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Ambasciata d’Italia a Mosca
Rassegna della stampa russa - Traduzioni
15 agosto 2013
Kommersant
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Pagina 1 – La politica e’ l’arte della dogana
Per l’Ucraina sono iniziati problemi al confine russo. Il Servizio Doganale russo dal 14 agosto ha
introdotto rafforzate misure di controllo sui carichi di merci provenienti dall’Ucraina. Gli esperti
di entrambi i Paesi collegano questa decisione al desiderio delle autorità russe di spingere
l’Ucraina verso l’Unione Doganale o quantomeno di ostacolare la firma dell’accordo di libero
scambio di Kiev con l’UE, previsto nel novembre 2013.
Il Servizio Doganale russo dal 14 agosto ha introdotto rafforzate misure di controllo sui carichi
di merci provenienti dall’Ucraina: gli autisti ucraini parlano di un blocco di fatto dell’ammissione
dei loro prodotti in Russia. Il Servizio Doganale non rilascia commenti circa le cause della
decisione, gli esperti di entrambi i Paesi la collegano al desiderio delle autorità russe di spingere
l’Ucraina all’ingresso nell’Unione Doganale o, quantomeno, di ostacolare la firma dell’accordo
di libero scambio di Kiev con l’UE, previsto per novembre 2013. Non si tratta di un divieto di
importazione dall’Ucraina, ma l’accaduto ritarda i termini di consegna dei carichi di alcuni giorni
e fa aumentare i prezzi delle merci ucraine, dall’acciaio ai vagoni, dall’alcool ai prodotti
alimentari.
Circa i problemi con i carichi in arrivo al confine con la Russia ha dato ieri notizia la controparte
ucraina. “Dalle ore 00:00 del 14 agosto sono stati aggiunti al profilo di “rischio” del sistema di
gestione rischi del Servizio Doganale russo, in aggiunta alle prime quattro decine di aziende già
inserite a luglio di quest’anno, tutti gli esportatori ucraini, senza eccezione”, ha informato la
Federazione dei Datori di lavoro dell’Ucraina (rappresentante gli interessi di 8,5 mila aziende
che contribuiscono al 70% del PIL ucraino). La controparte russa ha taciuto le nuove decisioni e
si è rifiutata di commentarle ieri. “Non possiamo né dare conferma né smentire l’approvazione
di questa decisione”, ha dichiarato a Kommersant Aleksandr Smeliakov, rappresentante del
Servizio Doganale russo. Al Ministero delle Imposte ucraino e al Servizio di guardia di frontiera
hanno dichiarato che le dogane al confine con la Russia stanno lavorando “a regime normale”.
La Federazione dei Datori di lavoro ucraina nella sua dichiarazione pronostica che la decisione
della dogana russa significa un “blocco totale dell’esportazione ucraina a tempo indeterminato,
fino a una settimana o perfino per mesi interi”. Come da essi precisato, la dogana russa
sottopone i carichi provenienti dall’Ucraina a verifiche accurate, con lo scarico della merce e la
sua ricollocazione sul mezzo di trasporto. Secondo le stime, nella seconda metà del semestre
dall’Ucraina si sarebbe dovuto esportare in Russia merci per un valore di 8,5 miliardi di dollari.
Lo stallo di parte dei contratti, il prezzo e il ritardo delle transazioni potrebbe ridurre la cifra a 22,5 miliardi di dollari, ha calcolato la Federazione dei Datori di Lavoro. “Il controllo casuale sulle
merci ucraine è stato intensificato già a partire dal 1 agosto”, ha comunicato a Kommersant il
direttore generale dell’azienda “Kastom Rus” (servizi di trasporto e doganali), Andrey Kirienkov,
secondo il quale, fino ad oggi per ricevere un trattamento preferenziale insieme al carico si
doveva fornire il certificato di origine ST-1 (merci prodotte in Ucraina esenti da dazi doganali).
Adesso la dogana sottopone i certificati ed altri documenti analoghi a scrupolosa verifica ed
effettua un’ispezione totale dei carichi. Tutto ciò allunga il processo a 3-7 giorni.
Secondo una statistica del Servizio Doganale russo, il volume dell’import ucraino in Russia tra
gennaio e giugno 2013 è ammontato a 7,8 miliardi di dollari. È più di quanto importato da
qualsiasi altro paese della CSI, inclusi i partner russi dell’Unione Doganale, Kazakhstan e
Bielorussia. La merce prevalentemente importata include materiale ferroviario, metalli pesanti
e prodotti siderurgici (specialmente tubature), macchinari elettrici, prodotti chimici, carta,
automobili. Tra i prodotti di consumo cioccolata, prodotti caseari, alcool, carne, mobili.
Il passo compiuto dal Servizio Doganale, che difficilmente avrà preso questa severa decisione
autonomamente, senza aver consultato il Cremlino e il governo russo o senza dirette indicazioni
di istanze superiori, è ritenuto dagli esperti l’inizio di una nuova guerra commerciale. Essi
ricordano: il primo passo verso una guerra commerciale ad agosto 2013 è de facto stato il
divieto da parte del Servizio per la tutela dei consumatori relativo all’importazione in Russia dei
prodotti della “Roshen”. Il divieto, come è poi emerso, ha funzionato male: il Kazachistan, che
non ha confine doganale con la Russia, non ha riconosciuto come pericolosi i prodotti
dell’azienda ucraina, aprendo così una finestra per l’importazione in Russia dei prodotti ucraini.
I politici ucraini vedono nella decisione russa una politica di esclusione, secondo loro la Russia in
questo modo sta punendo i suoi vicini per l’integrazione con l’Europa, “invitandoli” così
all’Unione Doganale”. Ricordiamo che il 28-29 novembre 2013 a Vilnius dovrebbe aver luogo la
firma dell’accordo di associazione e libero commercio con l’Unione Europea. “Le azioni della
Russia hanno a un livello più alto un carattere non tanto economico, quanto politico”, ha
dichiarato ieri il presidente dell’Unione ucraina di industriali ed imprenditori, Anatoly Kinakh.
“Si tratta di un gesto premeditato per impedire all’Ucraina di firmare l’accordo
sull’associazione”, gli fa seguito il deputato della frangia “UDAR”, Oksana Prodan. Secondo
Prodan, il governo ucraino deve avviare l’esame di questo problema al WTO, che vede tra i
membri Russia e Ucraina.
Gli importatori non confermano la dichiarazione del Servizio di guardia di frontiera ucraino
sull’esistenza di nuovi problemi al confine. La fabbrica “Frunze” (Kharkov), il maggior
produttore nei paesi europei e della CSI di prodotti di metallo perforato, ha comunicato ieri il
trattenimento della propria merce alla dogana russa. In base ai dati dell’azienda mercoledì al
controllo doganale a Belgorod “due camion contenenti nostra merce per 3,27 milioni di rubli
hanno fatto una lunghissima fila”. Alla dogana di Belgorod si sono ammassati in tutto 300
camion con merci ucraine. La determinazione dei rischi per l’azienda significa una ritenuta del
15% in dazi doganali, da cui essa era stata esentata in quanto produttore ucraino, e spese di
scarico-carico, custodia delle merci presso i terminal della dogana.
Riscontra gli stessi problemi anche “Metinvest”, la più grande holding della metallurgia ucraina.
“In primo luogo c’è una totale ispezione con una nuova pesata di tutto il metallo in entrata”, si
afferma nel commento rilasciato dalla holding all’agenzia “Interfax Ucraina”. Inoltre, secondo
“Metinvest”, sono state avviate verifiche complete dell’originalità dei certificati di origine dei
prodotti metallici importati dall’Ucraina, certificati che vengono inviati per l’autenticazione a
Mosca: queste verifiche possono durare fino a 2 mesi.
Fanno sapere di difficoltà anche gli importatori di generi di consumo. Un rappresentante di
Global Spirits (che produce la vodka “Khortitsa” e il cognac “Chernomorsky”) ha dichiarato a
Kommersant che anche sei camion con loro prodotti a bordo sono stati fermati ai posti di
blocco della dogana. “Stiamo attendendo informazioni da parte della dogana relativamente alla
lista di documenti necessari per riprendere le forniture”, ha comunicato la rappresentante
dell’azienda, Svetlana Odintsova. Il rappresentante del consiglio dirigente di una delle più
importanti aziende casearie dell’Ucraina, la Milkiland, Anatoly Yurkevich, ha spiegato a
Kommersant che i carichi sono trattenuti alla dogana per la verifica dei documenti di
accompagnamento. Secondo Yurkevich l’azienda non ha ricevuto spiegazioni chiare sul perché il
solito pacchetto di documenti di accompagnamento non abbia più valore per la dogana russa.
“La dogana impiega 20 giorni per effettuare la verifica: un termine eccessivo per le nostre merci
deperibili. Si potrebbe accelerare il processo lasciando una cauzione pari al 20% del valore del
carico”, aggiunge Yurkevich.
Autore: Vadim Visloguzov,
Svetlana Mentiukova, Oleg Trutnev
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Traduzione: Chiara Stroppolo
Nezavisimaya Gazeta
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Pagina 1/6 – Le guerre commerciali si sono trasformate in un blocco economico
Mosca ha completamente paralizzato l’export ucraino.
Da ieri la guerra commerciale tra Russia e Ucraina è passata a un nuovo stadio: blocco
commerciale. A mezzanotte il Servizio Doganale russo ha di fatto bloccato tutta l’importazione
dall’Ucraina: le operazioni hanno acquisito lo status “a rischio”. Come ha comunicato la
Federazione dei Datori di lavoro ucraina, il problema riguarda tutti i tipi di prodotti, senza
eccezione. […]
Aleksandr Koshik, economista del Centro di ricerche politiche di Kiev pensa che “il problema
riguarda all’incirca una cinquantina di aziende ucraine, sia grandi che orientate all’esportazione.
Si tratta di un attacco importante, ma non si può dire che sia stato senza preavviso: la Russia già
da tempo aveva comunicato e spiegato come si sarebbe risolto l’orientamento europeista
dell’Ucraina, ovvero con la chiusura delle frontiere e con barriere commerciali da parte
dell’Unione Doganale. E adesso ha cominciato a mettere in atto gli avvertimenti”. Koshik ha
riconosciuto che la situazione si spiega con motivi politici: la mancanza di desiderio dell’Ucraina
di integrarsi con le strutture euroasiatiche e con l’Unione Doganale e il tenace tentativo di
firmare a novembre l’accordo di associazione all’UE.
“Le azioni della Russia costituiscono un attacco alla nostra economia ma, al contempo,
permettono alle nostre autorità e agli oligarchi di capire che cosa ci sta aspettando. È positivo,
tra l’altro, che proprio in questo momento il governo abbia promulgato il progetto
sull’associazione e la zona di libero commercio con l’UE. Gli economisti, studiato il documento,
si stanno mettendo le mani nei capelli: il tipo di europeismo a cui ci si sta preparando,
distruggerà interi settori dell’economia ucraina, non amplierà, anzi al contrario limiterà i
mercati di vendita per noi. Gli europei non hanno intenzione di lasciarci entrare nei loro mercati
– al contrario cercheranno di ottenere libero accesso al mercato ucraino (al 25mo posto
mondiale per tasso di importazione, è non è poco). E la Russia, a sua volta, sta mostrando
proprio ora che cosa significhino le frontiere chiuse, ovvero la situazione che verrà a crearsi a
seguito dell’accordo con l’UE”, ha spiegato Koshik. […]
L’addetto all’ufficio stampa del primo ministro ucraino, Vitaly Lukianenko, ha dichiarato: “Il
governo sta lavorando per risolvere i problemi relativi al commercio tra Ucraina e Russia, che
non ha bisogno di spinte alla regolamentazione di situazioni simili. Il governo ha interesse
affinché tutte le barriere vengano eliminate, nell’interesse dello sviluppo degli scambi
reciproci».
Si è ipotizzato che il rappresentante dell’Ucraina presso la Commissione Economica Euroasiatica
Viktor Suslov, nominato a luglio, venga inviato a Mosca. Ricordiamo che a fine luglio Suslov ha
dichiarato che l’europeismo manifestato dall’Ucraina non vieta e non impedisce al paese di
avvicinarsi all’Unione Doganale. Ha anche ammonito che i giochi politici potrebbero portare
l’Ucraina a diventare una zona di conflitto tra l’UE e la Russia, dichiarando che: “Sono sicuro che
non si dovrà aspettare novembre, quando verrà o non verrà sottoscritto l’accordo di
associazione all’UE (sarà poi ratificato o no?). Bisogna muoversi verso un rafforzamento e uno
sviluppo delle relazioni di reciproco vantaggio tra l’Ucraina e la Russia, ma anche con altri paesi
membri dell’Unione Doganale”.
Il politologo Vladimir Fesenko afferma con sicurezza che la Russia in questo momento non sta
agendo con l’obiettivo di costringere l’Ucraina ad entrare nell’Unione Doganale: “L’obiettivo
primario è quello di fermare il processo di integrazione con l’UE. E Mosca ha il coltello dalla
parte del manico. È evidente che non capiscono che agendo solo con pressioni e forza non
otterranno nulla dall’Ucraina”. L’esperto è sicuro che le trattative riguardo i problemi sorti
devono essere condotte a due livelli: “Il primo ministro Azarov dovrebbe fin da subito
concordare un incontro con Medvedev, e al presidente Yanukovich converrebbe fare una
telefonata a Putin. Perché questa non è più una guerra commerciale con qualche pretesto
formale, come si è trattato nel caso delle proteste russe per la qualità dei prodotti, dei
contingenti ecc… Se quello che scrivono i media è vero, si tratta di una vera guerra economica
su larga scala. E bisogna verificare come tutto ciò si concili con le nome e gli standard della
WTO”. L’esperto presuppone che l’Ucraina dovrà chiedere aiuto alle organizzazioni
internazionali, il che significa che la Russia otterrà un risultato contrario a quanto atteso.
Autore: Tatiana Ivzhenko
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Traduzione: Chiara Stroppolo
Kommersant
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Pagina 6 – Contro i Fratelli Musulmani sono state adottate misure straordinarie – In Egitto
sono stati duramente liquidati i campi degli islamisti.
In Egitto ieri si sono verificati gli scontri più violenti dalla caduta del Presidente Mohammed
Morsi. lo scioglimento dei campi degli islamisti a Il Cairo è sfociato in un massacro di massa il cui
numero di vittime, secondo i dati forniti dai Fratelli Musulmani, ammonta a non meno di 2.2
mila persone. Le autorità giustificano le misure prese con la necessità di “opporsi alle azioni
distruttive” dei manifestanti. Nel mondo l’azione delle forze egiziane è stata condannata
all’unanimità, in Turchia si è anche cercato di convincere l’Unione Europea e gli Stati Uniti a
schierarsi apertamente in sostegno dei Fratelli Musulmani.
Martedì sera in due campi occupati dai sostenitori di Morsi, sulla piazza davanti all’Università
del Cairo a El Giza e presso la moschea Rabya Al Adawiyya, regnava ancora un’atmosfera
pacifica: gli adulti giocavano a calcio, i bambini si rincorrevano con le pistole ad acqua. All’alba
tutto è cambiato: la polizia ha accerchiato entrambe le piazze richiedendo ai manifestanti di
disperdersi immediatamente. La maggior parte ha ignorato questa richiesta, iniziando a lanciare
sassi contro le forze di polizia e a dare fuoco ai copertoni delle automobili. In soccorso alla
polizia sono accorse le forze speciali e i paracadutisti, utilizzando non solo gas lacrimogeni e
manganelli, ma anche armi da fuoco. Habiba Ahmed Abd Al Aziz, giornalista di Xpress, ha scritto
su Facebook di aver visto sulla piazza davanti alla moschea Rabya Al Addawiyya dei cecchini e,
letteralmente qualche istante dopo, è stata uccisa da un proiettile che l’ha colpita alla testa.
Al Ministero degli Interni egiziano hanno spiegato ieri di aver agito secondo la legge e in
conformità con “il loro dovere di salvaguardare la sicurezza pubblica”. A questo scopo, stando
alla versione delle autorità, sono serviti anche gli arresti di massa dei partecipanti ai disordini,
così come quelli dei leader dei Fratelli Musulmani. Le autorità riconoscono l’impossibilità di
liberare i campi degli islamisti senza mietere vittime. Ma se al Ministero della Salute dell’Egitto
ieri si parlava di decine di morti (tra cui almeno sei poliziotti) e di decine di feriti, allora le cifre
degli islamisti risultano più alte. Secondo il calcolo operato dai Fratelli Musulmani, che hanno
definito gli avvenimenti di ieri “una carneficina”, sono state uccise circa 2,2 mila persone e
almeno 10 mila sono i feriti.
Le autorità egiziane ieri hanno fatto di tutto per fare in modo che la protesta non dilagasse. È
stato interrotto il collegamento ferroviario tra Il Cairo e il resto del paese. Tuttavia questa
misura non è servita a normalizzare la situazione. I disordini sulle strade in alcuni quartieri de Il
Cairo si sono protratti fino a notte. Anche nelle altre grandi città dove migliaia di sostenitori del
deposto Presidente si sono riversati sulle strade sono state registrate vittime e distruzione.
Infatti, sono state date alle fiamme tre chiese copte, due nella provincia di Al Minya e una a
Suez. Verso sera invece è stato comunicato che nel corso del prossimo mese in tutto il territorio
del Paese verrà dichiarato lo stato di emergenza.
Secondo gli esperti, il duro sgombero dei campi occupati dai sostenitori di Mohammed Morsi ha
rinforzato la spaccatura in Egitto, paese che già da mesi è sull’orlo della guerra civile. Ieri il
leader dei Fratelli Musulmani, Mohammed Al Beltagi, ha profetizzato per il suo paese il “destino
siriano” qualora il popolo non si ribelli nei confronti della “giunta militare”. Gli islamisti
promettono di continuare le azioni di protesta almeno fino a quando l’ex Presidente Morsi non
sarà rimesso in libertà. Tuttavia non si conta seriamente sul fatto che i militari acconsentano a
fare tale concessione.
Che trovare una via di uscita alla situazione non sarà facile appare chiaro anche al di fuori dei
confini egiziani. Il Presidente del Comitato Internazionale del Consiglio della Federazione Russa
Michail Marghelov ha affermato ieri: “Questa stabile instabilità si trascinerà a lungo”. “Definire
questo sanguinoso caos come un movimento verso la democrazia è cosa da maniaci. L’Egitto sta
percorrendo le tappe di una democrazia esplosiva, come l’Iraq”, ha scritto nel suo blog su
Twitter Aleksey Pushkov, il Capo del Comitato della Duma per gli Affari Esteri. Hanno
condannato l’eliminazione dei campi de Il Cairo anche le direzioni dell’UE, dell’ Iran e del Qatar.
La posizione più dura è stata presa dalle autorità turche che fin dal principio avevano definito la
destituzione dei Fratelli Musulmani dal potere come un colpo di stato. Il Premier Erdogan ha
esortato ieri il Consiglio di Sicurezza ONU e la Lega Araba a intervenire immediatamente nel
conflitto. Inoltre, secondo i dati forniti dai media turchi, il Capo dello Stato ha attivato contatti
diplomatici con le direzioni di una serie di paesi europei e con gli Stati Uniti nel tentativo di
ottenere il loro aiuto per sostenere i Fratelli Musulmani. Nella seconda parte della giornata il
Presidente turco Abdullah Gul ha anche dovuto smentire le voci circa le intenzioni di Ankara a
intraprendere un’azione armata contro l’Egitto.
Autore: Pavel Tarasenko, Olga Kuznecova
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Traduzione: Camilla Bisesti
Kommersant
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Pagina 1/6 – La NATO non ha utilizzato il transito attraverso Ulianovsk
Il centro di smistamento di Ulianovsk, che la Russia un anno fa aveva concesso alla NATO per il
transito dei suoi carichi dall’Afghanistan, non è stato richiesto.
Fino ad oggi i paesi dell’alleanza non hanno sottoscritto nessun contratto con i trasportatori
russi autorizzati a servire Ulyanovsk. Gli interlocutori della redazione al quartier generale della
NATO si lamentano del fatto le compagnie russe stiano aumentando i prezzi. Una fonte delle
strutture governative russe ha assicurato: l’alleanza teme semplicemente di trovarsi a
dipendere da Mosca.
Il progetto tra Russia e NATO per il transito via Ulyanovsk, lanciato esattamente un anno fa, è
stato paragonato a casi di collaborazione che hanno avuto più successo. A Mosca si pensava che
gran parte degli oltre 100 mila container e dei 60 mila mezzi di trasporto che l’ISAF aveva
pianificato di portare dall’Afghanistan sarebbe transitata in Europa proprio via Ulyanovsk. Ma
fino ad ora il tragitto non è ancora stato richiesto.
Le fonti della redazione alla sede della NATO spiegano che il problema riguarda l’alto costo del
viaggio. […] Va ricordato che proprio la NATO nel 2011 si era rivolta a Mosca chiedendo di
prendere in esame la possibilità di ricorrere al territorio russo per il transito di ritorno
dall’Afghanistan. Alla vigilia del ritorno il Pakistan, dopo l’ennesimo scontro con gli Stati Uniti,
aveva chiuso definitivamente il suo territorio per i convogli della NATO, mentre Uzbekistan e
Kirghizistan si erano rifiutati di ammettere i convogli sulla via del ritorno. Fino a quel momento
attraversava il territorio russo il percorso chiamato “Rete di distribuzione settentrionale”, per il
quale anche oggi viene attuato il transito in Afghanistan di oltre il 60% dei mezzi militari
dell’ISAF, in aereo o su rotaie, ma senza trasbordo.
All’inizio del 2012 la Russia aveva acconsentito all’apertura del tragitto per i carichi di ritorno,
offrendo in uso l’aeroporto Vostochny di Ulyanovsk. Ad agosto il progetto è stato avviato.
Secondo una fonte alla Nato, il transito via Ulyanovsk avrebbe da subito interessato molti
membri dell’ISAF. A dicembre 2012 i britannici hanno compiuto un trasferimento di prova di
decine di propri container alla base Camp Bastion in Afghanistan e ritorno. In Gran Bretagna le
autorità avrebbero decretato il successo dell’operazione di prova. Ma gli inglesi non hanno
firmato nessun contratto. Secondo quanto riferito da interlocutori presso il governo britannico,
Londra sta valutando altri percorsi, innanzitutto attraverso il Pakistan e le repubbliche
centroasiatiche, che hanno recentemente ritirato le obiezioni contro il trasferimento dei mezzi
NATO. […]
Una fonte diplomatica di un paese europeo membro dell’ISAF ha aggiunto che il trasporto di un
container via Ulyanovsk viene a costare 50 mila euro, mentre via Termez 30 mila euro.
A Mosca guardano in modo diverso la situazione: il transito via Ulyanovsk era stato pensato
innanzitutto come un progetto commerciale, che doveva essere realizzato dal vettore “VolgaDnepr” e da strutture affiliate alla società “Ferrovie Russe”. Sebbene si ammetta che il transito
via Ulyanovsk sia più caro, esso risulterebbe più veloce e più sicuro. Secondo nostri
interlocutori, la NATO non ha fatto ricorso a Ulyanovsk “per motivi congiunturali”. Alla NATO si
teme che grazie al transito via Ulyanovsk la Russia possa esercitare maggiore influenza
sull’alleanza, come nel caso di Gazprom per l’Europa. […] Ma ci sarebbero anche altre cause per
lo slittamento del progetto. Secondo un altro interlocutore, i rappresentanti della NATO hanno
insistito sul trasferimento a una compagnia estera da essi controllata i diritti di organizzazione
del transito, nelle cui funzioni sarebbe rientrata anche la sottoscrizione di accordi con
partecipanti immediati. Ma la Russia avrebbe rifiutato la proposta adducendo motivi di
sicurezza. Secondo un’altra fonte i rappresentanti della NATO avrebbero condotto in parallelo
consultazioni con una serie di repubbliche centrasiatiche le quali, dopo aver capito che
avrebbero potuto rimanere fuori dagli affari, avrebbero dunque ritirato le obiezioni al transito
di ritorno e offerto prezzi più bassi rispetto alla Russia.
Tuttavia Mosca non sta dimostrando preoccupazione per la situazione di non utilizzo del
transito via Ulyanovsk. La Russia sta pianificando anche tragitti alternativi. La filale di “Ferrovie
Russe”, Transcontainer SPA, realizza trasferimenti di mezzi dei contingenti ISAF europei
(Francia, Gran Bretagna e Germania) dall’Afghanistan via Uzbekistan a Riga. Nei primi sei mesi
dell’anno sono stati trasportati 52 container.
Riguardo a Ulyanovsk, le autorità russe affermano: “Se non ha funzionato con questi oggi, andrà
bene con l’ONU o con altri ancora in futuro”.
Autore: Elena Chernenko, Elizaveta Kusnetsova
Taglio: alto
Traduzione: Chiara Stroppolo
Nezavisimaya Gazeta
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Pagina 7 – Snowden può diventare cittadino della Federazione russa – Gli organi di
informazione hanno finora rivelato soltanto una parte dei segreti loro trasmessi dall’ex
collaboratore della CIA.
L’ex collboratore della CIA Edward Snowden, a cui è stato concesso asilo temporaneo in Russia,
può già inziare a lavorare nel Paese e, con il tempo, ottenere anche la cittadinanza russa. Al
momento è in attesa della visita del padre e dell’avvocato. Secondo i dati dei media stranieri,
che periodicamente pubblicano materiale sull’attività dell’intelligence in riferimento alle
informazioni di Snowden, a disposizione del sito investigativo WikiLeaks ci sono ancora una
quantità significativa di documenti da lui forniti.
Snowden può già lavorare in Russia ma non negli enti statali, è stato cumunicato ieri a Interfax
dal Vladimir Voloch, capo del Consiglio Collettivo del Servizio Federale per l’Immigrazione.
Secondo le sue parole, lo status di rifugiato temporaneo dà a Snowden il diritto di lavorare in
Russia ma non negli enti statali, mentre nel corso di qualche anno egli potrebbe richiedere una
procedura semplificata per ottenere la cittadinanza russa. In questo caso, le restrizioni
riguardanti la possibilità di lavorare negli apparati statali cadranno.
L’ex collaboratore della CIA e della NSA statunitense aspetta l’arrivo a Mosca del padre Lon, di
un avvocato e degli amici. L’identità di questi ultimi è sconosciuta. Secondo i dati, ottenuti
dall’agenzia summenzionata, la loro visita verrà resa nota dopo l’incontro con Edward
Snowden. Non è previsto alcun tipo di contatto tra questo gruppo di persone e la stampa.
Nel frattempo il New York Times Magazine, allegato dell’omonimo giornale, pubblica una
dettagliata intervista con due giornalisti che hanno offerto aiuto a Edward Snowden per
procedere alla pubblicazione dei suoi materiali rivelatori. Il reporter Olaf Becker li ha incontrati
a Rio de Janeiro. Si tratta di Laura Puatra, produttrice indipendente di film documentari, e di
Glenn Greenwald, corrispondente del giornale inglese Guardian. Entrambi i giornalisti erano già
noti per le critiche espresse nei confronti della guerra in Iraq e delle azioni delle forze speciali
americane. Le autorità americane hanno incluso il nome di Laura Puatra nella lista di persone
che devono essere sottoposte a un controllo accurato negli aeroporti, e questo è successo nel
giro di pochi anni. Glenn Greenwald è noto come giornalista di sinistra.
La fama di Puatra e Greenwald come giornalisti che criticano le autorità americane ha portato
Edward Snowden a focalizzare su di loro l’attenzione nel momento in cui ha deciso di rendere
pubblici i documenti riguardanti l’incredibile ingerenza della NSA nella vita privata dei cittadini
americani e di quelli circa l’intercettazione dei canali di cui essi si servono per comunicare in
altri paesi.
Come ricorda Luara Puatra, Snowden la contattò su internet a gennaio e, senza presentarsi, le
comunicò di essere in possesso di importanti informazioni che avrebbe voluto trasmetterle. Nel
contempo la avvisò che le forze speciali americane controllano la corrispondenza dei giornalisti
e che essi nel futuro dovranno ricorrere a metodi di crittografia delle informazioni. Snowden
spiegò come questo doveva essere fatto. Con la stessa proposta si rivolse anche a Greenwald.
Come riferisce il giornale Puatra e Greenwald, che già si conoscevano, hanno discusso della
proposta di Snowden nel corso di una conferenza internazionale. Nonostante temessero
provocazioni da parte della NSA, hanno creduto a Snowden. Ebbe così inizio la corrispondenza.
A maggio Snowden invitò gli interlocutori ad incontrarsi a Hong Kong. L’incontro si svolse come
l’episodio di un thriller. Entrambi i giornalisti si recarono all’ora prestabilita al ristorante
indicato da Snowden, dove incontrarono il giovane uomo con il cubo di Rubik tra le mani. La sua
giovinezza colpì Puatra dal momento che le era sembrato di avere a che fare con un uomo di
grande esperienza. Nel corso della conversazione riuscirono a trovare un linguaggio comune. Di
li a poco i media vennero a sapere della presenza di Snowden a Hong Kong e i giornalisti
dovettero lasciare la regione. Hanno lavorato alle loro pubblicazioni che già si trovavano in
Brasile. Puatra e Greenwald temono ritorsioni da parte delle autorità americane nel caso in cui
dovessero trovarsi sul territorio degli Stati Uniti. Dichiarano che per Washington è meglio non
agire in tal modo, dal momento che WikiLeaks è in possesso di altri documenti forniti da
Edward Snowden che, se il caso lo richiedesse, saranno resi pubblici.
Autore:Artur Blinov
Taglio:medio
Traduzione:Camilla Bisesti
Vedomosti
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Pagina 2 – Il taglio degli assistenti di Navalny
La polizia ha scoperto un appartamento con i volantini a sostegno di Navalny. Se l’indagine
valuterà questi materiali in 10 milioni di rubli e fisserà un legame dei suoi produttori con il
quartier generale, il tribunale può “togliere” Navalny dalla competizione elettorale. Un esperto
di questioni elettorali sostiene che il caso non abbia precedenti
La porta dell’appartamento sul boulevard Chistoprud, nel quale si trovavano i membri del
gruppo “I fratelli di Navalny”, è stata aperta martedì sera tardi (…). Sul posto si trovava una
pattuglia della polizia che, aperta la porta, ha arrestato quattro uomini che si trovavano
nell’appartamento e ha confiscato scatole con adesivi con i cognomi dei candidati a sindaco di
Mosca Aleksey Navalny e del sindaco in carica Sergey Sobyanin. La polizia non ha presentato
l’ordinanza per la perquisizione, ma, come riferito dall’ufficio stampa della polizia di Mosca,
prima di entrare i poliziotti hanno contattato la padrona dell’appartamento e “hanno ottenuto
da lei una dichiarazione personale, secondo la quale la donna ha confermato di non essere
contraria all’ispezione dell’appartamento”. (…)
L’operazione è stata condotta su richiesta del leader di “Russia Giusta”, il candidato a sindaco
Nikolaj Levichev, che ha dichiarato che nell’appartamento si trovano materiali propagandistici
illegali di uno dei candidati. Levichev non ha detto subito di chi si trattasse: prima ha dichiarato
che nell’appartamento sono presenti adesivi del candidato alle elezioni di Mosca per “Yabloko”,
Sergey Mitrokhin, e solo all’ingresso all’appartamento è venuto a sapere che in esso vi erano
materiali del candidato del partito “RPR-Parnas” Aleksey Navalny. Lo stesso appartamento,
secondo Levichev, fungeva da “quartier generale clandestino” di Navalny.
La segnalazione, come ha spiegato a Vedomosti il capo della squadra di Levichev Aleksandr
Ageev, è pervenuta a Levichev da parte degli abitanti dell’edificio, che si lamentavano del carico
di scatole contenenti materiale propagandistico illegale. (…)
All’ingresso, bloccato dalla polizia durante l’ispezione dell’appartamento, si trovavano Levichev
e un grande gruppo di rappresentanti del partito e del quartier generale del candidato. (…)
Il gruppo di Navalny ha dichiarato che non ha alcun rapporto con gli adesivi e i volantini trovati
nell’appartamento, ma ha condannato l’ispezione illegale dell’abitazione. In base alla violazione
da parte della polizia dei diritti alla proprietà privata e all’inviolabilità di domicilio il presidente
del partito “Scelta democratica” Vladimir Milov si è rivolto al Comitato d’Inchiesta della
Procura. Egli chiede anche di controllare Levichev, Ageev e Tatarinov riguardo alla loro
complicità nel reato.
Levichev si era lamentato per la propaganda illegale al Comitato elettorale di mosca. Come
chiarito da Ageev, gli esponenti di “Russia Giusta” chiedono di porre fine alla propaganda
illegale, di fermare i produttori di volantini, di effettuare un controllo sulla presenza di fattori di
estremismo e di perseguire penalmente i colpevoli. Secondo il presidente del Comitato
elettorale di Mosca Valentin Gorbunov, all’interno dell’appartamento è stato ritrovato sia
materiale propagandistico ufficiale di Navalny, finanziato con le risorse del suo fondo elettorale,
sia prodotti senza dati d’uscita. La tiratura dei materiali sequestrati supera quella ufficialmente
dichiarata, ha affermato Gorbunov, senza precisare quanto materiale propagandistico sia stato
effettivamente trovato dai poliziotti (secondo Ageev alcune tonnellate). Gorbunov ha promesso
che il Comitato elettorale di Mosca esaminerà la situazione e a seconda del progresso delle
indagini da parte degli organi di polizia prenderà dei provvedimenti.
Secondo la legislazione sulle elezioni, uno dei motivi per “togliere” un candidato è l’utilizzo di
strumenti di propaganda, oltre a quelli previsti dal fondo elettorale, che superano il 5% del
volume consentito. A Mosca si tratta di 10 milioni di rubli. La decisione viene presa dal
tribunale. Ma per togliere Navalny su tale base è necessario stabilire il suo legame con questi
materiali di propaganda, e anche il loro valore, afferma il copresidente del consiglio del
movimento “Golos”, Grigory Melkonyants.
Non esistono pratiche di eliminazione di candidati per attività di cittadini che non hanno
rapporti con il quartier generale dei partecipanti alle elezioni, dice il politologo Aleksandr
Kynev. Secondo lui, ci sono stati tentativi di togliere candidati per la loro personale attività di
propaganda con un superamento del massimo del fondo: così si è tentato di togliere dalla
competizione elettorale i candidati della stessa “Russia Giusta” in Jacuzia nell’autunno del 2012,
ma non è stato possibile dimostrare l’eccesso delle spese.
Al Cremlino insistono che l’azione è stata condotta con il consenso delle autorità cittadine,
afferma una persona vicina all’amministrazione del Presidente: essa è chiamata a migliorare
l’immagine di Sobyanin, che non è stato coinvolto in questa vicenda oscura. Del resto dietro ad
altre azioni contro Navalny possono esserci anche altri gruppi di influenza. Le autorità di Mosca
sono state messe in azione solo in quanto l’ispezione, del tutto legale, è stata condotta dai
collaboratori della polizia di Mosca, respinge un assistente del sindaco.
Le autorità stanno accumulando motivazioni per togliere Navalny, come prima avevano fatto
con i procedimenti penali, ma per il momento esse propongono soltanto un programma
minimo: creargli un’aureola di scandalo, per tentare di spaventare l’elettorato moderato atipico
per lui, ritiene il politologo Makarkin.
Autore: Maria Zheleznova, Svetlana Bocharova, Lilia Biryukova
Taglio: medio alto
Traduzione: Alice Bravin
Vedomosti
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Pagina 6 – Le vecchie nuove regole
Sembra che i manager politici siano disposti a rinunciare all’idea di organizzare a Mosca elezioni
esemplari e legittime con una vera opposizione. Forse sono venuti a sapere che l’opposizione
conquista troppo rapidamente i consensi, o forse il concetto stesso è cambiato. Comunque sia,
l’assalto all’appartamento dei sostenitori di Aleksey Navalny da parte della polizia, su
indicazione della “Russia Giusta” (RS) dimostra che non si è riusciti ad avere una campagna
pulita, ce ne sarà una sporca.
La richiesta da parte di Vladimir Zhirinovsky di escludere Navalny dalle elezioni a sindaco di
Mosca e la partecipazione personale dei funzionari della RG nel raid della polizia
nell’appartamento dei sostenitori del candidato rivale (dettagli nell’articolo a p. 2) dimostra che
la lotta tra i partiti “di sistema”, che hanno avuto da tanto l’accesso al mercato politico, i loro
curatori nel Cremlino e gli attori nuovi si è evidentemente inasprita. Viene in mente la Russia
dell’epoca della prima rivoluzione, con le centurie nere che indicavano alla polizia le sedi dei
partiti liberali e socialisti partecipando alla distruzione di queste.
Sembra che nemmeno nello stesso Cremlino non ci sia una comprensione netta della nuova
politica interna, a liberalizzazione della legislazione partitica avvenuta. Il rapporto del Comitato
di iniziative civiche (CIC) riguardo la registrazione dei candidati e delle liste dei partiti alla vigilia
delle prossime elezioni regionali dimostra che il potere pare disposto a far partecipare i nuovi
attori al mercato politico. Ma i nuovi attori, nel farlo, non devono uscire dal controllo e devono
occupare esclusivamente le nicchie loro assegnate.
Il rapporto degli esperti del CIC ha dimostrato che il potere non voleva la concorrenza libera. Il
filtro municipale predisposto dalla legge è impossibile da superare senza un sostegno
amministrativo e una sanzione da sopra. I rifiuti di registrazione dei candidati e partiti alle
elezioni, anziché diminuire, sono aumentati. Se nel 2012 i rifiuti di registrazione e
autenticazione delle liste erano una rarità, nel 2013 sono arrivati per ogni partecipante su sette,
in alcune regioni ogni partecipante su quattro.
Il ruolo delle amministrazioni locali e regionali, delle commissioni elettorali e dei tribunali ora
ricorda quello del Servizio Federale Antitrust (SFA) nell’economia. L’obiettivo dell’operato del
SFA è creare le condizioni per la libera concorrenza e la lotta ai monopoli e alle combutte di
cartello. Il Servizio Antitrust, però, raramente riesce a prevenire le combutte tra i grandi attori
del mercato e a sanzionare monopoli. Molto più spesso impone delle piccole multe a delle
piccole aziende.
La nuova politica è diversa da quella vecchia soprattutto per il fatto che nelle vecchie condizioni
la manovrabilità della democrazia era più nascosta. Nelle nuove condizioni, i manager del
Cremlino hanno più strumenti aperti per influire il processo democratico. Sono cambiati gli
strumenti, non il fatto stesso di un’influenza attiva da parte del potere esecutivo sul processo
elettorale.
Taglio: alto
Traduzione: Lev Kats
Kommersant
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Pagina 2 – Per Sergey Sobyanin viene prevista la vittoria – Secondo gli esiti di un sondaggio del
centro Vziom sono pronti a votare per il Sindaco uscente il 67 per cento dei moscoviti. A circa il
20 per cento ammonta la quota degli indecisi.
Come comunica il centro Vziom, la maggior parte dei moscoviti è incline a votare per Sergey
Sobyanin. Se nelle restanti prossime tre settimane che precedono le elezioni la situazione nella
capitale non cambia, allora il sindaco ad interim vincerà la corsa già al primo turno. Secondo
Vziom se si votasse domenica prossima con un’affluenza del 48%, più del 67% dei moscoviti
voterebbe a favore del sindaco attuale, mentre il 13% per il suo oppositore diretto Aleksey
Navalny.
Le preferenze dei moscoviti, come ha constatato Vziom, sono state scoperte già un mese fa. I
sociologi per quattro volte (una a settimana) hanno intervistato i cittadini, convinti che le
simpatie elettorali nella città praticamente non cambieranno, ha dichiarato ieri il direttore del
centro Vziom Valeriy Fedorov. Si è nitidamente determinata la coppia dei leader. Si tratta del
sindaco attuale Serghey Sobyanin, per il quale a luglio erano pronti a votare il 53 - 55% degli
intervistati, e il candidato del Partito Repubblicano Russo Aleksey Navalny, che suscita
stabilmente l’interesse dell’8 - 9% dei moscoviti.
Secondo le dichiarazioni di Fedorov è stata determinata anche la coppia degli “outsider”. L’1 –
2% degli intervistati sarebbe pronta a dare il suo voto al candidato del partito Liberal
Democratico Michail Degtyarev. Il rating del leader del partito Russia Giusta Nikolay Levichev è
in bilico tra lo 0% e l’1%. Il leader del partito Yabloko Serghey Mitrokhin e il primo vice
presidente del Partito Comunista Ivan Melnikov per ora stanno conducendo la campagna per il
terzo posto. Per il comunista voterebbe il 2 – 4% degli intervistati, per il leader di Yabloko il 2 –
3%. Ma Seghey Mitrokhin ha il rating di notorietà è più alto. Nel corso dell’ultimo sondaggio,
tenutosi l’8 – 10 agosto, il 63% degli intervistati ha dichiarato di conoscere il leader di Yabloko.
Ivan Melnikov è noto al 36% dei cittadini. Il rating di notorietà del signor Navalny è del 77%,
quello di Sobyanin del 98%.
Nel contempo l’11% non intende andare a votare, l’1% prenderà parte alle votazioni per
mandare a monte il bollettino, mentre il 19% ha difficoltà nel rispondere. Ma coloro che
parteciperanno di sicuro alle elezioni sono il 46%. Ci sono anche quelli che tuttora non sanno
che Mosca eleggerà il sindaco: il tasso più alto degli ignari (14%) si registra tra i giovani di età
compresa tra i 18 e i 24 anni.
Del numero di persone che sicuramente andranno a votare, il 60% è pronto a schierarsi a favore
di Sobyanin, mentre il 10% per Navalny. Tuttavia, il 20% di coloro che sicuramente voteranno
ancora non ha deciso a favore di chi esprimersi. “È proprio questo 20% a decidere il destino
della campagna”, afferma Valeriy Fedorov. Nel contempo i sociologi hanno identificato un
“tetto elettorale” per ogni candidato, spiegando ai moscoviti di esprimere il loro giudizio: per
chi avrebbero votato e a chi invece, per nessun motivo, avrebbero mai accordato il proprio
voto. Sulla base di questi dati il centro Vziom ha annunciato ieri la sua previsione. Con
un’affluenza del 48% vincerà le elezioni al primo turno il candidato Serghey Sobyanin,
raccogliendo il 67,4% dei voti. Per Navalny voterà il 13% dei cittadini. Al terzo posto troviamo
Ivan Melnikov con il 6,5%. Dietro di lui Serghey Mitrokhin con il 5,4%. Michail Degtyarev e
Nikolay Levichev possono contare sul 3,3% ciascuno.
“Questa è la previsione per le elezioni che potrebbero tenersi domenica prossima”, ha
rimarcato il direttore del centro Vziom, spiegando di non essere in possesso di una metodica di
previsioni per “quello che accadrà nelle prossime tre – quattro settimane” tenendo conto che
nella politica, secondo le sue parole, “anche un solo giorno puù essere significativo”. Inoltre
saranno significativi per le elezioni le restanti tre settimane durante le quali ci sarà la “fase più
attiva della campgna”: l’agitazione pre elettorale, i dibattivi televisivi dei candidati”. Il signor
Fedorov afferma che nelle ultime due settimane prima delle elezioni “molte persone faranno
ritorno dalle vacanze”, ma, “come verrà attribuita la loro preferenza non sarà prevedibile”.
Autore: Viktor Khamraev
Taglio:medio
Traduzione:Camilla Bisesti
Nezavisimaya Gazeta
http://www.ng.ru/
Pagina 4 – La caccia agli immigrati danneggerà i dati economici
La deportazione dei clandestini si rifletterà negativamente sul PIL russo
La campagna contro gli stranieri che si trovano illegalmente sul territorio della Federazione
Russa, cominciata un paio di settimane fa a Mosca e San Pietroburgo, si è spinta fino alle
regioni. I funzionari locali e gli organi di polizia riportano di migliaia di arresti e di centinaia di
deportazioni. Ma dietro a questi successi si intravede un serio problema per l’economia. La
deportazione in massa dei clandestini minaccia di lasciare molte imprese senza forza lavoro.
Non sarà facile colmare queste perdite velocemente, il che, in una prospettiva a breve termine,
si rifletterà negativamente sui dati del PIL.
Ieri sono stati resi noti i risultati dei raid della polizia condotti negli ultimi giorni in una serie di
regioni. Risultato delle retate e dei controlli di documenti è stato l’arresto di quasi 2 mila
immigrati illegali. In particolare, nella Regione di Krasnodar i poliziotti hanno scoperto 570
cinesi, dai quali sono stati riscossi 224 mila rubli di multe per violazione delle leggi
sull’immigrazione. Ricordiamo che i cinesi erano in condizione di pagare, in quanto, anche se
illegalmente, lavoravano in un’azienda di serre in una regione. Verranno comunque rimandati
presto in patria. Rimane però una domanda: chi coltiverà pomodori e cetrioli al posto dei cinesi
illegali?
Il caso è frequente, eppure dietro vi è una prospettiva preoccupante per molte imprese, e per
tutta l’economia nazionale. Se la lotta contro i clandestini sarà seria, allora dalla Russia
verranno deportati fino a tre milioni di stranieri. Proprio in tal modo viene valutato dagli esperti
il mercato del lavoro per gli immigrati illegali. Secondo le valutazioni degli esperti, conseguenza
della loro deportazione potrà essere la crescita dei prezzi in una serie di settori dell’economica
come minimo di un punto percentuale.
Il professore dell’Istituto di amministrazione pubblica e diritto dell’Università Statale di
amministrazione, Vladimir Volokh, ritiene che l’approvazione da parte delle autorità di misure
repressive non sia il percorso più corretto. Negli ultimi due anni 1,2 milioni di stranieri sono
usciti dall’economia sommersa grazie all’introduzione di un sistema di patenti. Proprio questo
percorso deve essere seguito, perfezionando al contempo il sistema delle quote. “Grazie al
lavoro degli immigrati si ottiene fino al 7-8% del PIL russo. Non conosco nessun esperto che
possa affermare che possiamo farcela senza gli immigrati” ha sottolineato Volokh.
Il capo del Servizio Federale Migrazioni Konstantin Romodanovsky valuta il contributo degli
immigrati nell’economia russa pari a 50 miliardi di dollari, cifra che costituisce quasi l’8% del PIL
del Paese. Esperti indipendenti presentano i propri dati, in base ai quali su un rublo rimandato
dal lavoratore straniero all’estero, egli lascia in Russia 4-5 rubli. Ne consegue che anche un
illegale che lavora sottobanco in un cantiere dà comunque il proprio contributo alla produzione
del PIL russo.
Uno degli anelli deboli nella lotta contro l’immigrazione lavorativa illegale è rappresentato dal
datore di lavoro interessato ad assumere un collaboratore privo di diritti e che viene pagato
poco, ritiene il primo vice direttore dell’Istituto di Etnologia e Antropologia dell’Accademia
Russa delle Scienze Vladimir Zorin. Lo studioso non esclude che la lotta all’immigrazione illegale,
passata ad una fase attiva, abbia un carattere populista, legato alle elezioni di settembre.
Eppure conseguenze negative per l’economia nazionale restano inevitabili. A titolo d’esempio
Zorin ricorda il divieto agli stranieri di commerciare nei mercati, introdotto alcuni anni fa. Allora
i padroni dei centri commerciali avevano assunto russi ed erano stati costretti a dar loro uno
stipendio più elevato. Le spese dei commercianti si erano infine fatte sentire sui consumatori.
“Dietro a decisioni non ponderate vi è un aumento dei prezzi. Una famiglia su tre nelle maggiori
città ricorre ai servizi degli immigrati” ha constatato l’esperto.
A sua volta anche il collaboratore dell’Istituto di previsione economica nazionale dell’Accademia
delle Scienze, Yakov Dubenetsky, non esclude conseguenze negative per l’economia dalla
campagna contro gli immigrati illegali. La lotta si è intensificata nel momento in cui i tempi di
crescita economica stanno rallentando e la perdita di decine o persino di centinaia di punti
percentuali di crescita può risultare sensibile. L’esperto non mette in discussione che il mercato
del lavoro russo debba essere completamente trasparente. Ma per giungere a questo sono
necessari non solo arresti e deportazioni di centinaia e migliaia di illegali, bensì la concessione a
questi della possibilità di uscire dall’ombra, legalizzare il proprio soggiorno e la propria attività
lavorativa sul territorio del nostro paese.
“L’aumento dell’attenzione nei confronti degli immigrati illegali e degli immigrati in generale è
un fenomeno limitato nel tempo. L’attività vedrà un calo già in autunno. Per questo le
conseguenze per il PIL saranno minime. Un’altra questione riguarda il fatto che possano seguire
dei cambiamenti nei rapporti tra la Russia e i Paesi fornitori di forza lavoro” dice il direttore di
marketing e sviluppo della holding elettrotecnica internazionale EKF Electrotechnica, Aleksandr
Tezyaev.
Il direttore generale di ROSS Group Vladimir Stukan ritiene che la lotta all’immigrazione illegale
porterà inevitabilmente all’aumento del costo di alcuni prodotti e servizi. “D’ora in poi ai datori
di lavoro toccherà sostenere ingenti spese nel fondo di retribuzioni (un lavoratore legale deve
essere pagato di più, oltre alle detrazioni fiscali)” afferma. Ma ci sono anche vantaggi: ci si può
aspettare un risanamento del mercato del lavoro a causa del rifiuto dei prezzi dumping,
dell’aumento dei gettiti fiscali, della depenalizzazione tra i lavoratori stranieri.
Il vice direttore del Centro di analisi presso il governo, Gleb Pokatovich, è convinto che
l’immigrazione lavorativa illegale non sia il male peggiore per l’economia russa. Diretta
conseguenza di questo fenomeno è il mantenimento degli stipendi ad un basso livello.
“Caschiamo in una situazione in cui i lavoratori perdono lo stimolo allo studio e al
perfezionamento delle proprie competenze. La liberazione dagli immigrati illegali influirà sul PIL
del Paese. Come però questo avverrà, dipende in primo luogo dai metodi di risanamento del
mercato del lavoro. La deportazione difficilmente migliorerà la situazione, se il posto degli
immigrati deportati verrà occupato da altri” sottolinea Pokatovich.
Autore: Igor Naumov
Taglio: medio alto
Traduzione: Alice Bravin
Kommersant
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Pagina 1/6 – Gazprom ha perso profitti – Nonostante l’aumento dell’export in Europa
Malgrado il fatto che le forniture di gas in Europa crescono e i prezzi in Russia sono in aumento,
il profitto netto dopo le tasse di Gazprom è diminuito di più di un terzo. Il motivo principale sono
state le differenze nei tassi di cambio, le sperse per l’imposta sulle estrazioni dei minerali utili e
l’aumento del costo di produzione del gas nonché una drastica riduzione delle forniture in
Ucraina, pari quasi al 40%. Al contempo, grazie ai pagamenti retroattivi Gazprom ha contribuito
a migliorare i parametri di uno dei maggiori consumatori europei, la tedesca RWE. D’altronde,
la società russa ricupererà una parte dei mezzi riservati in precedenza a questo scopo.
Il profitto netto dopo le tasse di Gazprom secondo gli standard russi di contabilità, sulla base
del quale si calcolano i dividendi del monopolio, nel primo semestre è calato del 35%, fino a
250,1 miliardi di rubli, mentre il fatturato è cresciuto del 5,2% fino a 1,9 bilioni di rubli, dice il
rendiconto della società. Il ricavato dalle vendite di gas si è ridotto dello 0,7%, fino a 1,4 bilioni
di rubli, mentre il costo di produzione delle estrazioni è salito del 14%, fino a 935,8 miliardi di
rubli.
Le vendite di gas ai paesi che non rientrano nell’orbita sovietica hanno portato a Gazprom un
aumento del 7,4% grazie all’incremento dei volumi: l’export è cresciuto del 9,6% fino a 78,9
miliardi di metri cubi. Il catalizzatore principale dell’aumento sono state le forniture in Italia che
in gennaio-giugno sono raddoppiate: fino a 13,1 miliardi di metri cubi. L’export verso il mercato
europeo fondamentale per il monopolio, la Germania, è cresciuto del 7,9% - fino a 18,5 miliardi
di metri cubi, in Gran Bretagna – del 51,9%, fino a 5,85 miliardi di metri cubi. Invece le forniture
in un altro mercato importante, la Turchia, sono diminuite del 7,9%, fino a 12,9 miliardi di metri
cubi.
I consumi di gas venduto da Gazprom in Russia sono calati del 10% (fino a 152 miliardi di metri
cubi), ma il ricavato dalle vendite nel mercato interno è cresciuto del 3,7% grazie all’aumento
dei prezzi. Nella CSI però perdura la dinamica della diminuzione degli acquisti e dei prezzi,
soprattutto a causa dell’Ucraina. Nel primo semestre, il Paese ha acquistato il 39,3% di meno di
gas (9,7 miliardi di metri cubi). Le forniture nella Moldavia sono calate del 32,1%, fino a 1,12
miliardi di metri cubi, le esportazioni in Bielorussia sono rimaste a livello del 2012 – 10,39
miliardi di metri cubi.
Intanto che il fatturato di Gazprom è in calo, i suoi grandi consumatori migliorano i propri
parametri finanziari. Così, il profitto netto dopo le tasse del gruppo energetico RWE nel primo
semestre è cresciuto del 19,4% fino a €1,99 miliardi, in gran parte grazie ai pagamenti
retroattivi che Gazprom fu costretto di pagare per la decisione del tribunale. In particolare, la
corte ha stabilito che il contratto con RWE per la fornitura di gas andava modificato a posteriori
a partire dal maggio 2010, e che una parte del ricavato pagato in eccesso andava restituita
all’acquirente. Questi pagamenti hanno aiutato RWE ad incrementare l’utile operativo del 12%,
malgrado il calo delle entrate nel settore dell’energia elettrica. Inoltre, Gazprom non è riuscita a
impugnare la decisione della corte per un’altra causa, l’esenzione di RWE Tansgas dai
pagamenti per il gas non consumato (la somma della causa era superiore a $500 milioni). Il
Tribunale commerciale di Vienna ha respinto l’istanza di Gazprom export il 20 giugno.
La fonte di Kommersant nel mercato però assicura che il calo dei profitti di Gazprom non è
legato ai pagamenti retroattivi a RWE, in quanto le somme necessarie per effettuarli erano
state riservate ancora nel 2012. Anzi, sottolinea l’interlocutore di Kommersant, i pagamenti
eseguiti per la decisione del tribunale si sono rivelati inferiori alle aspettative di Gazprom, per
questo i mezzi potrebbero ritornare nei suoi conti. La fonte di Kommersant valuta i dividendi
per la fine dell’anno al livello di 6 rubli per azione o anche di più “nel caso di congiuntura
favorevole”.
Vitaly Kryukov di IFD-Kapital spiega il calo dei profitti di Gazprom con l’aumento del tasso di
cambio del dollaro, delle spese e dell’imposta sulle estrazioni dei minerali utili. Artur Akhmetov
di IFK Solid ritiene che nel futuro ci si potrebbe aspettare una crescita del ricavato e del profitto
dopo le tasse di Gazprom grazie all’aumento delle forniture di gas in Europa. L’economia
dell’eurozona è finalmente uscita da una recessione di un anno e mezzo, e la domanda per i
beni energetici nei paesi più importanti, soprattutto in Germania, crescerà, dice l’analista. Alla
fine dell’anno, l’aumento del ricavato potrebbe ammontare, stando ai suoi calcoli, al 10%,
quello del profitto dopo le tasse – al 15-20%. Il signor Kryukov aggiunge che nel secondo
semestre i parametri finanziari di Gazprom possono migliorare anche grazie al fatto che da
luglio il prezzo del gas in Russia è stato indicizzato del 15%.
Autore: O. Mordyushenko, M. Serov
Taglio: alto
Traduzione: Lev Kats