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curiosità cvopàfdob 6 DOMENICA 14 DICEMBRE 2014 La Settimana di Saronno CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA Da poveri contadini a soldati in trincea Messi in lista, estratti a sorte, arruolati in massa Quasi un meratese su cinque finì sotto le armi, i «ragazzi del ’99» come i «vecchi» quarantenni MERATE (ces) Il termine dialettale «naja», per definire la vita militare, nacque durante la prima guerra mondiale. Utilizzato soprattutto nel Nord Italia, molto probabilmente deriva dalla parola dialettale veneta “tenaja” (tenaglia), a significare la morsa entro la quale veniva a trovarsi il soldato. Dall’Unità d’Italia in poi, il servizio militare era diventato obbligatorio e doveva essere svolto lontano da casa. Così, per la prima volta, si trovarono fianco a fianco giovani provenienti da più regioni che parlavano dialetti diversi, con abitudini diverse, che imparavano a parlare, leggere e scrivere in italiano. Inizialmente il servizio militare aveva una durata di cinque anni, che diventarono 24 mesi nel 1910, e sino a quella data l’arruolamento avveniva per estrazione. Gli Uffici Comunali redigevano le liste di leva con i nomi dei giovani che ne avevano i requisiti. Questo avveniva tenendo conto del loro stato fisico e giuridico. I Consigli di Leva avevano il compito di vagliare le liste presentate dai Comuni e di assegnare la categoria di leva. Categoria di Leva Abile di 1° Categoria: buona salute, genitori viventi, un fratello con più di 12 anni di età al momento della chiamata. Abile di 2° categoria: buona sa- lute, figlio unico con padre non ancora entrato nel 65° anno di età oppure figlio primogenito con fratello di età inferiore a 12 anni. Abile di 3° categoria: buona salute, figlio unico orfano di un genitore oppure riformato fatto abile per necessità e addetto a lavori sedentari. Successivamente venivano compilate le «liste di estrazione» nelle quali ai nominativi riportati nelle liste veniva assegnato un numero. Quindi si procedeva all’estrazione. Il servizio militare era svolto da quanti in base al numero estratto rientravano nel contingente, cioè nella quantità di uomini che era richiesta al mandamento (nel nostro caso il Mandamento non era Merate bensì Brivio). Questo spiega perché le liste di estrazione erano compilate per Mandamento e non per Comune. Durante la Grande Guerra questo meccanismo di selezione fu superato e l’arruolamento diventò di massa. Non solo. Vennero coinvolte anche le classi più giovani. Come ad esempio nel 1917 quando In basso, ritratti di soldati meratesi finiti sotto le armi nel 1915 l’Italia mobilitò giovani diciottenni, i cosiddetti ragazzi del ’99. Una lettera datata 28 ottobre 1917, in risposta ad una richiesta del Consorzio Agrario di Como, ci fornisce il dato che nel Comune di Sartirana, su 1.213 persone che costituiscono la popolazione totale, ben il 19% fosse sotto le armi. Nel corso del conflitto si rese anche necessario precettare le classi dei più anziani. In mostra a Merate sono presenti documenti dai quali si evidenzia come alcuni militari furono congedati all’età di 42, 43, 44 anni. Il modo migliore per conoscere la storia di un soldato è quella di rintracciare il Foglio Matricolare redatto dall’Esercito, dal quale si evidenziano: data di arruolamento, reggimento e reparto d’appartenenza, cronologia dei fatti di guerra, date e località, ferite riportate, ospedalizzazioni ed eventuali onorificenze. Questi documenti sono oggi molto difficili da recuperare, in mostra ne vengono esposti tre appartenuti ai soldati Lorenzo Sottocornola, Cesare Colombo e Zaccaria Fumagalli. Gli anni a cavallo del secolo videro una grande ondata migratoria del popolo italiano. La graduale industrializzazione del nostro paese non fu in grado di assorbire tutta la manodopera disponibile, che fu costretta ad espatriare. Gli abitanti del settentrione in Europa, quelli del meridione in America. Mediamente 600mila persone all’anno lasciavano il nostro Paese, con un picco di 873mila nel 1913. Anche questi lavoratori italiani furono richiamati a combattere in Patria. Questo fu possibile perché la quasi totalità dei migranti manteneva la residenza nel paese d’origine, forse nella speranza di ritornare. Chi rispose alla chiamata può essere considerato un volontario, vista l’impossibilità dello Stato italiano di sanzionare i renitenti. Pietro Bonfanti, classe 1891, nato in Svizzera nel comune di Muralto, ma registrato a Sartirana rientrò in Italia per combattere e morì all’Ospedale da Campo n° 203 in seguito alle ferite riportate in combattimento. Apparteneva al 111° Reggimento Fanteria. Ma molto più alto fu il numero degli emigrati che non risposero al richiamo della Patria. (seconda puntata segue sul prossimo numero) MERATE (ces) Doveva essere una guerra lampo, si trasformò in una ostinata guerra di posizione. Il primo conflitto mondiale comportò un grandissimo sforzo per l’approvvigionamento alimentare delle truppe al fronte: non più viveri al seguito di un esercito in movimento, ma un servizio di refezione per migliaia di soldati. Le cucine furono organizzate nelle retrovie e il rancio veniva portato in prima linea a dorso di mulo, addirittura a spalla, in qualche caso anche da donne. Come Maria Plozner Mentil, madre di quattro figli, morta per mano di un cecchino durante una delle salite alle trincee, medaglia d’oro al valor militare. Era preferibile che i cibi arrivassero già caldi, onde evitare fiamme e fumo che avrebbero attirato il fuoco del nemico. A questo scopo l’esercito italiano aveva inventato le cosiddette «casse di cottura». Contenitori coibentati dentro i quali venivano deposte le pentole con i cibi non completamente cucinati. La cassa dalla chiusura ermetica si trasformava così in IL RANCIO DEL SOLDATO IN TRINCEA Una «schiscietta» calda e tanta fame una specie di pentola a pressione, che poteva raggiungere anche i 60°. In questo modo le pietanze continuavano a cuocere durante il trasporto, mantenendo il calore anche per 24 ore. L’equipaggiamento per il rancio consisteva in una gavetta di alluminio (o gamella), una tazza di latta e un cucchiaio. La gavetta veniva spesso personalizzata dai soldati che, con un chiodo o con la punta della baionetta, vi incidevano le proprie generalità, a volte anche il reparto. La razione giornaliera destinata ai soldati era calcolata in 4mila calorie. Ma, per la mancanza di scorte alimentari, nel 1917 scesero a 3mila. Inizialmente la dieta prevedeva 750 gr di pane, 100 gr di carne, 200 gr di pasta o riso, una quota di grasso (lardo o burro), zuccheri come cioccolato o latte condensato e conserve in scatola. La dieta così composta risultava più ricca e variegata di quella a cui era abituata la maggioranza dei soldati, prevalentemente contadini. Ma a guerra inoltrata non sempre fu possibile raggiungere le trincee con gli approvvigionamenti. Questo accadde anche per più giorni, costringendo i soldati alla fame. Per il rifornimento di acqua, invece, furono costruiti appositi impianti di estrazione dal sottosuolo e, grazie a un sistema di condutture, portata sino al fronte, oppure raccolta in apposite vasche coperte. La razione giornaliera per ogni soldato era di mezzo litro di acqua a cui si aggiungeva un quarto di litro di vino e, una volta al mese, una razione di superalcolico. Spesso, però, le truppe integravano tali quantità a proprie spese, specialmente prima di un assalto, spendendo la gran parte della loro paga. A volte, per sostenere l’umore dei soldati. L’Esercito distribuiva dosi supplementari di cibo: gallette, frutta candita o scatolette di latta contenenti carne o alici sott’olio. Le scatole di latta che venivano decorate con disegni e scritte patriottiche come “Savoia” o “Antipasto finissimo Trento e Trieste” oggi sono ricercati pezzi da collezione. In mostra a Merate vengono riportate varie testimonianze: lettere scritte alle famiglie dove si parlava della fame patita al fronte. Un esempio? Ecco cosa scriveva il soldato Cesare Perego ai genitori: «Se volete dare un salamino che anchio potrò sasiare un po’ la fame». Era il 15 gennaio del 1916. Continua in sala civica per tutto il mese di maggio, la mostra dedicata alla Merate e ai meratesi di 100 anni fa, nell’anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale, 2015-‘18 STORIE DI MILITI «Non crediate ch’io sia qui a sprecare il soldo» Perego Cesare ai Genitori, 12 febbraio 1916 «Cari genitori, vengo con queste due righe per farvi sapere che mi trovo in ottima salute e così come speravo sempre di voi tutti in famiglia… ma non credete che io sto qui a sprecare il soldo perche qualche cosa celo ancora il vino lo bevi qualche bicchiere solo alla festa perche a’ ne vuol cia tanti da mangiare che o un apetitto che mangeria i sassi...» In data 9 giugno 1917 la madre Mandelli Fulvia del soldato fa scrivere dal Segretario comunale direttamente al Ministero della Guerra. Il figlio avrebbe diritto ad essere assegnato alla Seconda Categoria di Leva, per la Legge del Reclutamento, ma il necessario foglio matricolare del fratello Ambrogio fu inviato in ritardo dal 5° Reggimento Alpini. A causa di tale ritardo il Consiglio di Leva respinse la domanda di Carlo, in quanto presentata dopo la chiusura della leva. Albani Giuseppe «Adesso poi ci hanno cambiato anche il rancio. Il caffè l’hanno tolto completamente e la carne tre giorni solo la settimana. Il caffè lo sostituiscono con la frutta secca o i datteri». Cesare Colombo, classe 1890, ha una lunga storia sotto le armi, il 9 ottobre 1910, a 20 anni e un mese viene arruolato nel Regio Esercito e il 31 dicembre 1911 parte per la Tripolitania. Rientra a casa per il «ongedamento» il 3 gennaio 1913 e dopo appena 18 mesi, l’8 agosto 1914 riparte nuovamente fino al 15 novembre 1914. Dopo 6 mesi viene nuovamente richiamato sotto le armi il 7 maggio 1915 per essere finalmente congedato il 5 agosto 1919. Dai 20 ai 29 anni ha trascorso 25 mesi a casa e 7 anni sotto le armi. Zaccaria Salvatore Fumagalli, classe 1892, muratore di Novate Brianza, dopo la visita di leva nell’aprile 1912, a settembre dello stesso anno entrò a far parte del 79° Reggimento Fanteria. Il fatto che egli fosse sotto le armi permise al fratello Paolo, di due anni più giovane di ritardare la partenza per il fronte. Il 31 ottobre 1914 Zaccaria decise di firmare la ferma di tre anni nell’Esercito con il grado di sergente. Ma nel frattempo le regole per l’arruolamento divennero molto rigide e il fratello Paolo fu costretto a partire nel settembre 1914 e il 25 maggio 1916 morì per ferite all’addome. «Fumagalli Paolo di Costante, Soldato 73° Reggimento Fanteria, nato l’11 marzo 1894 a Novate Brianza, distretto militare di Lecco, l’anno millenovecentosedici ed alli venticinque del mese di maggio nella località Cima Dodici mancava ai vivi in età d’anni ventitre”.