Jacques Maritain, il Concilio Vaticano II e la

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Jacques Maritain, il Concilio Vaticano II e la
JACQUES MARITAIN
E IL
CONCILIO VATICANO II
Roberto Papini
International Jacques Maritain Institute
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Dall’analisi storica dei dati disponibili risulta chiaramente un’influenza della riflessione filosofica di
Jacques Maritain nei dibattiti conciliari e nei testi dei documenti conclusivi del Concilio Vaticano II,
soprattutto a riguardo dei problemi relativi ai rapporti tra la Chiesa e il mondo, tra la Chiesa e lo Stato,
e a proposito della libertà religiosa, con il conseguente riconoscimento del pluralismo delle fedi.
Questa influenza, che si riscontra negli interventi preparatori, nelle discussioni in commissione e in
aula, nella redazione dei testi, passa attraverso gli interventi di Giovanni Battista Montini, prima come
arcivescovo di Milano e poi come Pontefice e del teologo svizzero Charles Journet, che elevato, suo
malgrado alla porpora cardinalizia, partecipa direttamente al dibattito conciliare. Maritain stesso ne è
consapevole come risulta dalla “Preghiera di ringraziamento” con cui apre nel 1966 il suo libro Il
contadino della Garonna1 nella quale manifesta la sua gioia per i risultati del Concilio:
“Si esulta al pensiero che la giusta idea di libertà è ormai riconosciuta e messa in onore tra le grandi
idee direttrici della sapienza cristiana..... (XIII, 668)
“Si esulta al pensiero che è stata ora proclamata la liberà religiosa..... (XIII, 668)
“Si esulta al pensiero che la Chiesa ci ingiunge di trattare realmente da fratelli tutti coloro che
sappiamo più o meno lontani dalla Verità...... (XIII, 669)
“Si esulta al pensiero che la Chiesa riconosce e dichiara la bellezza, la dignità proprie di questo
mondo..... (XIII, 669)
“Si esulta al pensiero che la Chiesa afferma e benedice la missione temporale del cristiano..... (XIII,
670)
“Si esulta al pensiero che la Chiesa ha messo in luce lo statuto dei suoi membri laici ..... (XIII, 670)
Seguendo queste piste possiamo rintracciare in quali snodi del dibattito preconciliare, conciliare, e
postconciliare il pensiero di Maritain ha trovato modo di esercitare una precisa influenza, tenendo
presente il criterio di interpretazione, indicato ancora dal filosofo: "Dopo sedici secoli, che sarebbe
vergognoso calunniare o pretendere di ripudiare, siamo definitivamente usciti dall'età sacrale e
dall’età barocca. C'è stato il grande rovesciamento: “non sono più le cose umane che si incaricano di
difendere le cose divine, bensì queste che si offrono a difendere le cose umane” (XIII, 671). Inoltre è lo
stesso Maritain a commentare i lavori e i documenti del Concilio nei suoi libri, in particolare i capitoli
IV e V della «Gaudium et Spes», lo «Schema XIII» e la «Dichiarazione sulla libertà religiosa».
**Prima del Concilio
1
Questo rovesciamento nei rapporti tra Chiesa e mondo, ha comportato anche i suoi rischi, come
Maritain ha individuato con toni ironici parlando dei “Montoni di Panurgo” estremisti di sinistra e dei
“Ruminanti della Santa Alleanza” estremisti di destra: Quelli di sinistra “fanno di solito una magra
figura in materia filosofica e teologica (sono fideisti, modernisti, tutto quel che si vorrà pur di essere
all'avanguardia), mentre in materia politica e sociale il loro istinto li spinge verso la buona dottrina
che più o meno rovineranno” (XIII, 702). Quelli di destra fanno l'inverso: “Io sto lontano quanto posso
dagli uni e dagli altri, ma è naturale che mi senta meno lontano dai primi quando si tratta delle cose
che sono di Cesare, e meno lontano dai secondi, ahimé, quando si tratta delle cose che sono di Dio”
(XIII, 702-703). Questo rovesciamento che il Concilio ha promosso, evitando il fideismo e
l’autoritarismo, garantendo il diritto della libertà di coscienza e il dovere primordiale verso la verità, è
stato profeticamente annunciato da un opera di M. del 1936 Umanesimo integrale2, che ha fatto molto
discutere, che ha suscitato molte polemiche, che ha rischiato di essere messo all’indice, soprattutto
dopo gli articoli di padre Messineo su “La Civiltà Cattolica”. Ma i lettori attenti di M. avevano
compreso la vera portata dell’opera, la sua carica di rinnovamento, la sua ortodossia rispetto alle linee
fondamentali della dottrina cristiana, che ha riconosciuto, anche in modo non sempre esplicito e
coerente, la distinzione evangelica tra le cose di Dio e le cose del mondo. Tra questi lettori attenti un
posto rilevante ha Giovanni Battista Montini che non solo difende Umanesimo integrale ma ne travasa
le idee nelle sue proposte a Giovanni XXIII per i lavori conciliari.
In quegli anni in cui Maritain era accusato di “naturalismo integrale”, il card. Montini non solo cita
l’opera di Maritain, ma pubblicamente lo difende. In occasione di un discorso al VI Congresso
Internazionale per l’Apostolato dei Laici nell’ottobre del 1957 cita a voce Maritain dicendo: “Gli studi
fatti da filosofi cattolici sull’umanesimo cristiano, come per esempio Maritain, possono apportare un
buon contributo alle nostre riflessioni e alle nostre azioni”3. Maritain che è in America scrive
all’Arcivescovo di Milano: “Eccellenza, vengo a conoscere da un ritaglio di stampa la commovente
testimonianza che avete avuto la bontà di donarmi nel vostro recente discorso al Congresso per
l’apostolato dei laici. Ne sono commosso nel profondo del cuore e vi ringrazio con profonda
gratitudine. Pregate per noi tre, Eccellenza e vogliate gradire con l’espressione dei miei sentimenti di
alta considerazione quelli della nostra rispettosa e fedele amicizia” (18 ottobre 1957). Montini gli
risponde “Ho voluto inserire una frase di commento ad un paragrafo del mio discorso al Congresso dei
laureati cattolici a Roma qualificando come eccessive le critiche fatte alla dottrina sull’Umanesimo di
Vostra Eccellenza; ben poco, perché non potevo dire di più, ma questo è stato sufficiente per avere un
applauso da una assemblea molto sensibile. La ricordo sempre con devota memoria e volentieri
pregherò per Lei e per le persone care che sono con Lei. Qui l’atmosfera non è cambiata, si vive
sempre tra grandi difficoltà spirituali. Ma la speranza cristiana ci consola. Dio la benedica”4 (22
ottobre 1957).
L’arcivescovo Montini non si limita a difendere Umanesimo integrale ma utilizza la problematica
affrontata da Maritain nel volume in un lungo passaggio del testo dei Pareri e voti per la buona
riuscita del Concilio5 inviato l’8 maggio 1960 alla Commissione antipreparatoria del Concilio Vaticano
II. Si riscontrano degli impliciti riferimenti soprattutto nel paragrafo A) “Questioni ed errori più
comuni”, dove si può leggere: “Venga chiarita e definita la dottrina sulle principali questioni dei
rapporti tra l’ordine soprannaturale e le realtà umane o i momenti umani delle cose che soprattutto
angustiano l’uomo moderno. Nel Concilio pare si debbano trattare gli argomenti che seguono: a) i
rapporti tra la vita politica e la vita religiosa, affermando sia la competenza della Chiesa sia i suoi
limiti, affinché ai cristiani venga proposta una dottrina chiara e valida dappertutto; b) il valore delle
cose o delle azioni cosiddette ‘temporali’ in relazione al raggiungimento del fine soprannaturale,
2
perché venga proposto il senso religioso, ma vero, di ogni attività umana ‘temporale’; c) la carità
cristiana e le sue conseguenze necessarie logiche nella vita sociale, affinché la vita cristiana venga
presentata come il vero fermento di ogni bene, anche temporale, del genere umano, fermento che
niente può sostituire”6. Anche Philippe Chenaux nel suo studio sui rapporti tra Montini e Maritain
riconosce l’influenza della riflessione maritainiana su questo paragrafo7. Che Montini ricordasse
Maritain in queste sue proposizioni lo si può anche rilevare dalle sollecitazioni che esplicitamente
rivolge a Maritain a proposito del Concilio, quando in una lettera del 25 luglio 1960, inviando gli
auguri per la festa di san Giacomo, gli scrive negli Stati Uniti, ove il filosofo era tornato: “Cosa
pensate della convocazione del prossimo Concilio? Come vedete la vita della Chiesa in questo
periodo? Quest’anno non venite in Europa?”8. D’altra parte è Montini stesso a rispondere alla
problematica sollevata circa i rapporti tra religione e cultura, tra vita eterna e vita terrena, tra
umanesimo e cristianesimo, nell’omelia dell’ Assunta del 1962, che il curatore degli Scritti e discorsi
milanesi titola “I due fini della vita”: “A prima vista sembra che i due mondi, temporale ed eterno, si
escludano a vicenda nell’animo umano. Quando si pongono come sufficienti ed assoluti, l’uno si
oppone all’altro. Il materialismo, o meglio la concezione puramente umana della vita, diventa
facilmente negatore dell’immortalità dell’anima e negatore di Dio... D’altro canto uno spiritualismo
esclusivo, cioè l’orientamento totale della vita ai beni invisibili e ultraterreni, sembra essere
inammissibile, e pare favorire il disinteresse per le realtà presenti e favorire l’inettitudine, la pigrizia,
il pessimismo a riguardo dello sviluppo umano e dei beni, pur apprezzabili e necessari, del mondo
temporale”9. Si tratta di raccordare questi due fini, senza strumentalizzare il temporale all’eterno, quasi
fosse un mezzo ad un fine, perchè, precisa Maritain, il temporale non è un “mezzo”, è un “fine”, anche
se è un “fine infravalente”, in quanto il fine ultimo dell’uomo resta Dio10.
**Durante il Concilio
Paolo VI eredita il Concilio da Giovanni XXIII e subito lo continua; durante i lavori non interferisce
anche se vigila, e non manca occasione nella sua azione pastorale e diplomatica di inviare ai Padri
conciliari degli imput in relazione agli argomenti che più gli stanno a cuore, e che come Arcivescovo di
Milano aveva segnalato a Giovanni XXIII. Un dossier di questi interventi, a proposito della questione
della libertà religiosa che venne definita nella dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, il 7
dicembre 1965, è stato preparato da Angelo Maffeis per un recente convegno11. La lettura di questa
ampia documentazione conferma la persistente influenza della riflessione maritainiana. Il 17 aprile
1964 nel discorso ai partecipanti al “Seminario regionale europeo delle Nazioni Unite sulla libertà di
informazione” annuncia “E’ una questione la cui l’importanza e la cui estensione sono tali che il
Concilio ecumenico se ne fa carico. Si può legittimamente attendere su questo punto la promulgazione
di un testo di grande portata non solo per la Chiesa, ma per tutti coloro, e sono numerosi, che si
sentiranno coinvolti da una dichiarazione autorevole su questa materia”12.
Nel 1964 Paolo VI mandò in missione a Tolosa, mons. Pasquale Macchi sia per invitare Maritain, ad
insistere presso Journet affinché il teologo accettasse la nomina a Cardinale, sia per consultare il
filosofo su alcune questioni in discussione al Concilio. L’incontro avvenne il 27 dicembre 1964 e si
concluse con un impegno da parte de filosofo di stendere qualche nota sulle questioni trattate13.
Maritain stese quattro 'memoranda riguardanti “La verità”, “La libertà religiosa’, “L’apostolato dei
laici” “La preghiera” e La liturgia” che furono recapitati a Paolo VI, nel marzo del 1965 e che sono
conservati negli Archivi del Vaticano e negli Archivi Maritain, di Kolbsheim14. Il documento sulla
libertà riassume tutta la riflessione filosofico-politica maritainiana, e sottolinea la possibile convivenza
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tra cristianesimo e democrazia, nel pieno rispetto della verità e della libertà nei rapporti tra Stato
Chiesa.: “La Chiesa è il Regno spirituale della Verità, della Verità rivelata da Dio per la salvezza degli
uomini, ed essa ha la missione divina di insegnare la Verità. Essa ha dunque diritto sulle anime e sulle
coscienze; ed è nella verità e per la verità che essa le aiuta a raggiungere la pienezza della loro
libertà... Ma il corpo politico o lo Stato, che è il regno temporale del bene comune terrestre, non ha
alcuna missione e alcuna competenza per insegnare la verità o per guidare verso di essa. E' per questo
che non ha alcun potere sulle anime e sulle coscienze. E' di fronte a lui che la libertà religiosa
dev'essere proclamata e garantita come uno dei diritti fondamentali della persona umana”15. La
questione della libertà in politica, non riguarda la verità ma le persone che vivono nella società civile. E
Maritain rileva: “Il fatto stesso che la società temporale, divenuta strettamente temporale o
secolarizzata riunisca nel suo compito comune e nel suo bene comune uomini appartenenti a diverse
famiglie religiose, ha per conseguenza che il principio della uguaglianza dei diritti sia applicato -- non
a delle "dottrine" o a delle "credenze", cosa che non avrebbe senso -- ma ai cittadini, alle persone
umane, che, pur essendo membri del corpo politico, appartengono a differenti famiglie religiose (o alla
famiglia dei non credenti). Ogni persona umana, membro della società civile, ha diritto alla libertà
religiosa... Anche se un solo cittadino fosse in dissenso rispetto alla fede religiosa dell'intero popolo, il
suo diritto alla dissidenza non potrebbe essere infranto da parte dello Stato”16.
Non si tratta di confinare la religione nel privato e fare dello Stato un fautore del relativismo, quasi che
tutte le idee circolanti nella società fossero vere e lo Stato dovesse essere indifferente ai valori. Lo Stato
democratico non può essere "neutro", deve invece essere "neutrale"; non può istituzionalizzare una
confessione religiosa nelle sue strutture, ma deve proporzionatamente alla adesione dei cittadini
rispettarle ed aiutarle, ciascuna secondo la sua identità. Anche lo Stato ha dei doveri verso la religione,
tanto che Maritain, aggiunge “Per evitare ogni malinteso, è opportuno aggiungere che se il corpo
politico non ha alcun diritto di imporre la sua autorità sugli spiriti in materia di fede religiosa (o
altro), lui stesso, in compenso ha dei doveri verso Dio secondo come lo conosce e verso la verità
religiosa secondo come, in virtù delle tradizioni storiche all'opera in lui, il popolo che costituisce tale
corpo politico, conosce più o meno perfettamente questa verità. Se per le avventure della sua storia il
popolo in questione, come per esempio è il popolo americano "Protestante, Cattolico, Ebreo, è a nome
di queste tre confessioni religiose che avrà luogo la preghiera pubblica nelle occasioni nelle quali
l'insieme del popolo si troverà in qualche modo rappresentato17.
Intanto Paolo VI si reca il 4 ottobre 1965 all’ONU e nel suo discorso all’Assemblea generale sottolinea
come nei diritti dell’uomo uno dei primi sia quello della libertà di coscienza: “Ciò che voi qui
proclamate sono i diritti e i doveri fondamentali dell’uomo, la sua dignità, la sua libertà, e prima di
tutto la libertà religiosa. Noi sentiamo che voi siete gli interpreti di ciò che è più elevato nella
saggezza umana, noi diciamo quasi sacro. Perché è della vita dell’uomo che si tratta, e la vita
dell’uomo è sacra, e nessuno può osare attentarla”18.
Come dimostra la dettagliata analisi di Silvia Scatena19 questa convinzione che la libertà di coscienza
scaturisca proprio dalla dignità della persona è stata portata al Concilio dal card. Journet nella seduta
conclusiva riguardante la dichiarazione Dignitatis Humanae. Nelle discussioni in corso emerse
chiaramente l’influenza “del filosofo francese e del gesuita americano John Courtney Murray”20. “Tutta
l’attenzione dell’aula è stata polarizzata dal card. Journet, che quella mattina interveniva in assemblea
per la prima volta. Il teologo svizzero lesse un intervento di sintesi, un intervento in cui si è vista talora
una diretta suggestione di Paolo VI. Lo sforzo di Journet fu infatti quello di fare un bilancio sugli
elementi di accordo e di divisione emersi nel dibattito... L’argomento principale, ricordato e sviluppato
4
dal teologo, fu essenzialmente quello della multisecolare distinzione dei poteri, civile e religioso”21.
Anche Y. Chiron riconosce l’importanza decisiva dell’intervento di Journet, e ricorda che l’11
settembre del 1965 Maritain era a Roma, ed era stato ricevuto da Paolo VI a Castelgandolfo22. Yves
Congar ricorda l’intervento di mons Wright, vescovo di Pittsburg, “che citò estesamente un passaggio
di Maritain”23.
I Padri conciliari approvano la dichiarazione Dignitatis Humanae il 7 dicembre 1965; il testo esprime
un difficile ma forte equilibrio tra i diritti della libertà e i doveri verso la verità, tra la libertà soggettiva
e la verità oggettiva, argomento attorno a cui Maritain aveva lavorato una vita per garantire un
pluralismo non come criterio filosofico, che porterebbe al relativismo, ma come metodo politico per
evitare qualsiasi forma di autoritarismo24. Il giorno dopo Paolo VI in piazza san Pietro consegna a
Maritain il «Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza» dicendogli: “La Chiesa vi è riconoscente
per il lavoro di tutta la vostra vita”25. Nel Messaggio per ben quattro volte si fa riferimento alla verità
come oggetto e scopo della ricerca. Maritain risponde a questo pubblico riconoscimento con una lunga
lettera pubblicata in seguito su “L’Osservatore della domenica” del 6 marzo 1966, nella quale, tra
l’altro scrive: “Non ignoro che tra noi altri intellettuali ci sono uomini che si credono destinati a non
cercare che delle verità, senza amare la Verità. Il santo Padre non li trascura, perché a nessuno è dato
di giudicare il fondo dei cuori e perché in realtà, ritengo, che nessuno metterebbe tanto zelo nel
cercare delle verità se nelle regioni della sovracoscienza dello spirito non cercasse, e non amasse la
Verità, anche senza saperlo” (XII, 1245).
Questa presenza discreta di Maritain, a cui il Papa chiede anche consiglio per la stesura dei messaggi
finali del Concilio, non inorgoglisce il filosofo, tanto che in un lettera a Giovanni Stecco, un insegnante
del Seminario di Vicenza, proprio a proposito dell’incontro a Castelgandolfo in relazione ad una foto
apparsa sui giornali26 scrive “Sono sorpreso nell’apprendere che quella foto è stata pubblicata, io
credevo rimanesse strettamente privata negli archivi del Santo Padre. Il pellegrinaggio lampo che ho
fatto per dirgli la mia venerazione filiale e la fedeltà della mia dedizione, l’ho tenuto nascosto a tutti i
miei amici, e sono rimasto a Roma soltanto due giorni e mezzo, tra due aerei, senza vedere alcuno, per
conservare l’incognito. Ed ora Lei mi scrive che «tutti i giornali hanno notato lo spirito di affettuosa
amicizia che la foto rivela». Io che vivo ritirato dal mondo e ho tanta paura dei giornalisti! Quali
interpretazioni aberranti la gente vuol dare a ciò che era un semplice omaggio di pietà filiale? Non è
insomma, colpa mia. Dio sa ciò che permette... ” (24 settembre 1965). E qualche tempo dopo, a
proposito del «Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza»: “....si tratta di ben altro che di me; si
tratta di una certa continuità dottrinale. Io non sono che un povero moscerino, tutto stupefatto e
profondamente riconoscente per l’affetto che il Santo Padre ha la bontà di testimoniargli” (17
dicembre 1965)27.
Come risulta da una lettera a mons Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI, al filosofo erano stati
chiesti nell’incontro di Castelgandolfo alcuni suggerimenti per un messaggio agli insegnanti. “Il Santo
Padre, dopo avermi parlato dei diversi messaggi, che ha intenzione di indirizzare alla chiusura del
Concilio, mi ha domandato di riflettere a ciò che potrebbe essere detto ai professori, pensando che
qualche barlume di luce nasca a riguardo di questo nel mio spirito. Ciò che le mie riflessioni mi hanno
fatto vedere è l’abisso che separa un pensiero ed una parola ispirate come quelle del Vicario di Gesù
Cristo e non importa quale suggestione che un povero filosofo privo di ogni istinto profetico potrebbe
avere la straordinaria presunzione di permettersi” (3 novembre 1965); ed aggiunge alcune riflessioni
per il messaggio agli insegnanti. Questo messaggio non venne formulato, ma Paolo VI si ricordò delle
idee espresse quando il 29 aprile 1973, il giorno dopo la morte del filosofo al “Regina Coeli”
5
affiancando nel ricordo Maritain a Santa Caterina da Siena, lo commemora con queste parole: “E
l’altra voce, che oggi ci distrae e ci attrae, in un suo frammento inedito suona così: «“Ogni professore
cerca di essere quanto più possibile esatto, e ben informato come possibile nella disciplina particolare
sua propria. Ma egli è chiamato a servire la verità in modo più profondo. Il fatto è che a lui è
domandato d’amare prima di tutto la Verità, come l’assoluto, al quale egli è interamente dedicato,
s’egli è cristiano, è Dio stesso ch’egli ama”. Chi parla così? E’ Maritain, morto ieri a Tolosa, davvero
un grande pensatore dei nostri giorni, maestro nell’arte di pensare, di vivere e di pregare. Muore solo
e povero, associato ai Petits Frères di Padre Foucauld. La sua voce, la sua figura resteranno nella
tradizione del pensiero filosofico, e della meditazione cattolica. Non dimentichiamo la sua apparizione
in questa piazza, alla chiusura del Concilio, per salutare gli uomini della cultura nel nome di Cristo
maestro»28.
**Dopo il Concilio
Sia Maritain che Paolo VI dopo la conclusione dei lavori del Concilio sono ritornati più volte sui
dibattiti che si erano svolti ed in particolare sullo snodo cruciale dei rapporti Chiesa/mondo, sul grande
rovesciamento. Paolo VI già nel radiomessaggio del 23 dicembre del 1965 dichiara “L’incontro della
Chiesa con il mondo odierno è stato descritto in pagine mirabili dell’ultima Costituzione del Concilio:
ogni persona intelligente, ogni anima onesta deve conoscere quelle pagine: essi riportano, sì, la Chiesa
in mezzo alla vita contemporanea, ma non per asservire la società né per disturbare l’autonomo e
onesto svolgimento delle sue attività, sì bene per illuminarla, sostenerla e consolarla”29. E l’8 gennaio
1966 nel «Discorso al Corpo Diplomatico» si richiama ai testi conciliari che Maritain nel medesimo
anno commenta nel paragrafo quarto del terzo capitolo di Il contadino della Garonna 30, cioè allo
«Schema XIII» e alla «Dichiarazione sulla libertà religiosa». Maritain dopo avere sottolineato che i
risultati raggiunti sono dovuti al fatto che “questa Costituzione pastorale è impregnata dello spirito e
delle fondamentali vedute del Dottore Angelico” (XIII, 735) rileva come la persona umana sia
riconosciuta nella sua dignità in ogni uomo, cristiano e non-cristiano, e come sulla base dei principi
della Genesi e della Somma teologica il mondo sia riconosciuto nel suo valore e nella sua autonomia, e
come “il messaggio della Chiesa è ora formulato in modo definitivamente e felicemente allargato,
rivolto al mondo intero e alla universalità degli uomini, alla ‘civiltà profana’, che è quella di oggi ed è
in procinto di estendersi a tutti i popoli” (XIII, 738). Questo non significa una rottura della tradizione
ed una rinuncia alla evangelizzazione del mondo. Maritain precisa: “In verità, è la dottrina perenne
della Chiesa ad essere così riaffermata -- ma con note nuove e singolarmente importanti, poiché é
riaffermata «sotto il segno della libertà» -- non più per rivendicare il diritto ad intervenire «ratione
peccati» nelle cose del mondo, per reprimervi il male (a ciò, io penso, che sarà sempre costretta sotto
una forma o l’altra), ma per dichiarare il suo diritto e la sua volontà di animare, stimolare ed assistere
dall’alto, «ratione boni perficiendi», se così posso esprimermi, e senza ledere l’autonomia del
temporale, gli sviluppi del mondo verso un bene maggiore da raggiungere” (XIII, 737-738).
Queste idee furono sviluppate qualche tempo dopo in un intervento di Maritain all’Unesco, quando
mons J. Benelli, sostituto alla Segreteria di Stato di Paolo Vi chiese al filosofo francese di presentare il
punto vista cattolico all’«Incontro delle culture all’Unesco, dopo il Concilio Vaticano II». Così a Parigi
il 21 aprile 1966 “dopo un ebreo, René Cassin, --che rese omaggio al ruolo svolto da Maritain nella
preparazione della «Dichiarazione universale del diritti dell’uomo»--, un anglicano, un musulmano, un
ortodosso prese la parola Maritain”31, precisando subito che il titolo della sua relazione era stato
formulato in modo inesatto, Le condizioni spirituali del progresso e della pace, perché non teneva
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conto della distinzione tra le cose del mondo, cioè dell’ordine temporale, e le cose proprie dello spirito,
cioè di un ordine sopratemporale, distinzione a cui il filosofo aveva lavorato una vita a partire dalla
conferenza di Friburgo del 1930 su Religione e cultura32. Poi passa a commentare lo «Schema XIII» e i
paragrafi IV e V della «Gaudium et Spes» sottolineando l’importanza dell’educazione civica e politica,
la necessità di “una vera organizzazione politica del mondo, fondata sulla libera cooperazione dei
popoli e non su di un «Super Stato mondiale» (XIII,761), ma precisando che la pace non è soltanto
opera della giustizia, ma è essenzialmente frutto dell’amore e citando dalla «Gaudium et Spes»
“ciascuno di noi deve adoperarsi per mutare il suo cuore”33. In questa prospettiva Maritain richiama la
necessità di superare il machiavellismo, come aveva più volte indicato nelle sue opere34 e conclude il
suo intervento ricordando che ogni uomo e chiamato alla vita di contemplazione e a partecipare alla
vita della Chiesa, perché “ogni uomo a qualsiasi confessione religiosa o antireligiosa appartenga è
intrinsecamente un membro del Corpo mistico di Cristo, almeno in potenza” (VIII, 763). Pertanto va
rispettata la libertà dell’uomo, non solo in ragione della sua dignità, ma anche in ragione della sua
vocazione divina. Tra la giustizia, che deve regolare la vita politica e l’amore che è l’anima della vita
ecclesiale Maritain inserisce l’amicizia civile, come veicolo di vita pacifica tra le persone e tra i popoli.
Ma la riflessione di Maritain sui lavori e sui risultati del Concilio trova un approfondimento conclusivo
in due opere fondamentali della sua bibliografia e tra loro complementari, Il contadino della Garonna
del 1966 e La Chiesa del Cristo del 197035. Nella prima difende i risultati del Concilio contro le
deviazioni neomoderniste, nella seconda, affiancanodosi al discorso teologico di Journet36. Non tutti i
cristiani hanno capito il Concilio, e molti teologi d'avanguardia si sono posti "in ginocchio di fronte al
mondo" (XIII, 739), molti cristiani hanno accantonato l'ascetismo e la mortificazione, svalorizzando la
verginità e la castità ed esaltando il sociale-terreno, come fine principale dell'azione ecclesiale, fino alla
"completa temporalizzazione del cristianesimo"(XIII,742). Dal disprezzo per il mondo si è passati
all'adorazione del mondo, per il folle sbaglio di confondere l'ordine speculativo e l'ordine pratico. Vi è
una verità speculativa, per cui il mondo nelle sue strutture naturali è buono, ma vi è anche una verità
pratica per le ambiguità del mondo nelle sue relazioni con il Regno di Dio, per cui bisogna dire che “il
mondo, se accetta di essere assunto nel Regno di Dio è salvato, e se rifiuta il Regno e si rinchiude
nella concupiscenza della carne, nella concupiscenza degli occhi e nell'orgoglio dello spirito, è
l'avversario del Cristo e dei suoi discepoli, che odia” (XIII, 747). Maritain si accorge che queste
deviazioni teologiche hanno anche come radice profonda il rifiuto della filosofia di san Tommaso e
nella Lettera sulla filosofia al momento del concilio 37 precisa che nella Chiesa, per quanto riguarda la
responsabilità e l’autorità della gerarchia, bisogna distinguere tra ricerca e insegnamento, e si
domanda: “Non bisognerebbe forse spiegare ai professori che non debbono confondere la loro ricerca
e il loro insegnamento; e che, soprattutto in teologia, se essi non hanno visto la verità del tomismo,
devono almeno essere fedeli a quei principi e a quelle grandi verità formulate da san Tommaso, ma
che sono «sopratomiste» che il magistero ha fatto sue, e che, se ne sono incapaci, debbono applicarsi
ad una funzione diversa dall’insegnare?” (XIII, 542). Anche la Chiesa deve rispettare la libertà di
coscienza, ma questa riguarda la singola persona, che non deve essere impedita nella sua ricerca, ma
quando si tratta di insegnamento entra in gioco non solo la libertà di ricerca ma anche la libertà di
associazione, che riguarda il bene comune, e l’istituzione ecclesiale deve esercitare la sua
responsabilità e il suo potere giurisdizionale. Maritain non è tenero con gli abusi del personale della
Chiesa, come documentano le pagine di La Chiesa del Cristo riguardanti l’inquisizione, il processo a
Giovanna d’Arco, il caso Galileo, ma nel contempo salva l’autorità della Chiesa e precisa
“L'infallibilità della Chiesa sulla terra in materia di fede ha come fondamento ontologico il fatto che
essa e la Chiesa del cielo non sono che una sola e una medesima persona, la persona della Chiesa in
due condizioni diverse; la quale persona della Chiesa, nella sua condizione peregrinante, soltanto
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credendo ed insegnando ciò che vede in cielo, nella sua condizione di grazia compiuta, può,
evidentemente in ragione della sua unità, esercitare in credendo il «sensus fidei proprio del popolo
santo di Dio» e in docendo a proporci con parole umane le verità rivelate da Dio, oggetto della nostra
fede” (XIII, 99). A questa Chiesa appartengono invisibilmente, come il Concilio Vaticano ha
riconosciuto tutti gli uomini di buona volontà, e Maritain sottolinea che la fede necessariamente
richiesta per salvarsi “non è una fede formulata in concetti sul piano del pensiero cosciente, bensì una
fede che sia presente nell'anima ed abbia presa su di essa attualmente e formalmente, anche se in
seguito ad uno di quei blocchi tutt'altro che rari nella psicologia umana, essa non può passare nella
coscienza ed ivi formularsi in concetti e in parole. Una fede simile anche un ateo può possederla
completamente, pur senza saperlo. E’ il segreto di Dio” (XIII,175-6). In questa prospettiva Maritain
individua nel Concilio il superamento esplicito dall’antisemitismo38: “Oggi siamo finalmente del tutto
liberati dall’idea del popolo-deicida e dell’odio cristiano verso il popolo ebreo. L’antisemitismo
religioso che per molto tempo ha contaminato la cristianità è decisamente scomparso. E questo è uno
dei risultati del Concilio Vaticano II” (XIII, 287). Maritain conclude la sua analisi storica del Concilio
sottolineando come la Verità resti il fine della vita, ma il modo di affermarla deve rispettare la libertà;
sui tratta avverte san Paolo “di fare la verità nell’amore”39. Questo libro, più ancora del Il contadino
della Garonna, valorizza i lavori del Concilio40, ne giudica i risultati, ne indica le prospettive rilevando
l’equilibrio tra la necessaria testimonianza della verità e l’altrettanto necessario rispetto per la libertà di
coscienza: “La difesa contro l’eresia, che resta sempre per la Chiesa un dovere supremo, oggi non è
più l’intento puramente e semplicemente supremo e assolutamente primo. La cosa che, secondo
l’insegnamento del Concilio deve ormai essere per il personale della Chiesa l’intento assolutamente
primo è l’amore di Cristo (il suo amore per noi e il nostro amore per Lui) da manifestare agli uomini,
e la verità del Cristo da comunicare loro”(XIII, 338).
Maritain non fu presente di persona al Concilio, erano presenti come uditori alcuni suoi amici come
Ramon Sugranyes de Franch, presidente di «Pax Romana», il movimento internazionale degli
intellettuali cattolici e poi dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain, anzi sperava di non essere
invitato come risulta da una nota del suo Carnet del 21 giugno 1963: “Il card. Montini è eletto Papa e
prende il nome di Paolo VI. Ne provo grande gioia (Ma purché non voglia per amicizia mobilitarmi e
mi chieda di essere «osservatore al Concilio»41. Paolo VI non lo “mobilitò”, ma tramite mons Pasquale
Macchi e il card. Journet lo ebbe ascoltato consigliere e, dopo il Concilio nella sua prima enciclica
sociale Populorum progressio del 26 marzo1967 cita Umanesimo Integrale con una nota del paragrafo
“Verso un umanesimo planetario”42 e in un altro punto ritorna sul tema del primato dello spirituale,
scrivendo “Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige
ancor di più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo
nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori di amore, di
amicizia, di preghiera e di contemplazione”, e in nota rimanda al Discorso che Maritain tenne
all’Unesco il 21 aprile 1966 “Le condizioni del progresso e della pace”43.
1
J. Maritain, Il contadino della Garonna, Morcelliana, Brescia 1998. Nelle citazioni nel testo si rimanda alla edizione
francese delle Opere complete: Jacques et Raïssa Maritain, Œuvres Complètes, Éditions Universitaires Fribourg Suisse-,
Éditions Saint-Paul, Paris 1986-2000, voll. 16. Ed. in lingua inglese, The Collected Works of Jacques Maritain, University
of Notre Dame Press, Notre Dame (U.S.A, Indiana).
2
J. Maritain, Umanesimo integrale, Borla, Roma 2002; Cfr AA.VV., Dopo Umanesimo integrale, Marietti, Genova 1992.
3
Citato in J.-D. Durand, J. Maritain et l’Italie, in AA.VV. Jacques Maritain en Europe, Beauchesne, Parigi 1996, p.71.
4
Lettere in AA.VV. Montini-Paolo VI: cultura, arte, annuncio, Nomos edizioni, Busto Arsizio 2003, p. 39.
8
5
G.B. Montini, Pareri e voti per la buona riuscita del Concilio, in Scritti e discorsi milanesi, Istituto Paolo VI, Brescia Studium Roma 1998, vol. I, pp. 3582-3588 (testo originale latino), e in «Notiziario dell’Istituto Paolo VI», n.6, maggio
1983, pp. 41-52 (testo latino e traduzione italiana).
6
Ivi pp. 48-49.
7
Ph. Chenaux, Paul VI et Maritain, Istituto Paolo VI, Brescia – Studium, Roma 1994, pp.77-79.
8
Lettera depositata presso gli Archivi di Kolbsheim.
9
Scritti e discorsi milanesi, ed. cit., vol. III, pp. 5229-5230.
10
Cfr. Piero Viotto, Montini-Maritain un’amicizia nella verità, in “Vita e Pensiero” LXXX n.3, marzo 1997, pp.224-240.;
Riferimenti a Maritain negli scritti di Paolo VI in AA.VV., Montini e Maritain tra religione e cultura, Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 2000. pp 119+155.
11
Dignitatis Humanae. La libertà religiosa in Paolo VI, Istituto Paolo VI, Brescia 2004.
12
In Insegnamenti di Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1963-1979, II, p. 255.
13
Cfr. René Mougel, Maritain et l’Église du Concile in «Cahiers Jacques Maritain» n.40, Juin 2000, pp. 21-43.
14
I testi originali sono pubblicati in OC, XVI, 1085-1130; Tr. it. La libertà religiosa in «Studium» maggio-giugno 1996
pp. 387-401; L’apostolato dei laici in «Studium» anno 96 n.5, sett-ott. 2000, pp. 867-887; La verità in Approches sans
entraves, Scritti di filosofia cristiana, Città Nuova, Roma 1977, pp. 33-52.
15
Maritain, La libertà religiosa, ed. cit. pp. 402-403.
16
Ivi p. 404.
17
Ivi p. 405.
18
In Insegnamenti di Paolo VI, ed. cit. III, 581.
19
Silvia Scatena, La fatica della libertà. La elaborazione della Dichiarazione “Dignitatis humanae”, Il Mulino, Bologna
2003, pp. 602.
20
Ivi p. 12.
21
Ivi pp. 494-49.
22
Yves Congar, Paul V. Le pape écartelé, Paris 1995 p. 241. Cfr. anche J.P. Torrelli, Présence de Journet à Vatican II in
AA.VV. Charles Journet 1891-1975. Un théologien en son siècle, Fribourg 1992.
23
Silvia Scatena, La fatica della libertà, ed. cit. p. 198.
24
Cfr. Il pluralismo in J. Maritain, in AA.VV. Pluralismo contro relativismo, Ares, Milano 2004, pp. 139-161.
25
In René Mougel, Maritain et l’Église du Concile, ed. cit. p. 28.
26
Cfr. l’inserto fotografico del Dizionario delle opere di Jacques Maritain, Città Nuova, Roma 2003.
27
Lettere pubblicate in J. Maritain, Carissimo Giovanni, La Locusta, Vicenza 1982.
28
Frammento inedito tratto dalla lettera inviata a mons. Pasquale Macchi.
29
In Insegnamenti di Paolo VI, ed. cit. III, 809.
30
J. Maritain, Il contadino della Garonna, ed. cit., pp. 81-86.
31
In René Mougel, Maritain et l’Église du Concile ed. cit., p. 33. J. Maritain Les conditions spirituelles du progrès et de la
paix in AA.VV. Rencontre des cultures à l’Unesco, sous le signe du Concile Oecuménique Vatican II, Mame, Paris 1966
(OC, XIII, 755-764). Tr. it. Le condizioni del progresso e della pace in «Humanitas», XXVIII n.7, luglio 1973, pp. 494501.
32
Religion et culture, Desclée de Brouwer, Paris 1930, pp. 115 (OC, IV 193+255). Tr. it. Religione e cultura, Morcelliana,
Brescia 1966.
33
Gaudium et Spes, cap. V n.82.
34
Cfr. J. Maritain, La fine del machiavellismo in Per una politica più umana, Morcelliana, Brescia 1969 (OC. VIII, 307355).
35
J. Maritain, La Chiesa del Cristo. La persona della Chiesa e il suo personale, Morcelliana, Brescia 1971, (OC. XIII
9+411).
36
Cfr. Ch. Journet, Théologie de l’Église, Desclée, Paris 1958; Il mistero della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II,
Queriniana, Brescia 1965.
37
J. Maritain, Lettera sulla filosofia al momento del concilio in Approches sans entraves, Scritti di filosofia cristiana, ed.
cit., pp. 53-61 (XIII, 537-546).
38
J. Maritain, Il mistero di Israele, Morcelliana, Brescia 1964, (OC. XII 429+660).
39
J. Maritain, Il pensiero di san Paolo, Borla, Roma 1964, (OC. VII 427+615).
40
Si vedano le lettere di Charles Journet, Henri de Lubac, Étienne Gilson, Yves Congar, Marie Vincent Leroy in appendice
a Jean-Miguel Garrigues, De l’Église du Christ in «Cahiers Jacques Maritain» n.41 Décembre 2000, pp. 56-883.
41
In René Mougel, Maritain et l’Église du Concile, ed. cit., p. 24.
42
Paolo VI, Populorum progressio, nota 44.
9
43
Ivi nota 17.
10