la presa e l`indurimento del calcestruzzo

Transcript

la presa e l`indurimento del calcestruzzo
BBC Betonrossi Basic Concrete a cura di Luigi Coppola e del Servizio Tecnologico di Betonrossi S.p.A.
15
LA PRESA E L’INDURIMENTO
DEL CALCESTRUZZO
U
n calcestruzzo subito dopo il mescolamento si presenta, a seconda del
quantitativo di acqua e di additivo impiegato, come una massa di consistenza plasticofluida dotata di scorrevolezza ed eccellente deformabilità.
In questo stato, il calcestruzzo permane per qualche ora (questo tempo dipende generalmente dal quantitativo di acqua impiegato, dal tipo e dalla classe del cemento utilizzato,
dalla temperatura, da eventuali additivi aggiunti all’impasto) e può, quindi, essere rimescolato, trasportato, introdotto all’interno di una cassero assumendone la forma e, infine,
essere compattato. Successivamente, il calcestruzzo “inizia la presa” perdendo le iniziali
caratteristiche di scorrevolezza e diviene sempre meno deformabile a tal punto che un suo
eventuale rimescolamento, non solo risulterebbe di difficile attuazione, ma disturberebbe
il processo di idratazione determinando una irrimediabile drastica penalizzazione delle prestazioni meccaniche dell’impasto.
Questo processo termina, “ fine presa”, dopo 6-24 ore (ancora una volta questo tempo è
influenzato dai parametri sopramenzionati) ed è seguito dalla fase dell’indurimento vero e
proprio che coincide con la trasformazione dell’impasto in una massa, dell’aspetto tipico
dei materiali lapidei, dotata di apprezzabile resistenza meccanica a compressione.
Si ringraziano i Laboratori Mapei per la pubblicazione di questa immagine
Le trasformazioni macroscopiche della reologia del calcestruzzo sono associate ad una
serie di trasformazioni chimiche che si manifestano in diversi stadi con sviluppo di calore.
Il primo stadio, chiamato periodo di preinduzione, è caratterizzato da un forte sviluppo di
calore determinato dalla idratazione del C3A, con la produzione degli alluminati idrati esagonali, cui segue, quando la soluzione si satura di solfato di calcio, la formazione dell’ettringite.
Quest’ultima si deposita sul C3A ancora anidro impedendo che il processo continui. Il periodo
di preinduzione è seguito da una fase “dormiente” in cui la reazione di idratazione risulta
sostanzialmente bloccata, come testimoniato dalla pratica assenza di calore sviluppato.
50
Al periodo dormiente segue una terza fase caratterizzata da una elevata velocità di sviluppo del calore conseguente, da una parte, alla rottura della pellicola di ettringite e, quindi, alla ripresa dell’idratazione. Questa fase coincide con “l’inizio presa” dell’impasto e con
la conseguente perdita di plasticità. Il processo prosegue per qualche ora e prima che esso
raggiunga il massimo valore della velocità di sviluppo del calore l’impasto termina la presa
(“fine presa”) e inizia l’indurimento vero e proprio del calcestruzzo.
BBC Betonrossi Basic Concrete a cura di Luigi Coppola e del Servizio Tecnologico di Betonrossi S.p.A.
Da un punto di vista pratico il periodo di preinduzione e quello dormiente coincidono
con le fasi di mescolamento degli ingredienti del calcestruzzo in betoniera, di trasporto
dalla centrale di betonaggio al cantiere, di posa in opera e compattazione del conglomerato
all’interno della cassaforma. La durata di questi periodi, pertanto, deve essere tale da non
ostacolare queste operazioni che sono legate evidentemente alla logistica del cantiere e al
tipo di opera che si deve realizzare.
L’inizio della presa rappresenta il momento in cui l’impasto non è più manipolabile; non
sarà, quindi, possibile nè gettarlo all’interno del cassero né consigliabile effettuare, ad
esempio, alcuna compattazione anche se la posa è stata ultimata.
Il tempo di inizio presa coincide, inoltre, con il momento in cui è possibile iniziare la stagionatura umida dell’impasto mediante la bagnatura con acqua delle superfici del getto non
casserate, operazione necessaria ad evitare la precoce evaporazione dell’acqua che determinerebbe negli strati più corticali del getto una maggiore porosità oltre alla comparsa
delle fessurazioni da ritiro plastico. E’ sconsigliabile, invece, irrorare le superfici del getto
prima che l’impasto faccia presa in quanto il calcestruzzo ancora plastico finirebbe per
assorbirla con un aumento del rapporto acqua–cemento e, conseguentemente, con uno scadimento delle prestazione meccaniche e di durabilità del manufatto realizzato.
Altrettanto importante è il tempo di fine presa, soprattutto in relazione ai tempi di
scassero di un determinato elemento strutturale. Ad esempio, è sconsigliabile procedere
alla rimozione dello sponde di un cassero di un muro di sostegno prima che il calcestruzzo
termini la presa in quanto il solo peso proprio del conglomerato potrebbe determinare uno
spanciamento della struttura al piede del muro. Allo stesso modo, la conoscenza dei tempi
di fine presa può rivelarsi fondamentale per una struttura gettata nel periodo invernale se
si prevede che la temperatura durante la notte possa scendere al di sotto di 0°C. Infatti,
un impasto con un tempo di presa troppo lungo potrebbe non avere una resistenza a compressione/trazione sufficiente per poter resistere senza fessurarsi alle tensioni indotte dalla
formazione del ghiaccio.
In cantiere la determinazione dei tempi di presa può essere effettuata sulla malta ottenuta per vagliatura del calcestruzzo con un crivello 5 UNI 2334. Il tempo di presa, determinato mediante il penetrometro Proctor, viene messo in relazione con la resistenza offerta
dalla malta alla penetrazione di una sonda. L’inizio e la fine presa vengono individuati dal
tempo trascorso dal confezionamento dell’impasto fino a quando lo stesso offre una resistenza alla penetrazione della sonda, rispettivamente di 3.5 e 28 N/mm2.
Al termine della presa, inizia il processo di indurimento cui è associato lo sviluppo delle
resistenze meccaniche dell’impasto che dipendono dal rapporto a/c, dal tipo e dalla classe
di cemento utilizzato, dalla temperatura, dalla natura e dal dosaggio degli additivi utilizzati, dalle modalità con cui il calcestruzzo viene maturato. Sebbene siano stati proposti
diversi metodi per valutare il grado di indurimento dell’impasto, dal punto di vista pratico
il metodo più affidabile, di facile applicazione anche nel cantiere, è ancora oggi rappresentato dalla determinazione della resistenza meccanica a compressione mediante prove di
schiacciamento su provini confezionati al momento del getto.
51