frattura metarsale da stress in atleta maratoneta

Transcript

frattura metarsale da stress in atleta maratoneta
FRATTURA METARSALE DA STRESS IN ATLETA
MARATONETA DONNA:
CASE REPORT E REVISIONE DELLA
LETTERATURA
Claudio Civitillo
Introduzione
Con il crescente interesse pubblico alla forma fisica, nella società attuale si
verificano un numero sempre maggiore di fratture da stress note anche come
fratture da fatica, in particolare in sportivi competitivi e ricreativi che praticano
sport di impatto di lunga distanza come la maratona, o saltatori, pattinatori,
ballerini e soldati. Le fratture da stress in ossa sane derivano da sovraccarico
ciclico e di solito colpiscono le ossa degli arti inferiori verificandosi con
maggiore incidenza negli atleti e nei militari (Major N.M. & Helms C.A., 2000).
Queste fratture, di solito coinvolgono le ossa del metatarso, tibia, perone,
femore, bacino e colonna vertebrale. I pochi casi di frattura da stress sacrale
che sono stati descritti in letteratura coinvolgono giovani atlete donne (Lin J. et
al, 2001) e sono considerate un evento raro, considerando che spesso la
diagnosi di fratture da stress sacrale è ritardata perché il sintomo principale, il
dolore lombare basso, è molto diffuso nella popolazione generale.
Descrizione del caso
Atleta donna, fondista amatoriale, età anni 51, altezza cm 160, peso Kg 54.8,
Body Mass Index (BMI) 21.48. Assenza in anamnesi patologica remota e
recente di fratture pregresse o eventi traumatici osteoarticolari di rilievo;
all'esame clinico si evidenzia: menopausa fisiologica e alluce valgo al piede
sinistro.
Alla fine di una seduta di routine di allenamento l'atleta avverte un dolore non
acuto nella regione dorsale del piede sinistro che le impedisce di terminare gli
ultimi dieci minuti di allenamento, riferendo una leggera zoppia e dolore che
tratta in modo autonomo con crioterapia. Il giorno seguente si reca a controllo
medico ambulatoriale dove viene praticato l'esame clinico del piede ed un
esame ecografico che non evidenzia particolari alterazioni. Il medico consiglia
riposo per 48 ore e terapia locale.
La zoppia e il dolore si risolvono senza ulteriori cure e l'atleta ritorna sul campo
di allenamento dopo 2 giorni, terminando il programma settimanale e
prendendo parte, dopo 3 giorni, ad una gara cittadina di 10 chilometri. La gara
è condotta senza particolari problemi fino al 7 chilometro dove, senza nessun
trauma riferito, avverte un dolore improvviso nella regione dorsale esterna del
collo piede, riuscendo con difficoltà a terminare la gara.
La notte è caratterizzata da dolore acuto ed edema locale e il giorno successivo
da dolore e difficoltà alla deambulazione. Nella stessa giornata (Foto 1 - 20
Aprile 2011) si effettua esame RX del piede che evidenzia una frattura della
diafisi del quarto metatarso. Si invia la paziente a consulenza ortopedica, che
indirizza ad un trattamento di tipo conservativo con doccia gessata e divieto di
carico per giorni 40.
Si organizza il piano terapeutico in tre fasi:
Fase 1 (Tabella 1)
Dopo un primo controllo RX (Foto 1 - 11 maggio 2011) e un successivo
controllo RX (Foto 1 - 31 maggio 2011), si rimuove la doccia gessata dopo 40
giorni, come programmato, e viene consentito il carico. Dopo controllo
ortopedico, si effettua un primo test con saltelli di circa 10 cm su una sola
gamba per 15 secondi, che non evidenzia sintomatologia dolorosa e/o
limitazione funzionale.
Fase 2 (Tabella 2)
Al controllo radiografico a 90 giorni dal trauma (Foto 1 - 20 Luglio 2011) si
effettua un secondo test di saltelli di 10 cm su una sola gamba per 30 secondi,
che da esito favorevole: viene programmata la Fase 3 (Tabella 3), suddivisa
in 4 settimane di "riadattamento sport specifico", sviluppate tra allenamento da
campo e piscina.
Fase 3 (Tabella 3)
A 50 giorni dal trauma (9 Giugno 2011), l'atleta riprende la corsa in modalità di
"riadattamento sport specifico", a bassa intensità; il 10 Agosto 2011 la
paziente riprende il ritmo di allenamento con la stessa frequenza e intensità
precedenti al trauma, esattamente a 110 giorni dal trauma stesso. La fase di
passaggio tra i 50 e i 110 giorni dall'infortunio è caratterizzata dal graduale
riadattamento allo sforzo sport specifico ed al graduale ritorno al ritmo ed alla
frequenza di allenamento precedenti al trauma (Tabella 3). La prima gara
viene effettuata a 110 giorni dal trauma stesso.
Materali e metodi
Per definire lo stato dell'arte in letteratura biomedica di questa condizione
clinica è stata impostata una ricerca in lingua inglese su Pub-Med dal 1991 al
2011, per restringere i risultati è stato inserito il solo indicatore boeliano (AND)
combinando le frasi di ricerca: stress (AND) fractures in women atlete, stress
(AND) fractures in elite atlete, stress fractures (AND) women runners. Gli
articoli ritenuti idonei sono stati selezionati in base a livello di
evidenza pertinenti con il caso clinico, e sono riassunti nella Tabella 4.
Risultati
La ricerca ha prodotto un numero di 151 articoli di cui 32 sono stati ritenuti
idonei in base agli obiettivi dello studio ed al livello di evidenza.
I dati evidenziano che già nel 1855 Breithaupt (Breithaupt M.D., 1855) per
primo descrisse l'infortunio al quinto metatarso in soldati prussiani durante la
marcia. L'infortunio, comunemente noto come "frattura da marcia" non è stato
confermato fino all'avvento degli esami radiografici, circa 40 anni dopo. Nel
1958 Devas (Devas M.B., 1958) segnala questo infortunio negli atleti.
La frattura da stress è oggi riconosciuta come una fonte comune di dolore e
disfunzione in una popolazione attiva: è questo primo passo importante di
riconoscimento che consente una diagnosi accurata e il piano di trattamento
successivo. Diversi studi hanno affrontato l'epidemiologia delle fratture da
stress, evidenziando gli sport in cui l'infortunio è più comune. Johnson e
colleghi [Johnson A.W. et al, 1994) in un studio prospettico di 2 anni hanno
studiato l'incidenza di fratture da stress negli atleti dei college. Diversi studi
riportano la distribuzione anatomica delle fratture da stress, con le seguenti
localizzazioni più frequenti: tibia, metatarso e perone, evidenziando maggiore
incidenza negli arti inferiori rispetto ai superiori (Bennell K.L. et al, 1996 Brukner P.D. et al, 1996).
Bennell e colleghi hanno seguito 111 atleti competitivi per 12 mesi; questi
hanno presentato 26 fratture da stress, con il 46% degli infortuni che hanno
interessato la tibia, il 15% lo scafoide e il 12% il perone.
La predominanza di coinvolgimento delle estremità inferiori riflette gli elevati
carichi ripetitivi che interessano soprattutto gli arti inferiori rispetto agli arti
superiori. Per l'incidenza delle fratture da stress negli atleti non sembra
evidenziarsi alcuna differenza tra uomini e donne, nonostante vi sia una
predilezione femminile nelle reclute militari (Bennell K.L. et al, 1996).
La guarigione della maggior parte delle fratture da stress avviene senza
complicazioni, con il riposo e relativa attività modificata; queste fratture sono
state recentemente definite "a basso rischio" (Boden D.C. et al, 2001). Al
contrario, ci sono siti anatomici che più frequentemente evidenziano una
guarigione lenta o incompleta, una forte tendenza alle recidive o un elevato
rischio di complicanze: queste fratture sono definite ad alto rischio (Boden B.P.
& Osbahr D.C. 2000). Queste localizzazioni sono: collo del femore laterale,
base del V metatarso e scafoide.
Per evitare tempi di guarigione prolungati, inadeguati e le complicanze
potenzialmente gravi, è importante essere consapevoli dei maggiori rischi di
fratture in queste localizzazioni. Una diagnosi tempestiva e il trattamento
adeguato sembrano essere gli elementi necessari per minimizzare l'impatto
delle fratture ad alto rischio sulla carriera dell'atleta. La frattura da stress più
comunemente associata con un elevato livello di morbilità è la frattura del collo
del femore che si verifica nella parte laterale. La diagnosi ritardata di un tale
infortunio potrebbe causare una frattura scomposta, con la possibilità di
necrosi vascolare della testa femorale. In uno studio condotto da Johansson e
colleghi (Johansson C. et al, 1990) il 60% degli atleti che ha avuto un
adeguato trattamento delle fratture scomposte del collo del femore sono stati
in grado di tornare alle loro livello di attività pre-infortunio.
Fratture da stress ad alto rischio di frattura completa, ma con minore morbilità
associata sono quelle della base del quinto metatarso e dello scafoide tarsale.
Per entrambe queste fratture, nello sportivo di elite, un intervento chirurgico
precoce è considerato spesso il trattamento di prima scelta.
Il successo del trattamento delle fratture da stress non deve solo concentrarsi
sulla guarigione ossea, ma deve anche valutare le cause che hanno
determinato la frattura stessa. Queste possono essere suddivise in fattori di
rischio intrinseci e fattori di rischio estrinseci.
- Fattori di rischio intrinseci - Includono fattori biomeccanici, ormonali e
stato nutrizionale. Comuni fattori biomeccanici che possono portare a fratture
da stress ricorrenti sono: debolezza muscolare, bassa densità ossea, piede
cavo e piatto, dismetria arti inferiori e, probabilmente, avampiede e ginocchio
varo (Korpelainen R. et al, 2001 - Cowan D.N. et al, 1996 - Hoffman R. et al,
1999 - Bennell K.L et al, 1999).
Uno studio prospettico di coorte disegnato per studiare l'influenza della fatica
muscolare sulla pressione plantare (Weist et. al, 2004), ha arruolato trenta
corridori con esperienza, disponibili a partecipare ad una corsa al limite della
soglia anaerobica. L'attività superficiale elettromiografica è stata monitorata
per 14 muscoli e sono state misurate le pressioni plantari. La fatica è stata
documentata con l'andamento dei valori di lattato nel sangue.
I risultati hanno dimostrato una maggiore forza massima (5%, P <.01),
pressione di picco (12%, P <.001) e di impulso (9%, P <.01) sotto la testa del
secondo e terzo metatarso e sotto la volta plantare mediale (forza = 7%, P
<.05; pressione = 6%, P <.05; impulso = 17%, P <.01) misurate nella fase
finale della corsa.
L'attività media muscolare valutata con l'elettromiografia è risultata
significativamente ridotta nel gastrocnemio mediale (-9%, P <.01),
gastrocnemio laterale (-12%, p <.01) e soleo (-9%, P <.001).
Lo studio ha dimostrato che l'aumento di carico sull'avampiede può spiegare
l'incidenza di fratture da stress dei metatarsi in condizioni di carico elevato e
prolungato.
Irregolarità del ciclo mestruale sono state collegate ad una maggiore incidenza
di frattura da stress nella donna (Barrow G.W.& Saha S., 1998). Un basso
contenuto di estrogeni nell'atleta femminile è associato con la perdita di
densità minerale ossea, che predispone l'atleta a frattura da stress. Myburgh e
colleghi (Myburgh K.H. et al, 1990) hanno rilevato che atlete con riduzione
della densità minerale ossea erano a maggior rischio di frattura da stress. Una
analisi della fisiologia del ciclo mestruale è richiesta ogni volta che una diagnosi
di frattura da stress si presenta in atlete donne; deve inoltre essere
considerata nell'atleta donna la triade (Nattiv A. et al, 1994) costituita da:
disturbi alimentari, amenorrea e osteoporosi.
La valutazione di uno studio randomizzato in donne reclute militari (Tenforde
A.S. et al, 2010) ha dimostrato che l'assunzione di calcio e vitamina D riduce
l'incidenza di fratture da stress. Uno studio prospettico in giovani corridori di
sesso femminile ha ulteriormente confermato la ridotta incidenza di fratture da
stress e l'aumento della densità minerale ossea con una maggiore assunzione
di calcio nella dieta. I risultati di entrambi gli studi suggeriscono che atlete e
reclute militari che hanno consumato più di 1500 mg di calcio giornaliero
evidenziano una significativa riduzione di fratture da stress.
- Fattori di rischio estrinseci - i più comuni sembrano essere: errori di
preparazione di base, tipo di calzatura utilizzata e tipologia di terreno durante
l'allenamento. In reclute militari che iniziano l'attività in cattive condizioni
fisiche ed hanno elevati volumi di attività si è evidenziato un maggior rischio di
fratture da stress e l'aumento dell'attività è spesso risultato l'evento
scatenante le lesioni da stress (Almeda S.A. et al, 1999 - Gardner L.I. et al,
1988).
Numerosi studi su militari hanno dimostrato l'alta percentuale di danni da
stress durante l'allenamento di base per i quali è richiesto un regime di
esercizio progressivo e di alta intensità (Berstein A. & Stone, 1944 - Berstein
A. et al, 1946 - Freaney R.B. et al, 1983 - Giladi M. et al, 1985 - Kreipe R.E. &
Thompson J.R., 1944).
L'attrezzatura di un atleta non comprende solo ciò che indossa, ma anche la
superficie su cui si allena. Diversi studi(Milgrom C. et al, 1985 - Schwellnus
M.P. et al, 1990 - Stacy R.J. & Hungerford R.L, 1984) hanno esaminato l'effetto
delle calzature con maggiore "ammortizzazione" sulla incidenza di fratture da
stress. Questi studi tendono a supportare l'utilizzo di una buona
ammortizzazione nella prevenzione delle lesioni al piede, mentre si evidenzia
un effetto variabile sulla prevenzione delle lesioni tibiali.
Nello studio prospettico randomizzato di Milgrom et al, 1985, su 390 reclute
militari, si evidenzia una minore incidenza di fratture da stress del metatarso
durante l'addestramento militare utilizzando scarpe da basket modificate
rispetto ai normali stivali (ricordando che gli individui con pregressi episodi di
frattura da stress sono a ad alto rischio di future lesioni (Giladi M. et al, 1986).
Trattamento
Il campo elettromagnetico a bassa frequenza (EMF) è in grado di promuovere
la guarigione delle fratture ma l'effetto clinico dei campi elettromagnetici sulla
guarigione della frattura da stress non è chiaramente definito dalla letteratura.
Zhang e colleghi (Zhang X. et al, 2007) nel loro studio esaminano la risposta
delle cellule ossee craniche del ratto neonatale con campo elettromagnetico
rettangolare (REMF), campo elettromagnetico triangolare (TEMF), campo
elettromagnetico sinusoidale (SEMF) e campi elettromagnetici pulsati (CEMP). I
risultati suggeriscono che le forme d'onda dei campi elettromagnetici siano
parametri "cruciali" per indurre la risposta degli osteoblasti. La maggior parte
degli studi indagano sull'effetto sella ritardata consolidazione o sulla
pseudoartrosi (Benazzo F. et al, 1995 - Rettig A.C. et al, 1998) e non sono
specificamente progettati per valutare l'efficacia sulla guarigione della frattura
da stress. Sebbene questi due studi evidenzino un effetto positivo sulla
guarigione ossea in una pseudoartrosi, non danno informazioni chiare sull'uso
in fratture da stress in fase iniziale.
Discussione e conclusioni
La prima descrizione di frattura da stress risale al 1855 da parte di Breithraupt
M.D, 1855, confermata da Devas M.B, 1958 che descrive questa tipologia di
frattura in atleti.
Studi epidemiologici (Johnson A.W. et al, 1994) hanno evidenziato in quali
sport questa frattura si riscontra con maggior frequenza: calcio, pallavolo,
atletica leggera. Ulteriori studi (Bennell K.L. et al, 1996 - Brukner P.D. et al,
1996) hanno segnalato le aree maggiormente interessate: tibia, perone,
scafoide e metatarso studiando e ne hanno anche studiata l'incidenza, che
sembra essere maggiore sugli arti inferiori, pur confermando che non si
evidenziano differenze statisticamente significative tra uomini e donne (Bennell
K.L. et al, 1996).
Per la tempistica di guarigione si conferma che la maggior parte delle fratture
da stress guariscono senza complicazioni, ma si raccomanda di differenziare i
tempi in base ai siti anatomici colpiti, evidenziando le fratture ad alto rischio di
complicanze (Boden B.P. & Osbahr D.C, 2000) rispetto a quelle a basso rischio
di complicanze (Boden B.P. et al, 2001).
Le localizzazione a maggior rischio sembrano essere le seguenti: collo del
femore laterale, base del V metatarso e scafoide.
Il successo del trattamento delle fratture da stress sembra dipendere non solo
dalla guarigione ossea, ma anche dalla prevenzione/eliminazione delle cause
della frattura stessa. L'analisi dei fattori predisponenti ha permesso di
suddividerli in:
1) Fattori di rischio intrinseci:
- biomeccanici, legati a debolezza muscolare, piede piatto o cavo, varismo
del ginocchio, dismetria arti inferiori (Korpelainen R. et al, 2001 - Cowan D.N.
et al, 1996 - Hoffman R. et al, 1999 - Bennell K.L. et al, 1999 - Weist et. al,
2004)
- ormonali (Barrow G.W. & Saha S., 1998 - Myburgh K.H. et al, 1990)
- nutrizionali (Tenforde et al, 2010)
2) Fattori di rischio estrinseci:
- errori negli allenamenti di base (Almeda S.A. et al, 1999)
- aumento del carico (Bersteinet A. et al, 1946)
- superficie di allenamento e tipologia di calzature (Milgrom C. et al,
1985 - Schwellnus M.P. et al, 1990)
Il trattamento terapeutico è orientato ai mezzi fisici con campi
elettromagnetici, ma i risultati in letteratura appaiono discordanti perché hanno
studiato gli "outcomes" sulle complicanze sopraggiunte (ad esempio
pseudoartrosi) (Benazzo F. et al, 1985 - Sharrard W.J.W., 1990) e non vi sono
molti studi sul processo di osteogenesi primario. A sostegno sono (Scott G. &
King J.B., 1994) studi su esercitazioni specifiche per una stimolazione corretta
della osteogenesi e riadattamento allo sport specifico (Stone M.H., 1998) e
sulla osteogenesi, che sembrano coerenti al quesito clinico (Zhang X. et al,
2007).
Il caso descritto è considerato dalle evidenze correnti non ad alto rischio di
morbilità e conferma i dati sulla incidenza riportati in letteratura (Bennell L. et
al, 1996) sul sito (piede) ma non sulla zona anatomica (IV metatarso, mentre
la lettaratura evidenzia il V metatarso) e si confermano i dati sui fattori
ormonali.
Di rilevanza clinica è la risposta della lesione alla somministrazione di
magnetoterapia con campi elettromagnetici pulsati (CEMP), abbinata ad
esercitazioni specifiche con progressioni dei carichi: il ritorno alla corsa è
avvenuto in 50 giorni e la competizione specifica a 110 giorni senza
sintomatologia dolorosa.
Questi elementi clinici della fase terapeutica sono da analizzare con studi di
gruppi di confronto perché non ampiamente indagati in questa tipologia di
frattura, come terapia primaria nella fase iniziale di stimolazione della
osteogenesi [sembra non ci siano studi (RTC in doppio cieco o dati di metaanalisi sistematiche) che confrontino i risultati "statisticamente significativi" di
somministrazione a gruppi di pazienti come terapia primaria di CEMP +
Esercizio, con solo CEMP o con solo Esercizio]. La ricerca è stata orientata
maggiormente sullo studio della complicanza "pseudoartrosi".
Quindi sembra opportuno che la decisione sulla ripresa della piena attività
fisica sia adottata attraverso una adeguata formazione del team sanitario sulla
conoscenza di queste patologie e della gestualità sport specifica, per
determinare il rischio corrispondente di complicanze significative e non
significative per la carriera futura dell'atleta.
Il piano di trattamento personalizzato sulla base dell'indagine clinica e
strumentale e di eventuali variazioni dei fattori di rischio intrinseci ed
estrinseci, deve mirare ad un recupero ottimale e prevenire futuri incidenti.
Con questa pianificazione di trattamento ai pazienti atleti saranno applicate le
migliori evidenze disponibili per il ripristino della forma fisica e la ripresa
agonistica.
BIBLIOGRAFIA
1. Major NM, Helms CA: Sacral stress fractures in long-distance
runners - AJR ; 174:727-9, 2000
2. Lin J, Lachmann E, Nagler W: Sacral insuficiency fractures: a report
of two and rewiew of the literature - J Womens Health Gend Based
Med. 10: 699-705, 2001
3. Peterson L, Renstrom P: Traumatologia dello sport, prevenzione e
terapia - Utet, 2001
4. Stone MH: Implications for connective tissue and bone alterations
resulting from resistance exercise training - Med. Sci. Sports Exerc,
Vol. 20, No. 5 (Supplement), pp. S162-S168, 1988
5. Stratus SE, Richardson WS, Glasziou P, Haynes RB: Evidence-Based
Medicine: How practice and teach EBM - 3rd ed. Edinberg : Elsevir
Churchill Livingstone, 2005
6. Breithaupt MD: Zur pathologie des menschlichen fusses [To the
pathology of the human foot] - Med Zeitung, 24 p. 169, 1855
7. Devas MB: Stress fractures of the tibia in athletes of "shin
soreness" - J Bone Joint Surg, 40 pp. 227–239, 1958
8. Johnson AW, Weiss CB and Wheeler DL: Stress fractures of the
femoral shaft in atlete more common than expected: a new
clinical test - Am J Sports Med, 22 pp. 248–256, 1994
9. Bennell KL, Malcolm SA, Thomas SA, Wark JD, Brukner PD: The
incidence and distribution of stress fractures in competitive track
and field athletes. A twelve-month prospective study - Am J Sports
Med, 24 pp. 211–217, 1996
10.
Brukner P, Bradshaw C, Khan KM, White S, Crossley K: Stress
fractures: a review of 180 cases - Clin Sports Med, 6 pp. 85–89,
1996
11.
Boden BP, Osbahr DC, Jimenez C: Low-risk stress fractures Am J Sports Med, 29 pp. 100–111, 2001
12.
Boden BP, Osbahr DC: High-risk stress fractures: evaluation
and treatment - Am Acad Orthop Surg, 86 pp. 344–353, 2000
13.
Johansson C, Ekenman I, Törnkvist H, Eriksson E: Stress
fractures of the femoral neck in athletes: the consequence of a
delay in diagnosis - Am J Sports Med, 18 pp. 524–528, 1990
14.
Korpelainen R, Orava S, Karpakka J: Risk factors for recurrent
stress fractures in athletes - Am J Sports Med, 29 pp. 304–310,
2001
15.
Cowan DN, Jones BH, Frykman PN, Polly DW Jr, Harman EA,
Rosenstein RM, Rosenstein MT: Lower limb morphology and risk of
overuse injury among male infantry trainees - Med Sci Sports
Exerc,28 pp. 945–952, 1996
16.
Hoffman JR, Chapnik L, Shamis A, Givon U, Davidson B: The
effect of leg strength on the incidence of lower extremity overuse
injuries during military training - Mil Med. 164(2):153-6, Feb 1999
17.
Bennell KL, Matherson G, Meeuwisse W: Risk factors for stress
fractures - Sports Med, 28 pp. 91–122, 1999
18.
Weist R, Eils E, Rosenbaum D: The influence of muscle fatigue
on electromyogram and plantar pressure patterns as an
explanation for the incidence of metatarsal stress fractures - Am J
Sports Med, 32(8):1893-8, Dec 2004
19.
Barrow GW, Saha S: Menstrual irregularity and stress
feactures in collegiate female distance runners - Am J Sports Med,
16 pp. 209–216, 1988
20.
Myburgh KH, Hutchins J, Fataar AB, Hough SF, Noakes TD: Low
bone mineral density is an etiologic factor for stress fractures in
athletes - Ann Intern Med, 113 pp. 754–759, 1990
21.
Nattiv A, Agostini R, Drinkwater B, Yeager KK: The female
athlete triad. The inter-relatedness of disordered eating,
amenorrhea, and osteoporosis - Clin Sports Med, 13(2):405-18, Apr
1994
22.
Tenforde AS, Sayres LC, Sainani KL, Fredericson M: Evaluating
the relationship of calcium and vitamin D in the prevention of
stress fracture injuries in the young athlete: a review of the
literature - PM R, 2(10):945-9, Oct 2010
23.
Almeda SA, Williams KM, Shaffer RA: Epidemiological patterns
of musculoskeletal injuries and physical training - Med Sci Sports
Exerc, 30 pp. 1176–1182, 1999
24.
Gardner LI, Dziados JE, Jones BH: Prevention of lower
extremity stress fractures: a controlled trial of shock absorbent
insole - Am J Public Health, 78 pp. 1563–1567, 1988
25.
Berstein A, Childers MA, Fox KW: March fractures of the foot:
care and management of 692 patients - Am J Surg, 71 pp. 355–
362, 1946
26.
Berstein A, Stone JR, March fracture: a report of 307 cases
and a new method of treatment - J Bone Joint Surg, 26 pp. 743–
750, 1944
27.
Freaney RB, Gerber FH, Laughlin RL: Distribution and natural
history of stress fractures in US Marine recruits - Radiology, 146
pp. 339–346, 1983
28.
Giladi M, Ahronson Z, Stein M: Unusual distribution and onset
of stress fractures in soldiers - Clin Orthop Rel Res, 192 pp. 142–146,
1985
29.
Kreipe RE, Thompson JR: March fracture: an analysis of two
hundred cases - AJR Am J Roentgenol, 52 pp. 282–290, 1944
30.
Milgrom C, Giladi M, Stien M: A prospective study of the effect
of a shock absorbing orthotic device on the incidence of stress
fractures in military recruits - Foot Ankle, 6 pp. 101–104, 1985
31.
Schwellnus MP, Jordan G, Noakes TD: Prevention of common
overuse injuries by the use of shock absorbing insoles - Am J
Sports Med, 18 pp. 636–641, 1990
32.
Stacy RJ, Hungerford RL: A method to reduce work related
injures during basic training in the New Zealand Army - Mil
Med, 149 p. 318, 1984
33.
Giladi M, Milgrom C, Kashtan H: Recurrent stress fractures in
military recruits. One-year follow-up of 66 recruits - J Bone Joint
Surg Br, 68 pp. 429–441, 1986
34.
Benazzo F, Mosconi M, Beccarisi G: Use of capacitive coupled
electric fields in stress fractures in athletes - Clin Orthop Rel Res,
310 pp. 145–149, 1995
35.
Rettig AC, Shelbourne KD, McCarroll JR: The natural history and
treatment of delayed union stress fractures of the anterior cortex
of the tibia - Am J Sports Med, 16 pp. 250–255, 1988
36.
Zhang X, Zhang J, Qu X, Wen J: Effects of different extremely
low-frequency electromagnetic fields on osteoblasts - Electromagn
Biol Med, 26(3):167-77, 2007