1914-2014 PUBBLICAZIONE PER IL CENTENARIO GRANDE

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1914-2014 PUBBLICAZIONE PER IL CENTENARIO GRANDE
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Il presente fascicolo è reperibile e scaricabile da www.icminerbe.gov.it,
alla home page, a sinistra, in basso: pubblicazioni
Una bella notizia
Con il lavoro realizzato dalla scuola per la ricorrenza del 4 novembre, dal 2008 ad oggi e raccolto in
sintesi nel presente fascicolo, l’Istituto ha partecipato, nell’anno scolastico 2013-14, al Concorso
indetto dalla Ragione Veneto per il Centenario della Grande guerra, risultando vincitore di uno dei
tre primi premi assegnati. La comunicazione del premio raggiunto è pervenuta negli ultimi giorni
di ottobre e la premiazione ha avuto riscontro anche nella stampa locale come sotto documentato.
05.11.2014
Gli studenti premiati al concorso sulla guerra
L'istituto comprensivo di Minerbe è stato premiato con 2mila euro dalle Regione per la miglior
ricerca al concorso «1914: verso l'entrata in guerra dell'Italia». Oggi, alle 10, a Villa Contarini di
Piazzola sul Brenta (Padova), una rappresentanza della scuola minerbese parteciperà alla
cerimonia di premiazione. Il risultato è stato ottenuto grazie ad un progetto che le classi di quinta
elementare e terza media della scuola di Minerbe portano avanti già dal 2008.
Ogni anno, gli alunni, con l'aiuto di maestre e professoresse di lettere, studiano in maniera
approfondita la storia di tre soldati minerbesi sempre diversi. I militari vengono scelti dagli
studenti: si tratta spesso di parenti lontani, alcuni ancora in vita, su cui gli stessi ragazzi portano
poi a scuola molti documenti. Per completare il tutto vengono poi organizzate uscite anche
all'archivio di Stato di Verona. Un lavoro di sei anni, quindi, che ha portato ad approfondire la vita
di una quindicina di soldati minerbesi che hanno combattuto nella prima guerra mondiale. «La
ricerca», spiega la dirigente scolastica Loretta Bertassello, «è nata per dare la possibilità agli
studenti di studiare le radici del proprio territorio e per vivere la giornata del IV novembre in
maniera più coinvolgente». F.S.
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LA REGIONE PROMUOVE I VALORI SIMBOLO DELLA GRANDE GUERRA
NELLE SCUOLE
Comunicato stampa N° 2440 del 28/10/2014 (AVN) – Venezia, 28 ottobre 2014
Nell’ambito delle celebrazioni per il Centenario della Grande Guerra, promosse dalla Regione del Veneto,
l’Assessorato all’Istruzione, Formazione e Lavoro ha inteso rafforzare, negli studenti delle scuole del Veneto
di ogni ordine e grado, i valori etici e morali impartiti dall’esperienza storica che ha interessato in prima
linea i territori e le genti venete ed onorare i caduti di quella tragedia collettiva, sollecitando l’elaborazione di
temi e prodotti multimediali che analizzassero le cause che sono state alla base dell’esordio del primo
conflitto mondiale.
La delibera di Giunta n. 444 del 4 aprile 2014 approva quindi un concorso per l’assegnazione di premi in
denaro alla scuole primarie e secondarie di I e II grado, statali e paritarie per elaborati originali sul tema
dell’entrata in guerra dell’Italia.
Dopo accurata valutazione, da parte di una Commissione di esperti, degli elaborati pervenuti, è stata
approvata la graduatoria che prevede l’assegnazione di premi in denaro alle 12 scuole vincitrici per una
somma complessiva di 15.000 euro. Agli Istituti classificati al primo posto verrà assegnata la somma di €
2.000,00, ai secondi € 1.500,00, ai terzi € 1.000,00 e ai classificati al 4° - 5° - 6° - 7 ° posto € 500.00.
Per le diverse sezioni sono risultati vincitori i seguenti Istituti:
Scuole Primarie
- I.C. ‘B. BARBARANI’ di Minerbe (VR) con l’elaborato “100 anni 1914 -2014 – dal 1914 verso l’entrata in
Guerra dell’Italia al 2014: verso la celebrazione del centenario dello scoppio della grande Guerra”
Scuole Secondarie di I grado
- I.C. ‘G. PONTI' di Trebaseleghe (PD) con l’elaborato “Il sole tramonta a Sarajevo”
Scuole secondarie di II grado
- I.I.S. –LICEO ARTISTICO ‘M. POLO’ Venezia con l’elaborato ‘Il Piave mormorò
La cerimonia di premiazione delle scuole vincitrici, alla presenza dell’Assessore Donazzan, avrà luogo nella
splendida cornice di Villa Contarini di Piazzola sul Brenta nella mattinata di mercoledì 5 novembre p.v.
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INDICE
RINGRAZIAMENTI
CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA: UNA PRESENTAZIONE NECESSARIA
pag. 8
LA PARTENZA
pag. 10
DUE QUADRI D’ONORE: IL PRIMO
pag. 10
IL SECONDO
pag. 14
IL FASCICOLO DEL CENTENARIO
pag. 19
UNO SGUARDO GENERALE: ARRUOLATI, DISPENSATI, RIVEDIBILI, NUMERO DI FRATELLI
IN GUERRA, DI CADUTI E DI RICOMPENSE CHE HANNO RIGUARDATO I SOLDATI DI
MINERBE IN RAPPORTO AI DATI NAZIONALI
pag. 21
I soldati arruolati
pag. 21
I dispensati
pag. 21
I rivedibili
pag. 21
I fratelli in guerra
pag. 22
I caduti
pag. 22
Ricompense al valore militare
pag. 24
I SOLDATI DEL CENTENARIO
pag. 27
PERAZZOLO DOTTOR VALENTINO, TENENTE (1881 – 1973)
pag. 27
BONFANTE CARLO (1894- 1917), BONFANTE AUGUSTO (1897)
pag. 32
ROSSINI GIOVANNI (1894-1943), ROSSINI ANTONIO (1896), ZAMPERIOLI EMILIO
(1896-1915)
pag. 36
ZANON GIUSEPPE (1891) medaglia d’argento, ZANON ANTONIO (1893-'15), ZANON
CARLO (1897), ZANON SILVIO (1899-192..)
pag. 40
ZANON DOTTOR SANTE, TENENTE (1886 - 1950)
pag. 45
I PERCORSI PRECEDENTI
pag. 48
4 Novembre 2008
UN PAESE CHE RICORDA
IL MONUMENTO AI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
pag. 48
4 Novembre 2009
UN PAESE ALLA GUERRA
I SOLDATI DECEDUTI
STORIE DI SOLDATI - FRATELLI D’ITALIA
ANGELO (1888) E ANTONIO BORDIN (1882 -1958)
I FRATELLI MARCELLO (1896) E ANTONIO ROSSI (1900 - 1971)
I FRATELLI ANGELO (1888), CARLO (1892 – 1969) , ANTONIO (1895 ) e
GABRIELE TURCATO (1899)
GIACOMELLI FELICE (1892)
BERTOLDI LUIGI (1888-1952)
BONFÀ AUGUSTO (1895)
pag. 49
pag. 50
pag. 54
pag. 54
pag. 56
pag. 58
pag. 63
pag. 63
pag. 65
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GASPARELLO SILVIO (1890 - 1936)
MOTTERAN ANDREA SILVIO (1897- 1917)
MOTTERAN ANDREA (1897)
TAVIAN CESARE (1892) , TAVIAN GIUSEPPE (1895 - 1919 )
FERRARI EGIDIO (1897-1967)
GIRONDA BENIAMINO (1888 – 1953)
4 Novembre 2010
UNA FAMIGLIA ALLA GUERRA, I FRATELLI GIULIARI
4 Novembre 2011
L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
4 Novembre 2012
UNA MEDAGLIA D’ARGENTO, IL SOLDATO ALFONSO BELLINATO
4 Novembre 2013
UN CAPITANO VALOROSO E ALTRI SOLDATI
BIONDANI ENRICO (1890 -1956)
OTTAVIANI IGINO (1894 - 1967)
CATTAN LEONE (1995)
MILANESE LEONE (1898 - 1979)
FACCIOLI FRANCESCO (1881)
CHIAVENATO SILVIO (1895)
DAL CORTIVO GIUSEPPE (1893)
FAVALLI GIUSEPPE (1879)
PENSIERI, RIFLESSIONI E POESIE DEGLI ALUNNI DELLE CLASSI QUINTE
pag. 67
pag. 71
pag. 74
pag. 75
pag. 78
pag. 81
pag. 84
pag. 89
pag. 91
pag. 94
pag. 94
pag. 99
pag. 103
pag. 104
pag. 105
pag. 110
pag. 111
pag. 112
pag. 113
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RINGRAZIAMENTI
Cento anni dalla grande guerra che hanno visto grandi cambiamenti.
Il mondo e l’Italia non sono più quelli. Anche la Scuola è profondamente cambiata ma vuole
conservare il suo ruolo culturale consentendo ai giovani l’emozione di trovare un passato, anche
proprio, come possibilità di ‘mettersi nei panni di….’ attraverso ‘piccole storie’ di giovani soldati che
hanno vissuto un universo diverso, molto lontano dagli adolescenti di oggi che scandiranno altre
stagioni della vita italiana.
Strappati alla spensieratezza dei loro anni, ma che fecero, nella stragrande maggioranza, la loro
parte in maniera esemplare.
Un ringraziamento a quanti hanno contribuito a realizzare questo fascicolo.
Innanzitutto tutte le famiglie che hanno messo a disposizione i loro materiali.
Quindi tutti i docenti che, nel corso degli anni, su tali materiali hanno sviluppato storie e coinvolto gli alunni.
Tutti gli insegnanti che, in diverse riprese, hanno trascritto i fogli matricolari, dopo le visite all’Archivio di
stato di Verona.
Un ringraziamento speciale all’insegnante Rosa Danese, regista silenziosa di tante interviste a parenti e
familiari.
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ISTITUTO COMPRENSIVO “B. Barbarani”
Via Verdi, 114 – 37046 MINERBE (VR)
Tel. 0442640144/0442640074 r.a. Fax 0442649508
C. F. 82000470235
E-Mail istituzionale: [email protected] / altra e-mail: [email protected]
Pec: [email protected]
Sito: www.icminerbe.it
CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA:
UNA PRESENTAZIONE NECESSARIA
L’elaborato con il quale la scuola primaria e secondaria di Minerbe intendono
commemorare il 4 novembre 2014 e, allo stesso tempo, contribuire alla celebrazione del
Centenario dallo scoppio della Grande Guerra
 è il frutto del lavoro sinergico delle classi terminali (quarte, quinte) della scuola
primaria e secondaria di I grado di Minerbe
 è un lavoro svolto nel corso degli ultimi sei anni (dal 2008 ad oggi) conseguente
all’idea di dare un diverso significato alla tradizionale celebrazione del 4
Novembre, annualmente condivisa con Associazioni locali e Amministrazione
comunale
Ogni 4 Novembre, tanti 4 Novembre utili pertanto a:
 riportare alla luce il ricordo ormai sbiadito di quel tempo onorando il sacrificio dei
giovani del paese che parteciparono alla prima guerra mondiale, e vi persero la vita,
come di coloro che, con altrettanto coraggio e ardimento, hanno contribuito
all’affermazione dell’Italia ritornando vincitori alle proprie case
 rafforzare il legame della Scuola con il suo territorio attraverso una condivisa ricostruzione di storie di persone e di soldati all’interno della più vasta cornice storicoculturale di quel tempo
 prepararsi in modo adeguato alla Celebrazione del centenario della Grande Guerra
ripartendo nel corso degli anni le ricerche sui giovani soldati del paese che vi hanno
partecipato, grazie alla documentazione messa a disposizione delle famiglie ed in
particolare in virtù del ritrovamento di due Quadri d’onore contenenti foto e anni di
nascita dei combattenti la prima guerra mondiale
 trasmettere gli ideali che sono alla base di quel patrimonio fatto di storie, di dolori e di
sacrifici, vissuti dai nonni e dai bisnonni degli attuali studenti dell’istituto
 interpretare e ricostruire la storia di molti giovani minerbesi alla guerra attraverso
ricerche e testimonianze
 ricordare e onorare il loro sacrificio davanti al monumento, in piazza, quale luogo
adibito alla loro memoria, ma anche deputato a far sì che ciò che è stato non sia
dimenticato
 far conoscere le iniziative di studio e approfondimento attuate dalla scuola
 e, in modo specifico, dare particolare e significativo rilievo alla ricorrenza del
Centenario.
Condensare tutto il lavoro svolto nel corso di questi ultimi anni dalle varie classi della
scuola primaria e secondaria di Minerbe risulta pertanto doveroso.
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Lo impone il desiderio e la volontà di dare riconoscimento alle vicende di molti soldati: il
sacrificio di Augusto Bonfà, la storia dei quattro fratelli Turcato tutti in guerra, unita a
quella dei fratelli Rossi, dei fratelli Bordin e dei fratelli Ottaviani, il ferimento del soldato
Faccioli e le conseguenze della guerra sulle condizioni fisiche del soldato Milanese,
l’eroismo di Bellinato Alfonso e la medaglia al valore conquistata dal capitano Biondani e
così via per molte altre storie di soldati…. tutte confrontate con le notizie riportate nei fogli
matricolari, ricercati presso gli Archivi di stato, che, opportunamente trascritte, integrano
questo fascicolo celebrativo del centenario.
Una Celebrazione del Centenario che, avendo come obiettivo quello di conservare anche
per le generazioni a venire la memoria di quanto ci si appresta a ricordare, racchiude
numerose manifestazioni:
mercoledì 1 ottobre
visita guidata alle trincee di Bosco Chiesanuova da parte degli
alunni delle classi terze della scuola secondaria di Minerbe
accompagnati dai loro docenti
martedì 4 novembre
cerimonia di commemorazione a cura degli alunni delle classi
quarte e quinte della scuola primaria di Minerbe con il seguente
programma:
ore 10.00:
Breve Cerimonia presso il Cippo Martiri di
Nassiriya
ore 10.30:
Inizio sfilata lungo via del Bersagliere e via Roma
ore 10.45:
Alzabandiera al monumento ai caduti in piazza IV
novembre con interventi commemorativi, canti e
poesie a cura degli alunni delle IV e V della scuola
primaria
martedì 4 novembre
evento musicale a cura degli studenti della classi terze della
scuola secondaria di Minerbe e del Coro Valli Grandi: ‘1914 –
una fede: vittoria 2014 –un volere: pace! alle ore 20:30, presso il
teatro parrocchiale San Lorenzo di Minerbe
mercoledì 5 novembre
a Piazzola sul Brenta, presso Villa Contarini, ritiro del Primo
Premio da parte degli studenti delle classi quinte della primaria
di Minerbe, con i loro insegnanti. Riconoscimento della Regione
Veneto per il lavoro svolto lo scorso anno ‘Dal 1914: verso
l’entrata in guerra dell’Italia al 2014: verso la celebrazione del
centenario dallo scoppio della grande guerra’ nell’ambito del
Concorso indetto dalla regione Veneto per la celebrazione del
Centenario
domenica 9 novembre
alle ore 12:00 circa, dopo la messa, cerimonia commemorativa
davanti al monumento ai caduti di San Zenone animata dai
canti e dalle poesie degli alunni delle classi quarte e quinte della
scuola primaria di Minerbe
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LA PARTENZA
Va inizialmente precisato che tutto il lavoro di ricerca è stato reso possibile grazie al
ritrovamento di due Quadri d’Onore sui soldati di Minerbe, che hanno partecipato alla
prima guerra mondiale, gelosamente custoditi dai proprietari e messi a disposizione della
scuola.
Da lì infatti è potuto partire nel tempo la ricerca che ha portato a sviluppare due, tre storie
all’anno, in relazione alle parentele che via via venivano scoperte, dalle famiglie degli
studenti, con i soldati ivi fotografati.
Il centenario dà l’occasione di riunirle tutte assieme in ordine cronologico partendo
proprio dai due quadri d’onore e quindi presentando il lavoro di ricerca di quest’anno e, a
seguire, quello degli scorsi anni, per finire infine con le riflessioni degli alunni di classe
quinta, con le quali animeranno le cerimonie davanti al monumento ai caduti di Minerbe e
di San Zenone, di martedì 4 e domenica 9 novembre.
DUE QUADRI D’ONORE: IL PRIMO
Il primo quadro d’onore riporta il ritratto a mezzobusto di 159 persone e la scritta:
“Gruppo d’onore 1915 - ex combattenti per la patria”.
Il secondo, sempre a firma S. Pinazzi – Venezia, riporta la scritta “Gli eroi caduti - I
mutilati ed invalidi - I reduci di Minerbe e frazione San Zenone”.
In tutto le persone presenti in questo gruppo d’onore sono 246, più altre cinque disposte
intorno, raffiguranti personaggi significativi del tempo. La foto riporta la sigla A/VII che
si presume sia l’indicazione della data di composizione del gruppo, vale a dire il settimo
anno dell’era fascista, quindi il 1929, dieci anni dopo la fine della guerra.
I combattenti rappresentati nel primo gruppo d’onore, che nell’originale misura 60 x 70
cm, sono in tutto 159, disposti secondo ordine alfabetico, e di questi, quelli raffigurati
come caduti (sopra il loro ritratto è posta una croce) sono 7. Le fotografie sono disposte nel
foglio in maniera molto semplice: sono affiancate in 10 file orizzontali, una sotto l’altra,
ciascuna riportante 17 combattenti, mentre l’ultima, la decima, ne riporta solo 6, 3 a destra
e 3 a sinistra e in mezzo la scritta: Gruppo d’onore ex-combattenti per la Patria, Comune di
Minerbe.
Osservando le foto si nota il diverso abbigliamento: militare o civile. Nonostante la
giovane età l’aspetto è sempre maturo, spesso accentuato dalla presenza di baffi
importanti, secondo la foggia di allora: il lavoro fisico cominciava molto presto rendendo
adulti precocemente.
Dietro ogni volto c’è una storia, una famiglia con degli affetti, una vita in corso, a volte
bruscamente interrotta dalla brutale esperienza della guerra.
Ci sono padri, zii, nonni di attuali cittadini di Minerbe.
I ricordi di questi soldati nelle famiglie di oggi a volte sono vivi e impressi, in altri casi
meno, ma le testimonianze ugualmente preziose.
A seguire si riporta il primo gruppo d’onore, la numerazione dei vari ovali fotografici in
esso presenti e i relativi nomi e anno di nascita.
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IL PRIMO QUADRO D’ONORE
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File
1)
2)
1
2
3
4
5
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3)
4)
5)
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8)
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131
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133
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135
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139
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143
144
145
146
147
155
156
9)
10
154
148
149
150
151
157
152
158
153
159
I loro nomi, in ordine di fila ed in successione nella riga, sono i seguenti:
Bonfante
Arturo
1899
Bonfante
Gaetano
1893
Borin
Carlo
1892
Borin
Antonio
1882
+
Bressan
Giuseppe
1890
Bressan
Narciso
1883
Bressan
Antonio
1899
Bressan
Luigi 1892
Bressan
Sante
1886
Bressan
Angelo
?
Brusaferro Bogoncello
Giacomo
Sante
1894
1889
Bozza
Battista
1876
Bonato
Francesco
1878
Bonato
Gaetano
1883
+
Bernuzzi
Antonio
1892
Biggini
Domenico
1893
Bressello
Marco
1877
Camellato
Giuseppe
1880
Chinaglia
Antonio
1887
Catan
Leone
1899
Corrà
Luigi
1881
Carmeli
Bernardo
1883
Cortese
Giuseppe
1889
Costantini
Pietro
1878
Coilotto
Floriano
1897
Cailotto
Remo
1899
Caneva
Mario
1892
Chiavenato
Anselmo
1898
Corso
Attilio
1880
Corso
Menotti
1884
Corso
Giovanni
1888
Castiglioni
Giuseppe
1898
Comola
Galliano
1896
Deganello
Giovanni
1896
Eminente
Vittorio
1897
Eminente
Giacinto
1874
Ferrari
Emilio
1879
Ferrari
Eugenio
1895
Ferrari
Guerrino
1899
Ferrari
Egidio
1897
Fin
Mosè
1879
Fin
Giuseppe
1897
Franceschetti
Natale
1892
Fasolo
Pietro
1899
Facchetto
Mario
1876
Filippini
Lucindo
1894
Filippini
Alessandro
1880
Franco
Augusto
1891
Gironda
Beniamino
1888
Gironda
Antonio
1879
Galantini
Marino
1896
Galantini
Marino
1899
+
Ghellere
Giovanni
1884
Guarniero
Augusto
1884
Guerniero
Albino
1891
Guarniero
Lorenzo
1899
Girardi
Eugenio
1886
Goi
Carlo
1880
Lauro
Francesco
1877
Menegolo
Marino
1900
Menin
Eliseo
1885
Menin
Zeffirino
1892
Menin
Giuseppe
1886
Merlin
Pietro
1882
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Gaetano
1891
Maroccolo
Domenico
1876
Molo
Augusto
1894
Milanese
Pietro
1874
Moro
Gedeone
1895
Meggiorini Monastero
Giovanni
Felice
1889
1899
Monastero
Antonio
1895
Mantovani
Camillo
1896
Mengatti
Antonio
1880
Motteran
Andrea
1897
Motteran
Giuseppe
1898
Migliorini
Riccardo
1886
Morello
Luigi
1881
Menini
Roberto
1881
Nalin
Lino
1898
Nalin
Bruno
1900
Ottaviani
Gino
1894
Ottaviani
Augusto
1885
Ottaviani
Ermenegildo
1884
Papavero
Giovanni
1875
Piccoli
Giovanni
1884
Prando
Ernesto
1876
Peretta
Angelo
1897
Peruzzolo
Valentino
1881
Passarini
Arturo
1897
Pironato
Massimiliano
1881
Paganotto
Giovanni
1897
Quaglia
Pietro
1898
Rossi
Antonio
1900
Rossi
Marcello
1896
Rossini
Eusebio
1877
Stegagnolo
Umberto
1888
Rinetti
Giuseppe
1892
Rinetti
Arturo
1898
Ridolfi
Alessandro
1895
Ridolfi
Antonio
1897
Rossin
Augusto
1880
+
Ruffo
Giovanni
1886
Ricoldi
Arnaldo
1900
+
Santinello
Pietro
1896
Santinello
Tiberio
1898
Sorze
Aurelio
1879
Spavieri
Giuseppe
1880
Salgarello
Alfonso
1881
Strabello
Augusto
1886
Stella
Alfonso
1892
Taccon
Stefano
1891
Taccon
Scipio
1889
Taccon
Ernesto
1897
Taccon
Giovanni
1899
Taccon
Domenico
1894
Tecchiato
Luigi
1894
Turisendo
Mario
1897
Turcato
Claudio
1892
Turcato
Gabriele
1899
Turcato
Antonio
1895
Turcato
Angelo
1888
Versobio
Giuseppe
1881
Vesentini
Luigi
1895
Venturi
Antonio
1899
Venturi
Silvio
1889
Zanini
Ernesto
1878
Zanardo
Albino
1893
Zanardo
Silverio
1896
Zanetti
Giulio
1892
Zambelli
Luigi
1899
Zambelli
Mario
1894
Zampa
Placido
1899
Antonioli
Giuseppe
1888
Andreolini
Pietro
1877
Baldin
Pietro
1877
Baldin
Tommaso
1890
Baldin
Angelo
1899
Bonfante
Guglielmo
1899
Buffo
Benvenuto
1877
Borsati
Cherubino
1885
Bordini
Angelo
1888
Bordini
Antonio
1882
+
Bonfà
Augusto
1895
+
Colato
Augusto
1882
Corsini
Silvio
1888
Casalini
Mario
1892
Cortelazzi
Antonio
1880
De Mori
Luigi
1889
Doni
Giuseppe
1895
Danin
Mario
1896
Fontana
Antonio
1889
Favazza
Attilio
1879
Marchesini
Agostino
1882
Bonfante
Domenico
1895
- MCMXV - Gruppo D’onore - MCMXVIII
Ex Combattenti Per La Patria – Comune Di Minerbe
Foto S. Pinazzi
San Marco 5025 Venezia
Mantovani Mantovani
Giuseppe Alessandro
1899
1894
13
IL SECONDO QUADRO D’ONORE
Il secondo Quadro d’onore, fornito alla scuola per motivi di studio, proviene dal Gruppo
Alpini di Minerbe. Si tratta anche in questo caso di un Quadro d’onore realizzato dalla
ditta fotografica S. Pinazzi di Venezia.
Raggruppa duecentoquarantasei foto di giovani uomini di Minerbe e San Zenone nati
negli anni dal 1871 al 1899, vestiti in borghese o da militari. Nel quadro sono riuniti otto
nomi di graduati, trentuno nomi di eroi caduti, undici nomi di invalidi. I rimanenti reduci
di guerra sono divisi a zone, e in ognuna è rispettato l’ordine alfabetico. Intorno agli ovali
delle foto è quasi sempre leggibile il nome e cognome del soldato completi dell’anno di
nascita: dati importanti per rintracciare presso l’Archivio di Stato di Verona i fogli
matricolari personali che ne riassumono le vicende militari.
In basso a sinistra appare un numero romano che potrebbe indicare la data di
composizione e stampa: il settimo anno dell’era fascista, che corrisponderebbe agli anni
1928 – ’29. Il 28 settembre ’22 infatti, data della marcia su Roma, era il “capodanno”
fascista secondo il regime di Mussolini che nella simbologia richiamava l’antica Roma. Si
osserva infatti l’uso della V al posto di U nelle scritte a carattere stampa maiuscolo.
In alto, a sinistra e a destra, si notano i fasci littori con la scure,
simboli del potere nell’antichità romana. In questo caso la
raffigurazione è sormontata dall’elmetto della prima guerra
mondiale e diagonalmente da una spada. L’effigie, circondata da
rami d’alloro, ricorda quindi il potere fascista che a dieci anni dalla
vittoria commemora la guerra che portò all’unità nazionale.
Completano il quadro d’onore cinque visi in posizioni preminenti
perché importanti in quel momento storico. Al centro, in alto,
Vittorio Emanuele III di Savoia. Nel ’29 aveva sessant’anni essendo
nato nel 1869, unico figlio di Umberto II e della Regina Margherita. Il
suo lungo regno, contrassegnato da eventi decisivi per la storia
d’Italia, durerà ben quarantasei anni. Durante la guerra, dichiarata
più sulla spinta popolare che sulla decisione del Parlamento, egli si
dimostrò costantemente vicino alle truppe, visitando il fronte e le
retrovie, controllando gli eventi.
Ma le strategie sul campo se le divisero i due generali raffigurati ai
suoi lati. A destra Luigi Cadorna, l’anziano militare destituito dopo
la disfatta di Caporetto. Armando Diaz, alla sinistra del Re, è il
generale che firmò il bollettino della vittoria, trascritto su lapidi in
molte piazze e palazzi municipali italiani.
I ritratti nei tondi in basso sono difficilmente riconoscibili, ma dal confronto con quadri
simili si può desumere che la foto di sinistra sia di Benito Mussolini, allora capo del
governo fascista.
14
La foto di destra ritrae Carlo Delcroix, fondatore e
presidente dal 1924 dell’Associazione Mutilati e Invalidi di
guerra. Era lui stesso grande invalido: personaggio politico
di spicco nonché letterato, ebbe la medaglia d’argento al
valor militare, per un tragico incidente, in un episodio di
eroismo e di coraggio. Dato che il subalterno si tirò indietro,
sminò lui stesso una zona innevata, ma un ordigno senza
sicura gli fu fatale per gli occhi e le mani. Al centro è
raffigurato il monumento ai Caduti di Minerbe. Fu costruito
nel ’22 come simbolo partecipato della popolazione che
contribuì in prima persona istituendo perfino una lotteria, come testimonia una foto
dell’epoca.
È un’opera che si distingue tra i monumenti ai Caduti della zona, per finezza, simbologia e
materiali. Commissionato all’artista padovano Polazzo Terzo, raffigura il soldato che
difende la civiltà, rappresentata dalle due alte colonne greche, dalla barbarie della guerra.
Intorno il basamento si vede la cancellata in ferro
che originariamente recintava il monumento.
Al centro del quadro fanno da cornice agli eroi
caduti due lampade votive che simboleggiano il
fuoco eterno ad onorare la loro memoria.
Anche se tra la maggior parte dei cognomi dei soldati,
sia nel primo che nel secondo Quadro d’onore, è stato
possibile ravvisare famiglie minerbesi di oggi, non
sono mancate difficoltà a collegarli alle giovani
generazioni che frequentano la nostra scuola. E non
per tutti è stato possibile fare questo collegamento
anche per la loro elevata quantità.
15
16
IL SECONDO QUADRO D’ONORE
1A
2A
3A
4A
5A
6A
1D
7A
1M
Sez. A
8A
10
A
9A
11
A
12
A
13
A
4M
1B
2B
3B
4B
5B
6B
7B
8B
14
B
15
B
16
B
10
B
9B
17
B
16
A
18
B
19
B
20
B
6M
5M
12
B
13
B
7M
5E
9M
10M
21
B
1L
22
B
23
B
24
B
25
B
26
B
27
B
28
B
29
B
30
B
31
B
32
B
33
B
34
B
35
B
36
B
37
B
38
B
39
B
40
B
41
B
42
B
43
B
44
B
45
B
5D
6D
7D
Sez. D
11
D
12
D
13
D
14
D
1E
2E
3E
4E
9E
10
E
11
E
12
E
13
E
16
E
17
E
18
E
19
E
20
E
21
E
23
E
24
E
25
E
26
E
27
E
28
E
29
E
30
E
31
E
32
E
33
E
34
E
35
E
36
E
37
E
38
E
39
E
40
E
41
E
42
E
43
E
44
E
45
E
50
E
51
E
52
E
53
E
1F
2F
8D
9D
15
D
16
D
17
D
6E
7E
8E
14
E
15
E
22
E
10
D
11M
3L
2L
5L
6L
11
L
12
L
13
L
16
L
17
L
7L
4L
Sez. B
4D
8M
17
A
11
B
3D
3M
2M
14
A
15
A
2D
8L
10
L
9L
Sez. E
Sez. L
15
L
14
L
17
4H
1H
46
B
47
B
48
B
49
B
50
B
51
B
52
B
2H
8H
1C
54
B
2C
55
B
56
B
3H
5H
6H
7H
53
B
9H
10
H
12
H
11
H
46
E
47
E
48
E
49
E
54
E
55
E
56
E
57
E
3F
4F
5F
6F
7F
8F
9F
10
F
11
F
12
F
13
F
14
F
15
F
16
F
17
F
18
F
19
F
20
F
21
F
22
F
23
F
14
H
13
H
57
B
58
E
Sez. H
Sez. C
3C
11
C
4C
12
C
5C
13
C
6C
14
C
7C
15
C
8C
9C
16
C
17
C
10
C
2
G
3
G
1G
18
C
19
C
20
C
21
C
22
C
23
C
24
C
8
G
5
G
4
G
9
G
6
G
7
G
13G
10
G
Sez. G
11
G
12
G
Sez. F
Luigi Cadorna
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1914-1917)
Aramini
Benvenuto
1887
Foscarin
Antonio
1898
Bertelli
Eugenio
1891
Galanti
Luigi
1888
Bertoldi
Luigi
1888
Gironda
Antonio
1879
Cagalli
Giuseppe
1891
Girardi
Bortolo
1889
Cortese
Ilario
1898
Lanzerto
Pietro
1887
Cortese
Giovanni
1891
Marconcini
Cesare
1887
Sperandio
Redenzio
?
Cortese
Giuseppe
1890
Murari
Virgilio
1883
Sperandio
Sperandio
?
Antonioli
Giuseppe
1890
Andeetto
Giovanni
1892
Andeetto
Amedeo
1893
Arzenton
Pietro
1899
Borin
Antonio
1895
Borin
Giovanni
1886
Borin
Giovanni
1883
Borin
Antonio
1881
Borin
Rodolfo
1885
Bigin
Carlo
1898
Bisin
Anselmo
1894
Bisin Alberico
Casalini
Basilio
1897
Casalini
Mario
1891
Casalini
Giuseppe
1894
Corso
Giulio
1881
Corso
Giovanni
1888
Corso
Attilio
18880
Corso
Menotti
1884
Donatello
Giulio
1891
Guarnieri
Orazio
1897
Guarnieri
Silvano
1899
Guarnieri
Guido
1897
Guarniero
Augustino
Grigolo
Silvio
1893
Guerra
Guerrino
1899
Girardi
Giovanni
1879
Granzarollo
Giovanni
1880
Magosso
Anselmo
1899
Manara
Alessandro
Menghini
Giuseppe
1896
Mantovani
Antonio
1884
Marola
Pietro
1887
Modena
Romolo
1899
Mirandola
Vittorio
1876
Motteran
Andrea
1897
Merlin
Silvio
1898
Osani
Fernando
1899
Osani
Santo
1897
Perina
Ettore
1882
Paganotto
Gianbattista
1897
Prando
Leone
1888
Pavan
Alberico
1899
Pedrollo
Marcello
Rossini
Giuseppe
1885
Rossini
Augusto
1879
Rizzi
Augusto
1900
Rizzi
Luigi
1897
Rossi
Telesforo
1878
Rossi
Tranquillo
Sorze
Aurelio
1879
Schiavo
Emilio
1881
Bau
Fortunato
1884
Vesentini
tiziano
Vestena
Cesare
1891
Boldrini
Antonio
1887
Balan
Giovanni
1899
Bussola
Giuseppe
1887
Chiochetta
Silvio
1885
Chiochetta
Angelo
Murari
Pietro
1876
Guarinoni
Antonio
1887
Gironda
Beniamino
1888
Girardi
Pietro
1891
Montolli
Beniamino
1874
Meneghello
Giulio
1878
Meneghello
Ernesto
Rossini
Antonio
1896
Rossini
Beniamino
1899
Rossini
Augusto
1880
Scarmagnan
Giulio
1880
Scarmagnan
Antonio
1887
Seghetto
Giuseppe
1883
Taccon
Alippio
1889
Salgarello
Italo
1879
Zanon Sante
1886
Muschi
Giovanni
1876
Vidali
Giuseppe
1890
Coppiello
Giuseppe
1887
+
Bellinato
Alfonso
+
Bonazzo
Angelo
1881
+
Langoro
Giovanni
1895
+
Polli
Giuseppe
1894
+
Bornuzzi
Antonio
1891
+
Menegazzi
Ettore
1879
+
Pavan
Gaetano
1889
+
Borotto
Ernesto
1892
+
Motteran
Giuseppe
1898
+
Ambrosi
Angelo
1894
+
Bortolo
Antonio
1892
+
Bau
Francesco
1884
+
Ronchini
Luigi
1889
+
Taccon
Giuseppe
1892
+
Taccon
Antonio
1885
+
Bonfante
Carlo
1894
+
Menegolo
Giulio
1895
+
Cortese
Antonio
1893
+
Zanon
Silvio
1898
+
Bero Pietro
1893
+
Menin
Roberto
1881
+
Santinello
Luigi
1896
Benito Mussolini
Presidente del Consiglio dei
Ministri del Regno d’Italia
(1922-1943)
+
Lorenzetti
Giovanni
1890
+
Mirandola
Umberto
1883
+
Senno
Ottavio
1897
+
Chiochetta
Luigi
1880
+
Cortese
Luigi
1895
+
Murari
Giacinto
1881
+
Zanon
Antonio
1898
+
Zanardo
Albino
1897
+
Zamperioli
Emilio
1897
Carrara
Cesare
1896
Catan
Emilio
Invalido
Marsotto
Giuseppe
1894
Invalido
Cagalli
Gaetano
1893
Magorso
Ulisse
1894
Zerbinati
Enrico
1892
Dani
Giuseppe
1895
Melotto
Giovanni
1897
Carrara
Giuseppe
Mutilato
Franceschetti
Ettore
Invalido
Lunardi
Giovanni
Invalido
Merlin
Gaetano
Invalido
Ruffo
Giuseppe
Invalido
Piccoli
Giovanni
Invalido
Rossini
Albino
Invalido
Rossi
Marcello
Invalido
Fante
Andrea
1894
Molon
Augusto
1874
Ferrari
Guerrino
1899
Precivalle
Vittorio
1887
Ferrari
Arsenio
18..?
Ferrari
Eugenio
1896
Ronchini
Silvestro
1870
Ruffo
Antonio
1884
Balan
Augusto
1894
Cadore
Ermenegi
ldo
1893
Finiletti
Arcadio
1891
Menegol
o
Emilio
1889
Bertelli
Alfonso
1876
Bertelli
Giuseppe
1879
Boaretto
Antonio
1900
Cavaliere
Giovanni
1898
Colato
Luigi
1896
Colato
Giuseppe
1893
Franceschet
ti
Silvio
Galvan
Giovanni
1899
Galantin
Mario
1891
Menegolo
Luigi
1889
Manfredini
Enrico
1889
Mingon
Carlo
1896
Coppiello
Francesco
1879
Castiglioni
Rodolfo
1889
Castiglioni
Silvio
1886
Carmelli
Bernardo
1883
Deganello
Giobatta
Franco
Lodovico
1896
Lanzerotto
Arturo
1891
Franco
Giovanni
1889
Lorenzetti
Albino
1896
Fin
Giuseppe
1897
Marcolong
o
Marino
1899
Milanese
Leone
1898
Merlin
Pietro
1881
Merlin
Angelo
1898
Merlin
Domenico
1881
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Pietro
1894
Lovelli
Giuseppe
1895
Marcolongo
Giovanni
1878
Lorenzetti
Leonello
Pasi
Mosè
1884
Perazzolo
Gaetano
Perazzolo
Antonio
1888
Piccoli
Arturo
1896
Pesenti
Ernesto
1887
Quinzan
Augusto
1897
Rizon
Lorenzo
1897
Rinetti
Giuseppe
1892
Sganzerla
Pietro
1891
Stefani
Umberto
1895
Stefani
Giovanni
1897
Santinello
Tiberio
1895
Trentin
Virgilio
1886
Tavian
Cesare
1892
Tobaldini
Giuseppe
1896
Guglielmo
Vico
Bernardo
1894
Vivaldi
Giuseppe
1886
Zucari
Alessandr
o
Zulin
Marco
1891
Zanetti
Giulio
1892
Ambroso
Giuseppe
1894
Borolo
Giuseppe
?
Faella
Antonio
1877
Fante
Giulio
1899
Girardi
Graziano
1878
Rossini
Giovanni
1894
Carrara
Giuseppe
1893
?
Corso
Luigi
1886
Natalini
Andrea
1879
Vicentini
Valente
1893
Carrara
Ubaldo
Bonfante
Augusto
1897
Ambroso
Giovanni
1891
+
Bau
Marco
Stella
Girolamo
1877
Biondani
1889
Perazzolo
Giuseppe
Turcato
Vittorio
1890
Ambrosi
Antonio
1887
Giacomelli
Felice
1882
Zanon
Giuseppe
Stivanello
Sante
1886
Armando Diaz
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1917-1919)
Ministro della guerra(1922-1924)
Vittorio Emanuele III
re d’Italia
1900-1946
Carlo Delcroix
I896-1977
Presidente ANMIG
(Associazione Nazionale
Invalidi e Mutilati di
Guerra)
Frarini
Gedeone
1894
Carrara
Pietro
1890
Crivellaro
Cipriano
Cortese
Giovanni
1882
Murari
Augusto
1883
Melotto
Ettore
1885
Pironato
Vittorio
1891
Precivale
Giovanni
1879
Rossato
Augusto
1888
Rossini
Francesco
1899
Tartani
Giuseppe
1896
Vicentini
Luigi
1881
Vesentini
Luigi
1895
Vicentini
Pacifico
1874
Vicentini
Malgarito
1881
Zanardi
Silverio
1896
Tadiello
1884
18
IL FASCICOLO DEL CENTENARIO
Come prima indicato 159 sono i soldati raffigurati nel primo Quadro d’onore e 256 quelli
presenti nel secondo, un numero sicuramente significativo in sé, ma di certo non
corrispondente alla situazione reale. Si calcola infatti che per un paese come Minerbe, la
stima fosse di circa mille giovani in guerra.
Non di tutti si sono potute sviluppare le vicende, ma anche il semplice fatto di averne
riportato in luce foto e nomi è di per sé significativo.
Non è però da considerare un lavoro concluso.
La ricerca, così come è stata avviata e impostata, consente infatti di sviluppare, nel tempo,
altre storie di soldati e ulteriori vicende di guerra, in un continuum che può durare finché
viene tramandato il ricordo di quelle vite e di quelle speranze alle giovani generazioni.
Anche quest’anno trova un ulteriore sviluppo in vista della ricorrenza celebrativa del
centenario dallo scoppio della grande guerra.
Il 4 Novembre 2014 viene ad essere infatti l’occasione per vedere la scuola, ancora una
volta, riunita all’intera comunità, in piazza, attorno al monumento ai Caduti, per un
solenne riconoscimento a chi quella guerra l’ha effettivamente combattuta e vinta e, a
seguire e con una serata commemorativa, presso il Teatro parrocchiale San Lorenzo di
Minerbe.
È anche in considerazione di questo evento che si ritiene importante riunire in un unico
fascicolo il lavoro finora svolto nel corso degli anni, mettendo in successione tutti i soldati
di cui si sono ricostruite le storie.
La celebrazione del centenario merita infatti la ri-pubblicazione delle loro storie quale
degno riconoscimento al loro sacrificio.
Le parti che vengono ripubblicate si succedono nel seguente ordine:
dal fascicolo del 4 Novembre 2008
Un paese che ricorda
dal fascicolo del 4 Novembre 2009
Un paese alla guerra
dal fascicolo del 4 Novembre 2010
Una famiglia alla guerra
dal fascicolo del 4 Novembre 2011
L’eco della fine della guerra in paese
dal fascicolo del 4 Novembre 2012
Una medaglia d’argento
dal fascicolo del 4 novembre 2013
Un capitano valoroso e storie di altri soldati
Ma prima si presenta il lavoro di ricerca svolto quest’anno per il Centenario che ha
riguardato i seguenti soldati:
Perazzolo, dottor Valentino, tenente nato nel 1881
Bonfante Carlo, nato nel 1894 e il fratello Augusto nato nel 1897
Rossini Giovanni, nato nel 1894 e il fratello Antonio, nato nel 1896
Zamperioli Emilio nato nel 1896, morto in guerra
Zanon Giuseppe nato nel 1891, medaglia d’argento e i fratelli: Antonio nato nel
1893, Carlo, nato nel 1897 e Silvio, nato nel 1899
Zanon dottor Sante, tenente, nato nel 1886
Le loro storie sono precedute da una premessa che mette in relazione i dati di Minerbe
(soldati arruolati, dispensati, rivedibili…) con i dati generali nazionali.
Al termine del fascicolo pensieri, idee e riflessioni degli alunni delle classi quinte.
19
UNO SGUARDO GENERALE
ARRUOLATI, DISPENSATI, RIVEDIBILI, NUMERO DI FRATELLI IN GUERRA, DI
CADUTI E DI RICOMPENSE CHE HANNO RIGUARDATO I SOLDATI DI MINERBE IN
RAPPORTO AI DATI NAZIONALI
Nel 1926, in occasione del decennale della Vittoria, il capo del governo Benito Mussolini,
quando già molti paesi avevano provveduto a rendere onore ai propri caduti con lapidi e
monumenti, commissionò uno studio sui dati numerici della guerra sotto vari punti di
vista, per ricavarne motivo statistico e amor di patria. Questa fonte storica, (Pubblicazione
Nazionale sotto l'Augusto Patronato di S. M. il Re con l'alto assenso di S.E. il Capo del Governo)
che spicca in internet tra i molti materiali dedicati alla Grande guerra, merita di essere
esaminata perché può costituire la cornice in cui inserire i dati del Comune di Minerbe di
cui si è in possesso per averne delle ipotesi o delle conferme.
I soldati arruolati
Alla dichiarazione di guerra l'esercito regio si trovò con pochi uomini sotto le armi, che
uniti a quelli che per età avevano obblighi militari assommavano a due milioni e mezzo;
nel corso della guerra si aggiunsero più di tre milioni di uomini. In totale i chiamati alle
armi nel Regio esercito, che computarono un numero variabile di anni di guerra, furono
cinquemilioninovecentomila uomini.
È evidente che di fronte alla potenza dell'esercito austriaco il Regno d'Italia fu indotto a un
faticoso "rastrellamento di gente". Furono chiamate alle armi le classi dal 1874 al 1900.
Anche a Minerbe così si riscontra considerati i dati provenienti da varie fonti: due quadri
d'onore fotografici, due monumenti ai Caduti, lapidi, fogli matricolari conservati
all'archivio di Stato di Verona, testimonianze di famiglie.
In questo elenco di soldati, distinti per anno di nascita, il più adulto, primo in ordine
alfabetico, risulta essere Eminente Giacinto, del 1874, che nel 1918 compiva quindi
quarantaquattro anni; il più giovane, ultimo in ordine alfabetico, il bersagliere Rizzi
Augusto di appena diciotto anni, chiude l’elenco.
Un numero complessivo ipotetico dei chiamati alle armi per la guerra del Comune di
Minerbe potrebbe derivare dalla proporzione tra i chiamati alle armi e il complessivo degli
Italiani di allora.
Secondo un giusto calcolo (5.903.000 chiamati su 35.845.000 cittadini italiani nel 1911, data
del censimento) fu del 16% circa, per cui i maschi chiamati alle armi a Minerbe potrebbero
essere stati seicentosettanta circa, dato che gli abitanti nel 1911 risultavano
quattromilacentodue.
È comunque un numero destinato ad aumentare di molto dato che il Veneto fu, dopo la
Lombardia, la regione che diede la più alta quota di combattenti e che quasi metà dei
militari in guerra proveniva dall'Italia settentrionale.
In ogni caso la fascia migliore della popolazione, la più produttiva, mancò da Minerbe per
periodi più o meno lunghi, o, in molti casi, mancò per tutti gli anni di guerra come
documentato da fogli matricolari personali.
20
I dispensati
Il citato resoconto fascista del '29 sulla Grande Guerra registra che settecentoventimila
giovani sul totale dei chiamati furono dispensati "per esigenze imprescindibili dalla
produzione agricola, industriale e bellica, nonché per il funzionamento dei pubblici
servizi".
Dai cataloghi dei fogli matricolari conosciamo anche per Minerbe un nominativo
dispensato: era Gemma Francesco, in quanto sindaco di Minerbe. Egli risulta infatti primo
cittadino dal 1915 al 1920 nonché in seguito, dal 1938 al '40.
Figlio di Gio Batta e di Silvia Vivaldi, essendo nato nel 1882 era giovane sindaco di
trentatré anni. Alto, capelli e occhi castani, apparteneva a una famiglia di possidenti. Il
foglio matricolare registra il suo regolare servizio militare nel 1902, poi il richiamo alle
armi nel maggio del 1915, ma dispensato "siccome Sindaco del comune di Minerbe" nel
luglio del '16. Nel 21, a guerra finita, fu dichiarato definitivamente in congedo illimitato.
Guidò il Comune negli anni della guerra che furono tragici per i soldati al fronte, ma non
meno difficili per la popolazione a causa di ristrettezze di vario genere acuite dalle notizie
sulle morti dei giovani soldati, figli, mariti o fidanzati. Difficile anche il primissimo
dopoguerra con i primi tentativi di contrattazione nel campo del lavoro agricolo: la sua
firma, quale sindaco, compare in un documento contrattuale di Minerbe tra i proprietari
terrieri e le rappresentanze dei lavoratori agricoli.
I rivedibili
Il documento fascista sulla Grande Guerra del '29 cita lo sforzo degli organi medico legali
per inglobare e rendere utili alla guerra anche i giovani che a una prima visita erano
dichiarati inabili all'esercito, costituito intenzionalmente da un numero contenuto di
giovani, perciò scelti tra i migliori. Ma il conflitto aveva bisogno di uomini, tutti dovevano
farsi coraggio, comprese le famiglie che avevano curato e allevato giovani cagionevoli di
salute.
Uno di questi fu Zanon Giuseppe, che ha richiesto un lungo iter di ricerca in quanto pur
risultando nato nel 1891, come riscontrato nei registri comunali, non si è riusciti a
rintracciare il suo nominativo nei cataloghi dei fogli matricolari relativi a tale anno. Era
importante però reperire il suo foglio matricolare essendosi distinto tanto da guadagnare
una medaglia d'argento al valor militare come lo attesta la scritta, posta attorno alla sua
foto, collocata in posizione di rilievo al centro del secondo quadro d'onore, a sinistra del
presidente dell'ANCR.
Richiesto al Ministero della Difesa, il riscontro pervenne alla scuola con la relativa
motivazione e soprattutto corredato dal numero di matricola che ha escluso possibili
omonimie.
Si è riscontrato quindi il suo nome tra gli arruolati del 1893, accompagnato dalla causa: le
ripetute visite, già prima della guerra, con l'obiettivo di dichiararlo abile malgrado il
deficit toracico.
Nonostante questa diagnosi si distinse in guerra tanto da conseguire la medaglia d'argento
con il corrispettivo soprassoldo.
21
I fratelli in guerra
L'indagine statistica citata conteggia anche le famiglie che diedero alle armi in tempo di
guerra più di un componente. Spesso si sono riscontrati due soldati di Minerbe con lo
stesso cognome e gli stessi genitori, ma il loro numero è salito in qualche caso fino a
quattro. Così per i quattro fratelli Turcato figli di Natale e Carolina; anche Guglielmo,
Domenico, Arturo e Gaetano Bonfante erano fratelli tutti in guerra, come ha testimoniato
una conoscente della famiglia.
Lo studio del '29 rivela un dato che riguarda il Veneto in cui si è riscontrato il maggior
numero di famiglie con molti membri in guerra.
Oltre ad aver avuto la guerra "in casa" come fronte o come retrovie, oppure come pericolo
di invasione, il nostro territorio ha anche questo motivo per ricordare la Grande Guerra.
I Caduti
A causa della guerra si moriva in battaglia, ovvero "sul campo d'onore"; come è scritto in
qualche monumento ai Caduti, nei "letti di dolore" a causa delle ferite riportate in
combattimento; ma si moriva per malattia anche negli anni immediatamente successivi
alla fine della guerra.
I nominativi dei soldati minerbesi che persero la vita in guerra sono rinvenibili nel
monumento ai Caduti di Minerbe e di San Zenone, nelle lapidi in chiesa a Minerbe, nei
due quadri d'onore reperiti e nel libro Minerbe, una terra e la sua storia.
Distribuiti secondo l'anno di nascita, qualora noto, si sono ottenuti la tabella e il grafico
della pagina seguente che comprende anche il numero totale di nomi, conosciuti
attraverso le varie fonti citate, per ogni anno di nascita.
I dati evidenziano analogie con la situazione nazionale riscontrata dallo studio statistico
mussoliniano: è tra i ventenni che si riscontra il maggior numero di perdite di vite umane.
Tra i nati nel 1895, uno degli anni che ha dato anche a livello nazionale il maggior numero
di combattenti, conosciamo ben quindici nominativi di Caduti minerbesi, di cui dodici
presenti nell'Albo d'oro dei Caduti della Prima Guerra Mondiale.
22
Minerbe - Tabella e grafico dei soldati della guerra 1915 - 1918
Anno di
nascita
n° nominati
vi noti
n°
morti
0
1874
1875
1876
1877
1878
1879
1880
1881
1882
1883
1884
1885
1886
1887
1888
1889
1890
1891
1892
1893
1894
1895
1896
1897
1898
1899
1900
5
1
10
8
7
16
14
21
8
10
11
14
13
18
16
21
11
26
20
23
41
29
27
34
26
31
6
0
0
2
1
0
3
2
6
3
3
3
6
2
1
3
6
5
5
6
6
9
15
7
4
3
2
0
Anno di
nascita
non
conosciuto
34
10
Tot.
500
113
5
10
15
20
25
30
35
40
45
1874
1876
1878
1880
1882
1884
1886
1888
23
1890
1892
1894
1896
1898
1900
Nominativi noti morti
Ricompense al valore militare
Lo studio statistico citato, redatto a dieci anni dalla fine della prima guerra mondiale,
definisce come ricompensa la coscienza del dovere compiuto, tuttavia vennero premiati
"quegli atti singolari di genialità, di valore e di capacità che le circostanze di tempo e di
luogo consentirono alla gerarchia di rilevare e di porre in evidenza."
I caporali e i soldati semplici ebbero il 54% circa di decorati sul totale delle onorificenze, e
questo rapporto è riscontrabile anche per Minerbe considerate le cinque onorificenze
documentate che si conoscono: un Capitano, due Sergenti e due soldati semplici.
La medaglia era accompagnata da un soprassoldo, ovvero un compenso annuo: per la
medaglia d'argento, come si evince dal documento di Maistrello Giuseppe, parente di una
famiglia minerbese, il compenso annuo fu di cento lire, ma si legge che un decreto del
febbraio del '18 lo aumentò a duecentocinquanta lire. Per un raffronto del valore si sa, da
un documento contrattuale minerbese del '19, che per un'ora di lavoro ordinario agricolo
un bracciante era pagato 1,10 lire.
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO a
AMBROSI ANGELO
Motivazione
Ambrosi Angelo, da Minerbe, nato 24 - 7 - 1894, zappatore reggimento
fanteria, n° 45138 matricola:
" Primo fra tutti, si slanciava all'assalto della trincea nemica. Ferito,
continuava a combattere, finché non cadde nuovamente e mortalmente
colpito"
Cave di Selz, 22 ottobre 1915.
Decreto luogotenenziale in data 13 settembre 1916
Fonte: Ministero della Difesa
24
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO a
BELLINATO ALFONSO
Bellinato Alfonso di Alfonso, da Minerbe (Verona), sergente reggimento
bersaglieri, n° 21872 matricola:
"Coadiuvava efficacemente il proprio ufficiale durante furiosi attacchi
nemici, e sostituiva l'ufficiale stesso nel comando del plotone, durante
l'assalto alla baionetta. Rimase ucciso sul campo"
Monte San Michele, 21 luglio 1915
Decreto luogotenenziale in data 13 febbraio 1916
Fonte: Ministero della Difesa, idem nel Foglio matricolare
25
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA DI BRONZO a
BIONDANI ENRICO
Biondani Enrico di Giuseppe, da Ronco all'Adige, capitano 14°
Gruppo Alpini.
"Comandante di un battaglione di riserva ridotto a forze esigue in
seguito a precedenti combattimenti, con la parole e con l'esempio, lo
guidava sulla linea del fuoco, tra l'infuriare del bombardamento
nemico. Pronunciatosi nella notte, un forte attacco avversario, ritto
sulla trincea e sprezzante del pericolo, incitava i suoi uomini alla
resistenza, dando bella prova di fermezza e coraggio"
- Monte Asolone, 14-15 gennaio 1918
Fonte: memorie familiari, medaglia, articolo sul Giornale "Il corriere del
mattino" del 17 giugno 1919.
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO a
BONAZZO MATERNO
Bonazzo Materno di Santo, Sergente X reparto d'assalto, nato il 13 gennaio
1895 a Minerbe, n° 41158 matricola, morto il 27 ottobre 1918 sul Montello
per ferite riportate in combattimento.
Fonte: Albo d'Onore dei Caduti
Ricompensa concessa al valor militare:
MEDAGLIA D'ARGENTO "sul campo" a
ZANON GIUSEPPE
Zanon Giuseppe, nato a Minerbe nel 1893, soldato reggimento fanteria
n° 41479 matricola:
"Giunto tra i primi nella trincea nemica, con mirabile slancio e
coraggio, riuniva un gruppo di soldati postisi al riparo del tiro
sopraffacente dell'artiglieria nemica, e li conduceva all'attacco. Ferito,
non cessava d'incitare, con l'esempio e la parola, i propri compagni,
finché giunse l'ordine di ripiegare"
Nova - Vas, 15 settembre 1916
Decreto Luogotenenziale in data 25 gennaio 1917
Fonte: Ministero della Difesa
26
I SOLDATI DEL CENTENARIO
PERAZZOLO DOTTOR VALENTINO, TENENTE
Luigi
Scolaro Maria
I
________________________________
I
I
I
Valentino 1881 - 1973
Brocardo
Giuditta Grossule '85-'68
27
Francesco
I
_________________________________________________________
I
Luigi '14
I
Elisa '15
I
I
Maria '18
Marcello '20
…………..
I
_________________
I
Annamaria
I
I
Raffaella '21
Giovanni '25 Carla '27
Teresa Chiavegato
I
I
Marco
Anna Bevilacqua
Per risalire all'identità e alla storia dell’ufficiale Perazzolo dottor Valentino, che appare in
foto nel primo quadro d'onore e al centro del secondo quale graduato, occorre spostarsi da
Minerbe e risalire la Valle d'Alpone nell'est Veronese. Qui, a vedetta della vallata, si nota il
campanile della frazione di Brenton da cui proviene il ceppo famigliare di Valentino
Perazzolo. La famiglia ottocentesca di possidenti terrieri acquisisce in seguito un'area della
zona valliva di Montecchia di Crosara con la grande casa dalla cui aia si gode la vista dei
colli ricoperti di viti e si ammira l'antica pieve di San Salvatore tra le storiche case,
sopraelevata in località Castello.
La dimora padronale ha costituito nel tempo il punto di riferimento di più generazioni
della numerosa famiglia, che oggi è rappresentata dal nipote Marco e dalla moglie Anna,
che ha gentilmente risposto agli approcci di ricerca condotti dalla Scuola presso il Comune
di Montecchia per accertare un eventuale movimento migratorio del militare raffigurato.
La sorella di Marco, Annamaria, che solitamente vive lontano, si alterna al fratello e a sua
moglie Anna nel ricostruire e narrare le vicende che riguardano il dottor Valentino,
documentate da foto di famiglia.
Nella zona del Soave doc in cui si è consolidata la redditizia coltivazione della vite, un
tempo, raccontano gli eredi, l'economia si incentrava anche sull'allevamento del baco da
seta che veniva fatto crescere sulle ‘arele’, nel granaio. A testimoniarlo restano a nord della
grande casa maestosi gelsi, mentre a sud a delimitare e abbellire il cortile svettano alti
cipressi che caratterizzano la corte, su cui si affacciano il palazzo e la casa dei mezzadri
oggi restaurata e abitata dagli eredi. Anziani abitanti del luogo ricordano il lavoro nella
filanda di seta del paese, miraggio di occupazione delle donne già da quando erano
ragazzine, anche se sottoponeva a un lavoro davvero sgradito. Evidentemente i bozzoli, da
svolgere nel sottile filo di seta sopra l'acqua bollente, erano prodotti dalle aziende agricole
del luogo, accomunando per questo dato, in riferimento al secolo scorso, l'economia di
quel luogo a quella minerbese.
28
A sud del paese di
Montecchia di Crosara
la casa padronale della
famiglia Perazzolo
Il foglio matricolare racconta che Valentino Perazzolo era nato nel 1881 a Montecchia di
Crosara; venne avviato agli studi senz'altro in collegio, ricordano i parenti, come i giovani
di quel tempo che vivevano in località prive di scuole superiori. Si indirizzerà a studi di
veterinaria all'università di Bologna in ragione dei quali ritarderà il servizio di leva. I dati
personali lo descrivono un giovane alto, bruno di carnagione con capelli e occhi castani.
Nel febbraio del 1905, con la previsione del conseguimento della laurea, lo stato lo convoca
con l'obbligo di frequentare il corso per diventare ufficiale, preceduto da servizio
volontario. Quando la guerra è ancora lontana, nel 1905, diventa caporale quindi sergente,
per chiudere un anno dopo il servizio di leva.
Si avvicinano anni in cui l'Italia si impegna in conquiste territoriali per dare sbocchi alla
popolazione in aumento, infatti, anche prima di essere richiamato alle armi per la Grande
Guerra la sua situazione da militare è monitorata. La dichiarazione della guerra coincide
con il richiamo alle armi e l'invio nei territori del conflitto.
Lo stato in guerra ha bisogno di lui quale sottotenente veterinario. Viene precisato
l'obbligo a presentarsi all'inizio di giugno del '15 all'Ufficio Veterinario del 5° Corpo
d'Armata, parte della Prima Armata. Il foglio matricolare si interrompe dato che, come per
tutti i graduati, il completamento trova registrazione come ufficiale, quindi disponibile
solo negli archivi militari centralizzati. Probabilmente è vissuto lontano dalla famiglia per
tutti e quattro gli anni di guerra offrendo un contributo di valore, dato che era un giovane
professionista già con esperienza in campo veterinario. Il giovane laureato, infatti, vinto il
concorso a Minerbe come veterinario, sposterà la residenza nel nostro paese già dal 1909, e
qui, sposata nel '13 Giuditta, una ragazza di Bosco Chiesanuova, crescerà la famiglia.
Qualche nascita si registra a Montecchia dato che la famiglia, che a Minerbe abitava in via
Verdi, in prossimità dello sbocco in via Battisti, ha tenuto saldi i legami con la casa
d'origine di Montecchia dove d'estate, in un clima migliore, trascorreva le vacanze. I figli,
tutti diplomati, studieranno a Legnago al liceo o all'Istituto canossiano, costituendo nel
tempo famiglie che includeranno, come mariti, veterinari e medici.
Anche la moglie Giuditta ha portato in dote una realtà famigliare
particolare. Il fratello Virgilio, medico, è autore di un libro, tuttora
reperibile, nel quale ha raccontato in forma di diario la sua
esperienza di medico nel Congo belga nei primi anni del
novecento, ai tempi del re Leopoldo III. La famiglia conserva una
copia de L'arena del 2008 che gli dedicò un ampio articolo dato che
il dottor Virgilio aveva raccontato le condizioni della popolazione
indigena e i modi aggressivi della colonizzazione.
Nel nostro paese di agricoltori e allevatori, alcuni anziani ricordano
la figura e l'operato del dottor Valentino che, raggiunta l'età della
pensione, preferirà lasciare Minerbe per ritornare nella casa
d'origine dalla quale si muoveva con il ‘birocin’ o la bicicletta per
svolgere, in amicizia, qualche mansione da veterinario.
Solo il figlio Giovanni, medico, sposando la minerbese Teresa, abitò
in via Manzoni e dopo spostamenti, a Verona per lavoro e a
Il dottor Virgilio
Montecchia da pensionato, preferirà il nostro paese negli ultimi
Grossule, 1916
anni della sua vita.
Il ruolo della veterinaria nella prima guerra mondiale all'interno della sanità, in cui erano
arruolati novantaseimila uomini, era certamente molto importante, in un esercito in cui gli
animali, da tenere in salute, costituivano un complemento indispensabile. Anche per
l'esercito austro-ungarico si parla di cani e di cavalli per il traino, e soprattutto di muli. Il
mulo ebbe un ruolo fondamentale come instancabile trasportatore di vettovaglie e armi
per i ripidi sentieri delle Alpi. Tra gli animali, poco noto ma importante, il delicato ruolo
dei piccioni viaggiatori.
L'infaticabile mulo nel
Monumento agli alpini
di Montecchia
29
Valentino venne richiamato anche per la seconda guerra mondiale ma non fu operativo.
La nipote Annamaria fa notare nelle due foto, corrispondenti alla prima e alla seconda
guerra mondiale, la presenza dell’identico fregio nel copricapo riferito al Corpo della
sanità: la stella a cinque punte sormontata dalla corona sabauda.
L’ufficiale nel 1941
Perazzolo Valentino durante la Grande
Guerra
L'Associazione combattenti e reduci di
Verona in occasione del cinquantenario
della vittoria gli assegna una medaglia
con un diploma che la famiglia conserva.
Si notano raffigurati gli obiettivi della
guerra: riunire all'Italia i territori irridenti
di Trento e Trieste.
30
Se il padre Valentino ha partecipato alla prima guerra mondiale, i figli sono stati
protagonisti nella seconda come partigiani, evidenziando alti valori civici e di
partecipazione alla vita politica.
Storici del luogo hanno studiato, quindi pubblicato, i documenti conservati dalla famiglia
che interessano Marcello, comandante con il nome in codice di Shiva, divinità indiana, di
un battaglione partigiano. Gli eredi ricordano le riunioni, a cui il Presidente Pertini aveva
promesso di partecipare, in casa degli ex partigiani, che rievocavano gli eventi tragici e gli
avvenimenti intensi in quella valle che offriva ai combattenti della Divisione Pasubio
nascondigli adatti.
Diventerà poi Brigata Stella e lotterà per affermare i valori della Resistenza nelle nostre
vallate veronesi e vicentine.
Bruno Anzolin, scrittore e partigiano sanbonifacese, dedicò al giovane Marcello Perazzolo,
che si impegnava da partigiano per un futuro di libertà, un testo poetico intriso di
nostalgia. Era l'autunno del 1944.
RAGAZZO PARTIGIANO
Shiva, ricordi?
Morì presto l’estate quell’anno.
E settembre venne con piogge
tristi
e falò di morte
sui colli digradanti
dolcemente al piano.
Braccati
invano cercammo il sonno
al duro bivacco dell’alpe
nella radura;
e il vento gemeva
lungo nei boschi.
Ed era un’alba grigia,
ma alba era
al valico della Scagina,
dove oggi è nome
su pietra
il ragazzo che vagava ribelle
i giorni dell’ira.
Ricordi, Marcello?
L’estate morì presto quell’anno.
31
BONFANTE CARLO E AUGUSTO
Battista
Regina
I
__________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
Carlo
Augusto '97
Carlotta
1894- 1917 Venturi Amabile '97-'73
Augusta
Vittorio
Mario
I
_____________________________________________
I
I
I
I
I
Carlo
Rina
Remigio
Renza
Rossini Michele
I
_________________
I
Gabriella
Giancarlo
I
_______________
I
I
I
Ilaria Giacomo M.Vittoria
Dino
Maria Pia
I
Attalo
Giuliana
I
____________
I
I
Martino
Anna
La signora Renza Bonfante che abita in via Sant'Antonio a San Zenone dà testimonianza del papà
Augusto e dello zio Carlo. Casualmente apre anche il sipario sulla famiglia del suocero Rossini
Giovanni che ha avuto tre chiamati alle armi, a dimostrare come la Grande Guerra abbia
interessato buona parte della società di cento anni fa, determinando nelle famiglie conseguenze
dolorose.
32
La famiglia Bonfante lavorava la terra. Regina, donna forte, definita dalla nuora "un
giudice", aveva avuto molti figli a cavallo del 1900. La guerra chiamerà alle armi Carlo e
Augusto, nati alla fine del secolo: ne avrà gran dolore dato che il primo, giovane soldato,
darà alla patria quattro anni della sua vita della quale, a guerra finita, venne privato a
causa di malattia. Dopo averne seguito trepidamente le sorti per ben quattro anni, si
concluse per broncopolmonite la lunga esperienza del giovane lontano dalla famiglia, che
non seppe nulla della sua sepoltura.
Carlo, essendo nato nel '94, è soldato di leva nel '14 e destinato al 13° Reggimento fanteria.
Il foglio ci descrive un giovane di media statura con lisci capelli neri e occhi castani che
dichiara la professione di contadino. Il suo servizio militare diventa "trattenimento alle
armi per mobilitazione", inviato nella zona di guerra vi giunge il 24 maggio '15. Il foglio
matricolare lo registra, all'inizio del '17, nella Brigata Abruzzo, ma nel settembre dello
stesso anno è ricoverato in luoghi di cura. Guarirà dopo alcuni mesi tanto da essere
destinato alla Compagnia Mitraglieri Fiat.
La guerra finisce, ma il suo fisico, seppur giovane, debba sopportare la conseguenze di
condizioni di vita impossibili, con climi rigidi, esposte a contagi. La signora Renza
riferisce, compassionevole, delle semplici fasce per proteggere le gambe e della mantellina,
insufficiente a proteggere dal freddo dell'alta montagna che fu teatro di guerra.
Alla fine di novembre del '18, viene ricoverato nell'ospedale da campo per malattia e
qualche settimana dopo, poco prima di Natale, viene registrata la sua morte in seguito a
broncopolmonite che, curata con la scienza medica di cui si disponeva allora, in alcuni casi
non lasciava scampo. Le ricerche delle sue spoglie da parte della famiglia sono state vane.
Mamma Regina non ha saputo dove posare un fiore anche se il monumento ai Caduti
riporta il suo nome.
L'Albo d'oro dei caduti della Grande Guerra lo registra, e indica come luogo di morte
Ruda, nei pressi dell'Isonzo. Qui infatti c'erano le retrovie del fronte con gli ospedali da
campo, nonché, purtroppo, un cimitero, che cominciò a raccogliere i soldati morti. Da qui
in seguito le salme furono raggruppate a Redipuglia.
Dall'Albo d'oro dei Caduti nella guerra 1915 - 1918
33
La signora Renza ricorda meglio il padre Augusto che aveva tre anni in meno del fratello
Carlo. Lo ricorda con portamento eretto, un "paladino" a suo dire, causa o effetto del
Corpo dell'esercito Regio a cui venne assegnato e di cui era fiero: i bersaglieri ciclisti.
Il foglio matricolare conferma la prestanza fisica del giovane Augusto dai capelli neri e
ricci e dagli occhi grigi che risaltavano nell'ovale del viso dall'incarnato bruno. Lo vediamo
nel quadro d'onore con le piume del bel cappello da bersagliere che gli ricadono sulla
fronte. Quando vedeva i figlioletti giocare con la bici nominava la sua, di quando era
soldato, che comportava ben altra fatica: ruote piene, pesante, richiudibile per essere
sveltamente issata in spalla per effettuare veloci ed efficaci spostamenti. Era giustamente
orgoglioso, e si rammaricava che i suoi figli maschi non avessero avuto tale privilegio;
comunque anche il figlio Carlo, nato nel '23, venne chiamato alle armi ed ebbe parte attiva
nella seconda guerra mondiale, come pure Remigio, occupato nelle ferrovie.
Augusto era già fidanzato con Amabile, una giovane di San Vito; per assicurarsi la fedeltà
della ragazza, riferisce amorevolmente Renza, affidò la morosa ai genitori, in particolare
alla mamma, perché le occasioni di distrazione non mancavano.
Quando racconta del padre che tornò dalla guerra provato senz'altro nello spirito, ma
fortunatamente non nel corpo, Renza descrive l'economia minerbese del primo
dopoguerra e i modi di vita di allora, incominciando dalla bella famiglia di sei figli a cui
diede origine insieme ad Amabile. Il foglio matricolare lo registra come contadino, infatti
per ben quarant' anni il lavoro del castaldo in una grande azienda agricola del paese lo
impegnò e lo appassionò: la moglie se ne lamentava, dicendo che per lui non era mai sera.
Le coltivazioni erano quanto mai varie: patate, tabacco, frutta, barbabietole, perfino piante
da olio di ricino. L'attività era anche impiegatizia quando computava settimanalmente il
corrispettivo da assegnare alla manovalanza per la maggior parte femminile. Renza
riferisce che fu designato quale segretario di seggio per le elezioni, tanto aveva
intensificato e affinato l'attività di contabile.
34
Il bersagliere Bonfante
Augusto in posa.
Lo studio fotografico è di
Gino Piemontini di Torino che
"a richiesta si reca a domicilio e
nelle Caserme" come è
precisato nel retro.
La figlia ricorda che prestò servizio in guerra per quattro anni con una pausa. Infatti,
secondo il suo foglio matricolare, Augusto presta servizio dal 1916 al 1920. Corrisponde al
'16, l'anno della spedizione punitiva sull'altopiano di Asiago, l'anno in cui compie l'età per
la leva che lo include tra i bersaglieri. Due anni dopo la dichiarazione di guerra, nel
maggio del 1917, giunge nei territori interessati.
Difficile immaginare lo stato d'animo del giovanissimo soldato, addestrato in fretta, che si
trova a contatto con la brutalità della guerra in un Corpo e in un momento che lo vuole
parte attiva, come fresco rinforzo dell'esercito provato da due anni di fatiche.
Il 6° Reggimento Bersaglieri, in cui viene registrato nel luglio del '17, risulta operante,
all'interno del IV Corpo d'arma facente parte della Seconda Armata, sulle alpi Giulie e sul
Carso. Molto probabile quindi che abbia vissuto la ritirata dopo la battaglia di Caporetto.
A guerra conclusa viene trattenuto alle armi fino alla fine di maggio del '20; ebbe
un'indennità di più di duecento lire e un pacco vestiario, nonché la dichiarazione di buona
condotta con l'onore di avere servito lo Stato con fedeltà.
Aveva trascorso buona parte della gioventù, dai diciannove ai ventitre anni, alle armi.
Se i bersaglieri ciclisti erano un corpo scelto, accuratamente e severamente addestrato per
essere i primi pronti all'assalto di nuove postazioni, possiamo immaginare le alte
prestazioni richieste ai bersaglieri del Battaglione Mitraglieri ciclisti, all'interno del 6°
Reggimento bersaglieri, entro il quale operò Augusto. Sempre di corsa, come ricorda la
figlia Renza.
Immaginiamo lo sforzo di riadattamento alla vita normale, il ritorno in famiglia dopo il
1920, quando eventi politici importanti sconvolgeranno il Regno d'Italia.
Aveva di certo ottenuto dallo Stato riconoscimenti in medaglie, molto probabilmente
anche la nomina a Cavaliere di Vittorio Veneto, ma il tempo passato ha lasciato solo il
ricordo.
Anni quaranta: Carlo Bonfante con Amabile e tre dei sei figli sulla suglia di casa.
35
ROSSINI GIOVANNI E ANTONIO,
ZAMPERIOLI EMILIO
Michele
Vestena Teresa
I
_______________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
Giovanni 1894 - '43 Antonio 1896 Beniamino '99 Suor Assunta Rosa Olimpia Carmela
Chiocchetta Tersilia 1901-'74
Zamperioli Emilio
I______________
1896-1915
I
I
_______________________
Don Attalo
I
I
I
Orfeo
Michele
Giovanni
Arzenton Maria Bonfante Renza
I
_______________________
I
I
I
Don Claudio Luigi
Don Pierpaolo
Ivana
I
_____________
I
I
Matteo
Federico
In un ambito sociale in cui spesso i matrimoni avvenivano tra compaesani si intrecciano e
si rimandano gli alberi genealogici di Bonfante e Rossini dato che Renza Bonfante,
coniugata Rossini, ha introdotto a questa realtà di famiglia in cui la guerra ha avuto
grande importanza. Anche la vocazione religiosa l'ha contraddistinta in più di una
generazione.
36
I due fratelli sacerdoti, figli di Orfeo, continuano a dare rilevanti contributi alla famiglia
salesiana. La foto di famiglia, che abitava in via Ronchi, è inserita nel libro di Minerbe per
esemplificare la tipica e numerosa famiglia contadina degli anni '30. I maschi adulti che
attorniano l'anziana mamma Teresa sono i fratelli citati nell'albero genealogico e le relative
famiglie. Erano nati alla fine dell'ottocento e perciò vennero chiamati alla guerra. Restò
alla conduzione dell'azienda agricola, insieme alle donne, Beniamino, dato che aveva
motivi fisici per essere lasciato in congedo.
La famiglia Rossini
Giovanni ci viene descritto dal foglio matricolare: alla leva è un giovane robusto e sano, di
media statura, bruno di colorito, con capelli castani e occhi grigi. Si dichiara muratore.
Viene chiamato alle armi nel settembre del '14 e inserito nella sesta Compagnia
Sussistenza, ma poco prima della dichiarazione di guerra passa all'ottava e quindi il 23
maggio è in territorio dichiarato in stato di guerra. Il suo regolare servizio di leva diventa
obbligatoriamente trattenimento alle armi per la guerra.
Il foglio matricolare è scarno di notizie pur registrando il suo contributo a tutti e quattro
gli anni di guerra. Dopo essere stato inserito nel febbraio del '18 nell'11° Reggimento di
marcia, nel settembre del '19 viene inviato in congedo illimitato con il pagamento di una
indennità di duecentocinquanta lire accompagnata dalla dichiarazione di aver tenuto
buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore.
Al rientro alla vita civile si dedicherà all'agricoltura e formerà una famiglia con Tersilia,
ma ebbe problemi di salute altalenanti che si acuirono nel '43 portandolo alla morte all'età
di soli quarantotto anni, quando la moglie era in attesa del terzo figlio.
Di nuovo la famiglia patriarcale soccorse la disgrazia: lo zio Antonio avviò il nipote
orfano, di soli 14 anni, al mestiere di agricoltore. Ancor oggi, da anziano, Orfeo ricorda la
fatica e lo sbandamento di allora, ma serba nel cuore la gratitudine per la dedizione del
parente che lo avviò al lavoro agricolo che lo appassionò e gli permise di costruire una
solida famiglia di cui oggi è giustamente orgoglioso.
Antonio era nato, come spesso succedeva allora, giusto due anni dopo il fratello Giovanni,
e le foto di ambedue saranno incluse nel quadro d'onore. Di media statura, dai capelli
castani, aveva gli occhi grigi. Dichiara la professione del falegname, ma sarà l'agricoltura,
negli anni successivi, a impegnare l'intera famiglia.
37
Deve assolvere gli obblighi di leva contemporaneamente alla guerra, infatti viene
chiamato alle armi negli ultimi mesi del '15 per essere incluso nella fanteria. Nell'estate del
'16 giunge in territorio in stato di guerra ma vi permane per poco a causa di malattia. Sono
i giorni in cui si scatena la terribile spedizione punitiva nella zona dell’Altopiano di
Asiago.
Ritorna in territorio di guerra nella primavera del '17 nel reparto mitragliatrici e mentre
era in questo ruolo arriverà l'armistizio del 3 novembre con la resa dell'esercito austroungarico. Avrà il congedo alla fine del '19, con la dichiarazione di aver tenuto buona
condotta e di essere stato un ottimo soldato. Il foglio matricolare riporta il pagamento da
parte dello stato di indennità pari in totale a duecentotrenta lire più il pacco vestiario.
Gli vengono riconosciuti tre anni di guerra, e li aveva spesi nel cuore della gioventù.
Interessante il ruolo del soldato Antonio a guerra finita. Alla metà di novembre del '18 fu
incluso in una centuria addetto alla custodia dei prigionieri; circa il luogo il nipote ricorda
la città di Assisi.
In molti casi, ricercati ed esaminati attraverso i fogli matricolari, si legge, all'incontrario, la
sorte di soldati italiani fatti prigionieri dagli Austriaci. Sul tema della prigionia nella prima
guerra mondiale si riscontrano studi e indagini che ne testimoniano la crudezza: se il cibo
scarseggiava per i soldati attivi, c'è da immaginare lo scadente trattamento riservato ai
prigionieri.
Antonio ebbe vita più lunga del fratello Giovanni, infatti questo documento mostra la sua
onorificenza a Cavaliere di Vittorio Veneto nel 1971. Il soldato riunì nel quadro le
medaglie ricevute: in alto quella d'oro solido in ricordo del cinquantenario della vittoria,
a sinistra la croce di Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto, a destra la Croce al merito di
guerra.
Soldati austriaci fatti prigionieri sul Carso
38
La sorella Carmela aveva sposato Emilio Zamperioli e abitava a Borgo San Marco. Con un
figlio appena nato si ritrovò giovane vedova di guerra, per cui tornò ad abitare con la
famiglia d'origine che la riaccolse in uno spirito di vicinanza e solidarietà. Il figlio Attalo
diventerà sacerdote rimanendo a lungo parroco della comunità di Costermano, sul Lago di
Garda.
Il cugino Orfeo racconta che non riuscì mai a sapere notizie precise circa la morte del
padre e il luogo della sepoltura. Nemmeno i metodi informatici di oggi danno risultati
migliori: nell'Albo d'oro il suo nome manca, ma, pur originario di Borgo San Marco, venne
inserito con foto tra i caduti minerbesi dato che, alla compilazione del quadro, la vedova
abitava a Minerbe.
Si deduce che, circa la grande guerra, dati completi riguardanti la sorte dei soldati sono
improbabili, soprattutto nel caso dei dispersi che erano comunicati e dichiarati dallo stato
presso al famiglia come "irreperibili".
Era persona sensibile e colta Don Attalo, che vive nel ricordo della famiglia e del paese
dato che ha lasciato scritti poetici dialettali e in lingua pubblicando varie ed apprezzati
testi. A un anno dalla morte della mamma, nel 1963, diede alle stampe un'operetta di
trentacinque struggenti componimenti a lei dedicati; da orfano era rimasto il suo unico
punto di riferimento familiare.
In alcuni versi della prima poesia nomina la guerra:
"…
Poi giunse l'amore, fior di giovinezza
ma per uscire appena
dalla brattea del sogno.
Lo sposo ucciso e disperso
in una guerra che fece
dei tuoi giorni tutta un'agonia…"
Nella XXVIII :
"Narravi del babbo
caduto e disperso
fra le doline del Carso.
Perché d'un tratto
ti moriva il discorso?
Nel cielo saliva una nube…
Volevi che si disfacesse
prima che la sua ombra
mi lambisse il cuore.
Veniamo a sapere che il soldato Emilio era morto già all'inizio
della guerra, quando la linea del fronte era sul Carso, il suo
nome era tra i dispersi.
In questi versi sono gli animi di tutte le spose e le mamme dei
giovani soldati morti sul campo o per malattia causata dalla
guerra.
Don Attalo Zamperioli
39
ZANON GIUSEPPE e ANTONIO,
CARLO e SILVIO
Zanon Antonio
Zanchetta Maria
I
_________________________________________
I
I
Giovanni
Gioachino
Lanzarotto Giustina
Belluzzo Fiorenza
I
I
______________________________________
_____________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Maria Giuseppe Antonio+ Teresa Silvia Giulio Carlo Silvio+ Angelina Albina Angelo
1891
1893-'15
1897 1899-192..
Brendani Maria
I
____________________________________
I
I
I
I
Dario
Silvio
Giovanni
Bruna
Norma
Antonioli Bruno
I
I
_________________
____________
I
I
I
I
I
Franca
Mirella
Claudio
Sabrina
Natasha
Roberto Dall’Ara
Sergio Rizzo
I
I
_____________
_______________
I
I
I
I
Irene
Sara
Elia
Pietro
Dà testimonianza di questa famiglia, di cui ben quattro componenti parteciparono alla
Grande guerra, e da quel tragico evento fu gravemente colpita, Bruna Zanon, che già
quando era studentessa della scuola media a Legnago era invitata a raccontare delle
vicende belliche del padre Carlo.
La riunione dei dati di paternità dei fogli matricolari in un unico albero è stata possibile
dalla consultazione del registro della popolazione redatto dal comune di Minerbe nel 1901
che conferma i ricordi di Bruna circa un cugino del padre morto in guerra.
I quattro giovani erano nati nell'ultimo decennio del diciannovesimo secolo.
40
GIUSEPPE ZANON,
MED. ARGENTO
La ricompensa di una medaglia d'argento a Giuseppe Zanon ha motivato una accurata
ricerca, convalidata dal Ministero della Difesa servizio Ricompense e Onorificenze che ha
comunicato la motivazione della medaglia guadagnata "sul campo" che non risulta
riportata sul foglio matricolare. Viene indicata la località di Nova Vas , o Novavilla, un
paese già italiano, ma sloveno dopo la seconda guerra mondiale, situato sul Carso a
qualche centinaio di metri dal confine italiano. A testimoniarne l'origine anche il
campanile che ricalca la foggia di quello di San Marco. La località è nota per essere stata
teatro di aspri scontri fra le truppe italiane e austro-ungariche.
La data registrata è la metà di settembre del '16, i giorni della sesta battaglia sull'Isonzo, gli
stessi giorni della dichiarazione di guerra alla Germania.
Il soldato Giuseppe è raffigurato nel secondo quadro in posizione di risalto pur non
avendo acquisito alcun grado nell'esercito. Aveva guadagnato però una medaglia
d'argento e, probabilmente, il relativo soprassoldo annuo.
Di buona statura, i capelli castani incorniciavano il viso dal colorito roseo, aveva
dichiarato la professione di muratore. Il suo foglio matricolare desta meraviglia dato che,
dopo le prime note incerte, si apre il diario di un'esperienza di guerra di ben quattro anni
coronata dalla onorificenza citata. Come già evidenziato nelle note precedenti circa i
rivedibili, già nel '13 viene rinviato per ben due volte per inidoneità fisica, tanto da
procurare ritardo al fratello Antonio, più giovane di due anni.
Incluso nella Fanteria Mobile giunge in territorio dichiarato in stato di guerra dal primo
giorno, il 24 maggio '15, e ne riparte nell'agosto del '19. Una permanenza di ben quattro
anni, come tutti i giovani nati negli anni intorno al 1895. Il premio di congedamento fu di
duecentocinquanta lire. Certamente nella medaglia commemorativa le fascette metalliche
erano quattro, tante quanti gli anni di guerra a cui si devono aggiungere i periodi di
addestramento militare precedenti.
Fortunatamente sa rientrare nella normalità delle vita coniugandosi già dal '20, come
registrato dagli appositi registri comunali della popolazione.
Bruna ricorda questi lontani parenti di cui non conosciamo, per ora, i discendenti.
Possiamo però immaginare lo stato d'animo dei genitori, Giustina e Giovanni, per così
tanti anni in pena per le sorti dei due figli lontani per la guerra. Il caso volle Giuseppe
ottimamente decorato sul Carso, invece il più giovane, Antonio, morto perché "ferito
gravemente da fatto di guerra."
41
ANTONIO ZANON
Il giovane, nato nel '93, si presenta alla leva nel '13 ma viene rilasciato in attesa del
congedamento del fratello Giuseppe che era stato rinviato e arruolato con la classe 1893.
In previsione della guerra viene chiamato alle armi per mobilitazione e iscritto nella
Fanteria. Qualche giorno dopo la dichiarazione di guerra, giunge nei territori interessati.
Una annotazione chiara e completa chiude in fretta il suo foglio matricolare: il 15
novembre muore nell'ospedale da campo "in seguito a ferite riportate per fatto di guerra"
come riporta l'Albo d'Oro dei caduti che non specifica il luogo, ma solo il numero
dell'ospedale, lo 003.
Erano passati solo sei mesi dall'inizio della guerra che le autorità militari avevano
giudicato "lampo" e che era diventata invece estenuante guerra di trincea. La data
potrebbe corrispondere alla quarta battaglia sull'Isonzo con la quale il generale Cadorna
riteneva erroneamente di avere la meglio. "Le condizioni in trincea, con l'inverno alle
porte, si facevano sempre più difficili. Il rancio era scarso e freddo, le mani e i piedi spesso
erano intirizziti e gonfi dal gelo, le uniformi sempre fradice e quando asciugavano all'aria,
diventavano rigide come legno".
Questo il probabile scenario dove perse la vita Antonio, all'età di ventidue anni; lo ricorda
il Monumento ai caduti di Minerbe e il quadro d'onore riporta nella zona centrale la sua
foto.
Il foglio matricolare lo descrive un giovane robusto di media statura; dentatura sana,
colorito bruno, occhi castani come i capelli, aveva dichiarato la professione del muratore.
Dall'Albo d'Oro, pag. 232
42
CARLO ZANON
La famiglia di Bruna abitava anticamente a Minerbe in via Strada Vecchia, ai confini col
territorio di Boschi Sant'Anna, e lì si dedicava all'agricoltura. La signora Fiorenza era
morta giovane quando Carlo aveva appena nove anni; il padre invece, che arrotondava i
guadagni con il lavoro del mediatore fu, fino alla vecchiaia, il perno della famiglia che si
spostò poi in via Serraglio a San Zenone. I primi due figli maschi nascono nel '97 e '99.
Ebbero dalla guerra conseguenze opposte.
Bruna riferisce che il padre Carlo era sempre in prima linea. Nominava l'arma bianca,
ovvero lo scontro corpo a corpo con l'uso della baionetta.
Carlo raccontava episodi di ammutinamento dei soldati contro i superiori perché costoro
salvaguardavano se stessi mandando avanti i fanti. Carlo ricordava che a Caporetto,
durante un'azione, solo sei si erano salvati.
Riferiva della severità dell'esercito che veniva dimostrata nelle uccisioni casuali con
processi sommari.
Essendo nato nel '97 divenne soldato di leva nel '16 mentre la guerra era in corso. Il
giovane di media statura, dagli occhi cerulei e i capelli biondi e ondulati, dopo il
necessario addestramento alle armi, giunge in territorio di guerra nel luglio del '17,
qualche mese prima della dodicesima battaglia dell’Isonzo che si concluse con la ritirata di
Caporetto.
Dichiarò la professione del negoziante di bestiame. Ritornò dalle zone di guerra nel marzo
del '19, cinque mesi dopo l'armistizio, e nel '20 ebbe il congedo. Visse la guerra al fronte,
come ricorda la figlia, e nei suoi momenti più difficili, nominava tragiche località del
fronte come il Grappa, Monte Nero, Trieste, Caporetto. Raccontava di non aver avuto
paura, merito, a suo dire, di iniezioni: come si è risaputo l'esercito aveva i suoi metodi per
dare coraggio ai giovani soldati che dissuadeva dalla diserzione con la minaccia delle
armi. A Trieste, probabilmente dopo gli accordi di pace, si è trovato contro gli abitanti, che
erano riluttanti ad essere inclusi nei confini italiani. Raccontava di peripezie, di momenti
in cui la furbizia giovanile ebbe la meglio. Quando c'erano feriti da recuperare i superiori
ripagavano con una maggiorazione di cibo chi si offriva nel rischioso compito che
risolveva muovendosi a zig zag per sfuggire al tiro nemico.
Al ritorno, quando il padre Gioachino è andato a prenderlo col ‘birocin’ era davvero
malconcio.
Dopo quasi quattro anni al servizio dello Stato ebbe 150 lire di indennità, insieme alla
dichiarazione di buona condotta e di fedeltà nel servirlo.
Bruna riferisce che gli era richiesto di testimoniare circa l'esperienza di guerra, ma non
raccontava volentieri: è difficile sfuggire alla pena del ricordo di momenti tanto difficili.
43
SILVIO ZANON
Era un "ragazzo del 99", soldato di leva nella primavera del 1917, mentre la guerra era in
corso. Il periodo era oscuro dato che i successi erano esigui e la guerra stava stagnando
con grandi perdite di vite umane sull'Isonzo, dove le battaglie si susseguivano. Dal foglio
matricolare abbiamo la descrizione di un giovane molto alto rispetto alla statura media di
allora, tanto che viene arruolato nel 1^ reggimento granatieri. È ancora un ragazzo, ha
capelli castani e lisci, colorito roseo in cui risaltano gli occhi cerulei, si definisce per l'arte o
la professione carrettiere.
L'addestramento sarà stato veloce se dopo pochi mesi viene mandato in Francia nelle
truppe ausiliarie. Le condizioni di vita ammalano il suo fisico, pur giovane. Nel '19 viene
mandato in licenza per sei mesi e nel '20 ricoverato nell'ospedale Militare principale di
Roma. Purtroppo viene registrata un'infiltrazione tubercolare all'apice destro e con questa
diagnosi infausta e grave per le possibilità curative di allora, viene congedato. Gli viene
riconosciuta la campagna di guerra per l'anno 1918.
La nipote Bruna ricorda che rientrò in famiglia ammalato e nel tentativo di procurargli le
medicine, che erano rare e costose, la famiglia andò incontro a difficoltà finanziarie. Anche
le giovani nipoti ricordano che quando il fratello Carlo nel '25 si sposò, la giovane moglie
Maria si trovò una situazione familiare impegnativa in cui oltre al marito c'erano il suocero
vedovo e Silvio, giovane, ma malato. Morì successivamente e la sua foto è inclusa al
cimitero nella lapide che raccoglie i Caduti per la patria e che invita a onorarli.
44
ZANON DOTTOR SANTE, TENENTE
Leopoldo
..anon Angela
I
_________________________________
I
I
Sante 1886 - 1950
Augusta Zanon
Virgilio 1888?
Stella Zanon
I
___________________________
I
I
I
Leopoldo
1922- '45
Rosetta
Angelina
Salvatore Nicola
Alfano
Gallina
I
___________
I
I
Giancarlo Lucia
Ornella
I
_____________________
I
I
I
Rosetta
Mafalda
Alfonso
Silvana
I
____________________________
I
I
I
I
I
________
I
45
I
Wilma
Mariarosa
Flaviana Nicoletta
Renato
Valentino
È probabile un ceppo unico all'origine dei numerosi nominativi di soldati minerbesi dal
cognome Zanon, oggetto di ricerca nel presente fascicolo. Infatti il soprannome, abitudine
frequente nella nostra zona, abbreviazione riferita al nome proprio del padre di Sante,
accomuna gli altri rami familiari con lo stesso cognome. Il dottor Sante utilizza il nome
proprio, Leopoldo, anche per il figlio primogenito, che verrà coinvolto nella seconda
guerra mondiale. Nella strage sul ponte che da Caselle porta a Pressana, alla fine di aprile
del '45, perde la vita Leopoldo Zanon di soli venticinque anni.
Nel cimitero di Minerbe, ai piedi della lapide dei caduti, un vaso di marmo ha il suo nome
in modo che, considera Bruna Zanon, il pensiero floreale del parente abbia una giusta
collocazione. Tra le foto lo si riconosce, con i baffi, dalla divisa di carabiniere.
Sante era nato nel 1886, perciò già nel 1906, all'età di vent'anni, viene chiamato alle armi
nella Fanteria e ammesso al volontariato di un anno. Qualche mese dopo viene nominato
caporale, quindi caporal maggiore. Contemporaneamente viene lasciato in congedo
illimitato con la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e aver servito con fedeltà e
onore.
I dati personali lo descrivono di media statura, con occhi e capelli "castagni" che si
accordano al colorito bruno. Per la professione dichiara di essere studente, condizione non
frequente nella società di quel tempo, erede evidentemente di una famiglia benestante
dato che allora, vista la lontananza delle scuole superiori e la difficoltà nei trasporti, spesso
si frequentava in collegio già per compiere gli studi superiori.
L'indirizzo di studio si evince dalla successiva annotazione del foglio matricolare: nel 1911
viene registrato nella 5a Compagnia di sanità dato che è studente di Medicina. Dopo
qualche mese viene richiamato alle armi per istruzione; all'inizio di maggio del '15,
quando il regio Esercito si mobilita in vista della dichiarazione di guerra, viene richiamato
alle armi secondo il relativo decreto del Ministero della guerra. Giunge in territorio di
guerra il giorno precedente la dichiarazione, assumendo dopo un mese il grado di
sergente.
Qualche mese dopo gli viene cambiata destinazione perché l'esercito usufruisca della sua
preparazione in medicina quale studente del sesto anno. È probabile che il servizio
militare volontario fosse motivato dal dedicarsi agli studi dopo aver assolto gli obblighi
militari. Nell'aprile del '16, finiti i quattro mesi di corso accelerato, rientra al corpo.
All'inizio di maggio diventa sottotenente medico di complemento. Dopo un anno dalla
dichiarazione di guerra, data la sua precedente preparazione, è destinato alla direzione di
Sanità di Verona per il servizio di prima nomina che lo porterà probabilmente a prestare
servizio in tutti gli anni di guerra.
Qui il foglio si interrompe per il completamento in catalogo militare superiore in quanto
non più soldato semplice, ma ufficiale.
Dopo la guerra è sicuro che completerà gli studi, dato che alcune persone anziane lo
ricordano quale medico del paese, attività che gli diede modo di costruire la sobria villetta
di via Verdi che viene ricordata come la sua abitazione dopo che aveva lasciato la casa di
famiglia di via Casotti, l'odierna via Trieste.
La sua vicenda esemplifica gli studi effettuati, che hanno dimostrato come il Regio Esercito
si sia trovato al momento della guerra con carenza di personale preparato. Ciò fu un
compito di rilievo: se non bastarono i comandanti della
gerarchia dell'esercito, così i medici dovevano essere in giusto
rapporto, impiegati negli ospedali da campo e in quelli delle
retrovie, per curare i giovani feriti o affetti dalle numerose e
debilitanti malattie che colpivano i combattenti, anche se
giovani, obbligati a vivere in condizioni estreme. Si moriva sul
campo, per ferite riportate in combattimento, ma anche per
malattie dell'apparato respiratorio o dovute a contagio, date le
condizioni igieniche precarie.
46
Sante fu uno degli studenti in medicina diventato medico chirurgo "sul campo".
Con lui nel corpo della Sanità vennero arruolati novantaseimila uomini sui quasi cinque
milioni occupati in zone di guerra.
Secondo più testimoni la chiesa di Santa Lucia,
Ospedaletto, durante la prima guerra mondiale
funzionò come ospedale militare
Abbiamo i dati sull'albero genealogico di
Zanon Sante da Flaviana Zanon, che abita
ora con la propria famiglia ad Albaredo,
ma frequenta l'originaria Minerbe per accudire, insieme ai fratelli stabilitisi in paesi del
Basso Veronese, l'anziana madre che risiede oggi in via Roma, dopo aver abitato in via
Trieste.
Sante, racconta Flaviana, era uno studente spiccatamente capace, ha studiato da
autodidatta a Bologna avvalendosi dell’aiuto dei compagni. A ventinove anni, comunque,
era arrivato quasi a finire gli studi avendo già assolto gli obblighi di leva. Probabilmente
ha conseguito la laurea dopo la guerra e, purtroppo, ha avuto modo di esercitarla per
curare il fratello Virgilio morto giovane, i cui discendenti ricordano il congiunto Sante
come medico bravissimo, stimato da tutti. I due fratelli avevano sposato due cugine,
sorelle tra loro, dando origine a numerosa discendenza. Gli eventi della seconda guerra
mondiale, con l'uccisione tragica dell'unico figlio maschio da parte di truppe tedesche in
ritirata, come scrive il parroco nel registro dei morti, devono averlo profondamente
provato sconvolgendo la sua esistenza, che si concluderà a Minerbe. La moglie Augusta,
da vedova, si trasferì con le giovani figlie a Milano, dove visse fino a tarda età,
probabilmente per offrire loro lavoro negli anni dell'emigrazione interna.
Flaviana, accurata regista della discendenza famigliare, nonostante la distanza desidera
riprendere i contatti con Angelina, l'unica figlia di Sante probabilmente ancora in vita.
Racconta con trasporto altre dure vicende di guerra di congiunti, riferite alla seconda
guerra mondiale, a ricordare come queste siano state spesso tragiche e determinanti nella
vita delle persone, con precoci vedovanze e figli orfani.
Vaso presso la lapide ai Caduti in cimitero
Leopoldo Zanon
47
I PERCORSI PRECEDENTI
Del lavoro di ricerca svolto per il 4 Novembre 2008 si riporta lo stralcio relativo al monumento ai
caduti della prima guerra mondiale.
UN PAESE CHE RICORDA: IL MONUMENTO AI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA
MONDIALE
L’autore del monumento ai caduti è
l’architetto, pittore, scultore, Terzo Antonio
Polazzo (1894-1976).
Alla base, su cui poggia il combattente, c’è
scritto: “Per una Patria più grande”. Nella
lapide posteriore sono riportati tutti i nomi
dei caduti della Grande Guerra.
Il suo significato
‘Assassinio o sacrificio. La morte dell’eroe
riguarda più l’equilibrio fra uomini e uomini,
che ha fatto sì che i “nostri” regnino sui barbari,
non i barbari sui nostri, e ciò perché loro sono la
schiavitù noi i liberi (Calasso)’.
48
Possiamo partire da questa citazione per
interpretare il possibile valore simbolico del
Monumento ai Caduti di Minerbe. L’opera, eseguita in un unico blocco di pietra carsica,
ritrae un soldato che sembra difendere, in una sorta di abbraccio, due colonne doriche
spezzate. Il suo sguardo è rivolto orgogliosamente verso l’alto quasi sfidando il pericolo, e
suggerendo in questo la volontà di immolarsi nella strenua resistenza contro il nemico che
avanza. Il fante è connotato storicamente da una divisa militare con elmetto e stivali,
tuttavia la vicinanza alle due colonne ci suggerisce una dimensione temporale più grande,
riportandoci quindi, attraverso una serie di suggestione visive, al miles, il legionario che su
modello dell’eroe greco-romano, è pronto a sacrificarsi per la propria famiglia, la propria
Patria ma soprattutto (vorremmo suggerire per questa iconografia) per la difesa della
civiltà.
Le due colonne doriche diventerebbero quindi, in questo contesto monumentale, il
simbolo di tutta la grande tradizione culturale del mondo romano-classico (elemento
questo recuperato dal fascismo che nel mito della romanità tradusse non solo la volontà d
creare una nuova Roma caput mundi, ma anche, una esibizione retorica dei valori della
virtus ) tradizione culturale riaffermata e cantata precedentemente ad esempio da Giosuè
Carducci e Gabriele D’Annunzio.
Un confronto possiamo farlo anche con un’opera pittorica di grande respiro, non solo per
le sue dimensioni, ma soprattutto per i contenuti: il grande fregio (La costanza vigila sul
nemico mentre i lavoratori rialzano l’edificio della civiltà ) realizzato per Montecitorio, nel
1913, da Giulio Aristide Sartorio, uno degli artisti italiani più conosciuti di inizio secolo.
Come in questo particolare dell’opera di Sartorio, così nel Monumento di Minerbe, la
colonna diventa l’elemento simbolico centrale; il soldato si pone perciò a difesa della
cultura, dell’arte, della storia, dell’identità culturale italiana, della civiltà appunto, tutti
elementi riassunti nella doppia colonna.
Ritornando quindi alla citazione da Calasso, la difesa della civiltà (contro il barbaronemico) diventa anche soprattutto la difesa della libertà, a cui il soldato sacrifica
eroicamente la propria vita offrendo il petto al fuoco nemico.
Del lavoro svolto per il 4 Novembre 2009 si evidenzia la situazione del paese con tutti i suoi
giovani in guerra.
UN PAESE ALLA GUERRA
49
30 ottobre 1918
A questo punto noterò qualche cosa dell’orribile guerra che da 4 anni infuria in tutta l’Europa, e si
estende anche nell’Asia nell’America e nell’Africa e semina strage, rovina e morte in una misura
così abominevole che di simile non fu mai veduta, né si vedrà giammai sulla faccia della terra e in
fin che il sole risplenderà sulla sciagura umana!
Cominciando dal 1914 furono chiamate sotto le armi tutte le classi a poco a poco finché nel 1915 si
trovarono arruolati tutti gli uomini dai 18 ai 42 anni; nel 17 furono chiamati anche quelli da 43 e
44 (26 classi eccettuati i ciechi, gli zoppi e i gobbi) in tutto 5.250.000 uomini.
Non rimasero a casa per la coltivazione dei campi che donne pochi vecchi e fanciulli.
Don Sante Gaiardoni riporta queste note nel suo libro di Memorie facendo trasparire tra le
righe la sua indignazione nei confronti della guerra che ha coinvolto in modo radicale la
popolazione anche della parrocchia di Minerbe, che gli era stata affidata nel 1909.
In alcune famiglie di Minerbe è presente un quadro celebrativo, probabilmente degli anni
venti, che riporta foto, nome e anno di nascita di 159 ex combattenti della guerra 1915-18;
tra questi otto sono contrassegnati con una croce per distinguerli come deceduti in guerra.
In verità sia i combattenti che i caduti sono in numero ben maggiore. Il signor Silvano
Lugoboni, responsabile dell’Archivio di Stato di Verona per il settore militare, stima
almeno in un migliaio i chiamati alle armi per mobilitazione di guerra nel Comune di
Minerbe. Il conto è presto fatto: se riteniamo 40-50 gli uomini del Comune per classe
anagrafica di quegli anni e moltiplichiamo per 26 secondo lo scritto di Don Gaiardoni, il
totale raggiunge il migliaio di soldati, la gran parte tornati e reinseriti nella vita di famiglia
e di paese.
I SOLDATI DECEDUTI
I morti nel Comune di Minerbe sono
riportati nella lapide posta nel basamento
del monumento ai Caduti di Piazza 4
Novembre e da altre due lapidi che ora si
trovano in chiesa, nel primo altare, a
sinistra. Tali lapidi erano esposte nella
cappella oratorio già dal 1921, abbellita
secondo Don Gaiardoni anche per “posare
le due lapidi a ricordo dei giovani ed
uomini caduti nella guerra”.
I due elenchi si integrano sommandosi, dato
che non coincidono.
Nel Monumento ai Caduti in Piazza 4
novembre: sono incisi i seguenti nomi
ALLEGRINI
AGOSTINO
ANNIBALETTO G. MARIA
BALBO
OTTAVIO
BALDIN
ANTONIO
BELLINATO
ALFONSO
BELLINI
LUIGI
BELLUZZO
ANTONIO
BERRO
PIETRO
BERTOLASO
MARIO
BERTOLINI
ANTONIO
BERTU’
GIUSEPPE
BONAZZO
ANGELO
BONFA’
AUGUSTO
BONFANTE
CARLO
BOROLO
ANTONIO
CERVATO
AUGUSTO
CHIOCCHETTA LUIGI
COLLATO
AUGUSTO
CORTESE
ANTONIO
CORTESE
LUIGI
DE TOMI
MARIO
FILIPPINI
ALESSANDRO
50
FILIPPINI
LUCINDO
FRANCESCHETTI GIUSEPPE
GHELLER (E)
GIOVANNI
GRIGATO
LIONELLO
LORENZETTO
CESARE
MANTOVANI
FERDINANDO
MANTOVANI
UMBERTO
MARINI
ANTONIO
MENEGAZZI
ETTORE
MENEGOLO
GIULIO
MENIN
ROBERTO
MIRANDOLA
UMBERTO
MOTTERAN
ANDREA
ORTELLO
PIETRO
PERETTA
ANGELO
POLO
OTTAVIO
PRANDO
AUGUSTO
RAGOSO
DANTE
RUFFO
AGOSTINO
RUFFO
GIOVANNI
RUFFO
PIETRO
SALVA
PIETRO
SANTINELLO
LUIGI
TACCON
ANTONIO
TACCON(I)
GIUSEPPE
TAVIAN(I)
GIUSEPPE
TURRISENDO
ARTURO
VIVALDI
GIROLAMO
VIVALDI
SILVIO
ZANARDO
ALBINO
ZANDON
EMILIO
ZANDON
GIOVANNI
ZANON
ANTONIO
ZANETTI
SILVIO
ZANOVELLO
ERNESTO
Secondo le lapidi in chiesa sono da aggiungere:
SOAVE
AUGUSTO CIRILLO
SPOLADORE
GIOVANNI
BERNUZZI
ANTONIO
BRESSAN
GIUSEPPE
CUCCATO
GIUSEPPE
MARINI
LUIGI
GALANTIN
LEONELLO
MOTTERAN
SILVIO
EMINENTE
IGINO
51
Nella frazione di San Zenone i caduti sono elencati nella lapide applicata ad un’ala
dell’asilo i cui nomi sono confermati dal Monumento ai Caduti in Piazza Aldo Moro.
BELLUZZO
ANTONIO
Cap. BRESSAN
GIUSEPPE
BONFANTE
CARLO
BOROLO
ANTONIO
Cap. M. CERVATO
AUGUSTO
CHIOCCHETTA LUIGI
COLATO
AUGUSTO
CORTESE
ANTONIO
CORTESE
LUIGI
DE TOMI
MARIO
FRANCESCHETTI GIUSEPPE
MANTOVANI
FERDINANDO
MENEGOLO
GIULIO
MENIN
ROBERTO
PERETTA
ANGELO
RUFFO
AGOSTINO
RUFFO
GIOVANNI
RUFFO
PIETRO
TACCON
ANTONIO
TACCON
GIUSEPPE
ZANARDO
ALBINO
ZANDON
ANTONIO
ZANDON
EMILIO
ZANDON
GIOVANNI
Da questi dati pubblici il numero dei combattenti
deceduti raggiunge le 92 unità.
Un’altra fonte a cui si è attinto per ricercare i dati è stato, nella Parrocchia di Minerbe, il
Registro dei morti di quegli anni.
Risulta toccante perché traspare il dolore del Sacerdote nel riportare, radunati alla fine
degli anni 1915 - 16 - 17 - 18 per concludere nel 1919, i nomi dei giovani di cui nei primi
casi specifica la giovane età.
Per il 1915 il registro riporta con la nota pro patria amore strenuus occubuit (valoroso cadde
per la patria) i nomi dei miles: Zanovello, Bonfà, Berro e Zanon. Solo di Bonfà è nota la data
di morte, per gli altri la casella risulta vuota.
Per il 1916 i nomi sono Polo, Vivaldi, Ortelli, Mantovani, Marini, Bressan, Bernuzzi,
Cuccato; il parroco li numera e annota nelle osservazioni: In bello mortui,(morti in guerra)
specificando che gli ultimi due sono stati dichiarati dispersi nel 15.
52
Nel 1917 prosegue la numerazione da 13 a 21 con i nomi: Menegazzi, Lorenzetto, Filippini,
Bonazzo, Bertolaso, Baldin, Mirandola, Allegrini, Bertù.
Non risulta alcuna data di morte e la nota dice sequentes in bello periere (coloro che seguono
sono morti in guerra). Segue un ulteriore elenco di nomi con la dicitura Isti postremi anno
1916 addicatu, (questi sono da assegnare alla fine dell’anno 1916): Gheller, Tacconi, Ruffo,
Zandon,
Per il 1918 (qui in molti casi è presente il giorno) risultano: Zanetti, Motteran, Bertolini,
Annibaletto, Taccon, Zanardo, Marini, Filippini, Vivaldi G., Turisendo, Santinello, Balbo,
Zandon.
Con Tavian si conclude, il 16/3/19, l’elenco dei morti di cui è riportato il nome.
Don Sante Gaiardoni chiude con un NB: Summatur (ergo) 43 pro salute et (magnitudine)
patriae ex vulneribus vel letali morbo corrupti. Pro salute Patriae?.....Posteris (non) arduum
iudicium…( Sommando, pertanto, 43 sono morti per la salvezza e la grandezza della patria
per ferite o malattia mortale)
Il parroco, aggiungendo “ai posteri il non difficile giudizio”, si dichiara non convinto che
la guerra come motivazione per perdere la vita così giovani sia sufficiente, né allora né
mai.
Segue a piè di pagina la nota di altri due: Patussi e Boncio, morti nel ‘18 in ospedali
militari.
I nomi presenti nel registro di morte della Parrocchia di Minerbe sono anche riportati nelle
lapidi, e secondo lo stesso registro i morti risultano quindi 43, tra cui 14 senza nome.
Sono molti dunque, ben di più degli otto riportati nel quadro celebrativo. Si può affermare
che Minerbe fosse “un paese alla guerra” perché la parte più significativa era alle armi.
Come sottolinea Don Sante Gaiardoni nelle Memorie “non rimasero a casa per le coltivazioni
dei campi che donne pochi vecchi e fanciulli.”
53
STORIE DI SOLDATI - FRATELLI D’ITALIA ANGELO E ANTONIO BORDIN
Bordin Girolamo
Pavan Anna Maria
I
______________________________________________________________
I
I
I
I
I
Antonio 1882 -1958
Angelo 1888 - …
tre
sorelle
Piccoli Giuseppina
I
_______________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
Elvira ‘10 Lino ’11
Gino ’13
Lina ’15 Giuseppe ‘19 Ilario ’22
(intervistato)
I
Antonio
I
____________
I
I
Anna
Alberto
Ex al. 3^ A, Sc. Media Scuola Elem. Minerbe, cl. 1^B
Anna Bordin, alunna della Scuola Media di Minerbe, ha dato l’avvio alla ragnatela di ricerche
condotte quest’anno dall’Istituto per fare memoria della prima guerra mondiale nella ricorrenza
del 4 novembre. Alla richiesta di materiali storici, lo scorso anno ha recapitato a scuola documenti
interessanti. Il famigliare che poteva darne testimonianza era il prozio Giuseppe, diventato Don
Giuseppe dopo l’ordinazione sacerdotale nel 44. Egli è testimone diretto della seconda guerra
mondiale mentre la generazione interessata alla prima è quella del padre e dello zio.
Don Giuseppe dice che ha poco da raccontare della guerra del 15 – 18, essendo vissuto col padre
solo da piccolo dato che è entrato in Seminario già per il Ginnasio. Ricorda però che gli adulti ne
parlavano durante i filò nella stalla. Custodisce con cura il documento, già citato e riprodotto, che
raffigura in seconda fila il papà e lo zio: il gruppo d’onore degli ex combattenti minerbesi, in
ottimo stato di conservazione, che ha permesso la ricerca dei fogli matricolari di alcuni, conservati
in grandi registri presso l’Archivio di Stato a Verona.
Quelle pagine, scritte con il pennino e ingiallite dal tempo, sono preziose per ricostruire la loro
esperienza militare, inclusa la campagna di guerra 1915 – 1918.
54
Purtroppo ci dicono i luoghi solo in caso di ferimento o morte, in genere vale “territorio dichiarato
in stato di guerra”, per cui dobbiamo immaginare la linea dalle Alpi all’Adriatico lungo l’Isonzo
nel 15 -16, arretrata nel 17 -18 sulla linea del Piave – Asiago – Grappa, fronti di guerra che si sono
chiusi finalmente il 4 novembre 1918 con l’armistizio di Villa Giusti nei pressi di Padova.
Ci interessa come il soldato, tornato dalla guerra, sia tornato alle normali occupazioni e in questa
ricerca è di prezioso aiuto la famiglia che, nei casi esaminati, abita a Minerbe e ancor oggi
mantenendo lo stesso cognome ne continua la discendenza.
Il foglio matricolare di Antonio Bordin racconta che, di statura media, dai capelli castani e lisci e gli
occhi cerulei, era contadino. Insieme al papà e al fratello coltivava la terra di proprietà dei signori
Burzio che abitavano l’omonima villa che dà su via Roma. I terreni di pertinenza si stendevano a
sud della villa inglobando corti agricole come la loro. Don Giuseppe racconta che, nel ‘17, dopo la
sconfitta di Caporetto, anche da noi i possidenti terrieri avevano paura di perdere tutto, le donne
già pensavano di “far fagotto” radunando la biancheria. Forse per questo i Burzio vogliono
vendere: i loro interessi erano in città dato che il padrone vi svolgeva la professione di avvocato.
La famiglia Bordin, in quegli anni difficili, spinta dalla forza di coraggio della nonna e con l’aiuto
economico e disinteressato di gente generosa del paese, fa il grande salto dell’acquisto dei terreni
di cui erano fittavoli, nella speranza di veder tornare i figli dalla guerra.
Così è stato, e oggi Don Giuseppe racconta che conduce il suo tempo libero dagli impegni religiosi,
che lo hanno occupato in varie parrocchie della Diocesi, nella stessa abitazione dove è nato, vicino
alle nuove generazioni della famiglia.
Il foglio matricolare registra che suo padre Antonio fa il servizio militare come bersagliere a inizio
secolo. Viene chiamato per istruzione nell’ 11 e nel ‘13, ma non ne ha bisogno dato che è abile
nell’uso delle armi frequentando il tiro a segno nazionale. Nel ‘15 è in guerra come bersagliere e
nel ‘17 i suoi ruoli si alternano nel Genio Zappatori, (soldati addetti a sterri e manutenzioni) e
Genio Telegrafisti di Firenze: il figlio infatti lo ricorda telegrafista. Partirà dal territorio di guerra
nel gennaio del ‘19.
Aveva lasciato a casa la moglie Piccoli Giuseppina, che aveva sposato nel 1908, e alcuni figli
piccoli: Elvira nasce nel 10 e morirà da piccola per polmonite, malattia mortale a quel tempo
quando non si disponeva di antibiotici.
Il fratello più giovane di sei anni, Angelo, fa il militare come fante nel 1908 sottostando alla ferma
di due anni, quindi nel ‘10 viene mandato in congedo illimitato con dichiarazione di buona
condotta e fedeltà alla patria. È un giovane con la capigliatura nera e liscia, occhi grigi e sorriso
sano, con la statura media se riferita agli indici del tempo. Viene chiamato in guerra già il 23
maggio del ‘15; il suo foglio non riferisce altro degli anni di guerra successivi e conclude
registrando la sua partenza dalla zone di guerra nel giugno del ‘19. Non sappiamo il motivo del
suo trasferimento in Austria- Germania del ‘13, forse la ricerca di lavoro come per altri soldati, per
i quali si registrano destinazioni estere europee, o più lontane come l’America del Nord.
Don Giuseppe Bordin ricorda con intensa partecipazione la sua famiglia: egli, l’unico ancora in vita
dei sei fratelli, vissuto per molti anni con la sorella Lina che ha condiviso le sue esperienze nelle
Parrocchie, ha l’età dei nonni, di coloro che possono raccontare il passato per giustificare il
presente presso le nuove generazioni.
55
I FRATELLI MARCELLO E ANTONIO ROSSI
Giuseppe Rossi
Silvia Tonelli
I
________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
Paolo
Marcello 1896 Tranquillo Vittorio
Antonio 1900 - 1971 Letizia Marina
I
I_________________
____________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Maria Giuseppe Gina Antonia Renata Rita Dino Germano Mirella
(intervistata)
________________________________________________
I
I
I
I
I
Nerina
Elide
Giovanni
Maria
Lucia
(intervistata)
I
________________
I
I
Giulietta
Daniela
I
________________
I
I
Federico
Francesco
Sc. Elem.classe 4^B
Nel gruppo d’onore appaiono vicini in basso a sinistra. Allo scoppio della guerra il maggiore,
Marcello, aveva 19 anni, mentre Antonio, alla chiamata alle armi nel ‘18, è giovanissimo come
pochi: è tra i ragazzi del 99, ma in verità era nato nei primi mesi del 900.
Entrambi erano nati a Palù vicino a Zevio. Probabilmente durante la guerra la famiglia si
trasferisce, dato che il maggiore al momento della leva risulta iscritto a Zevio mentre Antonio a
Minerbe.
Marcello è un giovane di media statura con occhi chiari e capelli castani. Ha il privilegio di saper
leggere e scrivere, si dichiara di professione bracciante. Come soldato cambia vari Reggimenti di
Fanteria per giungere nella primavera del ‘16 in zona di guerra.
Il foglio matricolare riporta il dato del procurato ritardo nel reclutamento del fratello Antonio e del
trattenimento alle armi per mobilitazione.
56
Nel settembre del ‘17 verrà ferito e ricoverato all’ospedale prima di Udine poi di Milano, ma già a
metà dicembre di quell’anno rientra nel 79° Reggimento Fanteria. Il congedo definitivo l’avrà alla
fine del ‘19 chiudendo l’esperienza militare con il compenso di 280 lire.
Si farà una famiglia dopo la guerra con Rosa Taccon e avrà ben 9 figli: solo le figlie sono ancora in
vita. Due di loro, Renata e Rita, diverranno suore come Piccole Figlie di San Giuseppe prendendo i
nomi rispettivamente di Suor Marcella e Suor Nerea. È quest’ultima che ci ha dato telefonicamente
precise notizie della famiglia. Opera come infermiera a Ronco all’Adige in un istituto per anziani,
mentre la sorella Suor Marcella si trova a Mezzane dopo essersi dedicata a insegnare nella scuola
materna. Riferisce che il papà parlava degli stenti patiti in guerra, ma non ne conosce i luoghi che
lo hanno visto giovane soldato. Conferma il ferimento al ventre con ristagno di pallottole che lo
facevano soffrire da anziano. -Lo sa che è stato miracolato? - dice. Racconta che, devoto alla
Madonna di Lendinara, al momento dell’operazione questa si rivelò inutile. Era infatti una
famiglia molto religiosa che sapeva ben educare i numerosi figli nati a Minerbe nella fattoria
Biondani in Via Palazzina. Quando le figlie si sposarono stabilendosi in vari paesi del veronese, lui
visse con il figlio Germano in via Borghetto a Minerbe.
I dati militari dicono che nel 20 è stato autorizzato a fregiarsi delle medaglia commemorativa
nazionale della guerra 15 - 18 e nel 22 di quella a ricordo dell’Unità d’Italia.
La signora Lucia, figlia minore di Antonio, dopo aver mostrato con orgoglio la medaglia d’oro del
papà in cornice, si giustifica dicendo di non aver niente da raccontare. I ricordi che affiorano
raccontano invece episodi dell’uomo che si è reinserito dopo la guerra nella vita di famiglia e ci
offrono uno spaccato della vita sociale locale della prima metà del 900. Chi era salariato come lui,
nel suo caso alle dipendenze della corte Biondani a San Zenone, era legato con deferenza ai Signori
che avevano in affitto la Corte di proprietà dei Conti Bernini. Era un avvenimento l’arrivo delle
contesse dal lago, loro abituale residenza: si spazzava la corte, si preparava pollame e molto altro.
Essere alle dipendenze di una corte, come Antonio che ne gestiva il bestiame, voleva dire però
avere una casa e poter disporre dei prodotti base per mantenere la numerosa famiglia: latte,
polenta, farina e altro. Quando i padroni erano una famiglia di “ricchi ma signori”, come giudica
Lucia, essere coinvolti nei legami di stima e considerazione era anche una gratificazione: riceveva i
regalini di qualità a Natale nella grande stanza centrale del palazzo, alla Cresima ha avuto il
privilegio di avere per madrina una signorina della famiglia Biondani che le aveva regalato il bel
vestito bianco. Per Antonio, rimasto nello stesso ruolo per tutta la sua vita lavorativa, forse non era
un vero sacrificio aspettare, seduto sulla panca di pietra, i Signori che tornavano dalla città dopo
l’Opera per aprire loro il cancello, tanto più che era sua caratteristica offrire con generosità le
proprie prestazioni suscitando benevolenza nei concittadini, che il giorno dei suoi funerali, nel
1971, hanno chiuso i negozi in segno di partecipazione. Il foglio matricolare racconta che venne
destinato al 1° Granatieri, un corpo dell’esercito scelto, con particolari mansioni. Era infatti alto e
robusto, dagli occhi chiari e capelli biondi. La folta capigliatura e un sorriso sano lo
contraddistingueranno fino all’età anziana. Come molti a quel tempo sapeva leggere e scrivere
solo il proprio nome. In aprile del ‘18 era dunque in zona di guerra per ripartire congedato
provvisoriamente nel febbraio del ‘19. Ritornerà alle armi nel ‘20 tra i Granatieri di Parma dopo il
congedo del fratello Marcello, ricevendo l’anno dopo una liquidazione di 50 lire più il pacco
vestiario.
Dopo la guerra, dal matrimonio con Schiavo Pierina avrà un figlio che si sistemerà in Australia con
vicende familiari alterne. La maggiore delle quattro figlie morirà giovanissima in un istituto colpita
da poliomielite; la guerra, questa volta la seconda, gli impedirà di vederla per il pericolo di
bombardamenti. Le altre figlie, due delle quali abitano a Minerbe, ci hanno portato testimonianza
del padre che della guerra citava la ritirata di Caporetto e il maresciallo Cadorna di cui andava
fiero. Dalla Storia sappiamo che, dopo la sconfitta di Caporetto nell’ottobre del 17, l’anziano
militare verrà sostituito dal generale Armando Diaz che riorganizzerà la lotta sulla linea del Piave
portando l’Esercito Regio a resistere all’invasione degli Austroungarici nella nostra pianura.
57
I FRATELLI ANGELO, CARLO, ANTONIO, GABRIELE TURCATO
Natale Turcato
Ruffo Carolina
I
____________________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
Angelo 1888 - …
Carlo 1892 – 1969
Antonio 1895 - …
Gabriele 1899 - … sorella
Forzelin Caterina …- 1976
I
I
____________________________________
I
I
I
Primo ’24
Giovanni ’30 – ‘50
Luigi ’32 (intervistato telefonicamente)
Borin Teresa
I
I
Stefania
________________
I
I
Norma
Bruno (intervistato)
Anche questa famiglia, rappresentata oggi dal signor Bruno che abita a San Zenone, custodisce il
gruppo d’onore incorniciato simile a quello pubblicato in questo fascicolo. Il nonno Carlo infatti
occupa il posto centrale della serie di ritratti in basso. Il riunire anche gli altri tre con lo stesso
cognome in un’unica famiglia è stato testimoniato prima dal nipote Bruno poi, telefonicamente, dal
nipote Luigi.
Già avanti con gli anni egli si è stabilito da moltissimi anni in un paese del Varesotto e ricorda con
precisione e piacere gli zii. Il riscontro nei fogli matricolari che questi quattro giovani, nati dal 1888
al 1899, erano fratelli, è stata comunque una sorpresa. Natale e Carolina hanno provato le ansie per
i figli lontani in guerra moltiplicate per quattro.
Luigi dei nonni ricorda poco; racconta che la famiglia abitava a Villaraspa nella seconda casa lungo
la via che porta ad Anson, oggi via Trento.
Racconta di aver frequentato lo zio Angelo, che era un giovane non alto di statura con
caratteristiche castane negli occhi e nei capelli. Nel ‘10 ha già concluso gli obblighi di leva nella
Fanteria, ma un anno dopo viene richiamato per la guerra in Tripolitania e Cirenaica. Si imbarca a
Napoli, e magari non aveva mai visto prima il mare. Luigi racconta che in quegli eventi è rimasto
leso nel fisico e che, al ritorno, perse per questo una relazione amorosa avviata.
Dopo vari congedi e richiami alle armi giunge in territorio di guerra il 23 maggio del ‘15 e
diventerà caporale nel dicembre dello stesso anno. Nel ‘16 fa parte del Genio Zappatori, ma in un
fatto d’arme viene fatto prigioniero ad un anno dallo scoppio della guerra, per ritornare nella
Fanteria come “prigioniero di guerra inabile rientrato dall’Austria” sette mesi dopo. La primavera
del ‘17 lo registra al Centro Militare Invalidi di Milano.
58
Una vicenda militare lunga e sofferta quella di Angelo Turcato, che finalmente nell’agosto del ‘18 è
“inviato in congedo assoluto perché riconosciuto permanentemente inabile al servizio militare”.
Al suo attivo viene registrata la guerra italo - turca con il privilegio di fregiarsi della relativa
medaglia commemorativa. Nell’apposito spazio del foglio matricolare gli viene riconosciuta la
campagna di guerra 15 – 16 e la notazione relativa alla ferita d’arma da fuoco nel fatto d’armi a
Passo dell’Avena il 23 maggio ‘16. Il luogo è probabilmente vicino a Monte Avena, nei pressi di
Feltre. Il signor Luigi completa il quadro riferendo che, probabilmente in seguito all’invalidità,
aveva ricevuto un indennizzo con cui si era comperato la casa, e che in seguito tutta la famiglia si
allontanò da Minerbe.
Carlo è ritratto in questa foto degli anni 40 – 41 insieme ai tre degli otto figli nati dal matrimonio
con Forzelin Caterina: Luigi è il più piccolo e insieme a Bruno ci parla del papà Carlo. Con la
famiglia egli è fotografato presso la corte Verzobio in via Santa Croce dove faceva il contadino con
un contratto, oggi abolito, di terziario. A causa di morti premature, alla coppia rimasero tre figli
degli otto nati.
59
Luigi, Giovanni, Primo, Caterina e Carlo Turcato
Carlo svolge il servizio militare nell’Artiglieria di campagna e il suo foglio matricolare racconta
che, affetto da patologie alla vista, viene nel ‘17 congedato, mentre all’inizio del ‘18 viene invece
dichiarato abile così raggiunge il territorio di guerra nella Fanteria.
In primavera dello steso anno si trova nella Compagnia Mitraglieri e a metà agosto viene
congedato con il compenso di 210 lire.
È presente la stampiglia che afferma la sua buona condotta e che ha combattuto con fedeltà e
onore. Ha ricevuto la medaglia di bronzo con menzione di cui si parla oltre, e sarà iscritto
nell’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto, onorificenza di cui si ha solo testimonianza orale.
La famiglia ha il preciso ricordo della sua permanenza a Roma come attendente presso la ricca
famiglia di un Colonnello, dato da integrare con le sue vicende militari.
Negli anni cinquanta tenterà di migliorare la situazione economica familiare trasferendosi come
contadino a mezzadria nell’Agro Pontino dove si erano sistemati nel 1933, come molti Veneti in
quel tempo, i fratelli della moglie. Non avendo trovato una situazione adatta la famiglia ritornerà a
Minerbe dove Carlo rimarrà col figlio Primo.
Il figlio Luigi, apprendista barbiere da adolescente, trovata una ragazza laziale, nel periodo dello
sviluppo economico italiano preferirà la vita di fabbrica da tessitore in un grande paese lombardo,
Cassano Magnano, dove tuttora risiede.
Di Turcato Antonio il nipote Luigi racconta che è morto di vecchiaia ad Orti dove era andato ad
abitare. Aveva lavorato alla costruzione del Canal Bianco a sud delle Valli Grandi legnaghesi,
ferendosi a un piede.
Al momento dello scoppio della guerra è un giovane di vent’anni di media statura, castano nei
capelli e negli occhi che non conosce la lettura e scrittura. È chiamato alle armi l’anno successivo
all’obbligo, in attesa del congedo del fratello Carlo, ma già nel giugno del ’15 è in guerra e in
ottobre dello stesso anno nella Fanteria. Un anno dopo l’entrata in guerra dell’Italia viene
registrato nel Genio Zappatori, tra quei soldati impegnati nel gravoso compito di preparare il
territorio del fronte. Il combattimento in trincea fu importato dal modello francese con la
differenza che nel fronte italiano non si trattava di scavare il fango, ma chilometri di trincee nella
roccia.
È il 1917, l’anno funesto degli insuccessi sull’Isonzo con un numero di morti elevato ripagato da
successi irrisori. Del 24 – 27 ottobre è la sconfitta di Caporetto, località dell’alto Isonzo oggi
Kobarid, in territorio sloveno. Proprio della stessa data è la prigionia di guerra di Antonio,
rimpatriato un anno dopo, il 3 novembre del 1918, un giorno prima della firma dell’armistizio con
l’Austria.
Al suo attivo ben tre anni di campagna di guerra, dal ‘15 al ’17, a cui segue, secondo i dati, un anno
di prigionia. Antonio Turcato ha reso una prestazione militare certamente significativa.
Gabriele condivideva con i fratelli maggiori la costituzione fisica, ma i suoi occhi sono descritti
cerulei e a differenza dei fratelli ha il privilegio di saper leggere e scrivere. Il 15 giugno del ‘17 è
chiamato alle armi all’età di diciotto anni. In luglio dello stesso anno è nel 33° Reggimento Fanteria
e nel novembre è nel reparto Mitragliatrici. Verrà inviato in congedo illimitato nel ‘21.
Il nipote Luigi racconta che tutti e quattro i fratelli avevano in comune la caratteristica fisica di uno
sguardo particolare e che, rispettati da tutti, da bravi lavoratori quali erano riconosciuti, non hanno
fatto mai mancare l’essenziale alle loro famiglie in quegli anni di difficoltà economiche.
60
GIACOMELLI FELICE
Giacomo Giacomelli
I
Felice Giacomelli, 1892 - ……
Dal quadro d'onore emerge in posizione alta e centrale, sotto l'immagine di Vittorio
Emanuele III, la foto di Giacomelli Felice. Vicino al suo nome risulta il motivo della
sistemazione: era il presidente dell'Associazione Combattenti e Reduci del tempo. Secondo
ricerche precedenti il quadro d'onore si compose negli anni 1928-29. Nel dopoguerra
infatti si costituirono tali associazioni e Minerbe ebbe in Giacomelli uno dei primi
presidenti.
I libri di storia riportano come fosse complesso il combattentismo del dopoguerra:
l'associazione Nazionale Mutilati e Invalidi promosse nel novembre del '18
un'Associazione Nazionale Combattenti che si proponeva di partecipare attivamente alla
vita politica con attività di protesta tale da richiedere un radicale rinnovamento attraverso
un'assemblea costituente. Poi la nascita del Fascismo assorbì il malcontento del ceto medio
che, dalle idealità e dallo stile della vita di guerra, rientrava a fatica nella routine
quotidiana. Nel '28 l'associazione era in linea con il regime fascista.
Verso la fine del primo decennio dell'era fascista, quando si celebrarono i Caduti con
memoriali di vario genere, Felice Giacomelli era un giovane uomo di trentasei anni che
aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale.
Era nato a Minerbe nel 1892 da Giacomo e Giulia Cacciatori. Il foglio matricolare che
descrive le sue caratteristiche fisiche racconta che all'epoca della leva, nel 1912, era un
uomo di buona statura e robusto, bruno di pelle con lisci capelli castani. La dentatura già
guasta denuncia le sommarie cure dentistiche del tempo. Probabilmente non molti dei
coetanei minerbesi potevano dichiarare, come lui, la professione di studente e, nel 1913, la
permanenza all'estero, in Svizzera, con regolare passaporto. Per questo motivo gli viene
rimandata di un anno la chiamata alle armi per istruzione.
61
Nel '14 è incluso nel 36° Fanteria e viene trattenuto alle armi il primo giugno del '15
quando da poco l'Italia era entrata in guerra. Da caporale di fanteria, nel '17, viene iscritto
nel Reggimento Genio Minatori nel quale chiede la prima categoria e, aspirando a
posizioni primarie, diventa sergente, con la ferma di tre anni, dal 28 agosto del '14 "ma con
l'obbligo di rimanere alle armi per un anno almeno dalla conseguente promozione a
sergente". In questo ruolo gli spettava un'indennità della quale ebbe nel '17 un acconto di
cinquecento lire.
Nel gennaio del '18 viene registrato quale Sottotenente di complemento del Genio
assegnato al Genio Treno, nel quale riprenderà il servizio nel febbraio successivo. In calce
il foglio matricolare riporta una data importante, per lui e per tutta l'Italia: il 24 maggio del
'15, giorno che registra il suo arrivo in territorio dichiarato in stato di guerra presso il
quartiere generale della prima Divisione di fanteria mobile.
Felice è un giovane dunque che compie di certo studi superiori e partecipa interamente a
tutti gli anni di guerra: il suo foglio, come per tutti gli altri soldati, non rivela i luoghi che
potrebbero essere ricordati dagli eredi della famiglia.
Invece testimonianze orali raccontano che la famiglia, molto in vista un tempo, non risiede
più a Minerbe. Il nome Giacomo Giacomelli, sindaco di Minerbe negli anni dal 1908 al
1911, è presumibilmente il padre che, proprietario terriero, abitava nella villa Weill Weiss
che aveva ristrutturato sopraelevandola di un piano: infatti verso est risulta in alto la data
1868 non certo corrispondente alla data della costruzione della casa da parte di un barone
austriaco quando la zona apparteneva al Regno Lombardo-Veneto. La proprietà, in
seguito a cattive sorti della famiglia Giacomelli, è stata rilevata dalla famiglia Bertoldi: il
palazzo è stato ceduto per ultimo quando gli eredi si sono trasferiti a Milano.
Nella parte originaria del cimitero, vicino alla cappella centrale, una tomba di famiglia
riporta un'unica lapide con il nome Giacomo Giacomelli e nient'altro. Si presume che si
tratti della stessa famiglia Giacomelli citata nel libro "Minerbe, un territorio e la sua storia"
quale proprietaria della fornace Giacomelli dal 1902: la vicina dislocazione lo fa supporre.
Così riferisce quel libro:" tale fornace lavorava l'argilla del luogo e dava lavoro a ben
duecentocinquanta persone provenienti anche dai paesi limitrofi. La fornace fu venduta
nel 1928 e cessò l'attività nel '30 a causa di un incendio".
Ma la ciminiera, che si staglia ancora ben salda, caratterizza ancor oggi il paesaggio verso
nord del paese.
62
BERTOLDI LUIGI
…………
____________________________
I
I
Bertoldi Leonardo
Mattiello Catterina
I
____________________________
I
I
I
I
I
Bertoldi Luigi Giuseppe .. Guido …
1888-1952
Oro Amalia 890- 961
I
________________________________
I
I
I
I
Giovanni Maria Caterina Leonello Caterina
1912 -1935
'17 - '19 Caneva Sandra
I
______________________________
I
I
I
I
I
Giovanna Luigi Enrica Giuseppe Benedetta
Bertoldi Augusto
Piazza Teresa
I
Ida Bertoldi
Giovanni Chiavegato
I
Agostino Chiavegato
Carlotta Mantoan
I
Federico Chiavegato
Stefania Piccoli
I
______________
I
I
Ida
Alessia
2^ Sec. 1°gr.
4^ B, Prim.
Bertoldi Luigi
Luigi era un giovane di vent'anni quando si è trasferito a Minerbe con la famiglia, giusto in
tempo per essere inserito nei servizio di leva nel 1908 che lo ha registrato nel reggimento
dei Bersaglieri. Nel corso del servizio militare si distingue come caporale, successivamente
è addetto alla contabilità, quindi diventa caporale maggiore. Allo scadere del primo
decennio del secolo, era il 10 settembre del 1910, viene mandato in congedo illimitato con
la dichiarazione di "aver tenuto buona condotta e di aver servito la patria con fedeltà ed
onore".
63
Era nato ad Arzignano in provincia di Vicenza, nella frazione di Tezze. Faceva parte di
una numerosa famiglia che si era trasferita da quei luoghi collinari nella grande proprietà
terriera le Comuni di Minerbe.
Era un'azienda di notevole entità: settecentocinquanta campi di proprietà della famiglia
Calzavara di Verona, dedita, in città, ad attività industriali. I componenti della famiglia
Bertoldi, fittavoli, ne hanno tratto buon frutto tanto che, successivamente, hanno
ipotizzato di diventarne proprietari, ma, data la dislocazione lontana dal centro, hanno
investito i guadagni in modo più conveniente con giusta attenzione alle esigenze sociali
delle signore di famiglia. Mantenevano uno stile di vita signorile, con cocchiere e sarta di
famiglia. A quei tempi le signorine benestanti andavano in collegio in città, non per un
diploma che avviasse al lavoro, ma per acquisire buone maniere, dedicandosi alla musica
e al disegno. Così avvenne per le giovani di questa famiglia.
Le scelte importanti, un tempo, soprattutto nel campo agricolo dove c'era bisogno di
manodopera, erano decise insieme: alle Comuni di Minerbe si trasferirono infatti i fratelli
Leonardo ed Augusto che daranno origine a due rami familiari diversi, stabilitisi ambedue
nel Minerbese.
Luigi Bertoldi è raffigurato, in alto a sinistra, nel secondo quadro d'onore che la scuola ha
conosciuto ed esaminato: il foglio matricolare lo descrive di buona statura, con occhi
celesti, capelli biondi e lisci, dentatura sana. La sua esperienza militare lo vede richiamato
alle armi nell'11, probabilmente per le guerre coloniali, ma è dispensato dato che aveva un
altro fratello in servizio sotto le armi. Lo Stato cercava di salvaguardare l'integrità delle
famiglie, utile in quell'economia principalmente agricola.
Nel 1915 aveva ventisette anni e, come molti altri, aveva una famiglia propria avendo
sposato nel '12 Amalia. Una decina di giorni prima della dichiarazione di guerra è già
mobilitato per il richiamo alle armi nel corpo dei bersaglieri, soldati scelti e addestrati alle
azioni veloci e rischiose. Come per gli altri militari il foglio matricolare non rivela i luoghi
di guerra che lo hanno visto in azione, ma il congedo nel 1919 fa supporre che abbia
partecipato a tutti gli anni di guerra; è registrato il pagamento di un premio di
duecentocinquanta lire.
La sua giovane famiglia lo aspetta: già era nato il maggiore Giovanni e poi vedrà la luce
Caterina. Sfuggita all'attenzione dei famigliari, un incidente nella grande corte agricola
toglierà la vita alla figliola di appena due anni: la nuora
ricorda che il papà Luigi non è neanche potuto rientrare dal
fronte per i funerali.
Dopo la guerra, la famiglia si ricompone e si arricchirà della
nascite di Leonello e di Caterina che rinnoverà il nome della
sfortunata sorellina. Minerbe avrà in Leonello Bertoldi il suo
sindaco dal 1961 al 1989.
Testimone orale di questo soldato della prima guerra
mondiale è la nuora Sandra Caneva Bertoldi che lo ha
conosciuto per poco, ma tramanda con grande cura quanto
può della sua famiglia che abiterà in via degli Alpini, dato
che i due fratelli capostipiti avevano acquisito la proprietà
agricola Giacomelli comprendente la grande casa padronale,
la villa Weill Weiss.
Luigi Bertoldi
64
BONFÀ AUGUSTO
Felice Bonfà
Elvira Fraccaroli
I
_____________________________________________________________________
I
i
I
I
I
+ 1893
Augusto ’95
Alfonso ’98 – ‘09
Carmela ’03
Guerrino ’06
I
___________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
Francesca Giovanna Tarcisia Giovanni Tarcisio Cecilia Francesco
(intervistato)
Il soldato Augusto Bonfà nasce il 3 marzo del 1895 a Minerbe, il maggiore in una famiglia segnata
da mortalità infantile e dalle malattie del tempo come la difterite, che ad inizio secolo risulta fatale
per il fratello Alfonso.
Il foglio matricolare che lo contraddistingue con il n° 273 racconta di un giovane dal sorriso sano,
alto e robusto, con capelli neri e ondulati che incorniciavano il viso dalla pelle ambrata e dagli
occhi castani. Sapeva leggere e scrivere e praticava la professione del sarte. Probabilmente il papà
Felice aveva bottega di sarte-barbiere nella zona di Santa Lucia dove abitava la famiglia.
La mamma, originaria di Castelrotto in Valpolicella, ricordata come molto buona, probabilmente
era a servizio in un famiglia minerbese. Assecondando il talento musicale che contraddistingue
ancor oggi la famiglia, Augusto viene avviato, sotto l’egida della Parrocchia, a scuola di musica
Ceciliana a Legnago dove Don Tessari aveva questo compito. In breve diventa un musico provetto
tanto da aver l’incarico di suonare l’organo a Minerbe ed essere chiamato nelle parrocchie vicine.
Il nipote Francesco racconta che fosse legato a una ragazza rimasta sconosciuta: le sue missive
erano motivo di interesse romantico presso le sorelle, ma negli anni cinquanta andarono perse.
Dal foglio matricolare risulta chiamato alle armi alla fine del ‘14 e lasciato in congedo illimitato.
Il nipote racconta che si trovava a Roma, preoccupato per le prospettive di guerra anche se il
Governo Salandra si dichiarava per la neutralità. Un mese dopo viene richiamato per istruzione
all’uso delle armi e giunge “in territorio dichiarato in stato di guerra” il 25 maggio del ‘15, un
giorno dopo la dichiarazione di guerra. Le note relative al servizio si interrompono troppo in
fretta: la notazione “morto in combattimento” è vicina alla data, il 7 agosto del ‘15, e al luogo,
Castelnuovo. É una località del Comune di Sagrado, sul Carso goriziano, in vista di Monte San
Michele.
Proprio qui in settembre è nato un parco letterario dedicato al poeta Giuseppe Ungaretti che, allora
ventisettenne, scrisse la sua prima raccolta di poesie colpito dalle atrocità della guerra.
65
Il nipote di Augusto racconta che fossero le nove di sera.
Chieste informazioni presso il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra, gli venne
confermata la zona di Monte San Michele come luogo del decesso, parte del fronte nel primo anno
di guerra.
Anche oggi il sito Internet del Ministero della Difesa conferma questi dati indicando come luogo di
sepoltura il grande Sacrario militare di Redipuglia. Don Sante Gaiardoni riporta la precisa data del
decesso alla fine dell’elenco dei defunti del 1915 insieme ai nomi di altri tre soldati.
Il nipote Francesco racconta che a sostituirlo come organista in parrocchia fu il padre Guerrino che
era un ragazzo ai tempi della guerra, garzone presso la bottega del papà di sarte-barbiereedicolante. Riferisce infatti che distribuiva giornali presso i letti di soldati feriti ospitati
nell’Ospedaletto di Santa Lucia e che andava a raccogliere gli invenduti e il corrispettivo per quelli
acquistati. È un dato interessante da convalidare, ma molto veritiero perché il territorio veronese,
per la sua posizione geografica, a ridosso della linea di guerra, era una zona strategica. Molti
edifici vennero requisiti per essere adibiti sia a caserme che a ospedali militari per ricoverare i feriti
che giungevano dal fronte. Sappiamo che dai territori in stato di guerra la gente fuggiva, così nei
nostri paesi, vere e proprie retrovie, trovarono riparo anche molti profughi provenienti, per
esempio, dal Vicentino. Dal fronte arrivavano, patendo molta fame, anche prigionieri austriaci e
tedeschi.
Il sereno viso di Augusto è in seconda fila nel quadro d’onore, morto dopo nemmeno tre mesi
nell’adempiere il dovere a cui lo Stato Regio proteso all’unità l’aveva chiamato.
Guerrino, che amava poco la sartoria, negli anni trenta sposterà il negozio di barbiere nel palazzo
Marconcini all’inizio di via Marconi a Minerbe. Avrà sette figli che si impegneranno nel sociale in
vari modi, e che mantengono ancor oggi vivo il ricordo dello sfortunato zio Augusto.
ONORIFICENZE
66
Fronte e nastro
Retro
Questa medaglia in bronzo, grande più dell’attuale moneta da due euro, risulta conferita dall’Ass.
Naz. Combattenti e Reduci, Fed. Prov. di Verona, a Turcato Carlo. Nella casa del nipote Bruno è
l’unico ricordo tangibile ad accompagnare il quadro del gruppo d’onore degli ex combattenti del
15 - 18 minerbesi.
Nel retro riporta la scritta: 24 MAGGIO 1915, UNA FEDE: VITTORIA – 24 MAGGIO 1965, UN
VOLERE: PACE. Una notazione che con il tempo non ha cessato di essere al primo posto tra i
valori della società umana. Testimonia che negli anni 60, per affermare la pace, è stato ricordato
l’inizio della prima guerra mondiale presso gli uomini che ne furono protagonisti.
Fronte
Retro
Questa seconda medaglia è in oro solido, grande come una moneta da cinque centesimi. Sono
coniati i nomi di L. Mancinelli e Bartoli A. rispettivamente nel fronte e nel retro, probabilmente
disegnatore e produttore. Ricorda il 50° anniversario della fine della guerra con le date 1918 -1968.
È stata conferita a Rossi Antonio presso il Comune di Minerbe dal Sindaco di allora Lionello
Bertoldi.
La custodisce con affetto la figlia minore Lucia in un quadro bene in vista nella sua casa. Ricorda
che quando fu conferita erano stati convocati anche altri destinatari e che lei ha provato dispiacere
perché il padre non aveva potuto godere del giusto riconoscimento dato che era deceduto da poco
tempo.
In ambedue le medaglie è presente il ramo di quercia che simboleggia la forza e la dignità del
popolo italiano.
La prima del 1965 presenta inoltre il ramo d’ulivo come lo raffigura l’emblema della repubblica
italiana: è simbolo di pace e richiama l’articolo 11 della Costituzione che cita il ripudio della
guerra.
Nella seconda invece il ramo che si lega alla quercia è l’alloro, già in tempi antichi simbolo di
gloria e trionfo; qui ricorda la soluzione favorevole per l’Italia nella guerra.
La stella presente nella medaglia d’oro è simbolo di progresso spirituale: nelle antiche
rappresentazioni l’Italia era rappresentata come una donna sul cui capo splendeva una stella, la
stessa che sovrasta la ruota dentata nell’emblema della nostra Repubblica.
Vorremmo oggi conferire ben più di una medaglia a tutti i nostri concittadini nati alla fine dell’800
che, partecipando alla prima guerra mondiale, hanno avuto parte attiva e sofferta nella storia dello
Stato Italiano.
GASPARELLO SILVIO
67
Gasparello Ambrogio
Martinelli Teresa
I
Gasparello Silvio 1890 - 1936
Ambrosi Vittoria 1888 -…
I
________________________________________
I
I
I
Maria 1921
Gabriella 1923
Gaetano 1928
Il Signor Gaetano abita in via Roma e il suo negozio di alimentari riforniva fino a pochi anni fa la
parte ovest del paese.
Appassionato di storia, conserva con cura e orgoglio documenti storici del padre Silvio inerenti la
prima guerra mondiale. I ricordi invece sono molto sfumati dato che il genitore è mancato
prematuramente, quando lui aveva solo otto anni, per una malattia oggi perfettamente curabile
dagli antibiotici. Rammenta solo che ai quei tempi i metodi educativi dei suoi genitori erano decisi
e del tutto condivisi.
Ricorda che i Gasparello erano tre fratelli originari dal vicentino. Trasferitosi a Minerbe
probabilmente nel dopoguerra, il padre aveva gestito il negozio cooperativa a San Zenone come
dipendente. Poi, con l’aiuto economico di un prozio sacerdote, aveva costruito la casa in via Roma
dove ancora abita il figlio Gaetano che ne ha proseguito l’attività, dopo che anche la mamma
Vittoria, rimasta vedova molto giovane con tre figli da crescere, si era data da fare nello stesso
settore, nonostante i problemi di vario genere. Le difficoltà non le avevano impedito di dare al
figlio maschio prospettive migliori facendogli frequentare le Medie al collegio Salesiano di Este.
Gaetano frequentò poi l’Istituto per geometri di Este requisito dal comando tedesco negli anni
della seconda guerra mondiale. Passato al prestigioso Istituto professionale Alessandro Rossi di
Vicenza, non ha condiviso quegli studi e li ha interrotti, anche perché la guerra li rendeva
oltremodo difficili.
Oggi gode di buona salute e incontra, nel suo negozio ricco di ricordi, solo acquirenti di sigarette e
di valori bollati. Dedica molte attenzioni all’unica sorella che gli è rimasta, ospite della locale Casa
di riposo.
I documenti di Silvio, soldato della prima guerra mondiale, sono interessanti ed esaurienti, ma il
foglio matricolare ci manca.
Le ricerche presso gli Archivi di Stato di Verona e Vicenza fino ad ora hanno dato esiti negativi,
anche se i dati sono precisi e avvalorati da documenti originali.
Tra i ricordi di Silvio possiamo vedere una bella foto-cartolina di un militare graduato con saluti e
ringraziamenti. Il nome è difficilmente leggibile. È indirizzata al soldato Gasparello presso il
Centro San Tommaso di Legnago; nel timbro postale è leggibile la provenienza, Vigevano-Pavia.
La data risulta 23 – 3- ‘14; probabilmente è relativa al servizio militare prestato già prima della
guerra.
Un altro documento interessante custodito da Gaetano si riferisce al conferimento di un attestato
relativo alle “fatiche di guerra” emesso nell’estate del ’16 quando il conflitto era in corso da più di
un anno. Il documento racconta dati precisi: il numero di matricola di Silvio e l’arma di
appartenenza.
68
Il soldato Gasparello Silvio
classe 1890 Matricola 358
del 20° Reggimento Artiglieria da Campagna
è autorizzato a fregiarsi del distintivo istituito
col R. Decreto 21 maggio 1916, N. 644
Padova 6 aprile 1917
Il Colonnello del deposito
Era un nastrino di seta largo circa quattro
centimetri formato da righe verticali nei colori
della bandiera nazionale alternati, da apporre
sulla giacca.
Nel 1916 il Governo ritenne di riconoscere in questo modo l’operato dei soldati al fronte. Ne
avevano diritto i militari che erano stati in guerra per almeno un anno nelle Alpi Carniche o della
Venezia. È probabile quindi che il soldato Silvio fosse pervenuto nelle zone di guerra fin dal suo
inizio.
Silvio Gasparello ha partecipato per tempi lunghi alla prima guerra mondiale: lo raccontano i suoi
documenti. Infatti il figlio conserva un quadro di grandi dimensioni, dalla cornice di legno e gesso,
che contiene le medaglie che sostituiranno il distintivo e concluderanno la guerra.
Gli anni hanno deteriorato la carta che in alcuni punti è vagamente leggibile, ma la rete Internet
anche in questo caso aiuta mostrando documenti del tutto simili.
69
Il documento, prima del cedimento della carta, era corredato dalle due medaglie appuntate in alto
a sinistra e a destra. Leggiamo, all’interno di una interessante iconografia rappresentativa dello
stile di quegli anni, che il Ministro della guerra decreta il
caporale Silvio Gasparello autorizzato a fregiarsi della
medaglia “coniata con il bronzo nemico”.
Così infatti venne chiamata la medaglia commemorativa
della grande guerra, istituita nel ’20 e visibile nel quadro in
alto a sinistra, corredata dal nastro a sottili righe verdi,
bianche e rosse. Identici erano i nastri delle medaglie
commemorative delle guerre risorgimentali, per
evidenziare che la guerra ’15 – ’18 ha completato l’unità
della nazione. Nel fronte vediamo coniata la testa del Re
Medaglia
Vittorio Emanuele III, volto a sinistra, che indossa l’elmetto
commemorativa della
militare il cui uso diventò necessario durante la prima
guerra ’15-‘18
guerra mondiale.
Conserva una medaglia identica la famiglia Motteran in ricordo di Andrea Silvio. È così leggibile il
retro che raffigura, posata su piedistallo formato da scudi sorretti da soldati italiani, una Vittoria
alata contornata da una frase: “coniata nel bronzo nemico”. Usando il metallo derivato dalla
fusione delle armi pesanti sottratte al nemico se ne evidenziava la supremazia militare e si
affermava la vittoria.
La medaglia che era appuntata a destra, con il nastro con i colori dell’arcobaleno replicati
simmetricamente, è la Medaglia interalleata della Vittoria. Nel primo
dopoguerra era stata proposta una medaglia commemorativa unica, da
conferire a tutti i combattenti delle Nazioni alleate. Ogni Paese invece creò una
propria medaglia pur rispettando direttive comuni.
Dal rovescio il bronzo di quella italiana rappresenta una Vittoria alata con una
fiaccola nella destra; ai suoi piedi due coppie di leoni. La possiamo ammirare
perché un alunno di quinta ci presta qui la stessa medaglia ricevuta da un suo
antenato.
Dal diritto possiamo ammirare un tripode centrale dal quale si levano in volo,
70
da parti opposte, due colombe portanti nel becco un ramoscello d’olivo. Intorno
in alto la dicitura “grande guerra per la civiltà”; in basso la scritta “ai
combattenti delle nazioni alleate e associate”. Ai lati del tripode in numeri
romani le date 1914-1918. Era riservata a chi, come Silvio, aveva già ricevuto il Medaglia interalleata
della Vittoria: il
distintivo delle fatiche di guerra e comunque a chi aveva partecipato alla guerra
rovescio
per almeno quattro mesi.
Licenza di porto d’armi
Medaglia interalleata della Vittoria: il dritto
La coppia di Silvio e Vittoria nel dopoguerra ebbe tre figli,
ma non ebbe lunga vita insieme, come raccontano anche i
documenti.
Vittoria e Silvio Gasparello
Nel 1929, VII anno dell’era fascista, Silvio Gasparello ebbe dalla Questura un “libretto personale
per licenza di porto d’armi” dove possiamo rilevare con certezza i suoi dati anagrafici.
Probabilmente era cacciatore se nel ’32, X anno dell’era fascista, venne autorizzato a portare un
fucile “anche per uso di caccia.” Nel ’40 però, la stazione dei carabinieri reali di Minerbe ratifica
che è la moglie Vittoria a denunciare il possesso di “un fucile a due canne a retrocarica”.
Certamente non ha voluto disfarsi, da vedova, del bene di famiglia che le ricordava il marito che
oggi, attraverso i suoi documenti conservati con cura dal figlio Gaetano, racconta esperienze di
vita in cui la guerra ha avuto importanza significativa.
MOTTERAN ANDREA SILVIO
Motteran Andrea
Tacconi Angela
I
Giovanni 1860 …
Giovanni Motteran
Zuccari Maria 1862 ….
I
___________________________________________________________
I
I
I
I
I
Virgilio 1883
Virginia
Linda
Carmela
Andrea Silvio 1897- 1917
Lasferza Felicita
I
_________________________________________________
I
I
I
I
Vittorio ’09-‘98
Maria Pace Alfonsa Silvia
Giuseppina
Palma Angela’12-‘02
I
_______________________
I
I
I
Oliva Giovanni
Ivo
Maria Bellon
I
______________
I
I
Alberto
Elisabetta (Ex Alunni)
Zuccari Maria
La famiglia Motteran risiede da alcune generazioni in via Casteldivento dove pratica l’agricoltura,
ma il capostipite Andrea era invece artigiano del ferro battuto.
71
Di lui gli eredi conservano pregevoli e minuziosi disegni di inferriate: la vena artistica, espressa
oggi nello scultore del legno Giovanni, era presente già nelle generazioni ottocentesche.
Il soldato Andrea, ultimogenito tra i figli di Giovanni, che riportava il nome del nonno, non ha
fatto in tempo ad esprimersi perché ha concluso anzitempo la sua esistenza nel dicembre del 1917
quando, dopo la disfatta di Caporetto di qualche mese precedente, l’esercito italiano al comando
del generale Diaz era messo alla prova per fermare gli Austriaci che minacciavano di invadere la
pianura.
Il suo nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre, ma occorre completarlo
col nome Silvio. Con questo solo nome è registrato nelle lapidi ai Caduti in Chiesa. Infatti Don
Sante Gaiardoni annota nel registro dei morti a dicembre del ’17 il miles Silvius di Joannis.
Foto di famiglia: il fratello di Andrea, Virgilio, con la
sua famiglia e la mamma che ha in grembo la foto di
Giovanni. A destra la mamma di Andrea, Maria,
intorno agli anni venti.
Foto di famiglia: Il fratello di Andrea, Virgilio, con la sua famiglia e
la mamma che ha in grembo la foto del marito Giovanni. A destra
la mamma di Andrea, Maria, intorno agli anni venti.
La famiglia inoltre osserva che una nipote si chiamerà Silvia in sua memoria; con il nome Silvio i
parenti lo ricorderanno nella tomba di famiglia. Il foglio matricolare che lo identifica con la
matricola 41492 riporta il nome completo: Andrea Silvio.
In questo documento i dati personali lo descrivono un giovane di media statura; i capelli castani e
lisci e il colorito bruno fanno risaltare gli occhi grigi e la dentatura sana. Domina la letto-scrittura e
si dichiara di professione macellaio. Essendo nato nel 1893 è soldato di leva già nei primi mesi del
1913 e nel settembre dello stesso anno risulta nel 93° Reggimento Fanteria dove pochi mesi dopo
diventerà caporale, quindi caporal maggiore. Il 24 maggio la dichiarazione di guerra lo coglierà
soldato ed inviato in territorio in stato di guerra. Dall’inizio del 1916 è trattenuto alle armi nel
Regio Esercito per mobilitazione.
Il giovane si farà onore e nell’ottobre del ’16 viene promosso Sergente. L’ultima data che lo
riguarda è l’aprile del ’17 quando viene registrato nella 93° Compagnia Mitraglieri Fiat. La tragica
annotazione successiva chiude anticipatamente il suo foglio matricolare: morto in combattimento.
La famiglia in verità tramanda il dato che fosse stato colpito da armi nemiche in un momento di
riposo sul Monte Grappa, anzi che fosse in procinto di rientrare in famiglia. Senz’altro per una
semplice licenza: il regio Esercito nel dicembre del ’17 aveva più che mai bisogno di soldati dato
che la situazione era particolarmente impegnativa.
Papà Giovanni e mamma Vittoria “addolorati” fecero
incidere sulla sua pietra tombale le parole: Stan qui
rinchiuse le spoglie gloriose del sergente Motteran Silvio
colpito dal piombo nemico sul fatidico Grappa il 19
dicembre del 1917. Come si legge sulla stampiglia, la
ditta fotografica di Legnago Michele Viali-Premiato
Studio Fotografico ebbe l’incarico dalla famiglia di
immortalarlo vestito da soldato su un supporto di
cartone rigido di ampie dimensioni.
Pietra tombale nel cimitero di Minerbe
72
Nonostante gli anni il quadro è ancora in ottimo stato, ma ha perso la
cornice che, secondo la moda
del tempo, era di legno e gesso. Lo sguardo del soldato è severo e maturo
anche se aveva solo 24 anni; si può teneramente osservare come
assomigliasse un po’ alla mamma fotografata in un documento d’identità
nel 1925.
L’orologio da taschino di Silvio
La famiglia Motteran custodisce con cura il suo orologio da taschino rovinato dall’evento bellico,
inoltre un interessante libretto tascabile: il ruolino militare, con lo stemma dei Savoia, compilato di
suo pugno, probabilmente per le funzioni di graduato che ricopriva nell’esercito.
Sono elencati un’ottantina di nomi di militari quasi sempre completi di numero di matricola,
distretto di provenienza, classe di leva e professione. La maggior parte è nata nell’ultimo decennio
del secolo.
Le professioni dipingono la media società del tempo: molti sono i contadini, ma ci sono anche
muratori, barbieri, falegnami, panettieri.
Parecchi sono i carrettieri ed è presente anche qualche ferroviere in un periodo storico in cui il
trasporto su veicolo a motore era ancora lontano e quello su binari si affermava nella penisola
collegando efficacemente le città. Nell’ultima pagina, tra le memorie varie, ancora una quindicina
di nomi e cognomi di uomini scritti in matita, ma ben leggibili, più l’indirizzo completo di Roberto
Ruggeri, un trevigiano. I distretti del territorio italiano, che indicavano le provenienze dei soldati,
sono quanto mai vari, a raccontare come la grande guerra sia stata la prima esperienza comune per
gli italiani unificati in un’unica nazione da pochi decenni.
73
Sembra nuova la medaglia conservata dalla famiglia Motteran e di certo conferita al soldato
Andrea Silvio alla memoria, dato che si tratta della medaglia commemorativa della guerra ’15 -’18
istituita nel ’20.
Fronte
Retro
I fratelli Oliva, Giovanni e Ivo Motteran, riunendo le memorie di Andrea Silvio, hanno ricordato
commossi il sacrificio del loro congiunto.
MOTTERAN ANDREA
Motteran Angelo
Saggioro Maddalena
I
Andrea 1897 - ……
Chissà se si sono conosciuti: quasi omonimi, uniti dalla medesima esperienza della guerra, erano
nati ambedue a Minerbe a pochi anni di distanza. Chi ricerca ha dovuto prestare attenzione a non
fare grossolani scambi di persona.
Il combattente Motteran Andrea, nato nel 1987, figlio di Angelo e Saggioro Maddalena, è
rappresentato in ambedue i “Quadri d’onore” presenti in questa ricerca/fascicolo.
Il suo foglio matricolare racconta che, a differenza di Andrea Silvio, è stato regolarmente
congedato nel ’20 con la paga di 150 lire più 80 pel pacco vestiario. Scorrendo i dati personali si
deduce che era un po’ più alto di Andrea Silvio, roseo di colorito, occhi castani come i capelli lisci.
Sapeva leggere e scrivere e faceva il carrettiere.
Giunse al fronte a guerra in corso, nel settembre del ’16, quando la spedizione punitiva austriaca e
la serie di battaglie sull’Isonzo registravano numerose perdite di vite umane e pochi risultati
positivi.
La sua esperienza militare, iniziata a 19 anni, si concluse a 23 e comprese l’esperienza della guerra
in vari Reggimenti di Artiglieria Fortezza; nel gennaio del ’18 per mobilitazione sarà nella Batteria
Assedio.
Tra i combattenti il suo ritratto si distingue per il copricapo che completa la divisa militare, e i baffi
importanti che caratterizzano il suo viso giovane. Ci si immagina che, tornato dalla guerra, Andrea
si sia reinserito nella società avviando una famiglia nel Minerbese, ma per ora gli eventuali suoi
discendenti ci sono ignoti.
74
TAVIAN CESARE, TAVIAN GIUSEPPE
Tavian …….
I
____________________________________
I
I
Matteo Alessio
Angelo
Bertelli Luigia
De Grossoli Santina
I
I
___________________________
_______________________________________
I
I
I
I
I
Tavian Cesare 1892 - ’68 Ester.. ‘69
Tavian Giuseppe
Angelina…-’82
altre sorelle
Mantoan Enrichetta
1895 - 1919
Cavallaro Gino …-‘89
|
_________________________________
I
I
Angelo 1921
Giovanni 1920 - 1943
Flora Longero
I
_________________
I
I
Giovanni
Luisanna
Giovanna Zabellan
I
Cristina
Salvatore Roscigno
I
________________
I
I
Alessandro
Alessandro
Andrea
(alunno 3^A)
In via Raniera abita la famiglia Tavian che nelle sue generazioni ha dato un contributo significativo
alla Patria. Angelo ha partecipato alla seconda guerra mondiale della quale rimane uno dei
pochissimi testimoni minerbesi.
75
La nuora, signora Giovanna ci parla della famiglia del marito, anche se conosce solo per sentito
dire le notizie su Cesare, nato nell’ottocento.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il giovane aveva ventidue anni e probabilmente doveva
ancora farsi una famiglia dato che i figli nasceranno nel dopoguerra. Il figlio Angelo vedrà la luce
nel vicino paese di Bonavigo, ma pochi mesi dopo la famiglia si trasferì a Minerbe dove risiede
tuttora. Il lavoro di braccianti agricoli impegnò gli uomini e anche le donne della famiglia Tavian,
prima a Corte Comuni di Minerbe, poi presso i proprietari terrieri Bottura di Bonavigo: quando la
meccanizzazione era ancora lontana, i lavori agricoli nella zona erano molti e impegnativi.
Giovanna ricorda le fatiche di quelle donne impegnate a casa e fuori, e di Cesare che aveva
mansioni di responsabilità come capo uomini.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale
ambedue i suoi figli maschi furono mobilitati
per la guerra. Se Angelo, pur parzialmente
invalido, è tornato alla vita da civile facendosi
una famiglia, Giovanni rientrerà dalla guerra
gravemente malato di polmonite, tanto da
morire nel ’43 a soli 23 anni. Sepolto
dapprima nella tomba di famiglia, riposa ora
tra i Caduti per la Patria minerbesi e, in suo
ricordo, il nipote ne riporterà il nome di
battesimo.
Il foglio matricolare di Cesare racconta che,
essendo nato a Bonavigo nel 1892, già nel ’12
Vaso ricordo presso la Tomba ai Caduti
venne chiamato alle armi per istruzione nel
Reggimento Fanteria di Mantova e richiamato all’inizio di maggio del ’15 per costituire le truppe
chi si dislocavano in territorio di guerra all’approssimarsi della dichiarazione del conflitto.
L’attitudine alla responsabilità gli viene attribuita con la promozione a caporale nel ruolo di
zappatore, mansione importante per preparare la zona di guerra scavando trincee e costruendo il
necessario.
Il 24 ottobre del ’17 è data memorabile per l’Italia dato che l’esercito Austro-ungarico a Caporetto,
località oggi slovena, ha la netta prevalenza sulle nostre truppe. Non sappiamo il luogo, ma il
soldato Cesare proprio in questa data viene fatto prigioniero, come ben ricorda il nipote Giovanni.
Verrà rimpatriato più di un anno dopo, nel dicembre del 1918, a guerra conclusa. L’anno dopo
cambia vari Reggimenti per avere il congedo illimitato nell’agosto del ’19.
La stampiglia che dichiara che ha tenuto buona condotta e che ha servito la Patria con fedeltà e
onore chiude le sue due esperienze militari, prima e dopo la guerra. Gli verranno riconosciuti tre
anni di guerra e il foglio matricolare è corredato da due scritte stampate che testimoniano
l’attribuzione di due riconoscimenti di cui la famiglia non ha traccia: la medaglia commemorativa
della guerra, istituita nel ’20, con numero di fascette corrispondenti agli anni di guerra, e la
medaglia interalleata della vittoria con il nastro con i colori dell’arcobaleno.
Le riportiamo provenienti da altre fonti:
76
Angelo racconta che un suo secondo cugino è morto nella guerra ’15 – ‘18: Giuseppe Tavian, il cui
nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre. Era quasi coetaneo di Cesare; la
sorella di lui, Angelina, abitava nello stesso nucleo di case poi cedute dai suoi figli, emigrati
all’estero, ai discendenti Tavian del ramo originato da Cesare.
Angelo conferma infatti che Cesare e Giuseppe, che abitavano vicini, erano legati da parentela di
primo grado quali discendenti della stessa famiglia.
In seguito alla partecipazione alla prima guerra mondiale i due cugini ebbero sorti ben diverse.
Giuseppe è sepolto presso la tomba dei Caduti per la patria di Minerbe. Nel registro dei morti Don
Sante Gaiardoni nel marzo del 1919 chiude con il suo nome l’elenco dei miles morti in guerra o per
le gravi conseguenze riportate.
Il foglio matricolare racconta che era un giovane abbastanza alto e magro, con caratteristiche
castane negli occhi e nei capelli lisci. Era bruno d’incarnato e aveva dentatura sana. Sapeva leggere
e scrivere e si dichiarò falegname. Si presentò alle armi già nel ’14 a diciannove anni, ma nel
gennaio del ’15 viene richiamato per istruzione, quindi inserito nella Fanteria.
Allo scoppio del conflitto, il 24 maggio, fu destinato a zone di guerra nelle quali rimase
probabilmente per tutta la sua durata, dato che l’altra data che il suo diario militare registra è
quella della sua morte nell’ospedale da campo n° 332, qualche mese dopo la fine del conflitto,
probabilmente per le conseguenze di ferite o per malattie contratte in quei luoghi che mettevano a
dura prova le forti fibre giovanili dei nostri soldati.
Tomba ai caduti nella nuova
area del Cimitero
77
Pietra tombale
presso la
primitiva sede
FERRARI EGIDIO
Ferrari Tullio
Soave Giuseppina
I
___________________________________
I
I
I
Egidio 1897-1967
Guerrino 1899- 1981
Maria
Migliorini Ines
Carrara Leone
I
______________________________
I
I
I
I
Tullio
Luigi
Fernanda Eugenia
I
____________
I
I
Alessia
Francesca (ex alunne)
Nel quadro d’onore Egidio occupa la posizione centrale. Vicino a lui sono stati collocati altri
giovani soldati con lo stesso cognome rappresentato a Minerbe da molte famiglie. In questo caso il
rapporto di parentela esiste, dato che Guerrino è il fratello più giovane di Egidio; Eugenio era un
cugino di Santo Stefano ed Emilio uno zio.
78
Egidio era il più giovane dei quattro soldati, chiamati o trattenuti alle armi per la guerra del ’15’18. Allora, dice il signor Tullio, tutti i giovani sani erano chiamati alle armi; il servizio militare da
obbligatorio è diventato volontario a partire dai nati nel 1986.
Parla del papà Egidio, il Sindaco che ha amministrato Minerbe per sedici anni, il signor Tullio
Ferrari, che riporta il nome proprio del nonno vissuto nell’ottocento. Lo fa gentilmente, rivolto agli
studenti di oggi che sono interessati a conoscere i fatti e le persone della prima guerra mondiale
che hanno portato all’Italia di oggi.
Il foglio matricolare di Egidio è il documento che ci racconta le sue vicende militari, i dati e i
contrassegni. Nato nel vicino paese di San Pietro di Morubio, era un giovane alto e robusto con i
capelli ondulati, castani come gli occhi. Aveva denti sani che risaltavano nel viso dal colorito roseo.
Sapeva leggere e scrivere bene, conosceva anche l’emergente mondo dei motori tanto da dichiarare
la professione di automobilista che sarà determinante per l’esperienza militare, che solitamente
metteva a frutto le abilità personali acquisite.
Ha l’età della leva nel ’16 e subito viene inviato in zone di guerra mentre questa era in pieno
svolgimento e stagnava come logorante guerra di trincea. Pochi giorni dopo è iscritto nell’ottavo
Reggimento Artiglieria da Campagna con “specialità treno”. Il Signor Tullio esaudisce la curiosità
degli studenti spiegando che l’artiglieria raggruppa le armi da fuoco pesanti e che il treno era
usato per cannoni di lunghissima gittata, tanto pesanti da poter muoversi solo su binari.
79
Jacopo
L’attitudine al comando e a darsi da fare lo vede diventare caporale, quindi sergente. Svolge il suo
ruolo in vari reparti di autoparco che, contrassegnati da numeri, raggruppavano i veicoli a
disposizione dell’esercito. Racconterà in famiglia che il suo compito era far pervenire su camion al
fronte ciò di cui abbisognava la guerra in corso: armi, cibo, altro. Dopo Caporetto trasportò in zone
sicure perfino soldati sbandati che con fatica difenderanno poi la linea del Piave. Era pericoloso,
racconta Tullio, era possibile diventare bersaglio degli Austriaci e con un carico di munizioni le
conseguenze sarebbero state disastrose.
A guerra finita, nel ’20, viene congedato con un’indennità di 330 lire e la dichiarazione di aver
tenuto buona condotta e aver servito la Patria con fedeltà e onore. Nel ’21 la stampiglia nel suo
foglio matricolare lo registra nella forza in congedo degli automobilisti. Avrà il congedo definitivo
nel ’38 perché fino a questa data, spiega il signor Tullio ai ragazzi, poteva essere richiamato alle
armi. Il fratello Guerrino tornò dalla guerra leso all’udito probabilmente in conseguenza dei botti
d’arma da fuoco.
Tullio racconta che nel dopoguerra il padre, con i numerosi fratelli, intraprese l’attività agricola.
Minerbe ricorda il Signor Egidio Ferrari per un ruolo importante legato all’agricoltura: fu
promotore del Consorzio Ortofrutticolo e primo presidente, dal ’56 fino all’anno della morte.
Tullio spiega che in quegli anni si avvertiva presso i locali produttori di frutta la necessità di
mettersi insieme in cooperativa e di vendere direttamente la frutta, conservata nei frigoriferi, nelle
città, dove il crescente benessere richiedeva il consumo delle nostre ottime mele.
Egidio Ferrari, favorendo l’insediamento a Minerbe piuttosto che nei paesi limitrofi della società
ortofrutticola, ha contribuito a determinare lo sviluppo del paese creando possibilità di lavoro
soprattutto femminile.
Nella rete delle relazioni parentali, Tullio Ferrari ci dà testimonianza anche del soldato Carrara
Leone, purtroppo assente dagli elenchi di combattenti per ora a nostra disposizione. Sarà il marito
della zia, la maestra Ferrari Maria che insegnò a Minerbe per molti anni. Chiamato alla guerra,
Leone fu inviato insieme alle truppe di occupazione alleate in Bulgaria. Qui lo colse la terribile
influenza denominata “Spagnola” che fortunatamente gli risparmiò la vita, ma al rientro, con i
commilitoni, venne sottoposto a un periodo di quarantena a Brindisi. Racconta il signor Tullio che
nel clima del dopoguerra quei soldati vennero addirittura dimenticati.
Negli anni cinquanta la coppia sarà una delle più in vista del paese, i tre figli si applicheranno agli
studi con successo.
L’uso dei mezzi a motore
nella prima guerra mondiale
80
Angelo
Anna
Silvia
GIRONDA BENIAMINO
Giuseppe
Zanarotto Albina
I
_______________________
I
I
Beniamino 1888 – 1953
Sante – Lino e altri nove
Bonfante Carlotta
figli
I
_____________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
Mario ’15 – ‘82 Luigino 20 – ’43 Giuseppina ’18 Rita Luciano ’27 Stefano
M. Teresa ’34
Ferrari Maria
I
______________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Annamaria Luigino Giuseppina M. Teresa Beniamino Giovanni Francesco Carlo Silvana
Sonia Rossin
I
______________________
I
I
Jonathan
Nicolas (Ex alunni)
Osservando l’albero genealogico della famiglia, originata dal capostipite Giovanni, si può
osservare come la numerosità dei figli fosse una costante in più di una generazione, caratteristica
abbastanza comune nella società del passato. Dei componenti nati nell’800 citiamo Sante quale
padre di Lino, uno degli ultimi testimoni minerbesi della seconda guerra mondiale già conosciuto
per le ricerche scolastiche di genere storico legate al 150° dell’Unità d’Italia.
Sia la famiglia di Beniamino che quella del fratello Sante era permeata di spirito religioso: sono tre
le cugine diventate suore nell’Ordine delle Sorelle della Misericordia di cui una piccola Comunità
era presente nell’Asilo Infantile di San Zenone fin dall’anno 1944. Oggi Maria Teresa, col nome di
Suor Pia Beniamina, opera a Crotone, in Calabria: è la figlia minore di Beniamino il cui nome,
inciso nel ‘43, come quello del fratello Sante, nella lapide che comprende i benefattori dell’asilo di
San Zenone, racconta la prodigalità e la stima verso la struttura religiosa del paese.
81
Famiglie dunque dai solidi principi che si sono espressi anche nella considerazione e nel rispetto
delle generazioni precedenti rinnovandone i nomi. Anche Beniamino, che vive a san Zenone in via
San Feliciano con la famiglia, riporta il nome del nonno nato alla fine dell’800.
Conserva gelosamente alcune foto di famiglia, tra cui il nonno
Beniamino giovane soldato, impeccabile nel ritratto fotografico. È
l’unico documento relativo alla guerra, della quale gli vennero
riconosciuti tre anni, dal ’16 al ’18.
Era originario della vicina Pressana, piuttosto basso di statura e
robusto. I lineamenti armoniosi che tramanderà ai discendenti
risaltavano per i folti capelli neri, occhi castani e incarnato roseo. Il
foglio matricolare rileva inoltre che sapeva leggere e scrivere e che
faceva l’agricoltore, attività che proseguirà dopo la guerra in una
piccola azienda a San Zenone, mentre successivamente alcuni dei
suoi figli si impiegheranno nelle fabbriche locali.
Il nipote Beniamino ricorda che, dopo aver abitato nella grande
casa oggi in via di ristrutturazione nel quartiere Ballarotto, con
carro e cavallo, la famiglia del nonno, da lì, trasferì vecchi mattoni,
recuperati da annessi rustici demoliti, per costruire le due case,
simili e vicine, di via San Feliciano, dove si stabiliranno i due
fratelli con le rispettive famiglie.
Il suo documento racconta che entra nell’Esercito Regio come
Il soldato Gironda Beniamino
fante e nell’estate del ’16 è in territorio di guerra dal quale si
assenta qualche mese per malattia. Veniamo a conoscere che l’industria Italiana Fiat era la ditta che
allora forniva armi da guerra come mitragliatrici, nel cui Centro di mobilitazione venne registrato
nell’estate del ’17. Passato giusto un anno, a qualche mese dalla fine della guerra, Beniamino venne
fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici e rimpatriato dopo il conflitto. La stampiglie successive
dichiarano la sua buona condotta, la fedeltà e l’onore nel servizio alla Patria. Congedo assoluto e
ripristino nella posizione di congedo illimitato si succedono e poi concludono definitivamente le
sue esperienze militari.
Il confronto con i documenti rivela che prima della guerra aveva famiglia con il primo figlio già
nato. Il nipote Beniamino racconta che, basso di statura, Beniamino scelse saggiamente Carlotta,
che in foto per fare bella figura col marito sceglieva la posizione da seduta.
Alla coppia la Patria chiese ancora molto: il loro secondo figlio Luigino risulterà tra i dispersi della
seconda guerra mondiale; il suo nome è ricordato nel
monumento ai Caduti.
Anche la sorte della prigionia di Beniamino fu senz’altro
sofferta, come del resto quella dei soldati austro-ungarici in
territorio italiano. Si ha memoria di soldati stranieri
prigionieri nella zona di Villa Bartolomea che barattavano
quel che avevano per avere di che sopravvivere. I prigionieri
di guerra erano allora tutelati dalla Convenzione di Ginevra
della Croce Rossa internazionale, ma se erano in cattive
condizioni i soldati al fronte che decidevano le sorti degli
Stati, si può ben immaginare come stavano i prigionieri nei
rispettivi territori nemici. I dati contano 600.000 prigionieri
italiani di cui un buon numero non è sopravvissuto.
Beniamino, la moglie Carlotta, il figlio
Mario
82
Il signor Beniamino, che si dedica a lavori nell’edilizia, è felice di essere l’anello di congiunzione
tra la generazione dei padri, oggi ancora rappresentata dalle due zie Rita e Suor Pia Beniamina, e
quella dei suoi figli, ai quali intende tramandare i valori di famiglia, tra cui lo spirito civico.
La famiglia di Beniamino con i figli; il terzo da sinistra è Luigino, disperso in guerra
nella seconda guerra mondiale.
83
Il lavoro di ricerca per il 4 Novembre 2010 si apre su una famiglia di Minerbe che ha contribuito con
grande disponibilità, offrendo uno squarcio toccante dal punto di vista umano e davvero interessante dal
punto di vista storico.
UNA FAMIGLIA ALLA GUERRA
È la famiglia di Pio Giuliari che abita in via Comuni. Giuseppe Giuliari, il nonno, risiedeva nella seconda
metà dell’800 a Donzellino d’Illasi, una zona del Comune al di là del Progno più vicina a Lavagno che al
Comune di Illasi, in piena zona agricola. Il terreno era piuttosto arido, adatto solo a viti, mandorli e
melograni, per cui successivamente i discendenti si stabiliranno in altre zone del veronese, tra cui Palù di
Zevio dove avvieranno culture innovative.
L’albero genealogico originato da Giuseppe Giuliari e Lucia Grigolini risulta così articolato:
Giuliari Giuseppe ↔ Grigolini Lucia
↓
________________________________________________________________________________
↓
↓
↓
↓
↓
↓
↓
↓
Antonio
Attilio
Luigi
Silvino
Francesco Marcello
Stella
Maria
↓
(1892)
(1894)
(1895)
(1901)
(1903)
Silvio
↓
↓
↓
destinatario autore delle lettere
Intervistato
↓
Pio
↓
Silvia
↓
Francesco, alunno della cl. III B della Scuola media di Minerbe
Come si può rilevare si tratta di una famiglia numerosa come molte a quel tempo.
Otto erano i figli e tra questi quattro maschi erano nati, verso la fine del secolo, in anni così vicini che i fogli
matricolari che li riguardano parlano di rinvii in congedo provvisorio in attesa del congedamento del fratello
maggiore. Evidentemente la legge intendeva salvaguardare il più possibile l’integrità delle famiglie.
In modo diverso tutti i maschi hanno partecipato a vicende belliche tanto che, racconta Sivio Giuliari,
intervistato dalla scuola, il pensiero della guerra, trascorsa o percepita come pericolo imminente, permeava la
vita dei giovani del tempo e in particolare la sua famiglia, come lui ben ricorda.
Antonio, il maggiore, partecipò alla guerra di Libia, quindi alla prima Guerra mondiale contemporaneamente
ai tre fratelli nati prima della fine del secolo.
La famiglia riferisce che anche Francesco e Marcello saranno interessati dalla seconda guerra mondiale.
Davvero si può affermare “una famiglia alla guerra”. Il nipote Silvio, oggi anziano, afferma: “Un miracolo
che siano tornati tutti”.
Silvio Giuliari racconta anche del forte legame nell’intera numerosa famiglia, e nello specifico della cura per
la corrispondenza epistolare dei fratelli soldati fra loro, e con il resto della famiglia a casa, nel veronese.
Silvio Giuliari abita a Lonigo dove ha svolto attività importanti di insegnamento nella Scuola di agraria. È il
discendente della famiglia che ha vivo il ricordo degli zii e che si è messo a disposizione dei ragazzi della
Scuola interessati alla ricerca.
Attraverso questa testimonianza indiretta è come avessimo conosciuto di persona alcuni dei protagonisti
della grande guerra e i loro problemi, impensabili ai nostri giorni.
E Silvino la prima guerra mondiale l’ha vissuta davvero, come racconta in alcune lettere conservate dalla
famiglia Giuliari e pervenute attraverso il nipote Francesco.
SILVINO E LUIGI GIULIARI
Lo scrivente Silvino Giuliari, dimostra grande vicinanza verso il fratello Luigi, il quale avrà senz’altro
risposto a missive così significative. Erano vicini d’età essendo nati il primo nel 1894 e il secondo nel 1895.
Le notizie dei due soldati ci giungono dai ricordi di famiglia, come già detto, e dai fogli matricolari rilevati
dall’Archivio di Stato di Verona, messi gentilmente a disposizione dalle famiglia, anch’essa interessata a
ricostruire le vicende familiari.
84
I dati personali riguardanti Luigi, destinatario delle lettere in nostro possesso, parlano di un giovane nato il
12 novembre del 1894, sano, dai capelli e occhi castani, che sa leggere e scrivere, di professione contadino;
nel settembre del 1914 viene chiamato alle armi nel Compagnia Sussistenza, un Corpo dell’esercito che si
occupa dei vettovagliamenti.
Nel maggio del 1915 è in “territorio dichiarato in stato di guerra”. Vive tutta la guerra: viene infatti registrato
come “partito da territorio di guerra” nel settembre del 1919 e in congedo alla fine dello stesso mese.
Avendo partecipato all’intera campagna di guerra dal 15 al 18, la stampiglia dice che nel 1920 venne viene
autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa ed apporre sui nastri della stessa medaglia le fascette
corrispondenti agli anni di guerra.
Il fratello Silvino Giuliari, lo scrivente, era nato il 19 novembre del 1895 e nei dati personali viene descritto
con i capelli più scuri del fratello, di professione studente.
Come riferito dal nipote Silvio, aveva frequentato il Ginnasio poi il Liceo presso l’Istituto Maffei di Verona:
consultati i registri ha trovato il suo nome tra gli ex alunni.
Il Regio Decreto del 22 maggio del 1915 lo chiama alle armi per mobilitazione e il 1 giugno del 1915 è nella
Quinta Compagnia Sanità.
Nella stessa data viene mandato in territorio “dichiarato in stato di guerra”. Nel 1917 fa parte del 72° e poi
del 71° Reggimento fanteria.
Il foglio matricolare dice che da marzo del 1917 frequenta la scuola allievi ufficiali del 13° Corpo d’armata
di Campolongo, quindi dal luglio dello stesso anno viene registrato come aspirante ufficiale. Con questo
ruolo viene mandato al fronte.
Scrive bene Silvino: il linguaggio è preciso, colorito. Dimostra uno spirito arguto e ottimista. É poco più di
un ragazzo, ma dimostra la solidità di un uomo affettuosamente vicino al fratello con il quale condivide
l’esperienza della guerra.
Le cinque lettere in nostro possesso sono distribuite nei tre anni di guerra italiana.
6.6.1916
La prima lettera è molto interessante, ricca di riferimenti alla realtà circostante. Dal foglio di matricola risulta
che era arrivato da pochi giorni e infatti rivela tra le righe, scritte con buona grafia, l’attonito stupore di
fronte alla terribile realtà.
È ignota quale mansione avesse nell’ospedale militare di Thiene. Al fratello Luigi, anche lui in territorio di
guerra, descrive la situazione generale e lo strazio della guerra per i soldati e i civili.
La “spedizione punitiva” da parte austriaca che ha occupato l’altopiano di Asiago è di poco antecedente.
Alcuni contenuti riguardanti le responsabilità circa l’evolversi della situazione bellica fanno pensare che la
missiva non fosse stata censurata. Secondo Silvio Giuliari la censura era in verità una prassi che rimaneva
sulla carta, data la confusione, la mancanza di tempo e i problemi impellenti di ben altra natura. Anche i
francobolli erano merce rara, come annota in fondo alla prima pagina il soldato Silvino.
Thiene 6 giugno 1916
Caro Luigi, ho ricevuto or ora la cartolina che mi spedisti il primo corrente mese e m’affretto a
risponderti. Causa di questo mio lungo silenzio è stato il grande affollamento di feriti in quest’ospedale, che,
dalla metà di maggio sino al presente lo tiene sempre pieno zeppo. Si lavora giorno e notte. Ti basti sapere
che mentre prima l’ospedale funzionava con un numero di 300 letti, ora questo numero si è quasi triplicato.
C’è stato qualche giorno in cui ne sono entrati poco meno di 800 mentre la media è di 300. E quasi tutti
vengono traslocati su altri ospedali poche ore dopo il loro arrivo, e così è un continuo entrare e uscire. E
come ti dico c’è molto da lavorare perché il personale di truppa è sempre lo stesso.
In questi giorni caro Luigi ho potuto conoscere un pochino a fondo cosa voglia dire la parola “guerra”!
Quante disgrazie!
Quanti padri di famiglia dovranno vivere inoperosi per tutta la loro vita, incapaci di qualsiasi lavoro!
Forse avrai sentito dire che gli abitanti di tutti questi paesetti di confine, a cominciare da 5 Km sopra Tiene
hanno dovuto abbandonare le loro case smettere dai loro interessi per andare in altri paesi più tranquilli. A
vederli passare questi poveri montanari con un paio di vaccherelle magre con un pollo con una forma di
formaggio insomma con tutto quello che avevano di più prezioso nel loro paese, vederli passare dico, inerti
e silenziosi come compagnie di frati, era uno spettacolo assai triste. Anche a Schio stanno facendo S.
Martino, e tutti i signori di Thiene se ne sono andati come pure tutti i negozianti di stoffe i pizzicagnoli e via
discorrendo. Ora non si trova più nulla..
85
Se continua di questo passo fra pochi giorni dovremo abbandonare anche l’ospedale. Sembra anzi, che, nel
caso si dovesse partire si vada a Montebello Vicentino, poco lontano da Lonigo.
I feriti raccontano che gli austriaci si avanzano a schiere serrate. E quasi sempre si avvicinano tanto che i
nostri sono costretti a far scoppiare i proiettili a qualche centinaio di metri dalla bocca del cannone. In
questo modo i nostri ne distruggono delle compagnie intiere, ma distrutta una ce n’è subito pronta un’altra e
sempre così. Insomma i morti da parte del nemico in qualche posto hanno raggiunto l’altezza di qualche
metro.
Mentre dalla nostra parte ci sono pochissimi morti. E questo perché non si espongono molto ai pericoli, e se
è il caso si ritirano.
Il coraggio degli austriaci è dovuto al cognac alla graspa e ad altri liquori che hanno nello stomaco.
Non avrei mai creduto che si giungesse a tal punto da dover abbandonare delle posizioni, che, tutti quelli
che le hanno visitate dicono che si potevano difendere con i sassi. Il male è stato che i nostri c’erano sulle
montagne, ma non avevano l’ordine di sparare, e così hanno dovuto abbandonare quei siti.
E qui c’è del mistero, che molti lo spiegano con la parola tradimento da parte dei nostri comandanti.
C’è una posizione, che in linea retta non dista più di 20 Km da Tiene, sulla quale si vedono benissimo a
occhi nudo scoppiare i proiettili del nemico. Cadono così fitti che nessuno arriva a contarli, neppure per
cinque minuti.
A dirtela in poche parole c’è molto pericolo che gli austriaci riescano a scendere dalle montagne. E allora?
…..Speriamo che non abbia mai a spuntare l’alba di quel giorno.
I preparativi che si stanno facendo da queste parti è una cosa che non ti puoi immaginare. Ci sono già
diverse squadroni di cavalleria, la quale serve solo per le campagne guerresche in pianura.
Pensando a tutte queste cose noi dobbiamo a maggior ragione stare allegri che dopo tutto siamo abbastanza
fortunati. Ti pare? Da casa mi scrivono che godono ottima salute, che hanno notizie dei fratelli, e che gli
affari van bene.
Nella speranza di poter ancora fra una settimana inviarti i miei saluti da quest’Ospedale ti saluta caramente
il tuo Silvino Ciao Ciao
(Non trovandosi a Thiene francobolli di sorta sono costretto ad affrancarla con 9 carte francobolli che per
caso mi trovo in tasca)
Nell’obiettivo di inserire la lettera sopra trascritta nel contesto geografico e storico, la scuola ha chiesto e
ricevuto notizie e fotografie da uno storico della zona dell’alto vicentino: Luca Valente.
Per quanto riguarda l’ospedale militare egli afferma che a Tiene erano in funzione più ospedali militari, oltre
a diversi posti di medicazione.
A suo parere, l’ospedale citato nella lettera, visto l’alto numero di accoglienze, poteva essere l’ospedale del
Barcon al Collegio Vescovile, tra Thiene e Sarcedo, perché questo godeva di una struttura molto ampia:
l’ipotesi però non è convalidata da alcun dato.
Per quanto riguarda i discorsi sul ‘tradimento’, parola sottolineata da Silvino nella lettera olografa, lo storico
Valente precisa che erano chiacchiere pessimiste e disfattiste da retrovia, tipiche di quando la situazione al
fronte era difficile: in quel momento infatti sembrava imminente lo sfondamento austriaco.
Le foto che ci sono pervenute costituiscono
interessante riscontro visivo ai contenuti della lettera.
Profughi di Arsiero al loro arrivo a Marano Vicentino la
mattina del 19 maggio 1916
86
12.10.1917
Dal gennaio del 1917 Silvino è nel Reggimento fanteria come Ufficiale, e il 9 ottobre viene ferito
leggermente al petto. Rimane nell’ospedale da campo di Cervignano del Friuli per tutto il mese.
Si nota qui l’impatto con il pericolo vero e, in quel frangente doloroso, il desiderio di avere la vicinanza del
fratello. Poi si pente di averlo allarmato, così lo rassicura e gli dice che “è una cosuccia da poco”.
Inserendo questa data nelle vicende belliche generali, è da ricordare che da agosto a settembre il nostro
esercito consegue qualche successo sull’Isonzo, ma viene sfondato nell’ottobre dalla massiccia offensiva che
prende il nome da Caporetto.
Zona guerra, li 12.10. 1917
Mio caro Luigi, il giorno 9 corrente sono sceso dalla trincea con una leggera ferita al petto. Mi
trovo ricoverato nell’ospedale da campo in Cervignano, dal quale uscirò guarito fra pochi giorni. Sono stato
fortunato assai. Pensa che fui colpito proprio in direzione del cuore. Se per disgrazia quella palletta di
shrapnel avesse avuto un pochina di forza maggiore mi avrebbe mandato all’altro mondo senza lasciarmi
gridare nemmeno “mamma”. Invece fortuna volle che si arrestasse nella carne senza quasi toccarmi la
costola. Me la levarono subito, non mi ha arrecato tanto dolore. Fu una palletta molto intelligente. Adesso
sto benone, senza febbre solo con grande appetito. Se per caso ti venisse la voglia di venirmi a trovare il mio
indirizzo è questo: G. S. Ospedale da campo 037 Cervignano.
Però puoi farne a meno che si tratta di una cosuccia da poco. Termino inviandoti un saluto e un bacio
affettuoso. Silvino Ciao
26 ottobre 1917
Crede di ritornare alla Compagnia anche se non del tutto guarito. Gli “garba poco” partecipare alla “grande
offensiva” in siti, ironicamente, definiti “deliziosi”. Promette di andare a trovare il fratello qualora
disponesse di una bicicletta. Lo consiglia di non rinunciare a una licenza per aspettarlo, ma eventualmente di
approfittarne per divertirsi. La gioventù reclama i suoi diritti.
Sono i tragici giorni della disfatta di Caporetto (24-27 ottobre) quando il nostro schieramento è obbligato a
retrocedere disordinatamente sino al Piave abbandonando vaste zone del Veneto.
La località citata, dove ha la “solita occupazione” il fratello, è molto probabilmente Capriva del Friuli, nei
pressi di Gorizia, sul confine del 1914.
Zona guerra, li 26.10. 1917
Mio carissimo Luigi, da quanto ho potuto capire stamattina io rientrerò alla mia compagnia presto,
prima che si sia rimarginata completamente la ferita. Di questo poco me ne importa dato che non soffro
dolore alcuno. Mi secca solo perché vado proprio in tempo per partecipare alla grande offensiva di cui si
parla tanto. A onor del vero uscire da qui prima della completa guarigione per andare in siti tanto deliziosi,
mi garba poco affatto. Questo mi pare abbastanza giusto, non è vero? Però stai tranquillo che ci tenterò per
quanto mi sarà possibile, di fare una scappata costì a Capriva. Anzi ti assicurerei di venire, il guaio solo che
si frappone sta nel trovare la bicicletta. In un modo o nell’altro spero di dileguare questo inconveniente.
Allora, carissimo, ti racconterò tante cose. Per ora abbiti auguri e saluti infiniti e cari. Aff.mo Silvino.
Se hai l’occasione di ottenere la licenza ti raccomando tanto di non lasciarla scappare per me. Vai, se puoi,
in licenza subito e divertiti, se io farò una scappata costì e non ti troverò, sarò sempre contento lo stesso.
Una passeggiata fa sempre bene, non ti pare? Di nuovo Silvino, ciao.
14 novembre 1917
Scrive in carta intestata della famiglia. Diversamente dalle previsioni, in seguito alla ferita è destinato a un
ospedale qualunque, perciò arriva a Verona e dalla città torna spesso a casa. Così partecipa alla vita della
propria famiglia di agricoltori, con gli affari di compravendite che si intrecciano con le difficoltà procurate
dalla guerra. Si dimostra preoccupato per la minaccia di sgomberi del territorio con il pericolo di perdere
ogni bene, così comunica al fratello l’idea di mettere al sicuro biancheria e altro, e nello stesso tempo
presidiare l’azienda perché “non vada tutto sciupato”.
Il periodo storico corrisponde ai giorni successivi a Caporetto, quando la preoccupazione dell’invasione
austriaca arrivava evidentemente fino alle zone del veronese.
Li 14 novembre 1917
Carissimo Luigi, dopo lungo silenzio ti do mie nuove. Dunque il giorno 28 dello scorso ottobre
lasciai l’ospedale di Cervignano, e, un po’ a piedi un po’ in camions, dopo due giorni mi recai a S. Donà di
Piave. Là mi presentai all’ospedale di tappa dal quale venni messo in uscita il giorno appresso perché mi
recassi in un ospedale territoriale qualunque.
87
Approfittai di quella occasione venni a Calmiero quindi a casa e al primo di questo mese mi presentai
all’ospedale di Verona. Il giorno 10 venni messo in uscita con 10 giorni di riposo da passare a Verona. In
questi giorni scappo sempre a casa. Non so presso quale reggimento verrò assegnato. E tu hai sempre la
solita occupazione? Non occorre che ti descriva il viaggio che feci poiché anche tu l’avrai provato. Non è
vero? Qui a casa sono sempre indecisi sul da fare.
Alcuni signorotti come Gelmini(?) Mancini e tanti altri hanno spedito della biancheria in Toscana. Io
consigliai il papà di fare un viaggio sull’appennino e trovare una stanza o una casetta in campagna e
spedire subito la biancheria migliore, i materassi di lana e quanto altro più si può. Nel caso poi capitasse la
disgrazia di sgomberare mandare subito la famiglia laggiù e qui restare in uno coi Zanini(?) perché non
vada tutto sciupato. Forse partirà domani in cerca di questo locale. Che ti pare? Io mi sono interessato
assai in città e questa soluzione credo sia la migliore.
In questi giorni abbiamo smerciato tutta la legna e un paio di vitelli. Adesso abbiamo dei buoi. In tutto sono
dieci. Forse due o quattro li diamo al governo. Sarebbe molto bene poiché li paga a buon prezzo, più della
piazza. Il vino invece non si può smerciare. Ne abbiamo intorno 400 quintali.
Tu stai sempre allegro e sappi che qui si fa sempre quello che meglio consigliano. Fra qualche giorno, se la
burrasca incomincia a cessare, ti spedirò io un bel vaglia. Per adesso abbiti un’infinità di saluti
affettuosissimi e gli auguri più sinceri dal tuo aff.mo Silvino.
5 giugno 1918
La zona di guerra è l’alta montagna dove l’inverno si prolunga. Silvino esprime il desiderio di tornare a casa
anche per poche ore. Descrive in modo efficace la battaglia (marmittoni austriaci, l’abbaiare delle armi
italiane) che si alterna alla calma quando le condizioni climatiche sono avverse. Ma nei pensieri di questo
giovane soldato c’è la famiglia e la preoccupazione per il fratello Luigi al quale invia un’infinità di saluti
affettuosissimi e gli auguri più sinceri.
In questa lettera cita anche il fratello Attilio, classe 1892, arruolato come bersagliere nel 1913 e coinvolto
anche lui dalla guerra 1915 – 18 con le mansioni di automobilista, come registrato nel foglio di matricola che
lo riguarda.
Pochi giorni dopo la data della lettera, l’esercito austriaco riprenderà l’offensiva sul Piave, e, passato il
fiume, occuperà il Montello. Qui l’offensiva sarà respinta e nel luglio ci sarà la ritirata austriaca.
In questa situazione di guerra di trincea Silvino non fa cenno all’esatta località in cui si trova, ma la dipinge a
parole in modo efficace.
Il nipote Silvio racconta che, per ragioni strategiche, era obbligatorio omettere il nome della località di
partenza della lettera a vantaggio di una generica dicitura “zona di guerra”, come si legge nell’intestazione
delle lettere di Silvino dal fronte.
Zona guerra, li 5.6.1918
Caro Luigi, mi trovo sempre quassù in mezzo alla neve. Anche adesso fuori il tempo imperversa,
vento e neve. Non mi par vero che in pianura la stagione sia splendida e che il sole si renda insopportabile.
Fra un paio di settimane metterò a riposo, potrò più facilmente persuadermi. Allora poi se mi verrà
accordato un breve permesso voglio scappare a casa, anche per poche ore. Di salute sto magnificamente
bene, e anche per il sito. Adesso vi è calma assoluta, solo quando scompare la nebbia e si fa vedere il sole
arrivano certi marmittoni che mettono il male in corpo. Anche i nostri però non sono da disprezzare, e basta
che il nemico spari pochi colpi perché si mettano ad abbaiare ferocemente. Non ho ancora ricevuto uno
scritto da casa in cui mi dicano che Attilio è arrivato a destinazione. Spero di riceverlo fra non molto. Anche
tu dimmi se te la passi sempre bene, come io ti auguro con tutto il cuore. Termino salutandoti
affettuosamente Silvino
La famiglia ricorda che Silvino dopo la guerra lavorerà per un periodo
presso un Istituto bancario a Tregnago, ma poi si dedicherà al suo lavoro
preferito: l’agricoltura, un amore mai abbandonato che durante il periodo in
cui era in armi lo aveva persino spinto ad innestare le rose selvatiche presenti
nelle zone di guerra.
Silvino Giuliari; sposerà Tersilia, avrà nove figli e vivrà fino all’età di
93 anni
88
Del lavoro di ricerca svolto per la celebrazione del 4 Novembre 2011 si riporta uno stralcio tratto dalle
Memorie del parroco Don Sante Gaiardoni che consentono di rilevare gli entusiasmi della gente alla notizia
della fine della guerra
L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Le notizie sugli anni della prima guerra mondiale nel paese di Minerbe sono tratte dalle memorie manoscritte
di Don Sante Gaiardoni, nato a Sommacampagna nel 1869, che guiderà la parrocchia dal 1907 al 1925.
Già lo abbiamo conosciuto esaminando le sue cronache relative alle giovani vittime causate dalla guerra.
Abbiamo rilevato la sua saggezza insieme all’indignazione del suo animo nei confronti della “orribile
guerra”, la vicinanza in quei tristi momenti sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e altrettanto a chi in
paese attendeva notizie: i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni minerbesi erano,
dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini.
89
(trascrizione)
Minerbe, 5 novembre 1918
Ieri mattina arrivò la notizia che i nostri soldati sono entrati in Trento e Trieste ed hanno issato la bandiera
italiana sulla torre del castello di ambedue le città liberate. Appena avuta la notizia feci esporre due
bandiere sul campanile e suonare le campane. Ieri, 4 nov., lo stesso: verso le sette (di sera) arrivò l’altra
notizia che alle 13 fu messo in esecuzione l’armistizio con l’Austria, cessata da quest’ora ogni ostilità per
terra per mare ed in aria. Se la notizia mi fosse stata comunicata avrei tosto dato ordine di suonare le
campane, invece io andai a letto senza saperla. Alla mezzanotte alcuni patriotti! di Minerbe in parte
imboscati, in parte nascosti! presi non da patriottismo ma da alcoolismo, ruppero le serrature del campanile
e entrarono a suonare le campane da pazzi fino alle 2 e 30 dopo mezzanotte, con grande disturbo di tutto il
paese e facendo piangere specialmente le 48 madri e spose che hanno perduto il figlio ed (o) il marito.
Ed avrebbero continuato fino alla mattina se alle 2 e 30 non fossi disceso io a mandarli a casa.
Ieri poi i medesimi patriotti (il ……., B……, il suo garzone da Orti, Angelo S….. , il daziale A….., il
segretario ed altri giovinastri) apersero la porta del campanile coi grimaldelli e cominciarono a suonare. Al
mio apparire se la svignarono a casa ma poi con ….. e …. e bestemmie ed insulti al parroco insistevano.
Mandai a chiamare il sindaco, il quale mi pregò di concedere un paio di suonate. Entravano quindi col detto
permesso nel campanile, ma poi invece di due suonate, continuarono fino a mezzanotte!...Tutto per il buon
ordine e per patriottialcoolismo! Vedremo stasera che cosa avverrà, dopo che ne avrò dato avviso al
brigadiere.
Io ho fatto suonare quanto era conveniente e durante il giorno: essi volevano di notte recando immenso
dolore alle povere vedove e madri dei caduti.
10 novembre 1918
Questa mattina dietro invito dell’arciprete interverranno alla messa ultima e al canto del Te Deum tutte le
autorità civili, militari e società con le loro bandiere. Fu raccolta un’offerta per i fratelli della terra liberata
che fruttò lire 152.50 spedita al comitato di Verona.
Feci suonare in concerto le campane, la sera, la mattina alle 10.30 e al Te Deum.
11 Nov.
Anche questa mattina ricorrendo il Natalizio del re interverranno alle ore 10 al Te Deum le autorità
comunali, i RR Cavalieri, l’asilo infantile ecc.
12 Nov.
Alle ore 6 fu firmato l’armistizio anche con la Germania e alle 11 cessarono le ostilità su tutti i fronti!...
Deo Gratias!
L’annotazione riportata è del 5 novembre del 1918, un giorno successivo a quello che celebriamo ogni anno
ricordando la fine della prima guerra mondiale, le Forze Armate e l’Unità nazionale.
È del parroco di Minerbe, Don Sante Gaiardoni che abbiamo già conosciuto esaminando le sue cronache lo
scorso anno e di cui abbiamo rilevato la saggezza d’animo ma anche l’indignazione nei confronti della
“orribile guerra”, e la vicinanza, in quei tristi momenti, sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e
altrettanto a chi in paese attendeva notizie; i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni
minerbesi erano, dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini.
Possiamo immaginare il bel campanile di Minerbe che, dalla sua altezza, fa sventolare la bandiera tricolore,
simbolo dell’appartenenza alla giovane nazione italiana. L’animo dei cittadini avrà gioito insieme al parroco
che mise all’opera i suoi campanari per suonare le campane. Suonavano, probabilmente a distesa, ben visibili
da ogni punto di accesso al paese.
Ma l’altra notizia tanto attesa della fine della guerra, con la resa degli Austriaci e l’armistizio, arrivò verso
sera. Il parroco racconta che non ha avuto modo di sapere la notizia per tempo, probabilmente diffusa via
radio o telegrafo. E succede che l’uomo di chiesa, che ha presenti tutte le situazioni familiari dei suoi
parrocchiani, si scontra con gli spiriti giovanili e intraprendenti tanto da giudicarli con forte severità.
Il sollievo era probabilmente incontenibile.
Ma Don Sante aveva annotato nel registro dei morti troppi
nomi di miles con l’osservazione “in bello mortui”, morti in
guerra. Di sicuro aveva consolato mamme e spose
inconsolabili, molte volte private anche delle tombe di
sepoltura su cui piangere.
A piè di pagina, con un pennino che sembra differente, e
quindi probabilmente in un momento successivo alla prima
stesura, il parroco giustifica il proprio severo operato e il
pesante giudizio: a suo parere, da parte di tutti la gioia
doveva essere manifestata con misura, per evitare
“l’immenso dolore” alle numerose famiglie che, interessate
dal richiamo alle armi e dall’invio in zone di guerra dei loro
Marina
componenti maschi più giovani e sani, ne avevano pianto la tragica morte.
Oggi i bambini di quinta della scuola primaria, ricordando i Caduti e apprezzando il suono delle campane del
paese che segnano ancora eventi religiosi e civili, con matita e colori interpretano l’eco, nel paese, degli
eventi bellici del novembre 1918, così importanti per la storia nazionale.
90
Dal fascicolo predisposto per il 4 Novembre 2012 si riporta la ricerca sul soldato Alfonso Bellinato,
medaglia d’argento al valor militare.
UNA MEDAGLIA D’ARGENTO
IL SOLDATO ALFONSO BELLINATO
Bellinato Luigi
1795 - 1870
Quartieri Maria Vittoria …- 1878
I
Bellinato Alfonso 1842 - 1905
Francesca Tecchio … – 1893
I
________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
Sebastiano
Vittoria Maria
Vittoria
Francesco
Giuseppa
Alfonso Carlo
1876 -…
1878-1932
1879 1881-82
1883 - 1958
1885 -1915
Menin Lino
Meneghini Adele
1888-1987
1890 -…
_____________________________________I
I
I
_____________________________
I
I
I
I
Francesco
Francesca
Giuseppina
Alfonso Giuseppe
1927 - 1999
1909 - 2001
1910 - 2003
1913 - 1936
Chiavegato Carla
1931 - 1990
I
__________________
I
I
Paola
Lino
Tale albero genealogico, dove compare evidenziato il nome del soldato Alfonso, si basa su supposizioni
desunte dai nomi e dalle date incise in una tomba di famiglia che si distingue nella parte vecchia del cimitero
di Minerbe per elegante vetustà. È riservata alla famiglia Bellinato - Menin.
91
La personalità ottocentesca, ma nata negli ultimi anni del settecento, è Luigi, dichiarato "reduce dalle guerre
napoleoniche". La famiglia lo ricorda quale innovatore nell'agricoltura locale e amministratore per lunghi
anni del Comune.
Sono anni così lontani che nella ricostruzione della storia amministrativa di Minerbe nel libro Minerbe, una
terra e la sua storia tale nome non compare, dato che i sindaci sono registrati a partire dal 1879.
In quell'elenco, come sindaco di Minerbe per tre anni, dal 1879 al 1881, compare invece Alfonso, "ingegnere
per la scienza, soldato per la patria, agricoltore per la famiglia", come recita la pietra tombale.
Si trattava senz'altro di una prestigiosa famiglia di possidenti terrieri in seno alla quale si coltivavano ideali
di impegno civile.
Il membro che sarà tragicamente coinvolto dalla prima guerra mondiale è probabilmente il figlio di quel
sindaco, Alfonso Carlo, nato nel 1885. Il foglio matricolare lo dichiara infatti figlio di Alfonso tralasciando
purtroppo il nome materno. Era nato a Minerbe proprio il 24 maggio, il giorno che ricorda una data fatale per
la storia d'Italia: la dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria.
92
Foto di Alfonso Bellinato e retro
I dati personali lo descrivono di media statura, dal colorito bruno con occhi e capelli castani. Circa l'arte o
professione viene registrato come industriale.
Nel libro su Minerbe pubblicato nel 2001 infatti, viene citata come una delle prime industrie minerbesi lo
stabilimento bacologico fondato nel 1872 dall'ing. Cav. Alfonso Bellinato, senz'altro suo padre. Qui,
"venivano selezionati i semi, le uova e i piccoli bachi da seta destinati
alla vendita locale e all'esportazione, uno dei maggiori di tutta la
provincia veronese".
La signora Sandra Caneva Bertoldi ricorda che lo spazio adibito a tale
produzione era il piano terra della villa Spolverini dove abitava, al
piano nobile, la famiglia Bellinato.
La villa, con lo stemma dei nobili Spolverini sul portale, era chiamato
il "palazzon", un poderoso cubo affiancato da rustici e racchiuso da
mura, che delimita ancor oggi l'incrocio tra via Roma e via Cesare
Battisti.
Villa Spolverini
Ora il palazzo, acquisito da un istituto bancario, attende restauri. In occasione del riordino per il cambio di
proprietà, in questa villa è stata ritrovata la foto originale di quella riprodotta al centro del quadro d'onore che
dallo scorso anno è oggetto di ricerca storica da parte della Scuola.
Nella foto Alfonso Carlo appare vestito da militare con la divisa completata dal cappello di bersagliere dal
voluminoso decoro di piume di urogallo. Dalla pietra tombale veniamo a sapere che era bersagliere ciclista,
una specialità nata alla fine del 1800 che si rivelò in breve tempo estremamente funzionale perché quei fanti
sapevano muoversi con grande celerità appoggiando efficacemente le armi pesanti. Il soldato diventava un
ciclista di prim'ordine con severi addestramenti quotidiani. La bicicletta era del tutto particolare: pieghevole
per essere trasportato in spalla, aveva la parte meccanica semplicissima per consentire la riparazione a
chiunque. I bersaglieri ciclisti dunque erano addestrati al pericolo, preposti a mettere concretamente piede su
una posizione avanzata, pronti alla battaglia corpo a corpo con la baionetta. Così fu per Alfonso Bellinato.
Il foglio matricolare registra il suo normale servizio di leva, quindi il congedo illimitato nel 1906 dopo aver
acquisito il grado di sergente. Nel '10 e poi nel '13 viene mobilitato per istruzione all'uso delle armi; subito
dopo otterrà un ulteriore congedo, ma in vista della guerra, il 15 marzo del '15, è nuovamente chiamato alle
armi.
Permarrà nelle zone di guerra per pochi mesi: il foglio matricolare si chiude con l'annotazione: "Ucciso il
giorno 21 luglio nel combattimento di San Michele". Gli ufficiali firmeranno in agosto il verbale di morte e il
tutto verrà verificato e concluso nell'ottobre seguente. Nella sezione del foglio matricolare dedicato ad
annotazioni ed azioni particolari si registra:
"Decorato della medaglia d'argento al valor militare pel seguente motivo: «Coadiuvava efficacemente il
proprio ufficiale durante furiosi attacchi nemici, e sostituiva l'ufficiale stesso nel comando del plotone
durante l'assalto alla baionetta. Rimase ucciso sul campo» Monte san Michele, 21 luglio 1915 (D.L. 13
febbraio 1916)
Probabilmente è questa azione di merito riconosciuta e decorata che lo pone nel quadro d'onore tra i Caduti,
ma con l'immagine più grande e proprio al di sopra della raffigurazione del Monumento ai Caduti. Il suo
nome, accompagnato dal secondo nome Carlo, è citato nel Libro d'oro dei Caduti della Prima Guerra
Mondiale accompagnato dal luogo e motivo della morte.
93
L'uccisione di Alfonso corrisponde all'inizio della guerra; la linea delle ripetute offensive era quella
sull'Isonzo prima che la cosiddetta spedizione punitiva, puntando al fianco del nostro schieramento,
costringesse a retrocedere. La zona di monte San Michele, riconosciuto luogo tragico per il nostro esercito,
fu sede di ben dodici battaglie. La data della morte corrisponde alla seconda battaglia sull'Isonzo chiamata
anche Battaglia di San Michele, iniziata giusto il 18 luglio; due giorni dopo il colle venne occupato dagli
Italiani per essere ripreso da un contrattacco austriaco il giorno successivo. Questo incagliarsi dei movimenti
di guerra fa intuire il costo in vite umane di ambedue i fronti. Noto per non averne tenuto conto abbastanza,
così scrive il Generale Luigi Cadorna al figlio Raffaele:
"…occupammo per una notte il S. Michele, ma è più facile prenderlo
che restarci perché, appena conquistate le creste, ci coprirono di
proiettili e poi un contrattacco ce lo portò via..."
È in questo teatro di guerra che perse la vita Alfonso Carlo Bellinato,
decorato con medaglia d'argento. Aveva da poco compiuto trent'anni,
era sposato con figli.
Il suo nome è scolpito nella pietra tombale di famiglia al di sotto del
capostipite Luigi ed è accompagnato con un epitaffio che non si
dimentica:
"A dì 21 di luglio Alfonso Bellinato sergente dei bersaglieri ciclisti
sulle rupestri terre d'Italia caricando il nemico la vita - che gli
sorrideva dell'amore di tre pargoli dell'affetto di giovine sposa
offriva fiero e lieto in santo olocausto alla patria 1885 - 1915"
In ricordo di Alfonso nella tomba di famiglia
Dal fascicolo, in fase di elaborazione in vista del 4 Novembre 2013, si riporta la ricerca sugli
ulteriori soldati minerbesi coinvolti nella Grande Guerra.
UN CAPITANO VALOROSO E ALTRI SOLDATI
BIONDANI ENRICO
Giuseppe Biondani 1851 - …
Padovani Emilia 1861 - …
I
______________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
Palmiro Enrico 1890 - 1956 Italo
Lucillo Rino Maria Epimenide
Enrichetta
Ballarin Maria '92 -'48 ….
I
I________________
______________________________
I
I
I
I
_______________
Mario '19 - '90
Giuseppe '22 - '07 Eugenia
I … …
……..
Dani Giancarla
Luigi Ferrari
Giuseppe
I
I
……..
_____________
____________
I
I
I
I
I
Italo
Federico
Cristina Giorgio Maria Enrica Paola
Il quadro d'onore che raccoglie le foto di duecentoquarantasei soldati di Minerbe e San Zenone,
che hanno partecipato alla Grande Guerra con destini diversi, riporta, raggruppati in alto al di
sotto del Re e dei Generali, un gruppo di uomini che hanno avuto ruoli importanti: sono tenenti,
capitani o soldati eroici ricompensati con medaglie.
Se le vicende di tutti i soldati meritano onore e ricordo, l'analisi dei fatti che coinvolgono i graduati
assumono valore storico particolare perché erano coloro che avevano responsabilità di vario
genere nei confronti di soldati sottoposti, di beni militari e degli esiti della guerra in genere.
Uno di questi è Biondani Enrico, che appare nella foto a sinistra del presidente dell'Associazione
Combattenti e Reduci, Giacomelli Felice.
Fronte
alta
e
baffi
importanti
lo
contraddistinguono, il suo nome riportato a mano
è accompagnato dall'anno di nascita 1889 e dalla
qualifica di Capit., ovvero capitano.
Abitava nel palazzo che si affaccia all'estesa corte
conosciuta da tutti come Corte Biondani, a San
Zenone di Minerbe dove vi lavoravano fino a
sessanta braccianti agricoli impegnati in
coltivazioni e allevamenti.
Corte Biondani oggi
94
I proprietari erano i Conti Bernini, che risiedevano nelle zone lacustri e visitavano le proprietà una
volta l'anno.
Il capostipite Giuseppe Biondani vi aveva destinato nel primo dopoguerra il figlio Enrico.
Egli era membro di una famiglia di Buttapietra che si era stabilita nell'Ottocento a Ronco all'Adige
in una grande casa di campagna nel pressi del fiume a Tombasozana: denominata il "Cason", è
oggi gestita come agriturismo dall'erede Italo che custodisce con cura i ricordi della famiglia.
Era un nucleo numeroso come molti a quel tempo: come si vede dalla ricostruzione dell'albero
genealogico Enrico avrà altri fratelli che si stabiliranno in zone limitrofe quali imprenditori
agricoli: Palmiro ad Angiari, Lucillo a Bonavigo, mentre Italo rimarrà al Cason.
La conduzione del fondo Bernini da parte del giovane Enrico era qualificata, dato che dopo aver
frequentato un collegio maschile nei pressi del Lago di Garda, su invito di un professore, aveva
frequentato il Politecnico a Milano.
Un quadro di casa con stampa ormai sbiadita riporta a suo nome il diploma in Scienze Agrarie
nell'anno 1914. La dichiarazione di guerra era alle porte.
IN NOME DI S. M. VITTORIO EMANUELE III
per volere di Dio e per volontà della nazione
RE D'ITALIA
Il direttore delle Scuola Superiore di Agricoltura in Milano
visto il risultato finale degli esami sostenuti dal signor
Biondani Enrico figlio di Giuseppe nato a Ronco all'Adige
proclama il medesimo Dottore in Scienze Agrarie laureato
in questa scuola e gli rilascia il presente diploma affinché
possa valere per le prerogative e per gli effetti previsti dalla
legge.
Dato dalla scuola Superiore di Agricoltura di Milano
27 …. 1914
Oggi gli eredi di Enrico, la nuora e i nipoti, abitano a Roverchiara. Negli anni 70 il figlio Giuseppe,
lasciando ad altri la conduzione dell'azienda di San Zenone, si stabilì con la famiglia a Roverchiara.
I nipoti conservano con cura i ricordi di famiglia nella quale spicca per le vicende militari anche il
figlio del capitano Enrico, Giuseppe, che insieme al fratello Mario verrà coinvolto dalla seconda
guerra mondiale. Dopo l'8 settembre '43 si troveranno in fronti opposti: il primo, dopo la battaglia
di Montecassino, avanzerà con gli Alleati; il secondo, scampato a una strage in Grecia, fu fatto
prigioniero.
Per quanto riguarda il capitano Enrico Biondani, la ricerca del suo foglio matricolare inizialmente è
risultata difficoltosa in quanto l'anno di nascita non è risultato essere l'89 come riportato nel
secondo Quadro d'Onore, bensì il 1890, ma alla fine lo si è potuto reperire presso l'Archivio di
Stato di Verona dove è registrato con il numero di matricola 33967. Il foglio è scarno e non collima
del tutto con i documenti significativi conservati dalla famiglia. Vi si può però leggere che era un
giovane studente, con corporatura alta e robusta, che già nel '10 era stato reclutato, ma ammesso a
ritardare la leva per motivi di studio.
Due giorni prima della dichiarazione di guerra viene chiamato alle armi e vi giunge per l'inizio di
giugno del '15. Quale laureato, inizia la scuola Ufficiali a Modena.
Il 30 settembre dello stesso anno è sottotenente di complemento Alpini. Gli eredi integrano questi
pochi dati con documenti di famiglia e altri, legati alla guerra, di vivo interesse storico. Quelli che
maggiormente interessano risalgono al 1939. È una lettera proveniente da Roma che riporta
l'indirizzo di Enrico Biondani mentre il mittente risulta essere il Cav. Gaetani Giuseppe, residente
a Roma, in via Pietro Giannone, n° 28.
Le ricerche in merito hanno dato per ora esito negativo, ma il documento ha una sua leggibilità
intrinseca.
95
Si possono osservare la busta e la lettera con a fianco la trascrizione.
«Roma, li 4 Ag. 1939 - XVII
Caro Dott. Biondani,
Ho ricevuto la V/ del 1 corr. m. Vi ringrazio e
domando tante scuse del disturbo.
La
descrizione
della
marcia
di
ripiegamento delle almerie da V/ comandate
sbalordisce solamente a leggerla. L'A.M. in I del X
alpini mi ha detto di dirvi che sarà certamente
inserita sulla monografia, perché merita
onorevole memoria.
A suo tempo vi sarà mandata una copia
della Monografia in parole.
Il Comitato di redazione ha bisogno di
ricordi o appunti qualunque essi siano altrimenti
la Monografia viene troppo breve, tanto più che,
disgraziatamente, il nostro bel Battaglione non ha
potuto lottare fino alla fine della vittoriosa
guerra. Sarei pertanto a pregarVi di rispondere a
qualche altro numero della mia precedente
lettera. Dopo tanti anni io non posso ricordarmi
di tutto.
La forza dei quadrupedi e la formazione delle
Salmerie è necessaria. Se vi è possibile dateci
qualche indicazione di cui al n° 7 della
precedente lettera.
Godo sapervi maggiore e che sul Grappa foste decorato
al V.(alor) m(ilitare)
Cordiali saluti e auguri per le feste. Dev.mo Gaetani Giuseppe»
Insieme a tale lettera, in cui si rileva la promozione di Biondani a Maggiore, la famiglia ha
conservato ripiegato un foglio di carta robusta della grandezza di un foglio protocollo; il testo
sembra scritto con matita indelebile. Capirne il capo e la fine è stato problematico, ma non
impossibile, e si interpreta che si tratti di una brutta copia scritta su un foglio di banca riutilizzato.
Lo scrivente avrà voluto giustamente tenere una copia del testo inviato.
Si ha la notizia di due richieste successive di dati circa una monografia su imprese dei Battaglioni
in epoca di guerra: non sappiamo se quella di cui disponiamo sia la prima o la seconda risposta. In
ogni caso è il racconto di un evento, un percorso a piedi, che per la sua drammaticità è ripetuto
due volte.
96
Con pazienza si sono ritrovati i luoghi sulla carta geografica e si sono collegati ai drammatici
eventi di quell'anno del conflitto. Biondani, a distanza di anni, ricorda i fatti del novembre del '17.
La rottura del fronte a Caporetto era avvenuta il 24 ottobre precedente, per cui si tratta di una
marcia di ripiegamento delle forze dell'esercito, dispiegate a monte delle valli del Piave e del
Tagliamento, che dovevano compattarsi su un fronte ben più arretrato. Il tutto si può leggere in
questa carta ripresa da Internet: tra i due fronti c'è la marcia del Capitano Biondani con i suoi
uomini e animali. Contrassegnata in rosso a pallini la linea del fronte prima della rotta di
Caporetto, con la linea rossa continua il fronte tre mesi dopo.
97
In questa carta si sono localizzati i luoghi e, con le due frecce tratteggiate in rosso, la marcia di ripiegamento
del Cap. Biondani Enrico con le Salmerie del Battaglione Mercantour.
La trascrizione della copia manoscritta dal capitano Biondani alla richiesta avanzata dal tenente
Caetani è la seguente.
«Caro tenente Gaetani,
ho ricevuto la vostra richiesta per una breve cronistoria delle Salmerie del M. Mercantour, reparto che io
comandai dalla formazione Aprile-Maggio 1916 allo scioglimento del Battaglione Ott. Nov. 1917.
Sembrami però che riuscirebbe di poco interesse tale narrazione giacché le fatiche passate, son passate, e le
vicende trascorse non sa e non può comprenderle che chi ha saputo superarle.
Un fatto solo è importante in così lungo periodo e in tante vicende della guerra ed è che viveri e munizioni
non sono mai mancati in linea e merci l'abnegazione di tutti i miei bravi conducenti abbiamo sempre
provveduto a quel minimo di confort che si è potuto procurare per i soldati e i muli.
Interessante invece parmi raccontare l'ultima vicenda, quando a malincuore dovemmo separarci dal
Battaglione per mettere in salvo le salmerie attraverso la mulattiera di Alesso- San Francesco- Tre-monti
(Tramonti)- Claut - Longarone - e da qui a Quero dove trovammo il ponte bloccato dai nemici e ci salvammo
per la Valle del Calcino attraversando il Monfenera discendendo finalmente a Cavaso e di qui a S. Eulalia al
sicuro tra i nostri.
Creda, è stata una marcia eroica. Tre giorni e tre notti di durissimo cammino guidati solo dall'orientamento
personale!
Per via la colonna continuava ad ingrossarsi con salmerie di altri reparti e potei in tal modo portare in salvo
oltre 300 muli e conducenti passando a guado il Meduna in morbida, le Clautane con la neve alta oltre un
metro e poi quando finalmente arrivammo a Longarone in Val di Piave e di qui scendemmo a Belluno deserta
e a Quero superare l'ultimo ostacolo per non cadere prigionieri e gettarci su per la vallata del Calcino e
superato il Monfenera discendere a Cavaso! Notte del 4 novembre 1917.
Tutto questo lo sapranno i conducenti del M. Mercantour a me solo è rimasta la gioia del dovere compiuto e
di essermi fortunatamente salvato dalla prigionia.
A Sandrigo, due o tre giorni dopo, passai tutti i quadrupedi e gli uomini ad un comando alpino di
concentramento ed io passai a comandare una compagnia del Batt. Fenestrelle sul Grappa.
Ero in quei giorni Capitano e si cercava di resistere come si resistette sul Grappa al tracotante invasore. Per
me incomincia (ò?) da questi giorni un nuovo periodo di guerra di cui conservo qualche segno di valore e non
mi resta che un nostalgico ricordo del caro Batt. Mercantour»
A parte le località, punti di riferimento precisi, in pratica il Battaglione è partito dalla valle del
Tagliamento dove è Alesso, per portarsi attraverso le montagne nella valle del Piave, a Longarone,
e da qui scendere verso sud "al sicuro fra i nostri".
Il testo è molto chiaro, ma merita evidenziare l'affetto del Capitano per il reparto del Battaglione di
cui aveva il comando, e l'attenzione a uomini e muli.
Giusto il compiacimento del giovane graduato che era riuscito a compiere il dovere mettendo in
salvo quadrupedi, conducenti e Salmerie per resistere più a valle "al tracotante invasore". Con il
reparto Salmerie del Mercantour aveva in carico il complesso di viveri, munizioni e rifornimenti
vari necessari alla truppa.
Enrico Biondani aveva ottenuto i gradi militari tra gli Alpini, le cui truppe, nate nel 1872, erano
destinate a operare di preferenza nelle regioni di alta montagna che erano diventate il difficile
confine naturale. Allo scoppio del primo conflitto mondiale si crearono nuove unità, prima
Compagnie poi Battaglioni, che vennero distinti con nomi di monti tra cui il Mercantour, monte di
quasi tremila metri, nelle Alpi Marittime, al confine con la Francia. Tale Battaglione, con altri otto,
faceva parte del 1° Reggimento Alpini come confermato dal foglio matricolare. Allo scioglimento,
alla fine del '17, Biondani passerà al 3° Reggimento e, con una compagnia del Battaglione
Fenestrelle, sarà il Grappa il suo teatro d'azione. Molti anni dopo la guerra, egli visitò quei luoghi
con i famigliari e nel 1841 riceverà la promozione a Tenente Colonnello.
98
OTTAVIANI IGINO
Ottaviani Francesco
Lorato Anna
I
___________________________________________
I
I
I
I
Attilio
Ermenegildo
Linda
Igino 1894 - 1967
Monastero Amabile
I
__________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Idelma Maria Elda Maria Adelina Dante Elda Franca Franco Giuseppe
……….
I
______________________________
I
I
I
I
Barbara Daniela
Veronica Elisabetta
Righetti Michele
Andrea Turcato
I
I
Alessandro
______________
I
I
Francesco, 2^A
Fabio
I famigliari di Ottaviani Igino, a distanza di generazioni, non scordano che il loro congiunto ha
fatto la guerra, anche perché di quel periodo e di quello successivo egli ha lasciato generoso diario.
Gino parla della sua esperienza di quando aveva poco più di vent'anni nella prima parte dei suoi
scritti, e probabilmente dopo il conflitto. Riferisce date e luoghi precisi, a confermare quanto quei
fatti siano rimasti indelebili nella sua memoria.
99
Le nipoti oggi ricordano il nonno trascrivendo con cura le sue memorie che qui si riportano:
«Ottaviani Gino,
Nato il 9 settembre 1894 in corte Comuni – Comune di Minerbe
Figlio di Francesco e di Lorato Anna.
Ai 12 settembre 1915, in detta data fui chiamato alle armi.
Prima di partire feci la domanda di essere assegnato nel corpo dei Reali Carabinieri. Tutte le pratiche fatte mi
risultarono favorevoli fino alla visita superiore a Roma che da un Colonnello medico fui dichiarato inabile per
quel corpo, per una (periostasi) al piede sinistro. E lì fui assegnato al 14° Fanteria Foggia.
Il mio dolore fu grande, e per forza dovetti rassegnarmi e fare il buon soldato in quel corpo che certo non mi
gustava.
Non mi dilungo col citare tutti i nomi dei compagni d’armi, e della vita trascorsa fino al 24 maggio, data in
cui l’Italia ha dichiarato guerra all’Austria.
Io, col mio Reggimento 4 giorni prima era già al fronte cioè a Palmanova.
La guerra fu terribile, quasi tutte le nazioni europee ne presero parte. Intanto con il passar dei giorni
abbiamo occupato oltre il vecchio confine e abbiamo preso contatto con il nemico che certo ci attendeva
fortificato sulle prime colline dopo subito il fiume Isonzo. La lotta, notte e giorno, fu sanguinosa ed io
purtroppo il 20 di giugno fui ferito da una scheggia di Idrappenes nemico alla coscia destra, (località) ai
picchi del Monte Seibusi (Ronchi dei Legionari). La ferita per fortuna non fu grave, ma dovetti essere
trasportato all’ospedale, prima da campo e poi con il treno della Croce Rossa fui portato a Reggio Emilia dove
fui ricoverato per 40 giorni, e poi mandato in convalescenza per 20 giorni (prima ancora di partire fui
promosso Caporale).
Trascorsa in Famiglia la convalescenza, mi presentai al deposito di Foggia – qui debbo ringraziare di cuore e
sempre l’amico Menin Zefferino, che al deposito lo trovai come Caporal Maggiore Armaiouolo…
…fui assegnato al 529 B Compagnia Presidiaria che in quei giorni stavano formandola per mandarla al
Fronte e fare servizi sedentari. Anch’io partii e ci hanno mandato sull’alto Cordevole Col di Lana di corvé
alla sussistenza e podizia al campo nella 18^ Divisione. Il servizio non era tanto pericoloso e si passava la
vista discretamente. Chi comandava la suddetta compagnia c’erano ufficiali che erano come si dice, Padri di
Famiglia.
Non passavano molti giorni che fui assegnato caporale di cucina, non mancai anche in questa carica di
impegnarmi lodevolmente il mio servizio (come del resto era il mio carattere) e la vita la passavo
discretamente godendo anche di stima dei miei superiori. Questo lo posso dire francamente, e la prova la
tengo sempre presente e anche qui mi faccio memoria, cioè il Tenente che comandava la compagnia di nome
D’Erario Marcello di Bari. …
Per me questo era un grande uomo che sempre lo ricordai.
Dal Col di Lana nel ’17, causa della ritirata di Caporetto, abbiamo dovuto ritirarsi sul Grappa, nuova
posizione ancora difficile, ma io sempre nella presidiaria e sempre in cucina prima come caporale e poi come
caporalmaggiore feci sempre vita buona fino al congedo fui quasi sempre in cucina.
Ho tracciato in linee brevi la mia vita prima, durante la vita militare, perché questo non è il mio scopo cioè di
raccontare la storia del mio passato. Ciò che è detto e per avere un semplice ricordo di quello che fino al
momento del mio congedo -12 settembre 1915 (?) - fu la mia esistenza».
Il suo foglio matricolare conferma e integra gli scritti.
Era nato a Corte Comuni dove molti braccianti minerbesi erano impegnati nella grande azienda
agricola dei Conti Bernini. Qui riprese il lavoro dopo la guerra assumendo ruoli di responsabilità e
abitando nella contrada di Anson.
Il foglio lo descrive di buona statura, con capelli neri e occhi castani, di professione contadino. Non
solo sapeva leggere e scrivere come registra il foglio, ma evidentemente amava lasciare traccia del
suo vissuto sulla carta.
100
Per quanto riguarda queste abilità, la famiglia ricorda che era punto di riferimento presso gli
operai della corte in un periodo storico in cui un'adeguata alfabetizzazione non era patrimonio di
tutti.
Nel '14 è soldato di leva che chiede la ferma di tre anni con l'inclusione nell'Arma dei Carabinieri
Reali. Nel diario Igino, con marcato disappunto, racconta che gli fu negato l'accesso a quel Corpo
per marginali problemi di salute, che non gli impedirono però di essere trattenuto alle armi per
mobilitazione nel gennaio del '17.
Il suo testo integra il foglio matricolare e racconta dell'occupazione dei territori oltre il vecchio
confine. Sembra corrispondere alla primavera del 1916. Egli cita il Monte Sei Busi, in realtà una
modesta altura di neanche duecento metri, che fu terreno di aspre lotte tra i fanti italiani e le
truppe straniere che lo difendevano. Interessante e impressionate dal sito della Proloco Fogliano Redipuglia:
«Il Monte Sei Busi, che si trova a destra del Sacrario di Redipuglia, presenta ancora oggi la landa carsica che
caratterizzò l'aspro paesaggio carsico agli inizi del 1900. Sono ancora evidenti e visitabili i resti delle trincee
italiane e austriache nelle quali i soldati combatterono le prime Battaglie dell'Isonzo. L’esigua distanza fra i
due schieramenti fa capire quanto anomala fosse questa guerra. In alcune zone, infatti, la distanza era così
ridotta che i soldati avrebbero potuto colpirsi anche lanciandosi delle pietre… »
Veniamo a conoscere dalle sue parole il ruolo fondamentale della Croce Rossa, istituzione
umanitaria apolitica nata nella seconda metà dell'Ottocento per soccorrere i feriti di ogni conflitto.
Inoltre apprendiamo il ruolo del treno come valido ausilio alla Sanità per trasportare velocemente i
feriti.
Il foglio matricolare riporta le promozioni a Caporale e quindi a Caporal maggiore e l'inclusione in
una Compagnia della Sussistenza, successivamente al suo ferimento di cui manca la registrazione.
Venne destinato ai luoghi dell'alto Bellunese: il Col di Lana, con le cime di circa duemila metri,
località di confine tra l'Impero Austro-Ungarico e il Regno d'Italia, è stato teatro di aspri
combattimenti che hanno lasciato sul terreno circa ottomila morti, tanto da essere soprannominato
"Col di Sangue".
Nel diario Igino racconta la propria discreta situazione, sottoposto a Ufficiali dal comportamento
onesto di "padri di famiglia". Racconta in prima persona di un tale impegno nel servizio di cucina
da ottenere ricompense di stima dai superiori concretizzate nel riconoscimento militare.
Si legge tra le righe il valore dell'amicizia nella vita di guerra: Gino nomina Marcello, di Bari, a
raccontare come la prima guerra mondiale abbia creato gli Italiani, in quanto obbligato motivo di
conoscenza e vicinanza tra giovani di varia provenienza.
L'altro solidale amico minerbese di cui parla, Menin Zeffirino, è riscontrabile in foto nel primo
quadro d'onore in cui è registrato Sergente: maggiore di due anni, Igino lo nomina quale Caporal
Maggiore Armaiolo.
101
Tale giovane non è l'unico del quadro legato al nome di Igino: leggendo la minuziosa ricostruzione
dell'albero genealogico risalente al '600 che la famiglia Ottaviani ha elaborato, tre giovani dello
stesso cognome risultano legati tra loro: Ermenegildo è il fratello maggiore di dieci anni, mentre
Augusto era un cugino nato nell’85.
Anche in questa famiglia la Prima Guerra Mondiale ha assunto una grande importanza
impegnandone le forze maschili più giovani nate nell'ultimo ventennio dell'Ottocento.
A Igino sono riconosciuti tutti e quattro gli anni di guerra, infatti, nel diario si legge anche
dell'arretramento del fronte al Grappa nell'autunno del '17, posizione giudicata "difficile", dopo la
ritirata di Caporetto. Fu infine congedato nell'autunno del '19 con il pagamento di un'indennità di
duecento lire.
Occorre riconoscere che la sua esperienza di guerra, che si rileva dal foglio matricolare e dal diario,
dopo il ferimento nel '17, non fu cruenta perché a lungo impegnato nella Presidiaria. Tali
Compagnie, composte da soldati più o meno temporaneamente non abili al servizio in linea,
assumevano compiti di controllo e ufficio all'interno della stessa Divisione.
Già il Corpo dei Reali Carabinieri, nel quale gli furono escluse posizioni primarie, alla richiesta di
ferma lo inviò ai servizi speciali inserito nella Fanteria. Nel '21, infatti, è registrato quale iscritto
nella forza in congedo di tale Corpo che merita un breve approfondimento.
In questo albero genealogico della
famiglia Ottaviani tre soldati della
Prima Guerra Mondiale.
102
CATTAN LEONE
Giulio Cattan
Virginia Bordin
____________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Leone Emilio Marcello Ferruccio Ermete Vittorio Arduino Marianna Maria
1995- ...
Maria
………
I
I
_____________________________
______________
I
I
I
I
I
Renata
Vanna
Paola
Spartaco
Sergio
Bruno Turcato
I
_________________
I
I
Andrea
Roberta
Veronica
I
______________
I
I
Francesco, 2^A
Fabio
La famiglia di cui Leone era il primogenito mostra come la figliolanza fosse numerosa
all'affacciarsi del ventesimo secolo; egli si presenta alle armi all'inizio del '15, un anno dopo del
dovere, per attendere il congedamento del fratello Emilio vicinissimo d'età.
Dopo qualche mese, il 22 maggio del '15, viene chiamato alle armi per mobilitazione e all'inizio di
giugno è in zone di guerra. La sua destinazione era la Terza Armata che, secondo i libri di storia,
presidiava i luoghi del Basso Isonzo, da Gorizia al mare.
Il suo foglio racconta di assenza dal fronte per alcuni mesi, tra il '16 e il '17, a causa di malattia. Nel
marzo del '17 è registrato nella Fanteria e alla fine dello stesso anno è nel Genio Ferrovieri con sede
a Torino.
Era un giovane alto, con capelli neri e colorito bruno, che dichiarò la professione di cameriere.
Dalla vicina Bevilacqua dove era nato, la famiglia si trasferì in via S. Antonio a San Zenone, dove il
fratello Vittorio visse con gli anziani genitori.
Leone invece fece la scelta di trasferirsi in città, a Como, probabilmente per trovare lavoro, per poi
ritornare nelle nostre zone con una nuova unione dopo la precoce vedovanza.
103
La sua non era una famiglia contadina, ma di piccoli imprenditori nell'ambito della ristorazione e
alimentare.
Le informazioni ci vengono fornite dalla nipote Paola Cattan che conserva ricordi sfumati dello zio
e della sua famiglia.
Al soldato Leone verranno riconosciuti tre anni di guerra, infatti, dal foglio matricolare non si
rilevano interruzioni tra la destinazione al Genio Ferrovieri e il congedo illimitato nell'ottobre del
'19, quando ottenne un’indennità di 290 lire.
MILANESE LEONE
Luigi Milanese
Maria Teresa Milanese
I
_____________________________________________________
I
I
I
I
Augusta
Mario 1895 Leone 1898 - '79
Maria
………..
Rossini Luigia
I
I
__________________________________
_____________________________
I
I
I
I
I
I
I
Luigi Giovanni Annamaria Maria Teresa
Raffaella
Maria Teresa
Luciana
Nei due quadri d'onore, fonti di ricerca, molti sono i soldati raffigurati che riportano il cognome
Milanese ancor oggi ricorrente nel Minerbese.
A Santo Stefano, frazione di Minerbe, quali coltivatori diretti, viveva alla fine dell'Ottocento la
famiglia di Luigi Milanese, originario di Bonavigo, e di Maria Teresa, anche lei di cognome
Milanese, che custodiva la casa di famiglia, Villa Visconti.
La signora Maria Teresa era una donna in gamba; una piccola foto la ritrae sotto la pergola davanti
alla casa con i tre figli piccoli.
Durante la prima guerra mondiale ella ha dovuto essere particolarmente coraggiosa e
intraprendente dato che i due figli maschi che aveva avuto, Mario nel '95 e Leone nel 98, erano in
guerra. Era vedova da pochissimo e comunicava ai figli lontani la situazione dell'azienda. Questo
dato convalida quello che riferisce il Parroco di allora nelle Memorie della parrocchia: "… non
rimasero a casa per la coltivazione dei campi che donne, pochi vecchi e fanciulli".
Leone era molto legato alla madre e, pur lontano, ne viveva le ansie.
Dopo la guerra parlava poco di quell'esperienza, ma conservava un garofano sottratto alla corona
di fiori deposta al muro del Castello del Buon Consiglio di Trento dove Cesare Battisti, irredentista
italiano, venne giustiziato il 12 luglio del '16.
104
Il soldato Leone è raffigurato nel primo quadro d'onore. Il suo foglio matricolare riporta il n° 14593
e lo descrive di buona statura e scuro di capelli.
La dichiarazione di guerra lo coglie giovanissimo, nel gennaio del '17 è soldato di leva. Un mese
dopo viene chiamato alle armi nel 38° Reggimento Fanteria. Il foglio è eccezionalmente incompleto
dato che non riporta altri dati, ma questi sono integrati dalla testimonianza orale della figlia Maria
Teresa che conserva documenti riferiti all'esperienza militare del padre.
Lei ricorda che era partito nella primavera del '17 e che, come Caporal maggiore, istruiva le reclute
ad Alessandria. Di seguito, certamente, venne mandato nelle zone di guerra quale combattente:
nominava luoghi tragici come Nervesa della Battaglia e il Piave. Immerso per un'intera notte
nell'acqua di quel fiume diventato nuova linea del fronte dopo la disfatta di Caporetto, ne uscì
febbricitante, tanto che fu costretto al ricovero in un ospedale da campo. Maria Teresa ricorda che
lo zio Mario, soldato in guerra come motociclista portaordini, saputo del ricovero del fratello, ebbe
il modo di recarsi in visita: tra le brande non lo riconobbe, tanto era sofferente e denutrito. Fu il
malato stesso a richiamare a fatica l'attenzione del congiunto.
Di questo episodio Leone ebbe il riconoscimento in una piccola pensione di guerra, solo per alcuni
anni, dato che nel tempo non accusò postumi della malattia contratta al fronte. Dopo la guerra
sposò Rossini Luigia e continuò nella coltivazione dei terreni; ebbe tre figlie che frequentarono
l'Istituto Canossiano a Legnago. Nel 1972 Leone ha ricevuto l'onorificenza di Cavaliere
dell'ordine di Vittorio Veneto "per riconosciuti meriti combattentistici con facoltà di
fregiarsi delle relative insegne".
FACCIOLI FRANCESCO
105
____________________________________
I
I
Faccioli Francesco
Melotto Elisa
Angiari 25.08.1881
Angiari 10.05.1882
mugnaio
__________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
Idamia
Elide Remigio Rosa Maria Amneris Anna Maria Ampelio Diego
28.5.1907 23.7.1909
3.6.1911
9.11.1912
20.8.1913
26.7.1915
26.7.1915
30.8.1920
I
sposa Leone Bianca
I
___________________________________________________
I
I
I
I
Gemma
Gilberto
Gianluca
Fulvio
I
Francesca
Il soldato Francesco Faccioli è il nonno della signora Gemma e il bisnonno dell’alunna Francesca
Serafini che ha portato a scuola i documenti dell’avo relativi alle sue vicende di guerra. Attraverso
essi è stato così possibile ricostruirne la storia.
Francesco parte per il fronte di guerra, come soldato richiamato alle armi, l’8 maggio 1915. Essendo
nato il 25 agosto 1881 ha 34 anni e quindi una famiglia alle spalle costituita dalla moglie Elisa e da
cinque figli più due gemelli in arrivo, Anna Maria e Giovanni, che nasceranno di lì a pochi mesi, il
26 luglio 1915.
Il suo foglio matricolare consente di rilevarne la professione, fa il mugnaio, e le caratteristiche
fisiche: alto un metro e sessantasette cm., capelli biondi lisci, occhi grigi.
Non solo sa leggere, ma il foglio matricolare indica che gli è stata rilasciata l’attestazione per
l’elettorato politico.
La signora Gemma ci riferisce che la raccolta dei documenti, che ci consentono oggi di ripercorrere
le vicende del soldato Francesco Faccioli, è dovuta alla cura minuziosa che di essi ha fatto la sua
mamma, la signora Bianca Leoni, moglie del terzogenito di Francesco, Remigio, di professione
falegname.
La signora Bianca, infatti, sposatasi con Remigio, è andata ad abitare nella casa del suocero
condividendone l’abitazione e accudendolo fino al momento della morte avvenuta il 23 giugno
1957, all’età di 76 anni.
La signora Gemma, grazie ai ricordi della madre, può così ora riferirci che il nonno possedeva un
mulino sull’Adige e grazie al suo lavoro poteva mantenere con un certo agio la famiglia ricca di
figli.
La partenza di Francesco comporta però gravi conseguenze sull’economia familiare. La moglie di
Francesco, infatti, la signora Elisa Melotto, con sette figli da mantenere è costretta a indebitarsi.
Al termine dalla guerra pertanto Francesco, che ritorna invalido per una ferita che ne compromette
la deambulazione, è costretto a vendere casa e mulino per ripianare i debiti.
Si trasferisce in una dimora più modesta e cambia lavoro. La ferita di guerra, infatti, gli ha
procurato un danno permanente all’anca sinistra che gli rende difficile il camminare. Percepisce
per questo una modesta pensione, ma non essendo sufficiente per le varie necessità, si adatta a fare
il trasportatore per conto terzi. Consegna merci nelle varie località della zona, trasportando con il
suo carro farina, legna, carbone e quanto altro venisse richiesto.
Le vicende per il riconoscimento della ferita come causa di servizio per fatti di guerra.
Il carteggio tenuto con cura dalla famiglia consente di ricostruire i fatti relativi alla ferita riportata e
il non semplice percorso svolto per ottenerne il riconoscimento come fatto avvenuto per vera e
propria causa di servizio.
Se ne riportano i vari passaggi citando la documentazione di riferimento.
1. Processo verbale del 28 giugno 1917 con il quale il comandante del 20° Reggimento Fanteria e il
comandante del reparto, cui il soldato Faccioli è assegnato, unitamente a due testimoni presenti
ai fatti, rilasciano la dichiarazione che il fatto d’armi nel quale è stato coinvolto il soldato
Faccioli Francesco, è avvenuto in data 8 giugno a quota 100 (Monfalcone)
2. Atto deliberativo del Consiglio d’Amministrazione del 20° Reggimento Fanteria con sede
presso Reggio Calabria, datato 5 novembre 1917 con il quale si esprime il seguente parere: “
essere abbastanza provata la realtà del fatto cui viene attribuita la ferita e riunire in sé il fatto
condizioni tali da potersi considerare come avvenuto per vera e propria causa di guerra”
3. Foglio di licenza illimitato concessa al soldato Francesco Faccioli per recarsi da Reggio Calabria
ad Angiari, datato 20 dicembre 1918 dove si attesta che ‘parte soddisfatto di cinque giorni’ e
per questo riceve 25 lire.
È un bellissimo foglio che riporta molte annotazioni.
106
In alto a destra sono indicati tutti i segni di riconoscimento del militare: statura, capelli,
dentatura, carnagione, colore degli occhi, altezza,..; in basso invece il foglio è suddiviso in due
parti: a sinistra sono elencate le norme di viaggio, a destra le avvertenze per i militari in
licenza. Sul retro sono invece presenti le principali linee delle tradotte militari con relativi orari.
107
4. Foglio di congedo illimitato che riporta la storia del soldato Faccioli Francesco.
Vi si attesta che esso viene consegnato al soldato Faccioli, numero di matricola 12867, in data 15
agosto 1919. Nel foglio inoltre vi si attesta che durante il tempo passato sotto le armi ha tenuto
buona condotta e ha servito con fedeltà e onore.
108
Viene riportato che il primo arruolamento avviene il 13 luglio 1901; mentre la chiamata alle
armi riporta la data del 14 marzo 1902.
Dal distretto di Verona è trasferito quindi al 3° Reggimento Fanteria il 22 marzo 1902 e giunge
alle armi per mobilitazione l’8 maggio 1915.
Rinviato in congedo illimitato il 15 agosto 1919.
Campagne di guerra: 1915-1916-1917.
Anche il retro del foglio riporta notizie molto interessanti e in particolare nella parte superiore
vengono indicati Doveri e facoltà del militare in congedo, nella parte sotto i Doveri del militare
in caso di richiamo alle armi.
5. Comunicazione del Ministero della guerra al comando dei RRCC di Legnago con il quale il
Collegio medico superiore ritiene utile sottoporre a visita diretta il soldato Faccioli Francesco
per cui il Comando viene invitato a dare gli opportuni ordini affinché il militare sia fatto
ricoverare nell’ospedale del Celio a Roma.
6. Il successivo documento è il biglietto d’uscita dall’ospedale militare di Roma dove viene
riportato che il soldato Faccioli è entrato nell’ospedale il 14 marzo 1922 uscendone il 16 marzo
1922 e partendo soddisfatto coll’indennità di trasferta per n. 2 giornate pagate con lire 23,45.
7. A seguire il decreto n.° 351985 del Ministero del tesoro, del 15 aprile 1922 a firma del ministro
Pavone che riporta le seguenti annotazioni:
‘considerato che era stato concesso l’assegno rinnovabile di terza categoria in lire 618, per tre
anni dal 20.05.1919 e l’assegno mensile di lire 20,
‘visti i nuovi atti sanitari e vista la deliberazione del Collegio Medico superiore in data
15.03.1922,’
si decreta
di liquidare al soldato Faccioli Francesco, affetto da infermità contratta a causa di guerra
ascrivibile in via definitiva alla 5 categoria, una Pensione annua da durare a vita dal 26 maggio
1919 di lire 756, elevata a lire 1440 dal 6 gennaio 1919 al 30 giugno 1923, con pagamento da
eseguirsi in Angiari’.
Di questa pensione il soldato Faccioli
godrà definitivamente per tutta la sua vita
senza altre revisioni e verifiche.
109
‘In memoria di Ognuno’
“Tutti avevano la faccia del Cristo
nella livida aureola dell’elmetto.
Tutti portavano l’insegna del supplizio
nella croce della baionetta.
E nelle tasche il pane dell’Ultima Cena
e nella gola il pianto dell’ultimo addio”
Le parole di questo sconosciuto, scolpite nella galleria del Castelletto delle Tofane, offrono
la sintesi commossa di ciò che la guerra ha significato per chi l’ha vissuta.
All’interno della nostra classe sono stati individuati cinque bisnonni che hanno partecipato
alla prima guerra mondiale. Tre di essi siamo riusciti ad intervistarli attraverso i loro figli,
i nostri nonni. Ecco una sintesi dei “loro” racconti, corredati da onorificenze acquisite sul
campo di battaglia.
CHIAVENATO SILVIO
Il bisnonno paterno di Simone nasce a Pressana (VR) nel 1895. In famiglia erano cinque
fratelli.
A vent’anni viene chiamato alle armi, in fanteria;
parte con la tradotta da Cologna Veneta.
Partecipa alla battaglia sul Piave, dove per non
farsi prendere dagli austriaci, con altri
commilitoni si immerge completamente nelle
acque del fiume, respirando con delle canne di
bambù. Si offre volontario per tagliare i reticolati
nemici. In questa operazione, che gli varrà la
medaglia di bronzo, viene ferito ad un fianco
dalla scheggia di una granata. Questo episodio,
per quanto drammatico, probabilmente gli
salverà la vita. Infatti, dopo essere stato dimesso
dall’ospedale militare, viene rispedito al fronte.
La gamba continua a dolergli e per questo viene
congedato.
110
a
GIUSEPPE DAL CORTIVO
È il bisnonno materno di Elena. Nasce a Montecchia di Crosara (VR) il 9 /6/1893, figlio di
Carlo e di Danese Ginevra. Dal foglio matricolare si apprende che è alto 171cm, che ha i
capelli ondulati, color castano, gli occhi grigi e la dentatura sana. Di professione fa il
contadino e sa leggere e scrivere.
Riceve la cartolina di chiamata alle armi per mobilitazione (Regio
Decreto del 28 maggio 1915) il 1/6/1915 e insieme al fratello, che
partirà con lui, s’incammina verso San Bonifacio per salire sulla
tradotta, il convoglio speciale riservato ai militari. Viene
destinato all’artiglieria, sezione bombardieri. Combatte in guerra
in varie zone e viene congedato definitivamente solo il 19
settembre 1919, dopo aver ricevuto il pagamento del premio di
congedamento di £ 250,00 (circolare n° 114 del G.M. 1919) e avere
meritato una dichiarazione di buona condotta e di aver servito
con fedeltà e onore.
Purtroppo al fratello non toccherà la stessa sorte, in quanto morirà in combattimento.
111
Ricordo donato al signor Dal Cortivo in occasione del
cinquantesimo della fine della prima guerra mondiale.
Interessante la dedica:
“Sia perenne come il tempo l’amor di patria”
(Disegno di Giulio)
FAVALLI GIUSEPPE
Favalli Giuseppe è il bisnonno della mamma di Angelica. Nato a Cerea (VR) il 19/3/1879; data
l’età (37 anni), partecipa alla grande guerra come conducente muli. Opera tra la Vallarsa e la Val
d’Adige, a quel tempo linea di confine tra l’Italia e l’impero austro-ungarico. Riforniva di viveri e
munizioni i militari di prima linea. Alla fine del conflitto, ormai trentanovenne, torna a casa tra i
primi soldati congedati essendo venuto meno il compito per cui era stato precettato.
112
Documento che attesta il conferimento della cittadinanza onoraria da parte
della città di Treviso al signor Favalli Giuseppe, in occasione del quarantesimo
anniversario della fine della guerra.
Pensieri, riflessioni e poesie degli alunni delle classi quinte
UNA “STORIA” LONTANA SOLO CENTO ANNI FA
4 NOVEMBRE :ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA
FESTA DELL’UNITA’ D’ITALIA
E DELLE FORZE ARMATE.
1914
2014
Il 4 novembre è l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, è la festa dell’Unità
d’Italia e delle Forze Armate.
Ricordiamo i momenti più importanti della Grande Guerra.
- Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, così chiamata perché vi parteciparono tanti
Stati europei e due Stati non europei: gli Stati Uniti
d’America e il Giappone.
- Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò nel conflitto e
combatté a fianco della Triplice Intesa (Francia,
Russia, Inghilterra). L’Italia dichiarò guerra
all’Austria per liberare le due città italiane di Trento
(Trentino Alto Adige) e Trieste (Friuli Venezia
Giulia).
- L’esercito italiano, all’inizio, riportò numerose
vittorie, ma il 28 ottobre 1917 fu sconfitto dagli
Austriaci e dai Tedeschi a Caporetto. I soldati italiani non fuggirono, ma divennero ancora
più forti, si sentirono più uniti e fermarono gli invasori sul fiume Piave e sul monte
Grappa.
- Nell’ottobre del 1918, dopo un anno di resistenza sul Piave, l’esercito italiano sconfisse
definitivamente l’esercito austriaco a Vittorio Veneto e
liberò Trento e Trieste.
- La vittoria dell’esercito italiano fu decisiva, perché con
essa la guerra finalmente finì.
- il 4 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia.
113
MINERBE RACCONTA
Una piazza e dodici vie per ricordare la prima guerra mondiale
in tutti i suoi aspetti: i protagonisti, i fatti e gli ambienti.
114
I nomi di queste strade ci raccontano storie esemplari,
non ascoltarle vuol dire, essere circondati da tante voci, ma… essere sordi!
RIPERCORRIAMO ALLORA LA MINERBE DELLA GRANDE GUERRA.
VIA CAVALIERI VITTORIO
VENETO
ricorda la battaglia di Vittorio Veneto, fu
l'ultimo scontro armato tra Italia e Impero
austro-ungarico nel corso della prima guerra
mondiale.
Si combatté tra il 24 ottobre e il 4 novembre
1918 nella zona tra il fiume Piave, il Massiccio
del Grappa, il Trentino e il Friuli e vide la
decisiva vittoria Italiana.
VIA RAGAZZI DEL 99, l’ultima leva dell’Ottocento. Molti non avevano
ancora diciott’anni.
Nel bollettino di guerra, il capo di stato maggiore, Armando Diaz, scriveva:
«I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il loro battesimo del fuoco.
Il loro contegno è stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra
al nemico le vie della patria, in un superbo contrattacco, unito al loro
entusiasmo all’esperienza dei compagni più anziani hanno trionfato».
115
VIA CESARE BATTISTI
Cesare Battisti è stato un patriota
irredentista italiano. Cittadino austriaco
fu deputato al Parlamento di Vienna.
Allo scoppio della grande guerra
combatté per la parte italiana.
Catturato dagli austriaci, fu processato e impiccato per alto tradimento in
quanto deputato austriaco.
VIA PASUBIO
Il Pasubio è un massiccio
situato al confine tra le
provincie di Vicenza e Trento. È
stato un importante luogo dei
combattimenti
della
prima
guerra mondiale.
116
VIA DEGLI ALPINI
Gli alpini, “i figli dei monti” come li chiamava Cesare Battisti, si erano
distinti durante la prima guerra mondiale quando furono impiegati nei
combattimenti al confine nord-est con l’Austria Ungheria, dove per tre anni
dovettero confrontarsi con le truppe da montagna austriache e tedesche.
117
Da via degli Alpini si raggiunge il quartiere Primavera dedicato alle Forze
Armate: Via dell’Aviere, Via del Bersagliere, Via del Granatiere via
Dell’Artigliere, via Del Fante e via Dei Lagunari.
Tutti corpi dell’esercito coinvolti nel conflitto e nei quali molti dei nostri
concittadini sono stati arruolati.
118
VIA TRENTO E VIA TRIESTE,
collocate a Ovest di Minerbe in direzione Nord la prima e in direzione Sud la
seconda, ricordano due città liberate.
PIAZZA IV NOVEMBRE
Ricorda la fine della prima guerra mondiale e i militari morti in guerra.
119
Una poesia per aiutarci a capire…..
l’animo dei soldati
“SOLDATI”
SI STA COME
D’AUTUNNO
SUGLI ALBERI
LE FOGLIE.
120
G. Ungaretti
Questa poesia è una metafora per spiegare
che in guerra il pericolo è sempre vicino.
G. Ungaretti paragona le foglie autunnali
ai soldati: le foglie in autunno cadono
dagli alberi in un attimo, così in un attimo
i soldati …muoiono.
Il poeta prova tanto dolore e tanta tristezza
per la perdita di tanti amici.
RIFLESSIONI:
Abbiamo visto filmati sulla Grande Guerra, letto testimonianze, osservato immagini e
discusso.
Ora esprimiamo le nostre opinioni.
Cos’è per te la guerra?
Elena:
”Per me la guerra è un metodo orrendo usato dalle persone per risolvere
controversie di tipo politico, religioso, economico”:
Salvatore: ”Per me la guerra è un litigio inutile e crudele che costringe molti uomini a
dare la vita per ristabilire un ordine”.
Salwa:
”La guerra è un litigio tra persone e tra stati. In guerra muoiono i soldati
innocenti e anche le persone innocenti. In guerra nessuno vince perché tutti
perdono persone care.
Cosa pensi quando senti questa parola?
Aurora:
” Penso di sentire come se ci fosse una persona che mi urli dentro mentre
muore”.
Martina:
” Penso ai bambini che sono in mezzo alle bombe e hanno paura di uscire
fuori di casa. Se io fossi in loro sarei terrorizzata.
Sofia:
” Penso che le famiglie in cui il marito o papà è in guerra stiano molto male”.
Michele:
” Penso al terrore dei soldati di essere uccisi e a tutti gli innocenti che hanno
perso la vita”.
Kevin:
” Penso ai morti che si sono sacrificati per la pace, a quelli che sono rimasti
mutilati e alla povertà di uno stato in guerra”.
Giada:
”Quando sento questa parola penso ai fucili, ai cannoni, alle bombe e a
quante distruzioni e sofferenze hanno portato queste armi”.
Carolina:
”Penso che la guerra sia un’ingiustizia perché uccide tante persone e tanti
bambini. Penso alla preoccupazione delle famiglie che avevano in guerra
parenti e amici”.
Francesco: ”Guerra è una parola che mi fa pensare al tormento dei soldati sul campo di
battaglia, alla paura di morire; al sangue, alle armi, alle trincee, ai gas
velenosi, alle munizioni, al cielo grigio, alla puzza della polvere da sparo, al
cibo disgustoso”.
Enrico:
”Quando penso alla guerra, penso alla crudeltà e alla sofferenza che ha portato
la guerra”.
Lorenzo: ”La guerra suscita in me brutti sentimenti: tristezza e paura”.
121
Ti è stata illustrata la storia di alcuni soldati, giovani ragazzi del tuo paese, ritieni sia
utili ricostruire queste storie?
Tommaso:
”Sì perché è giusto che anche loro abbiano un onore e che la gente
sappia il loro sacrificio”.
Elena:
”Sì, loro sono la STORIA!”
Salvatore:
”Sì perché possiamo capire cosa era successo e come si sentivano quei
soldati in guerra”.
Luca S.:
”Sì perché i soldati che sono morti in guerra lo hanno fatto anche per
noi e per questo dobbiamo conoscerli e ricordarli”.
Alberto:
”Sì perché ci fa capire quanto sia brutta la guerra”.
Enxhi:
”Sì perché almeno non facciamo gli stessi errori”.
Leonardo:
”Si perché questi giovani sono stati obbligati ad andare in guerra
senza saperne il perché e si sono sacrificati per la Patria”.
Ilaria:
”Ritengo sia importante perché ci fa capire quanto hanno sofferto e
tutti i sacrifici che hanno dovuto sopportare per la Patria”.
Moaad:
”Sì, mi è stata illustrata la storia di alcuni giovani soldati di Minerbe
che hanno dovuto lasciare il paese e la loro famiglia per andare a
combattere al fronte. Ora che conosco le sofferenze di questi soldati
spero che resti sempre la pace”.
Alberto:
”Sì, perché noi ragazzi possiamo conoscere le loro vite, le loro
famiglie, che lavoro facevano, dove abitavano e come era la guerra.
Per ricordarci che la guerra non si deve fare, ma bisogna volersi bene”.
Maria Vittoria D.: ”Sì, perché hanno combattuto per noi per liberare l’Italia dagli
stranieri che la comandavano”.
Francesca:
”Sì, perché tutti i soldati hanno una storia, un nome, una famiglia. Essi
avevano tanti progetti: studiare, lavorare, sposarsi, ma la guerra li ha
uccisi. Per questo non devono essere dimenticati e noi, il 4 novembre,
li ricorderemo e festeggeremo la fine della prima guerra mondiale
convinti che la guerra non è una cosa da fare”.
Costanza:
”Sì, perché sono di Minerbe e forse li conoscevano”.
Maria Vittoria M.: ”Sì, ritengo utile ricostruire la storia dei soldati perché sono
interessanti, ma soprattutto perché si capisca che la guerra non si deve
ripetere più”.
Paola:
”Sì, mi sono state illustrate alcune storie di giovani soldati del mio
paese caduti in guerra. Anche mio nonno era uno di loro. È molto utile
ricostruire queste storie per non dimenticare la crudeltà della guerra e
perché queste ORRIBILI vicende non debbano più accadere”.
122
Nel nostro paese è stato eretto un monumento ai martiri di Nassiriya e ai granatieri
di Sardegna. A loro il nostro ricordo e la nostra preghiera.
Preghiera del Carabiniere
quando: 12 novembre 2003
dove: Nasirya, IRAQ
fatto: attentato suicida
obiettivo: militari italiani
responsabili: militari di ALQA-IDA
morti: 28 italiani dell’arma
dei carabinieri
Cronaca:
un camion cisterna pieno di
esplosivo fu fatto scoppiare
davanti alla base italiana dei
Carabinieri
provocando
l’esplosione del deposito di
munizioni della stessa base.
28 giovani dell’arma che
portavano la pace hanno
trovato la morte.
Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra,
noi Carabinieri d'Italia,
a Te eleviamo reverente il pensiero,
fiduciosa la preghiera e fervido il cuore!
Tu che le nostre Legioni invocano confortatrice e
protettrice
con il titolo di "VIRGO FIDELIS".
Tu accogli ogni nostro proposito di bene
e fanne vigore e luce per la Patria nostra.
Tu accompagna la nostra vigilanza,
Tu consiglia il nostro dire,
Tu anima la nostra azione,
Tu sostenta il nostro sacrificio,
Tu infiamma la devozione nostra!
E da un capo all'altro d'Italia
suscita in ognuno di noi
l'entusiasmo di testimoniare,
con la fedeltà fino alla morte
l'amore a Dio e ai fratelli italiani.
Amen
123
PREGHIERA DEL GRANATIERE
Signore Dio,
che hai voluto distinta in molti popoli
l'umana famiglia, da Te creata e redenta,
guarda benigno a noi
che abbiamo lasciato le nostre case
per servire, in armi, l'Italia.
Aiutaci, o Signore,
affinché, forti della tua fede,
affrontiamo fatiche e pericoli
in generosa fraternità d'intenti
offrendo alla Patria
la nostra pronta obbedienza
ed il nostro sereno sacrificio.
Fa’ che sentiamo ogni giorno,
nella voce del dovere che ci guida,
l'eco della tua voce.
Fa’ che i Granatieri d'Italia
siano d'esempio a tutti i cittadini
nella fedeltà ai Tuoi comandamenti e alla Tua Chiesa,
nella osservanza delle patrie leggi,
nella consapevole disciplina verso l'autorità costituita.
E concedi all'Italia nostra
che, rispettata ed amata nel mondo,
meriti la protezione Tua e la materna custodia di Maria,
anche in virtù
della concordia operosa
dei suoi figli.
Amen.
124
RIFLESSIONE:
Il nostro monumento, con i nomi dei caduti in guerra, ci ricorda che ogni famiglia ha
avuto, nel suo passato, un lutto e che coloro che non hanno più fatto ritorno erano persone
con nome, volto, desideri e speranze.
Noi ragazzi vogliamo dedicare loro un pensiero per non dimenticare il sacrificio e per
testimoniare, ogni giorno, il valore della pace.
ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA
ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA
E CHE TIRAVA UN FORTE VENTO
IMMAGINATEVI CHE GRANDE TORMENTO
PER UN ALPINO CHE STA A VEGLIAR.
A MEZZANOTTE ARRIVA IL CAMBIO
ACCOMPAGNATO DAL CAPOPOSTO
OHI, SENTINELLA RITORNA AL TUO POSTO
SOTTO LA TENDA A RIPOSAR.
QUANDO FUI STATO SOTTO LA TENDA
SENTII UN RUMORE GIU’ PER LA VALLE
SENTIVO L’ACQUA GIU’ PER LE SPALLE
SENTIVO I SASSI A ROTOLAR.
MENTRE DORMIVO NELLA MIA TENDA
SOGNAVO D’ESSER CON LA MIA BELLA
E INVECE ERO DI SENTINELLA
A FAR LA GUARDIA ALLO STRANIER.
125
Poesia:
“ NON DIMENTICATE”
Vi chiedo solo una cosa:
se sopravvivete a quest’epoca,
non dimenticate.
Non dimenticate
né i buoni né i cattivi.
Raccogliete con pazienza
le testimonianze di quanti sono caduti
per loro e per voi.
Un bel giorno, oggi sarà il passato,
e si parlerà di una grande epoca
e degli eroi anonimi
che hanno creato la storia.
Vorrei che tutti sapessero
che non esistono eroi anonimi.
126
Erano persone, con nome, volto,
desideri e speranze.
Il dolore dell’ultimo
non era meno grande
del dolore del primo!
Vorrei che tutti costoro
vi fossero sempre vicini
come persone che avete conosciuto,
come membri della vostra famiglia,
come voi stessi….
Iulius Fucik
RIFLESSIONE:
Noi ragazzi di oggi pensiamo che sia molto importante riflettere sugli avvenimenti della
guerra e ricavarne degli insegnamenti;
esprimere gratitudine e riconoscenza e onorare la memoria di tutti gli eroici soldati che
lottarono, soffrirono e morirono per renderci uomini liberi;
fare nostri quei valori che ci hanno lasciato in eredità i nostri bisnonni e i nostri nonni: il
valore della libertà, il valore della Patria e il valore della pace, che tutti dovrebbero
custodire nel proprio cuore. Ma spesso ci chiediamo : “Perché i grandi fanno la guerra?”
…NON TROVIAMO RISPOSTE NEL NOSTRO CUORE…
Canto: RISPOSTA NON C’È
Quante le strade che un uomo farà
e quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà
attraversar
per giungere e per riposar?
Quando tutta la gente del mondo riavrà
per sempre la sua libertà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
Quando dal mare un'onda verrà
che i monti lavare potrà?
Quante volte un uomo dovrà litigar
sapendo che è inutile odiar?
E poi quante persone dovranno morir
perché siamo in troppi a morir?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa, caduta nel vento sarà.
Quanti cannoni dovranno sparar
e quando la pace verrà?
Quanti bimbi innocenti dovranno morir
e senza sapere il perché?
Quanto giovane sangue versato sarà
finché un'alba nuova verrà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
127
VALORE
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola,
la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi
non si è mai risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora
poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di
scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere
permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza
ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual
è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura
della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
128
RIFLESSIONE:
La guerra non potrà essere evitata fino a quando non sarà rimossa la causa del suo
continuo ripetersi, rappresentata dalla sconfinata estensione del pianeta su cui viviamo.
Solo eliminando le distanze e la lontananza tra i cuori si creeranno le condizioni per una
migliore convivenza, assicurando così stabili rapporti d’amicizia.
Canto: “L’AMICIZIA”
L’Amicizia vuol dire chiamarsi fratelli!
Nasce con un pugno dato per antipatia,
nasce al capezzale di una lunga malattia,
nasce al bar o sotto il fuoco dell’artiglieria,
…….
L’Amicizia vuol dire chiamarsi fratelli,
guardare nella stessa direzione.
L’Amicizia sincera è un grande dono,
il più raro che c’è.
L’Amicizia sincera è un grande dono,
il più caro che c’è.
Amerò ogni cosa che non ci dividerà,
spero che fra noi l’amicizia rimarrà.
L’Amicizia sincera è un grande dono, il più caro che c’è.
129
Poesia: “PROMEMORIA”
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.
Gianni Rodari
130
I NOSTRI MESSAGGI DI PACE:
“LA PACE”
La pace è essere felici
Con i propri amici.
La pace è la libertà
anche se si è in povertà.
La pace è l’amore
che dimostriamo verso gli altri.
E’ questa la pace: volersi bene.
Asmaa C. cl. V° A
“PACE”
Oggi nel mondo la pace è lontana
e soffia un vento di tramontana.
Ogni bambino della Terra vorrebbe la pace
per pensare solo a giocare ed essere vivace.
Perché la pace arrivi nei cuori di tutti
e cancelli finalmente i giorni brutti,
i popoli uniti in un grande coraggio
gridino forte il loro messaggio:
la pace illumini e porti gioia
esultiamo riuniti la nostra vittoria!
Emma R. cl. V° A
“VORREI CHE…”
Vorrei che in questo mondo
ci fosse più rispetto
vorrei che in questo mondo
ci fosse più amore.
Negli occhi di un bambino
nelle mani di un adulto
può crescere a dismisura
e abbattere le frontiere.
La voce del perdono
ci porterà lontano
lo schianto di una bomba
ci abbatterà in un secondo.
Nel rispetto per la vita
nella gioia di un sorriso
scriviamo PACE in ogni riga
in ogni angolo del cuore.
Anna A. cl. V° A
131
“LA PACE”
La pace vuol dire stare insieme
e volersi bene,
dare ad un amico la mano
e volare con lui lontano,
la pace è il sorriso di un bambino
quando la sua mamma gli è vicino,
la pace è guardare tutti insieme
un arcobaleno
su un cielo sereno,
la pace è giocare con gli amici
e sorridere tutti felici
Alice B. cl. V° A
LA PACE VISTA DAI RAGAZZI
La pace è
vivere con le altre persone in armonia, rispettando chi è diverso
è segno di affetto
è il contrario di guerra
è la forza che distrugge la guerra
è gioia
è una festa che non finisce mai
è generosità, aiutandosi l’un l’altro
è un bene preziosissimo
è un sentimento bellissimo
la pace porta amicizia, allegria e felicità
la pace è soprattutto amore e dialogo.
Classe VB
132