DE GASPERI E MARITAIN: UNA PROPOSTA POLITICA

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DE GASPERI E MARITAIN: UNA PROPOSTA POLITICA
Piero Viotto
DE GASPERI E
MARITAIN:
UNA PROPOSTA POLITICA
Con prefazione di
Stefano Zamagni
ARMANDO
EDITORE
VIOTTO, Piero
De Gasperi e Maritain: una proposta politica ;
Prefazione di Stefano Zamagni
Roma : Armando, © 2013
80 p. ; 20 cm. (Temi del nostro tempo)
ISBN: 978-88-6677-424-2
1. De Gasperi scopre Maritain
2. L’Umanesimo integrale
3. La laicità dello Stato e l’autonomia del laicato cattolico
CDD 945
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SOMMARIO
Prefazione di STEFANO ZAMAGNI
7
Premessa
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1. De Gasperi scopre Maritain
12
2. Un duplice “no” al fascismo e al comunismo
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3. L’Umanesimo integrale
19
4. L’invasione dell’Etiopia e la guerra civile in Spagna
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5. La persona umana e il bene comune
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6. Dal “Partito popolare” alla “Democrazia cristiana”
34
7. Dopo la caduta del fascismo: monarchia o repubblica?
44
8. Gli anni dell’Assemblea Costituente
49
9. Il “Fronte Democratico Popolare” e le elezioni politiche del 1948 58
10. L’“operazione Sturzo” nel 1952
63
11. La laicità dello Stato e l’autonomia del laicato cattolico
68
12. Le motivazioni filosofiche di una scelta politica
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Indice dei nomi
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PREFAZIONE
Stefano Zamagni*
Il saggio che Piero Viotto − uno dei più autorevoli interpreti del pensiero e dell’opera di Jacques Maritain − porta ora all’attenzione e al giudizio del lettore è un contributo notevole alla storiografia su Alcide De
Gasperi. È tale soprattutto perché getta nuova e credibile luce, su due
questioni specifiche, eppure importanti, riguardanti il progetto politico
del grande statista trentino.
La prima di queste concerne il retroterra culturale che ha condotto De
Gasperi a “inventare” il modello di economia mista di mercato: nella sfera privata si accolgono i principi liberali; nella sfera pubblica si applica
il modello di Stato limitato. Quest’ultimo è uno Stato né minimo (come
invece volevano i liberali), né interventista su tutti i fronti (come invece
volevano gli statalisti); ma uno Stato che può essere anche forte, purché
si mantenga entro limiti ben definiti. Quello Stato limitato è dunque uno
Stato abilitante, che promuove e incoraggia tutte quelle forme di azione
collettiva, che generano effetti pubblici attraverso la promozione di assetti istituzionali, che facilitano la “fioritura” dei corpi intermedi della
società (come li chiama l’art. 2 della Costituzione). Ciò non sorprende
se si considera che l’impianto filosofico del pensiero di De Gasperi è il
personalismo di Emmanuel Mounier, di Jacques Maritain, di Giuseppe
Toniolo, di Luigi Sturzo.
La sintesi armonica fra solidarismo cristiano e libero mercato è il vero
capolavoro dello statista trentino, pari, per importanza, al capolavoro di
Parigi del febbraio 1947 nella circostanza del Trattato di pace, quando
De Gasperi riuscì a far accogliere l’Italia nel novero delle democrazie occidentali. Mantenendo le due sfere in equilibrio, De Gasperi ha dimostrato di saper fare tesoro delle complementarità istituzionali. È anche per
questa sua proverbiale capacità mediatoria – conseguenza del prolungato
* Docente
di Economia politica, Università di Bologna.
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esercizio della virtù della pazienza – che De Gasperi veniva considerato
punto di riferimento politico anche dagli altri interlocutori della classe
politica del tempo (Ivanoe Bonomi, Benedetto Croce, Carlo Sforza, Ugo
La Malfa, Giorgio Amendola, etc.).
La seconda questione, che il saggio di Piero Viotto pone bene in
evidenza, concerne il modo in cui De Gasperi interpreta i principi della
“Dottrina Sociale della Chiesa” con specifico riguardo al tema della giustizia sociale. La società giusta, per De Gasperi, non è solamente quella
che garantisce l’equità intesa come eguagliamento dei punti di partenza,
ma anche quella che assicura un certo grado di uguaglianza dei punti di
arrivo. E ciò per la fondamentale ragione che una democrazia, che mira
al bene comune, non può tollerare che si possa assistere passivamente
all’aumento endemico delle diseguaglianze. Di qui la lotta dello statista
trentino contro i monopoli (privati), il latifondo, le varie forme di rendita
parassitaria.
Si trattava infatti di battere le numerose elites che cercavano il controllo del potere economico, per esaltare la loro avidità. Disoccupazione
strutturale e povertà estrema furono sin da subito i principali cavalli di
battaglia di De Gasperi, il quale aveva ben compreso che sono i vested
interests, gli interessi costituiti, quando danno vita a forti coalizioni distributive, a rappresentare la più grave minaccia alla crescita. Il grande
merito del Nostro fu quello di essere riuscito a far sì che le coalizioni
distributive non prevalessero su quelle produttive. Come? Applicando la
democrazia effettiva per contrastare le politiche (fiscali, finanziarie, industriali) di conquista del potere. Per De Gasperi, la democrazia è effettiva quando riesce ad impedire che le diseguaglianze sociali si trasformino
in diseguaglianze di potere politico. Ecco perché la libertà economica
è fondamentale, perché consente a tutti di beneficiare delle condizioni
per lo sviluppo delle proprie capacità. Il riferimento al principio di sussidiarietà – di cui Pio XI (1931) aveva fornito la definizione ancor’oggi
canonica nella Quadragesimo Anno – è al riguardo esplicito.
Occorre essere davvero grati a Piero Viotto per questa concisa ma densa ricostruzione storica dell’influenza esercitata dal pensiero maritainiano sulla architettura intellettuale di De Gasperi. Ha scritto Montesquieu:
“Non bisogna mai esaurire un argomento al punto di non lasciar nulla da
fare al lettore. Non si tratta di far leggere, ma di far pensare”. Certamente
Piero Viotto non ha esaurito l’argomento di cui si è occupato. Il lettore
avrà dunque tanto da fare e ancor più da pensare. Ma ciò che qui gli viene
offerto rappresenta una pista sicura e autorevole per andare oltre.
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PREMESSA
Jacques Maritain (1882-1973)1 non è il filosofo del partito della Democrazia cristiana, ma il filosofo cristiano della democrazia, perché la
religione, come la cultura, trascende la politica, e il cristianesimo; pur
animando la storia, non può identificarsi con un determinato movimento
politico. La religione, in se stessa e per sua natura, non è occidentale o
orientale, greca o latina, non è democratica o antidemocratica, di destra
o di sinistra, ma è l’alleanza dell’umanità con Dio nella prospettiva della
salvezza della persona umana nell’eternità. Maritain che, con Emmanuel
Mounier (1905-1950), fondatore della rivista «Esprit», è all’origine del
movimento personalista, a cui in Italia e in Spagna, ed in Sud America,
si ispirano diversi gruppi politici, non vuole che la sua filosofia politica si identifichi con un partito, perché il filosofo deve porsi al di sopra
dell’azione politica. Infatti nella Lettera sull’indipendenza, prendendo
le distanze anche dall’amico Mounier, che tendeva a trasformare il personalismo in azione politica, precisa che il porsi del filosofo al di fuori
dei partiti, quali che essi siano, la sua indipendenza davanti all’azione
immediata da intraprendere, che esige una parte considerevole di tecnica
e di arte, è tutto l’opposto dall’evasione e dalla fuga, perché “il filosofo
ha una qualche utilità tra gli uomini solo se rimane tale” e i principi regolatori di una buona politica “non sono di destra o di sinistra, ma appartengono ad un ordine superiore e sono fondati in Dio”2. La religione e la
filosofia certamente possono orientare “da lontano” l’azione politica, ma
1 Tutte le opere in Jacques e Raïssa Maritain, Oeuvres Complètes, Editions Universitaires Fribourg-Editions Saint Paul, Paris 1986-2008, vol. 17. Per un’analisi dei singoli volumi si veda P. Viotto, Dizionario delle opere di Jacques Maritain, Città Nuova,
Roma 2003, e Dizionario delle opere di Raïssa Maritain, Città Nuova, Roma 2005. Per
una conoscenza del pensiero maritainiano nella sua genesi si veda P. Viotto, Introduzione a Maritain, Laterza, Bari-Roma 2000.
2 J. Maritain, Lettre sur l’indépendance, Desclée de Brower, Paris 1935; tr. it. Lettera sull’indipendenza, in Scritti e manifesti politici 1933-1939, a cura di G. Campanini,
Morcelliana, Brescia 1978, p. 64.
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spetta ai partiti, che come tali sono delle frazioni nel tessuto sociale, guidare “da vicino” l’azione politica e gestire le istituzioni pubbliche, nella
concretezza delle situazioni storiche. Maritain non esclude l’esistenza di
partiti politici di ispirazione cristiana, rigorosamente laici, ma esclude
“partiti cattolici”. Infatti a Roma, ambasciatore della Repubblica francese presso il Vaticano, nel discorso del 14 luglio 1947, loda l’iniziativa
di Georges Bidault e Maurice Schumann, che nel 1944 hanno dato vita
al “Mouvement Républicain Populaire”: “Mi sembra un fatto importante
che la vita politica francese si incammini verso una rappresentanza più
organica delle diverse realtà tra le quali si manifesta il pensiero profondo
del popolo francese. Che in Francia, accanto ad altri partiti ci sia adesso
anche un partito – il filosofo desidererebbe poter dire più partiti – manifestazione di forze e realtà civiche che non avevano trovato fino ad
ora espressione politica, è una grande novità di considerevole significato
storico”3. Alcide De Gasperi (1881-1954) viene a conoscenza del pensiero di Maritain al tempo del regime fascista, durante il suo esilio in Vaticano. Sostenuto in questa ricerca da mons. Giovanni Battista Montini
(1897-1963) in quel tempo in Segreteria di Stato.
Maritain, come filosofo, non vuole essere coinvolto nel groviglio delle lotte politiche, anche se molti uomini politici si ispirano alla sua filosofia. Troviamo una conferma di queste sue convinzioni e di questo suo
comportamento nella corrispondenza con il brasiliano Amoroso Alceu
Lima e con il cileno Jame Castillo Velasco4. Nel 1947 gli amici sudamericani si riuniscono a Montevideo con l’intenzione di fondare un’“Organizzazione Democratico Cristiana d’America”, quasi una Internazionale
bianca da opporre alla Internazionale rossa dei partiti comunisti. Inviano
a Maritain questo telegramma: “Riuniti a Montevideo i gruppi democristiani sudamericani per studiare la nostra posizione di fronte ai grandi
problemi sociali contemporanei, salutano in voi il maestro dell’Umanesimo integrale, che noi riteniamo la soluzione ideale dei nostri problemi
economici e politici” (17 aprile 1947). Alceu Lima invia a Maritain le
conclusioni del convegno e il filosofo gli risponde: “Sono fiero che il
nome di Umanesimo integrale abbia ricevuto una consacrazione storica
da parte di coloro che hanno formulato questo atto di fondazione”, ma
3 Il discorso del 14 luglio 1947 si trova in Oeuvres Complètes, vol. VIII, pp. 11361140.
4 Tutti i frammenti dalle corrispondenze di Jacques e Raïssa Maritain, riportati in
questo saggio sono tratti dal volume P. Viotto, Grandi amicizie: i Maritain e i loro contemporanei, Città Nuova, Roma 2008.
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subito dopo raccomanda di non trasformare il gruppo in “una unione internazionale di partiti politici di ispirazione cristiana”, ma di promuovere, invece, “un movimento di ordine intellettuale e culturale” (13 giugno
1947). Maritain nel post scriptum fa presente a Lima che mons. Montini,
che lui ha informato del progetto in corso, auspicherebbe “un controllo
dottrinale sul programma ideologico fondamentale”, ma che lui teme che
questo controllo possa essere “un danno per l’autonomia laica del vostro
movimento”.
Per Maritain esiste dunque una politica cristiana, con una sua originalità specifica, diversa da una politica liberale e da una politica socialista,
che realizza il fermento evangelico nella storia, ma non è una ideologia, e non impegna la Chiesa. È quanto ha capito De Gasperi leggendo
Maritain, ed è anche la posizione del teologo svizzero Charles Journet
(1891-1975), il migliore amico di Maritain, con cui ha scambiato, nel
corso degli anni, quasi 2000 lettere5, e del filosofo Étienne Gilson (18841978) che ha recuperato nelle Università francesi e canadesi la filosofia
di san Tommaso6. Al suo Vescovo, Marius Besson, che lo rimprovera per
gli articoli della sua rivista «Nova et Vetera» contro il nazismo e contro
il fascismo, che avrebbero disturbato la neutralità della Svizzera, Journet
scrive: “Quando io dico a qualcuno che non sono fascista e malgrado
le mie negazioni mi fa passare per comunista, trovo che dal punto di
vista del ragionamento ci troviamo davanti ad un paralogismo, perché,
grazie a Dio, si può essere partigiani di una terza soluzione e optare per
una politica cristiana” (mercoledì santo 1937) e poi precisa che a livello
istituzionale, riguardante lo Stato, ci può essere una “neutralità politica”,
ma che a livello personale non può esserci “neutralità morale” perché è
in gioco la verità7.
5 Ch. Journet, J. Maritain, Correspondance (1920-1973), Editions Saint-Augustin,
Saint-Maurice (Svizzera) 1996-2008, vol. 6.
6 É. Gilson, Le Thomisme, Vrin, Paris 1919; É. Gilson, J. Maritain, Correspondance
(1923 -1971), Vrin, Paris 1981.
7 Si vedano i dossier delle lettere scambiate tra Ch. Journet e M. Besson nelle appendici di Ch. Journet, J. Maritain, Correspondance (1920-1973), cit., vol. 2, pp. 949963 e vol. 3, pp. 865-890.
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