LA RESPONSABILITA` DEL DIRETTORE GENERALE DI BANCA

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LA RESPONSABILITA` DEL DIRETTORE GENERALE DI BANCA
Ciclo di seminari su “La concessione di credito bancario. Profili di responsabilità degli esponenti aziendali bancari”
Scuola di Giurisprudenza di Padova
Corsi di Banking Law e di Diritto dei mercati finanziari
Padova – 27 febbraio 2015
LA RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE GENERALE DI BANCA
Avv. Rossana Leggieri
La mia relazione si concentrerà essenzialmente sui seguenti punti:
1) Il quadro normativo di riferimento per la responsabilità del direttore generale
2) Le competenze del direttore generale di banca nell’erogazione del credito
3) Profili di responsabilità civilistica nell’erogazione del credito
4) … e di responsabilità amministrativa: sanzioni Bankit e opposizione (cenni)
5) Talune problematiche della prassi:
a. direttore generale, vicedirettore generale e “Direzione Generale”
b. direttore generale e comitato esecutivo
c. responsabilità giuslavoristica del direttore generale e interferenze con
responsabilità ex art. 2396 c.c.
d. direttore generale che è anche amministratore
1) Il quadro normativo di riferimento per la responsabilità del direttore generale
Partendo dal primo dei temi indicati, le disposizioni di legge e le norme di rango secondario che
rilevano ai fini dell’inquadramento della responsabilità del direttore generale di banca sono:
 art. 2396 c.c.;
 artt. 2103 ss. c.c.;
 Art. 26, 72 e 84, 144 e 145 TUB;
 Disposizioni di Vigilanza per le Banche, Circ. 285 del 17 dicembre 2013, 1° aggiornamento
del 6 maggio 2014, Tit. IV, Cap. 1 «Governo societario»;
 Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circ. 263 del 27 dicembre 2006,
15° aggiornamento del 2 luglio 2013, Tit. V, Cap. 7 «Sistema dei controlli interni»;
Può infine essere utile ricordare anche:
 C.C.N.L. per i dirigenti delle banche di credito cooperativo e delle casse rurali ed artigiane
del 22 maggio 2008;
 C.C.N.L. per i dirigenti dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali del 29
febbraio 2012.
Nelle fonti indicate non è possibile rinvenire alcuna definizione di “direttore generale”;
nemmeno l’art. 2396 c.c. lo individua, lasciando così all’interprete il compito di delineare i tratti
distintivi di questa figura.
Una definizione particolarmente chiara si trova in uno scritto di Pietro Abbadessa del 1991,
molto citato, dove si legge che “il direttore generale può tranquillamente definirsi come colui
che ha il compito di mettere in esecuzione le decisioni del consiglio di amministrazione,
interpretandole, operando le opportune scelte tattiche, trasmettendole agli organi subordinati e
controllandone la puntuale esecuzione; il tutto sotto la direzione e la vigilanza dello stesso
consiglio”.
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Altra definizione, dalla quale ricaviamo una caratteristica fondamentale dei direttori generali è
quella di Campobasso che li individua, a prescindere dal nomen juris che assumono, in quei
“dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale, i dirigenti cioè che sono al
vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell’impresa ed operano in rapporto diretto
con gli amministratori dando attuazione alle direttive generali dagli stessi impartite … con
ampi poteri … nella gestione dell’impresa”.
Una definizione, seppur parziale, del direttore generale di banca può essere infine rintracciata
nelle circolari 263/2006 e 285/2013 dove, nella definizione di organo con funzioni di gestione
– del quale fa parte anche il direttore generale – si legge che “Il direttore generale rappresenta il
vertice della struttura interna”.
Sul tema dei rapporti tra direttore generale e Consiglio di amministrazione tornerò a breve
quando mi occuperò della nomina del direttore generale.
I caratteri distintivi del direttore generale sono quindi:
1. la natura apicale;
2. l’estensione generale dei poteri conferiti.
Le funzioni che per la dottrina caratterizzano la figura in questione sono:
1. la funzione direttiva generale;
2. il dovere di vigilanza su tutti gli uffici e servizi;
3. la funzione esecutiva delle decisioni dell’organo amministrativo.
Tali caratteri trovano riscontro, per quanto riguarda i direttori generali di banca, negli statuti che
ne prevedono la nomina.
Ad es. lo statuto di una BCC del Veneto individua nei seguenti termini le competenze del
direttore generale:
“Il direttore è il capo del personale (… ) Il direttore ha il potere di proposta in materia di
assunzione, promozione, provvedimenti disciplinari e licenziamento del personale; (… )
Il direttore prende parte con parere consultivo alle adunanze del consiglio di amministrazione;
ha il potere di proposta in materia di erogazione del credito. Il direttore prende parte altresì
alle riunioni del comitato esecutivo ed ha, di norma, il potere di proposta per le delibere del
comitato esecutivo medesimo. Il direttore dà esecuzione alle delibere degli organi sociali
secondo le previsioni statutarie; persegue gli obiettivi gestionali e sovrintende allo svolgimento
delle operazioni ed al funzionamento dei servizi secondo le indicazioni del consiglio di
amministrazione, assicurando la conduzione unitaria della Società e l’efficacia del sistema dei
controlli interni. In caso di assenza o impedimento, il direttore è sostituito dal vice direttore e,
in caso di più vice direttori, prioritariamente da quello vicario. In caso di mancata nomina, di
assenza o di impedimento di questi, le funzioni sono svolte dal dipendente designato dal
consiglio di amministrazione”.
In relazione all’erogazione del credito lo statuto della stessa BCC precisa poi che “poteri
deliberativi possono essere delegati al comitato esecutivo nonché, per importi limitati, al
direttore, al vice direttore, o in mancanza di nomina di questi, a chi lo sostituisce, ai
responsabili di area e/o settori, se nominati, e ai preposti alle succursali e alle sedi distaccate,
entro limiti di importo graduati. (… )”.
Lo statuto di un’altra BCC prevede in modo parzialmente diverso i seguenti compiti del
direttore generale:
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“Il direttore è il capo del personale. Non può essere nominato direttore il coniuge, un parente o
un affine, entro il quarto grado degli amministratori ed entro il secondo grado dei dipendenti
della Società. Il direttore ha il potere di proposta in materia di assunzione, promozione,
provvedimenti disciplinari e licenziamento del personale; egli non può proporre l’assunzione
di persone legate a lui medesimo, o ai dipendenti della Società, da rapporti di coniugio,
parentela o affinità, entro il secondo grado. Il direttore prende parte con parere consultivo alle
adunanze del consiglio di amministrazione; ha il potere di proposta in materia di erogazione
del credito. Il direttore prende parte altresì alle riunioni del comitato esecutivo ed ha, di
norma, il potere di proposta per le delibere del comitato esecutivo medesimo. Il direttore dà
esecuzione alle delibere degli organi sociali secondo le previsioni statutarie; persegue gli
obiettivi gestionali e sovrintende allo svolgimento delle operazioni ed al funzionamento dei
servizi secondo le indicazioni del consiglio di amministrazione, assicurando la conduzione
unitaria della Società e l’efficacia del sistema dei controlli interni. In caso di assenza o
impedimento, il direttore è sostituito dal condirettore se nominato, dal vice direttore e, in caso
di più vice direttori, prioritariamente da quello vicario. In caso di mancata nomina, di
assenza o di impedimento di questi, le funzioni sono svolte dal dipendente designato dal
consiglio di amministrazione”.
Guardando uno statuto di una banca popolare troviamo attribuzioni non dissimili
“Art. 50
La Direzione generale, funzioni del direttore generale
1) Il direttore generale, nei limiti dei poteri conferitigli e secondo gli indirizzi del Consiglio di
amministrazione nell’esercizio della funzione di sovrintendenza, coordinamento esecutivo e
controllo, provvede alla gestione di tutti gli affari correnti, esercita nei limiti assegnatigli i
poteri in materia di erogazione del credito, di spesa e di operazioni finanziarie, sovrintende
all’organizzazione e al funzionamento delle reti e dei servizi e dà esecuzione alle deliberazioni
assunte dal Consiglio di amministrazione nonché a quelle assunte dal Comitato esecutivo, se
nominato, ed a quelle assunte in via d’urgenza a norma dell’art. 33.
2) Il direttore generale è il capo del personale e della struttura.
3) Il direttore generale risponde al Consiglio di amministrazione in merito all’esercizio delle
sue attribuzioni.
4) Il direttore generale avvia autonomamente le azioni giudiziarie che appaiono opportune per
assicurare il recupero dei crediti; rappresenta, in questi casi, la Società in giudizio e conferisce
mandato ai legali incaricati, sottoscrivendo le relative procure alle liti.
5) Il direttore generale formula proposte agli organi collegiali e prende parte con voto
consultivo, alle adunanze del Consiglio di amministrazione e del Comitato esecutivo, se
nominato.
6) Nell’espletamento delle sue funzioni, il direttore generale si avvale degli altri componenti di
Direzione generale.
7) In caso di assenza o impedimento, il direttore generale è sostituito, in tutte le facoltà e
funzioni che gli sono attribuite, dal componente la direzione che lo segue immediatamente per
grado e, in caso di parità di grado fra più componenti, secondo l’anzianità degli stessi nel
grado medesimo”.
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Altre indicazioni delle competenze del direttore generale possono essere rintracciate nel CCNL
dei dirigenti delle BCC e delle Casse rurali, indicazioni che però non si discostano da quelle
tracciate negli statuti.
Quanto alla rappresentanza della banca, questa attribuzione non è connaturata alla figura ma
solitamente viene attribuita al direttore generale con previsione statutaria o con delega del
Consiglio di amministrazione con limitazioni. Tali poteri dovranno essere oggetto di forme di
pubblicità che li rendano conoscibili a terzi e vengono solitamente iscritti nel registro delle
imprese.
Quanto alla nomina del direttore generale, la prima norma che rileva è l’art. 2396 c.c. che,
nel definire quali norme si applicano alla responsabilità del direttore generale – ossia le norme
sulla responsabilità degli amministratori -, li individua come quelli “nominati dall’assemblea o
per disposizione dello statuto”. Tale inciso ha suscitato un ampio dibattito in giurisprudenza e
dottrina sulla possibilità di applicare le norme in materia di responsabilità degli amministratori
solo in presenza di una nomina regolare, ossia secondo una delle due modalità indicate, oppure
anche in presenza di nomina “irregolare”.
Non darò conto dell’ampio dibattito che si è sviluppato in merito. Mi limito semplicemente a
riportare l’indirizzo da ultimo seguito dalla Suprema Corte che ha affermato la legittimità di una
nomina di direttore generale anche in assenza di deliberazione assembleare o previsione
statutaria (Cass. n. 28819/2008). Quanto alla responsabilità del direttore generale irritualmente
nominato la Cassazione ha affermato la possibilità di contestare al soggetto che sotto tale
“nome” ponga in essere atti di mala gestio la qualifica di amministratore di fatto (Cass.
28819/2008).
Laddove ciò non fosse possibile, rimarrebbe comunque la responsabilità generale prevista dal
codice civile o quella derivante da rapporto di lavoro che tra direttore generale e società.
Nelle banche tale dibattito è molto più limitato in quanto, in forza della previsione contenuta
nel Tit. IV, Cap. 1, Sez. III della circolare 285/2013 sul governo societario delle banche, rientra
tra i compiti dell’organo con funzione di supervisione strategica (leggi Consiglio di
amministrazione) che non possono formare oggetto di delega anche “la nomina e la revoca del
direttore generale”. Nelle banche quindi questo sarà sempre nominato dal Consiglio di
amministrazione.
In concreto, nella prassi delle banche, la figura del direttore generale o della Direzione
Generale, all’interno della quale si individua comunque sempre un direttore generale, oltre a un
vice e altri dipendenti, è prevista statutariamente e la nomina è rimessa al Consiglio di
amministrazione. Si veda ad esempio lo statuto della nostra popolare:
“Oltre alle attribuzioni non delegabili a norma dell’art. 2381 cod.civ., sono riservate
all’esclusiva competenza del Consiglio di amministrazione le decisioni concernenti: (… ) la
nomina, la revoca, e la determinazione del trattamento economico del direttore generale e
degli altri componenti la Direzione generale e dei dirigenti”.
Seppur è stato ritenuto in dottrina non applicabile al direttore generale la previsione di cui
all’art. 2382 c.c. delle cause di incompatibilità dettate per gli amministratori, l’art. 26 TUB che
disciplina i “Requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali”,
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ricomprende nel novero dei soggetti interessati anche i soggetti che svolgono “funzioni di
direzione”, quindi il d.m. previsto dalla norma dovrà essere applicato anche ai direttori generali.
Passando poi all’esame della normativa secondaria di Banca d’Italia, il direttore generale viene
ricompreso nell’organo con funzione di gestione sia dalla circolare 263/2006, Tit. V, Cap. 7,
che disciplina il “Sistema dei controlli interni”, sia nella circolare 285/2013, Tit. IV, Cap. 1 che
disciplina il “Governo societario”. In entrambe, l’“organo con funzione di gestione” viene
definito come “l’organo aziendale o i componenti di esso a cui - ai sensi del codice civile o per
disposizione statutaria - spettano o sono delegati compiti di gestione corrente, intesa come
attuazione degli indirizzi deliberati nell’esercizio della funzione di supervisione strategica. Il
direttore generale rappresenta il vertice della struttura interna e come tale partecipa alla
funzione di gestione”.
Nella circolare 263/2006 sui controlli interni, tra le attribuzioni dell’organo con funzione di
gestione, per quanto ci interessa in questa sede, viene ricompresa “con specifico riferimento ai
rischi di credito e di controparte, in linea con gli indirizzi strategici, [l’approvazione di]
specifiche linee guida volte ad assicurare l’efficacia del sistema di gestione delle tecniche di
attenuazione del rischio e a garantire il rispetto dei requisiti generali e specifici di tali
tecniche”.
All’allegato A del capitolo 7 si leggono specifici doveri in relazione alla gestione del rischio di
credito. Per quanto concerne la posizione del direttore generale rileva senza dubbio la
previsione sulle deleghe che anche in materia di erogazione del credito “devono risultare da
apposita delibera dell’organo con funzione di supervisione strategica e devono essere
commisurate alle caratteristiche dimensionali della banca. Nel caso di fissazione di limiti “a
cascata” (quando, cioè, il delegato delega a sua volta entro i limiti a lui attribuiti), la griglia
dei limiti risultanti deve essere documentata. Il soggetto delegante deve inoltre essere
periodicamente informato sull’esercizio delle deleghe, al fine di poter effettuare le necessarie
verifiche”.
Tale allegato si occupa di dettare una serie di prescrizioni specifiche per la gestione del rischio
di credito in ogni sua fase e, dato che il direttore generale come abbiamo appena vostro attua le
linee definite dal Consiglio di amministrazione (ossia l’organo con funzione di supervisione
strategica, competente per la definizione delle procedure interne di gestione del rischio di
credito) di tali prescrizioni dovrà tenere conto anche il direttore generale.
Nella circolare 285/2013 sul governo societario, poi, oltre alla individuazione della competenza
esclusiva dell’organo con funzione di supervisione strategica per la nomina e la revoca del
direttore generale, quest’ultimo viene in rilievo sotto altri profili:
- “Il contenuto delle deleghe nell’ambito dell’organo con funzione di gestione dev’essere
determinato in modo analitico ed essere caratterizzato da chiarezza e precisione, anche
nell'indicazione dei limiti quantitativi o di valore e delle eventuali modalità di
esercizio; ciò, anche al fine di consentire all'organo collegiale l'esatta verifica del loro
corretto adempimento nonché l’esercizio dei propri poteri di direttiva e di avocazione”;
- “La contemporanea presenza di un comitato esecutivo e di un amministratore delegato,
o quella di più amministratori delegati, si giustifica nelle banche di maggiori
dimensioni o complessità operativa e richiede una ripartizione chiara delle competenze
e delle responsabilità. Nelle banche di minore complessità va evitata la nomina di un
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amministratore delegato e di un direttore generale; va parimenti evitata l’istituzione di
figure assimilabili a quella del direttore generale o la previsione di un numero rilevante
di posizioni vicarie, che possano rendere pletorico l’assetto dell’esecutivo. La presenza di
più direttori generali è possibile in casi eccezionali, per particolari esigenze di
articolazione della struttura esecutiva (in relazione alle dimensioni, all’attività
transfrontaliera, alla complessità operativa), purché le rispettive competenze siano
definite e sia, in ogni caso, garantita l’unitarietà della conduzione operativa”.
Da quanto detto si può desumere che le competenze del direttore generale sono competenze
“derivative” rispetto a quelle del Consiglio di amministrazione che mantiene sempre poteri di
avocazione delle medesime, anche se - di fatto e spesso nelle banche di minori dimensioni – è il
consiglio di amministrazione che delibera su indicazione del direttore generale.
2) Le competenze del direttore generale di banca nell’erogazione del credito
Così tracciato il quadro delle competenze del direttore generale andiamo a vedere quali
competenze in concreto vengono assegnate al direttore generale nell’erogazione del credito.
Sottolineo come questa materia sia rimessa alle singole scelte che in concreto la banca (il
Consiglio di amministrazione) decide di adottare per il comparto credito che rientra nelle sue
competenze. Il quadro di riferimento è quindi composto da:
- Statuto della banca, dove solitamente si prevede la possibilità di deleghe al direttore
generale o alla “Direzione generale” in materia di erogazione del credito;
- Regolamento del credito: viene adottato dal Consiglio di amministrazione e disciplina
tutte le fasi dell’erogazione del credito;
- Deleghe: integrano il regolamento del credito e di solito sono recepite in quest’ultimo
anche sotto forma di allegati.
Al direttore generale viene solitamente assegnato il compito di definire le migliori soluzioni
organizzative e le procedure operative, di volta in volta più opportune per assicurare efficacia
ed efficienza del processo del credito: ha, quindi, un compito di attuazione delle procedure; in
quanto capo del personale, poi, disporrà delle risorse della banca per attuare al meglio le
indicazioni espresse dal Consiglio di amministrazione.
Dall’esame di alcuni regolamenti del credito ciò che emerge è che solitamente al direttore
generale vengono attribuite le seguenti competenze:
- proposta per concessione di credito;
- deliberazione autonoma di concessione di credito;
- revisione di crediti già concessi, la conferma di crediti già concessi;
- facoltà di qualificare crediti come sofferenze o perdite;
- facoltà di revocare crediti, ecc.
il tutto però entro limiti quantitativi predefiniti e, comunque, con l’obbligo di informare il
Consiglio di amministrazione alla prima seduta utile di quanto operato nei limiti delle deleghe
attribuite (punto questo che assumerà enorme importanza nelle azioni di responsabilità). Nella
prassi, poi, il direttore generale sottopone al Consiglio di amministrazione le pratiche di
competenza di altri organi deliberanti, ad esempio le filiali, per le quali vi siano pareri
discordanti delle funzioni della banca che dalla fase di istruttoria vengono coinvolte.
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3) Profili di responsabilità civilistica nell’erogazione del credito
Passiamo ora ad esaminare la responsabilità del direttore generale in relazione alle anomalie
nella erogazione del credito imputabili al suo operato. Tali responsabilità sono di duplice natura:
1) Responsabilità civilistica;
2) Responsabilità amministrativa.
Passo ad esaminare innanzitutto la responsabilità civilistica, che per il direttore generale
solitamente può avere – e spesso ha - duplice natura:
- Responsabilità in quanto, eventualmente, lavoratore dipendente della banca/mandatario;
- Responsabilità ex art. 2396 c.c. equiparabile a quella degli amministratori.
Quanto al primo dei due citati profili di responsabilità, preme anzitutto sottolineare come
questo sia solo eventuale, nelle ipotesi, normali ma non necessarie, che il direttore generale sia
legato alla banca da un rapporto di lavoro subordinato. Il direttore generale potrebbe, infatti,
essere legato alla banca da un rapporto di mandato.
Nei casi in cui il direttore generale è un dipendente con qualifica dirigenziale, questi è soggetto a
tutti i doveri che il codice civile individua per i lavoratori dipendenti:
- il dovere di diligenza qualificata e di esecuzione delle direttive di fonte gerarchicamente
superiore ex art. 2104 c.c.;
- l’obbligo di non concorrenza, di riservatezza e più in generale di fedeltà ex art. 2105 c.c.
Le violazioni in materia di erogazione del credito possono rientrare sicuramente sia nelle
violazioni del dovere di diligenza che del dovere di fedeltà del direttore generale assunto come
lavoratore dipendente della banca. In conseguenza di tali violazioni il direttore generale come
dipendente potrà essere sottoposto a procedimento disciplinare e anche a licenziamento. In
ogni caso sarà possibile per la banca agire chiedendo il risarcimento dei danni che sono derivati
dalle condotte illegittime del direttore generale: si tratta di un’ipotesi di responsabilità
contrattuale derivante proprio dal rapporto contrattuale di lavoro che lega il direttore generale
alla banca. Sottolineo come sia rilevante in materia il principio di immediatezza delle
contestazioni che impone al datore di lavoro di contestare al dipendente – immediatamente o,
comunque, quanto prima – i fatti che il medesimo ritenga lesivi del rapporto fiduciario, del
contratto di lavoro, della legge.
Quanto al secondo profilo di responsabilità civile, assimilata a quella degli amministratori, non
ripercorrerò gli elementi che chi agisce per far accertare la responsabilità del direttore generale
deve provare, ossia la condotta produttrice di danno, il danno per la banca, i soci, i creditori o i
terzi, l’aver cagionato il danno con dolo o quantomeno colpa e il nesso di causalità tra fatto e
danno.
Mi limiterò ad affrontare il tema di quali condotte nell’ambito dell’erogazione del credito
possano essere considerate produttrici di danno da parte del direttore generale.
Ai sensi dell’art. 2396 c.c. “Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori
si applicano anche ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello
statuto, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di
lavoro con la società”.
Dalla lettura dell’art. 2396 c.c. possiamo ricavare due corollari:
- ai direttori generali applicano le norme sulla responsabilità degli amministratori in
relazione ai compiti loro affidati;
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- restano salve le azioni esercitabili in forza del rapporto di lavoro.
In relazione ai poteri e ai doveri dei direttori generali si deve, quindi, fare riferimento
innanzitutto a quanto previsto per gli amministratori. Tra i poteri e doveri dei direttore
generale, vengono in rilievo i seguenti:
- il dovere organizzare e gestire l’impresa sociale in attuazione e nei limiti dell’oggetto
sociale (ex art. 2381 bis c.c.) e delle direttive degli amministratori, con la diligenza
qualificata richiesta a questi ultimi in ragione della natura dell’incarico e delle loro
specifiche competenze (ex art. 2392, 1°co., c.c.);
- il dovere di agire per evitare o attenuare la portata dell’atto dannoso di cui siano a
conoscenza previsto dall’art. 2392, comma 2, c.c.;
- il dovere di non agire in conflitto d’interessi, di denunciare ogni interesse, per conto
proprio o di terzi, in una determinata operazione della società (art. 2391 c.c.);
- il dovere di non agire in concorrenza con la società, in particolare astenendosi
dall’assumere la carica di direttori generali o di amministratori in società concorrenti,
salvo autorizzazione dell’assemblea (art. 2390 c.c.);
- il dovere di non utilizzare a vantaggio proprio o di terzi dati, notizie o opportunità di
affari appresi nell’esercizio del suo incarico (art. 2391, 5° co. c.c.);
- il dovere di non intraprendere operazioni nuove in caso di scioglimento della società
(art. 2486 c.c.);
- il dovere di conservazione del patrimonio sociale e di farne uso esclusivamente
all’esercizio dell’impresa sociale (artt. 2393 e 2394 c.c.).
Il dovere di valutare l’adeguatezza degli assetti imprenditoriali e del generale andamento della
gestione sulla base delle informazioni ricevute, gravante sugli amministratori ai sensi del
novellato art. 2381, 3° co. c.c., è stato ritenuto inapplicabile al direttore generale in quanto
quest’ultimo non è destinatario di alcun flusso informativo, che è diretto “dal basso verso
l’alto”, salva diversa previsione statutaria.
Infine, per quanto riguarda i rapporti tra direttore generale e Consiglio di amministrazione, i
direttori generali hanno i seguenti doveri:
- fornire tutte le informazioni relative alla gestione e alla sua possibile evoluzione, tutti gli
elementi necessari per la compilazione dei bilanci e in generale tutte le notizie influenti
(cfr. 2381 c.c.);
- contribuire all’elaborazione dei piani strategici, industriali e finanziari della società ed alla
cura dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile (cfr. 2381 c.c.);
- supportare al meglio il potere decisorio ed amministrativo;
- dare attuazione alle decisioni del C.d.A.
Il direttore generale potrà essere chiamato a rispondere sia nei confronti della società ex artt.
2392, 2393 e 2393 bis c.c., sia nei confronti dei creditori sociali ex art. 2394 c.c., sia infine nei
confronti dei singoli soci o dei terzi ex art. 2395 c.c.
In ogni caso la responsabilità dei direttore generale resta responsabilità per fatto proprio “in
relazione ai compiti loro affidati”.
Il direttore generale non risponderà del fatto degli amministratori, salvo che sia chiamato a
collaborare all’esercizio delle funzioni riservate a quest’ultime oppure, come vedremo tra poco,
per l’esecuzione di direttive contrarie alla legge o allo statuto oppure se non elimini o attenui le
conseguenze dannose di omissioni degli amministratori purchè influenti ai fini
dell’espletamento dei propri compiti.
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Si esclude che i direttori generali possano rispondere per il fatto degli amministratori: tale
responsabilità fino ad oggi era fondata sul dovere di vigilanza di cui al precedente art. 2392, 2°
co. c.c., oggi eliminato.
Quindi, in materia di erogazione del credito sarà chiamato a rispondere sia per le carenze
eventualmente riscontrate nel processo del credito in forza del loro dovere di contribuire alla
predisposizione degli assetti organizzativo, amministrativo e contabile della banca, sia per le
concrete violazioni del processo del credito per quanto concerne i compiti delegati dal
Consiglio di amministrazione sia in funzione deliberante che proponente. In entrambi i casi la
responsabilità del direttore generale sarà affiancata in via solidale a quella del consiglio di
amministrazione.
Come per gli amministratori, anche per il direttore generale vale il principio dell’insindacabilità
delle scelte gestorie, c.d. business judgement rule, già oggetto di esame del precedente
intervento.
Un ulteriore profilo di responsabilità può derivare anche dalla esecuzione delle delibere del
Consiglio di amministrazione: se da un lato infatti il direttore generale deve discostarsi dalle
direttive ricevute solo al sopravvenire di circostanze che richiedano un adeguamento
tempestivo; dall’altro il direttore generale deve rifiutare di attuare direttive che possano
comportare a suo carico o a carico della società responsabilità civile o penale. Non vale infatti a
mandare esente da responsabilità il direttore generale la circostanza di aver solamente attuato
una delibera presa dall’organo gerarchicamente sovraordinato in quanto il direttore generale, in
presenza di una delibera che possa comportare una responsabilità a suo carico o a carico della
società, egli ben può rifiutarne l’esecuzione e secondo alcuni per andare esente da responsabilità
oltre a rifiutare l’esecuzione dovrebbero dar corso anche alle formalità di cui all’art. 2392, 3° co.
c.c., ossia far annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
consiglio, dandone immediatamente notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale (in
questo senso si è espresso ad esempio Abbadessa).
Oltre ai doveri previsti dal codice – e dal rapporto di lavoro/di mandato eventuale - possono
aggiungersi doveri specificamente previsti dallo statuto.
Quanto alla natura della responsabilità civilistica del direttore generale, essa viene qualificata in
giurisprudenza come responsabilità omissiva.
Interessante è la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 13 gennaio 2009
dove si legge che il direttore generale, anche quando non ha partecipato attivamente
all’erogazione dei finanziamenti, si è comunque reso responsabile per non aver vigilato
sull’erogazione dei crediti. Nel caso di specie, al direttore generale erano state assegnate
competenze specifiche in materia di credito sia dallo statuto della banca che da delibere che
prevedevano deleghe: egli era responsabile quindi non solo per i compiti delegati ma anche per
l’omessa vigilanza sulle concessioni che esulavano dalla sua competenza. Si sottolinea però
come tale pronuncia riguardi una vicenda che si è svolta prima della riforma del diritto
societario, quando ancora vigeva per amministratori e direttore generale il dovere di vigilanza di
cui al vecchio art. 2392, 2° co. c.c.
Gli amministratori rispondono in via solidale con il direttore generale salvo che si tratti di
violazione di doveri specifici del direttore generale (per i quali è responsabile solo lui) e salvo
l’esercizio del regresso da parte del Consiglio di amministrazione laddove il danno sia
riconducibile non a una delibera in sé pregiudizievole ma alla sua attuazione ad opera appunto
del direttore generale.
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In tema di prescrizione, l’azione di responsabilità nei confronti del direttore generale si
prescrive in cinque anni dalla cessazione della carica ex art. 2949, 2° co. c.c. (Trib. Salerno 28
settembre 2010) e l’art. 2941 n. 7 c.c. in materia di sospensione durante il periodo della
prescrizione non si applica al direttore generale in quanto norma eccezionale e di carattere
tassativo (Cass. 13765/2007).
Ricordiamo poi che nel caso di amministrazione straordinaria o liquidazione coatta
amministrativa della banca l’esercizio dell’azione di responsabilità ai sensi rispettivamente degli
artt. 72 e 84 TUB dev’essere previamente autorizzata da Banca d’Italia. Qualora ci si trovasse in
una di queste due ipotesi è infatti opportuno verificare che l’autorizzazione sia rilasciata nei
confronti di tutti i soggetti convenuti in giudizio.
Altro dato molto rilevante è quello contenuto nel CCNL nazionale dei dirigenti di banca del
2012 dove si prevede l’onere per la banca di stipulare polizze a copertura della responsabilità
civile verso i terzi: “In relazione a quanto previsto dall’art. 5 della legge del 13 maggio 1985, n.
190, le imprese terranno a proprio carico l’onere per la copertura della responsabilità civile
verso terzi – ivi comprese le eventuali connesse spese legali – conseguente allo svolgimento delle
mansioni, salvo i casi di dolo o colpa grave, dei dirigenti particolarmente esposti al rischio
medesimo”.
Alla luce di quanto detto mi sembra di poter individuare i seguenti profili di responsabilità del
direttore generale nell’erogazione del credito:
- se ci si trova in presenza di carenze nell’iter procedurale, risponderà per non aver
contribuito in maniera efficace alla predisposizione degli assetti organizzativi e
amministrativi e contabili della società, in concorso con il Consiglio di amministrazione;
- responsabilità per deliberazione di credito nell’ambito delle deleghe con violazione delle
disposizioni in materia tanto interne quanto di quelle previste da Banca d’Italia;
- responsabilità per deliberazione di credito al di fuori dei limiti previsti dalla delega;
- responsabilità per carenze istruttorie nei casi in cui ha potere di proposta al Consiglio di
amministrazione, nel qual caso si avrà un concorso tra il direttore generale proponente e
il Consiglio di amministrazione deliberante.
Di tali violazioni potrà essere chiamato a rispondere tanto in forza del suo rapporto di lavoro
con la banca quanto in forza della responsabilità assimilata a quella degli amministratori di cui
all’art. 2396 c.c.
4) … e di responsabilità amministrativa: sanzioni Bankit e opposizione (cenni)
Dalle violazioni dei doveri inerenti all’erogazione del credito possono conseguire per il direttore
generale anche sanzioni amministrative irrogate da Banca d’Italia. Mi limiterò a qualche veloce
cenno, essendo l’argomento molto vasto tanto che sarà affrontato in un seminario dedicato al
tema.
Le norme di riferimento sono gli artt. 144 e 145 TUB oltre alle Disposizioni di vigilanza in
materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa del 2008. L’art. 144 TUB elenca
tra i destinatari delle sanzioni di Banca d’Italia anche i direttore generale ai quali possono essere
contestate le medesime violazioni che vengono contestate agli amministratori. I direttori
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generali rispondono comunque quali dipendenti della banca i quali rientrano tra i soggetti
passivi delle sanzioni.
Tralasciando la fase istruttoria della procedura sanzionatoria, preme in questa sede ricordare
come la procedura sanzionatoria di Banca d’Italia si possa concludere con l’irrogazione di
sanzioni pecuniarie personali per ciascun esponente della banca coinvolto, ferma restando la
responsabilità solidale della banca la quale poi potrà esercitare il regresso nei confronti del
singolo al posto del quale ha adempiuto alla sanzione. Avverso il provvedimento sanzionatorio
è possibile proporre opposizione alla Corte d’Appello di Roma, tornata competente a seguito
della sentenza della Corte Costituzionale n. 94/2014 che ha sancito l’illegittimità delle norme
che avevano attribuito la competenza al TAR Lazio. Il termine di 30 giorni per l’opposizione
decorre dalla comunicazione (si legga notificazione) al singolo soggetto del provvedimento
sanzionatorio e dell’intimazione al pagamento. La proposizione dell’opposizione non sospende
l’esecutività della sanzione e tale sospensione può essere domandata alla Corte in sede di
opposizione.
In relazione al comparto del credito la Banca d’Italia contesta solitamente al direttore generale
la violazione dell’art. 53 lett. b) e d) TUB; del Tit. IV cap. 11 Istr. Vig. banche - Circ. 229/99;
del Tit. I cap. 1, parte quarta, Nuove disposizioni di Vig. prud.le per le banche - Circ. 263/06;
delle Disposizioni di Vigilanza del 4 marzo 2008 in materia di organizzazione e governo
societario delle banche. A fronte di tali violazioni l’art. 144 TUB al comma 1 prevede
l’applicazione di una sanzione pecuniaria che va da €.2.580 a €.129.110. Le sanzioni si cumulano
in base alle singole violazioni contestate.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un inasprimento delle sanzioni pecuniarie e ad una
giurisprudenza costantemente orientata alla difesa dell’operato di Banca d’Italia: rarissime le
pronunce di accoglimento delle opposizioni specie da parte della Corte d’Appello di Roma.
La proposizione dell’opposizione è suggerita nelle ipotesi in cui si tema l’avvio di un’azione di
responsabilità civilistica: nella redazione degli atti di citazione molto spesso gli avvocati si
rifanno ai provvedimenti sanzionatori di Banca d’Italia e può rafforzare la difesa in sede
civilistica la circostanza di non aver prestato acquiescenza al provvedimento bensì di essersi
difesi.
5) Talune problematiche della prassi
Volgendo alla conclusione di questo mio intervento, mi soffermerò brevemente su alcune
questioni che possono essere interessanti in quanto, pur se non espressamente disciplinate dalla
normativa primaria e secondaria, possono in concreto verificarsi nella pratica:
- come abbiamo visto, alcuni statuti di banche prevedono la costituzione di una “Direzione
Generale” alla quale partecipano oltre al direttore generale, uno o più direttori generali,
anche il vice direttore generale e altri dipendenti che vengono assegnati alla funzione. Va
precisato anzitutto che non è prevista una responsabilità solidale qualora ci siano più
direttori generali: ciascuno risponde per fatto proprio nell’ambito delle proprie attribuzioni.
Ci si può domandare se, in presenza di una Direzione Generale, le norme in materia di
responsabilità del direttore generale possano essere estese a questa. Non si rinvengono
precedenti sul punto. Trattandosi di ipotesi di responsabilità ritengo di escludere
l’applicazione estensiva delle disposizioni a soggetti per i quali non vi è una previsione
specifica. Alla tesi formalistica aderisce anche la Suprema Corte che in una pronuncia del
2008 ha affermato che “dall'art. 2396 c.c. testo previgente non è possibile desumere una
definizione di direttore generale legata al contenuto intrinseco delle mansioni, dovendosi
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ricollegare la responsabilità di tale soggetto alla sua posizione apicale all'interno della
società, desunta dal dato formale della nomina da parte dell'assemblea o anche da parte del
consiglio di amministrazione, in base ad apposita previsione statutaria; ne discende che, al
di fuori delle predette ipotesi, non sussiste un preciso supporto normativo che consenta di
estendere lo speciale ed eccezionale regime di responsabilità previsto per la figura nominata
di direttore generale ad altri soggetti che svolgono, di fatto, le medesime funzioni
all'interno della compagine societaria” (Cass. 28819/2008). Le stesse considerazioni si
possono estendere al testo dell’art. 2396 c.c. che non ha innovato significativamente sul
punto rispetto al precedente. In caso di proposizione di azione di responsabilità pertanto
non si potrà agire nei confronti dei componenti la Direzione generale diversi dal direttore
generale, soggetto questo che va individuato in forza di quella definizione che ho prima
richiamato. Non si potrà quindi agire ad esempio nei confronti del vice direttore generale.
Ciò ovviamente a patto che il vice direttore generale svolga solo le funzioni di “vicario” e
non assuma compiti identici a quelli del direttore. Si pensi ad esempio al caso di un direttore
generale che si assenti per una lunga malattia: in quel caso, se previsto, le sue funzioni
saranno esercitate dal vice. Per il periodo di tempo in cui sarà “facente funzioni” a mio
avviso il vice direttore potrebbe essere chiamato a rispondere del suo operato, se si aderisce
alla tesi “sostanzialistica” che prescinde dal nomen e dalla nomina. Non si esclude invece
l’irrogazione di sanzioni da parte di Banca d’Italia anche nei confronti di soggetti diversi dal
direttore generale, in quanto l’art. 144 oltre a riguardare soggetti che svolgono “funzioni di
direzione” prevede espressamente l’applicazione di sanzioni ai dipendenti.
Qualora venga istituito un comitato esecutivo, solitamente lo statuto della banca assegna al
direttore generale potere di proposta in seno allo stesso. Il comitato esecutivo è destinatario
di deleghe che devono rispettare i principi di chiarezza e predeterminazione indicati da
Banca d’Italia ed è composto da componenti del Consiglio di amministrazione. Si può
riproporre in relazione al comitato esecutivo la stessa problematica di ripartizione della
responsabilità tra direttore generale -proponente e comitato esecutivo-deliberante. Va
precisato però che il comitato esecutivo non è che un organo delegato e interno al Consiglio
di amministrazione e che non essendo destinatario di specifiche previsioni di responsabilità
nei suoi confronti troveranno applicazione le norme sulla responsabilità degli
amministratori.
Il concorso della responsabilità del direttore generale derivante dall’applicazione del regime
di responsabilità degli amministratori con quella derivante dal rapporto di lavoro rende
necessario indagare quali siano i rapporti tra l’azione di responsabilità e l’azione derivante
dal rapporto di lavoro, sia sotto il profilo processuale sia sotto il profilo sostanziale.
Quanto al primo profilo, il decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, che ha introdotto il
Tribunale delle Imprese, ha specificato che rientrano nella competenza di esso anche le
azioni di responsabilità promosse contro il direttore generale. L’art. 50 bis c.p.c., inoltre,
dispone che il Tribunale giudica in composizione collegiale nelle cause di responsabilità
contro gli organi amministrativi, di controllo e i direttori generali.
Al contrario, l’azione di risarcimento danni, qualora fondata unicamente sul rapporto di
lavoro, dovrà essere promossa davanti al giudice del lavoro e, in quel caso, si applicherà il
rito previsto dagli artt. 409 ss. c.p.c.
Dal punto di vista sostanziale, la previsione contenuta nella parte finale dell’art. 2396 c.c.
pare debba essere intesa nel senso di riconoscere al contratto di lavoro una funzione
meramente integrativa delle prescrizioni che trovano il proprio fondamento direttamente
nel diritto societario (così si esprime Abbadessa).
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Non pare dubbia l’esperibilità dell’azione di risarcimento del danno derivante
dall’inosservanza degli obblighi cui il direttore è soggetto in base al rapporto di lavoro in via
alternativa o cumulativa con l’azione sociale di responsabilità. Tuttavia, l’azione di matrice
societaria e quella di matrice giuslavoristica sono e rimangono autonome, con conseguenti
importanti differenze di disciplina; a titolo esemplificativo:
a)
l’azione sociale deve essere deliberata dall’assemblea, quella giuslavoristica dagli
amministratori;
b)
l’iniziativa assembleare è discrezionale, quella consiliare doverosa;
c)
l’azione sociale può essere esercitata anche da un quinto dei soci (2393 bis c.c.);
d)
l’azione sociale e l’azione del socio e dei terzi si prescrive in 5 anni, quella
giuslavoristica in 10 anni se fatta valere ex artt. 2104 o 2015 c.c. o in 5 anni se
fatta valere ex art. 2043 c.c.;
e)
l’azione sociale o dei soci può essere rinunciata o transatta a determinate
condizioni indicate agli artt. 2393, 5° co. e 2393 bis, 6° e 7° co. c.c. senza essere
preclusa dall’approvazione del bilancio; mentre le rinunce e le transazioni
laboristiche sono soggette alle condizioni di cui agli artt. 2113 c.c. e 410 c.p.c.
Nel caso in cui il direttore generale sia anche amministratore della banca, potrebbe
verificarsi la circostanza di un direttore generale che a seguito di violazione dei propri doveri
venga licenziato o comunque rimosso dalla sua posizione di direttore generale. Cosa ne è
della sua qualifica di amministratore? In dottrina e giurisprudenza è pacifica la cumulabilità
dei due ruoli, purché sia assicurata la necessaria distinzione delle due funzioni: quella del
Consiglio di amministrazione che si assume la responsabilità delle decisioni strategiche e
quella del direttore generale che attua le direttive del Consiglio di amministrazione sotto la
direzione e sorveglianza dello stesso. Non può esserci cumulo quindi tra direttore generale e
amministratore unico (cosa impossibile nelle banche) o tra direttore generale e
amministratore con ampi poteri di delega e si deve sempre poter dimostrare la
subordinazione del direttore generale rispetto alle scelte del Consiglio di amministrazione.
Chiarita la possibilità del cumulo dei due ruoli, ritengo in ogni caso di poter affermare che il
rapporto di lavoro subordinato o di mandato del direttore generale e quello di
amministrazione restano distinti tra loro. Pertanto ritengo che lo scioglimento del rapporto
di lavoro/di mandato non possa incidere sulla nomina di amministratore. Rimangono però
alcune questioni aperte: come può l’amministratore – direttore generale partecipare alle
sedute del Consiglio di amministrazione nelle quali ad esempio si decida di intraprendere un
procedimento disciplinare nei suoi confronti? O addirittura l’esercizio dell’azione risarcitoria
o il licenziamento?
6) Conclusioni
Dalla concreta esperienza emerge invece un profilo del direttore generale completamente
diverso da quello di “mero esecutore” delle decisioni del Consiglio di amministrazione, specie
nelle BCC e nelle Popolari che nel nostro territorio sono ancora molto forti e hanno una
clientela molto fedele. Il direttore generale, infatti, ha sempre avuto un ruolo preponderante,
predisponendo la base di tutte le decisioni del consiglio, non solo di quelle per le quali ha poteri
di proposta stabiliti dallo statuto o dalle deleghe.
Di ciò si trova traccia anche nelle numerose azioni di responsabilità promosse negli ultimi anni,
dove ai direttori generali si è contestato – a torto o a ragione - un ruolo egemonico nelle piccole
realtà bancarie del veneto.
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Per tracciare il quadro dei doveri, e quindi delle responsabilità, l’interprete dovrà consultare più
fonti, sia normative che contrattuali oltre a quelle sociali. Solo così potrà avere chiaro il
perimetro di cosa è di competenza del direttore e cosa non lo è, escludendo che questi possa
essere chiamato a rispondere di danni cagionati da soggetti diversi (leggi Consiglio di
amministrazione) o al di fuori dei compiti che gli sono stati assegnati.
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