho scritto al ministro dell’Istruzione: “Ho un alunno che non
ha studiato per tutta la prima parte
dell’anno. Gli hanno detto che tanto non serve, che quelli che contano sono i voti del secondo quadrimestre. I suoi compagni, che ne sono al corrente come lui, si son fatti
ugualmente lo scrupolo di studiare...Deve sapere che questo fenomeno si sta diffondendo: sempre
più ragazzi registrano che i programmi da svolgere nella prima
metà dell’anno possono essere agevolmente bypassati. E la cosa diventa imbarazzante soprattutto in
occasione degli Esami di Stato.
Questo ragazzo, infatti, è in quinta
liceo. Significa che incombe uno
scrutinio in cui decidere se ammetterlo o meno alla Maturità. E siccome “il primo quadrimestre non vale”, ho il forte sospetto che mi tocchi ammetterlo, nonostante appunto l’enorme lacuna. Voglio dire, lo ammettiamo all’esame, questo ragazzo, sì? Perché vede, se lei
non sistema questo “problemino di
interpretazione” circa gli effettivi
doveri scolastici dei nostri studenti, se lei non fa un po’ di luce su una
questione come questa che, dopotutto, sembra non interessare né i
genitori, né gli alunni come il nostro eroe, né – a quanto pare – molti
dei miei colleghi insegnanti... Beh,
a questo punto mi domando con
quale credibilità lei possa continuare a lamentarsi in giro del basso
livello della scuola italiana rispetto
a quelle del resto d’Europa. Perchè
la nostra scuola, ministro, ormai è
in saldo, che lo si dica o no. Perché
da noi, per ottenere un diploma, rispetto agli altri stati è sufficiente
studiare a metà.
mente predisposta dall’antifascismo di facciata della prima repubblica. Ieri come oggi, l’antifascismo
autentico costituisce l’anima e lo
spirito della Costituzione e della
Repubblica. Al referendum di ottobre, i partigiani faranno ancora risuonare la propria voce sempre più
forte e decisa.
Buona notizia: nessuna via
“Almirante” a Roma
Il trionfo della Raggi ha spazzato
via l’indecente proposta di intitolare un vicolo di Roma ad Almirante.
I cittadini romani con il loro voto
hanno così onorato le vittime del
fascismo e del terrorismo stragista
di matrice neofascista. Come è giusto che sia, finisce nella pattumiera
della storia colui che in qualità di
capo di gabinetto della repubblica
di Salò firmò ordini di fucilazione
dei partigiani. Un curriculum arricchito anche dell’incriminazione
per favoreggiamento aggravato degli autori della strage di Peteano
nella quale persero la vita tre carabinieri. Sfuggì a una sicura condanna grazie alla amnistia opportuna-
Politici come allenatori,
elettori come tifosi
Devo muovere una critica nei confronti dei politici che ricorrono a
metafore calcistiche per descrivere i più svariati argomenti all’elettorato. Prendo come esempio la dichiarazione di Giachetti per la corsa al Campidoglio: “Adesso ripartiamo da zero, come se fossimo arrivati alle finali Champions League
dopo aver vinto i preliminari”. Più
in generale, sono convinto che le
persone che ascoltano riescano a
capire benissimo, anche temi più
complessi, senza il bisogno di richiamare il calcio. Pare proprio
che noi italiani non riusciamo a fare a meno di mettere sempre tutto
sul piano del tifo da stadio, affron-
PIERO RATTO
A DOMANDA RISPONDO
Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected]
FURIO COLOMBO
La nuova idea europea
per fermare i migranti
CARO COLOMBO, pensa e ripensa, i governi europei as-
sociati hanno avuto un’idea: il problema migranti si risolve se i migranti non ci sono. Si riuniscono per decidere che ”li aiutiamo a casa loro”. Era l’idea originaria
della Lega, ricordate? Un buon xenofobo prima di tutto il
forestiero lo vuole lontano. Poi si vedrà.
VIRGINIA
LEGGETE LE NOTIZIE su questa nuova proposta che sta
per passare dal summit dei governi al Parlamento europeo (che è noto per non avere preso alcuna iniziativa,
neanche verbale, sulle migliaia di morti in mare degli
ultimi giorni) e vi domandate come sia possibile una
simile assenza di conoscenza e informazione delle zone
del mondo da cui proviene questa massa in fuga. Le
notizie delle Nazioni Unite (stranamente omesse in
gran parte delle cronaca europea) è che le quattro regioni da cui “partono” (ma è molto meglio dire: fuggono) migliaia di profughi ogni giorno sono la Siria,
l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, oltre a Kurdi, Yemeniti e
gruppi perseguitati di tutte queste regioni. E, in Africa,
riguardano Paesi sconvolti da guerre civili, persecuzioni sanguinose di minoranze, leader feroci e bande
armate in sistematica e continua attività come le bande
di Boko Haram. Oltre a Paesi da anni senza governo
(come la Somalia e la Libia) o con governi pronti ad
applicare la pena di morte ai profughi che venissero
MAURIZIO BURATTINI
restituiti, come Eritrea, Etiopia, Ciad, Congo. Eppure
vi accade da un lato di ascoltare queste proposte come
vere e serie. E dall’altra l’obiezione non è mai che molti
Paesi europei hanno avuto per anni programmi di cooperazione con i Paesi poveri ma li hanno tagliati ai primi segni di crisi. L’obiezione è di tipo padano: “prima gli
italiani”,“prima i polacchi”. Che vuol dire nessuno. Dovrebbe fare da modello, per capire la madornale infondatezza dell’idea “aiutiamoli a casa”, la situazione in
Afghanistan. In quel Paese, sia per vivere che per morire, l’Occidente ha speso cifre enormi, paragonabili solo alla seconda guerra mondiale. L’Afghanistan, con i
suoi finti governi, è tuttora un Paese ferito a morte e
sull’orlo di ricadere nelle mani dei Talebani, a ogni cenno di ritiro di truppe mandate per fare una guerra che
tuttora non finisce. Stupisce, ma anche scandalizza la
mancanza di esperti, per sapere ogni volta di chi e di che
cosa si parla, l’incapacità dei governi di copiare gruppi
di intervento medico come Emergency e Medici senza
Frontiere, l’assenza dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. Chiamare “piano europeo” l’idea di
lanciare manciate di soldi nel vuoto è umiliante anche
solo come spunto di discussione.
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42
[email protected]
tando ogni argomento con la fede
dell’ultras. Montanelli nel suo libro sulla storia di Roma, scriveva:
“Forse uno dei guai dell’Italia è
proprio questo: di avere per capitale una città sproporzionata, come nome e passato, alla modestia di
un popolo che, quando grida “Forza Roma!” allude soltanto a una
squadra di calcio”. Cambieremo
poco o nulla di questo Paese con
questo modo di pensare.
SIMONE PERBONI
Renzi, lanciafiamme
e opposizione interna
E vai! Ora Renzi vuole usare il lanciafiamme contro i suoi oppositori
interni. Ma così non li elimina di
certo! Gli occorre anche la fiamma
ossidrica, la motosega, il gatto a nove code e il waterboarding per farli
giurare di non mettergli più i bastoni fra le ruote. Che stupidi gli altripolitici a non averci mai pensato!
Eppure, chissà quanti avrebbero
voluto una appagante dittatura ma
non trovavano l’idea giusta. Infine,
per il popolo non più sovrano, bastano un paio di razzi al napalm.
LETTERA FIRMATA
DIRITTO DI REPLICA
Parlando di reddito di cittadinanza
Bruno Tinti, confonde sostanzialmente il reddito di cittadinanza universale ed incondizionato proposto per via referendaria in Svizzera, con il Reddito di Cittadinanza
condizionato proposto in Italia dal
M5S. Si tratta, infatti, di due provvedimenti completamente differenti che nulla hanno a che vedere
l'uno con l’altro. Il Reddito di cittadinanza proposto in Italia dal
M5S è un reddito non diretto indistintamente a tutti, come era stato
proposto in Svizzera, ma diretto
solo a coloro che vivono sotto la soglia di povertà. Ne consegue, dunque, che mentre l'importo proposto in Svizzera è di 2.500 franchi
(2.250 euro al mese) quello proposto in Italia dal M5S è strettamente
legato alla soglia di rischio di povertà che è stata quantificata dall'Istat in 780 euro per il singolo individuo. Il costo della proposta di
legge da noi presentata è stata
quantificato espressamente dall’Istat in 14,9 miliardi di euro e non in
circa 400-500 miliardi come è stato erroneamente indicato da Bruno
Tinti. Inoltre, contrariamente a
quanto scritto da Tinti, sono state
già individuate e positivamente vagliate dalle Commissioni competenti le relative coperture finanziarie individuate dal M5S per mettere in atto il reddito di Ccittadinanza in Italia. Inoltre, a differenza
della proposta referendaria bocciata in Svizzera, il reddito di cittadinanza da noi proposto è un reddito condizionato. Per poter percepire il beneficio è indispensabile
che l'individuo si renda subito disponibile alla formazione ed al lavoro, non potendo rifiutare più di 3
proposte lavorative, pena la perdita immediata del beneficio. Bisogna precisare, infine, che la proposta da noi avanzata esiste già in tutti
i paesi dell’Europa, tranne che in
Grecia e, purtroppo nel nostro Paese. Anziché avanzare pur legittime
critiche senza conoscere e approfondire le proposte nel merito, è arrivato il momento di contribuire ad
alimentare un dibattito costruttivo
sull'argomento. Ci ringrazieranno
circa 10 milioni di persone che oggi
in Italia vivono sotto la soglia di rischio di povertà.
NUNZIA CATALFO
vicepresidente Commissione Lavoro
Movimento 5 Stelle Senato
Nanni Delbecchi rileva che Porta a
Por ta avrebbe dimenticato di festeggiare gli 80 anni di Pippo Baudo. La responsabilità non è nostra.
Nell’imminenza del compleanno
ho telefonato a Pippo per dirgli che
saremmo stati felici di celebrarlo.
Lui ha detto che questa telefonata,
che metteva fine a una lunga e sgradevole incomprensione, era il miglior regalo di compleanno che potessimo fargli. Ma ha aggiunto che
voleva “dimenticare” l’anniversario. “Se si celebra un ottantenne in
attività – ha aggiunto Pippo – il
compleanno è una festa. Ma poiché
non ho alcuna prospettiva di lavoro, rischia di trasformarsi in un necrologio anticipato”. Aspettiamo
perciò che Pippo torni prestissimo
al lavoro in Rai per averlo di nuovo
felicemente tra noi.
BRUNO VESPA
Ringrazio Bruno Vespa per la precisazione. L'inventore delle “Serate d’onore” è
diventato davvero un altro uomo, se preferisce non apparire in TV. Resto tuttavia
dell’avviso che Porta a Porta avrebbe potuto dedicare ugualmente uno spazio agli 80 anni dell’anchorman che fa tutt’uno con storia della Rai, anche per chiarire che ogni incomprensione era archiviata. Poteva essere un regalo di compleanno perfino migliore della telefonata.
Nanni Delbecchi
PROGRAMMITV
08:00 Tg1
08:25 Che tempo fa
08:27 Unomattina Estate
10:40 Rai Player
10:45 Reef Doctors
11:30 Don Matteo 6
13:30 Tg1
14:05 Estate in diretta
15:35 SOAP Legàmi
16:26 Previsioni sulla viabilità
16:27 Che tempo fa
16:30 Tg1
16:40 Estate in diretta
18:45 Reazione a Catena
20:00 Tg1
20:30 Campionati Europei
di Calcio 2016 Francia Romania
23:14 Tg1 60 Secondi
23:20 Il grande match
00:40 Tg 1
03:00 Cinematografo
09:25
09:30
10:30
11:20
12:10
13:00
13:25
14:00
14:03
15:35
16:15
17:45
18:20
18:50
20:30
21:10
22:40
23:30
23:45
01:40
Rai Player
Tg2 Insieme
Summer Voyager
Il nostro amico Charly
La nostra amica Robbie
Tg2
Il caffè degli Europei
Gocce di Giallo
Marie Brand e l'ultimo giro sulla giostra
Elementary
Operazione fuoco incrociato
Parlamento Telegiornale
Tg 2
N.C.I.S. Los Angeles
Tg2
Body of Proof
The Good Wife
Tg2
Dark Tide
Appuntamento al cinema
06:00
08:00
10:00
11:00
11:55
12:00
12:45
14:00
15:00
15:50
17:35
19:00
19:30
19:51
20:00
20:10
20:35
21:05
23:05
RaiNews24
Agorà
Mi manda RaiTre
Elisir
Meteo 3
Tg3
Pane quotidiano
Tg Regione
La casa nella prateria
La signora della porta accanto
Geo Magazine 2016
Tg3
Tg Regione
Tg Regione Meteo
Blob
Roma. I giorni di Parigi
Un posto al sole
Santi, Mistiche e Apparizioni
Radici l'altra faccia dell'immigrazione
06:05 Tg4 Night News
07:55 Hunter VI
08:55 Bandolera VI
09:45
10:45
11:30
11:58
12:00
13:00
14:00
15:32
15:57
18:55
19:36
19:53
19:55
20:30
21:15
00:30
02:50
03:27
Carabinieri 2
Ricette all'italiana
Tg4
Meteo.it
Detective in Corsia
La Signora in Giallo
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Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
NORDISTI
L’INSOLITA INNOCENZA
DEL SEN. MARGIOTTA
L
unedì 7 marzo 2016
tutti i senatori Pd applaudono Salvatore
Margiotta: la Cassazione ha detto che il
reato di corruzione (200.000
euro dati o promessi per favorire
l’aggiudicazione all’imprenditore Ferrara di un appalto per la
costruzione del Centro Oli Total
in Basilicata) non sussiste. Luigi
Zanda, capogruppo, si dichiara
felice che Margiotta, che si era
autosospeso dal partito, “sia ora
a tutti gli effetti un senatore Pd”.
Qualche giorno prima Renzi aveva dichiarato (in un intervento alla scuola di formazione del
Pd) “Sono fiero di poter dire, caro Salvatore, bentornato nel
Pd”. Tutto giusto, parrebbe: lecito giubilo per l’a da ma nt in a
condotta di uno dei nostri, finalmente riconosciuta dalla Suprema Corte. Invece no: un’ipocrisia disgustosa, anche se consueta.
Margiotta è un senatore lucano. Il 17 dicembre 2008 rilascia
un’intervista ad Antonello Caporale suLa Repubblica: “L ei
ha preso soldi”?
“Mai, in nessun caso, in nessuna circostanza”.
“Onorevole Margiotta, se lei mettesse
una buona parola”.
“Più o meno di questo credo si tratti”.
“Alzi la mano chi
non ha offerto una parolina di buona amicizia”.
“Bravo. Al Sud le
frequentazioni poli-
L
e elezioni amministrative di domenica
scorsa hanno avuto
un significato politico che va ben oltre il
risultato nei singoli comuni. E
questo, a mio avviso, anche prescindendo dal risultato finale
che verrà dai ballottaggi. Un significato che porta con sé anche
alcune valutazioni sullo stile
della politica di Matteo Renzi,
su come ha fatto politica in questi anni e come la farà nel tempo
a venire.
Molti si sono impegnati a descrivere il presente del Partito
democratico, come appare oggi, completamente in balia del
ceto politico renziano: un partito senz’anima, ci dicono alcuni e oramai assai distante da ogni riferimento a sinistra, lontano dai cittadini più bisognosi
e sensibile invece alle richieste
di chi vive i centri storici delle
città. Un partito ancora teso ad
allargare a destra i suoi attuali
alleati di governo.
A QUESTO PARTITO, si diceva fi-
no alla vigilia delle elezioni, non
c’è alternativa. Oggi la storia è
un’altra. Non c’è almeno per ora
un’alternativa che parta da pezzi di partiti della vecchia sinistra, e nemmeno, io credo, dalla
minoranza del Pd che è rimasta
nel partito e ogni tanto emette
sospiri per dar prova di una inesistente vitalità.
» BRUNO TINTI
tiche sono intessute di questi
rapporti. Parlo con tutti e di tutto”.
“Facciamo un’ipotesi, solo
un’ipotesi. Mettiamo il caso che
qualcuno le abbia detto: onorevole...”.
“È successo”.
“Ma in modo amabile”.
“È potuto anche capitare.
Quando me ne accorgo mi tiro
immediatamente indietro”.
Che si sia tirato indietro la
Corte d’Appello di Potenza è
convinta di no. Si incontrarono,
lui e Ferrara una domenica di inverno, il 16 dicembre del 2007, in
mezzo alla neve; nemmeno i lupi
giravano per Potenza quel giorno. Ma una casa, uno studio professionale... Sì c’erano ma non
volevo disturbare la famiglia, era domenica... Di che parlarono?
Mah. Però in casa di Ferrara i CC
avevano messo le cimici. E, il 21
dicembre, il nostro racconta a una sua amica – tale Zippo – di aver incontrato per discutere
dell’appalto una persona a cui aveva detto “...Salvato’, io voglio il
lavoro, lo voglio. Io ti devo portare 200 mila euro il giorno in cui
mi assegnano definitivamente e
tu lo sai come sono io...”.
E chi è Salvato’? Un imprenditore, uno di Roma...
CONDANNATO a Potenza, Mar-
giotta approda in Cassazione
che, in effetti, lo assolve perché
non di corruzione si tratta ma
forse di traffico di influenze:
Margiotta non ricopriva cariche
pubbliche connesse con l’appalto del Centro Oli (per questo non
può parlarsi di corruzione che è
reato proprio del pubblico ufficiale); però avrebbe potuto avvicinare i colleghi per
dire una “parolina di
buona amicizia” (copyright Caporale).
Forse... Allora è vero
che è innocente, che
non ha fatto nulla. No,
è vero il contrario. Solo che la pena per il
traffico di influenze è
minore della corruzione e andrebbe rideterminata. Da chi?
Dalla Corte d’Appello
di Potenza a cui dovrebbe rinviarsi il
processo. Non è cosa
sensata – secondo me
– e neanche giuridicamente corretta. Ma
lo hanno fatto per
RENZI RACCOGLIE
IL DESERTO
CHE HA SEMINATO
» SANDRA BONSANTI
Ma sarebbe un errore o una
grave deformazione interpretativa se volessimo sostenere che
in Italia non accade qualcosa di
nuovo: forze e movimenti e sin-
ma, come farà a ritrovarla e a farci credere d’esser sincero? Come farà a convincere i suoi elettori che questa volta non sta facendo propaganda?
L’anima del Pd
persa inseguendo il potere
LA FORTEZZA
d el l ’uomo solo,
Un partito in balia del ceto usando uno stile
che mal si sposa
politico del leader:
con questioni
che riguardano
un partito senz’anima,
lealtà, trasparene oramai assai distante da za, amore per la
libertà, apertura
ogni riferimento a sinistra verso i dissenzienti, rispetto
del pluralismo e
gole personalità che si stanno delle opinioni altrui… questo
formando proprio per smentire anche appartiene all’anima di
quella inevitabilità del renzi- un partito. Ed è su questi valori
smo a cui sembrava fossimo de- della dignità e della fiducia che
stinati.
crescono le radici. Ma quell’alIn questo senso la storia è dav- bero ora va seccandosi…
vero inesorabile: nessuno è davAlcuni commentatori (penso
vero e per sempre insostituibile. a Ezio Mauro, ad esempio) rifaFacciamocene una ragione.
cendo la storia di Matteo Renzi,
Un partito che ha perso l’ani- ci ripete oggi che tutto ciò che ha
» 17
Peschiera Borromeo
Dove il Pd
querela le notizie
Berlusconi nel processo Mediaset...
Comunque è inutile farlo in
questo caso perché, nel 2007,
quando Margiotta e Ferrara si
incontravano e Ferrara raccontava di aver detto a Salvato’: io il
lavoro lo voglio, ci sono 200.000
euro pronti, il traffico di influenze ancora non era previsto da una
legge come reato. Lo sarà solo nel
2012, con la legge Severino.
Insomma, se i fatti contestati a
Margiotta fossero stati penalmente irrilevanti, la Cassazione
si sarebbe limitata a una sentenza di assoluzione (come in effetti
recita il dispositivo); se ha sentito il bisogno di chiarire che una
rilevanza penale invece potrebbero averla ma che il relativo reato allora non era previsto dalla
legge, segno è che la strombazzata innocenza è dovuta solo a un
colpo di fortuna.
Va bene cosi. Habent sua sidera lites, i processi hanno un loro
destino, diceva Calamandrei. E
Margiotta è stato giustamente
assolto (dal reato di corruzione;
e anche da una turbativa d’asta).
Però, e capisco che la domanda è
di un’ingenuità, non si poteva evitare di celebrare il martire? Gli
è andata bene, il Pd aveva fatto la
sua bella figura quando il nostro
si era autosospeso, alle prossime
elezioni lo avrebbero ricandidato con fedina penale pulita, intanto stipendio e privilegi nessuno glieli levava, sempre al Gruppo Misto o a NSC (ogni tanto ha
cambiato casacca) era iscritto:
un po’ di senso della misura, di
dignità, di intelligenza politica
non sarebbero state opportune?
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fatto lo ha fatto all’insegna della
legittimità.
Mi permetto di obiettare che
non ci fu nulla di veramente “legittimo” nelle primarie che vinse dopo quelle perse con Bersani, quando anche cittadini di destra decisero di presentarsi a votarlo.
E NON CI FU NULLA di autenticamente “legittimo” in quell’assalto a Palazzo Chigi preparato
con l’inganno del presidente del
consiglio Letta.
E non ci è stato nulla di veramente “legittimo” nel modo con
cui è stato gestito il dibattito
parlamentare sulla riforma Boschi, attraverso i famosi canguri, impedimenti al dibattito, sostituzione di parlamentari dissenzienti.
Così come non è “legittimo”
cercare di vincere il referendum
tenendo tutto un Paese in balia
del ricatto: o così o l’abisso.
Questi e molti altri sono i passaggi nei quali si è persa l’anima
del Pd. Essi sono stati accompagnati dalla crescente indifferenza nei confronti di valori fondamentali come la lotta alla corruzione che non serve a nulla proclamare se non la si pratica a partire dalla scelta dei compagni di
governo.
Alternative ci possono essere
e ci saranno: basta cominciare a
crederci.
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» GIANNI BARBACETTO
C’
è un piccolo Comune alle porte di
Milano che è andato al voto, come
tanti, domenica scorsa. È Peschiera Borromeo, 23 mila abitanti a sud della
città. Quella di Peschiera è una storia minore, se volete, ma che ci dice
molto su come funziona la
politica italiana e che dunque vale la pena di raccontare. Al primo turno,
il Pd locale, guidato
dall’ex sindaco Luca Zambon, è stato battuto da un
paio di liste civiche, Peschiera
Bene Comune e Peschiera Riparte, guidate
da Caterina Molinari, una ragazza di 33 anni. Clamoroso. Caterina ottiene 3.628 voti,
Zambon 3.066. Uno dei motivi della sconfitta del Pd è l’affare Bellaria. Era il 2007
quando il ras locale del partito nonché assessore all’Urbanistica, Silvio Chiapella,
vicino all’allora presidente della Provincia
di Milano Filippo Penati, scodellò una bella
operazione immobiliare: case, un asilo e un
parco da costruire su un’area agricola a ridosso dello stabilimento Mapei, quello
dell’ex presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Il piano è in violazione della
normativa urbanistica, anche perché l’area
è sottoposta “a rilevanti rischi d’incidente”.
La giunta successiva, di centrodestra,
blocca il piano lasciato in eredità dal Pd.
Sente odore di bruciato e manda un esposto alla Procura della Repubblica. Segue
inchiesta giudiziaria, che viene archiviata
nel novembre 2014, ma attenzione: solo
per prescrizione. Vicenda chiusa, dunque, ma non bene per i suoi protagonisti: il
decreto d’archiviazione elenca i nomi dei
consiglieri comunali che hanno fatto approvare l’illegittimo piano Bellaria; e racconta di 29 milioni di euro fatti artificiosamente sparire in un’operazione estero
su estero, dopo “una complessa speculazione che ha consentito alla Immobiliare
Santillo di realizzare plusvalenze per un
valore pari a oltre 42 milioni di euro, a seguito di operazioni su terreni acquistati
come agricoli e, una volta divenuti edificabili, venduti a First Atlantic Real Estate,
Sviluppo Edilizio srl, Cooperativa San
Giuseppe e Cooperativa Dante”. Tutto o
quasi sanato dalla prescrizione e da un
provvidenziale scudo fiscale, ma comunque una brutta storia.
INTANTO, NEL 2014, il Pd torna alla guida
della città, con sindaco quel Luca Zambon
che si è ricandidato domenica scorsa. Il 2
giugno 2016, ilfattoquotidiano.it racconta
la storia dell’inchiesta Bellaria e soprattutto rivela il contenuto del decreto d’archiviazione sparito. Sì, perché il giudice lo firma il 25 novembre 2014 e lo manda anche
al Comune di Peschiera, tornato a guida
Pd. Ma nessuno se ne accorge: il documento resta infrattato in qualche cassetto e viene protocollato in sordina oltre un anno
dopo, appena prima della caduta della
giunta Zambon. Come mai? Zambon, interpellato dagli autori dell’articolo del Fatto, risponde: “Non ne ho la più pallida idea,
non mi occupo di questioni burocratiche,
bisognerà chiedere agli uffici competenti”.
A questo punto, i sostenitori delle due liste
civiche per Caterina sindaco diffondono
l’articolo del Fatto, per far finalmente conoscere ai loro concittadini il contento del
documento infrattato.
Vincono le elezioni e andranno al ballottaggio con Zambon. Ma questi, con tutto
il Pd locale, s’infuria e minaccia buffe e impossibili querele a chi ha raccontato i fatti
o addirittura a chi li ha volantinati in città.
È come denunciare per diffamazione l’edicolante. Sentite che prosa, l’esilarante
volantino firmato Pd: “Il Partito democratico ha denunciato il signor Marco Righini
dal momento che è stato colto in flagrante
mentre distribuiva l’articolo in oggetto
nella frazione di Mozzate”. Titolo: “Ora
basta!”. Sì, speriamolo davvero: ora basta.
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18 » ECONOMIA
VICEMINISTRO ALL’ECONOMIA
Zanetti: “Il capo
dell’authority di Borsa
deve dimettersi”
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
FINORA nessuno, al governo, era
stato così esplicito. Ora però il vice-ministro dell'Economia, Enrico Zanetti, ha suggerito al presidente della Consob, Giuseppe Vegas, di “fare un passo indietro”, cioè di dimettersi: “Va preservata
la credibilità delle istituzioni come la Consob e a volte questo avviene anche facendo passi indietro. Non andandosene Ve-
q
gas danneggia l'istituzione”. Lo ha detto
intervenendo ieri mattina alla trasmissione Agorà. Il tema era quello della vigilanza
sui prodotti finanziari e dunque sul risparmio, il principale dei compiti della Consob. È da domenica sera che su questo
punto - sollevato dagli articoli del Fatto
Quotidiano - il dibattito si è infiammato,
dopo che la trasmissione Report ha mo-
strato un documento del 2011 che segnalava come Vegas avesse ordinato agli uffici di far eliminare dai prospetti delle obbligazioni bancarie gli “scenari di probabilità”che permettevano agli investitori di
conoscere appunto le probabilità di perdere quanto investito. Con Etruria & C. sono andati in fumo 350 milioni di bond subordinati.
Imprese beffate: l’esproprio
facile non estingue il debito
Fiducia sul “decreto banche”. Gli istituti si prenderanno gli immobili senza
passare dal giudice. E se la stima è più bassa, il debitore paga la differenza
L
a beffa per le imprese passa col voto di fi- eccezione per la prima casa) senza passare dal
ducia, chiesto e ottenuto dal governo. Il de- giudice con il cosiddetto “patto marciano”: bacreto banche esce dal Senato con 169 voti fa- sterà inserirlo nei contratti di finanziamento,
vorevoli e 70 contrari (M5S, Sel, Lega e Fi) e ap- anche quelli già in essere, con l’ok del debitore
proda alla Camera, dove verrà approvato senza (e si intuisce quale forza contrattuale può avere
nei confronti dell’istituto di
modifiche.
credito). Quando licenziò il teIl testo ottiene il via libera
con alcune novità previste dal Governo smentito
sto, il 29 aprile, Palazzo Chigi
maxi-emendamento governa- Disse il contrario
indorò così la pillola del patto
tivo e una retromarcia clamomarciano: “Qualora il valore
del bene sia inferiore al debito
ros sugli espropri facili alle a- quando lo approvò
residuo, il debitore non dovrà
ziende. Premessa: nel settore Ai truffati di Etruria
corrispondere nulla al credibancario ci sono 200 miliardi
di crediti ormai inesigibili, solo l’80% del rimborso tore”. Tutto bene? No, perché
dal testo si evince l’esatto conmessi a bilancio al 43% del loro
trario: se la stima del bene - fatvalore. Gli istituti devono cederli a un prezzo che non li dissangui, e per que- ta da un perito “super partes” nominato dal tristo serve tagliare i tempi per escutere gli im- bunale - è inferiore al debito, questo non si emobili posti a garanzia. Dopo avergli permesso stingue, e l’impresa debitrice dovrà pagare la
di farlo con le case acquistate col mutuo, il go- differenza. Una beffa che decine di emendaverno consentirà alle banche di espropriare an- menti - tutti respinti su input del governo - hanche gli immobili ipotecati dalle imprese (fatta no provato a eliminare stabilendo che il debito
L’INTERVISTA
» CARLO DI FOGGIA
G
li interessi dei risparmiatori sono passati
in secondo piano, a
beneficio dei vigilati ”. Salvatore Bragantini –
commissario Consob dal 1996
al 2001, quando partecipò alla
“Commissione Draghi” che
ha stilato il Testo Unico della
Finanza – osserva preoccupato lo scandalo che avvolge
l’autorità di Borsa, col suo presidente, Giuseppe Vegas, sotto accusa dopo la rivelazione
di una lettera interna che riferiva del suo ordine dato a voce agli uffici di spingere le banche a non inserire gli scenari
probabilistici - che davano la
probabilità di perdere l’investimento - nei prospetti, o a toglierli se l’avevano già fatto.
Vegas ha commesso un errore togliendoli?
Sì. Ciò detto, gli scenari sono,
appunto, probabilistici, non
danno esiti sicuri. Sono però
algoritmi che le banche utilizzano per stabilire a che condizioni emettere i bond. Levandoli, si è tolto un elemento
di giudizio importante.
Perché?
Un esempio su tutti: il famoso
“c onv er ten do” della Banca
popolare di Milano ai tempi di
Massimo Ponzellini. Dopo
che la banca li inserì, su richiesta della Consob, quasi
nessuno più lo sottoscrisse.
Poteva accadere anche con
le 4 banche salvate, dove sono andati in fumo 350 milioni in bond subordinati?
Guardi, il vero tema è un altro:
venisse estinto in ogni caso.
Nulla da fare. Vale la pena di
ricordare che dietro ci sono famiglie e aziende in crisi. La
maggioranza ha concesso solo
di allungare da 6 a 9 i mesi che
dovranno decorrere dopo 3 rate non pagate - anche non consecutive - per subire l’espro- Retromarcia Il ministro Pier Carlo Padoan Ansa
prio. I mesi possono arrivare a
12 per chi ha restituito almeno l’85% del pre- i bond subordinati delle 4 banche maldestrastito. Resta anche il “pegno mobiliare non pos- mente salvate a novembre. Il tetto di 35 mila eusessorio”che l’imprenditore potrà fare sui beni ro sarà calibrato sul “reddito complessivo”,
mobili dell’impresa: se non paga, la banca glieli cioè quello Irpef che esclude le rendite finanfarà usare finchè non deciderà di prenderseli. ziarie e l’anno di riferimento sarà il 2014, invece
Restano anche gli altri punti che fanno a pezzi del 2015. Chi non accetta il rimborso dell’80%
il tradizionale favor debitoris della normativa dovrà affrontare l’arbitrato Anac. Con il crac di
Etruria, Marche, Carife e Carichieti sono anitaliana, a vantaggio delle sole banche.
Il decreto licenziato ieri poi - secondo la vul- dati in fumo 350 milioni di bond in mano a
gata ufficiale - allarga “di molto”anche la platea 10.500 clienti. Per le associazioni dei consumadei truffati di Etruria & C. che potranno acce- tori e dei truffati il decreto è un “imbroglio”.
CDF
dere al rimborso dell’80% di quanto perso con
Bragantini L’ex commissario: “Serve uno scatto d’orgoglio: una verifica interna sull’operato dell’autorità”
“La Consob di Vegas
ha tutelato le banche
più che i risparmiatori”
Chi è
Nato a Imola
nel 1943,
si è laureato
con lode
in Economia
all'Università
Statale
di Roma
nel 1967.
È stato
commissario
Consob dal
1996 al 2001.
Ha fatto
parte della
“commissione
Draghi”
he ha scritto
il testo unico
della finanza
la spinta per vendere prodotti
a clienti che non li dovrebbero
comprare. Molti avrebbero
sottoscritto ugualmente quei
titoli, perché rassicurati dai
dipendenti in filiale, a sua volta forzati a farlo dalla banca.
Certo, la probabilità espressa
dagli scenari sarebbe stata di
forte perdita, e qualcuno si sarebbe salvato, ma la questione
è che nella regolamentazione
finanziaria sono in conflitto
due esigenze, la tutela dei risparmiatori – di cui è responsabile la Consob –e quella della stabilità delle banche, che
spetta alla Banca d’Italia. In
questo caso, come in altri verificatisi dopo la crisi del
2008, ha prevalso la “legge
marziale di stabilità” rispetto
all’esigenza di trasparenza e
correttezza. La Consob di Vegas ha subìto la legge marziale.
Cioè ha fatto gli interessi dei
vigilati?
Le banche avevano l’esigenza
di assicurarsi i finanziamenti,
ma dovevano farlo rispettando le regole, invece le hanno
forzate. Consob, consentendogli di non mettere più quegli scenari, non ha tutelato a
pieno i risparmiatori.
Vegas dice che non c'è mai
stato l’obbligo degli scenari.
bilità grave?
Vegas dice che i prospetti
C’era una buona prassi, ed è contenevano tutti i rischi, non
stata cancellata. È inutile far- c’è motivo di non credergli. Il
la lunga.
problema è il collocamento
D eve d i m e t“forzato” agli
tersi?
sportelli della
L’Autorità è retstessa banca che
ta da una Comli emetteva. La
missione, di cui è Lo scandalo
r es po n sa b il it à
solo il primus in- Un errore togliere
prima è dell’eter pares. Deve
mittente; ma in
presenza di veri e
poter lavorare gli scenari
bene; la fiducia di rischio. Nei casi propri atti di dinel suo operato
sperazione delle
non va danneg- di Etruria & C.
banche, Consob
giata da questa i controlli fatti a
non ha controllastoria. Spetta alto o lo ha fatto sola Commissione buoi già scappati
lo quando i buoi
tutta decidere
erano scappati.
come evitarlo.
Non serve un iÈ normale che la Consob ab- spettore in ogni filiale, ma
bia consentito collocamenti controlli e sanzioni tempestidi bond subordinati allo ve, non dopo anni.
sportello?
Questi strumenti sono adatti a
risparmiatori sofisticati, capaci di monitorare il rischio di
credito. Qui siamo in presenza di collocamenti massicci a
persone ignare persino della
natura dei titoli: bond ad alto
rischio e mal prezzati. Hanno
venduto in gran quantità al retail prodotti adatti solo a investitori ben attrezzati.
La Consob ha una responsa-
E adesso?
L’Autorità, vigilante del mercato a tutela del risparmiatore, non è retta solo dal presidente ma da un collegio di 5
persone. Mi auguro abbia uno
scatto d'orgoglio guardando
anche al proprio interno, analizzando a fondo il comportamento di tutti, dal presidente
al collegio, agli uffici.
Va riformata?
Basterebbe che lavori seria-
Controllore
Il presidente
della Consob
(dal 2011) Giuseppe Vegas
Ansa
mente come collegio di persone competenti che si occupano di mercati finanziari.
Bankitalia ha responsabilità
in quel che è avvenuto?
Il suo imperativo è sempre
stato la stabilità. I risultati ex
post sollevano molte domande, anche per i rilevanti effetti
collaterali. La fiducia dei depositanti è un bene prezioso:
può evaporare in una notte.
Cosa pensa del bail-in?
Sono d’accordo con Visco: sono stati tolti gli strumenti
d'intervento nazionali, senza
che fossero pronti quelli Ue.
Ma la normativa è stata contrattata dalle stesse autorità attuali.
S’impara dall’e s pe r ie n za .
Forse ne abbiamo sottovalutato la portata, magari pensando all'assicurazione unica
sui depositi, che non c'è. Piuttosto il problema è che la regola del bail-in presuppone
che il risparmiatore sia informato sullo stato della sua banca, ma visti i vincoli di riservatezza dei regolatori, questa
possibilità è preclusa. Non c'è
trasparenza ed è una contraddizione grave. La disaffezione dei risparmiatori è un fenomeno mondiale.
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ECONOMIA
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
INSIDER
RENZI SPONSORIZZA
GALLIA PER UNICREDIT
» INSIDER.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
,
IL CDA DI UNICREDIT ieri ha approvato l’identikit del cacciatore di teste Egon Zehnder per selezionare il nuovo amministratore delegato dopo la cacciata di Federico
Ghizzoni. Una liturgia inutile che serve a dare
tempo alla vera partita tra gli azionisti. Nella
quale si è infilato il premier Matteo Renzi. Già a Natale
scorso aveva cercato di intercettare Mario Greco, in
uscita dalle Generali, chiedendogli di andare al posto
di Ghizzoni. Adesso Renzi sta facendo arrivare
insistenti segnali ai piani alti del grattacielo milanese di Unicredit per sponsorizzare la scelta di
Fabio Gallia, il banchiere che proprio il Cuccia di
Rignano ha messo l’estate scorsa alla guida operativa di Cassa Depositi e Prestiti. Il colosso
pubblico, a cui Renzi vorrebbe affidare un ruolo decisivo nella futura politica economica e industriale è paralizzato da mesi dal conflitto senza tregua tra Gallia e
Ilva, salvacondotto perenne:
immunità pure a chi la compra
L’ultimo decreto: il termine del piano ambientale sarà spostato. Lo stato s’accolla i prestiti
cordata potrà chiedere di modificare il piano ambientale e
far slittare l’ultimazione dei
lavori “per un periodo non superiore a 18 mesi”. Insomma i
cittadini di Tamburi, al di là
dei proclami, rischiano di continuare a respirare le polveri
nocive fino al 31 dicembre
2018. “Tale termine – si legge
ancora nel decimo decreto
“Salva Ilva” - si applica altresì
ad ogni altro adempimento,
prescrizione, attività o intervento di gestione ambientale e
di smaltimento e gestione dei
rifiuti inerente Ilva spa in amministrazione straordinaria e
le altre società da essa partecipate anch’esse in amministrazione straordinaria e sostituisce ogni altro diverso
termine intermedio o finale
» FRANSCESCO CASULA
I
Taranto
mmunità per i nuovi acquirenti, lo Stato che paga
prestiti e bonifiche, la limitazione del ruolo
dell’Ispra e l’allungamento
dei tempi per la realizzazione
del piano ambientale su richiesta degli acquirenti. C’è
questo e molto altro nel testo
del decimo decreto “Salva Ilva ” approvato lo scorso 31
maggio dal Governo nel quale
l’esecutivo ha gettato la maschera confermando che per
lo stabilimento di Taranto saranno gli italiani a pagare prestiti e bonifiche mentre la cordata che deciderà di rilevare
lo stabilimento siderurgico
ionico potrà rilanciare la produzione e modificare il piano
ambientale anche a danno
dell’ambiente e della salute di
cittadini e di operai. Ecco i
punti principali.
IL SALVACONDOTTO. Il testo
prevede di estendere l’immunità concessa ai commissari
nominati dal Governo anche
ai nuovi acquirenti: fino a
qualche giorno fa, i commissari e lo staff funzionalmente
delegato a mandare avanti la
fabbrica erano esenti da responsabilità penali e amministrative per fatti collegati alle
“condotte poste in essere” per
attuare il piano ambientale,
ma con il nuovo decreto legge
questa sorta di salvacondotto
si estende anche ad “affittuario o acquirente”e quindi ai loro funzionari delegati. Insomma, se qualcosa dovesse andare storto nelle operazioni di
IL COMMENTO
Impunità Lo stabilimento Ilva di Taranto Ansa
ammodernamento della fabbrica, i vertici della nuova cordata e i loro delegati non potranno essere perseguiti dalla
magistratura. Non solo. Anche il nuovo acquirente è autorizzato “in ogni caso” a continuare la produzione: l’inquinamento e il superamento di
livelli emissivi non potranno
essere utilizzati dalla magistratura per bloccare la fabbrica. Allo stesso modo sarebbero inutili i rilievi sulla violazione delle norme di sicurezza a danno degli operai.
I PRESTITI. L’articolo 1 del de-
creto emanato per “perfezionare il procedimento per il
trasferimento a terzi delle attività aziendali del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria” prevede che non sia
più “l’aggiudicatario” a resti-
I punti
1
Dopo i
commissari,
anche i nuovi
acquirenti
avranno
l’immunità
penale
2
Lo stato
s’accolla 300
milioni di euro
di prestiti
d’emergenza.
Per gli altri
si va al 2018
tuire i prestiti erogati dallo
Stato per consentire all’Ilva di
sopravvivere fino a giugno
(300 milioni), ma l’amministrazione straordinaria. Il
nuovo testo di legge, infatti, afferma che “l’amministrazione
straordinaria del Gruppo Ilva,
provvede, anteponendolo agli
altri debiti della procedura, alla restituzione dell’importo erogato dallo Stato”. Inoltre i
tempi di restituzione di tutti
gli altri prestiti (400 milioni)
si allungano fino al 2018.
L’ISPRA. Il termine ultimo di
realizzazione di tutte le misure previste dall’Autorizzazione integrata ambientale, come
ad esempio la copertura del
parco minerali, è fissata per il
30 giugno 2017, ma questa data potrà variare su richiesta
dei nuovi acquirenti: la nuova
» 19
il presidente Claudio Costamagna, che non si trovano
d’accordo su niente. A Unicredit si sarebbero presi volentieri Costamagna, un peso massimo del settore con
l’esperienza internazionale che serve in un gruppo
bancario articolato in decine di Paesi. Ma Costamagna
non ha nessuna voglia di prendersi un impegno così
gravoso. In pole position c’è Gallia, che però non entusiasma gli azionisti Unicredit: finora ha guidato solo
la Bnl, filiale italiana del colosso france Paribas.
Statali, la Cassazione:
niente Fornero resta
il vecchio articolo 18
Mercato del lavoro tripartito: il privato
con la legge di Monti e i neoassunti col
Jobs act. Pa con lo statuto dei lavoratori
» ANDREA CARLO MAGNAGHI
I
che non sia ancora scaduto alla data di entrata in vigore del
presente decreto, previsto da
norme di legge o da provvedimenti amministrativi comunque denominati”. Insomma
carta bianca ai nuovi compratori sul da farsi in fabbrica. Infine, questo nuovo provvedimento del Governo, trasforma
il ruolo dell’Ispra: da organo di
controllo che esprime pareri
sostanzialmente vincolanti a
organi consultivo.
l verdetto della Corte di Cassazione è
chiaro: i dipendenti della pubblica amministrazione rimarranno tutelati dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. I cambiamenti introdotti dalla Riforma Fornero
nella regolamentazione dei licenziamenti
non si applicheranno dunque ai dipendenti
della PA. Questo è il contenuto della sentenza n. 11868 della sezione Lavoro che va
a confermare quanto già più volte sostenuto dalla ministra Marianna Madia. La ministra si è espressa in tal senso sin dallo
scorso anno, nonostante una precedente
sentenza della Cassazione andasse in direzione contraria. È molto
probabile a questo punto
che il verdetto della Cassazione diventi parte del
prossimo testo unico del
pubblico impiego. Il risultato della sentenza contribuisce ulteriormente a
segmentare un mercato
del lavoro dove diversi regimi convivono allo stesso La Corte Ansa
tempo. Questa segmentizzazione si risolve nella divisione tra impiego nel settore pubblico e privato. Nella PA
le condizioni di licenziamento rimangono
quelle previste dalla Statuto dei Lavoratori, con la riassunzione prevista in caso di
licenziamento illegittimo. Per quanto riguarda l’impiego nel settore privato, questo viene regolato dalla Legge Fornero per
quanti sono stati assunti a tempo indeterminato prima del Jobs act, e dal Jobs act per
i neoassunti. Ai primi, in caso di licenziamento per motivi economici, viene corrisposto un indennizzo che va da un minimo
di dodici a un massimo di ventiquattro
mensilità e se il giudice ritiene infondate le
giustificazioni addotte dal datore di lavoro,
è possibile il reintegro. Per i neo-assunti è
esclusa la possibilità di riassunzione ed è
solo previsto un indennizzo economico, in
base a quanto previsto dal Jobs act.
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Licenza d’inquinare
Carta bianca ai nuovi
compratori sul da farsi
L’Ispra diventa un
istituto “consultivo”
Lo sconforto di Draghi Dopo le misure straordinarie, la Bce ammette che la leva monetaria non basta
CARI POLITICI, FATE QUALCOSA ANCHE VOI
» STEFANO FELTRI
A
ncora un po’ e gli analisti pagati per decodificare il linguaggio
oscuro dei banchieri centrali
dovranno cercarsi un altro lavoro. Perché Mario Draghi,
presidente della Bce, è sempre
più esplicito: “Se le altre politiche non sono allineate con
la politica monetaria, l’inflazione rischia di ritornare al livello obiettivo (2 per cento annuo, ndr) più lentamente”.
Traduzione: non è colpa della
Bce se a maggio i prezzi sono
scesi dello 0,1 per cento e in
tutto il 2016 aumenteranno
soltanto dello 0,2.
La banca centrale, dice
Draghi, ha fatto davvero
“whatever it takes”, tutto il
necessario per salvare l’euro e l’economia europea, come promesso nel celebre discorso
del luglio 2012.
Tassi di interesse azzerati o
negativi per costringere le banche
a prestare soldi alle imprese, finanziamenti straordinari per garantire liquidità,
acquisto di titoli di Stato e simili per oltre 80 miliardi al
mese e – da mercoledì – anche
di obbligazioni emesse da aziende. Col risultato, secondo
i dati di Dealogic citati dal Financial Times, che ad aprile e
maggio le emissioni di corporate bond hanno fatto un bal-
zo a 21,7 e 19,7 miliardi. Il doppio
che a gennaio.
Ma non è
mai arrivato il
momento
“whatever it
t a ke s ” per la
politica, a livello nazionale ed
europeo. Nella sua
diagnosi sintetica,
quasi violenta, Draghi individua due ragioni di quel contesto che rallenta l’efficacia
degli stimoli monetari. La prima è un po’ sorprendente:
l’austerità. Dopo il 2010, dice,
molti Paesi hanno reagito alla
perdita di fiducia sulla tenuta
dell’euro con un rapido consolidamento fiscale, tagli di deficit e debito fatti “soprattutto
con aumenti delle tasse invece
che con tagli alla spesa corrente”. Ma tagliare la spesa,
almeno in Italia, si è dimostrato quasi impossibile, con i
sacrifici che si sono scaricati
sempre su sanità, dipendenti
pubblici e trasferimenti agli
enti locali (che quindi poi aumentavano le tasse).
L’altro bersaglio di Draghi
è il fallimento della governance europea e l’assenza di decisioni efficaci. “Le imprese
che non riescono ad avere le
idee chiare sull’ambiente in
cui dovranno operare comprensibilmente rinviano o abbandonano i loro piani di investimento”.
Le ricette di Draghi sono
più vaghe, forse perché non ritiene compito della Bce dare
l’agenda ai governi e alle isti- “Fate qualcosa, presto, pertuzioni europee. Forse perché ché io non ce la faccio da solo”.
di buone idee in circolazione L’alternativa è pronta, ed è il
non ce ne sono. Aumentare la metodo auspicato dalla Bunpr od ut tiv it à,
desbank tedeinvestire sul
sca di Jens
Weidmann:
capitale umarimuovere eno (istruzione,
gli effetti delle
f o r m a zi o n e ) ,
politiche
s c u o t e r e u n Gli errori
straordinarie,
po’ l’economia
e u r o p e a d a l sull’austerità
tornare al clisuo torpore in (troppe tasse) e la
ma del 2011,
modo che le
con i mercati
imprese inno- paralisi di Bruxelles
che mettono
vative riesca- impediscono di
sotto pressiono a trascinane i Paesi ad
re verso la cre- battere la deflazione alto debito e
scita quei pezbassa crescita
zi di sistema
sp ing en dol i,
che vivacchiano nelle loro nic- se non cambiano, al default. E
chie protette.
poi sarà selezione naturale.
Il messaggio però è chiaro:
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20 » ESTERI
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
BELGIO AMICI DEI NAZISTI CON LA PENSIONE
Migliaia di belgi che durante la Seconda Guerra
mondiale collaborarono con il regime nazista anche
nelle persecuzione contro gli ebrei ricevono ancora
la pensione dalla Germania. A denunciarlo è stata
un’associazione di cittadini, con una petizione in cui
si chiede di porre fine a questo scandalo. All’indignazione del gruppo si è unito il ministro federale
belga per le pensioni, Daniel Bacquelaine. Ansa
REGNO UNITO JIHADISTA COI SOLDI DI PAPÀ
Sono stati accusati di complicità in atti di terrorismo i genitori di Jack Letts, il ventenne di Oxford
partito per la Siria e indicato con il nomignolo di
Jihadi Jack, primo "jihadista bianco" britannico unitosi all’Isis. John e Sally Letts sono comparsi in tribunale: si sono dichiarati non colpevoli negando
che le migliaia di sterline inviate al figlio siano state
usate per finanziare lo Stato islamico. LaPresse
Volo di Stato per “sequestro
dello scafista sbagliato”
Aperto un fascicolo dopo l’arresto del rifugiato eritreo (presto scarcerato)
scambiato per il re dei trafficanti. Testimoni: lui è in Libia non in Sudan
Dopo l’Intifada dei coltelli, quella del mitra
Israele sospende 83 mila permessi d’ingresso
» ROBERTA ZUNINI
K
» MICHELA A. G. IACCARINO
E ANTONIO MASSARI
S’
è trattato di un vero e
proprio sequestro di
persona. Non c’è dolo, certo, ma per negligenza o per colpa lo Stato italiano ha arrestato in Sudan
la persona sbagliata: non si
trattava del “generale” Medhane Yehdego, super-trafficante di esseri umani, ma di
Medhanie Tesfamarian, 28
anni, rifugiato in attesa di imbarcarsi per l'Italia. L’operazione è stata realizzata con
l’aiuto della National Crime Agency britannica, i servizi segreti inglesi, e in base ad alcune indiscrezioni - per ora non
smentite né confermate –
l’uomo arrestato dallo Sco
della polizia di Stato potrebbe
essere addirittura un informatore dei britannici. Se così
fosse, oltre ad aver sbagliato obiettivo, l’Italia avrebbe addirittura bruciato una preziosa
fonte in contatto con gli inglesi.
Medhanie Tesfamarian è
stato estradato in Italia con un
volo di Stato. Il pasticcio è talmente grave che ha scatenato
l’ira di Angelino Alfano e di
Andrea Orlando visto che, a
parte la pessima figura internazionale, il ministeri dell'Interno e della Giustizia sono
pesantemente coinvolti nel
sequestro in questione. E non
si tratta solo di coinvolgimento politico, internazionale e
diplomatico. L'apertura di un
fascicolo d'indagine, su un sequestro di persona conclamato, è un atto dovuto e quindi la
procura di Roma è già al lavoro. Coinvolti nell'indagine i
due ministeri, gli agenti e i dirigenti della Polizia di Stato
che hanno materialmente
Tel Aviv come Parigi,
i terroristi uccidono
a caso: 4 morti, 3 arresti
“Il generale”
Medhanie Berhe sbarca
dall’aereo
di Stato. Sopra
il trafficante
Medhane Ansa
Operazione delicata
L’uomo portato
in Italia dopo indagini
compiute insieme
ai servizi britannici
preso l’uomo sbagliato.
Per non parlare dell’immagine di un’inchiesta che, dopo
aver preso spazio su tg, radio e
giornali di tutta Europa, ottenendo il merito di aver catturato la primula rossa del traffico di esseri umani, passerà
alla storia per aver sequestrato un innocente. Se non addirittura un prezioso informatore.
Perché Medhane è il nome
di un trafficante del mare e
della morte che i profughi africani conoscono bene. Specialmente gli eritrei: dei
70mila arrivati in Europa,
13mila sono partiti dopo i suoi
pedaggi, le sue prigioni, i suoi
natanti fatiscenti.
Ma “non è Medhanie”. La
smentita è partita da una giornalista svedese d’origine eritrea, Meron Estefanos, contattata da almeno 400 persone che sostenevano che quella
non era la faccia dello smuggler che gestisce la tratta d’Africa. Estefanos che ha intervistato il trafficante a telefono
in precedenza, ha dichiarato
al quotidiano Af to n bl an de t
che l’uomo estradato non è uno dei più grandi trafficanti eritrei. “Nessuno come Medhane è diventato così grande
in poco tempo”, ha detto al
Guardian. La smentita è confermata dalla Bbc, che ha diffuso una foto fornita da Fshaye Tasfal, 42 anni, suo cugino.
Tesfamariam “è una persona
buona, non può esser coinvol-
to in niente del genere”. Il suo
nome originario è Kidane, ha
lasciato Asmara, capitale d’Eritrea dove è cresciuto, nel
2014 e attendeva di partire dal
Sudan, dove è invece stato arrestato un mese fa.
Anche un sopravvissuto
della strage del 3 ottobre
smentisce. “Solo il trafficante
Eremias Ghebray è responsabile di quella tragedia insieme
alle barche che ci videro affondare senza aiutarci al largo di Lampedusa. Medhane
da quello che sento dire dagli
ultimi arrivati, non è in Sudan
ma in Libia, l’unico Paese in
cui può nascondersi. È colpevole anche del traffico verso il
Sinai, Egitto. Lavora con il
gruppo Rashaida, nomadi che
vivono al confine con l’Eritrea, che mandano gli eritrei
dai bodow, i beduini in Egitto
per raggiungere Israele”.
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haled Mohammed
Mahamra e Mohammed Ahmad Mahamra,
cugini ventenni di Yatta,
una cittadina dei Territori
Occupati palestinesi vicino a Hebron, sono gli attentatori – insieme con un
terzo complice – che hanno aperto il fuoco sui clienti del Serona market nel
cuore di Tel Aviv, uccidendo 4 persone e ferendone
16. Ancora non è stato accertato se gli assassini indossassero il pastrano nero e il cappello tipico degli
ebrei ortodossi per sfuggire ai controlli o giacca e
cravatta per sembrare meno sospetti. Resta il fatto
che sono riusciti a muoversi indisturbati con le
armi nascoste sotto i vestiti in una zona sensibile della capitale amministrativa
israeliana, a poca distanza
dal ministero della Difesa.
Il cui neo-titolare, il controverso falco Avigdor
Lieberman, che la settimana scorsa ha preso il posto
del moderato Yaalon, ha
subito dichiarato: “Non mi
fermerò alle parole. Ma ora non intendo parlare delle misure che vogliamo assumere”.
IL MINISTRO, leader del
partito ultranazionalista
Yisrael Beitenou, residente in una colonia dei Territori, ha ordinato all’esercito di mandare due battaglioni dell’esercito in Cisgiordania e ha fatto revocare 83 mila permessi ai
palestinesi per entrare a
Gerusalemme a pregare
sulla spianata delle moschee dove sorge Al- Aqsa,
in occasione del Ramadan.
Uno solo dei due terroristi
è rimasto ferito non grave-
mente dopo un inseguimento tra i tavoli dei tanti
ristoranti e bar, mentre gli
altri due sono in carcere.
Subito dopo l’at t en ta to ,
l’esercito ha bloccato tutte
le entrate e le uscite dal villaggio, salvo che per i casi
umanitari e i familiari dei
due cugini sono stati già interrogati.
Tra i parenti ci sono alcuni esponenti di spicco di
Hamas, ma, secondo i padri dei cugini e il sindaco
della cittadina, non sono
membri del movimento islamista che controlla Gaza, piuttosto ragazzi frustrati. Abu Mazen, ha condannato la strage sostenendo che “l’assassinio di
Poliziotti a Sarona Ansa
civili inermi non può essere giustificato e tollerato
qualunque siano le ragioni
che hanno mosso gli attentatori”. In un tweet, invece,
Ismail Haniyeh leader di
Hamas ha scritto: “Gloria e
saluti agli autori della sparatoria”.
“La bolla”, come viene
chiamata Tel Aviv per la
sua movida che attrae turisti da ogni parte del mondo, non è ancora scoppiata,
ma la dolce vita che i suoi
abitanti hanno condotto fino a un anno fa, sembra ormai un ricordo lontano.
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SECONDO TEMPO
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
» 21
Cultura | Spettacoli | Società | Sport
Secondo Tempo
Globi d’oro, vince Jeeg Robot
Un Banksy diventa museo
Roma Pride, Asia madrina
Il film di Mainetti vince come miglior
film, prevalendo su “Perfetti
sconosciuti” di Genovese, comunque
premiato come miglior commedia
Il nuovo museo d’arte contemporanea
di Amsterdam ha aggiunto alla
propria collezione “Heart Boy”.
L'opera pesa due tonnellate
Asia Argento ha accettato l’invito
a essere la madrina del Roma Pride
2016 e sarà presente sabato in parata.
Lo annunciano gli organizzatori
QUI PARIGI
Maxischermo
e “fan zone”
in piazza
contro la paura
C
» GIAN PAOLO ORMEZZANO
Pillola
NADAL
SALTA WIMBLEDON
Rafael Nadal
salterà Wimbledon, il terzo Grande
Slam stagionale in programma su
campi in erba, per problemi al polso. Lo ha annunciato tramite il proprio profilo
Facebook:
“L’infortunio
di cui ho sofferto al Roland Garros
necessita
di tempo
per guarire”.
n
i spupazzavamo ancora masochisticamente lo scandalo
“speleologico”, in giù, del calcio azzurro per la sconfitta
contro la Corea del Nord al
Mondiale 1966 in Inghilterra,
e dunque provammo qualche
pudore nel godere sadicamente troppo per lo scandalo
“alpinistico ”, in su, quello
dell’Europeo 1968 pro nobis,
quando vinse l’Italia in Italia.
Perché in quel torneo la prima
finale contro la Jugoslavia fu
giocata malissimo e però fu
“giocata” benissimo per noi
dall’arbitro svizzero Dienst
(svizzero-tedesco, in lingua
germanica d i en s t vuol dire
“servizio”), che impose ai nostri nemici abbastanza storici
l’1 a 1 negando un paio di rigori
e soprattutto interpretando
pro nobistutto il match. Gli jugoslavi erano arrivati allo
scontro decisivo battendo eroicamente per 1 a 0 l’Inghilterra campione del mondo.
L’ITALIA OTTENNE di ospitare
la fase finale (semifinali e finale) grazie alla cardinalizia forza internazionale del presidente Figc Artemio Franchi,
che si allenava alle mene del
calcio pilotando il palio della
sua Siena. Erano i settant’anni
della federazione e l’Italia non
ospitava un grande torneo dal
1934, anno del primo successo
mondiale degli azzurri di Vittorio Pozzo.
Quella in Italia fu la terza edizione dell’Europeo, cominciato nel 1960 su idea del dirigente francese Henry Delaunay e vinto dalla Spagna e poi
(1964) dall’Urss. Noi eravamo
arrivati ai quarti di finale eliminando Cipro, Svizzera e Romania. Poi Italia avanti sulla
Bulgaria, 2 a 3 a Sofia e 2 a 0 a
Napoli. Quindi partite tutte in
Italia: a Napoli caldissima (5
giugno, c’era ancora l’estate)
semifinale contro l’Urss: 0 a 0
dopo i supplementari. Niente
rigori allora, il regolamento diceva sorteggio, e sorteggio fu.
Lanciata dall’arbitro tedesco
Tschencher, la monetina riuscì a restare “in piedi”, grazie a
una piccola scanalatura del
pavimento dello spogliatoio .
La monetina rilanciata disse Italia. La Smorfia impazzì con
San Gennaro eccetera. Finale
a Roma l’8 giugno.
Il citì era Valcareggi Ferruccio detto zio Uccio, un falso
mite che infatti due anni dopo
sarebbe arrivato alla semifinale thriller del Mondiale 1970 in
Messico, 4 a 3 sulla Germania,
ed alla finale contro il super-
» LUANA DE MICCO
N
1968, tutti ai piedi
di Riva, Anastasi
e del signor Dienst
Brasile, 4 a 1 per i sudamericani di Pelè. Rispetto alla formazione che bene o male aveva liquidato la Bulgaria, Valcareggi per l’Urss aveva cambiato poco: Bercellino I della Juventus al posto di Guarneri
dell’Inter. Già si sapeva che
Dino Zoff avrebbe parato tutto
o quasi, non si pensava che il
debuttante Anastasi e i vari
Mazzola e Rivera e Prati non
avrebbero segnato.
Non c’erano le sostituzioni,
Rivera dopo appena due minuti si infortunò da solo e prese
a zoppicchiare. Domenghini,
il migliore dei nostri, prese il
palo su gran tiro da lontano, i
sovietici fecero poco nulla, alla
fine la monetina quasi quasi ci
rese giustizia.
Per la finale del 10 zio Uccio
La Coppa
In alto, il capitano Giacinto
Facchetti con
il trofeo. Sotto,
la semifinale
Italia-Urss
a Napoli
Olycom/Ansa
fu spinto ad osare. I giornalisti
Per vedere quei due insieme
erano assai influenti allora, e si dovette attendere appunto
su tutti pontificava Gianni la finale bis del 10 giugno (non
Brera, superstite a quel se stes- era previsto il sorteggio anche
so che due anni prima, al Mon- del titolo), dopo l’1 a 1 di due
diale in Inghilterra, aveva an- giorni prima confezionato da
nunciato per iscritto che se l’I- Dienst (pareggio di Domentalia fosse stata eliminata dalla ghini su punizione a 10’ dalla
Corea del Nord avrebbe la- fine), con esclusione in avanti
sciato il mestiere. Per fortuna dei più esperti ma più stanchi
il Grande Pavese era ancora lì, Juliano, Lodetti e Prati, a pro
a sponsorizzare
appunto di Riva,
con altri (rarissiAnastasi e De Simi erano in lui gli
sti, e dietro di
empiti offensiviFerrini e Salvastici) l’innesto in La semifinale
dore a pro di Roformazione del L’unico successo
sato e del rienr el a ti v am e nt e
trante Guarneri.
nuovo Gigi Riva, azzurro finora.
L’arbitro spache stava final- Decisive furono
gnol Ortiz de
mente bene e lui
Mendibil non ci
aveva battezzato la monetina del
trattò male, anzi,
Rombo di Tuono, San Paolo e la
ma non superò
e a non opporsi alDienst, e il nostro
la riconferma di mano dell’arbitro 2 a 0 con gol – toh
Pietro Anastasi,
– di Riva e Ananon solo non lomstasi parve quasi
bardo come invece Riva e ap- giusto. Non una nostra gran
punto Brera, ma addirittura si- partita, ma bastò per la fiaccociliano, anche se cresciuto ed lata romana di festa all’Olimesploso nel Varese da dove pico con i giornali. Alla confeproprio in quei giorni lo aveva renza-stampa finale un giorprelevato per la Juventus nalista italiano chiese scusa aGianni Agnelli, convincendo gli jugoslavi per la condotta di
industrialmente il patron del Dienst, si chiamava Renato
club lacustre Giovanni Borghi Morino, scriveva per Tuttoche produceva frigoriferi con sport, giocò da solo.
motori Fiat.
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Parigi
ella cittadella fortificata della fan
zone parigina non
entrano gli sgradevoli odori dell’immondizia che invade le vie
della città
a causa
dello sciopero dei
n et tu rb in i
contro la riforma del Lavoro. Restano
fuori anche la paura e le
tensioni, oltre i cordoni di
decine di veicoli della polizia e le triple file di transenne. Ai piedi della Tour Eiff e l , s u g l i C h a mps-de-Mars, lo spazio può
accogliere fino a 92 mila tifosi che seguiranno in diretta gli incontri su uno
schermo gigante. Stasera il
calcio di inizio, e ieri sera la
fan zone ha aperto per il
concerto di David Guetta
con 80 mila persone. È del
famoso dj delle notti di Ibiza infatti l’inno ufficiale del
campionato. Come allo
stadio è previsto un doppio
cordone di sicurezza e non
entra nessuno che non sia
stato passato al metal detector. 1.500 agenti e 46 telecamere vegliano sui tifosi. La città ha investito 7,5
milioni di euro per proteggerli. E dentro ci si sente al
sicuro: “Siamo qui per partecipare a una grande festa. La paura la lasciamo a
casa”, ci dicono Yolanda e
alcuni dei 400 volontari
come lei. Il villaggio-bunker è spuntato da terra in
poche settimane tra le polemiche di chi non lo voleva
per la paura degli attentati.
Ieri la presidente della regione di Parigi, Valérie Pecresse, del partito conservatore Les Républicains,
ha detto che “non consiglierebbe ai suoi figli di andarci”. È spuntato anche nel
pieno del braccio di ferro
tra i sindacati che bloccano
porti, autostrade, centri di
smaltimento dei rifiuti, e il
governo che moltiplica invece gli appelli alla pace sociale. Ma gli scioperi sono
stati ancora prorogati. Ieri
la città ha dovuto fare appello a società private per
poter cominciare a svuotare i cassonetti del centro.
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22 » SECONDO TEMPO
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
IL LIBRO Michela Murgia e la generazione dei quaranta-cinquantenni, “ammarata nel mezzo
di due fondamentali cambiamenti paradigmatici, uno sociale e uno tecnologico”
Nè sognatori, nè digitali: il mondo
a metà dei nati negli anni Settanta
Q
Il libro
Futuro
interiore
l
Michela
Murgia
Pagine: 84
Prezzo: 12 e
Editore:
Einaudi
fondamentali cambiamenti
paradigmatici, uno sociale e
uno tecnologico, e ancora fatica a trovare una dimensione storica da poter chiamare
propria.
Esiliati dalle ideologie e
arrivati ai linguaggi digitali
come si arriva da adulti a una
lingua straniera, i quaranta-cinquantenni attuali hanno mancato il tempo di ogni
rivoluzione e lo sanno. Precari e individualisti, sono dei
sopravvissuti che si aggirano tra le macerie di guerre
sociali che non hanno combattuto e abitano il proprio
presente con la sensazione
di non potervi davvero risiedere, perché il loro mondo,
se c’era, non era questo, non
cosí. Sono troppo giovani
per considerare chiusa la
partita e troppo vecchi per
giocarsela ancora a pieno
fiato, ma hanno in fondo le
stesse urgenze primarie dei
naufraghi del paradiso paasilinniano: sopravvivere e
restare visibili.
Per gentile concessione di
Einaudi, pubblichiamo l’introduzione del nuovo libro di
Michela Murgia “Futuro interiore”, in uscita in libreria.
» MICHELA MURGIA
uarant’anni fa Arto Paasilinna pubblicò un romanzo intitolato Prigionieri del paradiso, una storia satirica sulle
società nord europee interamente costruita sull’ipotesi di un naufragio aereo
nei pressi di un’isola deserta. La piccola comunità di
passeggeri – tagliaboschi,
ingegneri, tecnici forestali,
Sono troppo giovani
per considerare
chiusa la partita
e troppo vecchi
per giocarsela
ancora a pieno fiato
infermiere, ostetriche, medici, un giornalista e l’equipaggio, tutti provenienti dai
Paesi scandinavi – aveva solo due obiettivi: sopravvivere e cercare di mantenersi
visibile per essere ritrovata
dai soccorritori.
PER FARE QUESTO si videro
però costretti a darsi un’organizzazione sociale che,
dapprima strutturata in modo elementare, col passare
dei giorni diventò sempre
piú complessa e simile a
quelle delle socialdemocra-
HANNO PERÒ anche qual-
zie di rispettiva appartenenza, esprimendo un sottinteso deterministico e disperante: non importa quante isole deserte si avranno a disposizione per ricominciare
da capo a immaginare mondi migliori, non potranno
comunque essere troppo diversi da quelli che abbiamo
già abitato, né prescindere
totalmente da quello che già
siamo stati.
Chi attraversa i fondamentali dieci anni che scorrono tra i quaranta e i cinquanta si trova oggi in una si-
tuazione non molto diversa
da quella dei naufraghi di
Paasilinna. Figlia dei baby
boomers e genitrice dei nativi digitali, quella degli anni
Settanta è una generazione
ammarata nel mezzo di due
La scrittrice
Michela Murgia è nata
a Cabras
nel 1972
Ansa
La sfida creativa “Non ci sono
colpe del passato né pesi
nel presente che possano esimerci
dal prenderci la responsabilità
di sognare il futuro”
co s’altro, ma non sempre
sembrano averlo capito:
un’eredità importante da lasciare a chi verrà, fatta di domande che fanno ancora
paura e di tentativi di risposta che siano piú coraggiosi
di quello che noi ci siamo potuti permettere di essere. Se
l’isola deserta fosse stata data a noi, quale mondo vi avremmo costruito? Quali
cose, col senno di mezzo di
chi nasce mediano, avremmo voluto migliori? Quale
cambiamento avremmo generato se non avessimo avuto la sensazione di essere arrivati così dopo o così prima
di tutti gli altri?
La sfida creativa di queste
domande si concentra in tre
temi fondamentali per le società attuali e pone questioni che non c’è bisogno di avere davanti la prospettiva
di un’isola deserta per sentire proprie in questo presente.
SE IL NAUFRAGIO sociale è in
atto per tutti, tutti ci stiamo
già chiedendo come sarà la
nostra appartenenza, come
daremo forma ai nostri spazi
e quale potere ci controllerà
o controlleremo. Le pagine
che seguono sono scritte con
la temerarietà senza la quale
non è possibile immaginare
Hanno però
un’eredità importante
da lasciare
a chi verrà, fatta
di domande che fanno
ancora paura
nulla, men che mai scenari
verosimili per le città che
verranno e i loro sognati abitanti.
Dentro c’è la convinzione
ostinata che non ci sono colpe del passato né pesi nel
presente che possano esimerci dal prenderci la responsabilità di sognare il futuro.
© 2016 Giulio Einaudi
editore s.p.a., Torino
Pubblicato in accordo con
l’autrice presso l’Agenzia
letteraria Kalama, Cagliari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA L’attore americano fa visita alla Comunità di Sant’Egidio. Peccato siano più i giornalisti degli homeless
» ANNA MARIA PASETTI
Il film
“Gli invisibili” è la
pellicola
dell’israeliano
Oren Moverman
basata
sull’autobiografia
di un vero
clochard
G
li “invisibili” dove sono? La sala mensa di
Sant’Egidio è affollata
ma soprattutto di giornalisti,
fotografi e volontari operativi
nella Comunità. I senza dimora, gli “emarginati” dalla società costretti a sopravvivere
come capita, dovevano essere
tanti perché è loro che il divo
buono Richard Gere vuole incontrare. E invece si contano
in una decina, forse quindicina, riconoscibili dall’ab bigliamento e per lo più dal colore della pelle. Alcuni visibilmente emozionati, altri impassibili, e chissà quale idea
hanno in testa di questa star
americana buddista e attivista, giunto a Roma per conoscerli e presentare loro il suo
ultimo film intitolato – appunto – Gli invisibili. Lui, che
nel ruolo di barbone è entrato
per “una giusta causa”, è talmente coinvolto dai problemi
degli homeless da esserne di-
La preghiera di Mr Gere: “Solo chi
ascolta i poveri può capire il mondo”
ventato un ambasciatore. A
precedere l’entrata dell’ex American Gigolo sono i flash e
gli applausi.
UN CENNO di saluto col brac-
cio da cui pende il rosario buddista e poi lo scatto a sedersi tra
il pubblico, proprio accanto a
uno di quegli “ultimi” che abbraccia con un “my brother”,
mio fratello, prima di prendere il posto riservato e lanciarsi
nell’involontaria imitazione italiana di papa Francesco:
“Buongiorno! Mi riscalda il
cuore vedere queste facce bellissime, stare con voi che siete
le mie sorelle e i miei fratelli.
Qui ci sono persone che si occupano di altre persone, cioè
fanno quello che i governi e la
politica sono incapaci di fare.
Dunque sono onorato di stare
tra voi e presentarvi un film
che vi riguarda, che ci riguar-
Tra flash
e appalusi
Richard Gere
ieri a Sant’Egidio Ansa
da” dice Gere. Applausi fragorosi e lacrime, specie tra i giovani volontari che forse sono
gli unici a capire in profondità
le importanti affermazioni
dell’attore. L’acco glienza
spetta al presidente della Comunità Marco Impagliazzo,
pronto a comunicare a Richard Gere che solo a Roma vi-
vono 7 mila senza fissa dimora,
mentre in Italia il numero sale
a 50 mila. Il divo sembra saperlo già, e ribatte con gli agghiaccianti numeri statunitensi:
“Solo a New York sono 60 mila, nel Paese dai 600 mila al miliardo. Dietro a queste cifre c’è
una sofferenza che ho capito
solo girando questo film, nelle
strade della ricca NYC in cui
non sono stato riconosciuto.
Anzi, nessuno mi prestava attenzione o se lo faceva era per
rifiutarmi in quanto barbone.
Sono giunto alla conclusione
che solo chi ascolta i più poveri
può capire il mondo”.
“GLI INVISIBILI”, che uscirà
grazie a Lucky Red il 15 giugno,
è diretto dall’israeliano Oren
Moverman e trae libera ispirazione dall’autobiografia In the
Land of the Lost Souls di un homeless dallo pseudonimo Ca-
dillac Man: vi si racconta di un
uomo caduto in disgrazia e costretto a vivere per strada. “Ho
voluto fortemente fare questo
film perché spero di sensibilizzare il mondo rispetto a una
piaga che sta dilagando, in grado di distruggere l’e s se nz a
dell’uomo laddove gli viene
negato uno dei bisogni primordiali, cioè una casa in cui
vivere. Il punto è sconfiggere
l’indifferenza e il sospetto di
chi sta dall’altra parte del ‘muro’, ancora incapace di comprendere che tale disperazione è simile a un buco nero
dell’universo: ti inghiotte improvvisamente ma non sai come ci sei arrivato”. Democratico integralista, Gere scherza
annunciando di voler “metter
mano alla costituzione americana affinché Obama abbia un
terzo mandato” ma ammette
di apprezzare anche Hillary
Clinton, “una professionista
solida, preparata e che si
preoccupa per le persone”.
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SECONDO TEMPO
Venerdì 10 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
» 23
Musica
AFTERHOURS “Folfiri o Folfox” è il disco della maturità per la band di Manuel Agnelli.
Chi non sopporta di vederlo a “X Factor” può ritrovare qui il musicista e il narratore
G
Il disco
» VALERIO VENTURI
li ultimi quattro anni sono
stati densi di cambiamenti a
volte naturali e necessari, a
volte laceranti. Ho perso
mio padre che era da poco ridiventato il mio migliore amico”.
Folfiri o Folfox, in uscita
oggi, è veramente il disco
della maturità degli Afterhours. Perché la maturità
arriva quando è il momento:
quando soffri, e da allora fai
pulizia, non banalizzi, non
spari pose, non perdi tempo
nell’insincerità.
Folfiri
o Folfox
l
Afterhours
Universal
Pillola
IN RADIO
ANTONACCI
“Oneday”,
l'ultimo duetto inciso da
Pino Daniele
e presentato
live a Verona
da Biagio Antonacci, arriva in radio
dal 10 giugno
in una inedita
versione
n
Mary
in June,
garantisce
Giorgio
Canali
» PASQUALE RINALDIS
S
MANUEL ANGELLI piange
suo padre, scomparso per
cancro, e nel farlo è ispirato e
vero. “L’ho perso dopo essere stato al suo fianco con tutta la mia famiglia e averne seguito da vicino il calvario.
Non ero abituato e non lo sono ancora a un mondo senza
di lui. Quando sono arrivato
io, lui c’era già. L’universo e
l’esistenza per me significavano la sua presenza. Mi sono trovato in mezzo all’oceano, da solo, senza terra in vista. Definitivamente adulto.
La vita è cambiata, i valori
sono cambiati, le cose che mi
interessano sono cambiate”.
La musica anche, è mutata. In bene. Folfiri o Folfox, cd
doppio che prende il nome
buffo (ma atroce) da due medicinali oncologici (come i
titoli degli intermezzi musicali), è viscerale e puro. L’anima del suo frontman. Non
c’è preoccupazione per la
confezione, ma per i contenuti, e questa è la chiave del
disco.
Ecco allora un album “sulla morte e sulla vita, sulla
malattia e sulla ‘cura’, sulle
domande senza risposta,
sul l’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e
sulla felicità... È la storia di
un bambino che non crede in
Dio e, in un sogno, si fa pro-
MASTERIZZATI
Un padre, un bambino
e un patto impossibile
mettere da suo padre che loro due non sarebbero mai
morti”.
Una storia bella con tanti
elementi autobiografici,
rabbia e dolcezza: come in
Grande, Oggi e L’odore della
giacca di mio padre, commoventi. Come l’esistenziale Se
io fossi il giudice, manifesto
dell’ellepi.
Molte le suggestioni: Il
mio popolo si fa è il singolo
lisergico, distorto e aggressivo, che porta contenuti politici - Dio Fortuna e trans,
per gli italiani; San Miguel (è
il Santo o la birra omonima,
c h e i n t e r c e d e ? ) e l a t itle-track sono momenti piacevolmente sperimentali,
In morte
di papà
Un cd
per nulla
velleitario
come
qualche
episodio
recente
con voce talvolta in area-Area. Echi grunge e bassi distorti in Non voglio trovare il
tuo nome,Ti cambia il sapore,
Fra i non viventi vivremo noi
e Qualche tipo di grandezza.
Ma i pezzi sono tanti, difficile fare una disamina esaustiva brano per brano.
C'È UN FIL ROUGE con tutta la
p r o d u z i o n e d e g l i A f t erhours: l’amore per l’acustico, per il rumore rock, per il
blues, i testi questa volta belli come nelle punte produttive che furono.
La voce di Agnelli – chi lo
critica per Xfactor lo ritrovi
qui, autentico –è sicura e potente, e sono buoni gli appor-
ti dei nuovi – Fabio Rondanini (batterista, Calibro 35) e
Stefano Pilia (chitarrista, già
nei Massimo Volume e in
molti altri progetti): l’insieme musicale (suoni) è spesso, per nulla velleitario come
qualche episodio pseudo-vintage degli anni addietro.
“Non ho mai avuto bisogno così tanto di scrivere e
comporre un disco” spiega
Agnelli. “Non ho mai sentito
una complicità così profonda nel farlo con i miei compagni d’avventura e un senso
così grande e preciso come
musicista e narratore.” Si
sente. Bravi.
i definisce “band da
calci in faccia e in
p an c ia ”, anche se
non sono affatto violenti:
sarà per questo che Giorgio Canali, già musicista
nei Cccp e Csi, ha deciso di
produrre i romani Mary in
June. Qualcosa di buono
deve averla intravista, lui,
artefice del successo di artisti come Verdena o Vasco Brondi. A 5 anni dal loro primo Ep Ferirsi, e dopo
4 “passati a scartare canzoni e a metterci in discussione”, per i Mary in June è
giunto il momento di fare il
grande salto. O meglio, il
grande Tuffo, come da titolo scelto d’esordio: 10 brani, che sono un flusso emotivo fatto di immagini allucinate e allucinanti, che esplora la loro personalissima provincia dell’anima. E
il merito di Canali è quello
di aver reso meno acerbe e
meno complesse le loro
scelte, stilistiche e non.
“Con le nostre canzoni
raccontiamo emozioni
scaturite da esperienze
vissute – affermano –. Alcuni brani affrontano temi
seri, come Costole in cui si
parla di migranti, o Confini
scritta pensando a Israele
e Palestina”. Altri testi, invece, sono di denuncia sociale, che svelano la loro anima ecologica e salutista,
come Combustibile brano
contro l’uso dell’aspartame. Il tutto su una musica
che definirla punk è esagerato, di matrice emo-folk
offensivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LA BAND Josh Haden e la sorella Petra
IL GIGANTE Il nuovo album in studio
Canzoni all’alba, sotto
la neve, dopo un addio
Il signor Paul Simon, 74 anni La svolta di Avishai Cohen
e ancora classe da vendere non da tutti compresa
» CARLO BORDONE
LA DEPRESSIONE ci ha rovinati” recita la prima
strofa di The Depression, brano tra i più intensi del
nuovo album degli Spain. Il riferimento è alla crisi
economica del ’29, ma quella è una frase che potrebbe fare da epigrafe all’opera omnia della band di
Josh Haden. Le canzoni degli Spain sono la colonna
sonora ideale delle ore al confine tra la notte e l’alba,
meglio se dopo un addio (Starry Night parla appunto di quello); un grumo di malinconia inestirpabile,
con la spaziosità della musica – morbida, soffusa,
avvolgente come una coperta –che contrasta con la
claustrofobica sensazione di impotenza suggerita
dai testi, degni di un Carver prestato al pop. Carolina
è il primo disco inciso da Haden dopo la scomparsa
di papà Charlie, uno dei più grandi bassisti jazz di
sempre e costante punto di riferimento, mentore e
collaboratore del figlio. Anzi, dei figli, visto che qui
appare anche la sorella Petra. Il peso e il ricordo di
una tale figura incombono sul lavoro, anche se stranamente è quello meno jazzato e più country nella
discografia della band. Lap steel, batterie spazzolate, violini struggenti, la consueta voce placidamente disperata: questi gli ingredienti di canzoni
splendide come The Ballad of Saratoga, Tennessee e
One Last Look. Canzoni nelle quali sono sempre le
tre del mattino e sta nevicando.
Il disco
l
Carolina
Spain
Glitterhouse
» GUIDO BIONDI
IL 74ENNE Paul Simon ha concepito, preparato e
arrangiato con estrema modernità, uno dei suoi album migliori. Ritmo e strumenti inusuali inseriti
come tasselli di un puzzle con intensità e velocità,
quasi a voler mordere lo scorrere del tempo. Magistralmente arrangiato, produzione superba,
classe da vendere: confrontarlo con le ultime uscite è esilarante. Registrato in parte al Laboratorio
della Montclair State University dove è conservata
la collezione degli strumenti originali di Harry Patch, Stranger To Stranger convince per la sua irrazionalità e per esser riuscito a catturare la spontaneità in studio di registrazione. Non esiste un singolo orecchiabile e non se ne sente la necessità:
Street Angel è più cattiva dei nuovi menestrelli
dell’hip hop made in U.s.a., funky più di Mark Ronson e “sgarbatamente” comunicativa quanto Michael Franti. The Riverbank è una festa per le orecchie e per il corpo, Proof Of Love risente della recente collaborazione di Simon con Sting, ne cattura lo spirito “mellow”. È il disco che avrebbe voluto fare David Byrne, producendo Rei Momo, cercando di condensare in una decina di tracce tutti i
ritmi del globo. Paul Simon c’è riuscito, rendendo
ancora più fluido Graceland e The Rhythm Of The
Saints.
Il disco
Stranger
To Stranger
l
Paul Simon
Concorde
JAZZ Il trombettista israeliano
» ANDREA DI GENNARO
A QUALCUNO degl’ormai tanti ammiratori l’esordio
Ecm di Avishai Cohen è apparso come l’abdicazione
allo stile focoso e arrembante che nell’ultimo decennio l’ha portato a essere uno degli strumentisti più
apprezzati della propria generazione. Tanto dal pubblico, quanto dalla critica e dai colleghi che sovente
ne richiedono i servigi alla tromba come ospite di riguardo. Come a dire: Avishai Cohen s’è piegato all’estetica peculiare (amatissima e odiatissima) dell’etichetta tedesca pur di ottenere un contratto importante. E la conseguente visibilità. Lo scarto di Into The
Silence con il passato è evidente, per carità. Qualche
dubbio primigenio quindi, legittimo. Ascoltando però attentamente l’album si capisce che il cambio di
marcia del trombettista israeliano ha ben altre motivazioni: in primis l’aver voluto licenziare un’opera
importante dal punto di vista compositivo. Nonché
metterla in scena con il massimo della cura, e in questo la proverbiale attenzione di Manfred Eicher a tutti
gli aspetti produttivi ha senza dubbio giovato. Ancor
più però emergono i contributi dei quattro compagni
coinvolti: tanto come solisti, quanto (e forse più) come ensemble. Coeso, capace di non perdere un colpo
in termini di unitarietà, laddove chiamata ad accompagnare le improvvisazioni di turno, o di inventiva per
i propri interventi in primo piano.
Il disco
Into
The Silence
l
Avishai
Cohen
ECM /
Ducale
music
24 » ULTIMA PAGINA
Dalla Prima
» MARCO TRAVAGLIO
10)
“Sul treno che lo riportava a Roma dai funerali
di Casaleggio, Di Battista raccontava: ‘Mi sono sentito dare
un pugno sulla spalla e sai chi
era? Bossi’”. Ecco dunque gli artefici del “patto”: Bossi e Diba,
sul treno, col pugno. Servono altre prove? No. Volta pagina, e in
3 c’è Ilvo Diamanti con numeri
definitivi: “Antipolitici e contro
il governo: nasce il Carroccio a
5Stelle”. Pensate: “Quasi 3 elettori della Lega su 10 si dicono
molto o abbastanza vicini a
M5S” (però votano Lega, anche
perché M5S vuol depenalizzare
il reato di clandestinità e Salvini
e Renzi no). E attenzione: “ciò
che unisce lepenisti e seguaci di
Grillo è l’avversione a Renzi”: e
qui si offendono la sinistra Pd e
Sel, ma anche Casa Pound che
com’è noto è capofila del No.
Conclusione: “Per ora si tratta
di intese locali (dove? quando?
su cosa? boh, ndr), ma è difficile
non pensare a esperienze su più
vasta scala”. Già, è difficile non
pensare. I sinceri democratici
prendano buona nota: all’armi,
son lepenisti e antipolitici,
stringiamoci a coorte, siam
pronti al Pd, l’Italia chiamò.
Volta pagina, e nella 4 riecco “Le
intese Grillo-Salvini” (il primo
non vuole incontrare l’altro,
dunque è intesa). “Raggi e Appendino: ‘Accettiamo i voti di
tutti’” (furbe, loro: mica come i
candidati Pd che respingono i
voti di tutti). Volta pagina, ed ecco in 35 la pacata analisi di Francesco Merlo (neodirigente Rai,
così adesso lo paghiamo noi):
“Incappucciato come il mafioso
Malpassotu, Grillo blog-scaracchia sugli avversari”. Il putribondo comico, “imitando il
suo esegeta Travaglio”, ha osato
ricordare che ieri Orfini diceva
il contrario di quel che dice oggi.
Non sia mai: “oltraggio”, “teppismo politico”,“ritorno ai rutti
e ai vaffa”come sui “muri di certe latrine, dove il primo che arriva scrive porcherie”.
Orfini ha risposto educatamente che Grillo “mi fa schifo”,
ma lui è scusato: ha solo un po’
“grilleggiato”, mentre rinfacciare a un politico le sue incoerenze “è la tecnica del capocosca”, ergo Grillo è come “quel
Malpassotu che, da un buco della campagna siciliana, masticando odio e cicoria, scagliava
pizzini per sfregiare i nemici e
umiliare gli innocenti”. U Malpassotu, alias Giuseppe Pulvirenti, fu il boss sanguinario della mafia catanese, reo confesso
di una faida da 100 morti l’anno.
A nessuno sfuggirà la sua
straordinaria somiglianza con
Grillo: due gocce d’acqua. Ricapitolando: tutti uniti contro i
barbari del “patto Lega-M5S”,
ora e sempre resistenza contro
Beppe U Malpassotu e i suoi
scaracchi da latrina, e il sole tornerà a splendere sui colli fatali
di Roma. Ci sarebbe pure il titolo di pag.6, virilmente mussoliniano: “Pd, il premier tira dritto”. Sommario: “Avverte la minoranza: ‘Basta guerriglia interna, userò il lanciafiamme’”.È
il messaggio pacificatore dello
Statista: tira dritto col lanciafiamme perché vuole la pace.
Meno male che Merlo non l’ha
letto, sennò sai quanti mafiosi
gli venivano in mente da paragonare al premier su Repubblica. Anzi, vista la sua fresca promozione in viale Mazzini, a
quando una bella serie di Rai1 su
Matteo U Tiradrittu che arrostisce vivi i nemici? Forza Merlo, sei tutti noi: ancora un piccolo sforzo e diventi gufo.
F
inalmente. Qui non si riusciva
più a reggere la tensione. A novembre si sfideranno per la carica di presidente degli Stati Uniti Hillary Clinton e Donald Trump: lei sta
“facendo la storia” come prima donna
candidata, lui è il front runner repubblicano più votato di sempre. E poi c’è
Bernie Sanders, che continua la corsa
per spostare a sinistra la piattaforma
politica dei democratici. E pure Barack
Obama, che appoggia Clinton. Che meraviglioso esercizio di democrazia, che
straordinaria storia di partecipazione
| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 10 Giugno 2016
RIMASUGLI
Che meraviglia
le elezioni Usa
(con un parere
di George Carlin)
» MARCO PALOMBI
popolare, che suspence. E dire che
non è successo ancora niente: ora
si parte con la corsa vera, il grande
dibattito, lo scontro d’idee.
Detto questo, con tutto il rispetto,
va ribadita la ragionevole posizione
che George Carlin – un grande comico Usa –prese sull’intero processo nel
2001: “Io ho risolto il mio piccolo dilemma politico in un modo semplicissimo: il giorno delle elezioni sto a casa”. Primo: “Non ha senso: questa nazione è stata comprata e venduta e pagata da un sacco di tempo”. Secondo:
“Penso che chi vota non ha diritto
di lamentarsi: se voi eleggete
questi signori, siete responsabili
di quello che hanno fatto”. Svolgimento: il giorno delle elezioni “io starò a casa a fare essenzialmente la stessa cosa che fate voi, con una differenza: quando io ho finito di masturbarmi mi rimane qualcosa in mano da far
vedere”. Le parole di Carlin, ovviamente, non ci riguardano: le elezioni
per l’Italia che si tengono negli Usa e
a Berlino sono masturbazioni perfettamente democratiche. Pare.