Direttore generale e responsabilità da amministratore

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Il Caso
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IN BREVE
L’inquadramento della figura del direttore generale di S.p.A. rimane una questione
aperta, che non è stata del tutto risolta neppure dalla recente riforma del diritto
societario. Nel codice civile manca una definizione di direttore generale, né si precisa
quali siano i compiti che gli spettano. La scarna disciplina dedicata al direttore generale
si trova sparsa in diverse norme dell’ordinamento e principalmente all’art. 2396 c.c.1
che si limita a stabilire l’estensione delle regole sulla responsabilità degli amministratori
ai direttori generali nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto, in
relazione ai compiti loro affidati. L’esperienza della prassi societaria mostra però che la
nomina del direttore generale è talvolta effettuata direttamente dal consiglio di
amministrazione nel silenzio dello statuto e dell’assemblea. Si pone in tali casi il
problema di stabilire quale sia il regime di responsabilità applicabile. La Cassazione,
con sentenza 5 dicembre 2008, n. 28819, è intervenuta sul problema operando una
scelta che intende porre fine alle incertezze interpretative.
IL COMMENTO
La vicenda di cui si occupa la Cassazione trae origine dall’azione di risarcimento del
danno proposta dal commissario della liquidazione coatta amministrativa di una società
per azioni, che operava in campo assicurativo, contro amministratori e sindaci e contro
il presunto direttore generale della società, ritenuti responsabili del pregiudizio sofferto
dalla stessa a causa del negligente adempimento dei loro obblighi. Il liquidatore aveva
identificato il direttore generale nella persona del consulente generale della presidenza
del consiglio di amministrazione, a cui era affidato l’incarico del risanamento della
società, con ampi poteri tecnico-amministrativi, senza vincolo di orario o
subordinazione. Egli aveva svolto l’incarico per qualche mese, completando la
redazione del bilancio e cooperando poi nella ricostruzione della pregressa gestione
societaria con i funzionari dell’Isvap investiti dell’indagine sulle condizioni della società.
Il punto di diritto è quello di stabilire se, in assenza di nomina statutaria o assembleare,
possa essere riconosciuta al consulente la qualifica di direttore generale e, per effetto
di ciò, se sia possibile applicare il regime di responsabilità dettato per gli
amministratori, in linea con quanto previsto dall’art. 2396 c.c..
1
Art. 2396 c.c.: “Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai
direttori generali nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro
affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società”.
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La Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di primo e secondo grado, ha
negato qualsiasi responsabilità del consulente per i danni subiti dalla società di
assicurazioni.
Il punto di partenza del ragionamento svolto dalla Suprema Corte è l’assenza di
concordia in dottrina e giurisprudenza sulle caratteristiche proprie delle mansioni del
direttore generale. Le definizioni proposte sono state molte ed eterogenee, ma esse
presentano il limite di essere descrittive, volte cioè a sottolineare una o più
caratteristiche del profilo del direttore generale, senza fornire certezze.
Uno sforzo sistematico consente di individuare un tratto identificativo della figura
nell’esercizio di ‘compiti di alta gestione’ all’interno dell’impresa sociale2. In genere, si
tratta di ‘dirigenti’ o ‘funzionari’ in posizione preminente rispetto a tutti gli altri prestatori
di lavoro, con il compito di eseguire le decisioni del CdA, interpretandole e operando le
opportune scelte tattiche3. Oppure – secondo una diversa definizione – dirigenti o
funzionari ai quali è affidata una funzione direttiva generale su tutti gli uffici o i servizi,
da cui discende un potere-dovere di vigilanza, che costituisce il presupposto della
responsabilità4.
Va osservato che, sebbene nella prassi societaria il direttore generale sia
generalmente un lavoratore subordinato della società, tale condizione non è
necessaria. Una conclusione diversa non può neppure essere tratta dall’articolo 2396
c.c. come modificato dalla riforma che, nel fare salve le azioni esercitabili in base al
rapporto di lavoro con la società, non impedisce che il direttore generale possa essere
anche essere un lavoratore autonomo. E’ difficile infatti ritenere che il legislatore,
prevedendo la salvezza delle azioni relative al rapporto di lavoro, voglia vietare la
nomina di direttori generali che non siano dipendenti della società, privando così
soprattutto i gruppi societari di un importante strumento di articolazione delle cariche
sociali5. Nel caso in cui il direttore generale non sia vincolato alla società da un
rapporto di lavoro subordinato si applicherà la disciplina del contratto di mandato (art.
1703 ss. c.c.)6 o del contratto d’opera intellettuale (artt. 2229 ss. c.c.)7.
2
Si veda prima della riforma, tra gli altri, MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, p. 207;
BORGIOLI, I direttori generali di società per azioni, p. 34 ss. Dopo la riforma v. per tutti MALBERTI, Art.
2396, p. 665 e la bibliografia ivi citata alla nota 4.
3
In questo senso, ABBADESSA, Il direttore generale, p. 462.
4
FRE’ – SBISA’, Delle società, p. 872. Tra le numerose sentenze che descrivono la figura, si richiamano
Cass. 11 febbraio 1989, n. 850; Cass. 10 novembre 1987, n. 3879; Cass. 8 novembre 1984, n. 5640.
5
Così MALBERTI, Art. 2396,p. 675.
6
ABBADESSA, Il direttore generale, p. 463.
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Il direttore generale dispone, in ogni caso, di poteri di direzione e controllo su tutti i
dipendenti dell’impresa mentre non è essenziale, anche se è consentito, che abbia il
potere di rappresentanza esterna della società. Egli, anche se nominato
dall’assemblea, risponde del suo operato agli amministratori da cui riceve direttive.
Spetta infatti agli amministratori la valutazione del generale andamento della gestione
(art. 2381 c.c.). Come affermato dalla giurisprudenza: «l’articolo 2396 c.c., nel
richiamare per i direttori generali le disposizioni che regolano la responsabilità degli
amministratori, testimonia l’intento del legislatore di equiparare la disciplina delle azioni
nei due casi, intento ispirato dalla concreta considerazione della vicinanza di tale figura
a quella degli amministratori sociali, ai quali il direttore resta soggetto, ma con cui
collabora strettamente nell’organizzazione dell’impresa»8.
Va però precisato che il richiamo alla responsabilità degli amministratori non giustifica
altre estensioni ai direttori generali della disciplina dettata in generale per gli
amministratori9.
Fatte queste premesse, resta da definire se sia necessaria la nomina assembleare o la
previsione statutaria per estendere al direttore generale la responsabilità degli
amministratori. E’ peraltro opinione generalmente condivisa che la nomina del direttore
generale da parte degli amministratori sia ammissibile anche in mancanza di
un’apposita clausola statutaria: ciò che non è invece pacifico è se, in questo caso,
possa applicarsi quanto disposto dall’art. 2396 c.c.
Già prima della riforma del diritto societario si erano formati in materia diversi indirizzi.
Vi era chi riteneva che la disciplina prevista per la responsabilità degli amministratori
potesse essere applicata al direttore generale solo qualora la sua nomina fosse stata
prevista nell’atto costitutivo o deliberata dall’assemblea “entrando in questi casi la sua
figura a far parte della struttura tipica della società”10. Secondo un’altra impostazione il
regime di responsabilità a cui risultano sottoposti i direttori generali nominati con le
modalità di cui all’art. 2396 c.c. non sarebbe sostanzialmente differente rispetto a
quello dei direttori nominati con una semplice delibera dall’organo amministrativo, dal
momento che in ogni caso il direttore generale risponderebbe in base al rapporto da
7
MONTALENTI, La traslazione dei poteri di gestione nei gruppi di società: «i managements contracts», p.
436 ss.
8
Cass. 12 giugno 2007, n. 13765
9
BONELLI, Gli amministratori di S.p.A., p. 230.
10
Cass., Sez. lav., 12 dicembre 2003 n. 18995. In dottrina, ABBADESSA, Il direttore generale, 469; FRE’
– SBISA’, Delle società, p. 871 ss.
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egli instaurato con la società11. Infine, vi era chi affermava che le modalità dell’atto di
nomina non avrebbero alcuna influenza sulla qualificazione di un soggetto come
direttore generale, essendo egli tenuto comunque a rispondere in solido con gli
amministratori per gli atti compiuti12.
Va segnalato che la riforma del diritto societario non ha risolto la questione, che rimane
pertanto attuale. Ad una tesi formalista, che ritiene che la nomina assembleare o la
previsione statutaria sia condizione necessaria per applicare al direttore generale il
regime di responsabilità degli amministratori13, si contrappone una tesi sostanzialista
secondo la quale l’estensione della responsabilità degli amministratori presuppone solo
l’effettivo svolgimento dei compiti di direzione14.
La Cassazione ha aderito alla prima interpretazione osservando che, in assenza di una
definizione normativa di direttore generale, occorre collegare la responsabilità di tale
soggetto non al contenuto intrinseco delle mansioni, che risultano necessariamente
indeterminate in assenza di puntuali indicazioni di legge, ma alla sua posizione apicale
all’interno della società, desunta dal dato formale della nomina assembleare o anche
da parte del consiglio di amministrazione, purché in base ad una espressa previsione
statutaria. Tale conclusione si fonda sull’idea che, poiché in mancanza di un sicuro
parametro normativo la determinazione delle mansioni del direttore generale è
necessariamente arbitraria, non si può consentire un’interpretazione estensiva o
analogica della disciplina prevista dalla legge per gli amministratori.
Vale la pena, infine, di richiamare anche un altro aspetto problematico che si è posto
all’attenzione della Cassazione, relativo alla distinzione tra direttore generale ed
amministratore di fatto15. La giurisprudenza, in genere, individua una possibile linea di
demarcazione tra le due figure nell’esercizio da parte dell’amministratore di fatto di
funzioni gestorie svolte in modo sistematico, che non si esauriscono, dunque, nel
compimento di atti di natura eterogenea ed occasionale. Al direttore generale, invece,
11
Secondo questa linea di pensiero, sostenuta ad esempio da DI SABATO, Manuale delle società, p. 509
ss. la sola differenza individuabile sarebbe nel fatto che, in presenza di nomina statutaria o assembleare,
spetta all’assemblea valutare se agire contro i direttori generali, mentre in caso di nomina da parte degli
amministratori questi avrebbero l’obbligo di agire direttamente contro il direttore generale.
12
BORGIOLI, I direttori generali, p. 181.
13
Per tutti, v. BONELLI, Gli amministratori di S.p.A., p. 230.
14
Si veda, ad es., AUDINO, Art. 2396, p. 868. Per una sintesi del problema v. NAZZICONE, Art. 2396, p.
222.
15
Sul problema si veda prima della riforma societaria, BORGIOLI, Amministratori di fatto e direttori
generali, p. 609 ss.
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compete l’esecuzione, sia pure al più alto livello, delle disposizioni generali impartite
dagli amministratori cui è riservata l’attività di gestione16.
Osserva la Cassazione che tale distinzione è più utile sul piano teorico che pratico,
data la difficoltà di distinguere in concreto la natura dell’attività svolta. Nel caso in
esame, l’assenza di sistematicità delle prestazioni svolte dal consulente e la mancata
attribuzione ad esso di poteri decisionali o gestionali che contraddistinguono,
nell’esperienza della giurisprudenza ormai consolidata, la figura dell’amministratore di
fatto17, induce la Cassazione ad escludere che il consulente fosse amministratore di
fatto.
In conclusione, il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza in questa occasione
è che, all'interno della società per azioni, al direttore generale può essere estesa la
stessa disciplina prevista per la responsabilità degli amministratori qualora la sua
nomina sia stata prevista nell'atto costitutivo oppure sia stata deliberata
dall'assemblea, entrando in questi casi la sua figura, in posizione apicale, a far parte
della struttura tipica della società. Al di fuori di tali ipotesi non esiste alcuna previsione
normativa che consenta di estendere al direttore generale il regime di responsabilità, di
per sé già eccezionale e speciale, riguardante gli amministratori. Ne consegue che se
la nomina del direttore generale non soddisfa i requisiti previsti dall’art. 2396 c.c. e la
condotta posta in essere non è idonea ad attribuirgli la qualifica di amministratore di
fatto, troverà piuttosto applicazione la disciplina generale in tema di responsabilità
contrattuale ed eventualmente quella prevista nell’ambito del rapporto di lavoro.18
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
AUDINO, Commento all’art. 2396, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti,
Padova, 2005, p. 861 ss.; BONELLI, Gli amministratori di S.p.A., Milano, 2004, p. 227
ss.; MALCERTI, Commento all’articolo 2396 in Commentario alla riforma delle società, a
cura di Ghezzi, Milano, 2004, p. 663 ss.; CAMPOBASSO, La riforma delle società di
capitali e delle cooperative, Torino, 2003; NAZZICONE, Commento all’art. 2396, in
Società per azioni, amministrazione e controllo, a cura di Nazzicone – Providenti
Milano, 2003, p. 221 ss.; SILVESTRINI, Commento all’art. 2396, in Commentario a cura
di Sandulli e Santoro, Società per azioni, Società in accomandita per azioni, vol. 2/I ,
16
Cass. 10 novembre 1987 n. 8279; Cass. 16 giugno 1979 n. 3400.
Cass. 14 settembre 1999, n. 9795. In questo caso la qualifica di amministratore di fatto è stata riferita al
soggetto che, privo di investitura formale, si era ingerito in modo sistematico nella gestione sociale.
18
In senso conforme vedi già Cass. 12 dicembre 2003, n. 18995.
17
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Torino, 2003, p. 512 ss.; FRE’-SBISA, Società per azioni, in Commentario del codice
civile Scialoja Branca, I, Bologna, 1997, p. 871 ss.; DI SABATO, Manuale delle società,
Torino, 1995, 5 ed.; ABBADESSA, Il direttore generale, in Trattato delle società per
azioni, diretto da Colombo e Portale, vol. 4, Torino, 1991, p. 461 ss.; MONTALENTI, La
traslazione dei poteri di gestione nei gruppi di società: «i managements contracts», in
Contratto e Impresa, 1987, p. 436 ss.; BORGIOLI, I direttori generali di società per
azioni, Milano, 1975; BORGIOLI, Amministratori di fatto e direttori generali, in Giur.
comm., 1975, p. 593 ss.; MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, Milano,
1956.
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